Famiglia Cristiana 21/05/2011 Altro che Zingaropoli, nel capoluogo 
lombardo si cacciano sempre gli stessi rom da un campo all'altro, senza mai 
alternative. E a rimetterci sono i bambini
 Il disegno di una bambina rom cacciata da scuola in conseguenza di uno 
sgombero.
"A gennaio si è aggiunto alla mia classe Romeo. È un bambino rom di sei anni, 
arrivato nella nostra scuola dopo essere stato allontanato dal campo di via 
Rubattino e aver già dovuto abbandonare la sua classe alle elementari di via 
Feltre. Per due settimane ha frequentato la scuola, arrivando sempre puntuale e 
motivato. In pochi giorni ha conquistato tutti noi con la sua allegria e il suo 
affetto, anche la famiglia è sempre stata disponibile e rispettosa. Un giovedì 
mattina, appena entrata in aula, sono stata letteralmente trascinata in 
corridoio da Romeo che, parecchio preoccupato, continuava a ripetermi "polizia, 
sgombero". Il lunedì successivo la sua famiglia è stata sgomberata dal capannone 
in cui vivevano, Romeo non è più potuto venire a scuola." 
Silvia Borsani, maestra all'elementare di via Guicciardi, racconta così 
l'emergenza rom a Milano. Storie simili a quella di Nicu, 11 anni, costretto a 
cambiare sei scuole in due anni, o di Raluca, 8 anni, che ha subito 18 sgomberi 
in dieci mesi. I rom in Italia sono un popolo di bambini: il 45-50 per cento è 
in età scolare. L'integrazione passa soprattutto dalla scuola. Ma i continui 
sgomberi rendono ardua quest'opera. Il Comune di Milano ha da tempo annunciato 
di aver superato i 500 sgomberi di baraccopoli rom dal 2007. Un "successo" che 
il vicesindaco De Corato rivendica con orgoglio: la città, anche per il 
ballottaggio, è tappezzata di manifesti elettorali con il numero degli sgomberi 
effettuati. Si tratta, in realtà, degli stessi rom continuamente sgomberati, 
sempre dagli stessi posti. Emblematico è il cavalcavia Bacula: un'area 
sgomberata 32 volte in tre anni. Milioni di euro spesi per spostare un problema 
senza risolverlo. 
Ha recentemente detto la Comunità di Sant'Egidio, che a Milano e in molte città 
difende il diritto allo studio dei bambini rom: "Malgrado la disponibilità di 
risorse messe in campo dalla UE per l'integrazione, proseguono in Europa 
politiche basate sulla sola emergenza che alimentano paura e pregiudizi. Anche 
in Italia raramente si realizzano politiche di inclusione e ci si limita spesso 
a inutili operazioni di "sgombero senza alternative", che non risolvono i 
problemi, aggravando la condizioni di vita dei rom e aumentando l'allarme 
sociale." Al termine dello scorso anno scolastico, le mamme e le maestre delle 
scuole frequentate dai rom della baraccopoli di via Rubattino hanno raccontato 
di alcuni bambini bocciati a causa delle troppe assenze, conseguenza della 
catena di sgomberi che hanno subito. In una lettera aperta hanno scritto: "Ora 
ci troviamo davanti a un paradosso: le istituzioni con gli sgomberi rendono 
impossibile la frequenza, e sono sempre le istituzioni a bocciare perché le 
assenze sono troppe." 
Flaviana Robbiati, una delle maestre di Rubattino, dice: "L'interruzione del 
percorso scolastico significa analfabetismo; non saper leggere nè scrivere 
impedisce di conoscere diritti e doveri, rende impossibile difendersi, blocca 
l'accesso al lavoro. Da analfabeti diventano impossibili anche azioni 
semplicissime quali orientarsi in un ospedale, compilare un modulo, sapere in 
che via si è, capire quale medicina si ha in mano. A quel punto, la miseria è 
inevitabile, l'emarginazione anche. Qui è il punto: dobbiamo scegliere se 
lottare contro la povertà o contro i poveri." Lo sgombero è un insieme di 
violenze psicologiche. I bambini si ritrovano in poche ore, spesso senza 
preavviso, a perdere un mondo di affetti e di persone importanti: i compagni, le 
maestre, le famiglie degli amici italiani che spesso non rivedranno più. Cosa 
rimane della loro "vita precedente" dopo che una ruspa ha raso al suolo la 
baracchina con tutto il mondo di oggetti e di affetti che contiene? Cosa succede 
nella testa di un bambino che vede ridotti a immondizia i giocattoli e la 
cartella che è stata sua compagna di impegno e di di sogni sul futuro? 
Restano alcuni sacchetti di plastica con pochissime cose indispensabili: una 
coperta, un paio di golfini, dei pantaloni, il pane avanzato il giorno prima, un 
telo di cellophane che da quel momento diventa l'unico riparo per la notte. E 
negli occhi di questi bambini cosa rimane? L'immagine dei lampeggianti blu che 
quando è ancora notte ti svegliano e ti fanno uscire dalla baracchina. Resta 
l'immagine di una ruspa enorme che disprezza e distrugge tutto quello che hai. 
Aggiunge Flaviana: "Restano i denti dei cani della polizia. Meg, la mia alunna, 
raccontava che erano "denti grossi", alla stessa altezza della sua faccina." 
Politica degli sgomberi e tolleranza zero hanno spesso il volto di questi 
bambini. Come Adrian, rom del campo di via Cave di Pietralata di Roma, 
minacciato di sgombero. Nel periodo di Pasqua, la Via Crucis del venerdì santo, 
organizzata dalla Parrocchia della zona e dalla Comunità di Sant'Egidio, aveva 
fatto una sosta nei pressi dell'insediamento. Adrian ha fatto la sua preghiera: 
"Preghiamo Dio e tutti l'italiani affinché la nostra casa resti almeno 3 o 4 
settimane fino alla fine della scuola e ringraziamo Dio e tutti l'italiani, 
scusateci il disturbo e buona Pasqua."
Stefano Pasta