Da
Roma_Benelux

E' responsabilità di tutti noi, esigere dall'autorità pubblica che 
rispetti i suoi obblighi nei confronti dei popoli viaggianti: è una questione di 
libertà, di uguaglianza, di solidarietà. Un'opinione di Veronique Van der 
Plancke, vicepresidente della Lega dei Diritti dell'Uomo.
Da alcuni giorni, una piccola comunità di circa ventimila individui in 
Belgio, solitamente chiamati "Gens du voyage", attira l'attenzione come non mai. 
Visti talvolta come un solo uomo, comprendiamo gradualmente che la loro realtà è 
multipla, e di conseguenza, che le risposte da dare alle domande attuali, 
dovranno essere diversificate.
E' così che questi discendenti degli Tzigani (chiamati anche Rom, Zingari, 
Sinti a secondo della loro provenienza geografica), arrivati in Belgio nel XV o 
alla fine del XIX secolo, hanno generalmente mantenuto la tradizione 
dell'abitazione mobile, benché non per questo tutti svolgono una vita 
itinerante. Alcuni di loro viaggiano per un periodo più o meno lungo dell'anno, 
fermandosi per alcune settimane in luoghi che si susseguono.
Numerosi di loro sono diventati sedentari, ma preferiscono tuttavia risiedere in 
una roulotte, installata stabilmente su un terreno, in modo da perpetrare un 
modo di vita aperto verso l'esterno, al quale sono abituati dall'infanzia, modo 
che permette loro di mantenere un legame (anche solo simbolico)con il viaggio. A 
questi si aggiungono i Viaggianti residenti nei paesi vicini, in Francia e nei 
Paesi Bassi soprattutto, i quali attraversano il Belgio durante il periodo 
estivo.
Nello stesso modo in cui la rivendicazione relativa all'indossare il velo ci 
interpella riguardo al posto che prende la religione nelle nostre vite, i 
Viaggianti ci ricordano, tramite il loro modo di vivere, che non c'è nessuna 
ragione per cui la vita sedentaria generalizzata debba essere il solo modo di 
esistere. Turbano così, con la loro diversità culturale, una società tentata 
dall'omogeneizzazione delle pratiche. Incarnano un'idea di libertà e di distacco 
in un mondo ossessionato dalla sicurezza, il confort e la capitalizzazione. Si 
potrebbe anche asserire che sono precursori in materia di alloggi alternativi, 
nel momento in cui ci si interroga sull'abitazione raggruppata, o 
intergenerazionale.
Vettori di una diversità culturale da preservare, fanno ugualmente luce, loro 
malgrado, su un tipo di abitazione incline a moltiplicarsi in un contesto di 
disuguaglianze sociali: un certo numero di persone, senza alcuna origine 
tzigana, s'installano in roulotte per motivi economici, non potendo provvedere 
alle spese di un appartamento. Che siano "ricchi o miserabili", i Viaggianti 
suscitano numerose reazioni negative. La loro fortuna sarebbe frutto della loro 
disonestà, e la loro povertà del loro ozio.
Questi pregiudizi violenti circolano come una scia di polvere esplosiva, in 
Francia come qui, ed è la storia deplorevole di un appuntamento mancato. 
Piuttosto che focalizzarsi in modo maldestro sul comportamento reprensibile di 
alcuni, è verso un rovesciamento di prospettiva che diventa urgente porsi: 
puntando sulla responsabilità del potere pubblico il quale, a causa della sua 
relativa inerzia, non rispetta il diritto fondamentale dei Viaggianti di 
conservare un'identità tzigana e di svolgere una vita conforme alle tradizioni 
di questa minoranza.
E' così che, a proposito di un fatto riguardante la Grecia, il Comitato Europeo 
dei Diritti Sociali – organo quasi giurisdizionale scaturito dal Consiglio 
Europeo – ha consacrato in dicembre 2004, un obbligo per gli stati, di 
organizzare siti di stazionamento adeguati, a beneficio dei viaggianti, onde "evitare l'esclusione sociale, rispettare la diversità e impedire ogni 
discriminazione".
In ottobre 2009, è la Francia che viene condannata dal Comitato, malgrado la sua 
legge di luglio 2000, imponendo a tutti i comuni di più di cinquemila abitanti, 
di dotarsi di un'area di accoglienza. Il Comitato constata in realtà una messa 
in opera insufficiente di codesta legislazione, avendo per conseguenza di 
esporre il Viaggianti all'occupazione illegale di siti, quindi a successive 
espulsioni. Ad oggi, meno della metà dei comuni francesi rispettano i loro 
obblighi: dei quarantaduemila posti giudicati necessari, soltanto ventimila sono 
state attrezzati, tra cui alcuni in prossimità di discariche, altri tra binari 
delle ferrovie e autostrade.
E' sulla base del metro di paragone di questa constatazione di manchevolezza, 
che bisogna valutare le dichiarazioni chiassose e sfrontate del Ministro 
dell'Interno francese.
E in Belgio? Tramite un effetto combinato di politiche pensate in funzione delle 
persone, (le quali abitano o aspirano ad abitare in alloggi classici), e della 
cattiva volontà dei comuni, poco desiderosi di accogliere sul loro suolo 
popolazioni fortemente stigmatizzate, le famiglie dei Viaggianti sono da una 
decina di anni a questa parte, in preda a delle difficoltà crescenti, nella 
ricerca di un luogo in cui sia loro concesso abitare serenamente, e nel rispetto 
delle loro tradizioni.
Coloro i quali desiderano stabilirsi in modo permanente in una roulotte piazzata 
su una proprietà da loro stessi acquistata o affittata, si scontrano spesso con 
un rifiuto delle autorità di rilasciare le necessarie autorizzazioni a 
costruire. Coloro i quali si spostano, faticano a trovare siti dove sono 
autorizzati a fermarsi temporaneamente, perfino a pagamento: il regime francese 
di obbligo di creare "aree d'accoglienza" non esiste da noi.
Nella capitale, le possibilità per le persone d'installare le loro roulotte sono 
molto limitate (Haren Anderlecht). La regione vallone conta soltanto un terreno 
di transito pubblico (Bastogne), benché i comuni valloni che deciderebbero di 
creare "terreni di accampamento in favore dei nomadi" possono ottenere, dal 
1982, un sussidio presso la comunità francese del 60% del costo globale. Ma le 
autorità comunali non sono propense a richiedere un aiuto finanziario per un 
progetto così poco influente ai fini elettorali, quale è l'accoglienza dei 
Viaggianti in degne condizioni.
Le famiglie coinvolte sono quindi ridotte a tentare d'ottenere autorizzazioni 
specifiche, e accordate in modo discrezionale, a soggiornare su terreni 
inutilizzati e non attrezzati. In queste condizioni, visto la mancanza evidente 
di piazzali autorizzati in Vallonia, la maggioranza dei Viaggianti, poiché non 
si conformano alla normativa dominante in materia di abitazione, sono costretti 
a vivere nella precarietà e l'instabilità, soggetti a frequenti espulsioni, 
talvolta negoziate, talvolta inopinate e speditive (non beneficiando delle 
garanzie inquadranti l'espulsione di un locatario in difetto).
Senza contare altre vessazioni: per esempio, alcuni comuni rifiutano, in piena 
illegalità, di iscrivere nei registri della popolazione le persone residenti in 
roulotte, il che può intralciare drammaticamente il loro accesso all'impiego e 
alle cure sanitarie. La Regione Fiamminga si distingue con un bilancio migliore 
– riconoscimento della roulotte come "alloggio", cinque terreni di transito, 
trenta terreni residenziali pubblici (destinati ad accogliere una occupazione 
permanente) e 90% delle spese a carico delle autorità regionali – benché sia 
considerato che solo il 60% delle "esigenze residenziali" sarebbero oggigiorno 
coperte.
Constatiamo peraltro che, ben preparata, la coesistenza temporanea o prolungata 
dei viaggianti con il restante della popolazione è generalmente positiva – i 
cittadini sono rassicurati, le paure sfumano – e logisticamente poco costosa. E' 
responsabilità di tutti noi esigere dall'autorità pubblica, che gli obblighi 
verso i viaggianti vengano rispettati: è una questione di libertà, di 
uguaglianza e di solidarietà.
Marie Charles
Conseillère juridique
Ligue des droits de l’Homme
22 rue du Boulet
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