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	 Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.     
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 24/01/2010 @ 09:33:36, in  Italia, visitato 2634 volte)
		  
	 
    
		
      Ricevo da Ernesto Rossi 
Le tracce della piccola Denise Pipitone, la bambina siciliana 
scomparsa il 1° settembre 2004 vicino a casa, sono state seguite in tutt’Italia, 
controllando una serie di segnalazioni di persone che affermavano di averla 
vista. 
 
Luoghi privilegiati di queste indagini furono campi e insediamenti rom e sinti. 
Ne seguirono insulti e aggressioni diffuse nei confronti di donne rom, e 
qualche arresto, annullato dal riconoscimento dell’inconsistenza delle accuse. 
 
Perché, ’come tutti sanno’, o credono di sapere, gli ‘zingari’ rubano 
i nostri bambini, non contenti, evidentemente, di tutti quelli che hanno 
già. Anche se un’accurata ricerca universitaria sugli ultimi quarant’anni di 
analoghe notizie ha dato risultato zero: non c’è un solo caso accertato.
 
 
Una di quelle tracce portava anche a Milano. Una guardia giurata che stazionava 
all’esterno d’una banca affermò di aver visto la piccola, riconosciuta e filmata 
col cellulare per alcuni secondi, tutta imbacuccata per il freddo (era proprio 
il gennaio di cinque anni fa), in compagnia di alcuni ‘zingari’.  
 
Al nostro presidente Mauro, dell’Associazione Aven Amentza, fu chiesto 
dall’allora capo della Squadra mobile della Questura di Milano di adoperarsi per 
verificare, foto in mano, nei vari insediamenti di rom romeni, se fosse 
possibile reperire tracce del passaggio, se non della presenza della bambina. 
 
Mauro, rom autorevole e conosciuto in tutte le comunità, a Milano e 
nell’hinterland, lo fece con costanza e passione per oltre un mese 
(gratuitamente, è bene dirlo), tanto che riuscì a ritrovare la… piccola: stava 
in un campo milanese con i suoi genitori, assai spaventati da tutto il 
putiferio, e stava bene. Per quanto si possa star bene in un campo. 
 
Solo che era un maschietto. 
 
Sei sicuro? chiese Mauro al suo interlocutore. 
 
Assolutamente, l’ho visto fare pipì.  
 
Poco dopo fui contattato da un regista televisivo per un’intervista a Triboniano. 
Questi accettò le condizioni dei capi rom: riprese solo dalla testa in giù, come 
gli spiegammo, perché già troppi rom hanno perso il lavoro perché identificati 
come tali dai loro ‘padroni’ in una ripresa o in una foto sui giornali. Così 
l’intervista si svolse coi tre capi di Triboniano nella ‘baracca’ di uno di 
loro, presente anch’io.  
 
Ecco che alcuni giorni or sono leggiamo sui giornali la notizia che il gup di 
Marsala, Lucia Fontana, ha rinviato a giudizio, per il sequestro di Denise, la 
sorellastra Jessica Pulizzi e, per false dichiarazioni, il suo ex fidanzato 
Gaspare Ghaleb.  
 
La bambina non ha dunque girato l’Italia e tanto meno in compagnia di famigerati 
‘zingari’: un’altra bufala scoppia come una bolla di sapone, per ritornare nel 
mondo delle frottole e delle calunnie razziste, tanto amate da certi personaggi 
della nostra politica attuale e, purtroppo, piattamente seguite da certa stampa.
 
 
Milano, 20 gennaio 2010 Ernesto Rossi, presidente di Aven Amentza.  
 
sede legale: Via Triboniano 212 – 20156 Milano (Italia). Tel. +39.(02).48409114 
Costituita il 18 luglio 2004, registrata a Milano il 22 novembre 2004 , n° 
104485 serie 3. Codice fiscale 97389270154 
     
	
	  
	
    
		
      GRANDE FESTA BALCANICA 
domenica 31 gennaio Circolo Enosud - 
via Ollearo 5 MILANO 
alle 17 "Poziv na festu" spettacolo musicale per bambini 
alle 19 aperitivo balcanico a cura della Kafana Sevdah Marinkovic 
alle 20.30 Muzikanti di Balval & Famiglia Mirkovic in concerto a seguire Jam 
Session  
ingresso con sottoscrizione popolare NON POTETE MANCARE! 
bambini, amici, conosciuti e sconosciuti, migranti, occupanti, 
fuggitivi,..ecc...vi aspettiamo!! 
 
E' GRADITA LA PRENOTAZIONE PER L'APERITIVO ALL'INDIRIZZO
festabalcanica@yahoo.com  
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 25/01/2010 @ 09:43:41, in  Italia, visitato 1657 volte)
		  
	 
    
		
      Segnalazione di Isabella Bi 
l' ASSOCIAZIONE DON NESI/COREA in collaborazione con la CIRCOSCRIZIONE 1 DEL 
COMUNE DI LIVORNO 
 
organizza: 
GIOVEDI' 28 GENNAIO ORE 21,15 
In occasione del PORRAJMOS – la giornata della memoria dello sterminio dei 
popoli rom e sinti nei lager nazisti 
 
ROM IERI E OGGI: PREGIUDIZIO, EMARGINAZIONE E RIFIUTO 
 
In una società dove si consolida una antropologia del disprezzo e della 
disumanità verso l'altro, dove si rafforza la saldatura fra razzismo popolare e 
razzismo istituzionale, i rom rappresentano ancora l'ultimo gradino di questa 
"piramide" dell'emarginazione e del rifiuto. 
Proviamo a comprendere come i nostri territori promuovono concrete pratiche di 
accoglienza ed interazione e come sviluppare forme di dialogo, comprensione e 
relazione. 
 
Con la partecipazione e le testimonianze della Fondazione Michelucci di Firenze, 
dell'Associazione Africa Insieme di Pisa, di alcuni rappresentanti della 
comunità rom di Coltano e di alcuni operatori del sociale e del mondo 
dell'associazionismo. 
 
Durante la serata sarà presentato anche il libro "Lungo la ferrovia" di Gianluca 
Giunchiglia (edizioni Erasmo) 
 
INGRESSO LIBERO 
 
ASSOCIAZIONE DON NESI/COREA 
LARGO NESI 9 (ex via La Pira) Villaggio Scolastico di Corea 
tel.fax: 0686 424637 email: 
associazione@associazionenesi.org -
www.associazionenesi.org 
L'evento su
Facebook 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 25/01/2010 @ 09:47:44, in  Italia, visitato 3480 volte)
		  
	 
    
		
      
viaEmilianet.it Integrazione culturale, scolarizzazione e anche 
nuove case per gli 800 residenti di etnia sinta. Posiitivo il bilancio della 
prima microarea di via Felesino. 
 
Sono 810 i cittadini di etnia Sinta attualmente residenti a Reggio. Circa 300 
vivono nei tre campi nomadi comunali: al Foscato, a Roncocesi e in via Gramsci a 
Pratofontana. La parte restante abita in aree private nelle zone di San Rigo, 
Codemondo, Pratofontana, Gavassa e Massenzatico. Cittadini reggiani a tutti gli 
effetti, a differenza dei Rom che sono invece rumeni, i Sinti comunque 
conservano uno stile di vita che fatica ad integrarsi e tende a formare 
ghetti, ovvero campi di sosta sovraffollati e in condizioni precarie.  
 
Lo scorso anno una famiglia allargata, composta da una decina di persone, ha 
iniziato un percorso con il Comune, stabilizzandosi nella prima microarea in via 
Felesino. "Il primo bilancio è positivo - spiega Matteo Sassi assessore comunale 
alle politiche sociali - per il rispetto regole, del patto di cittadinanza e il 
livello di scolarizzazione ". Altre due famiglie hanno invece scelto una strada 
diversa, un passo ulteriore verso la stabilità. "Grazie anche al nostro lavoro - 
spiega Alfa Strozzi responsabile del progetto nomadi del Comune - due nuclei 
famigliari hanno deciso di vivere in casa, avevano i requisiti e sono 
assegnatari delle case popolari". 
 
Di questo percorso di mediazione culturale e di nuove modalità abitative si 
parlerà in un incontro, il 26 gennaio allo Spazio Gerra. L'obiettivo del Comune, 
come richiesto dall'Unione Europea, è quello di superare gradualmente i campi 
nomadi. Ma le problematiche da affrontare sono ancora molte, a partire dalla 
scolarizzazione dei bambini. Sono circa 200 quelli che frequentano le scuole 
dell'obbligo. 
 
Il 26 gennaio alle 13, nella Biblioteca delle Arti in piazza della Vittoria, 
sarà inaugurata anche una mostra sullo sterminio dei Sinti e dei Rom durante il 
periodo nazi-fascista. Resterà aperta fino al 7 febbraio, il sabato e la 
domenica dalle 15 alle 19.  
 
di GIULIA GUALTIERI 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 25/01/2010 @ 09:54:19, in  media, visitato 1932 volte)
		  
	 
    
		
      Scrive Ermelinda Coccia 
Riguardo l'inizio dello Sgombero al Casilino 900, campo Rom nel quale cinque 
diverse comunità vivono da circa 40 anni, Alemanno dichiara «Questo campo esiste 
da 40 anni durante i quali non è stato fatto niente. Lo sgombero terminerà 
all'inizio di febbraio, quando porteremo le famiglie in campi attrezzati dove 
inizieranno un percorso di legalità e inserimento lavorativo. Per il Casilino 
900 siamo ad un passaggio epocale». «Occorre cancellare le vergogne come i campi 
senza acqua, luce, pieni di rifiuti come era questo un anno e mezzo fa - ha 
proseguito il sindaco - Fornire loro un documento, il Dast, che riconosce 
identità e diritti. Lavorare con queste famiglie per trovare spazi di lavoro. 
Entro quest'anno non devono esistere più campi abusivi e tollerati. Tutti poi 
dovranno essere integrati e avere una casa». 
 
Dall'altra parte Eugenio Viceconte, che da tempo affronta e sostiene l'argomento 
"Rom" attraverso un blog internet (http://noblogo.livejournal.com/), 
afferma che "Sarebbe giusto che chi c'ha vissuto in questi anni trovasse una 
condizione di vita diversa dall'eterna condanna al "campo nomadi", una casa vera 
e non un container. Fuori da un recinto presidiato da telecamere ... fuori dal 
pregiudizio. Ma questo non è permesso. Non qui a Roma."  
 
Dal canto nostro, autori del documentario ME SEM ROM, che ci siamo occupati, 
dall'Aprile 2009, di raccogliere quante più informazioni possibili riguardo le 
procedure effettuate ad esempio durante gli svariati censimenti e/o durante il 
primo sgombero del Campo Rom di Via di Centocelle (i Rom del Campo hanno vagato 
di certo una notte intera per trovare un riparo), ci impegneremo a documentare 
quanto accadrà, cercando di fare emergere la verità obiettivamente. Le speranze 
sono ovviamente che i Rom del Casilino 900, possano godere realmente delle 
promesse fatte dall'Amministrazione, evitando così di sopportare ulteriori 
delusioni da parte del potere politico. 
 
Per chi fosse interessato all'argomento, il 6 Febbraio 2010, alle ore 21.00, 
nella Sala Blu di Palazzo Gazzoli di Terni, in via del Teatro Romano, si potrà 
assistere, in anteprima, alla proiezione di un estratto di 20 minuti del 
documentario ME SEM ROM. Una proiezione che mette in luce, nel momento più 
caldo, anche la voce del popolo Rom. 
 
Verità nascoste 
 
"Il mio vicino è uscito a fare la spesa e quando è tornato non ha trovato più la 
sua baracca!" Mi dice una Rom del Casilino 900 "Ha trascorso la notte dentro 
quella tenda, senza una coperta, senza più niente!"  
Seguo il suo indice. Ad un passo da ma c'è una tenda verde sul viale fangoso che 
nasconde un uomo anziano. Cerca di riposare infreddolito dalle basse temperature 
di Gennaio. 
Sono le 8.30 del mattino. Sul piazzale principale del campo c'è un viavai di 
Polizia, Guardie Municipali e volontari della Croce Rossa Italiana. Qui tutto 
sembra rispecchiare ciò che in questi giorni abbiamo visto in tv o letto sui 
giornali. Uno sgombero pacifico e consenziente.  
Al contrario, se ci si addentra nel campo la situazione degenera.  
I bambini saltano da una maceria all'altra. Gli uomini fanno a pezzi ciò che 
resta delle baracche. Le donne raccolgono i loro vestiti in dei sacchi. "Non 
sono pronta!" Mi racconta una signora che dal 2000 vive al Casilino 900 "Mi 
hanno avvertita due giorni fa, ho quattro figli, come faccio da sola a sistemare 
tutto nelle valige in così poco tempo?".  
La Croce Rossa in questo caso, potrebbe dare una mano a coloro che devono 
spostarsi, ma sono fermi al piazzale principale in attesa che i pullman si 
riempiano di gente. Uno di loro mi dice: "Mi chiedo cosa siamo venuti a fare!" 
La signora che raccoglie i suoi averi mi fa entrare in casa "Guarda, ho dei 
mobili, questi non li posso portare in un container di pochi metri, devo 
lasciarli qui e farli distruggere dalle ruspe" "In un container in sei come ci 
stiamo? Ci hanno promesso una sistemazione migliore!" 
 
Proseguendo incontro uno dei portavoce del Campo, è consenziente allo 
spostamento, ma infelice delle procedure poco chiare con le quali le autorità si 
stanno muovendo. "Ci vado felice in un campo attrezzato. Pago volentieri 
l'affitto del container che mi assegneranno. Il problema è che devono 
permettermi di lavorare. Io farei qualsiasi tipo di lavoro per pagare l'affitto 
a fine mese. Come ogni comune mortale. Ma a me, ad un Rom, il lavoro non lo dà 
nessuno. E' il Comune che deve impegnarsi a trovarcelo a questo punto, 
altrimenti come mantengo il container che mi assegnano?" 
Il rappresentante mi dice inoltre che nei campi attrezzati è possibile vedere 
ogni giorno pullman comunali carichi di donne, che poi però vengono scaricate in 
centro. "Che cosa vuoi che facciano? Chiedono l'elemosina, è la sola cosa che è 
permessa loro. Che fai le porti a lavorare? Dove? In mezzo alla strada?" "Mia 
moglie non ha mai chiesto un centesimo ad un passante, ora che facciamo, ce ne 
andiamo in un campo attrezzato e dignitoso per poi andare ad elemosinare per 
strada?" 
 
Se davvero si sta parlando dell'eliminazione dei campi abusivi, per inserire i 
Rom in un contesto più umano, perché sta accadendo tutto questo? 
La parola "integrazione" acclamata dall'Amministrazione rispetto agli sgomberi 
che si stanno attuando, che significato ha? 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 26/01/2010 @ 08:57:43, in  Italia, visitato 1985 volte)
		  
	 
    
		
      Ricevo e porto a conoscenza: 
All'attenzione di  
Gianni Gianassi, Sindaco Comune di Sesto Fiorentino  
Matteo Renzi, Sindaco di Firenze  
Andrea De Martino, Prefetto di Firenze  
Andrea Barducci, Presidente Provincia di Firenze  
Gianni Salvadori, Assessore Politiche Sociali Regione Toscana  
 
Gentili Signori,  
 
l’Associazione MEDU conduce dal 2006 con il coinvolgimento partecipato della 
comunità Rom dell’insediamento di via Lucchese un lavoro di prevenzione, 
promozione alla salute ed orientamento al servizio sanitario pubblico 
nell’ambito del progetto “Camper per i diritti”, che coinvolge volontari con 
varie professionalità (medici, infermieri, ostetriche, psicologi, antropologi e 
giuristi). Tra gli obiettivi del progetto è prevista la collaborazione con le 
istituzioni nell’avvicinamento dei Rom al servizio sanitario pubblico, nella 
condivisione di dati sanitari e nella sorveglianza e segnalazione di gravi 
situazioni igienico-sanitarie.  
 
La critica condizione dell’insediamento Osmatex e più in generale degli 
insediamenti dell’area era stata denunciata da tempo attraverso colloqui diretti 
con l’amministrazione comunale di Sesto Fiorentino, la consegna di report 
dell’attività e la diffusione di comunicati stampa. La mattina di venerdì 16 
gennaio 2010 è stato effettuato senza alcun preavviso uno sgombero forzato 
di tale insediamento ad opera delle forze di Polizia. Le persone che lì vi 
abitavano sono state obbligate ad abbandonare la struttura e, senza la 
previsione di una soluzione di accoglienza né nell’immediato né a lungo termine, 
sono state costrette ad abbandonare i propri effetti personali e a trascorre 
alcune notti in strada.  
 
A seguito dello sgombero, MEDU ha chiesto immediatamente un incontro ufficiale 
con il Sindaco di Sesto Fiorentino, senza avere risposta. Le persone sfollate 
hanno trovato nel frattempo riparo temporaneo grazie all’aiuto di alcune 
associazioni di volontariato e di istituzioni religiose.  
 
In considerazione delle diverse versioni dei fatti espresse in questi giorni e 
della necessita’di assicurare comunque la massima tutela ai soggetti più fragili 
attraverso la continuità assistenziale, ci sembra opportuno mettere a 
disposizione delle istituzioni i dati e le rilevazioni in nostro possesso, 
affinché procedano ad attivare un tavolo di coordinamento per pianificare una 
soluzione definitiva dell’emergenza umanitaria che si è venuta a creare in 
questi giorni e, più a lungo termine, una programmazione per l’accoglienza e 
l’inserimento della comunità nel tessuto sociale comunale. MEDU, nel frattempo, 
continuerà ad operare negli altri campi rom abusivi e nei contesti di maggiore 
marginalità presenti nell’area fiorentina, con la sua azione di assistenza, 
testimonianza e denuncia.  
 
Medu ha effettuato 110 visite a 86 pazienti (42 femmine e 44 maschi) nel 
corso del 2009 presso l'area Osmatex, dove vivevano circa 100 persone, tutti 
rom di cittadinanza rumena. L'età media dei pazienti è 32 anni. La distribuzione 
per età dei pazienti visitati è cosi rappresentata: 4 minori di 18 anni, di cui 
2 minori di 5 anni; 3 pazienti > 60 anni; 28 pazienti con un'età compresa tra 18 
e 29 anni e 46 pazienti con un età compresa tra 30 e 59 anni. Per 5 pazienti non 
è stato possibile determinare l'età. Sono state visitate 5 donne in stato di 
gravidanza. Le patologie più frequenti sono state quelle a carico dell'apparato 
digerente (23%) e di quello genito-urinario (20%). Seguono le affezioni 
dell'apparato respiratorio (18%) di quello cardiovascolare (13%) e 
osteomuscolare (13%). Le patologie a carico della cute e dei tessuti molli 
rappresentano l'8%, i tumori il 3% e le malattie infettive il 2%. Tutti i dati 
sanitari sono stati regolarmente censiti attraverso schede cliniche effettuate 
al momento delle visite con i pazienti e con un monitoraggio costante nel tempo. 
Le schede sono parte del materiale che il MEDU ha accumulato nel corso del tempo 
al fine di documentare la grave situazione umanitaria dell'ex-Osmatex con 
l'intenzione di informare la collettività e di denunciarne il rischio sanitario 
e sociale.  
 
La sera dello sgombero (venerdì 16 gennaio 2010) Medu ha fatto un censimento a 
fini sanitari delle persone sfollate dall'area Osmatex. Erano presenti 16 
nuclei familiari per un totale di 79 persone ( 43 femmine e 36 
maschi). I minori erano 8 di cui 2 neonati (uno di 20 giorni e uno 
di 10). Una bambina di tre anni era seguita dall’Ospedale Meyer per frattura 
cranica parieto-temporale da caduta accidentale. Era presente una donna in 
gravidanza. C'erano molte persone anziane (circa 15). Tre persone anziane erano 
appena state dimesse dall'ospedale con terapia di mantenimento da proseguire 
fino al prossimo controllo: un paziente per ictus, un altro per broncopolmonite 
cronica riacutizzata e un altro per una patologia osteoarticolare agli arti 
inferiori. Una donna adulta era seguita da tempo dai nostri medici per 
ipertensione. Era presente una persona con handicap.  
 
Restiamo a disposizione per ulteriori chiarimenti.  
 
Grazie per l’attenzione e buon lavoro.  
 
Distinti saluti,  
 
Medici per i Diritti Umani  
 
Medici per i Diritti Umani (MEDU), organizzazione umanitaria e di solidarietà 
internazionale, fa parte dell'International Federation of Health and Human 
Rights Organisations (IFHHRO).  
Medici per i Diritti Umani onlus 
www.mediciperidirittiumani.org  -
info@mediciperidirittiumani.org
 
tel. e fax 0697844892 – cell. 3343929765, 3351853361 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 26/01/2010 @ 09:11:26, in  Italia, visitato 1767 volte)
		  
	 
    
		
      
TerraNews.it a cura di Giuliano Rosciarelli  
INTERVISTA. E’il vanto di una famiglia rom sfuggita dalla Bosnia. E dai campi 
nomadi di Roma e Milano. Romina ora ha un sogno: «Aiutare chi è più sfortunato».
 
 
Attrice, volontaria per Save the children, Romina ha 17 anni, è nata in Italia e 
i suoi genitori sono romnì xoraxanè, rom di origine bosniaca. Insieme ai suoi 
otto fratelli è una delle cosiddette migranti di seconda generazione: figli di 
immigrati, nati e cresciuti nel nostro Paese ma visti “dagli altri” pur sempre 
stranieri. Frequenta il quarto anno di un istituto professionale per assistenti 
sociali, il suo sogno è aiutare chi è stato meno fortunato di lei. 
 
Ti sei mai sentita straniera a casa tua? 
A volte. Negli occhi di chi mi fissa mentre passeggio con le mie amiche, nel 
rigore di una burocrazia che non mi riconosce italiana, nei media che alimentano 
stupidi stereotipi. Io sono comunque fortunata. I miei genitori non si sono mai 
rassegnati a vivere nei campi e questo mi permesso di integrarmi con più 
facilità. Mi sento a tutti gli effetti italiana perché sono nata e cresciuta 
qui, vesto e parlo come le mie coetanee ma sono anche rom perché lì affondano le 
mie radici, la mia cultura. Per chi è nato qui, come me, parlare di integrazione 
non ha senso. 
 
Perché la tua famiglia è venuta in Italia?  
I miei nonni erano bosniaci e sono arrivati a Milano tanti anni fa per 
scappare dalla guerra. Non c’era lavoro. I rom poi erano perseguitati da tutti. 
Bisognava scappare per sopravvivere. Mia madre aveva dieci anni quando sono 
arrivati. Venti li ha vissuti nei campi, prima a Milano poi a Roma (vicolo 
Savini). Ma non le è mai piaciuto stare lì. Voleva lavorare, farsi una vita e 
migliorare la propria condizione. Prima ha fatto l’insegnante di danza del 
ventre, poi è diventata imprenditrice, insieme a mio padre. 
 
A scuola hai mai avuto problemi? 
Non direi. Da piccola soffrivo per alcune cose che non capivo. A Natale, ad 
esempio, tutti i miei compagni parlavano dei regali ricevuti, noi però siamo 
musulmani e quindi pensavo che a casa mia Babbo Natale non arrivasse. Ora tante 
cose mi sono più chiare. Ma non tutti i rom la vivono in questo modo. 
 
Cosa pensi dell’Italia? 
E’ un Paese dove si vive tutto sommato bene. Ma c’è anche tanta ignoranza e 
superficialità. Ad esempio quando vado in giro con i miei compagni di classe 
italiani nessuno si accorge di me. Se invece esco con le mie amiche rom tutti mi 
guardano. Questa rimane comunque casa mia. 
 
C’è qualcosa che rimproveri alla tua comunità? 
La rassegnazione. Se vogliono qualcosa di meglio per la propria vita devono 
lottare, non rassegnarsi e stare seduti ad aspettare, anche se l’emarginazione e 
l’intolleranza molto spesso rappresentano degli ostacoli insormontabili. 
 
Quando e come hai cominciato a fare cinema?  
Al primo ruolo avevo otto anni. Mio zio lavorava a Cinecittà e conosceva un 
regista al quale procurava i personaggi. Dopo alcuni cortometraggi tra cui uno 
con Sergio Rubini è arrivato il film con Valeria Golino Prendimi e portami 
via, e la serie Ispettore Coliandro. Ora però mi sono dovuta fermare 
perché mia madre vuole che studi e non posso perdere l’anno. Se ne riparla dopo 
il diploma. Il mio sogno però è aiutare chi è stato meno fortunato di me. 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 26/01/2010 @ 09:43:51, in  Europa, visitato 2262 volte)
		  
	 
    
		
      Da
Roma_Benelux 
 
Ginevra potrebbe forzare i bambini rom ad andare a scuola - Christian Lecomte 
 
L'associazione di difesa dei Rom teme una messa sotto tutela 
Ormai i bambini rom dovranno passare le loro giornate sui banchi di scuola 
invece che mendicare davanti ai grandi magazzini? Questa sembra la volontà delle 
autorità ginevrine. Scandalizzato dal rischio di vedere dei bambini morire di 
freddo per le strade di Ginevra, il consigliere amministrativo (socialista) 
Manuel Tornare in un primo tempo si era felicitato che i suoi servizi avessero 
aperto un rifugio notturno per questi bambini e le loro madri. Misura di 
protezione salutare che però ha avuto il dono di irritare una parte della classe 
politica - destra e sinistra insieme - , che teme che tutto si limiti ad "una 
bolla d'aria". 
Sotto lo sguardo di James Fazy (nota 
ndr) 
Manuel Tornare ora va oltre, volendo aprire loro le scuole ginevrine. "Nel 
paese di James Fazy, si deve assolutamente difendere il principio 
dell'istruzione, che è il mezzo migliore per uscire dalla miseria", dichiara. 
Essendo la questione di competenza cantonale, Charles Beer, consigliere di stato 
in carico al Dipartimento dell'istruzione pubblica (DIP), proporrà una 
comunicazione in questo senso mercoledì mattina al Consiglio di Stato. 
Il capo del DIP, che venerdì scorso si è già intrattenuto a questo proposito 
con Isabel Rochat, consigliera di stato in carico al Dipartimento della 
sicurezza, della polizia e dello sviluppo, cosicché i servizi ai minori 
obblighino i minori ad andare a scuola. 
I metodi ed i mezzi al momento non sono ancora conosciuti. Ma garantiamo che 
sarà arduo convincere le famiglie rom che mendicano per strada a "lasciare" i 
loro piccoli. "Si deve ai minori la protezione di un'istruzione," sostiene 
Charles Beer. Ed idealmente, "se sono presenti in maniera stabile a Ginevra, 
questi bambini devono essere scolarizzati. Ma so che, statisticamente, sarà 
difficile trovarne anche uno solo, perché i loro genitori non vogliono." 
D'altra parte, il consigliere di stato che evoca possibili casi di 
maltrattamenti, vedendo questi bambini che vivono per strada in pieno inverno, 
parla di attivare la clausola di pericolo che può condurre al sequestro del 
bambino, "che sia rom o di qualsiasi altra origine". 
Una minaccia giudicata "grave" dall'avvocato Dina Bazarbachi, 
dell'associazione Mesemrom, che difende i Rom a Ginevra. "Tutto ciò non serve a 
niente," dice. "Questa gente è qui solo di passaggio, non vivono qui. Se c'è una 
soluzione, è da trattare a livello rumeno ed in scala europea. E questi bambini 
non sono maltrattati, non sono in pericolo. La notte, sono al riparo, e 
strutture diarie possono accoglierli. Agitare il tema del pericolo, significa 
abbassare la guardia ed imporre una misura tutelare, cosa che è inaccettabile." 
"Strumenti di mendicità" 
L'eletto liberale al Gran Consiglio, Olivier Jornot, che è all'origine della 
legge cantonale contro la mendicità, da parte sua si felicita che ci sia una 
riflessione generale sui Rom perché, afferma, "questo inverno il loro numero sta 
crescendo. La clausola di pericolo, che permette l'intervento dei servizi 
sociali, è una buona cosa, perché questi bambini utilizzati come strumenti di 
mendicità non abbiano da noi posto sulla strada" . 
Riguardo la loro scolarizzazione, il deputato ci tiene a porre un limite: 
"C'è una situazione paradossale: questi non sono immigranti, non sono installati 
da noi. Scolarizzarli, significherebbe incatenarli a Ginevra e questo non ha 
alcun senso per queste popolazioni. Il rischio è anche di vedere questi bambini 
confrontati ad un altro modo di vita ed essere rifiutati dalla loro stessa 
comunità." 
 
Allegato: da
Roma_Francais 
ASSOCIATION MESEMROM 
4, rue Micheli-du-Crest,  
1205 Genève 
contact@mesemrom.org  
 
Lettera aperta al Consiglio di Stato della Repubblica e al Cantone di Ginevra 
Ginevra, 21 gennaio 2010 
Signor Presidente del Consiglio di Stato, Signore e Signori Consiglieri di 
Stato, 
La presente fa seguito alla pubblicazione del vostro comunicato stampa di 
ieri, annunciante che il Consiglio di Stato incarica la polizia di interrogare e 
trattenere i mendicanti accompagnati da bambini o i mendicanti minori, di 
segnalare questi casi al Servizio di Protezione dei minori (SPMi), di condurre i 
minori con o senza i loro genitori in seno a questo servizio, che potrà 
pronunciarsi su una clausola di pericolo, cioè il ritiro immediato della patria 
potestà da parte dei loro genitori e l'adozione del minore da parte del 
servizio. 
L'associazione MESEMROM intende denunciare vivamente queste misure incisive 
ed ingiuste prese contro i Rom di passaggio a Ginevra con i loro bambini. 
Ci indigniamo che il Consiglio di Stato non abbia appreso le lezioni della 
storia, tornando sui passi della Pro Juventute, più precisamente quelli dell'Oeuvre des enfants de la grande route 
che ha imperversato dal 1926 al 1973. 
Bisogna ricordare che sotto la copertura d' una motivazione sociale, 
centinaia di bambini zigani sono stati, all'epoca, strappati alla loro famiglia 
e messi in famiglie di accoglienza. Le attività dell'Oeuvre des enfants de la grande route 
sono state unanimemente qualificate in seguito come un genocidio culturale. 
Deploriamo anche che questa decisione del Consiglio di Stato sia stata presa 
dall'alto senza alcuna concertazione con gli attori della società civile vicini 
alla popolazione interessata. 
Partendo senza dubbio da buoni sentimenti, urta tuttavia il senso comune 
nella misura in cui si torna ad una nuova misura discriminatoria ed arbitraria 
che colpisce una popolazione che vive, in mancanza di interventi nazionali ed 
internazionali efficaci, in condizioni di precarietà e di miseria estreme. 
Ricordiamo che i Rom mendicanti a Ginevra non soggiornano nella nostra città 
che per una durata molto limitata. Se vivono senza casa e lavoro, non è certo 
per una scelta deliberata. L'emigrazione, accompagnata dalla mendicità, 
costituisce un atto di sopravvivenza in risposta alle discriminazioni (tra cui 
l'accesso al mercato del lavoro) di cui sono vittime i Rom, soprattutto in 
Romania. 
E' nel contesto delle istruzioni che voi avete data che questa mattina, alle 
6.30, dei poliziotti del posto di polizia della Sevette sono all'intervenuti 
all'Armée 
du Salute ed hanno portato via tre bambini di 9, 6 e 3 anni, mentre stavano 
dormendo e si trovavano al sicuro con la loro madre. 
Malgrado i nostri interventi nel corso della giornata, non abbiamo potuto 
sapere cos'era accaduto a quella madre e ai suoi bambini, mentre il loro padre è 
alla disperazione e non possiamo rispondere alle sue legittime domande. 
In maniera più generale e forte di una visione pragmatica, chiediamo alle 
autorità ginevrine di precisare l'obiettivo reale - che non può essere un nuovo 
mezzo per tentare di escluderli dalla nostra città - e di esporre il seguito 
delle misure che si propongono, queste non che si possono riassumere a 
trattenere/detenere bambini o genitori. 
Se le nostre autorità sperano, con un certo candore, di assicurare condizioni 
di vita ed un'educazione appropriata a questi bambini, converrà accordare loro 
il diritto ad un soggiorno a lungo termine, assieme ai loro genitori, cosa che 
presuppone anche alloggi e possibilità di lavoro. 
Una volta di più, chiediamo l'attenzione delle autorità sul fatto che misure 
coercitive, come le sanzioni penali, non porteranno in nessun caso una soluzione 
ad una problematica legata alla miseria, che non può essere risolta che con la 
collaborazione attiva e positiva, sul posto, delle autorità dei paesi d'origine 
dei Rom che si trovano a Ginevra. 
Solo con interventi politici efficaci, e appoggi finanziari, sul posto, 
mirati allo sradicamento delle ingiustizie sociali e delle discriminazioni in 
questo paese, che le autorità ginevrine contribuiranno perché questi bambini rom 
possano, a breve, essere scolarizzati e beneficiare dei frutti dell'istruzione. 
Formuliamo infine il desiderio che la storia oscura della Svizzera non si 
ripeta con questa ultima presa di posizione che dispiega effetti di una 
ingiustizia inaccettabile e i cui aspetti pratici ed il seguito a lungo termine 
ci lasciano allibiti. 
Vi ringraziamo per l'attenzione che porterete alla presente, vi preghiamo di 
credere, Signor Presidente del Consiglio di Stato, Signore e Signori Consiglieri di 
Stato, all'assicurazione della nostra alta considerazione. 
 
Pour MESEMROM 
Doris Leuenberger, Membre du comité  
Dina Bazarbachi, Présidente 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 27/01/2010 @ 09:47:24, in  scuola, visitato 2153 volte)
		  
	 
    
		
      Ancora da
Reggio Emilia 
La Gazzetta di Reggio di Linda Pigozzi 
Sono circa 200 i bambini sinti che frequentano la scuola dell’obbligo negli 
istituti reggiani. Molti di loro con frequenza regolare e risultati 
soddisfacenti. Un passo importante, quello della scolarizzazione, nel percorso 
d’inclusione. 
Il percorso viene costantemente monitorato da operatori socio-educativi che a 
frequenza regolare si recano nei campi e si occupano di tenere i contatti 
con gli insegnanti. Per facilitare l’a ccesso scolastico, poi, il Comune mette a 
disposizione i libri di testo e, in alcuni campi, anche un servizio di trasporto 
verso la scuola. 
Solo un esempio, quello relativo alla scolarizzazione di bambini e ragazzi 
sinti, di un progetto organico sul quale l’amministrazione comunale sta puntando 
ormai da tempo. E che punta al superamento della logica del confino che per 
decenni si è concretizzata con il «campo nomadi». Lo sforzo del Comune non 
riguarda soltanto bambini e ragazzi. In corso sono infatti progetti di 
formazione dei giovani e d’inserimento lavorativo per gli adulti. In tutto sono 
circa 800 i sinti che risiedono nel reggiano. 
«Abbiamo adottato importanti politiche d’inclusione - sottolinea Matteo 
Sassi, assessore alle politiche sociali -. Il Comune porta quotidianamente 
avanti progetti e iniziative tramite operatori che ogni giorno si confrontano 
con questa realtà cercando di comprendere quali siano i bisogni reali e le 
strade più opportune da percorrere. Il percorso d’eccellenza è quello del 
superamento della logica del campo. Il nostro progetto della microarea è stato 
una scelta precisa in tal senso, che non siamo stati gli unici in Italia ad aver 
adottato. Microaree sono state allestite, ad esempio, nei comuni di Mantova, 
Venezia, Modena. Lo scopo è quello di superare un’anomalia tutta italiana e cioé 
quella del campo nomadi che non è presente in nessun altro paese europeo. Ora, a 
distanza di tempo dall’allestimento della prima campina, possiamo affermare come 
il bilancio sia positivo. Ci teniamo particolarmente a confrontarci con la 
cittadinanza, visto come era stata accolto il progetto della campina in un primo 
momento. Nella fase iniziale, infatti, si speculò molto e non dimentichiamo che 
ancora oggi c’è una parte politica che dice che i campi vanno superati e poi fa 
di tutto per mantenerli, per tenere in piedi un’assurda paura delle zingaro».
 
Il bilancio sulla microarea di via Felesino verrà steso nel corso del convegno 
organizzato per martedì 26 allo spazio Gerra di piazza XXV aprile dal 
significativo titolo «Percorrere strade nuove», proprio per indicare che 
esistono «percorsi nuovi e modalità di relazione fra la città e i sinti». 
La campina è stata assegnata a una famiglia allargata che in precedenza era 
sistemata in un campo affollato. L’esperienza di questa famiglia, che in 
collaborazione con gli operatori del Comune ha colto la possibilità di 
modificare la propria condizione abitativa e sociale, è stata documentata 
attraverso immagini e parole nel libro «Dal campo alla città» che sarà 
presentato nel corso del convegno. Una seconda pubblicazione dal titolo 
«Percorrere strade nuove» dà invece voce a sinti e operatori coinvolti nei 
progetti di mediazione culturale promossi dal Comune negli ultimi 5 anni.  
(24 gennaio 2010) 
     
	
	  
	
    
		
      Cielo rosso di sangue, 
di tutto il sangue dei Sinti 
che a testa china e senza patria, 
stracciati affamati scalzi, 
venivano deportati, 
perché amanti della pace e della libertà, 
nei famigerati campi di sterminio. 
Guerra che pesi 
come vergogna eterna 
sul cuore dei morti e dei vivi, 
che tu sia maledetta.  
 
"Spatzo" Vittorio Mayer Pasquale 
     
	
	  
	
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