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La diaspora nell'Unione
Di Sucar Drom (del 23/08/2010 @ 09:41:46, in media, visitato 2136 volte)
Terra news - di Federico Raponi

DOC. Da Napoli alla Romania, "Europa 0 km" racconta un viaggio nel presente dei rom tra soprusi della camorra, razzismo dilagante e fabbriche chiuse.
Disoccupazione in Romania, ostilità in Italia. Il documentario Europa 0 km "segue la diaspora dei 900 rom cacciati da Ponticelli nel maggio di due anni fa - racconta il co-regista Luca Bellino - dopo 3 giorni di roghi e bombe molotov sui loro campi".

Com’è potuto succedere?
E' stata la conseguenza di un contesto nazionale durato mesi, a partire dall’omicidio Reggiani a Roma. Lo sfondo è stato un accordo sotterraneo tra apparati amministrativi e il clan dei Sarno, per cui nella zona dove si trovavano i nove campi si doveva costruire, cantierizzando entro una data. Esattamente un mese dopo l’incendio. I soldi sono arrivati a pioggia, e tra l’altro nell’inchiesta l’assessore coinvolto è stato arrestato.

L’atteggiamento della gente comune?
Purtroppo in quel quartiere gestiva tutto la criminalità. Se invece guardiamo alle vite private, c’erano grande comunione e amicizie. Ma, quando è arrivato il richiamo all’ordine, appoggiato anche da manifesti del Pd ("Via i Rom da Ponticelli"), come al solito sono state mandate avanti le donne a dire: "via tutti".

Dove sono finiti i rom?
Una parte è tornata in Romania, a Calarasi, e un’altra si è rifugiata in altri nuovi campi arrangiati a Napoli.

Com’è la situazione nel Paese d’origine?
C’è una grandissima nostalgia del regime comunista, si ricorda che nelle fabbriche lavoravano soprattutto i rom. Dopo l’89 hanno chiuso e da lì è iniziata la diaspora verso l’Europa, culminata con l’ingresso della Romania nell’Unione europea. Da qui il titolo del film, perché lì abbiamo visto ovunque cartelli con questa scritta. L’Europa però ha significato sfruttamento da parte delle multinazionali, tante anche italiane, con stipendi bassissimi e Rom che non lavoravano più. Ora con la crisi generale le nuove fabbriche stanno per chiudere, la crescita del Paese un po’ di soldi li porta, molti sono tornati e un tessuto lavorativo si sta ricreando.

E a Napoli?
La situazione è d’emergenza, i campi sono in condizioni estreme e precarie, non c’è nessun progetto di scolarizzazione né di formazione. I rom vivono della raccolta del ferro, attività principale, e di elemosina. Vogliono una stabilità, e quando d’estate tornano a Calarasi, con quei soldi costruiscono le proprie case.

L’idea del documentario?
Ci siamo resi conto che di questo evento simbolico fortissimo - cruciale nella storia del razzismo italiano, nel quale ci si è sentiti legittimati, nel silenzio generale, a incendiare abitazioni come fecero i fascisti in Africa - non se ne parlava più. Quindi per noi è stato un atto necessario.