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	 Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.     
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 18/02/2011 @ 09:27:19, in  Italia, visitato 2517 volte)
		  
	 
    
		
      
AgoraVox - Rom a Milano: oltre la diffidenza, tante voci per l'integrazione 
  Vivono ai confini della città, spesso in condizioni difficili, 
tra sgomberi forzati, carenze di servizi indispensabili e pregiudizi diffusi. 
Per "dare cittadinanza" a queste persone sono attivi però gruppi e associazioni 
di volontari che lavorano in più direzioni: se ne è parlato venerdì sera in un 
incontro al quartiere Adriano, a pochi metri dal campo di via Idro che ospita 
numerose famiglie di rom italiani. 
 
Si fa presto a dire nomadi. Si fa presto a dire campi. Termini, questi, che 
trasmettono un'idea di precarietà e passaggio; a Milano ci sono però 
insediamenti rom regolarmente autorizzati dall'amministrazione comunale, con 
famiglie che ci abitano da più di vent'anni, che hanno trovato un lavoro e 
mandano i figli a scuola nel quartiere. E' il caso della comunità di via Idro 
62, all'estrema periferia nord-est, della quale fanno parte circa 130 persone. 
"Siamo a tutti gli effetti cittadini italiani, solo che viviamo in modo 
diverso": a parlare è Marina che, in rappresentanza dei rom di via Idro, ha 
aperto con il suo intervento il dibattito pubblico - venerdì sera al quartiere 
Adriano - organizzato da gruppi della zona 2 impegnati sul territorio con molte 
iniziative concrete; tra questi, le associazioni Villa Pallavicini ed 
elementare.russo, il Comitato Forlanini, l'Osservatorio sui razzismi e la 
Fondazione Casa della Carità. 
 
Rispetto alle situazioni dei campi dislocati in altre aree metropolitane, quella 
di via Idro potrebbe sembrare relativamente tranquilla, perlomeno un po' più 
"stabile". In realtà il destino di chi vi risiede è tutt'altro che sicuro, 
soprattutto da quando grava sui suoi abitanti la minaccia di allontanamento che, 
in base a recenti disposizioni, potrebbe scattare per chiunque abbia alle spalle 
sentenze passate in giudicato, pur risalenti a tanti anni fa. Inoltre, se ci 
sono cittadini disposti a investire tempo ed energie per favorire convivenza e 
integrazione, c'è anche chi i rom sotto casa proprio non li vuole e raccoglie 
firme per smantellare il campo. 
 
Le testimonianze presentate durante l'incontro hanno esteso il discorso ad altre 
realtà, ancora più drammatiche. Come quella di via Forlanini dove, in un 
minicampo che ospita circa 25 rom, sono stati effettuati 15 sgomberi in due 
anni, nonostante l'impegno quotidiano di un attivissimo gruppo di sostegno. Un 
provvedimento risolutivo brutale e traumatico, quello degli sgomberi, diventato 
ormai prassi comune: ne fanno le spese soprattutto i bambini che sono in molti 
casi costretti ad abbandonare la classe dopo un faticoso inserimento, annullando 
i progressi compiuti, anche per quanto riguarda l'avvicinamento ai coetanei e 
alla collettività. In via Rubattino, non lontano da Lambrate, è capitato che 
alcune famiglie rom venissero allontanate anche cinque volte in un solo giorno. 
Lo racconta un gruppo di mamme che, insieme alle maestre, svolgono un lavoro 
continuativo e intenso per aiutare i piccoli rom a frequentare la scuola, 
nonostante la mancanza di mezzi. 
 
Una storia a parte è quella di via Triboniano, il campo più popoloso di Milano e 
anche il più carente dal punto di vista di spazi e servizi. Avrebbe dovuto 
essere chiuso definitivamente già alcuni mesi fa, perché si trova proprio sulla 
strada dell'Expo 2015, cioè sulla via di accesso all'area su cui questo dovrebbe 
sorgere. Nel preventivare la chiusura della struttura non è stato preso però in 
considerazione, nella sua globalità, il futuro di chi vi abita. Ai rom erano 
state inizialmente destinate venti case Aler, da ristrutturare e assegnare 
attraverso la mediazione della Casa della Carità (contratto stipulato con tanto 
di firma da parte del Comune e della Prefettura). Il progetto si è però 
interrotto a metà strada e le famiglie che sono rimaste escluse 
dall'assegnazione hanno iniziato un procedimento legale che ha dato loro 
ragione. A parte quelle dell'Aler, ci sono comunque a Milano migliaia di 
abitazioni sfitte: perché non includerle in un piano che favorisca anche chi è 
stato sgomberato? 
 
Da una periferia all'altra, il problema rimane complesso, le esperienze portate 
avanti con successo (come quella del Comune di Buccinasco, dove è stato 
organizzato un campo molto ben tenuto) si scontrano con l'eterna paura del 
diverso, la più dura da sconfiggere. E non va neppure dimenticato che i rom 
stessi, pur se disponibili alla collaborazione, trovano spesso difficoltà nel 
riconoscere le regole della società; anzi, la loro cultura li ha portati per 
secoli a crearne una parallela rispetto a quella dello Stato che li ospita. Oggi 
in Italia, contando le diverse etnie, ne sono presenti circa 140.000, non tutti 
in insediamenti legali: e c'è sempre chi li guarda con sospetto e si domanda " 
ma è vero che i rom rubano?". Generalizzazioni, luoghi comuni e pregiudizi 
allontanano le soluzioni; tragedie come quella recente di Roma - la morte di 
quattro bambini - riportano invece alla realtà, fanno vedere queste persone come 
una fascia debole della popolazione che l'amministrazione di una grande città ha 
il dovere di tutelare. Non demandando ancora una volta il grosso del carico 
all'infaticabile universo del volontariato. 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 19/02/2011 @ 09:06:39, in  scuola, visitato 1843 volte)
		  
	 
    
		
      Segnalazione di Stefano Nutini 
  
Buongiorno a tutte/i, 
il progetto del
vino ROM prosegue con il finanziamento della quarta borsa di studio. 
Dopo Marian, Ovidiu e Belmondo, abbiamo deciso di sostenere negli studi Geanina, una ragazza rom di tredici anni che attualmente frequenta, con ottimi 
risultati, la terza media nel Comune di Segrate. 
Siamo particolarmente contente di sostenere Geanina: è una ragazza solare, 
coraggiosa e determinata che potrà essere di grande esempio alle coetanee. 
Geanina vive in un capannone; sua sorella frequenta la scuola elementare, il 
papà fa lavori saltuari e la mamma, che sa leggere e scrivere, si occupa della 
famiglia. 
Geanina a settembre, dopo aver preso la licenza media, si iscriverà ad un 
corso ENAIP a Pioltello, dove tra le altre cose imparerà il mestiere di 
parrucchiera ed estetista. 
Come per gli altri tre ragazzi, la borsa di studio copre il costo dei 
trasporti e prevede un contributo mensile di 100€ come sostegno agli studi, a 
partire dal mese di febbraio. 
Di nuovo grazie a tutte/i 
Le mamme e le maestre di Rubattino 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 19/02/2011 @ 09:23:58, in  lavoro, visitato 1927 volte)
		  
	 
    
		
      
NoiDonne.org - Nadia Angelucci 
  
Durante la guerra della ex Iugoslavia, negli anni ’90, un gruppo di donne 
romane si impegna nel sostegno ai bambini bosniaci e alle loro madri, sfollati 
nei campi profughi della Slovenia: un impegno che oltre al contributo economico 
creò dei legami di affetto e di amicizia molto forti. Con la fine della guerra i 
profughi rientrarono nei loro paesi ma l'impegno nel cercare la relazione di 
quel gruppo di donne non si è fermato. Nasce così, nel 1998, 'Insieme Zajedno', 
un'associazione dedicata all’infanzia e alle donne più deboli per offrire un 
aiuto concreto, dignità, giustizia sociale e diritti umani. L’esperienza di 
Insieme Zajedno, iniziata in Bosnia Erzegovina, e poi consolidata attraverso 
progetti in Macedonia, in Kossovo, in Moldavia, in Iraq, dal 2006 si è 
trasferita a Roma dove, nel cuore di San Lorenzo è nato il 'Laboratorio 
Manufatti delle Donne Rom', progetto di microcredito per l’auto-impiego di donne 
rom attraverso la realizzazione di accessori originali per l’abbigliamento e la 
casa. Un luogo che offre ad un gruppo di rom bosniache la possibilità di 
lavorare ma non solo. In uno spazio che colpisce per il suo tocco tipicamente 
femminile, ogni mattina Cristina, Renata, Francesca e Dzanuma, tirano su la 
serranda e si dedicano al cucito, antica arte che ci riporta all'intreccio di 
legami, al mettere insieme, alla creazione.  
  
Nei locali, arredati a misura di 
donna, si lavora, si mangia, si studia, si crescono i bambini - i due figli di Dzanuma - ci si scambia l'esperienza e si fanno progetti. Il luogo, nato come 
posto di formazione, è presto diventato qualcos'altro: spazio di aggregazione 
interculturale dove il lavoro insieme ai formatori ha dato la possibilità di 
affrontare e condividere le problematiche lavorative, di decidere insieme le 
strategie economiche, stimolando la socialità e l’integrazione in modo naturale 
e rendendo più facile anche l’apprendimento della lingua italiana. Il 
'Laboratorio Manufatti Donne Rom' si prefigge di diventare un luogo dove 'dal 
basso' si annulli la discriminazione socio-lavorativa legata al popolo Rom, alle 
donne Rom in particolare: Renata ha preso la patente e adesso ha una piccola 
automobile che la rende indipendente, le ragazze stanno cercando una casa, hanno 
ripreso a studiare, non hanno più come orizzonte unico un marito e i figli e la 
vita nel campo, Dzanuma ha un lavoro con un contratto a tempo indeterminato. 
  
"Č 
stata dura - racconta Cristina Rosselli Del Turco che dell’associazione 'Insieme Zajedno' è colei che vive ogni giorno gomito a gomito con le donne rom - ma i 
risultati che abbiamo ottenuto sono una grande soddisfazione. Il nostro è un 
lavoro fatto nella quotidianità e nella condivisione di vita e proprio in 
questo, credo, risieda il nostro successo. Crediamo nella relazione e negli 
affetti. Č un progetto piccolo che però ha cambiato radicalmente la vita delle 
persone coinvolte e questo era quello che a noi interessava". E il successo 
dell'iniziativa si legge anche nei progetti portati avanti dal gruppo: le stesse 
donne rom sono diventate formatrici e stanno insegnando il mestiere ad un gruppo 
di donne somale rifugiate. La sfida per il futuro è l'indipendenza; la creazione 
di una propria impresa e il confronto con il mercato del lavoro. 
 
Il Laboratorio si trova a Roma in via dei Bruzi n. 11/c, è aperto dal lunedì al 
sabato dalle ore 9:00 alle 14:00 - tel. 3471580818 
 
Per contatti: crirosse@tin.it  
info@manufattidonnerom.it - 
www.manufattidonnerom.org   
info@insiemezajedno.org - 
www.insiemezajedno.org   
     
	
	  
	
    
		
      DOMENICA 20 FEBBRAIO 2011 - Dalle ore 19 concerto e jam session: 
Via Bellezza 16A, Milano 
 
MUZIKANTI DI BALVAL di JOVICA JOVIC 
RAFFAELE KOHLER e la sua tromba 
MALAPIZZICA 
 
Ciao carissimi, vi scriviamo per invitarvi tutti, e speriamo sarete in 
molti, ad una serata speciale che si terrà domenica prossima, 20 febbraio 
all'Arci Bellezza di Milano. Lì i MUZIKANTI di Balval, RAFFAELE KOHLER e i 
MALAPIZZICA daranno luogo ad un grande concerto solidale pensato per 
autofinanziare il viaggio che porterà il maestro Jovica Jovic ed alcuni 
componenti del gruppo, alla Fiera InMensa che si terrà a Cosenza dal 15 al 20 
marzo (vedi allegato), dove potranno sostenere i valori dell'integrazione, dello 
scambio socio culturale fra le variegate etnie che popolano, arricchendolo, il 
nostro Paese. Tutto questo grazie a quel meraviglioso veicolo che è la loro 
musica e che rappresenterà virtualmente il nostro abbraccio amichevole ai 
fratelli immigrati. 
La serata avrà inizio verso le 19 con un simpatico aperitivo etnico, 
proseguirà con una breve presentazione del progetto, per poi esplodere in un 
turbinio di danze ed emozioni dai Balcani fino al nostro profondo Sud! 
L'ingresso sarà libero previo possesso della tessera Arci che si potrà 
acquistare anche sul luogo. Sarà chiesto un gentile e libero contributo per il 
buffet e il sostenimento delle spese. 
Sperando che vinciate la pigrizia della domenica sera, vi aspettiamo numerosi 
e confidiamo nella vostra disponibilità per diffondere la notizia dell'evento. 
 
Grazie anticipatamente 
 
Stefania, Barbara e Augusta  
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 20/02/2011 @ 09:14:43, in  media, visitato 1713 volte)
		  
	 
    
		
      
  
15-02-2011 
Negli ultimi cinque anni sulle principali reti televisive italiane si è 
assistito al dilagare delle notizie relative alla cronaca nera, cronaca 
giudiziaria e criminalità organizzata, nei telegiornali come nelle trasmissioni. 
Mentre nel periodo 2003-2005 la rappresentazione di eventi criminosi si era 
mantenuta costante, a partire dal 2006 si è rilevato un sensibile incremento del 
tempo dedicato a questa tipologia di notizie, con un ulteriore aumento nel corso 
del 2007. 
 
Infatti, se nel 2003 le edizioni principali dei telegiornali di tutte le 
emittenti nazionali trattavano questi temi per il 10% del loro tempo, nel 2007 
la percentuale di tali argomenti saliva al 24% con punte, su alcune testate 
televisive, del 30%. Tale sovraesposizione mediatica si rivelava poi del tutto 
ingiustificata se confrontata con i dati ufficiali del Ministero dell'Interno 
che evidenziavano un calo di oltre il 10 per cento dei reati nel 2007 con un 
ulteriore conferma nei primi sei mesi del 2008. 
 
E' in particolare l'"emergenza rom" a spiccare tra le notizie di cronaca dei 
telegiornali quando, nell'aprile del 2007 ad Appignano, in provincia di Ascoli 
Piceno, un giovane rom alla guida di un furgone travolge e uccide quattro 
ragazzi. Qualche giorno dopo il campo nomadi del paese viene dato alle fiamme e 
le cronache dell'incidente proseguono per i successivi cinque mesi fino al 
processo, nel settembre dello stesso anno. 
 
Ma il culmine della sovraesposizione delle notizie di cronaca nera, con 
particolare riferimento alla popolazione rom e rumena si raggiunge a partire 
dall'ottobre del 2007 quando Giovanna Reggiani, aggredita e rapinata alla 
stazione ferroviaria di Tor di Quinto, muore due giorni dopo. 
L'aggressione viene segnalata da una donna rom, che indica l'autore del delitto 
in un giovane, anche lui rom rumeno. 
 
Nei primi giorni i media non danno molto risalto alla notizia credendo la 
Signora Reggiani appartenente alla comunità rom, quindi di rilevanza marginale. 
Non appena si apprende che la vittima aveva nazionalità italiana scoppia il 
"caso Reggiani": il processo viene trattato frammentariamente dalla stampa e 
strumentalizzato politicamente. 
 
Di lì a pochi mesi (aprile 2008) si terranno le elezioni politiche e le 
amministrative per l'elezione del Sindaco di Roma e il tema emergenza sicurezza, 
con particolare riferimento alla comunità rom e ai cittadini di origine rumena, 
è l'argomento principale dei media e della campagna elettorale del centrodestra. 
 
In questo periodo, con cadenza quotidiana, hanno particolare rilevanza 
nell'agenda dei telegiornali le notizie relative agli sgomberi dei campi nomadi 
in tutta Italia. 
 
Si giunge addirittura ad un decreto legge (181/2007) sollecitato dall'allora 
sindaco di Roma Walter Veltroni che prevede l'attribuzione ai prefetti del 
potere di espulsione dei cittadini comunitari per ragioni di pubblica sicurezza. 
Il decreto non verrà mai convertito in legge poiché in netto contrasto con la 
direttiva 2004/38/CE. 
 
Come dimostrano diversi studi, media, opinione pubblica e realtà hanno 
alimentato l'insicurezza percepita, facendo raggiungere livelli elevatissimi 
alla preoccupazione sociale e all'allarme per i crimini contro la persona e la 
proprietà privata nei confronti degli immigrati, percepiti come vera e propria 
minaccia, mai come risorsa. 
 
Sono rari i casi in cui il tema dell'immigrazione è trattato al di fuori di un 
contesto di cronaca o comunque svincolato dalla criminalità. 
 
In un campione di notizie delle edizioni principali dei telegiornali di tutte le 
emittenti dei primi sei mesi del 2008, su 5.684 notizie analizzate, solo lo 
0,45% di queste affrontano l'immigrazione senza legarla, al contempo,a un fatto 
di cronaca o al tema della sicurezza. 
 
Non solo il singolo fatto di cronaca viene ricondotto all'immigrazione in quanto 
tale, ma tutto il recente interesse al tema sicurezza sembra ruotare intorno 
alla presenza – vista sempre in termini emergenziali e straordinari – di persone 
provenienti da luoghi diversi. 
 
Su 163 servizi televisivi che trattano fatti di cronaca con protagonisti 
migranti, 65 contengono 
informazioni/immagini che possono portare all'identificazione di persone 
(adulte) colpevoli di atti di violenza (39,9%). Un dato di dieci punti superiore 
rispetto ai servizi di cronaca che non riguardano solo migranti e che si 
attestano, infatti, al 29,7%. 
 
Su tutto domina l'etichetta di clandestinità che, prima di ogni altro termine, 
definisce l'immigrazione in quanto tale. Rom e rumeni sono il gruppo etnico e la 
nazionalità più frequentemente citati nei titoli di tg. 
Le parole, dunque, contribuiscono a tematizzare la presenza degli immigrati in 
Italia con un riferimento forte alla minaccia costituita dagli stranieri alla 
sicurezza degli italiani. 
 
Si assiste inoltre alla tendenza di diffondere informazioni e immagini lesive 
della dignità delle persone coinvolte, direttamente o meno, in fatti di cronaca 
soprattutto quando i protagonisti sono migranti. 
 
Nel febbraio del 2009, per più di un mese, telegiornali e trasmissioni 
"processano" Karol Racz, un cittadino rumeno arrestato all'indomani dello stupro 
di una ragazza in un parco di Roma, indicandolo come "faccia da pugile", il 
mostro della Caffarella. 
 
Il suo volto è mostrato per settimane, nonostante le indagini stessero 
proseguendo e non si avessero prove della sua colpevolezza. 
 
Durante le indagini sono ripetute le accuse alla comunità rumena, mentre la 
situazione sociale esplode in una serie di vere e proprie spedizioni punitive ai 
loro danni, quasi legittimato dai ripetuti sgomberi effettuati in quei mesi in 
tutta Italia. 
 
Nessuno dei due fermati ricalca le descrizioni fornite dalle vittime, le prove a 
loro carico decadono dopo pochissimi giorni, ma per loro le porte del carcere 
non si aprono comunque. 
 
Così un cittadino comunitario incensurato proveniente dalla Romania è 
trasformato in "faccia da pugile" dai media e usato come prova dell'idoneità 
delle misure di sicurezza adottate dal Governo. 
 
Un mese e mezzo dopo l'arresto Racz è ospite di Porta a porta, una delle 
principali trasmissioni televisive, nel giorno della sua scarcerazione. E' il 
conduttore a porre le scuse. 
La stampa e la televisione italiana sembrano le uniche in Europa a descrivere un 
crimine mettendo in evidenza la nazionalità del criminale, quasi a sollecitare 
la creazione di un capro espiatorio nel quale far confluire tutti i malcontenti 
possibili. 
 
I media, attraverso la scelta del linguaggio e della trattazione "criminale" del 
tema immigrazione predispongono un terreno fertile su cui poi lavorare durante i 
casi di cronaca più eclatanti. 
 
L'enfatizzazione di alcuni aspetti di questi episodi (ad esempio la nazionalità 
dell'aggressore) in un clima così ansioso finisce per agevolare l'insorgere del 
panico morale. 
 
Queste ondate emotive, rivolte contro un capro espiatorio che viene identificato 
come minaccia per la conservazione della società, sono teoricamente destinate a 
risolversi in poche settimane. 
Se è la cronaca l'unico argomento utilizzato dai media per descrivere la 
presenza straniera e i fenomeni migratori è possibile chiedersi quale sia il 
ritratto delle persone di origine straniera nei mass media. 
 
In generale, più del 70% delle notizie di cronaca presentate da tg e quotidiani 
descrive un atto criminoso, l'attività delle forze dell'ordine o un procedimento 
giudiziario o penale. Per oltre i tre quarti delle volte (76,2%), persone 
straniere sono presenti nei telegiornali come autrici o vittime di reati. Le 
persone straniere compaiono nei telegiornali, quando protagonisti di fatti 
criminali, più facilmente degli italiani (59,7% contro il 46,3%). 
 
Al contrario, le notizie di cronaca giudiziaria che riguardano stranieri sono il 
16,5% del totale. 
Questo risultato, oltre a essere un primo segnale di un diverso trattamento 
informativo sulla base della nazionalità dei protagonisti, può avere qualche 
conseguenza più profonda sulla rappresentazione dei migranti. 
 
Gli stranieri sono ritratti nel momento dell'atto criminale, sovraesposti nella 
dimensione inquietante e drammatica della cronaca nera, tendono invece a sparire 
nel momento processuale, cioè nel momento in cui non solo possono essere 
evidenziate le effettive responsabilità penali, ma anche in cui ne possono 
emergere le caratteristiche umane, la personalità, le difficoltà, la voce. 
 
I delitti compiuti da stranieri presenti sul suolo italiano diventano allora 
delitti senza movente né conseguenze, rimangono ritratti spesso da senza storia, 
umanità o ripercussioni penali. 
Episodi di cui l'unica conoscenza certa può essere la loro brutalità e la loro 
residua matrice comune: l'immigrazione. 
 
Non è mai presentata l'immagine reale dell'immigrato che vive e lavora in 
Italia. 
Negli ultimi trent'anni l'immagine dell'immigrazione fornita dai mezzi di 
informazione appare come congelata, immobile. 
 
Ancorata alle stesse modalità, alle stesse notizie, agli stessi stili narrativi 
e in qualche caso agli stessi tic e stereotipi. I risultati delle ricerche 
avviate sullo stesso tema a partire dalla fine del 1980, con molti elementi 
comuni con il passato di altri paesi europei, appaiono straordinariamente 
simili. 
 
Da una parte, c'è una rappresentazione dominata da una visione "naturalmente" 
problematica del fenomeno: l'immigrazione è, in sostanza, un problema da 
risolvere. Dall'altra parte, il tipo di notizie evidenziate: la cronaca appare 
l'elemento ancora dominante della trattazione riducendo la complessità della 
realtà alla sua eventualità criminale. 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 20/02/2011 @ 09:20:51, in  Italia, visitato 2264 volte)
		  
	 
    
		
      
Corriere della Sera  BRESCIA - I VIGILI DEL FUOCO HANNO TOLTO LA 
CORRENTE PER SLOGGIARE GLI ABUSIVI 
Tommaso, 15 mesi, ha una malattia genetica. Staccata l'energia, si ferma la 
macchina salvavita 
 
  Tommaso nella roulotte con i genitori (Cavicchi) 
BRESCIA - Avete già sentito un bambino di un anno e tre mesi, quasi immobile, 
emanare dei pigolii, come fosse un uccellino triste o ferito? Bisognerebbe 
andare al campo sinti di via Orzinuovi per avvicinarsi all'angoscia di due 
genitori che non possono far altro che asciugare la saliva emessa di continuo 
dalle labbra del piccolo Tommaso quando gli manca il respiro. Cioè ogni due-tre 
minuti. Ma ci vuole calma, per raccontare questa storia. Piove sulle roulotte 
del campo nomadi, dopo il fuoco di lunedì sera. Il conflitto tra i nomadi e il 
Comune non è una novità. Dopo una tormentata vicenda, l'amministrazione ha 
investito 180 mila euro per bonificare un campo che costeggia il parco del fiume 
Mella e ora, da una ventina di giorni, la situazione dei circa centoventi sinti 
di Brescia (italiani da secoli) sembrava avviarsi verso un epilogo pacifico, con 
la ghiaia pulita sul terreno, gli impianti idraulici ed elettrici a norma, le 
fognature.  
 
Restava una questione ancora in sospeso: quel terreno prevedeva sin dall'inizio 
l'«abitabilità» per 15 famiglie. Rimanevano fuori cinque nuclei, corrispondenti 
all'ampia famiglia Terenghi, ai quali il Comune ha offerto il trasferimento in 
via Borgosatollo, dove è stanziata da anni la comunità rom. Proposta 
inaccettabile, per gli interessati, per motivi ambientali (le famiglie rom 
vivono ammassate). Non è escluso che gli stessi sinti temano anche una 
convivenza non proprio pacifica con i rom e chiedono di lasciare che i Terenghi 
rimangano con la propria comunità, anche se i patti non lo prevedevano. Insomma, 
di fronte al persistente rifiuto del trasferimento, lunedì sera arriva 
l'ultimatum, i vigili entrano nel campo e disattivano la corrente per punire i 
morosi e quelli che non vogliono saperne di spostarsi. Č lì che i sinti non ci 
pensano due volte e bruciano baracche, cassonetti e roulotte ai margini del 
campo e creano uno sbarramento di fuoco. Il vicesindaco Fabio Rolfi parla di 
problemi di sicurezza e ci tiene a precisare che si tratta di tutelare anche le 
altre famiglie. 
 
Ma nessuno avrebbe immaginato che il muro contro muro (e in particolare la 
mancata corrente) avrebbe creato gravi problemi a due bambini malati che vivono 
nella comunità sinti. Gabriel ha cinque mesi e soffre di una malattia cardiaca: 
ieri, in seguito a complicazioni dovute al freddo, è finito in ospedale per 
accertamenti e il padre si dice deciso a far causa al Comune. L'altro caso è 
ancora più grave. Eccolo lì, il piccolo Tommaso, tra le braccia di mamma Fenni, 
vent'anni, seduta sul salotto a fiori grigi, ancora avvolto dalla plastica. Al 
suo fianco c'è papà Samuel, chiuso in un giubbotto scuro, trent'anni. Tommaso 
soffre di una malattia genetica rarissima (solo 14 casi al mondo) che si chiama 
H-ABC: quel che gli permette di sopravvivere è un sondino fissato a una narice e 
a una macchina per l'ossigeno pronta all'occorrenza (cioè ogni mezz'ora). 
Quando, lunedì sera, è mancata l'elettricità, il signor Marin ha dovuto 
procurarsi con le buone o con le cattive un generatore portatile, e l'ha trovato 
a San Zeno. Tra le braccia di sua mamma, continua a tossire sputando catarro: 
pulirlo con un fazzoletto è ormai un gesto automatico che papà e mamma fanno 
centinaia di volte al giorno. «Buono Tommaso, buono...».  
 
Sulla porta della roulotte c'è un cartello scritto a mano: «Per piacere, non 
salite con scarpe, tosse, febbre, bambini vi prego non ho più voglia di stare in 
ospedale». Firmato Tommaso, che prega i bambini del campo di non entrare per non 
procurargli infezioni. «Ogni venti giorni al massimo - dice Samuel - bisogna 
ricoverarlo perché si prende l'influenza. Č nato così, non c'è guarigione, non 
hanno ancora capito che cosa succederà». Purtroppo non è difficile sapere che 
cosa succederà, leggendo i due soli studi specialistici che esistono sulla 
H-ABC. Č una malattia degenerativa, che colpisce i gangli basali. «Non sappiamo 
come crescerà, sappiamo che porta cecità, sordità e immobilità», dice mamma Fenni. Oggi in ospedale hanno cambiato il sondino. La storia della famiglia 
Marin è presto detta: originari di Piacenza, hanno lasciato il campo della loro 
città il mese scorso e si sono trasferiti qui perché l'ospedale di Brescia 
dispone di mezzi più aggiornati: «Ora però vogliono mandarci via, perché siamo 
residenti a Piacenza: è già partita l'ordinanza». 
 
Scarpette blu da ginnastica, su cui non camminerà, felpa verde, Tommaso si 
agita, pigola pigola, gira gli occhi al soffitto: «Me lo dice come possiamo fare 
con un bambino così delicato? Ci sono notti che ci fa tribolare, bisogna sempre 
tenerlo attaccato all'ossigeno, dieci giorni fa alle tre di notte aveva pochi 
battiti, appena appena, era nero in faccia e all'ospedale ce l'hanno salvato». 
Nove chili, i pugnetti sempre chiusi. Come gli altri sinti, anche Samuel si 
arrangia andando a raccogliere ferraglia nei dintorni per rivenderla nei centri 
di rottamazione. Oppure viene chiamato per svuotare qualche cantina in città. 
Questo è tutto. I suoi antenati erano giostrai e circensi. «Con Tommaso ci 
vogliono tanti soldi, ogni tanto dobbiamo andare a fare controlli a Milano e a 
Padova». Il ministro spirituale del campo si chiama Renato Heric. Č un pastore 
evangelico ed è fiero della sua comunità: «Il sindaco dice che usiamo i nostri 
bambini per ricatto, venga qui a trovarci, per favore, venga a vederli». Tommaso 
ha sonno. Mamma Fenni lo adagia nel lettone pieno di cuscini. Ci sono due 
tubicini per l'ossigeno da infilargli nel naso e il saturimetro da fissare al 
pollice con un cerotto. Ora può dormire. 
Paolo Di Stefano - 17 febbraio 2011  
Al
Corriere il giorno dopo non sarà sembrato vero, di aver trovato una storia 
strappalacrime in cui buttarsi 
BRESCIA - RIMANE ALTA LA TENSIONE DOPO LA RIVOLTA DELLA NOTTE DI SAN 
VALENTINO 
Il piccolo sinti che ha rischiato di morire: partita la gara di solidarietà 
Un lettore del Corriere ha deciso di raccogliere i fondi necessari per 
pagare le visite specialistiche al bambino 
 
BRESCIA - Una raccolta di fondi per aiutare Tommaso, il bambino di 15 
mesi che vive nel campo sinti di via Orzinuovi a Brescia e soffre di H-abc, 
una malattia genetica rarissima. Il piccolo, che vive grazie a un sondino 
fissato a una narice e a una macchina per l'ossigeno, sarà aiutato da un lettore 
del Corriere della Sera che, commosso dalla storia di Tommy, ha deciso di 
raccogliere i fondi necessari per pagare le visite specialistiche al bambino. 
Intanto rimane alta la tensione dopo la rivolta della notte di San Valentino, 
quando il Comune ha staccato la corrente elettrica mettendo a rischio la vita di 
Tommaso, che vive proprio grazie al funzionamento di particolari macchinari. Non 
solo. La famiglia Terrenghi (la più numerosa del campo) ha annunciato una 
denuncia contro Fabio Rolfi, vice sindaco di Brescia: i sinti lo ritengono 
responsabile del malore di un altro piccolo di 5 mesi cardiopatico ricoverato 
dopo il black out ordinato dalla Loggia. 
Ieri, grazie alla mediazione della Cgil è stato possibile riaprire il 
tavolo delle trattative tra i sinti e l'amministrazione comunale. «La questione 
- ha spiegato Damiano Galletti, segretario Cgil - riguarda 3 delle 5 famiglie 
che il patto di cittadinanza vorrebbe spostare. Due hanno trovato sistemazione 
in una casa popolare dell'hinterland e a Reggio Emilia. Le altre sono disposte 
ad uscire liberando le piazzole a condizione che non ci sia alcun intervento 
della forza pubblica e che la Loggia apra un tavolo di discussione sul loro 
destino». Il patto firmato nei mesi scorsi prevedeva espressamente lo 
spostamento dei 5 nuclei familiari. Ma ora i Sinti sostengono che il 
trasferimento al campo di via Borgosatollo, fianco a fianco ai Rom, creerebbe 
problemi di convivenza tra le due etnie. 
 
G. Spa. 
18 febbraio 2011 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 21/02/2011 @ 09:22:46, in  Europa, visitato 1827 volte)
		  
	 
    
		
      Da
Hungarian_Roma 
NewEurope I Rom in Ungheria di fronte alla perdita d'identità - Author: Cillian Donnelly 
 
La prossima generazione di Rom. Mentre si prepara il Quadro per le Strategie 
d'Inclusione Nazionale dei Rom, che dovrebbe essere presentato ad aprile, c'è 
paura che venga erosa l'identità rom in Ungheria. Il governo ha fatto delle 
Strategie d'Inclusione una delle priorità chiave dei suoi sei mesi di presidenza 
UE. | 
EPA/MIRCEA ROSCA 
13/02/2011 - E' stato detto in un incontro al Parlamento Europeo che le 
prossime generazioni di Rom in Ungheria sono in pericolo di perdere il loro 
senso di storia e di identità. 
"E' importante per i gruppi rom passare conoscenze ed esperienze ai più 
giovani", ha detto la parlamentare ungherese Ágnes Osztolykán durante una 
riunione del gruppo dei Verdi il 9 febbraio. "Ma in Ungheria, è abbastanza 
diverso, non ci sono gruppi simili tra i Rom, ed è difficile trovare giovani 
progressisti. I Rom ungheresi sono in una situazione più difficile degli altri 
nell'Europa Centrale e del Sud-Est". 
Osztolykán, portavoce per l'istruzione e la cultura di Lehet Más a Politika (LMP),  
ha illustrato la situazione rom nel suo paese nativo durante un incontro di due 
giorni in cui l'Ungheria e la sua politica, che detiene la presidenza
UE, 
erano sotto scrutinio. 
Le due più grandi sfide da affrontare per i Rom in Ungheria sono una maggiore 
integrazione e combattere la crescita dell'estrema destra, entrambe devono 
essere affrontate come parte di un più ampio sforzo della società civile. La 
marginalizzazione dei Rom, spesso attraverso politiche di odio, hanno portato ad 
una comunità più isolata e frammentata, nonostante gli sforzi politici. 
Gli anni '90, dice Osztolykán, hanno visto la volontà in Ungheria di 
stabilire un programma per l'integrazione sociale dei Rom, invece 
dell'integrazione economica, facilitata dai donatori internazionali. Ci sono 
stati, dice, "molti segnali positivi all'inizio", particolarmente 
nell'istruzione, ma presto si sono spenti. Il denaro sembrava andare "nella 
lotta alla crisi economica. Gli investimenti nell'insegnamento e nell'istruzione 
non erano sufficienti". 
Nel 2004 è stata progettata una nuova strategia rom, per cui a ciascun stato 
membro UE viene richiesto di elaborare un piano d'azione. "Soltanto a quel punto 
la gente ha iniziato a pensare all'integrazione economica", dice Osztolykán, "e 
a cose come l'edilizia sociale. Sono state avviate diverse iniziative 
comunitarie". Oggi, dice, il governo ungherese ha parlato molto di integrazione 
rom, che giudica un "buon segno". Dice anche di essere "molto soddisfatta" per i 
progressi in corso verso una strategia integrata dei Rom. 
Tuttavia, dice, i problemi economici continuano ad incombere sui Rom. E' 
importante riqualificare. "Abbiamo bisogno di insegnare la conoscenza. Molti Rom 
hanno perso il lavoro, diversi settori industriali sono stati distrutti. Ora i 
Rom sono tra il 10% più povero dell'Ungheria, nonostante qualche piccolo 
movimento verso la fascia di ceto medio. Tuttavia, ci sono ancora "pochissimi 
laureati". La questione dei progressi dalla scuola primaria al terzo livello è 
qualcosa che ancora dev'essere esaminata. 
L'ascesa dell'estrema destra in Ungheria, cominciata circa dieci anni fa, 
provoca grandi preoccupazioni, non solo ai Rom, ma anche a chi è impegnato con 
la politica, la società civile e l'attivismo, dice Ágnes 
Osztolykán. 
La destra radicale, aggiunge, è riuscita a "prendere il sopravvento" nel 
dibattito sull'integrazione e a definire l'agenda, che è qualcosa su cui tanto i 
parlamentari nazionali che quelli europei devono lavorare per porre rimedio. 
Dice: "Sta a noi trovare una via di mezzo". 
"Purtroppo, ci sono pochi Rom dentro la società civile in grado di parlare. 
Da una parte c'è un clima di paura, ma c'è anche l'intenzione di aiutarli, di 
porre fine alla discriminazione e alla marginalizzazione. Nel 2010, è stato 
costruito un nuovo istituto a Budapest, allo scopo di porre queste persone 
emarginate sulla mappa". 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 21/02/2011 @ 09:32:59, in  Italia, visitato 1762 volte)
		  
	 
    
		
      Segnalazione di Sara Palli 
PISA notizie - Botta e risposta tra il consigliere Scaramuzzino e 
l’assessore Maria Paola Ciccone in Consiglio Comunale 
 
Breve ma importante discussione ieri (giovedì 17 febbraio) in Consiglio Comunale 
a Pisa sulla questione degli sgomberi dei campi rom nella nostra città. A porre 
il problema e a chiedere chiarimenti con un question time è stato il 
capogruppo in consiglio di Sinistra Ecologia e Libertà, Carlo Scaramuzzino. 
Quest'ultimo nel suo intervento ha ricordato la tragedia dei bambini morti a 
Roma citando le parole di preoccupazione espresse in questi giorni dal capo 
dello Stato, Giorgio Napolitano, in seguito a tale episodio. 
 
"Chiediamo al Sindaco - spiega Scaramuzzino nella sua illustrazione - se 
considera giunto il momento per affrontare in sede consiliare una discussione 
complessiva sulla presenza dei cittadini rom nel nostro territorio, così come da 
lui stesso proposto nei mesi scorsi, in occasione di risposte date a 
interpellanze su fatti di cronaca che hanno coinvolto la popolazione rom. E se 
ritiene di poter soprassedere alla decisione di dare seguito agli sgomberi, in 
attesa dello svolgimento della seduta consiliare, nel corso della quale 
potrebbero essere esaminate soluzioni eque e solidali per le popolazioni rom in 
difficoltà". 
 
Vista l'assenza del sindaco a causa di una indisposizione fisica, a rispondere 
al question time è l'assessore alle politiche sociali Maria Paola Ciccone. La 
risposta dell'assessore appare però molto risentita e polemica nei toni e nei 
contenuti per le questioni sollevate dal consigliere comunale. 
 
"Esprimendo il mio dispiacere per quanto avvenuto a Roma, voglio ricordare che 
il comune di Pisa è uno dei pochi in Italia che ha messo a disposizione delle 
famiglie Rom 400 alloggi, cose che pochi comuni hanno fatto. Pisa non è quindi 
una città a cui si possono fare lezioni di accoglienza". 
 
"Per primi - prosegue l'assessore - abbiamo denunciato le condizioni di vita dei 
campi abusivi in cui non si rispetta il diritto minimo alla salute dei bambini. 
Mantenere questi campi significa negare i diritti dell'infanzia". 
 
Rispetto agli imminenti sgomberi, l'assessore precisa: "Stiamo facendo 
rispettare l'ordinanza fatta dal sindaco nel dicembre del 2009 e così chiuderemo 
in modo graduale gli insediamenti della Bigattiera e di via Maggiore di Oratoio, 
come previsto dal protocollo d'intesa triennale siglato un anno fa da Regione e 
Comuni della Zona Pisana. E continueremo a smantellare i nuovi accampamenti che 
sorgeranno sul territorio comunale perché sono luoghi pericolosi per la salute e 
la sicurezza di chi ci vive". 
 
"Parallelamente - conclude la Ciccone - proseguiremo anche il lavoro con la 
Regione perché è importante che tutti facciano la loro parte per quanto riguarda 
l'accoglienza: a Pisa lo abbiamo già fatto ampiamente negli anni passati e 
continueremo a farlo. Ma non possiamo continuare da soli: se non si attivano 
anche gli altri, continueremo a essere il polo attrattore di ulteriori nuovi 
arrivi". 
 
Per nulla soddisfatto delle risposte avute si dichiara il consigliere di Sel che 
nella sua replica afferma: "Tutte le mie domande sono state eluse. Avevo chiesto 
chiarimenti precisi riguardo al fatto se il sindaco, così come aveva annunciato 
negli scorsi mesi, fosse intenzionato ad affrontare la questione in un consiglio 
comunale ad hoc e quando questo si sarebbe svolto, ma al riguardo l'assessore 
non ha detto nulla, come nulla ha detto rispetto alle modalità di sgombero e 
agli interventi da parte dei servizi sociali nei confronti di coloro che abitano 
in questi campi che sarebbero stati predisposti". 
 
"Il mio question time - conclude Scaramuzzino - è stato eluso dall'assessore che 
ha fatto una storia degli investimenti del comune di Pisa e del programma Città 
Sottili, che noi tra l'altro abbiamo sempre difeso da chi lo voleva chiudere, e 
non posso che prenderne atto". 
 
Questo dibattito si intreccia anche con quanto avvenuto nella giornata di 
mercoledì in Consiglio Regionale con l'approvazione di una mozione da parte di 
tutti i partiti della maggioranza in cui si impegna la Giunta stessa a 
"predisporre un piano, corredato dalle risorse necessarie, per attivare ogni 
strumento utile a superare le attuali condizioni di pericolo e di degrado in cui 
versano uomini, donne e bambini di etnia Rom soggiornanti sul territorio 
toscano". 
 
Soddisfazione è stata espressa al riguardo da parte di Rifondazione Comunista di 
Pisa per tale mozione e sulla base di questa si chiede una discontinuità da 
parte dell'amministrazione comunale di Pisa rispetto a come è stata fino ad ora 
affrontata la questione della presenza della comunità rom nel nostro territorio. 
 
"Purtroppo alcune amministrazioni toscane, negli ultimi anni - afferma il 
segretario provinciale del Prc, Luca Barbuti - non hanno saputo resistere alla 
facile politica della "sicurezza", hanno creato e risolto falsi allarmi come 
quelli delle "invasioni" di nomadi e le politiche degli sgomberi hanno preso il 
sopravvento anche nelle nostre città e dintorni. Ma finalmente oggi il consiglio 
regionale della toscana, con un documento a firma di tutti i capigruppo di 
maggioranza, ha ristabilito quella dignità e umanità che ha sempre 
contraddistinto l'istituzione regionale". 
 
"La Regione Toscana ha preso finalmente l'iniziativa sulla situazione dei Rom - 
prosegue Barbuti - e approvando il documento consiliare, si è impegnata per 
un'integrazione di queste persone. L'auspicio è che quello della Regione sia un 
esempio che tutte le istituzioni locali che sino ad oggi si erano lasciate 
trascinare dal "leghista pensiero" riflettano su cosa sta producendo la politica 
dell'espulsione, dello sgombero nel nostro paese e recuperino quella guida 
sociale, quella solidarietà e dovere legislativo che compete a chi fa parte di 
una comunità come quella Toscana storicamente dedita all'accoglienza, alla 
solidarietà, al rispetto dei diritti umani". 
 
Da qui la federazione pisana del PRC rivolge un forte appello 
"all'amministrazione del Comune di Pisa, che negli ultimi mesi ha abbandonato 
questo senso di civiltà effettuando continui sgomberi nei campi di periferia. La 
speranza a questo punto è che, conseguentemente all'impegno assunto dalla 
Regione Toscana, l'amministrazione Filippeschi, sospenda gli sgomberi e tramite 
la Società della salute e il coinvolgendo dei tanti soggetti, primi tra tutti la 
comunità Rom che nel recente passato hanno contribuito al soddisfacente successo 
dei progetti di integrazione, si faccia trovare pronta a riattivare i percorsi 
di inclusione sociale quando la Regione avrà predisposto il piano". 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 22/02/2011 @ 09:12:04, in  Europa, visitato 1787 volte)
		  
	 
    
		
      Da
Roma_Daily_News 
   
17/02/2011 - Un gruppo di 93 Macedoni sono tornati giovedì dalla Francia, 
dopo che lì era stato negato loro l'asilo, lo riporta la stazione privata TV Alsat. 
Il gruppo, Macedoni di origine albanese e rom, è stato rimandato 
all'aeroporto della meridionale città di Ohrid, prima di essere riportato alle 
loro case, recita il rapporto. 
I richiedenti asilo, intervistati dalla TV, hanno detto di aver cercato 
lavoro in Francia, la maggior parte illegalmente, prima di essere deportati dopo 
che la loro richiesta di asilo si era dimostrata senza basi. 
Il gruppo è stato il primo di questo genere ad essere ritornato dalla 
Francia. 
Settimana scorsa, un gruppo di 60 persone a cui  era stato negato 
l'asilo in Germania, ha cercato di attaccare e prendere a male parole un gruppo 
di giornalisti che seguiva il loro arrivo all'aeroporto di Skopje. 
Da quando l'Unione Europea ha abolito l'obbligo di visto per Serbia, 
Macedonia e Montenegro nel dicembre 2009, alcuni stati membri UE, cioè Svezia, 
Belgio e Germania hanno registrato un incremento di richiedenti asilo da questi 
paesi, soprattutto di etnia rom e albanese. 
La Commissione Esecutiva Europea ha ammonito Serbia e Macedonia che 
potrebbero perdere i privilegi di circolazione senza visto, se non fermeranno 
questo afflusso. 
La Germania ha anche deportato 36 persone a dicembre, quando la UE ha esteso 
gli stessi diritti ad Albania e Bosnia, ma con uno stretto sistema di 
monitoraggio e la possibilità di sospendere i privilegi in caso di abuso. 
© 2010 AFP 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 22/02/2011 @ 09:42:35, in  Italia, visitato 2106 volte)
		  
	 
    
		
      Buongiorno, 
Le invio un comunicato del "Gruppo di confronto e ricerca sulle politiche locali 
per i gruppi zigani in Europa" nato all'Università di Milano Bicocca in risposta 
a quanto affermato dal Ministro degli Interni Roberto Maroni alla puntata del 
13/02/2011 del programma "Che tempo che fa" . 
 
Cordialmente, 
Alice Sophie Sarcinelli 
Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, Paris 
Nella puntata di "Che tempo fa?" del 13/02/2010, il Ministro degli 
Interni Roberto Maroni ha affermato di aver firmato il piano sviluppato dal 
Comune di Milano secondo il quale "lo sgombero c'è quando c'è una soluzione 
alternativa". Egli si è detto "garante della buona attuazione di questo piano". 
 
Come ricercatori sul campo, siamo a diretta conoscenza della concreta situazione 
relativa agli sgomberi delle baraccopoli costruite a Milano dai rom immigrati 
dall'Europa sud-orientale. Quanto è stato affermato dal Ministro degli Interni 
Roberto Maroni non trova alcun riscontro di realtà. Al contrario, nella maggior 
parte dei casi gli sgomberi, che sono ciclici e reiterati, avvengono in assenza 
di alternative abitative e senza il rispetto dei diritti fondamentali. Esemplari 
sono i ripetuti sgomberi delle famiglie che ruotano attorno al quartiere 
Feltre/Lambrate. Il primo, in data 19/11/2009, prevedeva di separare gli uomini 
da donne e bambini, e le madri dai figli maggiori di sette anni. Le famiglie 
sono rimaste in strada, sotto la pioggia, mentre alcuni bambini e anche alcune 
famiglie sono stati ospitati per qualche giorno da maestre e cittadini del 
quartiere. Lo stesso campo (con le stesse famiglie) è stato sgomberato a inizio 
settembre 2010, a pochi giorni dall'inizio delle scuole, che la maggior parte 
dei minori che vi abitavano frequentano. Dopo molte negoziazioni, alle famiglie 
rom è stata proposta una soluzione temporanea, che tuttavia prevedeva di 
separare gli uomini da donne e bambini. Solo una percentuale inferiore al 20% 
delle madri che avevano fatto esplicitamente richiesta scritta è stata ospitata 
per un breve periodo in alcune strutture pubbliche o convenzionate di 
accoglienza. Queste famiglie hanno passato gli ultimi due inverni a subire 
sgomberi, vivendo in strada: alcuni bambini hanno subito 20 sgomberi in un anno. 
 
Nella stragrande maggioranza dei 170 sgomberi effettuati nel corso del 2010 
nessuna alternativa è stata offerta, e sul luogo non erano presenti i servizi 
sociali. Lo sgombero dei rom è un trattamento differenziale nel duplice senso 
che è rivolto a una popolazione in particolare, e che aumenta e produce le 
differenze. 
 
Riteniamo di estrema importanza reagire a quanto detto affinché il Ministro 
degli Interni si faccia davvero garante della buona attuazione del piano da lui 
firmato, garantendo il rispetto dei diritti fondamentali di tutte le persone. 
 
A nome del Gruppo di confronto e ricerca sulle politiche locali per i gruppi 
zigani in Europa 
 
Laura Boschetti Institut d'Etudes Politiques de Grenoble 
Raffaele Mantegazza, professore associato Università degli Studi di Milano 
Bicocca 
Chiara Manzoni, Università degli Studi di Milano Bicocca 
Oana Marcu, Università Cattolica di Milano 
Greta Persico,Università degli Studi di Milano Bicocca 
Andrea Rampini, Codici Agenzia di Ricerche 
Alice Sophie Sarcinelli, Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales 
Tommaso Vitale, Sciences Po 
     
	
	  
	
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