 Carta.org 26/04/2011Nino Lisi
Carta.org 26/04/2011Nino Lisi
Hanno vinto i Rom. Sì, hanno vinto i Rom. È importante. Ed è importante che 
siano stati loro in gran parte gli artefici della vittoria, opponendo sino alla 
fine un pacato ma fermo rifiuto alla consueta proposta del Comune di Roma di 
dividere i nuclei familiari: le donne e i bambini da una parte, al Car, e gli 
uomini dall'altra, che trovino loro dove. E hanno resistito anche all'opera di 
persuasione della Caritas che all'inizio consigliava di adattarsi ad accettare 
le condizioni imposte dal Comune: separazione dei nuclei familiari fin quando 
non venissero apprestati i lager, denominati «campi nomadi», dove ricomporre le 
famiglie; oppure accettare il «rimpatrio assistito».
La vicenda dei Rom si è protratta per tre giornate, dal venerdì santo alla 
domenica di pasqua. È quasi simbolico.
Da Giovanni Franzoni – che più o meno quarant'anni fa era l'abate della basilica 
di san Paolo fuori le mura, e che il giorno di pasqua è venuto a portare la sua 
amicizia ai Rom condividendo con loro, sul piazzale, il pranzo solidale promosso 
dalle associazioni che hanno sostenuto la lotta dei Rom – sentii spiegare una 
volta che dove qualcuno/a è nel bisogno e non trova accoglienza, per chi crede, 
lì si rinnova la passione di Cristo, si ripete il venerdì santo; quando invece 
chi soffre viene accolto, allora la vita si rinnova ed è pasqua. Per dire che il 
venerdì santo e la pasqua, la passione e la resurrezione, non capitano una volta 
all'anno ma tutti i giorni.
E la vicenda degli scorsi giorni dei Rom si è svolta per l'appunto tra un 
alternarsi di rifiuti e di accoglienza. Rifiuti delle istituzioni e accoglienza 
da parte della società. La passione di questo gruppo di oltre 150 Rom è iniziata 
il 18 aprile con lo sgombero del campo dell'ex Miralanza. Sbaraccati dal misero 
rifugio di fortuna, una sessantina di persone, tra cui almeno una decina di 
bambini, restano prive di quella parvenza di tetto che erano riuscite a darsi. 
Si spargono per i giardinetti della zona, ma anche da lì le forze dell'ordine le 
scacciano. Arpjtetto, l'associazione di volontari che opera nella zona, segnala 
l'emergenza alla comunità di base di san Paolo e i Rom vengono accolti nel 
salone di via Ostiense dove trascorrono la notte. Al mattino vanno via per 
cedere il posto ai richiedenti asilo che arrivano alle 9 per partecipare alla 
scuola di italiano che Asinitas gestisce da anni in maniera impeccabile. Per 
alcuni giorni i Rom della ex Miralanza vagano alla ricerca di una soluzione che 
non trovano.
Venerdì 22 altro sgombero, altra passione. Questa volta tocca al campo di via 
dei Cluniacensi, in zona Tiburtino. Intervengono altre associazioni: Popica, 
Arci Solidarietà e Apjtetto.
La Comunità di Sant'Egidio invia un comunicato in cui protesta fortemente per la 
politica del Comune. Il sindaco Alemanno risponde: «siete fuori dalla realtà». 
C'è chi commenta che se la «realtà» è questa meglio starne fuori.
Si decide di unire i nuovi «sgombrati» a quelli dell'ex Miralanza. 
L'appuntamento è alla basilica di san Paolo, che si raggiunge con la metro.
È la mossa che si rivelerà vincente. Per due motivi: anzitutto l'accoglienza, 
che l'abbazia, sia pure con qualche ambiguità e contraddizione concede, protegge 
i Rom dalle forze dell'ordine che non vi possono entrare [solo qualche 
funzionario della Digos che se ne sta in disparte è dentro ad osservare in 
silenzio]. In questa situazione i Rom si sentono rincuorati. In secondo luogo 
l'occupazione pacifica e sommessa «fa notizia» e nella società dell'immagine 
scattano i media.
Il piazzale si riempie di televisioni, fotografi e giornalisti e di quasi tutte 
le associazioni impegnate nella difesa dei diritti dei Rom. A Arpjtetto, Popica, 
ed Arci si aggiungono A Buon Diritto, Aizo Onlus, Casa dei Diritti Sociali, 
Comitato ex Casilino 900, Comunità di Base di san Paolo, Donne antirazzista 
della Casa Internazionale delle Donne, Federazione Romanì, Monteverde 
Antirazzista, Osservatorio Antirazzista del Pigneto. E inoltre la Funzione 
Pubblica delle Cgil di Roma Ovest e esponenti di vari partiti e i Blocchi 
Precati Metropolitani. Accorre anche il presidente dell'XI Municipio, Andrea 
Catarci, che sarà presente sino alla fine della vicenda, portando con sé un 
figlio, in braccio o in carrozzina.
Escono i primi lanci di agenzie, poi i telegiornali e i quotidiani on line. La 
maggior parte dei media si schierano (miracolo! davvero è pasqua) dalla parte 
dei Rom criticando duramente l'operato delle istituzioni. La trattativa condotta 
da una solerte funzionaria prefettizia e un assessore del Comune si avvia dunque 
sotto la pressione dell'opinione pubblica. I Rom non cedono.
Alle 19 si chiudono i cancelli e si apprende che l'abbazia ha fatto entrare i 
Rom nell'edificio e la Caritas sta portando cibi e coperte.
Al mattino i/le Rom usciti/e per fare dei piccoli acquisti non sono però fatti 
rientrare. I contatti con quelli che sono dentro si tengono con i cellulari. 
All'interno la trattativa prosegue. Le istituzioni insistono. I Rom non cedono.
All'esterno alle associazioni e ai media si aggiungono cittadini e cittadine che 
vengono a dare solidarietà.
Trascorre così l'intera giornata di sabato. Si profila la continuazione 
dell'occupazione anche per il giorno dopo. Si decide perciò di invitare i romani 
e le romane ad un pranzo solidale lì, in strada per il giorno di pasqua. È un 
rischio, perché non c'è tempo per organizzarlo. Ma riuscirà. Si comincia a 
pensare anche al lunedì.
Intanto si fa sera, il tempo si rannuvola. All'aperto vi sono tra gli altri 
anche due famiglie con bambini piccolissimi; due sono gemelli nati da appena due 
settimane. Il Municipio monta allora una tenda sul piazzale per ripararvi chi 
non può rientrare nella basilica. Ma arriva, solenne, un messo comunale che 
sembra venire dall'epoca delle grida manzoniane, e dà lettura in pubblico di 
un'ordinanza del sindaco che impone di smontare la tenda. La polizia esegue.
Piove. I rom provano a trovare rifugio nella basilica ma la gendarmeria vaticana 
impedisce a loro e agli attivisti di entrarvi. Molti fedeli, convenuti per la 
veglia pasquale che annuncia che Cristo dopo la morte risorse all'alba di un 
giorno di oltre duemila anni fa, solidarizzano con la lotta dei Rom: alcuni 
rifiutano addirittura di entrare nella chiesa alla quale oggi è inibito 
l'ingresso dei Rom. Una famiglia venuta a far battezzare il figlio vi rinuncia 
tra gli applausi dei presenti.
Le due famiglie con bambini piccolissimi però si arrendono, è troppo alto il 
rischio se restano sotto la pioggia: accettano il rimpatrio. Si aggiungono a 
quanti – poco più di una decina – l'avevano accettato in precedenza. Gli altri e 
le altre Rom trovano ospitalità per la notte nella comunità di base che apre di 
nuovo la porta della sua sede.
Al mattino la trattativa riprende: le istituzioni insistono nel voler separare 
gli uomini dalle donne e dai bambini, ma i Rom non cedono. Arriva Giovanni 
Franzoni che rilascia delle dichiarazioni molto ferme e fa pressione sulla 
Caritas perché non sostenga l'aut aut del Comune ma trovi una soluzione 
alternativa. Dal canto loro le associazioni si attivano per allestire una 
soluzione che veda l'accoglienza dei singoli nuclei familiari in più punti della 
città. Incredibile. le Tv e i giornali incalzano e anche il papa dal balcone da 
cui si affaccia per la benedizione spende una parola di solidarietà con i Rom.
Sul piazzale si svolge il «pranzo solidale». A un certo punto la trattativa si 
interrompe. Di fronte alla ferma posizione dei Rom le istituzioni si ritirano.
La situazione è in stallo.
La basilica non può scacciare i Rom ma nemmeno può continuare ad ospitarli 
all'infinito, tanto più che il primo maggio si avvicina e sarebbe molto 
disdicevole che la beatificazione del papa che si è voluto santo subito 
avvenisse con la basilica di san Paolo occupata dai Rom.
Fallita l'opera di convincimento, la Caritas cambia strategia: si dà carico di 
realizzare in proprio una soluzione che accolga la richiesta dei Rom di non 
smembrare neppure provvisoriamente i nuclei familiari. L'annuncio viene accolto 
da grandi applausi di chi è all'interno dell'abbazia. Da fuori si sentono. I Rom 
hanno vinto.
Quelli di loro che sono sul piazzale vengo fatti entrare. Arrivano i pullman per 
portare tutti e tutte nella nuova destinazione. Non è un gran che, ma meglio che 
niente. E soprattutto stanno insieme, donne bambini e uomini. L'alternarsi di 
rifiuti ed accoglienza è finito. Sono passate le 20. Finalmente è pasqua.
Le associazioni che dal venerdì alla domenica sono rimaste sul piazzale, si 
riuniscono e stilano un comunicato in cui danno atto alla Caritas e a 
Sant'Egidio del contributo fornito per trovare per la prima volta a Roma una 
soluzione che accoglie le richieste dei Rom segnando una netta sconfitta della 
politica degli sgomberi e della segregazione nei «campi nomadi».
Da poco, a Brugnasco sono terminati i funerali di Vittorio Arrigoni, Brugnasco è 
lontano, ma per tutte le «tre giornate romane dei Rom» il pensiero – ed anche le 
telefonate – sono andate al piccolo comune lombardo. Non a caso il comunicato 
stampa diramato alle 13 di domenica era intitolato Umano e disumano e terminava 
con l'invito di Vittorio a restare umani. E anche il comunicato delle 22.30 
finisce così: restiamo umani.
È davvero quel che va fatto. Grazie Vittorio per averlo detto e praticato.