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Angelica è innocente (con preghiera di diffusione)
Di Fabrizio (del 07/05/2009 @ 09:41:21, in Italia, visitato 2736 volte)

Me ne sono occupato anche ieri, aggiungo questa segnalazione di Flora Afroitaliani

Il campo Rom di Ponticelli devastato dai raid incendiari nel maggio 2008

Il 7 maggio prossimo verrà celebrato il processo in Corte d’Appello relativo ad A.V., la quindicenne rom accusata di aver rapito una neonata a Ponticelli, lo scorso maggio. A.V. ha voluto scrivere una lettera aperta al Capo dello Stato.

Il 10 maggio 2008, la piccola rom viene arrestata a Ponticelli, Napoli, dalla polizia, mentre una folla inferocita l’ha accerchiata e si è scagliata contro di lei. Il tentativo di linciaggio è stato innescato dalle urla di una giovane madre che accusa la ragazzina di aver cercato di rapire la figlia neonata. A.V. viene portata a Nisida, dove tuttora – dopo 10 mesi di carcere preventivo e il primo grado di giudizio che l’ha condannata a 3 anni e 8 mesi – si trova.

Appena dopo l’arresto di A.V., gruppi di abitanti di Ponticelli attaccano i campi rom con spranghe e taniche di benzina col pretesto dichiarato di “vendicare” il rapimento della neonata.

L’udienza presso la Corte d’Appello di Napoli ci sembra un occasione per riflettere sulla drammatica vicenda, per interrogarci sulla potenza che gli stereotipi hanno sulla realtà, su come siamo oppressi dal crescente e sempre più violento razzismo.

La vicenda è complessa e include certamente anche la volgarità e la scorrettezza dei media, che hanno dato subito per certa ed assodata la colpevolezza della ragazzina, e hanno addirittura continuato a trasmettere ossessivamente la notizia mentre bande di gente armata di spranghe e molotov assaltava i campi rom con all’interno bambini, donne ed anziani, costringendoli a fuggire.

La disumana ferocia con cui sono state devastate le povere baracche dove vivevano i rom è il frutto di una politica che, con le sue scelte vergognosamente razziste, esaspera senza ritegno le più riprovevoli pulsioni xenofobe, alimenta a proprio uso e consumo una incessante guerra tra poveri e innesca l’inaridimento crescente di valori fondanti la cultura del nostro paese, come la solidarietà, la tutela dei più deboli e l’aspirazione alla giustizia sociale.

In questa situazione, è nostra opinione che il processo ad A.V. avrebbe dovuto essere condotto con il massimo dell’impegno, dell’approfondimento e della trasparenza, con la coscienza dell’importanza e del significato delle decisioni che si andavano ad assumere. Noi denunciamo che tutto ciò non si è verificato e che, al contrario, vi è stato un accanimento giudiziario.

L’avvocato della ragazzina, convinto della sua innocenza e del fatto che il racconto dell’accusatrice e unica testimone presentasse delle incongruenze, ha cercato di impostare un’analisi più approfondita, ma nessuno dei nodi sollevati è stato preso in considerazione.

La sentenza di primo grado si è chiusa con una condanna a tre anni e otto mesi per sequestro di persona consumato con l’aggravante della minorata difesa della persona offesa. Se la sentenza fosse confermata in appello, sarebbe il primo ed unico caso in Italia di un tale tipo di reato da parte di un rom.

Noi riteniamo che l’asprezza della pena rivela la precisa volontà di infliggere una condanna esemplare, cioè ispirata non alla reale concretezza delle prove, ma invischiata di questo clima da caccia alle streghe.

Denunciamo che, anche se paradossalmente la ragazzina fosse colpevole, gravi e inaccettabili sono le violazioni dei diritti fondamentali che ha subito durante il processo, tra cui la mancata traduzione degli atti nella lingua di origine e il rifiuto di concedere il patrocinio a spese dello Stato. E’ inaccettabile, poi e soprattutto, che il Tribunale non abbia voluto concedere nessuna chance formativa e rieducativa ad una minore non accompagnata e, per altro, incensurata.

Il rifiuto da parte del Tribunale di concedere misure alternative alla carcerazione è stato motivato col fatto che non c’è stata alcuna confessione da parte della minore, che infatti si è sempre professata innocente pur sapendo che, se avesse ammesso la responsabilità, sarebbe uscita dal carcere e affidata ai servizi sociali.

Purtroppo, è molto frequente che gli stranieri, consapevoli del clima di pesante pregiudizio che nel nostro paese dilaga, preferiscono addossarsi colpe che non hanno per ottenere sconti di pena. A.V., pur conscia di ciò, ha scelto di continuare ad affermare la propria innocenza. Almeno questo dovrebbe indurci a riflettere.

Aspettiamo con fiducia la decisione della Corte d’Appello di Napoli.

Comitato Campano con i Rom