Post-comunismo, post guerre: la vita peggiora per gli Zingari - Rom e Sinti da tutto il mondo

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Post-comunismo, post guerre: la vita peggiora per gli Zingari
Di Fabrizio (del 11/09/2008 @ 09:28:56, in Europa, visitato 2325 volte)

Da Roma_Daily_News, molto lungo - da sorbirsi con calma (niente che non sia già stato scritto, ma così vi risparmiate di rileggere un centinaio ; - ) di articoli)

I Rom dei Balcani, un popolo senza stato (Le Monde diplomatique, settembre 2008)

La caduta del comunismo e la rottura dell'ex Yugoslavia hanno lasciato il popolo Rom, da lungo insediato nei Balcani e formando una forte parte dell'identità della regione, con pochi protettori. Molti scappano come rifugiati dalle persecuzioni e dalla disoccupazione, altri rimangono, sotto-privilegiati e minacciati. Di Laurent Geslin

Il giovane ci guida con cautela sulla strada irregolare da Sofia, la capitale bulgara, a Fakulteta, dove vivono oltre la metà dei 30.000 Rom di Sofia. Sarebbe impossibile entrare in quest'area, dove i blocchi di appartamenti socialisti cedono il passo alla vegetazione e all'immondizia, senza una guida, da quando l'area è sotto sorveglianza dopo le violenze dell'autunno scorso. Il guidatore ci dice: "Sto facendo questa deviazione per evitare la polizia. Non ho la patente."

Baptiste Riot, un giovane insegnante francese che insegna fotografia al bambini della Mahala, il distretto Rom, ci aveva spiegato: "Gruppi di estremisti bulgari vengono regolarmente a provocarci, e dopo la morte di un Rom lo scorso settembre gli abitanti si sono dovuti organizzare. L'unico posto dove le due popolazioni si incontrano è il mercato al limite del quartiere Rom. La gente ci va perché i prezzi sono più bassi che nel centro di Sofia."

Ma i commerci non sono abbastanza per fornire di che vivere alla popolazione. I giovani devono lavorare a 15 o 16 anni, non possono permettersi di studiare, così raccolgono la spazzatura dalle strade di Sofia per riciclarla. Ci ha detto una casalinga del posto: "Siamo fortunati, perché lavoro nella scuola, e visto che i miei figli sono abbastanza grandi, lavorano nelle costruzioni con i bulgari." Altri fanno lavori anomali. Secondo Ilona Tomova, dell'Istituto di Sociologia di Sofia, nel 2001 soltanto il 18% della popolazione rom attiva era registrata come impiegata. Le statistiche sono un po' migliorate da allora, ma la situazione rimane seria.

"Affrontano una discriminazione costante nel lavoro, nella scuola e nella sanità. Ogni buon cittadino bulgaro ha pochi amici Rom con cui avere occasionalmente un caffè o un bicchiere, ma lo stesso vede gli Zingari incarnare tutti i vizi del mondo," ha detto Marcel Courthiade, insegnante Romanì all'Istituto nazionale di lingue e civiltà orientali (Inalco) di Parigi.

Nella storia

I primi Zingari vennero dal nord dell'India ed arrivarono in Europa tra il XIV e il XV secolo; nel 1348 un gruppo chiamato Cingarije fu osservato a Prizren nel Kosovo e dal 1385, alcuni testi menzionano famiglie che vivevano in schiavitù in Valacchia e Moldavia. I gruppi vennero sparpagliati nella prima metà del XV secolo, talvolta con la benedizione delle autorità. Nel 1417 l'imperatore tedesco Sigismondo diede una lettera di raccomandazione e protezione a un gruppo di Rom della Boemia (da cui la parola bohemian). Nei Balcani, i Rom si unirono al sistema amministrativo, economico e militare sotto l'impero Ottomano. Alcuni hanno accompagnato le armate ottomane come fabbricanti di armi da fuoco. Altri si stabilirono e lavorarono come artigiani o mezzadri in tutto il territorio, e gradualmente costruirono le Mahala, i quartieri Zingari, in molte città dell'Europa sud-orientale, incluse Prizren e Mitrovica in Kosovo.

In periodi di pace e benessere, gli Zingari erano tollerati per le loro abilità di artigiani ed allevatori, ma ogni deterioramento nella situazione economica o politica significava repressione e persecuzioni. Attraverso i secoli, le espulsioni li obbligavano a migrare. Molti arrivarono in Bulgaria alla fine del XVII secolo, fuggendo dalla guerra tra l'Austria e l'impero Ottomano. Quando la schiavitù fu abolita nei principati rumeni nel 1860, ci fu una nuova diaspora di Rom in Europa. Il genocidio nazista nella II guerra mondiale uccise centinaia di migliaia di Rom, ma il tribunale di Norimberga ignorò la loro tragedia. Non sappiamo in quanti morirono nel campo di concentramento di Staro Sajmiste vicino a Belgrado, e la lista di vittime Zingare nel campo di Jasenovac in Croazia fu elaborata solo nel 2007.

Secondo le stime del Consiglio d'Europa, vivono in Europa tra la Bretagna e la Russia dai sette ai nove milioni di Rom, la più grande minoranza transnazionale. I Rom dei Balcani, spinti da guerre o povertà, si sono stabiliti in gran numero in occidente, raggiungendo gli Zingari locali con cui hanno generalmente pochi contatti.

Negli ultimi 20 anni, le istituzioni internazionali, specialmente l'Unione Europea e il Consiglio d'Europa, sono diventati coscienti di ciò. Ma nonostante i loro sforzi nel fornire scolarità ai bambini Rom, i Rom continuano a soffrire discriminazioni e sono diventati più poveri. Nel 2005 fu lanciato il Decennio dell'Inclusione Rom sotto gli auspici della Banca Mondiale, del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite e della UE, per facilitare l'accesso all'istruzione, al lavoro, alla sanità e alla casa, in nove paesi dell'Europa orientale e balcanica. Ma dopo tre anni del progetto, gli esperti trovano i risultati deludenti. Mentre l'opinione pubblica sta diventando cosciente della natura transnazionale del problema, i singoli stati ritardano le misure per facilitare l'integrazione.

Il dissolvimento dell'ex Yugoslavia

I Rom balcanici furono i primi a soffrire della rottura dell'ex Yugoslavia e della caduta del blocco sovietico nei primi anni '90. I nuovi governi li trascurarono e furono le vittime della transizione economica. Diventati più poveri, divennero l'obiettivo degli emergenti aggressivi movimenti nazionalisti e capro espiatorio delle dispute intra-comunitarie, e le comunità Rom vennero marginalizzate e fatte oggetto di violenze e persino di pogrom.

Secondo Ilona Tomova: "Nel 1989 l'83% della popolazione adulta aveva un impiego ed i Rom avevano il più alto tasso di occupazione in Bulgaria; ma nel 1993 era sceso a solo il 30%. Alcuni Rom non hanno più avuto accesso al mercato lavorale dai primi anni '90. Ed ora abbiamo una seconda generazione senza un lavoro stabile." E' peggio nei ghetti urbani che si erano generati alla fine degli anni '70 e sono cresciuti dopo la caduta del regime comunista.

"Prima, non avresti potuto distinguere lo stile di vita Zingaro," ha detto Antonina Zelyazkova, del Centro Internazionale per gli Studi sulle Minoranze e le Relazioni Interculturali (Imir). "Lavoravano, mandavano i bambini a scuola, avevano accesso al sistema sanitario. La marginalizzazione è iniziata con la transizione. Quanti vivevano nelle piccole cittadine non beneficiarono della redistribuzione della terra e dovettero migrare nelle città più grandi."

Nella città settentrionale di Kumanovo in Macedonia, 5.000 Rom vivono in una baraccopoli in una zona alluvionale tra i fiumi Lipkovska e Kojnasrka. Le loro case sono fatte di mattoni e materiali riciclati. Ci sono pochi negozi, un paio di carretti di angurie, e gruppi di giovani senza via d'uscita. Milan Demirovskim che guida un'OnG chiamata Khan (sole in romanes) che insegna a leggere, dice: "Circa il 95% vive del salario minimo. La loro unica strada è di mettersi in proprio, perché le compagnie assumeranno su basi comunitarie e non c'è mai posto per i Rom."

Nonostante la decentralizzazione iniziata nel 2001, è cambiato poco. Gli accordi di Ohrid firmati il 13 agosto 2001 dopo il conflitto tra le milizie albanesi dell'Armata di Liberazione Nazionale (UCK-M) e l'esercito macedone, garantì diritti sociali e politici a tutte le minoranze. Erduan Iseni, sindaco di Suto Orizari (Sutka),  che ha la maggior percentuale di Rom dell'area di Skopje, è ottimista. "Per i Rom qui è meglio che in molti altri paesi della regione. La Macedonia è uno degli stati più avanzati d'Europa da questo punto di vista." La sua municipalità di 40.000 abitanti sembra abbastanza prospera con le sue colorate officine, i commercianti e i clienti. Ma anche qui i Rom hanno di fronte le solite discriminazioni, pregiudizi ed un muro politico di mattoni. "Abbiamo un budget più piccolo dalla legge di decentralizzazione rispetto agli altri comuni," si lamenta il sindaco. "Non abbiamo abbastanza soldi per riparare le strade e modernizzare le infrastrutture. Si stava meglio sotto Tito."

Anche se la Repubblica di Macedonia ha l'unica costituzione al mondo che include i Rom, questo non si traduce in realtà. "I Rom sono esclusi dalla vita politica," ha confermato Marcel Courthiade. Gli accordi di Ohrid sancivano che le lingue minoritarie devono essere usate nell'amministrazione di ogni comune dove le minoranze sono il 20% della popolazione. Ma questo è servito agli albanesi (che sono il 25% della popolazione in Macedonia) più che alle altre comunità (Rom, Serbi, Torbesh, Aromanians, Turchi, ecc.)

In Kosovo

Restano solo 30.000 Rom dei 120.000 che vivevano in Kosovo prima del 1999. Sono sparsi nell'area serba nel nord del paese ed in alcune enclave nel settore sud albanese del fiume Ibar. La scala delle distruzioni a Mitrovica e Pristina rende evidente la violenza della pulizia etnica. Gli estremisti dell'Esercito di Liberazione del Kosovo (UCK) dicono che i Rom lavoravano per l'esercito serbo, per giustificare la loro espulsione dopo i bombardamenti NATO e il ritiro dell'esercito serbo.

Ad Orahovac/Rahovec nel Kosovo del sudovest, tra i tetti delle case è steso del filo spinato e tutto è pronto per bloccare le strade al primo allarme. Una famiglia ha protetto la sua casa sulle colline, nel mezzo della terra di nessuno che segna il confine tra la città albanese ed il ghetto serbo ( ma questo non ha impedito gli estremisti albanesi dal bruciare diverse case nel quartiere serbo durante i disordini del marzo 2004). "Siamo rigettati da entrambe le comunità. Mio figlio ha smesso di andare a scuola per la violenza dei suoi compagni di classe albanesi," ci ha detto un Rom. "Prego ogni giorno che non gli succeda niente e che possa raggiungere suo cugino in Germania." Ma fuggendo da questi attacchi, i Rom del Kosovo finiscono nuovamente nella miseria, come confermeranno le migliaia arrivati nella bidonville di Seine-Saint- Denis vicino a Parigi.

Prizren è un'antica città mercato nel Kosovo meridionale, dove Albanesi, Serbi, Rom Bosniaci e Turchi coabitavano prima della guerra. Oggi circa 6.000 Rom stanno tentando di sopravvivere ad una situazione economica paralizzata. "Prima del 1999 avevamo buone relazioni con le altre comunità," ci ha detto un imprenditore. "Da bambino parlavo in romanes ai miei vicini Bulgari, e serbo e turco con i miei compagni di classe. Ho costruito la casa con le mie mani e tuttora vivo in Kosovo. Questa è la mia terra."

Nella Yugoslavia socialista i Rom (specialmente quelli in Kosovo) beneficiavano di vantaggi sociali e culturali. I primi programmi radio e TV in romanes furono trasmessi a Prizren e Pristina. I Rom svolgevano il servizio militare, erano integrati nel sistema politico ed avevano rappresentanti nel governo della repubblica. Rimane ancora un procuratore pubblico Rom in Kosovo. Si è formato nell'era di Tito e lavora a Prizren. Un giornalista, Kujtim Pacaku, ha paura per il futuro: "Non so cosa porterà l'indipendenza. Tutto quel che vogliamo è vivere in pace. Vogliamo che i nostri bambini lavorino sulla terra dove sono nati. E che i Rom cessino di essere bersaglio di un nazionalismo cieco."

Si diffonde il risentimento

Il movimento ultranazionalista emerso nella regione nei primi anni '90 non ha problemi nel mobilitare il risentimento tra quanti sono stati lasciati indietro nella transizione economica. "Quando molti bulgari sotto la linea di povertà scoprono che la UE ha finanziato speciali programmi di aiuto per gli Zingari, come l'assistenza medica gratuita, quando loro non possono permettersi di comprare le medicine o di riscaldare le loro case in inverno a causa dei costi del carburante, allora sono disposti ad ascoltare un partito estremista come Ataka," ha detto François Frison-Roche, esperto bulgaro e ricercatore presso il CNRS.

Agli occhi dei poveri bulgari i Rom, senza lavoro o risorse più poveri di loro, sono saccheggiatori che rubano l'elettricità attaccandosi illegalmente alla corrente elettrica. I media sono contenti di focalizzarsi sui traffici e sui crimini attribuiti alla comunità Rom. Durante le elezioni residenziali del 2006, la coalizione Ataka ed il suo leader Volen Siderov ottennero quasi un quarto del voto bulgaro. Nel corso della campagna chiesero che gli Zingari fossero "tramutati in sapone". Ora vogliono un "programma di governo per combattere il crimine Zingaro".

L'aggressiva campagna di Ataka sta attraendo molti, convinti che tutti i problemi siano dovuti ai Rom e delusi che i partiti tradizionali non stiano affrontando il problema. In Serbia, qualche intellettuale Rom sta tentando di contenere la crescita dei nazionalisti. "Siamo i più fieri oppositori del Partito Radicale," ha detto Rajko Djuric, presidente dell'Unione Romanì Internazionale, che ricorda che 28 membri della sua famiglia furono uccisi dai cetnici (l'esercito realista yugoslavo) durante la II guerra mondiale.

Il Partito Radicale Serbo (SRS) guidato da Tomislav Nikolic da quando Vojislav Seselj è stato messo sotto processo dal tribunale dell'Aia per crimini contro l'umanità nella guerra croata del 1991-1995, ancora si richiama all'eredità ideologica cetnica. Erano leali al re Pietro II di Yugoslavia, e si opponevano tanto alle forze dell'Asse che ai partigiani di Tito tra il 1941 e il 1945. Furono anche responsabili di massacri di Croati, Musulmani e Rom.

Ardenti difensori della "grande Serbia", i nazionalisti estremisti dell'SRS vogliono unire tutti i Serbi dei Balcani in uno singolo stato e negare i diritti politici e culturali delle minoranze. La loro piattaforma è inaccettabile per lUnione Romanì. "Vogliamo diventare un partito importante nel parlamento serbo, un gruppo di cittadini democratici, aperto a tutte le comunità," ha detto il presidente. "Abbiamo ottenuto un seggio e 18.000 voti nelle elezioni legislative del 22 gennaio 2008, il 33% da votanti non-Rom."

Sembra un risultato deludente. La Serbia ha oltre 200.000 votanti Rom, ma ci sono divisioni nella comunità. "I partiti al potere hanno sempre compratovoti con promesse fraudolente o soltanto con qualche bottiglia di rakija (brandy di prugne)," dice Djuric. Ora Marija Serifovic, la vincitrice del concorso canoro Eurovision 2007, si è esposta molto con l'SRS e guadagnato molti voti Rom, nonostante il razzismo del partito. A Vranje, nel sud, i Rom hanno sempre votato in massa per il Partito Socialista Serbo (SPS) di Slobodan Milosevic.

Uno sconosciuto vicino

In Serbia, nonostante le discriminazioni, i Rom prendono ancora parte alla politica. Sono corteggiati durante le elezioni, usati per ottenere i sussidi europei e stigmatizzati per galvanizzare l'opinione pubblica. Gli Zingari rappresentano la diversità, lo straniero vicino. Quale famigli di Belgrado celebrerebbe la sua slava (il santo patrono di famiglia) senza musicisti Rom? Uno degli eventi nazionali più importanti è il festival annuale di Guca, che mette insieme le migliori orchestre Zingare di Serbia. Li i nazionalisti vendono T-shirt con immagini di Milosevic e del generale Ratko Mladic (leader militare dei Serbi di Bosnia tra il 1992 e il 1995) e ascoltano musica che nessuno potrebbe identificare con certezza come Serbe o Rom.

Come le altre minoranze senza territorio, gli Aromanians o i Torbesh, i Rom dei Balcani sono una parte essenziale nell'identità balcanica, con le sue differenze comunitarie, linguistiche e territoriali. Un Rom di ovi Pazar, nella Serbia meridionale, potrebbe essere un cittadino serbo, sentirsi culturalmente legato alla regione del Sangiaccato (tra la Srbia e il Montenegro) essere musulmano e parlare albanese perché la sua famiglia ha relazioni da lungo tempo con il Kosovo. I Rom di Prizren possono esser musulmani sunniti o appartenere all'ordine sufi Rifai Derviscio.

Diversamente dal modello di stato-nazione alla francese seguito da alcuni paesi nella regioni dopol'impero ottomano, non c'è una singola identità. Le identità fluttuano nelle strutture linguistiche, territoriali, religiose e socio-professionali. Si spostano secondo i vincoli economici. I Rom bulgari erano musulmani sotto gli Ottomani, ma oggi sono per la maggior parte ortodossi. E quanti ancora parlano turco, spesso pretendono di essere Turchi, così da poter emigrare facilmente a Istanbul.

Il dissolvimento della ex Yugoslavia ed i movimenti della popolazione dopo le guerre del 1990 hanno accelerato la semplificazione identitaria e la standardizzazione culturale. La Croazia e il Kosovo non hanno più comunità serbe.

Due gruppi simili ora si dividono la Bosnia-Herzegovina, e gli Ungheresi stanno lasciando la Voivodina in Serbia. I Rom e le altre minoranze, che non hanno un territorio di base d mantenere, saranno capaci di mantenere il loro posto in questi stati balcanici che mutano costantemente? Niente è meno certo, a meno che le organizzazioni Rom acquisiscano forza sufficiente per far sentire la loro voce regionalmente, nazionalmente e internazionalmente.

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