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Di seguito gli articoli e le fotografie che contengono le parole richieste.

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Di Fabrizio (del 19/02/2010 @ 12:34:35 in Italia, visitato 2081 volte)


Campo Rom Tor Dè Cenci, Via Pontina 601, Roma - l'appuntamento su Facebook

Come molti di voi sanno, le famiglie del Campo di Tor De Cenci stanno rischiando di abbandonare, senza alcun motivo plausibile, il campo dove risiedono da almeno 15 anni, che fu voluto dall'Amministrazione Comunale romana (la quale assegnò i container alle famiglie) e che ora, per motivi sconosciuti ai più, dovrebbe essere trasferito a Castel Romano.

I Rom stanno lottando per conservare quello che è un loro diritto, il rimanere "a casa propria" (se di casa si può parlare nei campi rom... ma meglio che niente).

Ma non è facile, non è mai facile, e le famiglie hanno bisogno di noi ora.

Hanno bisogno del nostro apporto tutti i giorni, per stare loro vicino, parlare della situazione, fargli sentire che siamo sempre li con loro.

Hanno bisogno di noi, di noi che percorriamo il campo, di noi che giochiamo e studiamo con i loro figli, di noi che ci interessiamo di questa vicenda inammissibile.

Hanno bisogno anche solo di un saluto al giorno, di offrirci il caffè, di due chiacchiere.

Non lasciamoli soli: siamo tutti invitati, almeno fino a lunedì 22 febbraio (giorno in cui dovrebbero andare nuovamente a colloquio con assessorato e prefettura), a frequentare il campo, ad andarci a sedere a casa loro e chiacchierare, non importa che siano chiacchiere costruttive, in questo momento è importante stargli vicino.

Vi aspettiamo insieme alle famiglie Rom per un kafava o un sok: solidarietà e amicizia per i Rom!

Gaia Moretti
Paolo Perrini
Renato Patanè
Davide Zaccheo

 
Di Fabrizio (del 11/03/2010 @ 09:43:14 in Italia, visitato 2683 volte)

Scrive Gaia Moretti

Oggi alle ore 12.30 i portavoce rom di Tor de Cenci sono stati convocati in V dip. Dal Dir. Scozzafava, Com. VVUU Di Maggio, Lattarulo e altri della segr. della Belviso.

I rom avevano con loro le firme di tutti gli abitanti del campo che chiedevano di non essere trasferiti né a C. Romano né alla Barbuta, ma di rimanere a Tor de Cenci con la richiesta di riqualificazione dell’esistente, e le hanno consegnate ma sono state rifiutate dagli astanti.

Le personalità istituzionali che stanno provando a predisporre il piano di trasferimento hanno dichiarato:

  • il campo si deve chiudere. Voi portavoce dovete convincere i “vostri” a tutti i costi.

Intanto faremo lavorare la vostra coop. e la vostra associazione alla gestione di Tor de Cenci finchè non lo chiudiamo. (?)

Lunedì 15 inizieranno le operazioni di foto segnalamento della Polizia. Ritornate Venerdì 19 con le firme di chi vuole essere assistito, con cifra da concordare, per il rimpatrio . (?)

I rom, allibiti, hanno chiesto spiegazioni e si son sentiti rispondere:

  • in XII municipio ci devono essere massimo 600 rom, che per 10 municipi fa 6000 rom che è il numero massimo che la giunta ALEMANNO ha deciso di “accogliere” nella Roma Capitale.

I rom hanno chiesto di spostare quelli di C. Romano a Tor de Cenci, ma la risposta è stata che il campo di Tor de Cenci è troppo vicino ai cittadini di TdC e Spinaceto.(?)

Ritornati al campo i rom hanno chiesto aiuto, vogliono la presenza delle associazioni, dei giornalisti e soprattutto di AVVOCATI che li garantiscano da eventuali “procedure” sommarie.

Ora permettetemi una riflessione personale:

alla faccia della “trattativa”, prima fuori gli italiani, perché “vogliamo trattare solo con i rom”, poi “faremo solo passi concordati con i portavoce”, e ora dichiarazioni di guerra con modalità che dovrebbero far rabbrividire tutti:

max 6000 rom suddivisi in 600 per i municipi limitrofi alla provincia, lontani dai centri abitati

e infine video sorvegliati H24, senza contare false promesse e carte false e intanto fotosegnalamento a tutti cittadini italiani rom compresi.

Io allerterei Famiglia Cristiana , la Comunità Ebraica (Magiar o Pacifici), il Vaticano e qualche intellettuale di peso che s’incazzi, se avete idee e contributi son bene accetti.

Davide Zaccheo e Paolo Perrini

 
Di Fabrizio (del 01/04/2009 @ 09:24:39 in Kumpanija, visitato 1606 volte)

Ricevo da Agostino Rota Martir

Proprio così, vale la proprio la pena di pensarci un pochino sopra e... diffonderlo.
Ciao Ago

"Non molesterai il forestiero né lo opprimerai perché voi siete stati forestieri in terra di Egitto" (Esodo, 22,20)

Noi missionari/e sentiamo il dovere di reagire e protestare contro la strage in atto nel Mediterraneo e le leggi razziste contro gli immigrati che arrivano sulle nostre coste. È una tragedia questa, che non ci può lasciare indifferenti: migliaia e migliaia di africani che tentano di attraversare il Mare nostrum per arrivare nell’agognato "Eden". Un viaggio che spesso si conclude tragicamente. Dal 2002 al 2008 sono morti, in maggioranza scomparsi in mare, 42 mila persone, secondo la ricerca condotta a Lampedusa da Giampaolo Visetti, giornalista di La Repubblica. Trecento persone al giorno! Il più grande massacro europeo dopo la II Guerra Mondiale che si consuma sotto i nostri occhi.

E qual è la risposta del governo? Chiudere le frontiere e bloccare questa "invasione". E per questo il "nostro" governo ha stipulato accordi con la Libia e la Tunisia. Il 5 gennaio 2009 infatti il Senato ha approvato il Trattato con il governo libico di Gheddafi per impedire che le cosiddette carrette del mare arrivino a Lampedusa. Com’è possibile firmare un trattato con un paese come la Libia che tratta in maniera così vergognosa gli immigrati in casa propria?

Il 27 gennaio 2009 il ministro Maroni si è incontrato con il ministro degli Interni tunisino per la stessa ragione. Il regime di Ben Ali in Tunisia non è meno dittatoriale di quello libico. Questi tentativi italiani per bloccare l’immigrazione clandestina, sono sostenuti dal Frontex, l’Agenzia Europea per la difesa dei confini, che ha ricevuto oltre 22 milioni di euro per tali operazioni.

Ci dimentichiamo però che questa pressione migratoria è dovuta alla tormentata situazione africana, in particolare dell’Africa Centrale e Orientale. Le situazioni di miseria e oppressione, le guerre troppo spesso dimenticate dell’Eritrea, Etiopia, Somalia, Sudan, Ciad sospingono migliaia di persone a fuggire attraverso il deserto per arrivare in Tunisia e Libia dove sono trattate come schiavi: lunghi anni di lavoro in nero per ottenere i soldi per la grande traversata (soldi che andranno alle mafie). E se riusciranno (pagando 3-4000 euro) ad attraversare il Mediterraneo ed arrivare a Lampedusa, verranno rinchiusi in un vero e proprio campo di concentramento, il Centro di "accoglienza" trasformato il 24 gennaio in Cie (Centro di identificazione ed espulsione): un vero lager che può ospitare 900 persone ed invece ne contiene 1900! Di qui le drammatiche rivolte di questi giorni con i tentati suicidi di parecchi tunisini che non vogliono essere rimpatriati perché sanno quello che li attende.

Tutto questo grazie alla solerzia del nostro ministro Maroni che ha detto che bisogna essere "cattivi" con gli immigrati. E il suo Pacchetto Sicurezza è la "cattiveria trasformata in legge", come afferma il settimanale Famiglia Cristiana. Infatti nel Pacchetto Sicurezza il clandestino è dichiarato criminale. Una legislazione questa che ha trovato un terreno fertile, preparato da un crescente razzismo della società italiana (così ben espresso dalla Lega!) e da una legislazione che va dalla Turco-Napolitano (l’idea dei Centri di permanenza temporanea) all’immorale e non-costituzionale Bossi-Fini, che non riconosce l’immigrato come soggetto di diritto, ma come forza lavoro pagata a basso prezzo, da rispedire al mittente quando non ci serve più.

La legge infatti prevede, fra le altre cose, la possibilità che i medici denuncino i clandestini ammalati, la tassa sul permesso di soggiorno (dagli 80 ai 200 euro!), le "ronde", il permesso di soggiorno a punti, norme restrittive sui ricongiungimenti familiari e i matrimoni misti, il carcere fino a 4 anni per gli irregolari che non rispettano l’ordine di espulsione. Maroni ha pure deciso di costruire una decina di Centri di identificazione e di espulsione, ove saranno rinchiusi fino a 6 mesi i clandestini. Questa è una legislazione da apartheid: il risultato di un mondo politico di destra e di sinistra che ha messo alla gogna lavavetri, ambulanti, Rom e mendicanti. È una cultura xenofoba e razzista che ci sta portando nel baratro dell’esclusione e dell’apartheid. Tutto questo immemori di essere stati noi "forestieri in terra di Egitto" quando così tanti italiani oltre al doloroso distacco dalla propria terra, hanno sperimentato l’emarginazione, il disprezzo e l’oppressione.

Per questo noi chiediamo:

ai missionari/e, religiosi/e, laici/che impegnati con il Sud del mondo:

  • di schierarsi dalla parte degli immigrati contro una "politica miope e xenofoba" e che fa "precipitare l’Italia, unico paese occidentale, verso il baratro di leggi razziali", come afferma Famiglia Cristiana.
  • di organizzare una processione penitenziale, per chiedere perdono a Dio e ai fratelli migranti per il razzismo, la xenofobia, la caccia al musulmano che, come forza diabolica, sono entrate nel corpo politico di questa Italia.

alla Conferenza Episcopale Italiana:

  • di chiedere la disobbedienza civile a queste leggi razziste. È quanto ha fatto nel 2006, in situazioni analoghe, il cardinale R. Mahoney di Los Angeles, California, che ha chiesto nell’omelia del mercoledì delle Ceneri a tutti i cattolici americani di servire tutti gli immigrati, anche quelli clandestini.

alla Chiesa cattolica in Italia e alle altre Chiese:

  • di riprendere l’antica pratica biblica, accolta e praticata anche dalle comunità cristiane di fare del tempio il luogo di rifugio per avere salva la vita, come indicato nel libro dei Numeri 35,10-12. Su questa base biblica negli anni ’80, negli USA, nacque il Sanctuary Movement che oggi viene rilanciato.

Come missionari/e facciamo nostro l’appello degli antropologi italiani: "Quell’antropologia impegnata dalla promessa di ampliare gli orizzonti di ciò che dobbiamo considerare umano deve denunciare il ripiegamento autoritario, razzista, irrazionale e liberticida che sta minando le basi della coesistenza civile nel nostro paese, e che rischia di svuotare dall’interno le garanzie costituzionali erette 60 anni fa, contro il ritorno di un fascismo che rivelò se stesso nelle leggi razziali. Forse anche allora, in molti pensarono che no si sarebbe osato tanto: oggi abbiamo il dovere di non ripetere quell’errore".

Viviamo un tempo difficile, ma carico di speranza nella misura in cui siamo capaci di mettere in gioco la nostra vita per la Vita.

Napoli, 9 marzo 2009

Comunità Comboniana - Rione Sanita (Napoli)
Alex Zanotelli e Domenico Guarino
Missionari Comboniani-Castelvolturno (Caserta)
Casa Rut – Suore Orsoline, Caserta
Casa Zaccheo – Padri Sacramentini, Caserta
Missionarie Comboniane – Torre Annunziata (Napoli)

Per adesioni cliccare su http://www.nigrizia.it/doc.asp?id=11879&.IDCategoria=108 

Aderiscono: padre Fernando Zolli (comboniano), Giovani impegno missionario Campania, Nigrizia,

 
Di Fabrizio (del 17/05/2009 @ 09:24:37 in media, visitato 1783 volte)

Su Facebook, Mauro Sabbadini e Laura Di Martino indicano queste foto di Le Monde sul progressivo sgombero di Sulukule, mentre Davide Zaccheo consiglia quest'album di Nigel Dickinson sui Rom in Italia.

A mia volta, vi consiglio queste storie fotografiche di Eugenio Viceconte

 
Di Fabrizio (del 13/02/2010 @ 09:23:12 in Italia, visitato 1705 volte)

Ricevo da Davide Zaccheo

cari amici,
è venuto il momento di uscire dai gusci, per opporsi seriamente al trasferimento forzato dei rom,

a tor de cenci, lunedì 15 alle ore 11 arriva il prefetto e Scozzafava del V dip di Roma per dire ai rom che devono andarsene con tanto di fotosegnalamento e sperare, poi, di poter essere ricollocati a Castel romano,
io, che lavoro con loro dal 1995, da quando il villaggio fu inaugurato dal Sindaco Rutelli, mi muoverò per contrastare questa deportazione, penso che ognuno di noi, per le proprie responsabilità, debba e possa spendersi per difendere con la dignità dei rom, un po' anche della propria,

Chiunque possa intercettare organismi internazionali di difesa dei diritti umani, assieme a santa stampa e televisioni, è pregato di farlo, dando a tutti l'appuntamento al

Campo attrezzato di Tor de Cenci, Via Pontina 601
LUNEDI 15 FEBBRAIO ALLE ORE 11

vi aspetto con i rom che non vogliono andarsene
Perrini Paolo


Ricevo inoltre da Marco Brazzoduro il seguente comunicato

Lettera aperta dei Rom del villaggio attrezzato di Tor de Cenci

Siamo persone Rom, bosniaci, macedoni e montenegrini, e alcuni dei nostri figli hanno ottenuto la cittadinanza italiana. Abitiamo dal 1995 nel villaggio di Tor de Cenci, da quando il sindaco Rutelli ci trasferì assegnandoci un container a famiglia.

Non abbiamo mai avuto problemi di alcun tipo con i cittadini di Tor de Cenci e Spinaceto, anzi, la nostra integrazione è dimostrata dalla partecipazione nel locale comitato di quartiere e dalle frequenze regolari nelle numerose scuole dove i nostri figli sono iscritti.

Dopo anni di abbandono da parte delle istituzioni cittadine preposte l'attuale sindaco Alemanno ci impone di trasferirci nel grande campo, che già ospita 800 nostri fratelli, di Castel Romano.

Perchè?

Sappiamo che l'assessora Belviso aveva promesso in campagna elettorale ai cittadini italiani il nostro trasferimento, ottenendo qualche voto in più.

Sappiamo che su di noi si giocano interessi politici che fanno leva su pregiudizi e stereotipi alimentando paure e razzismi vergognosi.

Siamo uomini e donne alla ricerca di dignità e rispetto come tutti voi.

Come mai, con le note difficoltà di sistemarci in aree attrezzate difficili da trovare, si vuole smantellare Tor de Cenci, che a differenza di Casilino 900, è un campo attrezzato costato ai cittadini italiani milioni di euro, per aggravare la situazione trasferendoci in un campo già grande e disagiato al di fuori di qualsiasi contesto urbano? A chi conviene?

Chiediamo alle autorità preposte di ripensarci.

Nel 2009 abbiamo subito quattro censimenti da parte di polizia, carabinieri, croce rossa e vigili urbani, ora il prefetto vuole ripetere un altro censimento per scegliere chi è buono e chi cattivo.

Siamo stanchi di subire, ci opporremo con tutte le forze che abbiamo a fianco di chiunque voglia

DIFENDERE LA DIGNITA' DEI ROM PER DIFENDERE UN PO' DELLA PROPRIA.
NO ALLA DEPORTAZIONE DEI ROM

Comunità Rom di Tor de Cenci

Anche su Facebook

 
Di Fabrizio (del 01/10/2012 @ 09:18:32 in conflitti, visitato 2274 volte)

Realizzato con la collaborazione di Davide Zaccheo

L'ENNESIMO ATTO BARBARICO DI ALEMANNO E BELVISO NEI CONFRONTI DEI ROM DI TOR DE CENCI di Davide Zaccheo

foto di Serena Masci durante le operazioni di sgombero (cliccare sull'immagine per scaricarla a grandezza personale)

La mattina del 28 settembre 2012 un dispiegamento di forze della polizia municipale di Roma Capitale affiancati da tre cellulari della polizia di stato, due pullman da 50 posti cadauno adibiti al trasporto di persone, due camion con sopra due ruspe per la demolizione, irrompevano senza preavviso nel campo nomadi di Tor de Cenci a Roma e procedevano sotto gli occhi dei bambini che erano già saliti sul pullman del comune di Roma che li avrebbe portati a scuola, alla demolizione dei container rimasti e al trasferimento delle restanti 170 persone del campo. Di fronte ad una azione cosi minacciosa tutti i bambini sono scesi dal pullman per rimanere con le loro famiglie.

Tutto ciò all'indomani della sentenza di primo grado del Tar che annullava il ricorso fatto da alcune famiglie rimaste al campo alla fine di luglio in seguito alla consegna dell'ordinanza di sgombero da parte del sindaco Alemanno e dopo il trasferimento nel nuovo campo nomadi della Barbuta della maggioranza dei rom residenti.

La notte tra domenica 23 e lunedì 24 un'intera comunità di bosniaci che erano stati trasferiti alla Barbuta un mese e mezzo prima, aveva fatto ritorno a Tor de Cenci dopo aver denunciato pubblicamente le minacce dal gruppo storico residente nel nuovo campo situato tra il Comune di Roma e quello di Ciampino. Questo gruppo ha dormito per circa 5 giorni all'aperto sulle stesse piazzole dove erano situati i container che il comune gli aveva demolito. I loro figli non sono andati a scuola per circa una settimana a causa della mancanza di acqua per lavarsi.

Le ruspe hanno abbattuto i container delle famiglie rimaste davanti agli occhi inermi dei bambini del campo. Gli agenti della polizia municipale di Roma Capitale non hanno usato nessun tipo di precauzione, il tutto è avvenuto dall'inizio alla fine davanti ai bambini e alle donne che piangevano.

Monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas Diocesana di Roma, intervenuto durante le demolizioni ha gridato "Barbari" a chi in quel momento dirigeva le operazioni al fine di radere al suolo il campo. Un volontario della comunità di Sant'Egidio e due operatori dell'Arci Solidarietà venivano fermati e identificati dalla polizia municipale semplicemente perché stavano scattando delle fotografie durante l'abbattimento dei container.

Oltre al danno anche la beffa. Ai rom rimasti senza container è stato comunicato il trasferimento temporaneo in un centro di accoglienza del Comune di Roma dove dovranno restare per circa 10 giorni in attesa che finiscano i lavori dell'area di Castel Romano dove dovrebbero essere trasferiti definitivamente e dove già vivono 900 rom.

Nel centro di accoglienza i rom sono stati sistemati in due stanzoni con brande e materassi. Le condizioni di vita del centro sono ai limiti della decenza, con bagni chimici e docce poste all'esterno dell'edifici. Tra loro ci sono donne incinte, una anziana di 80 anni malata di cuore e una donna sempre anziana da poco uscita dall'ospedale a causa di un ictus.

I Rom di Tor de Cenci trasferiti nel centro di accoglienza del comune di Roma hanno deciso per Lunedì 1 ottobre 2012 uno sciopero della fame per protestare contro le condizioni disumane i cui sono stati collocati, condizioni che calpestano qualsiasi tipo di diritto umano fondamentale.

    Pensavamo che fosse la solita giornata: ..... arrivi al campo e li trovi l'autobus o comunque arriverà, sai che a breve all'orizzonte vedrai i primi bambini che sorridendo gioiosi entusiasti ti corrono incontro, questa mattina il rituale non è stato completato.
    Il primo fotogramma: tre cellulari della polizia, e un silenzio spezzato dalle sirene prima in lontananza e poi sempre più assordanti, all'improvviso sul volto dei bambini espressioni attonite e di smarrimento, per loro quella doveva essere una mattina uguale a tante altre, si sale sull'autobus e si va a scuola; ma cosi non è stato. Lo spettacolo ignobile che è stato allestito davanti ai loro occhi si è aperto con l'arrivo di un mezzo pesante che dotato di braccio meccanico si è accanito sulle loro "case" e le ha ridotte in macerie senza dare il tempo sufficiente per portare fuori tutta la loro vita e ad ogni "casa" che veniva giù, le espressioni sui visi dei bambini sempre più marcate attonite spaurite, e spaventate e il pianto che via via aumentava.
    Nessuno si è soffermato a spiegare loro cosa stava succedendo e perché con tanto accanimento stavano abbattendo le loro case, tutto è avvenuto nella più totale indifferenza. Nessuno si è fermato a prestare la doverosa e appropriata attenzione a quei bambini, la stessa attenzione che si presta a qualsiasi altro bambino che vive però al di la del cancello che delimita il confine tra degno di tutela e indegno di esserlo. Nessun gesto di rassicurazione di sostegno di supporto per attenuare il pesante carico di un avvenimento che loro non riescono a comprendere a pieno perché si percepiscono dei bambini come tanti altri; e chi e con quale coraggio riuscirebbe a guardargli negli occhi e dirgli visto che sei uno zingarello/a non puoi abitare troppo vicino a noi, mai dalle labbra di nessuno uscirebbero tali parole, ma quello che è avvenuto davanti ai loro occhi anche se non è stato detto e stato fatto, sempre nella più totale imperturbabilità.
    Quello che chi non era li non vedrà mai e a cui nessun blog darà mai rilievo saranno gli occhio colmi di lacrime di quei bambini, la giovane madre costretta a cambiare il pannolino di suo figlio sul parabrezza di una macchina, le lacrime che scendono sul volto delle giovani donne che sotto gli occhi impauriti dei loro figli preparano velocemente un enorme fagotto, l'espressione attonita della giovane madre che stinge tra le braccia la sua secondogenita nata solamente una settima addietro, che con lo sguardo inquieto cerca il marito per trovare rassicurazioni dopo che gli viene detto che deve abbandonare la sua casa, l'anziana donna che non parla una parola di italiano che con il viso affranto si porta le mani alle tempie e ripete da prima a voce alta quattro o cinque parole fino a quando il fiato non gli si strozza in gola; e quando tutto è concluso enormi fagotti sparsi in diversi punti, e intere famiglie sedute accanto che si guardano intorno e attendono di essere deportate al centro di accoglienza. Queste sono immagini che pesano, e pesano ancor di più visto che l'istituzione che doveva garantire e tutelare questi bambini con assoluta impassibilità ha predisposto una azione fredda e rapida e senza preavviso, incuranti delle ripercussioni sui bambini dovuti alla privazione di punti di riferimento e dei luoghi in cui sono nati e cresciuti e di cui si sentono ormai parte.
    Sotto il cumulo di lamiere non ci sono solo utensili vestiti giochi ma anche i diritti fondamentali e inviolabili dei bambini e adulti a cui per l'ennesima volta non viene data voce, e che per l'ennesima volta vengono calpestati sempre nella più completa indifferenza.

Tor de' Cenci, i rom alla Fiera di Roma "Da lunedì sciopero della fame"


Infanzie che non tornano:

E' stato tanti anni fa, ero ancora bambino (un bravo bambino, allora). Sotto casa mia il cantiere della metropolitana in costruzione, poco più in là una fabbrica che stava per essere demolita. Io, tre anni, passavo i pomeriggi incantato a guardare i camion e le ruspe al lavoro.
Oggi, 50 anni dopo, la ruspa è tornata a trovare un bambino di 3 anni, a Tor de Cenci. Poi se n'è andata, forse a cercare qualche altro bambino.
A Tor de Cenci, i piccoli vagano tra le macerie, cercando qualcosa da salvare. Tra cocci di vetro e pezzi di plastica, una scarpa, un quaderno strappato, un orsacchiotto di peluche con un occhio solo, il cuscino del nonno, quello straccio con attaccate due perle forse era il vestito da sposa della sorella più grande. Accendini, l'altoparlante della radio, una busta con dentro i documenti... la lunga fatica per essere normali che anche stavolta si muta in fumo.

Fabrizio Casavola

Nel frattempo in Francia, a Marsiglia, i soliti BRAVI CITTADINI davano alle fiamme un insediamento rom. La foto è tratta da TeleFrance1, e tutto sembra legarsi, qualcosa di già visto, già sentito, già odorato, dimenticato troppo in fretta.

 
Di Fabrizio (del 13/10/2012 @ 09:18:07 in Italia, visitato 1531 volte)

Di Davide Zaccheo

Foto fatta a giugno durante la festa IO NON SGOMBERO durante la quale ragazzi italiani del quartiere e ragazzi rom del campo hanno realizzato quel bellissimo murales fatto sulla parete posteriore di un container. Murales che è stato distrutto da Roma Capitale insieme al container. (cliccare sull'immagine per scaricarla a grandezza naturale)

Tra i giorni di lunedì 8 e martedi 9, i circa 170 rom di Tor de Cenci che da 10 giorni il comune aveva parcheggiato nell'ignobile e disumano centro di accoglienza del Comune di Roma all'ex fiera di Roma, sono stati trasferiti in via definitiva nel campo di Castel Romano. Sono stati trasferiti dopo quattro giorni di sciopero della fame, costretti dalle vergognose condizioni in cui sostavano nel centro di accoglienza nel quale dormivano ammassati in mezzo a pidocchi pulci e topi.

La visita del sindaco Alemanno e la promessa che il nuovo campo sarebbe stato pronto per lunedì li ha convinti ad interrompere lo sciopero della fame tra sabato e domenica. Il lunedì stesso si è proceduto alle prime assegnazioni delle casette e al trasferimento dei primi nuclei nel nuovo campo. Già martedì 9 tutta la comunità si trovava a Castel Romano. Le famiglie sono state sistemate in 44 casette. Ci si è accorti però che non tutte le casette erano agibili (in alcune mancava ancora la corrente elettrica, in altre l'acqua etc.) e quindi alcuni nuclei familiari in attesa dell'"agibilità" della loro casa, hanno dormito ammassati in casette di parenti e dintorni.

Il nuovo campo si trova limitrofo all'altro campo che ospita già 900 persone. La maggioranza è bosniaca e una altra buona parte è serba. Come è noto Castel Romano si trova su una strada a scorrimento veloce che è la via Pontina con intorno solo prati e boschi. Da anni i Rom di questa comunità combattono insieme alle associazioni presenti al campo per l'istituzione di una fermata dell'autobus che li porti al più vicino punto di contatto con la civiltà che è il capolinea della metro b di Roma "Eur Fermi". Circa 300 minori del campo percorrono ogni giorno 30 km all'andata e 30 km al ritorno per raggiungere tutte le scuole di ogni ordine e grado in cui sono iscritti, e solo questo dovrebbe far riflettere sulle politiche di integrazione che il comune di Roma ha attuato negli ultimi dieci anni.

Insieme ai bambini di Castel Romano ci sono da oggi anche i bambini di Tor de Cenci, quelli che fino a ieri impiegavano dieci minuti per raggiungere la scuola, quelli che potevano restare fino alle 16.00 insieme con tutti gli altri bambini italiani e stranieri, quelli che infine incontravano i loro compagni di classe in giro per il quartiere anche quando non c'era la scuola. Ora non lo possono fare più. Non lo possono fare più neanche i loro ex vicini di casa macedoni e bosniaci che sono stati trasferiti nel nuovo campo attrezzato de La Barbuta, un campo costruito al confine con la pista di atterraggio del secondo aeroporto di Roma che si chiama Ciampino. Anche per loro, i tempi e le distanze sono raddoppiati.

Quello che è stato appena detto è anche il continuo di questa storia che è realmente la storia di una volontà di integrazione. La comunità di Tor de Cenci è stata per cinque anni letteralmente assediata dalle istituzioni con il preciso fine di sgretolarne il vissuto, e soprattutto la parte buona di quel vissuto.

Ma la battaglia continua, continua con le proposte alternative dell'autorecupero, del sostegno economico all'alloggio, del cambiamento delle politiche sugli sfratti. Continua sempre e senza scoraggiarsi con la scolarizzazione dei minori. I Rom di Tor de Cenci continuano a combattere ed è proprio per questo che ovunque si trovano per me sono e saranno sempre i "I Rom di Tor de Cenci".

 
Di Fabrizio (del 06/10/2012 @ 09:17:47 in Kumpanija, visitato 2642 volte)

Ancora si tratta di Tor de' Cenci, ma non vorrei annoiarvi con testimonianze strappalacrime, recriminazioni sui diritti negati... diciamocelo, almeno tra di noi tutto ciò è scontato. Fate conto che vi scriva un croupier, uno abituato a mescolare le carte, a cercare nuovi punti di vista.

Volevo riflettere sul rapporto virtuale (molto reale, come spiegherò in seguito) tra chi sopravvive con qualche sicurezza residua, interfacciandosi al mondo tramite rete, internet e magari convegni, e gli "insicuri", i "non-garantiti", che in questo piattume uniforme ritrovano forme di lotta dimenticate da chi le aveva inventate.

Veniamo al pratico; da mercoledì scorso è apparsa su Facebook questa notizia:

    Da stamattina alle 9.00 i rom sgomberati di Tor de Cenci protestano attraverso lo sciopero della fame contro la disumana collocazione che è stata loro riservata nel centro di accoglienza del comune di Roma sito presso un padiglione dell'ex fiera di Roma in via dell'Arcadia. In questo centro dormono tutti ammucchiati in due enormi stanzoni in condizioni igieniche pessime. La protesta continuerà ad oltranza fino a quando il comune di Roma non troverà loro una sistemazione dignitosa per qualsiasi essere umano.

La scrive Davide Zaccheo, da cui sono arrivate in passato molte segnalazioni su Tor de Cenci. E lui sta facendo di tutto per tenerci informati e soprattutto attenti. Ce la sta mettendo tutta ma, spiace dirlo, è solo lui.

Ora, chi frequenta l'ambiente di Facebook, sa quanto sia facile, addirittura compulsivo per qualcuno, usare la funzione "Condividi": è facile, per niente dispendiosa e di solito ci si fa belli coi pensieri o le immagini prese da altri. COME MAI COSI' POCHE CONDIVISIONI, STAVOLTA?

No, non mi preoccupano quei Rom prima sgomberati e poi ammassati come scatolette... sarò cinico, ma ci sono abituati a vivere in condizioni inumane.

Mi preoccupate voi, tipici utenti massa da Facebook: se si fosse trattato di denunciare uno sgombero, la malapolitica di una giunta, l'ennesimo morto, ci sarebbero state schiere di anime belle a diffondere la notizia, anche (soprattutto) senza avere capito di che cosa si trattasse. Perché una notizia simile avrebbe riportato allo stereotipo del povero rom, che se non è un delinquente, dev'essere per forza una vittima (e via di compatimento).

Ma se sono i Rom stessi a stancarsi delle "condizioni inumane" a cui sono da anni sottoposti, per noi utenti telematici parlarne, scriverne, condividere, significherebbe riconoscere che allora anche LORO sono davvero simili a noi.

Se LORO, gli estranei, gli esclusi... chiamateli come volete, sono arrivati ad un atto estremo come lo sciopero della fame, non è per qualche ricatto sentimentale in cui noi BUONISTI A PRESCINDERE dovremmo cadere; è invece per mostrare che sono disposti, una volta tanto dopo anni a chinare la testa, a mettersi in gioco.

Guardate, per favore, la home page di qualsiasi giornale. Guardate l'attenzione riservata a cento notizie inutili. Confrontatele con questa tragica e dolorosa presa di coscienza.

LORO stanno facendo di tutto, non solo per la casa o per le famiglie, ma per la loro dignità. NESSUNO vorrà riconoscerlo e saranno sconfitti, ancora una volta, non dalle ruspe ma da chi li osservava senza vederli (e senza vedersi). Consoliamoci: saremo sconfitti anche noi, perché questo tipo di proteste una volta le facevamo noi, ma ORA non siamo neanche più in grado di riconoscerle, quando è qualcun altro a farlo.

 
Di Fabrizio (del 07/07/2012 @ 09:14:37 in Italia, visitato 1706 volte)

Ricevo da Davide Zaccheo

martedì 10 luglio dalle ore 18.00 2012 TOR DE CENCI, VIA PONTINA 601 ROMA
Mobilitazione contro lo sgombero del campo rom di Tor de' Cenci

Entro la metà di luglio, 350 persone del campo rom di Tor de' Cenci verranno sgomberate e trasferite nel villaggio de La Barbuta, un insediamento ancora più distante dal centro abitato. Secondo Amnesty International, che ha già diffuso un appello, "nessuna garanzia procedurale e di legge è stata seguita per garantire che lo sgombero dei residenti di Tor de' Cenci abbia luogo nel rispetto degli obblighi regionali e internazionali in materia di diritti umani".

Contro lo sgombero del campo e in difesa della volontà delle famiglie di non trasferirsi, sta nascendo una mobilitazione che vede l'impegno di Arci Solidarietà assieme ad Amnesty International e alla Comunità di Sant'Egidio e che sta coinvolgendo sempre più personalità legate al mondo della cultura e dello spettacolo. A sostegno di questa mobilitazione, Arci Solidarietà e Scuola della Pace – Comunità di Sant'Egidio promuovono una maratona artistico-musicale nello stesso campo di Tor de' Cenci: dal pomeriggio del 10 luglio (ore 18), data entro la quale la Giunta Alemanno avrebbe pianificato l'inizio dello sgombero, diversi artisti, musicisti, attori, si alterneranno nel piazzale antistante il campo con performance e interventi.

Interverranno:
Moni Ovadia
Ulderico Pesce
Tetês de Bois
Militant A - Assalti Frontali
Piotta
Giulia Ananìa
Adriano Bono
Wogiagia
Dj Efrem dei Borghetta Style
Ghetto Youth Spinaceto
Paolo "Er Pesce"
Rossomalpelo
Veeblefetzer & The Manigolds
The Lemmings
Cheja Celen
Antonio Pignatiello
Tiziano Turci

Hanno aderito inoltre:
Interferenze rom – Radio Popolare Roma
ZeroViolenzaDonne.org
Arci Servizio Civile Roma
Arci Servizio Civile Lazio
La Linea di Greta
Rifondazione Comunista Roma (FDS)
Csoa Auro e Marco
Ermes Cooperativa Sociale
Associazione Il Laboratorio

Siamo in attesa di ulteriori adesioni! Per contribuire, scrivici a: solidarietalazio@arci.it
Le adesioni saranno in costante aggiornamento sul sito: www.arcisolidarietaonlus.eu

Per firmare l'appello, visita la pagina di Amnesty International:  http://www.amnesty.it/rischio-sgombero-forzato-rom-Roma

info: 06/89566579 – 06/89566589

 
Di Fabrizio (del 30/07/2012 @ 09:12:38 in casa, visitato 1627 volte)

Dice l'Alemanno sindaco: «Sono riuscito a convincere le comunità nomadi» di Tor de Cenci «ad andare nei nuovi siti, alla Barbuta e nei nuovi spazi che saranno ...

video e testi di Davide Zaccheo

60 macedoni costretti ad accettare il trasferimento volontario nel campo della Barbuta, con la minaccia di rimanere in mezzo alla strada se non avessero firmato volontariamente. I loro container, di proprietà pubblica e ben mantenuti, invece di essere adoperati per i 300 rom rimasti vengono abbattuti come deterrente per lo sgombero che sta tanto a cuore al "duo monnezza" che purtroppo ancora comanda Roma Capitale. La politica romana sui rom in questa legislatura si conclude come era iniziata: promesse, ricatti e minacce, è ora che vadano a casa e paghino alla giustizia i gravi danni che hanno e stanno provocando.

 
Di Fabrizio (del 27/06/2012 @ 09:12:16 in Italia, visitato 3968 volte)

Ciao Fabrizio ti invio la rassegna stampa relativa alla situazione di Tor de Cenci in questi giorni. Davide Zaccheo

Video

Piano Nomadi: Il ministro Riccardi a Tor de' Cenci. I rom: "Non ci mandate a La Barbuta" Una visita, quella di ieri pomeriggio, che appare come un segnale un forte, proprio quando il trasferimento dei 400 abitanti del campo a Ciampino sembra avvicinarsi. Il ministro: "Ho visto diversi problemi, ma anche molti aspetti positivi. Oggi ci sono tanti maestri, operatori, volontari, a testimonianza di una buona integrazione" DI L. FACONDI

La visita del ministro Andrea Riccardi al campo rom di Tor de' Cenci, avvenuta ieri pomeriggio, appare come un segnale forte. Anche se lui ci tiene a precisare subito: "Non sono il sindaco e non posso assumermi responsabilità che non sono le mie, sono venuto in quanto ministro dell'integrazione, perché ho risposto a una lettera di operatori, volontari e insegnanti". Ma in un momento delicato come questo, in cui il trasferimento dei 400 rom nel nuovo villaggio de La Barbuta sembra questione di poco tempo, il suo interessamento potrebbe complicare le cose ad Alemanno e Belviso. Anche perché dal giro fatto dal ministro salta fuori una presa di posizione molto forte degli abitanti del campo: "Vogliamo restare qui, non vogliamo andare a Ciampino".



I PROBLEMI - Il perché lo capisce subito Riccardi e lo ripete più volte: "Ho visto un buon livello di integrazione, tanti maestri, operatori, volontari, cittadini. Certo in questo campo ci sono dei problemi, ma ho constatato soprattutto aspetti positivi". Tra le criticità non si può non notare il cumulo di spazzatura che riempie l'ingresso dell'insediamento. "Non vengono a raccoglierla da due settimane - racconta Paolo Perrini di Arci solidarietà - questo fa pensare che l'amministrazione voglia arrivare all'emergenza sanitaria per motivare poi una chiusura del campo". Un campo voluto dal Comune, come spiega al ministro Valerio Tursi, anche lui di Arci solidarietà: "Ora si vuole farlo passare come "tollerato", ma su questo posto sono stati investiti dei soldi pubblici, si spenderebbe meno a riqualificarlo che a bonificare l'area".

L'INTEGRAZIONE - Il ministro ascolta e annuisce. Vuole verificare di persona e quindi parla con le due comunità presenti a Tor de' Cenci (bosniaca e macedone), fa domande, scherza con i bambini. "Come sono i rapporti tra voi?", chiede. "Sono buoni", replica Asko, rom bosniaco, e aggiunge: "Stiamo bene anche con il quartiere, ormai ci conoscono tutti, i nostri figli vanno a scuola, mia figlia fa la parrucchiera".

ROM ITALIANI - E tra la folla che segue Riccardi ci sono anche diversi ragazzi che hanno la cittadinanza italiana. Come Simone che racconta al ministro con un marcato accento romano: "Ho fatto il servizio civile, sono nato qui, parlo poco il serbo bosniaco". Sono tanti i ragazzi nati e cresciuti a Roma "che si sentono romani", ribadisce Riccardi. Ma che non vengono trattati come tali. "Nel foto segnalamento rivolto ai rom - spiega Paolo Perrini di Arci solidarietà - sono stati inseriti anche loro, sebbene avessero la cittadinanza italiana".

SCUOLA, SALUTE, CASA, LAVORO - Non è l'unica anomalia del Piano Nomadi del Campidoglio. Ci sono i ripetuti sgomberi, condannati più volte dalle associazioni per i diritti umani, oltre che dall'Onu che lo scorso 15 marzo li aveva ritenuti "deplorevoli". Ma sulla questione il ministro non si sbilancia e evita una risposta diretta: "Non ho studiato a fondo il Piano Nomadi del sindaco", ma comunque ribadisce la strategia nazionale del Governo in materia di rom: "Puntiamo su scuola, salvaguardia della salute, lavoro e casa". Una linea che, a prima vista, prende comunque le distanze dalla politica dell'attuale giunta. Sebbene il ministro chiarisca di non avere mire nei confronti del Campidoglio. Alla domanda di Paese Sera "Pensa di candidarsi come sindaco per il 2013?", risponde senza lasciare margini per le interpretazioni: "Non l'ho fatto quando avevo barba e capelli neri, ora sono troppo vecchio. E poi mi sembra ci siano già tanti candidati". E subito dopo aggiunge: "Del resto cominciare la mia campagna elettorale in un campo rom non sarebbe stata una grande mossa". Lo sa bene chi, come la Belviso, la credibilità politica se la sta giocando proprio su questo terreno.
di Lara Facondi



La Barbuta, prime case assegnate tra le polemiche: «E' un ghetto per i rom» Polemiche sulle inferriate che circondano il primo grande villaggio del Piano Nomadi, costato 10 milioni; 5 associazioni di volontari si autosospendono: «No alla segregazione»

ROMA - Da quattro giorni arrivano alla spicciolata: non un esodo, ma un trasloco a tappe. Sono i rom che il Campidoglio ha voluto trasferire nel nuovo «villaggio attrezzato» realizzato dall'amministrazione comunale a La Barbuta. Il grande campo nomadi, destinato ad accogliere circa 650 persone, è situato tra il Gra, la ferrovia Roma-Cassino e l'aeroporto di Ciampino ed è un'area recintata e videosorvegliata. Si tratta del primo mega-campo costruito ex novo a Roma negli ultimi 7 anni. Ed è una delle 13 enclavi in cui il Comune di Roma ha previsto, nell'ambito del cosiddetto Piano Nomadi, di alloggiare tutti i rom e sinti della Capitale.

Le inferriate alle nuove case del villaggio rom a La Barbuta

TENSIONE SULLA SORVEGLIANZA - I primi rom giunti alle porte di Ciampino, lunedì mattina, si sono visti assegnare le casette. Ma la tensione è alta. Non mancano le polemiche e non piacciono quei recinti «che sanno di segregazione», come denuncia l'associazione «21 Luglio», che parla di «lutto della civiltà» per le «condizioni di vita eccessivamente restrittive per l'intera comunità». Non piace l'idea di orari di entrata e uscita dal campo che sanno di «modello casa circondariale». Sandro Medici, presidente del X municipio, denuncia un atteggiamento «forzato» dell'amministrazione capitolina sulla questione di chi realmente accederà a La Barbuta, e promette battaglia «qualora venissero utilizzate procedure eccessivamente dure, per quanto riguarda il regolamento che sancisce le regole di vita nel campo». Con una sorveglianza-vigilanza che costerà circa 3 milioni di euro l'anno.

Sbarre all'ingresso di La Barbuta

NIENTE GIOCHI PER I BAMBINI - Sono stati spesi più di dieci milioni di euro per la costruzione di questo campo. All'interno ci sono 160 moduli abitativi di 24 e 32 metri quadri. Ma non c'è nessuno spazio ricreativo per bambini, con un regolamento che verrà fatto sottoscrivere ai futuri abitanti, in cui viene menzionato anche l'orario di entrata ed uscita dal villaggio. L'associazione 21 luglio, da sempre affiancata dall'Errc (European roma rights centre) lo definiscono un «vero e proprio “ghetto”», ricordando che fu chiesto a sindaco e prefetto - in una lettera del 29 maggio - di fare un passo indietro. 
«Ci hanno detto che questo campo serve per creare integrazione - racconta un ragazzo Rom di fronte all'inferriata che lo separa dal vecchio insediamento - ma a me sembra che vogliano solo costringerci in un piccolo spazio, sorvegliati e con orari da galera che vanno rispettati».

Un aereo sorvola il campo allo scalo di Ciampino (Altimari)

I VOLONTARI: «E' ANTIZIGANISMO» - L'associazione 21 luglio, insieme ad altre cinque organizzazioni di volontari, dopo l'inaugurazione de La Barbuta, ha scritto una lettera aperta e indirizzata alle realtà sociali che lavorano dentro i campi nomadi intorno alla Capitale, chiedendo l'«obiezione di coscienza». «Concordiamo con molti operatori - recita la lettera - nel definire ogni "villaggio attrezzato" della Capitale, e quindi anche l'ultimo, quello costruito a La Barbuta, un ghetto concepito dall'antiziganismo dei nostri giorni, l'ennesimo prodotto di un pregiudizio etnico, il risultato della istituzionalizzazione della segregazione e della discriminazione che si consuma nella nostra città». Con queste motivazioni, gli operatori hanno deciso di «auto sospendersi» dal lavoro svolto finora all'interno di tutti gli insediamenti.

Sandro Medici

X MUNICIPIO: LA POSIZIONE DI MEDICI - Da sempre a sostegno del progetto de La Barbuta, il presidente del X municipio di Roma, ora che il campo è in fase di assegnazione, esprime delle forti preoccupazioni. «Con il prefetto Pecoraro avevo raggiunto un accordo ben definito sulla destinazione di questo campo - spiega Medici - il fatto che la gestione sia passata al Comune di Roma mi crea forte preoccupazione, soprattutto se penso alla determinazione con cui si cerca di trasferire proprio qui gli abitanti del campo di Tor de Cenci».

Un campo rom abusivo ai margini di La Barbuta

LA RIVOLTA DI TOR DE CENCI - E proprio gli abitanti del campo sulla via Pontina - che mercoledì 20 giugno hanno ricevuto la visita del ministro per l'Integrazione Andrea Riccardi - rifiutano di traslocare a La barbuta perché - dicono - il loro arrivo sarebbe accolto da una guerra: «Siamo bosniaci e le altre etnie sono pronte a scatenare una faida se andremo a vivere laggiù». 
La scelta dell'amministrazione capitolina, secondo Medici, punta a «risanare una promessa elettorale fatta a suo tempo», ma è una decisione che influirà «negativamente sugli equilibri del campo». Pensiero che trova credito anche tra i Rom de La Barbuta e gli amministratori di Ciampino.

Una videocamera di sorveglianza sulle case di La Barbuta

IL TAR DA RAGIONE A CIAMPINO - Intanto il Tar del Lazio ha dato ragione al sindaco di Ciampino, Simone Lupi, garantendogli voce in capitolo nel confronto con Alemanno e il prefetto di Roma. Lupi ribadisce all'ex commissario straordinario per l'emergenza nomadi, che il Tar sancisce per i Comuni interessati il diritto di accesso agli atti, da sempre negato da parte del ministero dell'Interno. 
«Mi rendo conto che ormai probabilmente è tardi, ma se salta fuori un solo tassello posto male per la costruzione di questo campo, non mi tirerò indietro - spiega Lupi - il Tar ci ha dato ragione, avremmo dovuto partecipare al tavolo decisionale che ha predisposto La Barbuta, proprio in virtù del fatto che, malgrado sia territorio di Roma, influisce sulla città di Ciampino».

Veronica Altimari 21 giugno 2012 | 8:24

Riccardi al campo di Tor de' Cenci gli abitanti rischiano il trasferimento Il ministro per la cooperazione e l'integrazione ha visitato il campo rom alla periferia sud della città. "Ci sono problemi ma c'è integrazione con il territorio"



"In questo campo ci sono problematicità ma anche cose positive, e cioè una discreta integrazione dei rom all'interno del territorio" lo ha detto il ministro per la Cooperazione e l'Integrazione, Andrea Riccardi, visitando questa sera il campo rom di Tor de' Cenci, alla periferia sud di Roma.

Nella giornata mondiale del rifugiato Riccardi, accompagnato dal presidente di Caritas Roma, monsignor Enrico Feroci, ha visitato l'insediamento dopo la sollecitazione di alcune associazioni ed educatori, che nei giorni scorsi avevano inviato una lettera a lui, al ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri e a quello dell'Istruzione Francesco Profumo. Nella lettera, si racconta la situazione dei residenti nel campo, circa 400 persone di cui oltre 200 minori, che vivono da qualche anno "l'incubo" di essere trasferiti in un altro insediamento, lontano dalla città, "rompendo la faticosa integrazione che si era riusciti a creare in questi anni".

Incubo, sottolineano le associazioni, che sembra si debba materializzare nei prossimi giorni. Il campo rom di Tor dè Cenci è stato al centro di polemiche l'anno scorso, dopo la morte di un bambino a causa di un filo elettrico scoperto; in seguito a questo tragico incidente, il sindaco Alemanno aveva deciso il trasferimento dei rom altrove.
"Non sono il sindaco di Roma, non posso decidere, sono solo venuto per vedere e rendermi conto" ha spiegato Riccardi, che ha ricordato il piano nazionale sui rom approvato poco tempo fa dal Consiglio dei ministri.

Il ministro Riccardi visita Tor de Cenci I volontari: questo campo rom va salvato Il titolare dell'Integrazione nell'insediamento sulla Pontina: alla vigilia di un osteggiato trasferimento dei bosniaci. «A La Barbuta ci farebbero la guerra»

ROMA - Arriva all'attenzione del Governo il caso del campo nomadi di Tor de Cenci. Nel giorno in cui nel nuovo campo de La Barbuta iniziano i nuovi trasferimenti e mentre i nomadi del vecchio campo sulla Pontina ribadiscono il no a futuri traslochi, il ministro per la cooperazione internazionale e per l'integrazione, Andrea Riccardi, ha visitato mercoledì pomeriggio il campo nomadi a ridosso della Pontina. Il ministro è stato il primo rappresentante dell'esecutivo a raccogliere l'invito fatto dalle associazioni di volontari che si occupano della scolarizzazione dei minori del campo. «Non sono il sindaco, non posso decidere - ha detto Riccardi - non posso assumermi responsabilità che non sono le mie. Qui ci sono vari problemi da risolvere ma c'è anche un buon livello di integrazione e questa è una ricchezza».

La visita del ministro Andrea Riccardi a Tor de' Cenci (Proto)

LA LETTERA DEI VOLONTARI - Riccardi ha aggiunto di essere venuto in visita perché pochi giorni fa una serie di associazioni e onlus - fra cui Arci Solidarietà e Agesci - avevano inviato una lettera aperta a lui e ai ministri dell'Interno e dell'Istruzione, spiegando i disagi a cui potrebbero andare incontro i ragazzi se il campo dovesse chiudere. Fra i firmatari dell'appello figura anche la Comunità di Sant'Egidio, fondata nel 1968 proprio da Riccardi. Con il ministro, al campo è giunto anche monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas di Roma, il quale ha affermato di aver parlato con il sindaco Alemanno una ventina di giorni fa chiedendogli di tenere il campo aperto e di ripulirlo: «Mi ha detto che prenderà in considerazione questa richiesta e che mi farà sapere».

DUE ANNI DI ABBANDONO - Nei piani del Campidoglio, il campo nomadi di Tor de Cenci - un fazzoletto di terra a ridosso della Pontina in cui vivono più di 400 persone, in maggioranza bosniache - doveva chiudere già due anni fa. Ora invece è tornato al centro di un braccio di ferro tra istituzioni, residenti e associazioni. Con una lettera aperta, Arci, Comunità di Sant'Egidio e Agesci hanno chiesto ai tre ministri di intervenire «per non mandare a monte il lavoro fatto negli anni per scolarizzare i circa 200 minori che vivono nel campo».

Bambini rom a Tor de Cenci

«BISOGNA TUTELARE I BAMBINI» - «Oggi si prospetta un trasferimento in un altro quadrante di Roma - si legge nella lettera - che andrebbe a rompere la faticosa integrazione creata negli anni. Tutti i bambini e gli adolescenti frequentano la scuola e parte dei ragazzi dai 14 ai 18 anni le superiori. Il loro trasferimento sarebbe molto dannoso ai fini della scolarizzazione». 
Nel campo ormai si respira l'aria di fine scuola. In tanti hanno chiuso l'anno con una promozione. C'è chi sta facendo gli esami di terza media e chi quelli delle superiori. Qualcuno studierà anche quest'estate ma tutti vivono con l'incognita del prossimo anno scolastico.

Spazzatura nel campo nomadi (Proto)

UN'ORA E 30' PER ANDARE A SCUOLA - «Ci hanno garantito che se questa comunità sarà spostata - spiega Paolo Perrini, da anni punto di riferimento del progetto di scolarizzazione dell'Arci - I minori potranno continuare a frequentare le scuole vicine a Tor de Cenci. Ma questo creerebbe gravi disagi, innanzitutto negli spostamenti, con viaggi di almeno un'ora e mezza per raggiungere i vari istituti. Inoltre si strapperebbero i ragazzi dal tessuto sociale in cui sono nati e cresciuti».

Federica Mancinelli, della Comunità di Sant'Egidio

LA STORIA DELL'INSEDIAMENTO - La maggior parte degli abitanti di Tor de Cenci non vuole abbandonare questo campo. Molti di loro sono arrivati qui nel 1995. Nel 2000 il villaggio fu inaugurato ufficialmente e vennero realizzate fognature, rete elettrica e idrica. A ogni nucleo familiare fu assegnato un modulo abitativo. «Il campo fino al 2004 era in ottime condizioni - ricorda Federica Mancinelli, della Scuola della Pace della Comunità di Sant'Egidio -. Una volta c'erano un presidio sanitario permanente, il controllo dei vigili urbani e anche un servizio di ludoteca. Negli anni, però, è stato progressivamente abbandonato dalle istituzioni». 
Quello che era un villaggio attrezzato e funzionale, «costruito dal Campidoglio su un terreno del Comune di Roma, raggiungibile con tanto di indicazioni stradali - ricorda Perrini - è diventato un campo tollerato da chiudere».

I rom del campo di Tor de' Cenci

CHIUSURA E TRASFERIMENTO - Come confermato dalla lettera inviata il 1° aprile 2010 ai residenti dei quartieri limitrofi dal vicesindaco Sveva Belviso, «il piano nomadi del Comune di Roma prosegue con la chiusura del campo rom di Tor de Cenci, come da impegni assunti dalla giunta Alemanno.[…] Attraverso questo processo potremo dare soluzione, in termini di legalità e di inclusione sociale, ai problemi causati dalla presenza sul territorio dei campi nomadi non autorizzati». 
«Sappiamo che il trasferimento di questa comunità a La Barbuta costerebbe al Comune circa 1 milione di euro - spiega Perrini -. Ma per rendere Tor de' Cenci pienamente vivibile ne basterebbero 500 mila, visto che i servizi idrici ed elettrici già ci sono e dovrebbero essere solo sostituiti gli alloggi».

Il ministro Andrea Riccardi ascolta una nomade (Proto)

«NON VOGLIAMO UNA GUERRA» - Tra le ragioni di chi non vuole abbandonare questo luogo non c'è solo il problema della frequenza scolastica o dell'integrazione. La maggioranza degli abitanti di Tor de' Cenci ha paura del possibile confitto che potrebbe scatenarsi con gli altri nomadi che verranno trasferiti a La Barbuta. «Da pochi anni siamo fuggiti da una guerra nei nostri paesi di origine - racconta Mario - non abbiamo nessuna intenzione di farne un'altra. Piuttosto preferisco dormire in un furgoncino qui vicino». «Quel campo è una prima linea di guerra - dice esasperato Fuad - non ci possono trattare come palloni da calcio e farci rotolare da un posto all'altro».

AL CENTRO DI UNA FUTURA FAIDA - «Qui mi conoscono tutti - confessa Serbo - lì non saprei come integrarmi. Chi ci garantisce che se venissimo spostati non saremmo al centro di una nuova faida?». «Io non voglio lasciare questo campo - spiega Romina, diventata cittadina italiana da un anno e mezzo - Qui ho fatto tutte le scuole e qui voglio crescere la mia bambina». «Non vogliamo andare a La Barbuta perché saremmo in troppi e quel posto potrebbe trasformarsi in una polveriera. Se ci lasciano in pace nel nostro campo inviteremo il sindaco Alemanno e suoneremo per lui tutta la notte», sorride Asco.

Sofia Capone e Giuseppe Cucinotta 20 giugno 2012 (modifica il 21 giugno 2012)

In città: Tor de' Cenci, Riccardi visita il campo nomadi L'incontro del ministro dell'Integrazione, accompagnato da monsignor Feroci, direttore della Caritas, con i residenti dell'area. La lettera delle associazioni che lavorano con i rom della zona di Nicolò Maria Iannello



Una visita che ha creato grande entusiasmo tra gli abitanti del campo nomadi di Tor de' Cenci, quella che ieri, il ministro della Cooperazione e dell'Integrazione, Andrea Riccardi, accompagnato da monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas diocesana, ha voluto fare agli abitanti della struttura comunale a sud della Capitale, che rischiano di essere trasferiti nell'area attrezzata La Barbuta, nei pressi di Ciampino. 

Una visita per rispondere a una lettera inviata dalle associazioni che lavorano con i rom del campo al ministro dell'integrazione, dell'istruzione e degli interni, per descriverne le condizioni di degrado e lanciare l'allarme sul «trasferimento dei residenti in un altro villaggio, lontano dalla città». Un trasferimento di cui «abbiamo sentito dire che gli abitanti del villaggio “sarebbero consapevoli e consenzienti”, ma non è ciò che hanno detto a noi la maggioranza delle persone», spiegano nella lettera le associazioni. 

A raccontare la realtà del campo, dove abitano 400 persone, tra cui 200 bambini, è una delle firmatarie, Federica Mancinelli, responsabile della Scuola della Pace di Spinaceto - Tor de' Cenci della Comunità di Sant'Egidio, il doposcuola che da anni si svolge nel quartiere e accoglie bambini italiani e rom: «I residenti del campo vivono una situazione di instabilità da diversi anni, in seguito al progressivo abbandono da parte delle istituzioni». Eppure, nonostante «l'area di proprietà comunale, indicata anche nella segnaletica stradale, adesso sia considerata una realtà “tollerata”, cioè un insediamento spontaneo», nel tempo intorno agli abitanti «si è creata una rete fatta da associazioni, abitanti del quartiere e insegnanti». Con loro «si è creata un'amicizia - continua Mancinelli - e tra i bambini rom e quelli italiani che vengono alla Scuola della Pace c'è un legame forte».

In merito al trasferimento, «un incubo che sembra si debba materializzare nei prossimi giorni e che sarebbe molto dannoso ai fini della scolarizzazione dei bambini e dei ragazzi» è chiara la proposta delle associazioni, soprattutto a fronte delle spese che richiederebbe lo sgombero: «Se il campo non chiudesse si potrebbe evitare lo sperpero di denaro pubblico e lo sradicamento della popolazione dai rapporti instaurati con il territorio».

Ma sono gli stessi abitanti a dire di non volere andare via da Tor de' Cenci. Come Ismett, 37 anni, residente nel'area sin da quando è stata inaugurata nel 2000: «I miei bambini sono cresciuti qui e io lavoro qui». Ed è qui che «ci troviamo bene ma vorremmo che non ci lasciassero soli, che venissero a pulire per fare crescere i nostri figli in un ambiente sano». Anche per Giuliano, 39 anni, padre di 5 figli, il trasferimento non è una soluzione. «E il motivo è semplice perché noi siamo integrati qui a Spinaceto». Ma se proprio «ci devono mandare via, a noi cosa cambia spostarci da un container all'altro? Sarebbe meglio avere una casa». E anche lui, come Ismett, chiede «un ambiente pulito, nuovi container, e la sistemazione delle fogne».

E al ministro i residenti hanno raccontato le paure legate al trasferimento, come i possibili conflitti che potrebbero insorgere con gli abitanti de La Barbuta o i problemi legati all'integrazione e all'inserimento dei bambini nelle scuole, visto che, affermano alcuni di loro, «noi ormai siamo abituati a stare qui». Con loro il ministro ha passato circa un'ora, ascoltando le loro storie e parlando con i bambini e con i ragazzi. 

A margine della visita, oltre a ringraziare gli abitanti del campo per l'accoglienza e l'ospitalità, Riccardi ha detto di essere rimasto molto colpito «dal vedere tanta gente e tanti insegnanti presenti». Poi il ministro ha anche aggiunto che «in questo campo ci sono diverse problematicità ma anche cose positive e cioè un buon livello di integrazione e che questa è una ricchezza». A fargli eco monsignor Enrico Feroci, che ha affermato di avere parlato con il sindaco Gianni Alemanno, una ventina di giorni fa, «per chiedergli di tenere il campo aperto e di ripulirlo». La sua risposta, ha concluso il direttore della Caritas, è stata che «prenderà in considerazione questa richiesta e che mi farà sapere».

21 giugno 2012

Italian Minister Riccardi visits the camp of Roma Tor de Cenci Foto di probabilmente Stefano Montesi. Articolo in inglese, errori e imprecisioni.

Video dal Corriere della Sera

 
Di Fabrizio (del 18/02/2010 @ 08:55:49 in Italia, visitato 1673 volte)

Ricevo da Davide Zaccheo

Stamattina verso le 11.00 un gruppo di rom di Tor de Cenci è stato invitato dall'Assessora alle Politiche Sociali Sveva Belviso a una riunione riguardante il prossimo spostamento che riguarderebbe proprio il campo di Tor de Cenci. Alla riunione erano stati invitati solo i tre portavoce delle tre comunità del campo, ma vista la tensione creatasi al in questi mesi riguardo lo sgombero, si sono presentati all'invito almeno in venti, ognuno a fare da portavoce delle diverse famiglie allargate, ognuna con un propria idea. La telefonata dell'assessora è avvenuta esattamente il giorno dopo la mobilitazione dei rom di Tor de Cenci che insieme a tutte le associazioni che operano al campo, insieme al Comitato di Quartiere, agli scout, alla presenza di associazioni internazionali per la Difesa dei Diritti Umani come Amnesty International e European Roma Right Center, di politici e di liberi cittadini provenienti non solo da Spinaceto ma da tutta la città, hanno detto chiaramente che vogliono rimanere in quel campo rifiutando qualsiasi deportazione in un campo già affollato (Castel Romano). A registrare questa manifestazione testate giornalistiche radiotelevisive e carta stampata.

Ed è proprio dalla carta stampata che abbiamo capito il giorno dopo che la mobilitazione qualche suo effetto ce lo aveva avuto. L'Assessora come si dice: “ha alzato il tiro”. Su un intervista rilasciata dalla stessa, alla fine dell'articolo dichiarava che Tor de Cenci è il campo rom con il più alto tasso di criminalità di Roma con traffico di armi e spaccio di droga. Ora, o la Belviso ci mostra qualche denuncia per traffico di armi, oppure ci dice da dove e come ha ricevuto certe informazioni. Al campo è possibile che ci siano degli spacciatori, ma la stragrande maggioranza degli abitanti del campo sono anni che aspetta che arrivi qualcuno e li arresti. Sappiamo tutti che il problema del traffico di droga non è solo del campo ma dell'intero quartiere di Tor de Cenci, e se si analizzasse il Tevere, il tasso di sostanze stupefacenti sarebbe sbalorditivo, e se poi si facesse una capatina a Montecitorio……….

L’incontro è stato aperto dall’Assessora cercando di convincere i rom della “bontà” delle sue decisioni a fronte del “buon” esito del trasferimento di Casilino, subito contestato dai rom presenti che hanno accolto un’anziana montenegrina che non aveva trovato posti adeguati e dalle lamentele dei “trasferiti” a Candoni che attendevano il lavoro promesso, e dei parenti macedoni che stazionano al Cara in attesa della promessa destinazione alla “Barbuta”, e il sovraffollamento indecente di Salone. Alla decisa e ferma posizione di tutti i rom presenti Assessora e entourage, Di Maggio, Scozzafava, Lattarulo, rappres. Prefetto, con in più Najo di casilino che verbalizzava (?) , hanno chiesto 2 giorni di riflessione prima di accettare la lettera dei rom firmata da tutti gli abitanti del campo che chiede la rimessa in sicurezza del campo di tor de cenci, conveniente anche economicamente, e il ripristino della legalità allontanando le persone arrestate per spaccio, e non per andare a Castel Romano.

Ritornati a casa i capifamiglia hanno riportato in assemblea gli esiti, avendo la netta impressione che se si rimane uniti e compatti, resistendo anche a velate offerte stile piatto di lenticchie, per pochi , d’ora in poi alla trattative ci si và in 12, per sicurezza anticoncussione, e che pure un avvocato poteva aiutare.

Ma la cosa più sconcertante sono le dichiarazioni dell' Assessora apparse oggi sul quotidiano Il Tempo. La Belviso sospetta che la protesta del 15 sia stata aizzata e pilotata dalle cooperative che temono di perdere la sopravvivenza con lo sgombero del campo. Con questa dichiarazione la Belviso è convinta che i Rom siano persone talmente stupide da poter essere strumentalizzate e soprattutto aizzate da associazioni e cooperative che non hanno nessun interesse se non quello etico e umanitario. I rom, se uniti, hanno forti capacità di decisione, soprattutto se la decisione riguarda la loro vita e quella dei loro figli. La manifestazione del 15 ne è stata la prova. Inoltre, l'Assessora è convinta che i rom siano doppiamente stupidi da poter accettare un trasferimento in cambio promesse di lavoro (come è stato fatto a Casilino) e fondi stanziati in favore di due o tre cooperative rom. Un trasferimento in un altra area dove vivono già centinaia di rom, dove non c'è acqua potabile, e soprattutto circondata da prati e boschi dove tutto si può fare tranne inclusione sociale.

Comunque a breve ci sarà un seminario transnazionale che si svolge sempre a Roma il 25 e 26 febbraio "Structural Funds: Investing in Roma inclusion at the local and regional level" promosso dalla Commissione Europea, che illustra il modo migliore con cui possono essere utilizzati i Fondi Strutturali per promuovere l'inclusione sociale: ci pensi bene!!!

A questi due eventi saremo felici di partecipare insieme ai rom di Tor de Cenci o almeno a quelli che vorranno venire.

Davide e Paolo Operatori Arci solidarietà Onlus

 

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