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I rom e la riserva protetta
Di Fabrizio (del 07/07/2008 @ 10:34:29, in casa, visitato 1439 volte)

Da La Stampa

Nel campo di Ponte Decima dove la proroga è scaduta una settimana fa: seicento rom che la giunta Veltroni ha parcheggiato nella più grande area naturalistica del Lazio di FLAVIA AMABILE


L'uomo che vedete nella foto in fondo al post è Nedzad Hamidovic, il capo del campo nomadi di Ponte Decima. Tutti lo chiamano semplicemente Meo. Ha compiuto cinquant'anni dieci giorni fa e da quasi quaranta vive in Italia. Viene da Sarajevo, è fuggito con la famiglia nel 1967, è abituato agli alti e bassi: sa bene che per loro si preparano tempi difficili.

Da tre anni vivono in un campo irregolare, illegale, provvisorio. Non per colpa loro. Fu il Campidoglio dell'era Veltroni a spostarli dal loro precedente insediamento. Dopo 27 anni lui e altri ottocento rom (ma anche qualche extracomunitario) lasciavano Vicolo Savini, quartiere Ostiense, zona viale Marconi. In cambio di quello che molti di loro consideravano il loro quartiere, molto più centrale e collegato, furono catapultati in una specie di landa desolata e oltretutto nel bel mezzo di una riserva naturale protetta dove non sarebbe possibile tagliare nemmeno un centimetro d'erba. Figurarsi far spuntare dal nulla alcune centinaia di containers.

'Una situazione provvisoria', aveva spiegato loro il vice capogabinetto del Campidoglio dell'epoca, Luca Odevaine, agli abitanti di vicolo Savini. 'Due mesi', e avrete la sistemazione definitiva, aveva assicurato. Odevaine ha un passato da militante ambientalista, da uno come lui alcune parole risuonano più veritiere. Ed invece era solo una delle tante promesse non mantenute di questa vicenda ormai prossima ad esplodere.

Da tre anni il campo vive di proroghe. Il 30 giugno è scaduta la quinta, secondo molti anche l'ultima. Da maggio la maggioranza in Comune ha cambiato colore. Odevaine e Veltroni sono lontani, ora a guidare il Campidoglio ci sono Alemanno e il centrodestra che questa vicenda del campo rom nella riserva naturale protetta non l'hanno mai digerita. Gli attacchi sono già partiti. Gli abitanti della zona hanno lanciato una petizione per mandare via il campo. E il centrodestra ha rivolto un'interrogazione urgente al presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo per sapere ''cosa intende fare la giunta regionale per tutelare la riserva naturale e bonificare l'area''.

Quella di Decima Malafede è la più grande e preziosa riserva naturale del Lazio: 6150 ettari di superficie, un paradiso per aironi, garzette e gallinelle d'acqua. E il Campidoglio invece ha speso una cifra che dovrebbe aggirarsi intorno ai 700 mila euro per trasferirci i rom da vicolo Savini con una deroga speciale alla legge regionale 29/97 giustificata dalla temporaneità della presenza.

Sostenitori della temporaneità della presenza sono da sempre innanzitutto i rom. All'inizio, per sottolinearlo, avevano preteso che vi fossero solo tende. Dopo qualche mese sono arrivati i container e le speranze che le promesse fossero mantenute sono definitivamente caduti dopo la prima proroga, poi la seconda, e tutte le altre.

Ai rom Ponte Decima non è mai piaciuto. Non c'è acqua potabile, solo di pozzo piena di terra. Non c'è una fermata dell'autobus, se non a un chilometro di strada a piedi da percorrere sulla via Pontina, una delle strade più pericolose d'Italia. Qualche settimana fa, infatti, una rom è stata travolta e uccisa da un'auto in corsa e chissà se riceverà mai un rimborso visto che non è del tutto regolare andarsene in giro su una strada simile.

Il primo centro abitato è a cinque chilometri di distanza e da quando sono lì stanno perdendo i rapporti con la città. I rom di Ponte Decima sono persone che in buona parte il lavoro ce l'hanno, la carta d'identità anche. I loro figli sono nati in Italia, sono registrati all'Anagrafe e hanno il codice fiscale come ogni altro cittadino italiano. Il Comune di loro conosce tutto. Meo mostra il censimento del '95 quando tutti loro erano più giovani ma già schedati e fotografati dal Comune, gestione Rutelli. 'Ci sono quelli che rubano tra noi' ammette Meo, 'ma sono la minoranza e di sicuro stare qui non aiuta nessuno a vivere di qualcosa che non siano i furti'.

L'effetto del trasferimento si nota dalle percentuali di partecipazione alle scuole. Una delle più basse fra i campi nomadi di Roma. Circa il 10% in una città che nell'anno scolastico 2006/7 (l'ultimo con dei dati ufficiali) ha visto un aumento del 36% dei bambini rom che frequentano le scuole. Quell'anno c'erano 17.458 alunni appartenenti a comunità nomadi. L'anno precedente erano 12.816 e l'anno prima ancora 12.598.

In base ai dati forniti dal Ministero dell'Istruzione, gli alunni rom, sinti e camminanti sono 3.136 alla scuola dell'infanzia; 9.595 alla scuola primaria; 4.398 alla scuola secondaria di primo grado e 329 alla scuola secondaria di secondo grado. La crescita maggiore si è verificata alla scuola primaria, con un +46%, mentre si conferma negli anni la crescita, lenta ma costante, dei bambini che si avvicinano alla scuola dell'infanzia.

In tutte le fasce di età, la presenza femminile è la metà di quella maschile. Solo il 46% di chi ha frequentato la scuola primaria si iscrive alla scuola secondaria di primo grado, mentre alla secondaria di secondo grado arriva il 3,4% di chi ha iniziato la scuola dell'obbligo. In generale, secondo le audizioni del gruppo di lavoro sui minori rom, sinti e camminanti che sta stendendo il Piano nazionale infanzia 2008/09, in Italia ci sono 35mila rom fra i 6 e i 14 anni e 70mila under 18.

Per tutti loro qualcosa si potrebbe fare attraverso i finanziamenti del Fondo sociale europeo Nel corso dell'ultima programmazione, dal 2000 al 2006, sono stati attribuiti 275 milioni di euro per altrettanti progetti dedicati specificatamente ai Rom e durante lo stesso periodo circa un miliardo di euro è stato dedicato a progetti per le popolazioni più vulnerabili, compreso i nomadi.