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Pronti allo sgombero in Lungo Stura Lazio
Di Fabrizio (del 10/07/2011 @ 09:51:47, in casa, visitato 1452 volte)

La Stampa In Lungo Stura Lazio vivono 600 persone di cui 130 bambini. Intesa Regione-Provincia-Comune sui campi rom - 06/07/2011 - ANDREA ROSSI - TORINO

La road map non ha una scadenza precisa, però un punto d’arrivo sì: chiudere le mega baraccopoli rom, a cominciare da Lungo Stura Lazio, un groviglio di catapecchie abitate da 600 persone, tra cui 130 bambini, sulle rive del fiume. Una bidonville senza igiene né sicurezza, troppo grande per non essere smembrata. Così sarà: gli occupanti verranno distribuiti in vari comuni del Torinese. Dove? In insediamenti di piccole dimensioni. I primi verranno costruiti a Rivalta e Ivrea. La via d’uscita verrà definita nel protocollo d’intesa che Prefettura, Regione, Provincia e Comune firmeranno la prossima settimana. Una piccola rivoluzione che apre alla gestione collegiale dei campi nomadi, finora scaricata sulle spalle dei singoli comuni. Regista dell’intesa è stato il prefetto Alberto Di Pace, commissario del governo per l’emergenza rom. Solo a Torino, oggi, nei campi autorizzati vivono 800 persone, in quelli abusivi più di mille, la metà in Lungo Stura Lazio, la partita più urgente da risolvere.

Come? Potrà sembrare strano, ma la strada scelta è quella tracciata tempo fa dal prefetto e teorizzata anche a Milano, in campagna elettorale, dal nuovo sindaco Giuliano Pisapia: l’autocostruzione, percorso previsto dal Piano per l’integrazione nella sicurezza proposto dal ministro dell’Interno Maroni nel 2010. A Milano la Lega ha fortemente contrastato il progetto di Pisapia; in Piemonte, invece, il Carroccio, che guida la Regione, farà la sua parte sottoscrivendo il protocollo che verrà attuato probabilmente sotto la supervisione del presidente della Provincia Antonio Saitta.

Il modello delineato nel piano ricalca la vicenda del Dado di Settimo Torinese, la prima esperienza di autorecupero e autocostruzione rivolta alla comunità rom in Piemonte. Nella palazzina alle porte di Torino vivono sei famiglie che hanno scelto di abbandonare i campi e accettare una serie di regole: l’iscrizione a scuola per i minori, l’inserimento lavorativo tramite corsi di formazione e tirocini per gli adulti, la cura degli spazi comuni. Sul tutto sovraintende l’associazione Terra del Fuoco, che sarà interlocutore privilegiato del progetto tra istituzioni.

Tramite il protocollo si tenterà di diffondere l’esperienza del Dado in altri Comuni del Torinese, così da svuotare i campi abusivi - a cominciare da Lungo Stura Lazio - in favore di strutture più piccole, e ragionare quindi su numeri ridotti. Alcune aree sono già state individuate, oltre a Settimo, anche a Rivalta e Ivrea. Nel frattempo si cercherà di passare dalla fase dei campi abusivi a quelli transitori. In ogni caso la strada sarà una sola: smembrare i grandi insediamenti abusivi perché è lì che si possono annidare delinquenza e degrado.

La soluzione dovrebbe permettere a Torino di uscire dall’emergenza nomadi. La città, negli ultimi anni, più volte ha lamentato di essere stata lasciata sola e senza fondi nell’affrontare i grandi numeri degli insediamenti rom. Nei mesi scorsi il governo ha stanziato cinque milioni; ora, con il protocollo - che ieri è stato approvato dalle giunte di Provincia e Comune - si poggia il secondo tassello: la gestione sarà collegiale.