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Un'orchestra tutta Rom in tour per sconfiggere il razzismo
Di Fabrizio (del 08/01/2013 @ 09:09:09, in musica e parole, visitato 1503 volte)

DIRITTI GLOBALI FONTE: ANDREA TARQUINI - LA REPUBBLICA | 02 GENNAIO 2013

Sul podio il maestro Sahiti, profugo dal Kosovo

BERLINO. Sono tutti bravi, strappano sempre grandi applausi e standing ovation. E sono tutti Rom. "Suoniamo soprattutto per mostrare che non è vero che se sei un Rom sei un criminale", è il loro motto. Girano di continuo l'Europa in tournée, sfidando anche pericoli in situazioni come quella ungherese, dove gli ultrà di destra e le loro milizie tipo Magyar Garda hanno le violenze razziste anti-Rom come attività quotidiana. Di orchestre sinfoniche ce ne sono tante ma questa è la storia di un'orchestra unica al mondo. Si chiama Frankfurter Philharmonische Verein der Sinti und Roma. Esiste da dieci anni, fondata dal musicista rom nato in Kossovo Riccardo Sahiti, oggi cinquantunenne. A Francoforte, nella metropoli finanziaria della democrazia tedesca, ha base sicura ma viaggia di continuo per portare in musica il suo messaggio antirazzista.

"L'idea mi venne perché all'inizio, io fuggito dal Kosovo in guerra e con una robusta formazione musicale sulle spalle, avevo difficoltà a farmi accettare nelle orchestre", ha spiegato Riccardo Sahiti alla Sueddeutsche Zeitung, l'autorevole quotidiano liberal di Monaco che all'orchestra sinfonica rom ha dedicato un reportage a tutta pagina. "Ho cercato e contattato colleghi ovunque, sapevo che musicisti sinti o rom erano attivi in orchestre importanti, dalla Wiener Staatsoper, all'Orchestra sinfonica della MDR (la tv pubblica dell'est tedesco) a Lipsia, all'orchestra nazionale romena".

Così nacque il progetto, nel novembre 2002 a Francoforte. Adesso a Praga hanno appena incassato il tutto esaurito suonando, tra l'altro, il Requiem per Auschwitz, composto da Roger Moreno, sinto di origine svizzera. "Nel maggio scorso", narra Moreno, "lo abbiamo eseguito ad Amsterdam e la regina Beatrice ci ha poi invitati a un caffè a palazzo reale per dare l'esempio contro i razzisti".

Non è facile farsi avanti, neanche nell'arte, se appartieni a una minoranza mal vista un po' ovunque. Sahiti è di buona famiglia, i genitori spesero tutto per il suo talento musicale, gli regalarono un pianoforte, riuscirono a mandarlo a studiare a Belgrado e poi a Mosca. Poi vennero le guerre volute dal dittatore serbo Slobodan Milosevic, i massacri etnici e gli stupri etnici di massa della sua soldataglia, asili e ospedali bombardati dai suoi Mig. Sahiti fuggì, appunto. E nel 2002, appena costituita, l'orchestra sinfonica Rom tenne proprio a Francoforte, gran pienone, il suo primo concerto.

"Aver creato l'orchestra vuol dire non perdersi di vista" spiega il violinista Johann Spiegelberg. "Ognuno di noi o quasi ha nella memoria brutte esperienze. Io una volta ero in una grossa città dell'est tedesco, alla fine d'un concerto, ancora in frac, arrivai a una pompa di benzina per fare il pieno con la mia vecchia Mercedes. Due giovinastri mi si sono avvicinati, mi hanno detto “eccolo là, il kanak (termine razzista per straniero usato dai neonazisti ma anche da gente comune nell'ex Ddr, dove tre generazioni vissero prima sotto Hitler poi sotto lo stalinismo, senza cultura democratica e quasi senza ribellarsi fino all'ultimo al contrario di polacchi o cecoslovacchi o ungheresi, ndr).

Ecco un altro kanak, bè kanak che ne dici, è sempre comodo per voi vivere bene qui a spese nostre e a casa nostra, no?”. Io non mi lasciai provocare".
"Ogni tournée è come un'allegra gita scolastica, eppure ce la mettiamo tutta". Musica sinfonica, classica, non folklore. E naturalmente anche musiche di opere ispirate al mondo Rom, da Carmenal Gobbo di Notre-Dame.

"Quella per noi è una nostra eredità culturale da tramandare". Il rischio, dice Jitkà Jurkovà, attivista dei gruppi antirazzisti cèchi che li aiuta a organizzare concerti, è che vengano visti come spettacolo esotico, e che il messaggio politico non sia capito appieno. Ma è un rischio che per il maestro Sahiti e i suoi orchestrali val la pena correre. Tanto da suonare il Requiem per Auschwitz anche in Germania.