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Roma, nomadi: Per noi nessuna integrazione, solo lager
Di Fabrizio (del 19/07/2007 @ 12:26:52, in Italia, visitato 1769 volte)

Roma, 17 lug (Velino) - “Per noi sembra che non ci debba essere nessuna integrazione, ma solo lager in cui perdere la dignità di esseri umani”. A denunciarlo sono i rappresentanti di alcuni dei principali campi nomadi della Capitale che oggi, nella facoltà di Scienze statistiche della Sapienza, hanno organizzato una conferenza stampa per denunciare i pericoli insiti nella “deportazione” dei Rom della Capitale in quattro grandi “Villaggi della solidarietà”, fuori dal raccordo anulare, prevista nel Patto per la sicurezza firmato dal sindaco capitolino Walter Veltroni con il ministro dell’interno Giuliano Amato. Uno dopo l’altro i rappresentanti dei campi hanno raccontato il loro percorso, sottolineando le difficilissime condizioni di vita che si sono protratte per decenni. Il 95 per cento dei Rom presenti nella Capitale è stanziale, con particolare riferimento al grande insediamento di Castel Romano, proposto da alcuni come modello, per struttura e dimensioni, dei “Villaggi” previsti nel Patto per la sicurezza. “Non abbiamo acqua potabile, siamo isolati dal mondo – racconta Luigi, uno dei rappresentanti del campo – ci siamo spostati nel 2005 da vicolo Savini, sradicando i nostri bambini dal tessuto sociale nel quale si erano faticosamente inseriti, in quella che doveva essere un’area ‘attrezzata’. Qui però abbiamo trovato 220 container per oltre mille persone, a otto chilometri dal centro abitato più vicino, senza neanche un filo d’ombra e una fermata dell’autobus. Ma soprattutto nel campo non c’è acqua: l’unica che possiamo avere è quella fornita da un pozzo, per due ore al giorno, che non è potabile ed è inquinata”. Una situazione difficile che verrà raccontata e denunciata nel corso di una manifestazione, giovedì 19 luglio dalle 19, organizzata all’interno del campo, al km 20 della via Pontina, in cui l’acqua del pozzo verrà imbottigliata come “Acqua della fonte della solidarietà” e donata alle autorità politiche e istituzionali responsabili. Gli ospiti verranno accolti con cibi tradizionali, cortei musicali itineranti e poesie delle culture Rom.

In tutti gli interventi della mattinata ci sono attacchi alla amministrazione capitolina e al governo per i contenuti, ma anche per il processo decisionale, del Patto per la sicurezza. “Il processo che ha portato a questo documento – spiega Graziano del campo di Ciampino – è passato sopra le nostre teste. Si tratta di un comportamento degno di uno stato autoritario che ha prodotto un risultato dal sapore ancora più autoritario. Ho sentito le istituzioni parlare spesso di solidarietà e integrazione, ma l’intento mi sembra quello di isolare e nascondere il diverso. Di integrazione non c’è traccia. Stiamo lavorando a un progetto comune, con il comitato “Rom e Sinti insieme” nato a marzo, per presentare delle proposte alternative alla questione a livello nazionale. Deve esserci lasciata la libertà di scelta, ci devono permettere di elaborare vie alternative, altrimenti il pericolo che la situazione si faccia difficile è altissimo”.

Decabel, ragazzo rumeno che vive in un insediamento abusivo, racconta: “Io e la mia famiglia, come le altre nella nostra situazione, ci svegliamo la mattina pensando, anche oggi abbiamo un tetto. Si spendono decine di migliaia di euro per demolire i nostri campi, quando potrebbero essere usate per rendere la situazione più vivibile e garantire un futuro diverso ai nostri figli. Invece Veltroni fa venire in Italia i poliziotti rumeni che hanno distrutto le nostre case vent’anni fa in Romania”. Mentre si teneva la conferenza stampa però, quasi in risposta alle proteste dei Rom, in via Maddaloni, nel VI Municipio, le forze dell’ordine portavano a termine lo sgombero di un insediamento abusivo in cui erano presenti circa 50 tra nomadi e rumeni. Ai minori, sottolinea una nota del VI Municipio, è stata data “un’adeguata sistemazione”.