di Vinicio Leonetti - Catanzaro (05/04/2011)
Eliminare Scordovillo in quattro mosse. La prima è la nomina del prefetto 
Antonio Reppucci a commissario per l'emergenza. L'incarico dovrebbe arrivare 
direttamente dal governo centrale, e in quel caso al commissario oltre ai poteri 
straordinari verrebbero dati fondi dalla Protezione civile per gestire lo 
sgombero ordinato dalla procura della Repubblica entro Pasqua. Il tempo stringe: 
dall'ultimatum del procuratore Salvatore Vitello sono passati diversi giorni, e 
se non si comincia a smantellare per mano politica il magistrato già in questa 
settimana potrebbe adottare provvedimenti coattivi per far partire la 
mobilitazione di un villaggio considerato malsano e ricettacolo di criminalità. 
Un aspetto seguito da vicino dal Comandante provinciale dei carabinieri 
Salvatore Sgroi, da Stefano Bove che guida la Compagnia dell'Arma lametina, e 
Pasquale Barreca dirigente del commissariato di polizia. Che ieri erano in aula.
Unità d'intenti
Un commissario subito è l'obiettivo prioritario non solo del 
consiglio comunale che ieri sera ha votato all'unanimità un documento, ma anche 
della Regione rappresentata in aula da due consiglieri degli opposti 
schieramenti Mario Magno e Tonino Scalzo.
"Siamo di fronte alla più grande questione sociale della città, e non c'è un 
modo indolore per eliminare Scordovillo. Ogni proposta sembra sbagliata", ha 
spiegato il sindaco introducendo il dibattito in aula. "Bisogna spostare più di 
500 persone, questo si fa quando c'è una calamità. Ecco perché ci vogliono i 
poteri straordinari del prefetto per accelerare i tempi, con l'affiancamento di 
Comune, Provincia e Regione".
Piano B
Se il governo non interviene? Gianni Speranza ha un'alternativa. L'ha 
chiamato "piano d'arrangiamento". E consiste in tre mosse: 1) prendere 1 milione 
di euro dai fondi Pon per comprare 16 case prefabbricate e d'assegnarle ad 
altrettante famiglie rom; 2) tirare fuori i 5 milioni di euro che la Regione s'è 
impegnata a dare al Comune per il Piano di sviluppo lametino per acquistare 
appartamenti sparsi nella città, attraverso un bando pubblico al miglior 
offerente; 3) chiedere un impegno straordinario all'Aterp e mettere a 
disposizione 25 alloggi che spettano alle famiglie rom in testa alla graduatoria 
delle case popolari.
Queste non sono indiscrezioni, ma precisi impegni dell'amministrazione presi in 
aula davanti ai parlamentari Pino Galati e Ida d'Ippolito, ai consiglieri 
regionali Magno e Scalzo, all'assessore provinciale Roberto Costanzo, ma 
soprattutto in presenza dell'esponente del governo Antonio Reppucci, prefetto di 
Catanzaro. Che ognuno ha indicato come il commissario ideale per gestire 
l'emergenza. Sia Galati che d'Ippolito, deputati di maggioranza, hanno preso 
l'impegno di spingere sul governo per la nomina commissariale, com'è avvenuto 
finora in cinque grandi città.
Nessuna voce dissonante in aula. Tutti con l'obiettivo comune di cancellare una 
piaga aperta da sessant'anni. Quello che non è mai riuscito a fare la politica 
l'ha fatto la magistratura. C'è chi ha parlato di "fallimento della politica" 
come Raffaele Mazzei, capogruppo del Pdl, e Mario Magno consigliere regionale 
dello stesso partito. Ma oltre al grande merito di aver smosso le acque 
stagnanti della polemica sui rom, il provvedimento di sequestro di Scordovillo è 
riuscito anche a creare unità dove tradizionalmente c'è lotta politica spesso 
improduttiva.
Dove metterli?
Se lo chiedono tutti in questi giorni. A cominciare dai cittadini, 
fino agli esponenti politici. L'opinione comune è quella che Galati ha definito 
"dislocazione diffusa". Significa distribuire piccoli gruppi di famiglie in 
diverse parti della città. Perché un'altra parola d'ordine ieri era: no ad altri 
Scordovillo.
Anche in questo caso non mancano interrogativi. Il primo l'ha posto il prefetto 
Reppucci molto realisticamente: "Prima bisogna trovare i proprietari propensi a 
vendere le case. Poi bisognerà capire se i vicini vorranno i nuovi inquilini, 
perché il valore delle loro abitazioni diminuirà".
C'è invece chi, come il consigliere Bruno Tropea, ha ipotizzato di dare una 
casetta ad ogni famiglia rom, lontano un chilometro l'una dall'altra. Ipotesi 
scartata dal sindaco. I nuclei familiari di zingari sono 136 secondo il più 
recente censimento fatto quest'anno dal Comune a Scordovillo, per un totale di 
528 persone. "Questa è la gente che risiede e dorme nel campo", ha spiegato il 
sindaco, "perché durante il giorno ce ne sono circa 300 in più che fanno capo al 
villaggio". In otto anni, sempre secondo i dati municipali, sono aumentate le 
famiglie ma è rimasto immutato il numero degli stanziali. Che sono molto 
giovani: il 40% è fatto da minorenni. Di questi il 18% è costituito da bambini 
sotto i 6 anni.
Umani come noi
Lo hanno sottolineato in tanti. Non sono più nomadi, né slavi né 
altro, ma italiani. Lametini da generazioni. Cittadini iscritti all'anagrafe con 
diritto di voto. Si tratta di integrarli. Elvira Falvo, Mariolina Tropea e lo 
stesso sindaco si sono sforzati di evidenziare il lavoro fatto con i programmi 
di recupero per i rom, ma non ci sono stati risultati determinanti. Scordovillo 
resta Scordovillo. Ghetto, bidonville, città proibita, bomba sempre innescata. 
Bubbone da estirpare.
Il cammino verso l'integrazione dei rom è lungo. Ieri lo sapevano tutti in aula, 
anche gli stessi zingari presenti. Due dei quali sono intervenuti col consenso 
del presidente del consiglio Francesco Muraca.
Pamela Bevilacqua, giovane rom: "Non siamo nomadi, chiamateci zingari. Il 
discorso del prefetto ci è piaciuto: abbiamo diritti e doveri di ogni cittadino. 
Così come anche voi avete diritti e doveri". L'anziano Francesco Bevilacqua, 
lunga barba bianca: "Vent'anni fa hanno trasferito alcune famiglie in un 
palazzo. Ma poi ci volevano cacciare anche da quella casa con l'accusa di 
portare un ciuccio fino al quarto piano. Ma come si fa a far salire le scale di 
quattro piani a un ciuccio?".