A Palermo il problema è il traffico. A Lamezia sono gli zingari. Per quanti 
sforzi possano fare la Procura di Salvatore Vitello e il Comune di Gianni 
Speranza, i rom non li digerisce proprio nessuno. Si sentono ancora oggi tuonare 
le parole dei consiglieri comunali: «Mai più un'altra Scordovillo City, bisogna 
smantellare l'accampamento e spalmare le famiglie rom in ogni angolo della 
città».
Il principio di sicurezza, nato chissà per quale motivazione, è quello di non 
creare nuove aggregazioni forti di zingari, perché tutti insieme diventano un 
pericolo, divisi fanno meno danni. Rubano meno, sporcano meno, incasinano meno.
Sulla base di questo principio di "polverizzazione" degli zingari si sta 
muovendo il Comune che finora ha spostato 80 persone dal campo dove ce n'erano 
fino all'estate scorsa circa 500. Col sistema che appena viene sfollato un 
nucleo familiare, le ruspe demoliscono la sua vecchia baracca in modo che non 
possa nuovamente riempirsi, come avveniva un tempo.
Ma appena arriva un nucleo familiare, uno solo (nella solitudine di un numero 
primo), in un quartiere e in un palazzo, succede l'indescrivibile. Soprattutto 
quando si tratta di una casa confiscata nella zona d'influenza di un boss che se 
ne sta in galera da anni.
Tutti i vicini si organizzano, mettono in scena proteste, fanno sit-in, 
attaccano striscioni. No agli zingari perché, spiegano, «le nostre case perdono 
di valore». È accaduto a San Pietro Lametino, a Ginepri ed ora in Via della 
Vittoria. Dovunque la musica (stonata) è la stessa.
È la sindrome "nimby", l'abbreviazione di "not in my back yard", cioè "non 
dietro casa mia". Nessuno vuole i rom. Ma la stessa sindrome in città non esiste 
quando si tratta di mafiosi. Forse perché gli zingari arrivano sotto casa con 
l'Ape carico di vecchi mobili da macero, e i mafiosi si presentano col Tir, un 
bel Porsche ed i mobili superlucidi. Forse perché gli zingari parlano nel loro 
modo rozzo e si lavano poco perché non hanno acqua calda, ed i mafiosi hanno 
l'idromassaggio e si vestono con le griffe.
Non conta se gli affiliati ai clan i soldi li fanno strozzando imprenditori, 
vendendo droga ai ragazzini, e sparando per uno sgarro. Loro sono persone 
rassicuranti, creano un'alea di falso rispetto intorno a loro. Agli inquilini 
non importa se il figlio di un altro vicino ha avuto una crisi d'astinenza 
d'eroina, o il negoziante di scarpe sotto casa ha ricevuto l'ennesimo 
avvertimento per pagare il pizzo. L'effetto "nimby" contro i mafiosi non scatta.
Vinicio Leonetti