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Svizzera
Di Fabrizio (del 10/08/2011 @ 09:50:04, in media, visitato 1243 volte)

Vol spécial: un documentario contro le politiche di Blocher

Segnalazione di Silvana Calvo

Ticino Libero
Una triste realtà che suscita seri dubbi sulla purezza svizzera in materia di diritti umani, un documentario che denuncia le politiche gli effetti delle politiche restrittive in materia di rifugiati

Vol spécial è un documentario di denuncia girato in Svizzera da Fernand Melgar, regista approdato al festival già diversi anni fa con La vallée de la jeunesse (2005), dimostratosi anche in passato attento alle problematiche concernenti gli individui extracomunitari: alle tematiche di quest'opera possiamo accostare Classe d'Acqueil (1998), Remue-ménage (2002) e Exit,le droit de morir (2005), anch'essi documentari a sfondo sociale.

Il connubio con la Climage, associazione a favore di un cinema impegnato di cui lo stesso regista è membro, si dimostrò vincente proprio a Locarno con La fortesse (2008), indagine sulle difficoltà dei profughi in Svizzera, che vinse il Pardo d'oro Cineasti e rappresentò per il regista l'incipit di una riflessione sociale che continua in Vol spécial.

La produzione ha proposto la proiezione come anteprima mondiale a Locarno, associandosi alla speranza del regista di toccare con maggior forza il pubblico: Fernand Melgar in un'intervista afferma infatti che la presenza al festival di Locarno rappresenta un opportunità per comprendere il grido d'aiuto dei 150 mila richiedenti d'asilo presenti in Svizzera.

Melgar nella conferenza stampa tenutasi dopo la proiezione ha aspramente criticato la "politica xenofoba" dell'UDC e la propoganda di forte impatto visivo: ne sono un palese esempio i recenti cartelloni anti-immigrazione, citati dallo stesso regista.

Le riprese di Vol spécial, concentrate sulla dimensione intima dei personaggi, si prefiggono lo scopo di denunciare il trattamento disumano al quale vengono sottoposti gli stranieri scoperti senza permesso di soggiorno, e si svolgono quasi interamente all'interno della prigione di Frambois, edificio situato a Ginevra e adibito alla reclusione di coloro che risiedono illegalmente sul suolo elvetico.

All'interno di questo carcere non vivono criminali, ma perlopiù uomini legalmente immacolati che non hanno più il diritto di risiedere dentro i confini del territorio elvetico: Frambois è solo la tappa di un percorso che, per la maggior parte dei detenuti, si concluderà con un rimpatrio forzato.

Il documentario racconta le storie e la quotidianità di queste persone senza risparmiare niente: paure ed angoscie vengono mostrate in tutta la loro crudezza, offrendoci una visione coerente della realtà.

La reclusione dei prigionieri viene in parte alleviata dalla solidarietà reciproca e dal sostegno morale di coloro che dirigono e gestiscono il carcere, ma questi nulla possono contro l'imperante burocrazia e di conseguenza la loro sincera umanità non è sufficiente: per la legge sono prigionieri alla stregua di veri e propri criminali.

La prospettiva di poter venire cacciati dalla Svizzera in qualsiasi momento getta questi uomini in una frustazione continua: costretti ad abbandonare lavoro e famiglia per ripartire da zero in paesi dove la possibilità di costruirsi un futuro è scarsa, senza contare che potrebbero non essere ben accetti di rientro nel loro paese natio.

Solo la morte di un detenuto, deceduto a causa del brutale trattamento operato dalla polizia durante il trasporto per il rimpatrio, riesce a scuotere la situazione: vengono promessi cambiamenti, ma ormai non ci crede più nessuno.

Senza dubbio angosciante, Vol spécial fa leva sulla sofferenza emotiva per divulgare una realtà sconosciuta a molti. Documentario crudo e senza fronzoli, riesce a coinvolgere emotivamente il pubblico grazie all'approccio adottato dal regista: la naturalezza dei detenuti è stata ottenuta grazie al legame intimo ch'egli ha voluto instaurare con loro già mesi prima dell'inizio delle riprese.

Melgar è convinto e convince, ma sopratutto emoziona: le persone presenti nel documentario vengono presentate per quello che sono, e di conseguenza i loro sentimenti sono di una concretezza disarmante, che permette di staccarsi dall'ottica puramente cinematografica a fronte di una riflessione intima.

Importante anche il ruolo dei secondini, la cui rassegnazione alla legge voluta proprio dal loro popolo si contrappone in modo molto forte con l'umanità che essi trasmettono, che, come afferma il regista, rende Frambois un posto in completa antitesi con il carcere di Zurigo.

Il messaggio di burocrazia fredda e stupida viene trasmesso in modo drammatico: i secondini sono consapevoli dei risvolti decisamente negativi del rimpatrio forzato, ma sono costretti ad essere falsamente ottimisti, vergognandosi e deludendo i detenuti.

Seppur intensi, i dialoghi non sono numerosi, ma vengono ampiamente compensati dall' importanza che il documentarista ha voluto imprimere alle scene ed alle espressioni di muta sofferenza dei carcerati.
Un'ampio spazio viene inoltre dato alla vita quotidiana della prigione: solidarietà e speranza emergono nel corso di tutto il documentario ma si alternano con una rabbia nei confronti di un paese che, come afferma tristemente ironico uno dei reclusi, tutela meglio un cane rispetto ad uno straniero.

Questo documentario non va capito, va semplicemente visto: il messaggio traspare in ogni scena ed esplode nella canzone di uno dei detenuti, che incita con la musica raggae a riporre fiducia in ogni uomo ed a restare uniti per resistere ad una burocrazia sempre più impersonale.

Secondo molti addetti ai lavori questo film merita, se non di vincere, almeno di essere visto. Anche Giancarlo Zappoli, durante la conferenza stampa di Castellinaria di stamane, l'ha citato elogiandolo. Sicuramente è un documentario con una visione intimistica, che punta sulle emozioni, ma fortemente politico. Nel momento in cui a Locarno, così come nel resto del Ticino e della Svizzera, stanno apparendo i cartelloni pubblicitari dell'UDC, che incitano a fermare l'immigrazione di massa, al concorso internazionale è presente questo documentario che vuole denunciare gli effetti disumani delle politiche "anti-rifugiati" del partito di Blocher. Siamo più o meno certi che il tribuno di Zurigo non apprezzerà questo documentario, e non è escluso che i democentristi polemizzino contro "Vol spécial", che di fatto è una delle opere cinematografiche che più di altri ha saputo denunciare la regressione della politica d'asilo svizzera.

alce