Da
Redattore Sociale. Articoli precedenti:
21 aprile e
6 luglio. L'ultima segnalazione su
Mahalla
Succede a Pessano con Bornago, in provincia di Milano. L'intervento di un 
gruppo di cittadini, di Caritas Ambrosiana e Avvocati per Niente ha impedito il 
provvedimento. Natalia Halilovic, una rom del campo: "La nostra vita ormai è in 
questo Comune" 
MILANO – Abitano in due camper e in una roulotte, accatastate al bordo di una 
stradina che si perde in mezzo ai campi di Pessano con Bornago, comune in 
provincia di Milano. In quest'area dal 2002 vivono almeno una trentina di rom, 
fra loro 15 minori. Sono bosniaci, entrati in Italia nel lontano 1969 e da 
allora ancora alla ricerca di un posto dove stare. 
Rischiavano di essere sgomberati domani, 13 luglio, ma un gruppo di cittadini si 
è opposto, ottenendo un congelamento – e non una soppressione - dell'ordinanza. 
Mentre il sindaco Giordano Mazzurana e l'assessore alle Politiche sociali Chiara 
Fiocchi (l'amministrazione è di centro sinistra, ndr) discutevano con Caritas e 
Avvocati per Niente onlus sul futuro dei rom, fuori dal Municipio cinque anziani 
del paese alzavano cartelli con scritto "I diritti non si sgomberano". "Ora 
bisogna capire se Caritas, Casa della Carità o altri enti del privato sociale 
saranno in grado di offrire una soluzione, almeno per i casi più vulnerabili", 
spiega Alberto Guariso di Avvocati per Niente. Intanto l'avvocato attende per 
oggi un "censimento" delle fragilità all'interno del campo. I casi conclamati, 
al momento, sono Maria Halilovic, una signora di 73 anni con tre bypass, e il 
figlio Spaho, cieco dalla nascita. 
A portare i rom a Pessano con Bornago è stato il marito di Maria. Qui, 8 anni 
fa, aveva comprato un campo, ad uso agricolo. Voleva avere la famiglia vicina, 
durante il suo ricovero all'ospedale San Raffaele. Ma quando, nel 2008, è stata 
introdotta la legge Maroni che vieta gli assembramenti di roulotte sui terreni 
ad uso agricolo, Maria è stata costretta a spostarsi "in strada", pochi metri 
più in là. Con lei, i due figli Spaho e Natalia. Un luogo scomodo, di passaggio, 
perché da qui transitano ogni giorno gli agricoltori per raggiungere i propri 
terreni. Per il Comune questa situazione è diventata con il tempo inaccettabile, 
tanto che il villaggio rom diventa un problema. 
"Nel novembre 2010 sono venuti a fare il primo sgombero", racconta Natalia. A 
detta del Comune, in quel momento nel campo abusivo di Pessano c'erano più di 33 
famiglie. Chi ha potuto se n'è andato, gli altri sono rimasti qui. I segni di 
quell'evento sono ancora visibili: alle spalle delle roulotte affiorano i resti 
di altre case mobili, abbandonate in quello stato dal giorno dello sgombero. 
"Peggio di una discarica. Ma il Comune crede che dobbiamo portare via tutto noi? 
Sono loro che l'hanno fatto e loro devono pulirlo", denuncia Natalia. 
Al campo i bambini si tuffano in un canale, che scorre proprio di fronte alle 
roulotte. Uno di loro, di 14 anni, racconta che quest'anno non ha potuto 
frequentare la seconda media, perché sua madre lo teneva a casa, temendo ogni 
giorno che lo sgombero minacciato diventasse effettivo. 
"Fossi il presidente della Repubblica – dice – donerei a tutti i rom un campo 
dove stare". Parla del sindaco come il responsabile delle condizioni assurde in 
cui è costretto a vivere. "Tutti i nostri figli sono iscritti a scuola, ma non 
sempre siamo riusciti a mandarli – spiega Natalia -, ma la colpa è del Comune 
che ci vuole cacciare via". Una delle donne del campo non vuole che si facciano 
fotografie né a lei né ai suoi figli: "In città ci conoscono tutti e io mi 
vergogno del posto in cui sono costretta ad abitare". "Abbiamo rinunciato ad 
essere nomadi – racconta Maria – perché volevamo che i nostri nipoti 
studiassero, imparassero a leggere e scrivere e si trovassero un buon lavoro. Se 
ci continuano a sgomberare ci fanno tornare all'epoca dei miei bisnonni" 
(Lorenzo Bagnoli) © Copyright Redattore Sociale