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Slovacchia
Di Fabrizio (del 27/12/2005 @ 09:33:09, in media, visitato 2045 volte)

di: Kristína Magdolenová

Intervista a Ivan Hriczko, Direttore di Roma Press Agency

Articolo originale

Ivan_Hriczko
Nella foto: Ivan Hriczko (a destra) con una collega.

Circa 400.000 Rom vivono in Slovacchia. Nonostante il loro numero, non hanno accesso alla vita sociale e politica. Non hanno rappresentanti nel Consiglio Nazionale della Repubblica Slovacca e neanche nei parlamenti regionali. D'altra parte, sino a qualche mese fa c'erano 22 partiti rom a base etnica. Com'è possibile che dopo 15 anni dall'origine della Repubblica Slovacca, la situazione sia ancora immutata?

Quindici anni sono un lungo periodo, ma forse non è così per la comunità rom. Non sono sufficienti a formare relazioni con l'ambiente in cui siamo immersi, così da farci conoscere e capire noi quale sia il nostro ruolo. Una situazione a cui nessuno è preparato.

Ora sono pronti? Cosa manca?

Il problema ha origini antiche. Sin da quando venne posta la questione su cosa fare con i Rom, emerse il problema sociale della nostra scolarizzazione e di come fossimo emarginati dal mercato del lavoro. Il processo di soluzione ha causato sofferenze alla comunità, che continuano tutt'oggi: una varietà di istruttori laureati provenienti dal terzo settore hanno letteralmente invaso le comunità, e senza conoscere niente della nostra vita ed organizzazione hanno deciso chi sarebbe diventato un leader, chi doveva studiare... e chi no. Sfortunatamente, questa fu soltanto l'applicazione di criteri validi nell'organizzazione sociale maggioritaria. Così, venne creata un'intera generazione di cosiddetti leaders, che in altri contesti non sarebbero mai emersi, e nel contempo venne gravemente danneggiata la precedente struttura comunitaria.

Subito dopo il 1989, i Rom avevano i propri rappresentanti in Parlamento. Ma vennero "tagliati fuori" dagli sviluppi politici dopo l'indipendenza della Slovacchia...

Sì, ma questa gente, scolarizzazione a parte, per la maggior parte fu "spinta" in politica. Mancava loro una formazione più profonda. Insomma, erano soli e furono spinti nel mare quando avrebbero dovuto imparare a nuotare. Non ne ebbero vantaggi personali, ma non hanno imparato a mobilitare la comunità.

Come hanno influenzato la cosiddetta disunità della comunità?

La comunità rom non è un gruppo omogeneo e non ci si può aspettare che presentino loro stessi coesivamente. Quello che ci univa, l'etnia, si è mostrato un collegamento debole. Quando la gente vive nella paura e nell'ignoranza, è difficile aspettarsi che si impegni politicamente.

Ci dev'essere un sistema per collegare i Rom alla politica a tutti i livelli...

Ritengo che nasca dalla cooperazione con i non-Rom. E visto che stiamo parlando di politica, dalla cooperazione con i partiti non-Rom. La sola appartenenza etnica non garantisce la capacità di percepire le cose a vantaggio della comunità e non ci da gli strumenti politici per affrontare e risolvere i problemi. Abbiamo molto da imparare. E possiamo farlo solo lavorando assieme ai non-Rom.

Così c'è bisogno di una discriminazione positiva?

No, non credo. Esattamente l'opposto. Oggi parlare di discriminazione positiva è come agitare un drappo rosso davanti a un toro. Piuttosto abbiamo bisogno di pari opportunità; che è l'unico modo per non aumentare l'odio e l'amarezza dei Rom verso i non-Rom e viceversa. Se tuo figlio non può andare all'università perché ci sono le quote, per tutta la sua vita disprezzerà chi gli ha rovinato gli studi e la carriera. Dopo diviene difficile spiegargli che ci sono priorità politiche per tutti i cittadini di un paese se la loro esperienza è stata diversa. Quello di cui c'è bisogno è creare dall'inizio condizioni per i bambini delle comunità marginalizzate, che permettano loro di essere uguali agli altri ed essere valutati su basi paritarie.

Quindi il punto di partenza è lavorare sistematicamente con i più giovani. Non è una strada troppo lunga per risolvere il problema rom?

Una cosa di cui serve avere coscienza è che se parliamo di Rom, non possiamo riferirci unicamente ai sotto standard di chi vive negli accampamenti. Prendiamo in mano le statistiche e troveremo che lì vivono in Slovacchia circa 150.000 persone. Che percentuale è sulla comunità totale? Si chiarisce che è solo una parte della comunità, valutata da chi è esterno alla comunità come Rom, ma che con i Rom, le loro tradizioni e culture, ha ben poco in comune. C'è chi ci riconosce da distante, per il colore della pelle, per  la lingua. Ma questo non basta. Noi viviamo in maniera completamente differente. I problema principale è che i media presentano quel gruppo (minoritario) come "tipicamente" Rom. Creando così lo spazio per discriminare ed odiare anche tutti gli altri.

Siamo arrivati al punto che non possiamo usare lo stesso metro per tutti i Rom.

Proprio così. Per quelli che vivono negli accampamenti c'è bisogno di programmi speciali a lungo termine che inizino dalla tenera età e di lavoro giornaliero, sistematico. [...] col coinvolgimento della comunità e degli insegnanti, bambini ed adulti possono imparare moltissimo. Ma non aspettiamoci miracoli. E' un lavoro per generazioni. Nel contempo, ci sono qui migliaia di gruppi di Rom integrati, che non hanno gli stessi problemi. Sono poveri, perché non c'è lavoro. E non trovano lavoro perché non sono andati a scuola, o l'hanno fatto in maniera insufficiente. Ma, d'altra parte, questa gente non ha bisogno di imparare l'igiene di base. Vivono con gli stessi standard degli altri cittadini, solo più poveri. Mancano programmi per questi gruppi, e invece sono loro la chiave per risolvere i problemi di tutta la comunità.

Torniamo alla partecipazione alla vita politica. Abbiamo detto che nel 1989 i Rom hanno perso la loro possibilità e non hanno imparato a mobilitarsi. Più tardi, i problemi economici hanno frammentato la comunità e sono intervenuti vari problemi a diversi livelli. Nel contempo, però, i Rom hanno avuto la possibilità di istruirsi e di formare una nuova generazione. Oggi i Rom sono pronti a prendere parte alla vita politica?

E' vero che oggi abbiamo dozzine, se non centinaia di studenti Rom freschi di università. Molti hanno ambizioni politiche. Ma non hanno nessuna esperienza pratica nel lavoro politico e mancano di capacità comunicative.

Com'è possibile che un laureato non sappia comunicare? Come lo spieghi?

Gran parte di loro, sono studenti di facoltà rom. Ci sono due problemi principali che non permettono un'adeguata preparazione alla vita politica:

  1. il livello di insegnamento - e questo mi è confermato dagli stessi alunni che entrano nel mercato del lavoro - è inferiore a quello delle università non-Rom. E' un modo per far finta che oggi ci siano Rom istruiti. C'è un forte gap tra il loro apprendimento e le reali necessità della vita e cosa ci si aspetta da loro come studenti. Quegli studenti da un lato sono deprivati della loro cultura e contemporaneamente vivono un complesso di inferiorità rispetto ai loro coetanei non-Rom.

  2. In queste scuole si vive in un mondo etnicamente chiuso e, inoltre, viene loro ripetuto di essere qualcosa di differente. C'è da meravigliarsi se non ce la fanno? D'altra parte, sono persone reali nel mondo d'oggigiorno. La loro prospettiva è di ottenere posizioni a livello regionale, acquisire esperienza e preparazione per entrare nella politica che conta.

Qual'è il legame che manca maggiormente tra Rom e non-Rom perché possono incontrarsi politicamente?

Personalmente, ritengo che sia la capacità di percepire l'altro come partner a pieno livello. E' un blocco che non permette la piena valorizzazione delle mutue relazioni.

Però, molti dei cosiddetti rappresentanti delle giovani generazioni non sono cresciuti nei campi. Molti vengono da famiglie pienamente integrate o assimilate nella società maggioritaria. E' gente che sicuramente non ha problemi nel comprendere i principi di cooperazione, coabitazione, partnership.

Questi giovani Rom assimilati, in quanto rappresentativi dei Rom, secondo me sono un problema speciale della comunità, che ritengono un freno. Molti di loro, proprio come i loro genitori, non hanno assolutamente l'idea delle tradizioni comunitarie. Sono registrati come Rom, perché la loro pelle è più scura o perché tra i loro antenati c'era un Rom, di cui loro stessi si stupiscono. Ma cosa sanno dei Rom? Dei loro problemi? Della loro cultura? Li percepiscono, esattamente con gli stessi criteri della maggioranza. Ne hanno imparato dai libri. A volta mostrano lo stesso disdegno. Non recepiscono la struttura interna della comunità e non conoscono la lingua. Nemmeno sono in grado di creare una strategia che possa risolvere qualcosa dal punto di vista comunitario. La società maggioritaria li sceglie come partners, perché li percepisce come differenti, ma non è cosciente di cosa sia questa differenza. Nello spirito, non sono più Rom, e così se trovano ascolto si dichiarano tali, altrimenti tacciono la loro identità. Ma se a loro si chiede, ai massimi livelli, di risolvere i problemi dei Rom, non c'è da stupirsi se non sanno come prospettare soluzioni effettive.

Ritengo che abbiano un ruolo importante nel fornire un quadro attuale dei Rom. C'è qualcuno che mantiene contatti comunitari o che ne sia rimasto fedele?

Sì, naturalmente. E sono contento che ce ne siano. Persone che mantengono la tradizione comunitaria e nel contempo sanno guardare avanti. Non sono dei semplici carrieristi ed è per questo che hanno meno visibilità. Non è una generazione "sputata fuori" dalla rivoluzione, ma oggi studiano all'università e l'accesso alla scolarizzazione e alla vita in generale è differente dal passato.

C'è una possibilità reale in Slovacchia che i partiti non-Rom accettino candidati Rom in seggi eleggibili? 

L'esperienza mi dice di sì. Ho incontrato diversi rappresentanti politici slovacchi e in linea di principio non ci osteggiano. C'è bisogno di noi: indotto dall'entrata nella EU e dallo sviluppo della società. Credo che i partiti stiano cercando candidati presentabili. E' importante che non diano spazio agli opportunisti e agli avventurieri, perché questo rallenterebbe nuovamente il processo di coscienza etnica della comunità.

Quali sarebbero le caratteristiche di un futuro leader politico Rom, perché sia accettato e benvisto dalla maggioranza dei votanti e dei partiti?

Prima di tutto, un programma politico differente. Non di segregazione ma di integrazione e cooperazione. La società maggioritaria deve sentirlo come un programma comune. Se invece ci limitiamo ad un programma profilato solo sulle nostre esigenze, per un gruppo di votanti che non ne ha coscienza, non saremo accettati. Il nuovo programma politico deve avere il contributo di quei segmenti della comunità che sono integrati e che hanno interesse a coabitare senza problemi. Se la società maggioritaria può accettare questo gruppo, sarà un primo passo verso la soluzione effettiva dei problemi di tutti i Rom.

Ma per alcuni anni la cosiddetta Nuova Generazione dei Rom, e i loro leaders, ha funzionato...

Nuovi e leaders e vecchi programmi. L'unica differenza tra loro e la vecchia generazione è l'età e forse l'istruzione. Ma è stata un'istruzione segregata, come dicevo prima e non avevano la capacità di sentire i non-Rom come partners. Si sono sentiti discriminati e volevano risolvere presto ogni cosa. Di più, da quando sono entrati nelle OnG, hanno iniziato a parlare di ambizioni politiche. Ci sono state commistioni poco chiare all'unico scopo di ottenere una buona posizione.

E dove sono gli altri?

Come dicevo, nelle OnG regionali. sul territorio. Molti di loro non parlano, agiscono e perciò sono meno visibili.

Che tipo di leader hanno bisogno i Rom? Cosa lo renderebbe rispettabile?

Oggi è molto difficile. Quindici anni fa, avrebbero potuto facilmente diventare leaders comunitari. Ma poi sono stati rimpiazzati dai carrieristi del terzo settore. Da un lato, molti lo spiegano col processo di democratizzazione e di presa di coscienza della comunità, ma nella realtà è la distruzione di un sistema che era già abbastanza corrotto. Dipende da che angolo lo si guarda. Per me rappresenta una grande tragedia.

La comunità è ancora capace di identificarsi e rispettare qualcuno?

Nuovamente, dobbiamo riferirci ai differenti livelli della comunità. Ce n'è uno infimo, che sopravvive in condizioni sotto ogni standard. Sfortunatamente, è qui che regnano i carrieristi. Quelli che necessitano di tali livelli di miseria per giustificare il loro ruolo. In questa situazione di dipendenza assoluta, anche se apparisse qualcuno capace di formulare un programma, di prefigurare cooperazioni future, non sarebbe creduto. Hanno bisogno di risultati rapidi, se non immediati. Ma questo, logicamente, non è possibile. Quindi, tendono a dare fiducia a chi li paga, a chi promette l'impossibile, agli avventurieri; oppure la loro disillusione coinvolge tutti: Rom e no. Una giostra da cui è difficile scendere.

Così, quanti realmente lavorano, chi li aiuta veramente, non può aspettarsi niente..

Disgraziatamente, è così. La prova si è avuta con le elezioni dei parlamenti regionali. I candidati che sono stati con loro quotidianamente, che hanno ascoltato le loro richieste e i loro interessi, non sono stati eletti.

Cos'è successo? Davvero non sono capaci di capire chi li sta aiutando?

Lo sanno, ma nella loro situazione è facile manipolarli. Cos si può pretendere quando la politica verso i Rom consiste in droga, aiuti alimentari e regali finanziari? Votano per chi li paga. Poi, il giorno seguente si scuseranno e torneranno da chi li segue quotidianamente. Non capiscono che col loro voto possono decidere i loro prossimi anni.

E invece, i cosiddetti Rom invisibili? Quella middle class parzialmente o totalmente integrata?

Anche loro al giorno d'oggi vivono problemi economici e lottano quotidianamente per sopravvivere. Ma nella Slovacchia orientale, dove vive la maggioranza di loro, questa non è una novità neanche per i non-Rom. Le difficoltà di vita sono comuni. La gente lì ha le sue opinioni, più o meno influenzabili, ma la maggioranza non vota certo per i Rom o per i loro partiti. Proprio per questo i loro rappresentanti spesso sono percepiti come incapaci di progredire o al limite come persone che hanno più interesse a loro stessi che ai problemi della comunità. C'è la sensazione che a nessuno importi di questi invisibili e nessuno possa aiutarli.

Cosa pensi delle posizione delle donne rom in politica? Hanno la possibilità di cambiare qualcosa?

Personalmente accetto le donne Rom come politiche e lotto e collaboro assieme a molte di loro a livello regionale, ma nel loro complesso i Rom non le appoggiano. La vecchia generazione di politici le rifiuta assolutamente o le ignora.

Perché?

Forse hanno paura di loro.

Te lo chiedo nuovamente: perché?

Perché le donne hanno più cognizione nel formulare i bisogni della comunità o perché non giocano a fare le leaders o le cape, non hanno bisogno di simili riconoscimenti. Se potessero parlare, potrebbero dimostrare che esistono soluzioni e che sono molto semplici. Ma i leaders politici non hanno bisogno di questo, hanno solo bisogno di comandare il loro intorno. 

Ma non hanno nessuno da comandare.

Però figurano rappresentanti di 400.000 persone. Brandiscono quella cifra e non hanno timore di aumentarla.

Dopo l'obbligo di registrazione dei partiti, in Slovacchia rimangono solo due partiti dei Rom. Tra quelli che hanno cessato di esistere c'è l'Iniziativa Civica Rom, che era il più vecchio. Cosa pensi di questo processo?

E' un'immagine reale di come appaia la vita politica rom. Il fatto che i vecchi partiti non si siano registrati, lo considero un errore ridicolo ed imperdonabile dei rispettivi leaders. Proprio quando si parlava di rilancio e di ritorno alla politica. Questo da solo spiega la loro abilità, o forse incapacità, di muoversi nella politica.

Però, subito dopo gli stessi leaders sono finiti in partiti non-Rom.

Per noi, trattasi di partnership, non di business. Quanto è accaduto prima delle elezioni regionali era business: la promessa di un certo numero di voti dei Rom in cambio di una buona posizione. Ne sono convinto.

La situazione si ripeterà con le elezioni nazionali l'anno prossimo?

Il rischio c'è sempre. Ma i partiti non-Rom hanno un anno a disposizione per cercare, informare, cooperare con chi già opera a livello regionale. Possono scegliere e hanno tutto il tempo necessario. Devono però indirizzarsi verso quanti abbiano ottenuto risultati e mobilitato gente, non verso chi parla di cosa vorrebbe o cosa farebbe. Devono valutare la capacità di lavorare in team, di agire nell'interesse dei Rom e nel contempo che sappiano vedere oltre la mera dimensione etnica. Dopotutto, non abbiamo niente da perdere. Se un candidato Rom ha carisma sufficiente, può attrarre anche il voto dei non-Rom. Questo è un punto di partenza per iniziare a lavorare e risolvere assieme le cose.

Ivan Hriczko (1980) è co-fondatore di Roma Press Agency (vedi anche Pirori ndr). Ha lavorato come primo giornalista Rom nella televisione (TV Naša e TV Global). Attualmente studia marketing e scienze politiche all'università.