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Sgombero dei rom, la Diocesi richiama il Comune: "Situazione indegna"
Di Fabrizio (del 20/03/2009 @ 09:31:59, in Italia, visitato 1388 volte)

Segnalazione di Consuelo Pollini

Da corriere.it - I nomadi al cavalcavia Bacula: l'ennesimo blitz, a giorni, è già deciso. L'appello: alcuni vogliono integrarsi

Il campo rom al cavalcavia Bacula (Fotogramma)

MILANO - Prima che "quelli di Bacula", nella geografia delle migrazioni metropolitane dei rom loro sono conosciuti come "quelli della Bovisasca". Attorno alle 150 unità, questi nomadi, romeni, l'anno scorso vennero sgomberati da un prato di via Bovisasca in una giornata calda e tesa che fece arrabbiare e in certi frangenti vergognare — "Violati i diritti umani" disse la Curia —, dopodiché gran parte degli immigrati finì appunto sotto il cavalcavia Bacula. Là, nel sottosuolo, c'era l'arsenico regalo delle vecchie fabbriche chimiche, mentre sul suolo galoppavano i topi; qui, è pure peggio. Per com'è posto, in campo aperto, sotto il cavalcavia il vento arriva con raffiche che gelano e spengono i fuocherelli. Ci son tanti bimbi. E adulti che spesso non lavorano, campano di elemosina, si lasciano andare.


Nell'insieme, per la Diocesi, "la situazione non è degna di una città civile". Milano, a sentire il Comune, agirà con l'ennesimo blitz. A giorni. È già deciso. Sostiene la Diocesi, nello specifico con un cartello che unisce Caritas, Casa della Carità, Acli e Padri somaschi: "L'esperienza dovrebbe insegnare che se ci limiterà all'azione di forza i rom se ne andranno da questo precario insediamento ma — poco dopo — troveranno un altro posto ancora più nascosto, ancora più indecente, ancora più inumano, dove tentare di sopravvivere". Ora, non si dice che debbano rimanere dove sono. Anzi: "In quelle condizioni non possono più stare". Si dice, piuttosto, che non "bisogna vanificare il lavoro svolto", non "bisogna far cadere queste disponibilità". Il riferimento è alle stesse quattro realtà elencate prima, che sotto il cavalcavia hanno quasi quotidianamente inviato operatori e volontari, e non soltanto coperte e generi di prima necessità.

È un appello, quello della Diocesi. Un invito. Non è un monito, almeno a leggerlo così come è scritto. Ecco un altro passaggio: "Parte delle persone accampate ha mostrato la volontà di integrarsi. Vanno riconosciuti e incoraggiati i comportamenti civili e virtuosi di chi non delinque". Per vedere baracchette e tende, dovete scendere di sotto, dal ponte si vede poco; si vedono, questo sì, i panni stesi sulla massicciata che costeggia i binari delle Nord, e chi di voi è pendolare non può non averci fatto caso. Davanti alle baracchette e alle tende, c'è un campo, non piano. Attorno al prato, cespugli usati come bagni. A inizio mese, c'era stato un corteo della Lega, nel quartiere. Lungo il tragitto, erano comparsi ragazzi dei centri sociali e del Naga, i medici e gli infermieri che nel dopolavoro curano i clandestini. Avevano gridato: "razzisti"; "fascisti". Nulla di che, ma leggere tensioni c'erano comunque state. "Tutte tensioni inutili", aveva comunque detto il vicesindaco Riccardo De Corato, "perché entro marzo i nomadi saranno allontanati. Sono già previsti gli interventi per la impedire la rioccupazione attraverso la realizzazione di una recinzione di tre metri e mezzo".

Andrea Galli
19 marzo 2009