Vintila 
(o
Ventila), vecchia conoscenza per i lettori della Mahalla, ha 
fatto capolino tra le pagine del
Giornale. Cosa avrà mai combinato?
 di Maria Sorbi
Nomade, 56 anni, moglie e 5 figli: la sua specialità è fare la ronda lungo i 
cantieri della metropolitana milanese Risultato: i blitz per rubare rame sono 
cessati. E così l’assessore provinciale alle Infrastrutture lo ha assunto 
Milano Vintila si macina 30 chilometri a piedi ogni notte lungo le rotaie 
della metropolitana di Milano. «Lo faccio per controllare che i rom non rubino 
il rame» racconta. Ma anche lui è rom e, a sentire la sua storia, vien da 
sorridere. Un rom schierato contro i rom. 
Il suo vero nome è Marin Costantin, ma si fa chiamare Vintila. «No, non vuol 
dire nulla, è un soprannome, mi piace e basta» ci spiega. Arriva da uno dei 
campi nomadi più difficili della città, il Triboniano, ed è stato assunto per 
fare il guardiano notturno durante i cantieri per il prolungamento fino ad 
Assago della linea verde. In quella zona i furti di rame da parte dei nomadi 
sono all’ordine del giorno e i tecnici non fanno a tempo a posare qualche cavo 
che, zac, nel giro di poche ore è già sparito tutto. 
E chi meglio un nomade per tenere d’occhio le imboscate rom? Chi ne conosce 
meglio le tecniche e le abitudini? Ecco allora che per Vintila è arrivato un 
contratto di lavoro. Lui, 56 anni, moglie e cinque figli, si era già messo in 
luce come portavoce della comunità rom e in passato, soprattutto dopo lo 
sgombero come quello del campo nomadi di via Capo Rizzuto, gli era perfino 
capitato di sedere ai tavoli delle politici locali per tentare un accordo. Il 
suo nome tra le istituzioni gira da un po’ di tempo. Finché un giorno 
l’assessore alle Infrastrutture della Provincia di Milano, Giovanni De Nicola, 
durante un sopralluogo ai cantieri del metrò, si rende conto che i furti di rame 
rallentano l’avanzamento dei lavori. E lancia l’idea: «Perché non ingaggiamo 
Vintila?». Detto fatto. 
Marin Costantin firma il contratto per quello che chiama «il lavoretto». «Mi 
hanno rinnovato il contratto di mese in mese» racconta e ci tiene a dire che lui 
è «uno a posto», «uno che ha la partita iva», che «paga i contributi» e che in 
vent’anni in Italia non ha ricevuto nemmeno una denuncia. 
Nelle sue ronde notturne, avanti e indietro lungo i 4 chilometri di rotaie, si è 
perfino imbattuto in qualche vicino di roulotte che se l’è data a gambe non 
appena l’ha visto. «Non ho paura - racconta - ma per le emergenze sono armato». 
La sua arma è una fionda e in tasca ha anche qualche bullone da usare come 
proiettile. 
Ma fortunatamente non ne ha mai avuto bisogno: Vintila mette tutti in fuga. «Non 
si avvicinano nemmeno, sanno che potrei riconoscerli». Lui, rom controcorrente, 
ha preso la sua mission seriamente e non ha saltato una notte di lavoro. Ora che 
i cantieri sono finiti e il metrò di Assago è entrato in funzione, Vintila si 
cercherà un altro «lavoretto». «Sono bravo io, trovo lavoro subito». Intanto il 
suo nome è stato pronunciato al microfono dall’assessore De Nicola durante il 
taglio del nastro della nuova tratta metropolitana. E non capita spesso che un 
politico ringrazi pubblicamente un rom al microfono. 
«Ho voluto citare anche Vintila tra le persone da ringraziare - spiega De Nicola 
- perché ha lavorato bene e da quando c’è lui i furti sono davvero calati. È 
stato bravo e serio». 
E ora che il suo compito è finito, cosa farà Vintila? L’elemosina? «No, per 
carità, si fa più fatica a fare quello che a lavorare» scherza lui. «Magari mi 
trasferirò a Genova, o a Napoli o forse resterò qui, dipende da dove troverò un 
lavoretto». Quel che è certo è che Vintila e la sua famiglia si sentono ormai 
italianissimi. «Voglio prendere la pensione in Italia - dice lui con voce ferma 
- e non ho accettato i 15mila euro che il Comune di Milano dà ai nomadi che se 
ne tornano a casa. Sono regolare e lavoro».
Non solo. Vintila, da capo rom che sa il fatto suo, cerca di convertire la sua 
comunità a una vita più onesta e integrata. Ha imposto a sua figlia di smetterla 
di stare ai semafori a chiedere l’elemosina e ora lei lavora in un bar. E ha più 
volte detto agli zingari del suo campo: «Comportatevi bene, provateci». Lui lo 
ha fatto e questo gli ha portato pure un contratto in regola.