LeNews.eu Scritto da Mathias Mougoué
"Lo sa che lei non può stare qua?" Così si rivolse giovedì scorso un perfetto 
sconosciuto allo scrivente appena uscito dal supermercato una volta completata 
in famiglia la spesa in previsione delle festività venture. Alla domanda di 
comprendere il motivo di tale indignazione e virile protesta, il gruppo si sentì 
rispondere: "no, perché questi di colore vengono qui e chiedono l'elemosina. 
Non possono; o vanno a lavorare o se ne stanno a casa loro…" Si da il caso che 
chi vi scrive, unica persona nera tra i presenti, stava semplicemente porgendo 
alla sua legittima proprietaria il gettone recuperato dopo aver rimesso al suo 
posto il carrello di cui si era servita la famiglia per le compere. Tolto il 
fatto che i Neri raramente gradiscono di essere definiti "di colore", ammesso 
anche che il gesto poteva essere mal interpretato, rimane il dubbio su come mai 
un semplice passante si sente il diritto di fare le inopportune rimostranze 
appena descritte. Dal destinatario dell'aggressione verbale scandalizzato dal 
fatto di subire ancora certe oscenità dopo un ventennio di soggiorno in una 
L'aquila "Città di Pace" come la si suole definire non ancora rimessasi dal 
terremoto che la dilaniò nel 2009 e dove lo riconoscono persino i sassi arrivò 
una risposta altrettanto coriacea: "innanzitutto si qualifichi poi si renda 
conto che ha sbagliato, si vergogni, chieda scusa e sparisca!". È esattamente 
ciò che fece il signore (se così lo si può definire) ma non prima che la madre 
gli avesse dato il colpo di grazia, la risposta con più stile che onestamente da 
sola bastava: "è mio figlio ma vedo che a lei Firenze non ha insegnato 
niente..!"
Firenze… La città è scesa in piazza sabato e intorno a i suoi rappresentanti 
istituzionali più eccellenti si è sciolta lunghe le sue vie in una 
manifestazione che ha avuto eco anche in città come Milano e Napoli. Una 
spontanea e dovuta marcia a mo di risposta cittadina, civile nonché repubblicana 
all'odio razziale che mercoledì scorso ha colpito nella città degli Uffizi, 
recando un colpo non indifferente all'immagine del bel paese. Gianluca Casseri 
benestante cinquantenne italiano, militante di gruppi di estrema destra, 
mentalmente sano e con una cultura di tutto riguardo come lo dimostrano i da lui 
scritti libri e riviste d'area (è noto che aveva scritto anche per il sito di 
Casapound, che però ha dichiarato aver già rimosso i suoi articoli) si è sentito 
legittimato nella sua unilaterale decisione di contribuire nel senso etnico alla 
"pulizia" del suo paese uccidendo dei Senegalesi. In due sparatorie diverse 
orchestrate in due punti distinti della città, ha effettivamente centrato 5 
uomini due dei quali sono morti lasciando gli altri tre in uno stato critico. 
Successivamente l'improvvisatosi giustiziere si è tolto la vita quasi ammettendo 
che in realtà l'immondizia era lui. Il suo suicidio è senz'altro l'ammissione 
d'una sconfitta. Ha perso perché non venga in mente a nessuno di paragonare la 
sua autodistruzione ad un sacrificio nel disperato tentativo di salvare 
l'integrità (etnica) del suo paese quasi fosse un Jan Palach dei giorni Nostri. 
Il martire Palach si immolò per una causa più nobile prendendo a modello i 
monaci Buddhisti quando il quel 16 gennaio 1969 si recò in piazza San Venceslao 
a Praga e si diede fuoco dopo esseri cosparso di benzina per esprimere la sua 
protesta nei confronti dell'Invasione sovietica del suo paese, l'allora 
Cecoslovacchia. Dopo il crollo del Comunismo 20 anni dopo la sua figura 
ricevette gli onori a lui dovuti dal presidente Václav Havel sostenitore della 
non violenza, leader della rivoluzione di velluto chiamato a guidare il percorso 
post-comunista del paese e morto guarda caso proprio ieri 18 Dicembre 2011. 
Quelli sono eroi non Gianluca Casseri che è esattamente il contrario: un 
antieroe cioè nemmeno lo stinco d'un modello attendibile per quelli che (e ce ne 
sono) lo stimano o lo stimavano.
Orbene, il gesto abominevole del Casseri non può non farci soffermare su un 
fatto cruciale che spesso e volentieri in Italia non affrontiamo con l'impegno 
che ci vorrebbe. Da molti anni (troppi per chi rispetta il senso civico) gli 
stranieri in Italia sono messi all'indice a volte per colpe che appartengono 
agli individui, non ad un gruppo etnico o ad una categoria di persone diverse 
per luogo di nascita o colore della pelle, senza che i più li difendessero ma 
spesso chi apostrofa gli stranieri come lo fece quel signore all'uscita de 
supermercato a l'Aquila lo fa con la certezza che la sua libertà glielo consente 
e semmai ciò fosse un reato può tranquillamente perseverare con il beneficio 
dell'indifferenza o dell'impunità che non vi vedono nulla di necessariamente 
riprovevole. Proprio in proposito su Facebook in una discussione sul razzismo in 
Italia ebbi a menzionare una intervista rilasciata nel 2001 al giornalista 
europarlamentare Paolo Guzzanti in cui ci accordammo su una realtà dolorosa: "In 
Italia manca l‘Educazione all'Accoglienza'". Con questo il signor Guzzanti 
intendeva che si insegna solo timidamente alla popolazione e soprattutto ai 
bambini a non essere razzisti. Che cioè quando diciamo ai bambini cose come: "il 
razzismo è sbagliato, i Neri sono anche loro delle persone come noi…" c'è quel 
"anche" di mezzo che gli comunica esattamente il contrario di quello che 
vogliamo far passare e quindi i bambini che solitamente nascono intelligenti 
ritengono di essere fortunati rispetto allo straniero al quale rimane pur sempre 
la possibilità di essere graziato dai "normali" e quindi accettato. Puro atto di 
bontà di cui congratularsi piuttosto che rispettare l'umanità che c'è in ognuno 
di noi aggiungendo ad esempio che non si può offendere un essere umano per le 
sue origini, il suo aspetto o la comunità alla quale appartiene cosi come 
nessuno ha il diritto di farsi giustizia da solo e di portar via una vita umana 
tanto la società attraverso delle convenzioni che chiamiamo "la Legge" ha già 
previsto su quali binari deve viaggiare la Giustizia.
In Italia dicevamo il male riconducibile all'odio razziale ci accompagna da 
tanto tempo senza che ce ne preoccupiamo veramente a sufficienza prova che 
responsabile è il mal funzionamento del paese. La banda della Uno bianca dalla 
quale spicca la figura dei fratelli Savi viene ricordata per diversi crimini 
contro la società tra cui l'uccisione imperdonabile di due carabinieri il 4 
gennaio 1991. Ma difficilmente si ricorda che il 23 dicembre 1990 cioè 12 giorni 
prima avevano aperto il fuoco contro le roulotte d'un campo Nomadi uccidendo 2 
persone e ferendone diverse per poi ripetersi Il 18 agosto 1991 uccidendo in un 
agguato a San Mauro Mare Ndiaj Malik e Babou Chejkh, due operai senegalesi, 
lasciandone ferito un terzo, un tale Madiaw Diaw. Crimini con connotati razziali 
per ammissione degli stessi autori. Allora l'allarme razzismo non viene suonata 
ma avevamo già preso una brutta piega. Oggi, l'Europa si scopre violenta quanto 
l'America da cui stranamente ha sempre voluto prendere esempio e dove le armi 
girano come giocattoli. Si uccide in Belgio sparando pubblicamente all'impazzata 
come si spara nell'Università di Virginia Tech o a Hollywood (cinema a parte) 
uccidendo senza criterio. Certo è che non tutti gli atti di razzismo conducono 
all'omicidio e non tutti gli omicidi riposano su un movente razziale ma ci 
vogliamo una volta tanto occupare di razzismo e soprattutto della sua faccia 
insospettata in questo caso. Più vicino a noi il 7 dicembre scorso una sedicenne 
studentessa di buona famiglia del quartiere delle Vallette denunciò di essere 
stata stuprata da due nomadi rumeni di etnia rom. Lo fece usando queste parole: 
"Parlavano rumeno, le ho riconosciute quelle bestie da come puzzavano". 
Dichiarazione supportata dalla seguente "testimonianza" del fratello 
maggiorenne: "Erano zingari, le ho inseguite per un tratto di strada, poi le ho 
perse quelle canaglie che mi avevano stuprato la sorellina". Unico particolare i 
giovani che sicuramente si sono sentiti di poter dire sugli stranieri ciò che 
volevano mentivano. E come per confermare che avevano ragione a sentirsi 
protetti finché si scagliavano contro gli stranieri dalla menzogna è scaturita 
la automatica reazione degli immancabili giustizieri etnici: un centinaio di 
giovani provenienti per la maggioranza dalle stesse famiglie originarie del sud 
per cui venne costruito il quartiere Vallette negli anni sessanta, armati di 
spranghe, bastoni e bombe carta, hanno assalito il campo abusivo abitato da Rom 
a Torino. Dopo aver fatto allontanare i nomadi dal campo i manifestanti hanno 
cominciato a danneggiare strutture, camper e auto e hanno appiccato il fuoco. I 
soliti esponenti leghisti si sono lanciati contro "i soliti rumeni". Lo hanno 
fatto per vendicare una ragazza stuprata da due "zingari". La ragazza, però, ha 
mentito: nessuno zingaro l'ha violentata. Il sito "Agora Vox" non nasconde che 
potrebbe trattarsi di gente: "…con la tessera della Cgil in tasca, probabilmente 
gente che alle ultime elezioni comunali ha votato a sinistra ed ha scelto come 
Sindaco Piero Fassino, hanno avuto il tempo di organizzare la loro vendetta, che 
però hanno derubricato come ‘opera di giustizia‘, organizzandosi ed andando in 
corteo a bruciare l'accampamento rom"
Nell'edizione online de Il Fatto Quotidiano del 13 Dicembre Pino Petruzzelli 
scive: "Mi viene da pensare a quante campagne elettorali si sono vinte agitando 
al primo punto del proprio programma elettorale la "risoluzione del problema 
zingari". È risaputo che affrontare problemi quali la scuola o la salute o il 
lavoro per vincere le elezioni, non è conveniente. E allora, quando siamo a 
corto di idee, va bene agitare lo spettro degli zingari. In questo modo ognuno 
può sentirsi parte attiva perché tutti abbiamo a portata di mano la soluzione 
giusta al "problema zingari". Infatti prima di precisare che Thomas Hammarberg, 
commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, accusa l'Italia di 
violare i diritti umani, ci ricorda quel manifesto di Forza Nuova forse sfuggito 
ad alcuni in cui si riporta l'immagine di una donna distesa a terra con le gambe 
allargate e una macchia di sangue sui vestiti laceri. Sul manifesto si legge: 
"Se capitasse a tua madre, tua moglie o tua figlia? Stupratori, immigrati è 
giunta la vostra ora…. Chiudete i campi nomadi ed espellete i rom subito." 
Decisamente se all'epoca del delitto di Novi erano gli Albanesi i primi a cui si 
pensava in caso di violenza, oggi, invece, sono gli "zingari". Si continua a non 
sapere chi ha ucciso Yara Gambirasio ma per un breve periodo all'inizio si è 
dato la caccia al Marocchino. In generale è lo Straniero la causa di tutti mali 
nel momento in cui ci dovremmo tutti adoperare a trovare i rimedi alla crisi che 
sta per travolgere l'Italia. Scriviamo questo mentre in televisione Studio 
Aperto riporta una notizia fresca di due ore fa: "Una storia incredibile che 
viene da Verona. Un ragazzino cingalese di 13 anni è stato picchiato e preso a 
sprangate, e gli è stata versata una bottiglia di birra addosso, perché non ha 
abbassato lo sguardo davanti al branco e ha la pelle scura". Maltrattato perché 
straniero dunque in quel di Verona dove il sindaco Flavio Tosi è condannato in 
via definitiva a due mesi di carcere per propaganda di idee razziste.
Lungi da noi tuttavia l'idea di far passare un Paese intero per razzista ma si 
fustiga l'impunità del sistema nonché la sua incuria educativa che sdogana 
implicitamente i comportamenti riprovevoli e spesso non inquieta chi nelle 
posizioni chiave non dà l'esempio lasciando a chi viene governato la scelta di 
comportarsi da volpe libera in un pollaio allegro. No, non ci spingeremo fino ai 
livelli di Oprah Winfrey icona nera della televisione statunitense e regina 
indiscussa dei Talk show che quando incontrò la palestinese Rula Jebrael ex 
volto del TG7 bersaglio di tutti anche del suo datore di lavoro, recentemente 
trasferitasi negli USA dove lavora ora, le chiese "Come hai fatto a reggere 13 
anni in un paese razzista come l'Italia?". No, qui non si tratta di una 
generalizzazione o forse si ma solo nello scopo di svegliare le coscienze perché 
cechi sono quelli che rinunciano a vedere. I leader che fanno degli scivoloni 
metodici un ingrediente del loro programma politico rischiano di portare alla 
deriva tutta la Nazione che gli ha affidato le redini del Potere e i Popoli che 
si fanno rappresentare da leader che degenerano sono colpevoli quanto i leader 
stessi. Stranieri, Italiani, odio, Neri, Cinesi, Indiani, Zingari, Rom… E se i 
vari Rumeni di Torino non si sono risparmiati nelle critiche ai giustizieri 
spingendo la rabbia al punto di dichiarare: "Voi italiani ci trattate come 
trattaste gli ebrei durante la seconda guerra mondiale" è che forse come scrive 
sempre Agora Vox hanno ragione di protestare contro: "una spedizione punitiva 
che accomuna l'Italia d'oggi alla Germania nazista… l'Italia mai ha fatto 
seriamente i conti con la Shoah, di cui fu purtroppo complice della Germania 
nazista, e quindi gli italiani non hanno avuto occasione di coltivare nel 
proprio animo i necessari anti-corpi come sono stati costretti a fare i 
Tedeschi." Conosco la Germania, un paese che ha imparato molto dal suo passato e 
dove le Istituzioni si discostano nettamente da ogni possibile deriva con una 
educazione progressista, delle sanzioni chiare ed una politica di integrazione a 
dir poco vincente. Dopo 20 anni in Italia mi chiedo ancora se vogliamo 
percorrere questa strada. Lo domando ai politici …
Rimango convinto che la "non educazione" al rispetto dell'Altro ed il constante 
promuovere sguardi introspettivi come Valori siano il miglior modo di spianare 
la strada al razzismo e dunque si qualificano come comportamento razzista. Dopo 
aver visto i quattro angoli del pianeta continuo a chiedermi perché soprattutto 
in Italia c'è lo sforzo costante davanti ad un problema cruciale come quello che 
stiamo trattando di eludere la questione stendendo la colpa al resto del Mondo 
come per scagionarci con una scusa del tipo "anche in Francia Sarkozy se l'è 
presa con gli zingari e come vedete lo fanno tutti… Quindi male comune mezzo 
gaudio"? Non è onesto nei confronti dei figli che abbiamo da educare. In Italia 
dovremmo definitivamente smettere di prestare ai malintenzionati la scusa 
dell'ignoranza. No, in un Mondo dove nell'era di Internet, Facebook, Google, gli 
Smartphone, L'I-pad e Skype i suoni, le immagini, le idee e le conoscenze 
viaggiano di gran lunga più velocemente delle persone non gliela possiamo 
passare! Casseri non era un ignorante ma un delinquente! Deve cessare quel 
lassismo complice dei malintenzionati che ci trovano l'appiglio giusto a cui 
ancorare le ridicoli giustificazioni a proposito d'un fatto umanistico che in 
realtà li riporta indietro... L'alibi dell'ignoranza è l'eco perpetuo della 
compiacenza in cui si cullano i pigri o gli svogliati per non risolvere i 
problemi che minano la società. Nessuno può veramente sapere cosa hai nel cuore 
e quindi per mettere d'accordo tutti non si dicono cose con connotati razziali 
per stigmatizzare una comunità o offendere il rappresentante d'un gruppo etnico 
punto e basta! Non si dice e siamo tutti d'accordo, tutti più tranquilli 
altrimenti bisognerebbe inventare l'infrarosso per distinguere chi scherza da 
chi offende. Chi ignora da chi vuole colpire... Ecco perché quel 19 Ottobre 2001 
quando mi chiese se non stavo scambiando razzismo con l'ignoranza risposi a 
Paolo Guzzanti: "Comunque non fa piacere" attirando la sua attenzione sul fatto 
che in Italia spesso lo straniero sopporta e minimizza tanto sa che in un paese 
dove i politici non fanno la loro parte è battaglia persa. Gli immigrati lo 
coltivano con il passare delle generazioni: "in questo paese sai meglio tenersi 
dentro alcune cose. Alcune verità danno fastidio e rischi di farti nemici. Se 
vuoi andare avanti e trovare lavoro fa sempre il loro gioco e non avrai 
problemi…" A dire il vero funziona e questo parlando di valori umani è molto 
grave… Poveri figli nostri!
Viene a volte facile pensare che in determinati altri paesi c'è più razzismo ma 
lasciamo agli altri i propri guai e pensiamo all'Italia. Poi comunque in quei 
paesi dove periferie scoppiano rispetto all'Italia c'è una differenza di fondo: 
l'Immigrato esiste; è una Entità; la legge lo sa e le decisioni politiche ne 
tengono conto. Ragion per cui dai partiti impopolari o populisti che 
ripropongono un passato a cui l'Europa progressista ha già fatto i funerali si 
prendono le distanze pubblicamente e gli si induce a moderarsi dandogli una 
battaglia senza tregua. Non è sicuro che all'estero un Calderoli può mettersi in 
televisione e offendere i Neri per poi vedersi descritto il giorno dopo su tutti 
i giornali (cosa già indecorosa per un paese) come uno a cui piace scherzare. In 
quale altro paese immaginiamo Berlusconi ironizzare sul colore della pelle di 
Obama definendolo "quello abbronzato"? E allora certo che il coro da stadio 
contro un giocatore Nero è giustificato fosse esso Italiano come Ballotelli o 
Ivoriano come Marc André Zoro che nel 2005 interruppe la partita Messina/Inter 
indicandoci la strada maestra per cacciare i nostri scheletri dall'armadio: 
educazione e tolleranza zero! L'Italia che un giorno sì e l'altro pure si 
compiace di essere generosa e accogliente gioca troppo spesso con una altra 
Italia che conosce ma protegge: l'Italia dove L'europarlamentare ungherese 
Viktória Mohács riferendosi ai campi profughi e Rom, dopo un viaggio rivela di 
aver assistito a violazioni dei diritti umani così gravi da non ricordare di 
averle mai viste ne prima ne altrove. Raramente si dibatte sulle platee 
televisive e negli ambienti politici dei lati oscuri della quotidiana 
frustrazione dello straniero di fronte al razzismo che non si vuole dichiarare 
tale (o non si deve). Beh forse lo si fa perché gli Italiani si sa sono 
permalosi. Ciò non toglie niente al fatto che lo Stato che non lotta contro 
l'Ignoranza opta per la non crescita e fa la scelta pericolosa di spianare la 
strada al razzismo. A Bruxelles i politici Italiani sono noti per essere inclini 
a far accendere le discussioni le più clamorose perché non si regolano con gli 
scivoloni linguistici tinteggiati di razzismo. Come è possibile che uno vada in 
televisione a vantarsi del fatto che nel suo ufficio troneggia orgogliosamente 
il busto di Mussolini senza rischiare critiche? Come mai puoi scendere alla 
stazione di Roma Termini la Capitale del Paese di Rita Levi Montalcini e 
comprare a quattro soldi a bordo strada di tutto e di più alla gloria di 
Mussolini e del ventennio fascista? Roba da far rabbrividire il comune dei 
Tedeschi che da Hitler hanno preso le distanze. Perché a Roma si e a Berlino no? 
Amnesty International ha rischiato questa risposta: Rinuncia politica di 
risolvere un problema che si pensa scandalizzi solo gli stranieri. Rendiamoci 
conto che la Germania che ha saldato i conti con il passato è stato il primo 
paese in Europa a mettere a disposizione un "Numero Verde" per la lotta al 
razzismo e il numero tutt'ora funziona. In quello italiano ti chiedono se ti sei 
assicurato che chi ti ha insultato non stesse scherzando. Che figura facciamo?
Allora ben venga la marcia di Firenze contro il razzismo. Ben vengano le 
manifestazioni a Milano e Napoli a sostegno della comunità senegalese e nel nome 
della civiltà ma soprattutto come disse Il segretario del PD Bersani "bisogna 
punire il terrorismo razzista e la politica che è politica non può non ripartire 
da questo" parole che fanno eco alle dichiarazioni di Piero Fassino sindaco di 
Torino che così reagì alla menzogna che ha scatenato l'odio contro i Rom: «È 
assolutamente inaccettabile che si dia luogo a manifestazioni di linciaggio nei 
confronti di persone estranee ai fatti per la sola ragione che sono cittadini 
stranieri. Torino è una città civile che ha saputo sempre rispettare ogni 
persona quale che sia il luogo in cui è nata, la lingua che parla, la religione 
che pratica. È dovere della nostra comunità respingere chi vorrebbe precipitare 
la vita della nostra città nell'intolleranza, nell'odio e nella violenza». E per 
dirla con Andrea Mollica che pubblica su internet per conto del Giornalettismo: 
"la lotta al razzismo non può non essere messa al primo posto di un'agenda 
politica, sociale e culturale che da troppo tempo viene messa in disparte per 
paura della reazione popolare, che sembra quasi venire giustificata…" E se cosi 
è, sarà "purtroppo sempre troppo tardi per chiedere scusa agli stranieri, la 
valvola di sfogo preferita per i nostri fallimenti." Gli stranieri dal canto 
loro non hanno aspettato per suggerire come dare senso e valore alla loro 
presenza in Italia. Lavorano e si integrano. È il caso di uno di quei Senegalesi 
uccisi che voglio immaginare lungo le vie del Paradiso mentre parafrasa un 
canzone che ha contribuito a far amare l'Italia nel Mondo: "Lasciatemi cantare 
con la cartella in mano… Io sono un Italiano, un Italiano NERO!"