Di Fabrizio (del 17/07/2006 @ 22:50:55 in Regole, visitato 1693 volte)
Un'ulteriore puntata dei cittadini cancellati dalla Slovenia
Qualche mese fa a Velimir Dabeti, 37 anni, è stato scoperto col permesso di soggiorno scaduto. Come prevede la legge, gli è stato impartito l'ordine di lasciare il paese. Non ha obbedito ed è stato arrestato. Routine giudiziaria dell'Italia della Bossi-Fini. Solo che Velimir non ha avuto difficoltà ad ottenere l'assoluzione. Per un motivo banalissimo: ha dimostrato che, se uscisse dall'Italia, non saprebbe dove andare. E' un fantasma anagrafico. Precisamente, in lingua slovena, un "izbrisano". Un "cancellato"....
Di Fabrizio (del 15/12/2006 @ 22:24:54 in Europa, visitato 1896 volte)
14 dicembre 2006, a Milano tornano gli sgomberi dei Rom, dopo un periodo di relativa calma pre e post elettorale. Dal sito Amisnet, l'mp3 con l'intervista a Maurizio Pagani, vice-presidente di Opera Nomadi Milano. Nell'home page, si parla anche della situazione in Slovenia e dell'iniziativa a ricordo di Carlo Cuomo, sulla partecipazione di Rom e Sinti alla Resistenza. Grazie a Marzia Coronati per la segnalazione.
Di Fabrizio (del 11/01/2008 @ 21:06:04 in Europa, visitato 2255 volte)
Una lunga segnalazione di Marco Brazzoduro
di Alessio Marchetti
Il collasso del comunismo ha lasciato nei paesi dell’ex blocco sovietico una
serie di tensioni etniche e sociali che la nuova Europa allargata ad est si
trova ora a dover affrontare. L’ingresso dei dieci nuovi paesi nell’Unione
Europea, ha portato con sé, di riflesso, anche un undicesimo silenzioso paese
che nazione non è, senza confini né governo, senza bandiera né inno nazionale:
quello dei Rom.
La questione della minoranza etnica della popolazione Rom, infatti, una volta
isolata nell’est europeo e quasi completamente sconosciuta in occidente, dallo
scorso primo maggio è diventato un problema dell’intero continente. Gli zingari,
come volgarmente vengono chiamati anche se loro preferiscono il nominativo di
Rom, contano, nell’Europa centro - orientale, qualcosa come 6 milioni di
individui su un totale calcolato intorno agli 8-9 milioni di presenza
complessiva su tutto il Vecchio Continente (il censo della popolazione nomade è,
per evidenti motivi, non di semplice determinazione).
Alla vigilia del primo maggio 2004, data dell’allargamento dell’Europa a 25, la
minaccia di una migrazione di massa dei Rom verso quei paesi occidentali, Gran
Bretagna e Irlanda in testa, che avevano promesso l’apertura immediata delle
frontiere ai lavoratori dei nuovi paesi, ha messo in movimento un tam tam di
notizie allarmistiche sulla stampa britannica, la quale, riferiva di orde di
zingari provenienti dall’est Europa che a decine di migliaia, se non addirittura
a milioni (Daily Express) erano pronte a invadere il Regno Unito.
La notizia della clamorosa iniziativa “minacciata” dai Rom, che ha naturalmente
spaventato molti governi e opinioni pubbliche europee e che si è rivelata
infondata, voleva provocatoriamente denunciare la situazione di estrema
difficoltà economica e sociale che questa minoranza vive nei paesi
centro-orientali.
Malgrado la questione in occidente sia quasi del tutto sconosciuta, già da tempo
la Commissione Europea lavora per ottenere dai governi locali rassicurazioni su
una soluzione del problema, tanto da averlo posto a suo tempo come una delle
discriminanti per l’ingresso di Polonia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca,
Slovenia e Ungheria nell’UE. Anche Bulgaria e Romania, paesi di prossimo accesso
nei cui territori è concentrata una presenza di oltre due milioni e mezzo di
nomadi, dovranno affrontare lo stesso esame molto presto.
Un recente rapporto delle Nazioni unite, infatti, ha descritto le condizioni di
vita dei Rom del centro-est Europa come “più vicine a quelle delle popolazioni
dell’Africa Sub-Sahariana che non a quelle degli standard europei”, a causa
della miseria in cui vivono, caratterizzata dal basso tasso di scolarità e
dall’altissima disoccupazione. Sempre secondo questo studio, inoltre, almeno un
nomade ogni sei è in costante stato di fame, mentre il 40% vive in abitazioni
senza acqua corrente e servizi igienici.
Quale sia l’esatta origine storico-geografica dei Rom è ancora in discussione,
ma sembra che il loro arrivo in Europa, provenienti dalle lontane regioni
dell’India attraverso la Persia, possa essere fatto risalire attorno al VII-X
secolo. Arrivati dalla lontana India in Europa nel lontano XIV secolo (secondo
altre fonti anche prima), non cristiani, scuri di carnagione, senza terra ne
nazione, fortemente indipendenti e orgogliosi della propria cultura, senza mai
una vera volontà di integrazione, nella loro forte idea di mantenere una
distanza tra rom e “gadjé” (non rom), si scontrarono subito con il pregiudizio
di una cultura europea troppo diversa dalla loro.
Gli zingari tedeschi chiamano se stessi Sinti. La maggior parte di essi si
stabilì nell’Europa centro-orientale, mentre altri proseguirono il loro viaggio
verso la Germania, la Francia, l’Italia e soprattutto la Spagna. I Rom non hanno
mai tentato di costruire un loro proprio Stato, preferendo vivere sempre nelle
zone di frontiera, orgogliosamente a difesa della loro specificità culturale e
sociale, ottenendo però come risultato l’emarginazione e la discriminazione
della maggioranza. Fin dal loro primo arrivo in Europa i nomadi sono stati
percepiti dagli Stati come un problema da risolvere, attraverso l’assimilazione,
il contenimento, l’esclusione o l’espulsione. Dai secoli di schiavitù in Romania
tra il XV e il XIX secolo alla strage di oltre mezzo milione di Rom nei campi di
concentramento nazisti durante la seconda guerra mondiale, la loro storia
nell’est europeo è caratterizzata da repressione e discriminazione. In Germania,
come un po’ in tutta l’Europa centro-orientale, le persecuzioni iniziano ben
prima del periodo nazista: già nel 1721 l’imperatore Carlo IV ordinò lo
sterminio dei rom, con una legge che depenalizzava l’assassinio di uno zingaro.
Nel XIX secolo “studiosi” tedeschi definivano zingari ed ebrei come razza
inferiore e “escremento dell’umanità”. Una ricerca sulla popolazione nomade in
Germania del 1905 condotta dallo studioso tedesco Alfred Dillmann stabiliva che
i rom erano una “piaga” e una “minaccia” e che la Germania doveva difendersi da
essa, evitando una possibile e pericolosa commistione tra le due razze.
La grande differenza tra i Rom dell’Europa centro–orientale e quelli occidentali
consiste nello stile di vita ormai quasi definitivamente sedentario dei primi.
La politica di integrazione iniziata da Maria Teresa d’Asburgo alla fine del
XVIII secolo, volta a eliminare il nomadismo e a incoraggiare la sedentarietà, è
stato solo il primo passo verso l’assimilazione completa a cui sono giunti i
regimi comunisti circa due secoli più tardi.
Quella dei rom, comunemente chiamati zingari, è stata l’unica altra popolazione,
insieme agli ebrei, ad essere obbiettivo di uno sterminio su basi razziali
programmato nella logica della “Soluzione Finale” del Nazismo. La storia
dell’olocausto rom, “Porrajmos” secondo la lingua zingara, è forse una delle
pagine della seconda guerra mondiale meno conosciute ed analizzate.
Su una popolazione che, secondo il censo molto approssimativo del 1939 del
partito nazista, contava circa 2 milioni di individui, sparsi in 11 paesi
d’Europa, ne furono sterminati almeno 500 mila.
La particolarità della cultura rom rende le cifre molto imprecise: si tratta di
una popolazione nomade, largamente analfabeta, conservatrice di una tradizione
orale trasmessa da padre a figlio. Da qui la mancanza di fonti scritte dirette,
di testimonianze difficilmente reperibili. C’è anche da aggiungere che il
Porrajmos fu organizzato in maniera molto meno organizzata e meticolosa rispetto
all’olocausto ebraico, per cui anche da parte nazista non abbiamo quel gran
numero di fonti, documenti e informazioni che invece ci hanno permesso di
ricostruire la tragedia ebrea.
Il fatto che i rom siano degli stranieri, comunque e ovunque, che fossero alieni
ed estranei in qualsiasi luogo si muovano, ha permesso la forte crescita del
pregiudizio nei loro confronti, che è duro a morire anche nei nostri giorni.
Durante gli anni ’20, in piena e democratica Repubblica di Weimar, ai rom era
già proibito di entrare nei parchi e di usare i bagni pubblici. Una
pubblicazione di quegli anni di Karl Binding e Alfred Hoche riprendeva una
definizione coniata 60 anni prima da Richard Liebich che definiva i rom “non
meritevoli di vivere” e classificati sotto la categoria dei “malati mentali
incurabili”. La stesa frase comparve in una legge ad hoc emanata dal partito
nazista qualche anno più tardi. Dunque tutto inizia prima delle leggi di
Norimberga per la difesa della razza del 1935, che va a colpire,
specificatamente, ebrei, neri e rom.
Tutti noi sappiamo della notte dei cristalli che segnò simbolicamente la
persecuzione degli ebrei. Ma nello steso anno, 1938, esattamente nella settimana
tra il 12 e il 18 giugno un altro evento segnò l’inizio della fine: la
cosiddetta settimana della pulizia zingara.
Nel gennaio 1940 ha luogo il primo genocidio di massa con l’uccisione di 250
bambini, che vennero utilizzati come cavie nel campo di concentramento di
Buchenwald per testare il tristemente famoso Zyklon – B, il materiale usato
nelle camere a gas. Himmler fu convinto dell’idea di risparmiare la vita ad
alcuni di loro per poterli utilizzare come strumento per studiare la genetica di
questi “nemici dello Stato”, ma alla fine il regime respinde l’idea.
L’8 dicembre 1938, il primo riferimento alla “Soluzione finale alla questione
zingara” apparve in un documento firmato dallo stesso Himmler. E’ ancora Himmler
, il 16 dicembre 1940, a ordinare la deportazione di tutti gli zingari d’Europa
ad Auschwitz-Birkenau. Qui tra l’1 e il 2 agosto 1944, nella notte degli
zingari, furono gasati 2897 tra uomini, donne, vecchi e bambini in una sola
azione. I forni crematori impiegarono giorni a smaltire la moltitudine di
cadaveri.
Molto spesso, specialmente nelle terre orientali ed in Polonia, i rom non
venivano portati nei lager ma uccisi sul luogo. Dopo aver fatto scavare le fosse
con le loro mani li allineavano sul bordo per l’esecuzione. Operazione questa
non semplice, secondo un rapporto delle SS. Uccidere un ebreo era, infatti,
molto più facile, in quanto rimaneva dritto e stabile, mentre “gli zingari
piangono, si lamentano, si muovono costantemente, anche quando sono già in linea
per l’esecuzione. Alcuni di essi saltano addirittura nella fossa prima che venga
sparato il colpo, facendo finta di essere morti”.
Era lo stesso Adolf Eichmann ad organizzare la logistica delle spedizioni ai
campi, come descritto in un suo telegramma diretto alla direzione della Gestapo,
in cui parla di vite umane come di merce da trasporto: “Riguardo al trasporto
degli zingari bisogna sapere che venerdì 20 ottobre 1939, il primo carico di
ebrei lascerà Vienna. A questo carico devono essere attaccati 3-4 vagoni di
zingari. Treni successivi partiranno da Vienna, Mahrisch-Ostrau e Katovice. Il
metodo più semplice è attaccare alcuni vagoni di zingari a ogni carico. Perché
questi carichi devono seguire un programma, per cui ci si aspetta una rapida
esecuzione del problema”.
Sui rom vennero eseguiti esperimenti di ogni sorta: a Sachsenhausen si cercò di
provare che il loro sangue era diverso da quello tedesco; le donne vennero
inizialmente sterilizzate in quanto “non meritevoli di riproduzione umana” per
poi essere uccise. La legge sulla cittadinanza tedesca emanata nel 1943 non
menziona neanche la popolazione rom. D’altronde perché nominare un’etnia che da
lì a breve sarebbe dovuta scomparire dalla faccia della terra?
Nel resto d’Europa il destino dei rom variò a seconda del paese.
Il regime collaborazionista francese di Vichy internò 30.000 rom, molto dei
quali finirono nei campi di Dachau, Ravensbruck e altri. Gli ustascia croati ne
uccisero circa 26.000, molte migliaia furono uccisi dai serbi, altri furono
deportati dagli ungheresi, dei 6.000 zingari cecoslovacchi ne sopravvisse solo
un decimo.
In Italia, inizialmente, le leggi razziali del 1938 dimenticarono gli zingari,
ma ben presto una circolare del Ministero dell’Interno del 11 settembre 1940
rimediò alla dimenticanza decretando l’internamento dei rom italiani e,
successivamente, anche di quelli stranieri.
I nomi di questi campi ci sono assolutamente poco familiari: Pedasdefogu in
Sardegna, Monopoli Sabina, Tossica, vicino Teramo, Pieve (Viterbo), Isole
Tremiti e Collefiorito. E’ vero che pochi degli internati italiani furono
deportati nei campi di sterminio. La precedenza veniva, infatti, concessa agli
ebrei. Dopo la guerra la discriminazione contro i Sinti in Germania e i rom nel
resto d’Europa continuò.
Nella Germania Occidentale, fino agli anni ’60, i tribunali acconsentirono a
risarcire e a riconoscere gli zingari come vittime della follia nazista solo per
i fatti che avvennero dopo il 1943. Nessuno fu chiamato a testimoniare per conto
delle vittime rom al Processo di Norimberga e nessuna riparazione di guerra è
mai stata pagata ai rom come popolazione. Perfino gli Stati Uniti, sempre così
attenti alle vittime dell’Olocausto, non hanno fatto nulla per assistere i rom
durante e dopo gli anni dello sterminio. Solo il 10% delle centinaia di milioni
di dollari, per i quali il Governo americano era stato dichiarato responsabile
della distribuzione, resi disponibili dall’ONU per i sopravvissuti, è stato dato
ai non-ebrei, e nessuna parte di quel fondo è finita ai sopravvissuti rom.
Alla fine della seconda guerra mondiale, conclusasi con un bilancio di oltre
mezzo milione di Rom trucidati nei campi di sterminio nazisti, la parola
d’ordine nei nuovi Stati socialisti era, infatti, proprio “assimilazione”. La
ricerca dell’uguaglianza e l’eliminazione di ogni differenza etnica e sociale
condusse i regimi comunisti di Polonia, Cecoslovacchia, Bulgaria, Ungheria e
Romania a ricercare un programma di urbanizzazione forzata e di occupazione
lavorativa a largo raggio. Le abitazioni ambulanti dei Rom furono bandite tanto
che in alcuni casi compito della polizia era addirittura quello di rimuovere le
ruote dalle roulottes. In Cecoslovacchia la legge del 1958 sulla “sistemazione
permanente della popolazione nomade e seminomade” li costrinse a stabilirsi
negli agglomerati urbani dei giganteschi quartieri dormitorio delle periferie
cittadine. Molti di essi vennero trasferiti a forza dalla Slovacchia orientale
alla Boemia occidentale per rimpiazzare i Sudeti, i cittadini di origine tedesca
cacciati dopo la seconda guerra mondiale. Tra gli anni ‘70 e ’80 in Bulgaria il
governo abolì la speciale identità culturale Rom costringendoli a bulgarizzare
il nome e proibendo l’uso della lingua; in Romania, negli anni ’80, Ceausescu
condusse una violenta campagna per l’urbanizzazione che vide la costruzione dal
nulla di interi nuovi villaggi.
Nel complesso si può affermare che, per certi versi, durante il periodo
comunista la situazione dei Rom era in qualche modo migliorata, se non altro per
le aumentate opportunità di accesso allo studio e al lavoro. I bambini erano
obbligati a frequentare le scuole cosi come a ricevere le vaccinazioni, gli
adulti avevano un lavoro e non si veniva picchiati per strada dalla violenza
xenofoba degli skin-heads. Allo stesso tempo però l’assimilazione forzata portò
alla nascita di tensioni sociali e razziali nella popolazione maggioritaria
locale destinate destinata ad esplodere non appena la coperta di bugie dei
regimi fosse stata tolta.
La violenza e la discriminazione razzista nei confronti dei Rom è documentata
fin dal 1990 un po’ in tutta l’Europa centro–orientale. L’improvvisa insicurezza
sociale ed economica in cui le fasce deboli delle nuove democrazie dell’est si
sono venute a trovare contribuirono all’apprensione per la ricerca di un nuovo
nemico che portò alla rapida formazione di movimenti razzisti di estrema destra.
Attacchi violenti di matrice etnico–razziale si sono verificati ovunque nel
corso di questi ultimi quindici anni, facendo anche numerose vittime. Appena lo
scorso anno, in Repubblica Ceca, furono registrati ben 364 attacchi di natura
xenofoba, una media di uno al giorno, senza tener conto che il record è
indubbiamente sottostimato a causa della reticenza della polizia ad archiviare
le violenze come razziste.
Nel 1999 la stampa internazionale puntò i suoi riflettori su una sconosciuta
cittadina industriale del nord della Boemia, a poche decine di chilometri da
Praga, Usti nad Labem. La città, che conta centomila abitanti, vede la presenza
di circa ventimila Rom, quasi tutti disoccupati. Con la sola eccezione di una
graziosa chiesa barocca restaurata di recente, Usti nad Labem combina una serie
di grigie mostruosità architettoniche sul modello del realismo socialista a
edifici del XIX secolo. Il teatro della vicenda è Matični ulice (via Matični),
una strada popolare composta da blocchi di piccoli appartamenti statali forniti
ai cittadini in difficoltà economica, che vede contrapposte famiglie ceche da un
lato della strada e alcune decine di famiglie Rom dall’altro; per far fronte
alle proteste di alcuni cittadini che lamentavano la sporcizia e il chiasso dei
vicini Rom, accusati anche, in questo caso giustamente, di non pagare l’affitto,
il sindaco della città, Ladislav Hruska, fece erigere un muro alto quattro metri
che dividesse le due popolazioni.
Dopo alcune proteste da parte dei comitati Rom fu lo stesso governo ceco a
intervenire sulla municipalità locale per impedire la costruzione del muro, che
non avrebbe di certo contribuito a dare un’immagine positiva al paese in vista
di un suo futuro accesso nell’UE. Sia la Commissione Europea, che la CSCE e le
associazioni per i diritti umani, avevano mandato i loro emissari a controllare
la situazione, la quale era finita sulle pagine dei giornali cechi e
internazionali (se ne è occupato anche il Washington Post).
Alla fine il muro fu eretto lo stesso, sotto la sorveglianza di decine di
poliziotti che avevano l’ordine di vigilare sulla costruzione ventiquattro ore
al giorno. Il sindaco Hruska per giustificare l’opera commentò laconicamente:
“Vogliamo solamente separare la gente decente da chi decente non è”.
Qualche mese più tardi dopo varie pressioni governative il muro fu finalmente
abbattuto, nonostante la solidarietà espressa da più parti, pubbliche e private,
alla municipalità.
In Slovacchia, in questi anni, la discriminazione è andata anche oltre. I casi
di violenza razzista si sono, infatti, spesso incrociati a provvedimenti
governativi imbarazzanti, ritirati quasi all’ultimo momento dalle aule del
Parlamento. Tra gli altri, tanto per citarne uno, quello del 2002 dove fonti del
Ministero della Cultura davano per applicabile l’idea di istituire degli
appositi campi di rieducazione per Rom dove gli ospiti, secondo le parole di
Edana Marash-Borska dell’allora partito di governo ANO, avrebbero dovuto
“lavorare secondo le loro abilità”. I Rom inoltre, in questi campi, non
avrebbero avuto bisogno di soldi poiché “ognuno avrebbe ricevuto quanto dovuto:
un pacchetto di sigarette al giorno, sapone, shampoo, dentifricio, caffè, the e
dolci per i bambini”.
La questione Rom è nuovamente saltata alle cronache lo scorso anno, nel febbraio
2004, in seguito a una clamorosa protesta da parte di alcune centinaia di
zingari nella Slovacchia orientale. Qui, infatti, i tagli fino al 50% disposti
sui fondi per il sostentamento delle fasce più deboli decisi dal governo di
centro-destra, ha scatenato la furia dei nomadi i quali, vedendo in tale
decisione l’ennesimo atto discriminatorio nei loro confronti, hanno preso
d’assalto negozi e saccheggiato supermercati. Il governo slovacco ha risposto
schierando oltre ventimila uomini tra polizia ed esercito e sparando acqua dai
cannoni contro i civili, fatto che non accadeva addirittura dalla Rivoluzione di
Velluto del 1989, ferendo anche donne e bambini.
La piccola Repubblica Slovacca, che conta una delle più alte concentrazioni
della minoranza Rom in percentuale alla popolazione (circa il 10%), così come la
cugina Repubblica Ceca, è stata più volte ammonita dalle organizzazioni
internazionali per la salvaguardia dei diritti umani, le quali accusano non solo
la magistratura di “sottovalutare” il problema ma addirittura la polizia stessa
di compiacenza con gli atti discriminatori e razzisti. Clamoroso il caso di
Karol Sendrei che nel 2001 morì, in Slovacchia, in una stazione di polizia
incatenato a una stufa dopo essere stato picchiato nel corso della notte.
Lo scorso anno, nel maggio 2004 Amnesty International ha presentato un nuovo
rapporto che denunciava ancora due casi di abusi da parte della polizia ceca nei
confronti di Rom: il primo faceva riferimento a un episodio accaduto a Cheb
(città natale di Pavel Nedved, a circa 100 km a ovest di Praga) dove un uomo, di
nome Karel Billy, fermato durante un normale controllo stradale, è stato fatto
scendere dalla propria auto, costretto a salire nella macchina della polizia e
condotto in un boschetto fuori città. Qui, una volta al riparo da occhi
indiscreti i poliziotti lo hanno assalito con pugni e calci, umiliandolo con
frasi razziste e cospargendolo, infine, di urina.
Il secondo caso si riferiva a un episodio accaduto nella cittadina di Popovice,
dove cinque ufficiali in tenuta antisommossa hanno fatto irruzione
nell’abitazione di una famiglia nomade accusando i presenti di aver rubato nel
ristorante di proprietà proprio di uno degli stessi poliziotti coinvolti e
insultandoli con frasi razziste.
Il rapporto di Amnesty International va ad aggiungersi a quelli già elaborati
dalle apposite commissioni dell’ONU nel gennaio 2005 e, precedentemente,
nell’agosto 2003, le quali intendevano sottolineare la mancanza di programmi
governativi veri che potessero apportare un qualche miglioramento alle
condizioni di vita della popolazione Rom, attenuando allo stesso tempo le
discriminazioni nei loro confronti. Amnesty ha riscontrato una sorta di
reticenza a punire i colpevoli delle aggressioni da parte degli organi
giudiziari preposti, i quali molto spesso ammettono con gran fatica la natura
razzista degli attacchi minimizzando il problema.
Altro problema di non facile soluzione e che accomuna un pò tutti i paesi dove
la presenza nomade è sensibile è quello del numero della popolazione Rom che
cresce in maniera inversamente proporzionale a quello della maggioranza locale.
Il tasso di natalità tra i nomadi è molto alto ed è naturalmente destinato ad
influenzare l’equilibrio etnico di molte regioni. I Rom sono già circa il 10%
della popolazione totale in Bulgaria, Macedonia, Slovacchia e Romania, paese,
quest’ultimo, che ne conta la maggior presenza calcolata in circa 2 milioni di
individui. Già durante gli anni dell’assimilazione comunista i regimi si
imbatterono nella questione demografica, cercandone, a loro modo, una soluzione.
In Cecoslovacchia, ad esempio, durante gli anni ’70 e ’80, il governo condusse
una politica di riduzione delle nascite controllata attraverso l’uso sistematico
della sterilizzazione. Le donne Rom vennero in pratica obbligate ad accettare
questa pratica sotto la minaccia, in caso di rifiuto, di vedersi togliere i
benefici sociali dallo Stato.
Da sempre si era considerata la coercizione delle donne Rom alla sterilizzazione
come conclusa con la caduta del regime. Secondo un documento della CSCE (la
“Commissione sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa”, promossa dal
Congresso americano nel 1976 per vigilare sulla difesa dei diritti umani) la
pratica in Repubblica Ceca e Slovacca sembra essere continuata ancora dopo il
1989.
La CSCE cita, infatti, un documento intitolato “Body and Soul: Forced
sterilization and other assaults on Roma reproductive freedom”, pubblicato a New
York nel gennaio del 2003 dal CRR (“Center for Reproductive Rights”) e dal
“Centro Slovacco per i Diritti Umani e Civili” (Poradna). Gli autori di questo
studio identificano circa 110 casi avvenuti di sterilizzazione su donne Rom,
senza il loro consenso, dopo il 1990 in ospedali pubblici slovacchi.
Significativa in tal senso la dichiarazione del Ministro della Sanità, Lubomir
Javorsky, il quale nell’ottobre del 1995, durante una celebrazione a Kosice
dichiarò che “il governo farà tutto il necessario per assicurare che più bambini
bianchi vengano dati alla luce a scapito dei bambini Rom”.
La discriminazione e il pregiudizio nei confronti dei Rom è, dunque, una
componente molto presente nelle società dell’Europa dell’est, le quali vedono
questa minoranza come un qualcosa di esterno, di diverso e, spesso, di cui
vergognarsi. Lo stile di vita calmo, compito, rispettoso, quasi silenzioso delle
società di influenza asburgica contrasta in maniera stridente con la
chiassosità, l’animosità, l’inadattabilità e l’indolenza rom.
Gli esperti sono concordi nell’affermare che la segregazione e la povertà dei
Rom è sicuramente in larga parte dovuta alla scarsa qualità, se non addirittura
alla totale mancanza, dell’educazione scolastica dei giovani. Basti pensare che
in Bulgaria, ad esempio, solo il 20% dei bambini inizia la scuola elementare
mentre appena il 2% finisce le superiori. In Romania, se possibile, la
situazione è ancora più grave: su una popolazione zingara di un milione e mezzo
di individui almeno uno su tre è analfabeta. Qui, come in molti altri paesi
dell’area i bambini Rom frequentano scuole separate da quelle dei loro coetanei
romeni; spesso sono proprio gli stessi direttori delle scuole a prendere questa
decisione basando il loro giudizio semplicemente sul colore della pelle,
ovviamente in aperta violazione della legge. In Repubblica Ceca si stima che
circa il 75% dei bambini Rom non sono ammessi nelle scuole pubbliche e vengono
dirottati in classi speciali di più basso livello educativo riservate ai bambini
con difficoltà di apprendimento, con ovvie gravi conseguenze sulla loro
formazione superiore; in Bulgaria, spesso, sono costretti a frequentare scuole
per handicappati mentali semplicemente perché non parlano il bulgaro.
Nonostante le nuove democrazie abbiano adottato costituzioni con ampi
riconoscimenti per le minoranze etniche, i soli a non averne beneficiato, molto
anche per colpa loro, sono stati i Rom, a causa dell’incapacità di provvedere da
soli alla difesa dei propri diritti e al carattere sospettoso che li porta,
spesso, a rifiutare aiuti dall’esterno.
A causa delle pressioni di Bruxelles, comunque, la situazione sembra andare
verso un lento miglioramento, tanto che nelle scuole romene è ora possibile
studiare anche la letteratura Rom. In Ungheria il governo ha promesso di
eliminare le classi speciali entro il 2008, in Bulgaria ci si sta orientando
verso l’integrazione grazie alla creazione di classi miste, mentre a Praga hanno
pensato di fornire borse di studio ai giovani Rom che vogliono proseguire lo
studio superiore.
Da salutare come un importante passo avanti, inoltre, l’elezione della prima
deputata di origine Rom al Parlamento Europeo, Livia Jaroka, 29 anni, eletta
nelle ultime votazioni europee in Ungheria tra le fila del partito di
opposizione di centrodestra Fidesz – Unione Civica Ungherese.
Rimane a questo punto da sperare che il sondaggio elaborato dal Centro di
Statistica Ceco apparso a giugno 2004, subito dopo l’ingresso nell’Europa Unita,
e che riporta la nascita di una nuova coscienza solidale tra i giovani cechi sia
solo il segnale di un primo cambiamento che la nuova Europa a 25 ha saputo
portare: allargamento non solo dei confini ma anche delle mentalità.
Di Sucar Drom (del 02/11/2006 @ 19:36:57 in blog, visitato 1653 volte)
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Slovenia, la vergogna di Ambrus Una famiglia di rom [ndr Sinti Teich] costretta alla macchia per evitare il linciaggio e poi ''deportata'' in un campo d'accoglienza per stranieri. E' anche questo la civile Slovenia. Come in un film sull'Alabama degli anni '60 da vari giorni ormai 25 membri di una famiglia rom, insediata da decenni a Deja vas - presso il villaggio di Ambrus nel comune di Ivanna Gorica nella regione sudorientale s »
Spettacolo Viaggiante e il Libro dei Saperi La Fondazione Migrantes ha supportato la realizzazione di un interessante strumento per favorire la scolarizzazione dei bambini e dei preadolescenti che appartengono a famiglie dello spettacolo viaggiante. E' stato scelto Bergantino, un paese della provincia di Rovigo, come centro della realizzazione del progetto, perché cittadina d’interes »
Opera Nomadi, commento politico all’Assemblea 2006 (II parte) Pubblichiamo la seconda parte del Commento Politico all'Assemblea Nazionale dei Soci 2006 dell'Ente Morale Opera Nomadi, redatto dal Consiglio Direttivo della Sezione di Mantova. Nei seguenti link possono essere letti: commento politico (I parte), cronaca dell'assemblea (»
Quando Jolanda racconta... A Piazzola sul Brenta (PD) nell'ambito del progetto "Segeuendo Fiere e Sagre", sarà presentata la pubblicazione "quando Jolanda racconta...", racconti per bambini scritti da Jolanda Katter (Sinta Italiana) ed illustrati da alunni della scuola primaria. Gli organizzatori invitano tutti alla presentazione, mercoledì 8 novembre 2006, alle ore 20.15, presso la Sala Consiliare di Piazzola sul »
Signore e signori, amici carissimi, come presidente della “Federazione Romani – Repubblica di Serbia” mi rivolgo a voi in nome di tutti i Rom in Serbia e Montenegro, che come comunità nazionale hanno trascorso un altro anno difficile. D'altra parte, l'Europa sta guadagnando fiducia con i programmi di integrazione della nostra comunità nazionale, e spero che porti anche a noi la stessa prosperità. Un'altra ragione è data dal programma “Decennio dell'Inclusione Rom” nei paesi dell'Europa del Sud Est, che promette lo sradicamento della povertà, l'inclusione nel processo educativo, come pure il miglioramento delle condizioni di vita e la soluzione dei problemi sociali. Esprimo la mia gratitudine alla Banca Mondiale che promuove il “Decennio dell'Inclusione Rom” e il “Fondo Open Society” che appoggiano i nostri sforzi.
Come forse saprete, in Serbia sono corso riforme democratiche, e dobbiamo dare atto alla Serbia di aver riconosciuto i Rom come minoranza nazionale, come in Germania, Slovenia, Finlandia e Macedonia. Oggi, dal dibattito sul futuro della Serbia e Montenegro, ci aspettiamo di essere inclusi in tutte le istanze di governo per creare il nostro futuro accanto agli altri. Contemporaneamente, vi informo che abbiamo formato un gran numero di istituzioni nostre, partiti politici ed organizzazioni non-governative, tutto con l'obiettivo di individuare soluzioni per la nostra integrazione nel paese. Abbiamo di fronte il grande problema dello status del Kosovo, dove i leaders albanesi stanno cercando di annettere quel territorio all'Albania.
In qualità di ex ministro della Repubblica di Serbia, vicepresidente di “ International Romany Union” e presidente di “Federazione Romani – Repubblica di Serbia”, mi aspetto che le Nazioni Unite non appoggino questa idea separatista, che sarebbe un cancro che si estenderebbe a tutta la regione.
Per finire, mi appello alla comunità internazionale che tenga conto della Serbia e di tutti i suoi cittadini, che non hanno mai voluto essere un “fattore disaggregante”.
Fratelli e sorelle Rom,
Spero sinceramente che l'Europa presti grande attenzione ai nostri problemi e che ci sia concessa una reale possibilità di integrarci senza doverci assimilare. A tutti voi e alle vostre famiglie, auguro felicità e successo per il 2006.
Una donna di 46 anni e sua figlia di 21, entrambe di etnia Rom, sono rimaste uccise stamattina da una granata lanciata nella loro casa, in un villaggio vicino a Novo Mesto. La notizia arriva dalla televisione privata POP TV, e ufficialmente non è ancora stata confermata.
Di Fabrizio (del 31/12/2005 @ 17:54:11 in blog, visitato 12389 volte)
L'anno scorso di questi periodi, raccolsi per i coraggiosi lettori che si avventuravano sulle piste di Rom e Sinti, una settantina di auguri di buone feste, che arrivarono dalle tante comunità sparse su questo pianeta (la diaspora spaziale non è ancora avvenuta)
Ci riprovo quest'anno. Non fate caso alla data del post, perché la aggiornerò di volta in volta: comincio io con quello che si dice una volta all'anno:
Lacho Krechuno. Bahtalo Nevo Bers!
Cari compagni e amici, nell'informarvi che è appena uscito per le edizioni Albatros il libro TAOMA, il mondo delle mille e una meraviglie, sul diritto alla parola dei minori e in particolare di quelli Rom, curato nella parte informativa dal sottoscritto per conto dell'Opera Nomadi di Napoli, vi invio i più sentiti auguri di buone feste e di un buon anno nuovo, con meno precarietà nel lavoro e nei rapporti e un pò più serenità per tutti. Un pensiero affettuoso ai nostri cari amici Rom, rumeni e slavi, e specialmente a chi passerà questo Natale nascosto e braccato dalla polizia (vedi Torre del Greco- ex-sgomberati di Casoria). Ciao e buon anno 2006.
P.S.Scusate la sobrietà del messaggio; io vado un pò in vacanza, torno il 7 gennaio, giorno in cui gli Slavi celebrano il Natale.
Dear all! Merry Christmas and Happy New Year to you and your families! Me mangav tumenge thaj tumare familiasa baro baxt, zor thaj sastipe ando nevo 2006 bersh!
With respect and best wishes, Valery Novoselsky. Editor of Roma Virtual Network. Galilee, Holy Land
Baxtalo Nevo Bersh Savorenge!! Baxtalo Creciuno thaj sastipen! Te del o Devel tumege so kemen tumen ando nevo Bersh 2006!
kham Asociatia Thumende Valea Jiului Tumende TV Production Cristinela Ionescu
The avel baxtalo o nevo Bersh! Happy new Year! Nouvelle année heureuse! 2006 Rudko Kawczynski
BAHTALO NEVO BERS
MARASE RASISTORENSASAVE AVEN TE HASEN AMARO GAV DAJL FARM
Save Dale Farm! Stop ethnic cleasing!
“Kerdjam amen gav Dajl Farm , kote besen 1,000 manusa. Soske so amen sam
pirutne, i pasutni dizBasildon dikheltepaldel amen. Idizdela5 milionaeuro privatnezandarenge te hasen amaro gav thaj te chuven amen avri , e chavensa .
Odoleske pandjamo drom bare sasternensa - dikhupre . Akana e dusmanadaren te aven ano Dajl Farm– dzanen kajka marenpe olensa!”
TE IKERAS BARBARI BARO DIVES ANO 8 APRILI 2006!
Amen ano Dajl Farm ka iklovase dromende te keras protesto. Katar USTIBEN
Baxtalo tuke Kreschuno thaj Nevo 2006 Bersh! Kushti Bollesko Divvus te Baxtales Nevo Bersh. Merry Xmas and a Happy New Year from Sinti Vonnie and family in Australia Ekipa na TV ROMA Vi pojelava vesela KOLEDA i stastliva Nova 2006 godina! Bahtalo Crechuno tahi nevo 2006 bersh!
Opera Nomadi Sezione del Lazio Carissimi Amici, In occasione di queste feste, volevamo augurare a tutti Buon Natale e Felice Anno Nuovo
Pacivalen Romalen phralalen, Vilestar mangava sarinenge ko ka drabarol akava lil, baxtalo nevo bers 2006 hem o krecuno. Te anel o Devel but bax thaj/hem sastipe sarinenge. agja molinava e Devle te del amen zoralipe, thaj lacho gndipe te branisara o interes amare Romengo. Ko 2006 isi te avel but nevipe ko URYD. Amen ka informirina sarine, hem ko isi zainteresime saj te lel than ko amare aktivitetora. Mangav sarinenge lacho hem baxtalo o NEVO BERS 2006
URYD (UNION DES RROMS DE L’EX-YOUGOSLAVIE EN DIASPORA) Imer Kajtazi - URYD Belgium tel. & fax: ++32 3 765 07 27 MOB: + 62 e-mail: romano.dzuvdipe@skynet.be website: www.uryd.com
I koordinacija taro biradzakere organizacije “Roma 2002” mangela tumenge suksesi thaj berekti ko nevo 2006 bersh !!
***
“RNGO Roma 2002” wish you success and prosperity in the New Year !!
Baxtalo Krachuno thaj o Nevo Bersh tumenge! Te oven saste thaj baxtale tume thaj tumare familie! Te del o Del numaj shukaripen te ashundel pes tumenge and-o nevo bersh 2006! But sastipen thaj baxt mandar, Tumari phen, Diana Kirilova
I have a Romany song for New Years' from Romania where all kids go from house to house now and sing and get treats.
Acheaven, chave, phrala! Na traden le guruwa Asunen so daw duma Tehara o Bers Nevo Avel po grast o parno Taj anel mangro guglo Sastimos thaj gi lachio. O Nevo Bers kai avel Barvalimos te-anel. Sode barrore ande xar Kadiki chave sucar Sode bal si po sosoi Kadiki masa, thaj goi Sode barore-ndo paj Te an love thaj sumnakaj Savo avela maj ciorro Te-al les lov sumnakuno. K-o bers chavalen, Ka but bersa rromalen.
I hope some of it is understandable. It's a lot of good wishes for the New Year!
BAHTALO NEVO BERSH THAJ BUT SUKCESI SA E ROMENGE ANDO NEVO 2006 BERSH THAJ BUT SASTIPE THAJ BAHT TARO MUAREM RAMUSH - CIRKO JOURNALISTO TARI TV BTR- SKOPJE MACEDONIA
Dear friends, We wish you all Happy New Year and all other upcoming holidays! We hope all your wishes will become true in 2006, and that you will have more happiness and joy in your life!
Lasho Krechuno ay baxtalo Nevo Bersh, Shavale Rromale Butale, te del tumenge ay tumare cheledonge o Swunto Del sa so tume mangena lestar, bax sastimos bukuruiya ay Veseliya. Katar o Lolya Jorge Bernal Argentina
Baxtale Praznichi Savorrenge!!!!!!
Te aves saste baxtale / salud y suerte para todos y todas Desde Kale Dor Kayiko os deseamos una ¡Feliz Navidad!
… y próspero año nuevo. Que el 2006 traiga mejor salud, suerte y Fortuna que el pasado año para todos vosotros, vosotras y vuestras familias.
OSCAR VIZARRAGA. Vicepresidente de la Asociación Kale Dor Kayiko.
Amigos, a alguns de vocês tenho de agradecer, a outros expresso minha admiração e a outros minhas saudades, porém, a todos envio meu carinho e votos de Boas Festas. Miriam Dinelli Fone: / 4222 Fax: Brazil - São Paulo - S.P.
Dragi prijatelji svima zdravlja, srece i da vam se svi snovi ispune u 2006 od srca vam zeli.
Zdravo Pralalen thaj Pejnalen eke meda te vakerav tumenge bashi akaja organizacija, Akaja organizacija postoinela taro 1999 godina em but bilace amencar i buti bari diskriminacija amare Romencar ki Makedonija ,svako dive rodaja buti amare Romenge ki Makedonija o gadje kuvenamen samo ko pike aj aj tajsa ka ovel i buti numa nae agaar amen akate bute organizaciencar borinaamen ko sa no but ari odova o love sa lena o gadje e romenge dena samo o troshke odoleske akava samo tikni informacija, inace me o Rakip Nedjip sijum Pretsedateli akale organizacijakeri mo kontakt talo mob:tel 071693949 kerutno 2651699 Lace pralalen taj penjalen ma te lav tumenge o vreme, mangava tumenge sa naj shukar ko 2006 bersh jeke sastipnasa ta enol o devel jek mangipe em sa majshukar te suna tari evropa amare romendar te ovelamen majlace obrazovanie ,te ovelamen buti te pravgon o granice em ma te ovel corolipe.
Sakam da vi ja cestitam novata godina se najdobro so ljubov mir i pred se zdravje i dobra sorabotka so nas vo 2006 godina. cao
Estimados amigos, familia y todos los que durante el año me han acompañado !
Que el Espiritu de la Navidad los ilumine y llene su vida de amor, paz, salud y mucha felicidad ! Feliz Año Nuevo !
Merry Christmas and a Happy New Year ! May many Blessings be yours this season. alongside family, friends and loved ones !
Lacho Kreschuno ! Baxtalo nevo bersh 2006 ! But bax i sastipe tumenge !
Minha Mensagem de Natal a todos meus amigos Feliz Natal e Feliz Ano Novo para você e toda sua família e eu desejo a você amor, paz e felicidade no ano que vem. Beijos, Abraços !
Auguri di Buon Natale Ciao a tutti ! Felice Natale per il bianco e il nero fermiamo le guerre e guardiamo su in cielo Cosi e Natale Speranza per noi per grandi e piccini, per te se lo vuoi
Che porti nel cuore la pace e liamor Un saluto a tutti. Besos a todos ! Elena
Dragi colegi, Fie ca Nasterea Mantuitorului nostru, aroma de brad, colindele si cozonacul cald, sa va umple inimile de bucurie sufletul de liniste si viata de impliniri. CRACIUN FERICIT ! Dumitru Vasile Asociatia Rromilor " Egalitate de Sanse " Tulcea
The year 1990 was the first year the group Sukar started to work together, joining then-active members of various tamburitza orchestras of folklore groups from Ljubljana, Slovenia. After many long years of playing traditional melodies and folk music, they devoted themselves to playing primarily gypsy or Romany music. They dedicated the entire collection of their work to this type of music ... www.sukar.org
Bari bah! But sastipe! Baro sukaripe ko Nevo Bers 2006! Vezel Bozic, veliko sdravja in srece v Novem Letu 2006! Merry Christmas and Happy New Year!
Namens het bestuur en namens mijn , De landelijke Roma Stigting ''Roma Emancipatie" Wensen jullie een Pretigge kerstdagen en een gelukkig nieuwjaar toe. En een goeien samenwerking.
Mire pativale rajalen thaj rajnalen ko alav miro thaj le organizacijako le themako tari Holandija i "RROMANI EMANCIPACIJA" kamav tumengje bahtalo te ovel o krecuno thaj o nevo 2006 bersj, te del o sunto del baro zutimos, satipe thaj bah tumen, thaj te lokjarel amare pharimata amedar le Rromendar, te ovel amen baro pralipe, jekipe ,respekto thaj pakjiv, numaj odolesa ka djas jekajek angle le prespektivake an amaro trajos. Kamel tumengje tumaro pral o Gjuner Abdula-Abdulasko Prezidento, Advisuri le Evropako Parlamenti Office Els de Groen
Merry Christmas and a Happy New Year to You! Romale!!!! But Baht tumenge sarenge, zor thaj sastypen ando 2006!!! Te del o Del tumenge saro so tume mangen!!! Raya, Natasha, Nikak, Aleco, Goran
è stata convocata definitivamente per il 25 dicembre a Roma la Marcia di Natale per l'amnistia, la giustizia e l'indulto che partirà alle ore 10 da Castel Sant'Angelo (concentramento alle 9.30).
E’ la prima volta che in Italia si manifesta per quella che consideriamo la più grande questione sociale del nostro paese, determinata dalla non-amministrazione della giustizia e dalla disastrosa situazione delle carceri, fatti per cui lo stato italiano è stato condannato dalla giustizia europea, sin dal 1980 e ripetutamente, per violazione di diritti umani fondamentali.
Non si tratta solo della condizione delle carceri nelle quali 60.000 detenuti sono ammassati in celle che potrebbero ospitarne al massimo 42.000, si tratta anche e soprattutto della vita di almeno 18 milioni di cittadini italiani e delle loro famiglie che sono parti in causa negli attuali 9 milioni di processi pendenti, molti dei quali destinati a risolversi per prescrizione (come è accaduto a 1 milione di processi negli ultimi cinque anni). Secondo il recente rapporto del Consiglio d'Europa, circa il 30% della popolazione italiana è in attesa di una decisione giudiziaria.
Da Castel Sant'Angelo, un carcere storico ma anche il luogo più vicino a San Pietro e al ricordo di Papa Giovanni Paolo II che nella sua visita in Parlamento chiese clemenza tra gli applausi, la marcia proseguirà per il Carcere di Regina Coeli, per il Senato e la Camera dei Deputati che da quindici anni non approvano una misura di clemenza, per Palazzo Chigi, sede del Governo, ma anche per Piazza Santi Apostoli, sede dell'Unione di quei partiti di centrosinistra che hanno dimostrato di volere rimuovere la grande questione sociale della giustizia e del carcere.
Ti chiediamo anche di far girare questa email tra i tuoi conoscenti, parenti e amici, per invitarli a partecipare insieme a te alla Marcia di Natale.
I perché della Marcia
«Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni» Dostoevskij, Memorie da una casa di morti (1862)
Con la Marcia di Natale i promotori intendono manifestare sia per l'amnistia che per l'indulto. Entrambi i provvedimenti, adottati per l'ultima volta 15 anni fa, sono necessari per diverse ragioni, che riguardano le inique condizioni carcerarie ma anche il cattivo stato della giustizia in Italia, rallentanta da migliaia di processi arretrati, che provocano un'amnistia di fatto, strisciante e di classe, costituita dal milione di reati prescritti per scadenza dei termini soltanto negli ultimi 5 anni.
Il 30 novembre scorso il Consiglio d’Europa ha denunciato che “i ritardi della giustizia in Italia sono causa di numerose violazioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo sin dal 1980”, ritardi che “costituiscono un pericolo effettivo per il rispetto dello stato di diritto in Italia”.
Attualmente sono 60.000 i detenuti nel nostro paese, contro la capienza regolamentare di 43.000 unità. 21.000 di questi sono in attesa di giudizio. La nuova legge ex-Cirielli, che inasprisce le pene per i recidivi, si calcola che porterà in carcere in breve tempo altri 20.000 detenuti.
Chi si oppone alla clemenza dimentica che in Italia esiste un'amnistia strisciante che si chiama "prescrizione" e che è spesso riservata a chi può permettersi un bravo avvocato. Solo negli ultimi cinque anni, ben 865.073 persone hanno beneficiato della prescrizione dei reati penali per i quali erano state inquisite.
Chi si oppone alla clemenza dimentica che l'aumento delle carcerazioni non determina la riduzione dei reati. Se in Italia la mano pesante della giustizia si scarica quasi per intero sugli esclusi, senza avvocato e senza difesa, soprattutto immigrati e tossicodipendenti. Il 32,2% dei detenuti sono extracomunitari, mentre il 27,4% sono tossicodipendenti. Solo il 4,4% dei detenuti ha terminato la scuola media superiore.
In totale sono 8.942.932 i processi pendenti, di cui 5.580.000 penali. Tra la data del delitto e quella della sentenza la durata media è di 35 mesi per il primo grado del processo e di 65 mesi per l'appello. Sono moltissimi i reati che non vengono nemmeno perseguiti: nel 2003 le persone denunciate sono state 536.287 e i delitti denunciati per i quali è iniziata l'azione penale sono stati 2.890.629 (in crescita rispetto all'anno precedente), ma nell'80,8% dei casi l'autore era ignoto.
Chi si oppone alla clemenza dimentica che spesso sono leggi inique a produrre criminalità. Basti osservare come sia risibile il numero degli immigrati regolari in carcere, mentre è crescente quello degli immigrati senza permesso di soggiorno. L'impossibilità di ingresso legale produce illegalità e reati, mentre chi ha possibilità di regolarizzazione dimostra di essere pressoché esente da pratiche illegali e criminali.
Chi si oppone alla clemenza dimentica che in molti casi è il carcere stesso a portare alla commissione di nuovi reati. I dati dicono che se la percentuale della recidiva è del 75% nei casi di detenuti che scontano per intero la condanna in carcere, questa si abbassa drasticamente al 27% nel caso di tossicodipendenti condannati che scontano la condanna o una parte di essa in affidamento ai servizi sociali, e al 12% nel caso di non tossicodipendenti affidati ai servizi sociali.
L'amnistia e l'indulto, dunque, non sono contraddittori con un'attenzione ai temi della sicurezza. Investire sul recupero e sulla prevenzione è la vera politica per la sicurezza, una politica meno costosa socialmente, umanamente ed economicamente. Tenere una persona in carcere, peraltro nelle attuali condizioni miserevoli e spesso illegali (basti pensare che il Regolamento penitenziario, varato nel 2000, è rimasto in buona parte lettera morta), costa 63.875 euro l'anno, in gran parte per la struttura, mentre per il vitto di ogni recluso si spendono mediamente solo 1,58 euro al giorno. Tenere un tossicodipendente in carcere (e sono almeno 18.000) costa il quadruplo che assisterlo in una comuità o affidarlo a un servizio pubblico.
Sono passati 5 anni dal Giubileo e dalla campagna per l'amnista e l'indulto e per un "Piano Marshall" per le carceri e il reinserimento sociale. Sono passati 3 anni da quando il Parlamento applaudì ripetutamente Giovanni Paolo II mentre invocava una riduzione delle pene. L'amnistia e l'indulto sono oggi l'unica risposta possibile a quella che nel frattempo è diventata la più grande emergenza sociale del nostro paese. Una questione che, direttamente e indirettamente, riguarda la vita e le condizioni di milioni di cittadini e di famiglie italiane.
Per costruire una nuova giustizia, occorre sbloccarla con un'amnistia. Attraverso l'indulto, invece, è possibile riportare il numero delle presenze a quello delle capienze, vale a dire ridurre di almeno 15.000 gli attuali detenuti.
I promotori della Marcia: Rosa nel pugno - Nessuno Tocchi Caino - Il Detenuto ignoto - Radicali Italiani - Associazione Luca Coscioni
e molte altre personalità e associazioni (per una lista completa clicca qui). Care e Cari, insieme a voi e alle vostre iniziative è trascorso un altro anno. E' stato importante conoscere e condividere i vostri eventi e spero di riceverne sempre di più.
Un caro augurio di buone feste da tutto l'ufficio attivismo, a presto, Franca.
REGGAE FOR U MAN WRITES Concerto dal vivo dei GARDEN HOUSE, a sostegno di Amnesty International, per una serata dedicata alla Giamaica tra musica e diritti umani. Il Gruppo di Amnesty di Modena sarà presente con il tavolino di raccolta firme dove si potrà aderire alla campagna contro la violenza omofobica in Giamaica firmando la cartolina/appello al Primo Ministro della Giamaica. Venerdì 23 dicembre ore 22.00 Presso VIBRA CLUB Via IV novembre 40/A - Modena Per informazioni: 059/219738 - 328/4713143
The holiday season is drawing near…. From all of us at Next Page – we wish you a happy holiday and festive new year. Page Back will be back with you again in January, 2006.
Merry Christmas to you ALL, whatever faith (or none), you may cherish... Davo
Nagyon Szep es Bekes Karacsonyi Unnepeket es Boldog Uj Evet Kivanok a Magyarorszagi RomNet Szerkesztosegnek es rajtuk keresztul az osszes Romanak is,
Comunicazione di servizio per milanesi e dintorni: veglione di capodanno al campo. Musica, balli, fuochi per una serata che ricorderete. Contattatemi per informazioni o partecipare
"Daddy", she said, her eyes full of tears, "will you talk to me and quiet my fears? Those bad boys at school are spreading a lie 'bout the impossibilty of reindeer that fly. There's no Santa Claus, they say with a grin there's not one now and there has never been.
How can one man take all of those toys to thousands of girls and boys? But I told them Daddy, that they were not right, that I would come home and find out tonight. Mama said wait until you come home. Please tell me now that I was not wrong."
Her Daddy looked at her questioning face and puffed his pipe while his fratic mind raced. He had put this off as long as he could, he had to think fast and it better be good. Whispering a prayer, he began with a smile,
"Remember at circle how we learned to pray, asking the Goddess to take care of us each day? And you know how we say a prayer before each meal? To this same Goddess whom we know to be real. Though we never see her, we know she is there watching her children with such loving care."
"The Goddess started Yule a long time ago when she gave us herself to love and to know. A spirit of giving came with that gift, and her generosity filled the whole earth. Man had to name this spirit of giving just as he names all things that are living."
"The name Santa Claus came to someone's mind problably the best name of any to find. There is, you can see, and I think quite clear Truly a Santa who visits each year. A spirit like the Goddess, whom we never see, She enters the hearts of your mother and me."
"Each year at Yule for one special night we become him and make everything right. But the REAL spirit of Yule is in you and in me and I hope that you are old enough now to see that as we believe and continue to give, our friend Santa Claus will continue to live."
Christmas is every time we remain in silence in order to listen another (Mother Theresa of Calcutta) Wishing a Merry Christmas and a new Year filled with happiness!
Natale è ..tutte le volte che rimaniamo in silenzio per ascoltare un nosro fratello (madre teresa di calcutta) Un sereno Natale a tutti ed un nuovo anno di gioia.
May Mahmud's Day find all of you healthy free and happy !
Today 2005 – 1018 = 987 years have elapsed siince when Sultan Mahmud from Ghaznī arrived in front of the Rromani city of Kannauj and destroyed all seven forts of the town. He caught also 53.000 inhabitants, Ḍomba (artists), who were living there. It is for them that he had come to Kannauj, in order to deport them back to Ghaznī and increase the cultural wealth of his city. The word "Rrom" originates from the word Ḍomb (skr. डोम�ब). Mahmud brought from Kannauj also 385 elephants and 3,000,000 dirhams in gold, silver, pearls and ruby. He sold eventually the Ḍombs between 2 and 8 dirhams each. They were so numerous that "a man who wanted to count them tired hisfingers" – Al-Utbi says.
Many people are going to celebrate Xmas and the New Year's Day, we should celebrate right now Mahmud's Day, 21 December, and we are sending to you as a small present the fonts which enables you to write in Rromani, in phonetics and in many other scripts (as Indian alphabets).
Take the icon ArialUnicodeMS_rromani, drag it to the folder FONTS, which is contained in you CONFIGURATION PANEL. We are sending also the explanation in English of how to use this font and to write in Rromani.
Those who already have Arial Unicode MS (you may check this if the word डोम�बis correctly on your screen) do not need to download it onto their computer.
May all of you be healthy and happy and write and read only nice things!
Natale. L’albero, i regali, le vacanze… Tra le tradizioni, fino allo scorso anno, c’era anche la diretta natalizia di Radio Popolare che metteva in contatto, via telefono, chi vive 365 giorni all’anno dietro lo sbarre con familiari e conoscenti, per potersi scambiare auguri e auspici. Quest'anno il Ministero di Grazia e Giustizia non ha concesso il permesso per essere in diretta nelle carceri milanesi. Una scelta in linea con le decisioni che tendono a isolare sempre più i detenuti, ad impedire di avere rapporti con il mondo esterno.
Ma non ci siamo fermati. In questi giorni abbiamo incontrato molti detenuti registrando i loro auguri di buone feste per amici e parenti. Parole che verranno messe in onda domenica 25 dicembre dalle 10 alle 12.
E sempre in quelle due ore, telefonando allo 02.33.001.001, gli ascoltatori di Radio Popolare potranno salutare chi passerà le feste dietro le sbarre. Nel corso della lunga diretta natalizia ascolteremo ex detenuti raccontare come si vive un Natale dietro le sbarre e le corrispondenze dalle manifestazioni per l’amnistia che si svolgeranno in contemporanea.
Radio Popolare 107.6 Mhz - www.radiopopolare.it - Eutelsat Hot Bird 4, 13° est, Polarizzazione verticale, Frequenza 12.111 MHz.
ROMALEN!
BAXTALO TUMENGE KRETCHUNO THAJ BERSH NEVO! TE DEL O DEVEL TUMENGE BUT BAXT SASTIPE THAJ VESTIPE!
DEAR COLLEAGUES MERRY CHRISTMAS AND HAPPY NEW YEAR !
Sincerely, Robert RUSTEM Senior Assistant on Roma Issues OSCE Spillover Monitor Mision to Skopje
QBE Building, Skopje 11 Oktomvri No. 25 phone: (+389 2) 3234 690 fax: (+389 2) 3234 234 mobile: (+389 70) 327 158 robert.rustem@osce.org Dzi sa e Roma
tanti AUGURI di BUONE FESTE !!! COOPERATIVA SOCIALE “Romano Pijats” Via di Porta Labicana n° 59 00185 Roma Tel. 06/44700166 06/44701860 Fax 06/ 44701859
Baxtalo o nevo bersh tumenge savore thaj avel tumenge sa so tumen mangen!
Opera Nomadi Ente Morale (D. P. R. 26/03/70 n. 347) via Alessandro della Seta, 20/a 00178 Roma Tel 06/72671701 fax 6/72394791
Latcho ofta, miro mala taj malaca. Schukar kretschuno taj bachtalo nevo bersch. Latch drom, Reili.
Sharishan familia pace e buone cose a tutti, cliccando sul disegno in basso, troverete il mio messaggio per voi. Un messaggio che rivolgo a tutti, mentre attraversiamo assieme questa estesa pianura "un altro viaggio"... Possa Devel esaurire tutti i nostri desideri più profondi con il nuovo anno. Armando
Di Fabrizio (del 26/09/2008 @ 14:51:24 in Kumpanija, visitato 3750 volte)
Sono passati circa dieci anni (giorno più, giorno meno)
dalla dipartita di Carlo Cuomo, figura chiave nella vita politica e associativa
milanese e anche nazionale. Ho ritrovato questo articolo sul vecchio sito
dell'Opera Nomadi Milano (da lui presieduta per anni), incredibile come dieci
anni dopo sia ancora attuale. Da rileggere con attenzione.
Per l'italiano medio, "normale", anche se democratico e di sinistra, la parola
"zingaro", la vista nel proprio quartiere di una famiglia di zingari (la
roulotte, i moltissimi bambini, le donne con le gonne lunghe) provocano
inquietudine, diffidenza, qualche ribrezzo.
Nessun'altra minoranza etnica suscita un così forte e totale sentimento di
"sgradevolezza", nessuna è altrettanto misconosciuta, ignorata. Noi, i "gagé" -
i non zingari - non sappiamo niente di queste comunità, di questo piccolo popolo
che vive tra di noi da più di cinque secoli. Ma crediamo di sapere. Al posto
della conoscenza mettiamo un mito e crediamo che il mito sia conoscenza.
"Sono molti, moltissimi - pensano i "gagé" -, dilagano, ci invadono; sono
vagabondi senza arte né parte, nomadi disordinati; sono pigri e ladri;
maltrattano e sfruttano i loro bambini; non sono una realtà etnica, sono una
realtà malavitosa; sono infidi, violenti, pericolosi; sono - come recitava il
titolo di un vecchio film sui borgatari romani - "sporchi, brutti e cattivi".
Nel nostro immaginario collettivo questo mito negativo convive, a sprazzi -
complice un po' di mediocre cinema e mediocrissima letteratura e tanti ambigui
nostri desideri -, con un mito diverso, opposto, che esprime fascinazione: "Sono
liberi, "figli del vento"; sono musicisti straordinari; le loro donne sono
voluttuose e i loro uomini fieramente virili; non si piegano alle false lusinghe
della civiltà e del progresso; loro sì, che sono felici!" La diversità basta non
vederla com'è, basta esorcizzarla nei sogni delle nostre nevrosi, delle nostre
paure, dei nostri ambigui desideri.
Prevale, comunque, fortemente, il primo mito, quello negativo. Ogni fatto di
cronaca viene accolto se conferma il mito, rimosso se lo contraddice. Se
Brambilla ruba, conferma semplicemente che ci sono i ladri; se uno zingaro ruba,
conferma che gli zingari sono tutti ladri; se un bambino viene stuprato in una
famiglia borghese di Milano o venduto a Napoli o prostituito ad Amsterdam c'è
allarme per la sorte e il destino dell'infanzia; se un bambino zingaro viene
"ceduto" per svaligiare appartamenti, si rafforza la nostra certezza che gli
zingari maltrattano e sfruttano i loro bambini. Eccetera. Non bisogna stupirsi.
Già nell'Ottocento (e ancora oggi...) quanta parte dell'opinione pubblica
rimuoveva il funzionamento strutturale della finanza e dell'industria
capitalistica per vedere solo il finanziere ebreo o, nella Francia cattolica, la
"banque protestante"? E Lenin definiva l'antisemitismo "il socialismo degli
imbecilli"... Non si tratta, badate bene, di un mito negativo passivo. Esso
viene agito. Questo nostro "sguardo" sulla realtà zingara ha drammatiche
conseguenze pratiche su di loro.
Sulla localizzazione delle loro comunità, per esempio. I campi attrezzati dai
Comuni (pochi, bruttissimi) bisogna cercarli lungo le ferrovie, le tangenziali,
i canali, le periferie più abbandonate, lontani dalle linee di trasporto, dai
servizi, dai negozi, dalle scuole. Lontani dai luoghi della "gente per bene".
Gli stessi zingari, per i loro insediamenti spontanei, scelgono di sfuggire al
nostro "sguardo" e di stare lontani e nascosti. "Popoli delle discariche",
scrive Leonardo Piascre. Popoli che le nostre sinistre paure collocano nelle
nostre discariche. Di fatto, per gli zingari vige l'apartheid.
Non solo per gli insediamenti. Certo, nessuna legge vieta loro di prendere i
mezzi di trasporto, di entrare nei negozi e nei bar, di andare a scuola, di
frequentare i servizi sanitari. Ma entrare in un negozio o in un bar è entrare
nel territorio del sospetto, della fretta di servirti per vederti uscire; a
volte, non ti servono. Se prendi un tram, la gente si scansa. Ci sono medici di
base che rifiutano l'iscrizione di zingari o che, come ripiego, chiedono loro di
frequentare l'ambulatorio solo determinati giorni, per "non disturbare la gente
normale". Ci sono stati scioperi di genitori perché gli zingarelli non
frequentassero la scuola e scuole che ne scoraggiano l'iscrizione; nelle scuole,
quando va bene, c'è assistenzialismo paternalistico e solo in pochi casi c'è
accoglienza vera, intelligente e rispettosa. Se uno zingaro cerca lavoro deve
nascondere la propria appartenenza etnica, camuffarsi, mentire; se no, il lavoro
offerto scompare d'incanto. Un bambino zingaro cresce così, sotto questo
sguardo, in queste condizioni, in questo clima di fastidio, diffidenza,
disprezzo. Nell'apartheid. Ed è questo che partorisce, fra gli zingari presenti
in Italia, tassi di morbilità, di mortalità, di analfabetismo, di disoccupazione
che sono a livello boliviano o honduregno. Ed è questo che partorisce anomia.
Le cose cambiano? Sì, un po', lentamente, faticosamente. Ma la realtà, guardata
dal punto di vista degli zingari, è essenzialmente quella: il fastidio, la
diffidenza, il disprezzo, l'apartheid. Immobili, permanenti, pesantissimi.
Minoranza misconosciuta, dicevamo, ignorata. Ormai sappiamo nominare gli
esseri del sud e del nord, i ceceni, i turchi gagauzi, gli armeni e gli azeri,
gli abkhazi, i musulmani della Bosnia, gli albanesi del Kosovo e della
Macedonia, gli ungheresi della Voivodina e della Transilvania, le comunità
etniche di Los Angeles una per una - ma non sappiamo riconoscere e nominare
quell'arcipelago di comunità che formano, fra di noi, il popolo zingaro. Gli si
nega l'identità socio-economica, etnica, linguistica, storica. Sappiamo tante
cose sulla natalità e mortalità nel mondo, sulla fame, le malattie; ma ignoriamo
quei pochi drammatici dati socioeconomici che riguardano donne, uomini,
pochissimi anziani e moltissimi bambini che da cinque secoli vivono fra di noi.
Pensiamo alla Spagna del 1492 e per noi significa scoperta dell'America,
cacciata degli Ebrei e dei Mori; e rimuoviamo il bando antizingaro del 1499.
Parliamo di Maria Teresa d'Austria ma non sappiamo niente del suo tentativo di
etnocidio culturale degli zingari. Parliamo dell'Olocausto ma cancelliamo il
loro Olocausto: 500.000 morti nei lager. Celebriamo la Resistenza ma rimuoviamo
la loro partecipazione alla lotta armata. Da anni, inchiodati davanti alle
nostre TV, ci indigniamo per gli eccidi nell'ex Jugoslavia; ma non ci
interroghiamo mai sulla sorte degli zingari jugoslavi, su cosa significhi,
nell'orrore generalizzato, l'essere zingaro musulmano, oggi, nella Bosnia o
nell'Erzegovina (e quando, per sfuggire all'orrore, arrivano tra di noi, devono
- per scansare la nostra ostilità nascondersi nelle discariche delle nostre
periferie più degradate dove i loro bambini muoiono di freddo o nei roghi di
fuochi improvvisati e da dove ordinanze sindacali e prefettizie li sgomberano
brutalmente). L'apartheid, quindi, non è solo territoriale, comportamentale; è
anche apartheid cognitivo: segreghiamo gli zingari nelle periferie oscure della
nostra ignoranza per farli riaffiorare nei luoghi mitologici delle nostre paure.
Con questo numero del Calendario del Popolo vorremmo dare un contributo al
passaggio dal mito alla conoscenza della realtà zingara e, quindi, dalle
ricadute pesanti e discriminatorie del mito negativo all'azione consapevole e
rispettosa che può nascere da una conoscenza razionale. Precisiamo, quindi, in
apertura, alcune semplici verità.
Gli zingari non sono "molti, moltissimi", non dilagano, non ci invadono.
Sono, in un Paese di circa 56 milioni di abitanti, 100/110.000 (circa il due
per mille della popolazione italiana...) di cui 70/80.000 cittadini italiani
e 20/30.000 cittadini stranieri provenienti, per l'essenziale, da varie
parti dell'ex Jugoslavia. Sono pochi, pochissimi quindi e non tendono a
concentrarsi in specifiche parti del territorio. Le loro scelte insediative
si basano piuttosto su strategie di dispersione territoriale. Quasi metà di
questo piccolo popolo ha meno di 15 anni, meno del 3% supera i 60 anni.
Isolati nelle nostre periferie più degradate, gli zingari muoiono giovani. I
tassi di morbilità e di mortalità sono alti fra gli adulti, altissimi fra i
bambini. La scolarizzazione è bassa e irregolare, l'analfabetismo diretto o
di ritorno diffusissimo; la disoccupazione, generalizzata. Nessun paragone è
possibile con la struttura demografica, le condizioni di salute, la
scolarizzazione, l'inserimento al lavoro del resto della popolazione.
Sono arrivati nel nostro Paese in momenti diversi: i sinti dal Nord, via
terra, nei primi anni del Quattrocento; i rom nell'Italia meridionale, via
mare, provenienti dalle zone grecofone del morente Impero bizantino, nella
seconda metà del Quattrocento; gli harvati, dall'est, con le modifiche
territoriali della prima guerra mondiale e (già allora!) con le tragedie che
la seconda guerra mondiale aveva creato in Slovenia, Croazia, Istria,
Dalmazia. Più recentemente, a partire dagli anni '60, la crisi economica
jugoslava ha prodotto una ripresa di movimenti dall'est verso l'Italia e,
infine, il precipitare della guerra, delle pulizie etniche e dei massacri un
arrivo massiccio a partire dal 1991.
Definirli "nomadi" è sbagliato e fuorviante. Il nomadismo, con certe
forme e certe sue regole, è uno dei modi di essere delle comunità zingare;
sono numerosissimi invece - nel tempo storico e nello spazio geografico - i
gruppi semi sedentari o compiutamente sedentarizzati, per esempio
nell'Italia centrale e meridionale, in Spagna, in Ungheria, in molte parti
dell'ex Jugoslavia, nell'impero bizantino e in quello ottomano, a Bassora
sin dal VII secolo. Meglio definirli ("nominarli", come dicevamo sopra)
zingari, come vuole una tradizione "gagé" consolidata, o, meglio, con i
sostantivi Rom e Sinti, come si autodefiniscono, seguiti, volta per volta,
da un aggettivo specificativo (harvati, kalderaš, xoraxané, abruzzesi,
eccetera). Sono - in Italia come nel resto del mondo - un popolo, composto
di tante comunità distinte. Ed è come tali che vanno riconosciuti, nominati,
individuandone le diversità specifiche, comunità per comunità, e i tratti
comuni.
Parlando di zingari, occorre tenere distinti gli aspetti giuridici da
quelli antropologici. Giuridicamente, con tutte le conseguenze pratiche che
ciò comporta sul piano dei diritti formali, si possono distinguere gli
zingari presenti in Italia sulla base della cittadinanza: cittadini italiani
(la maggioranza), cittadini della Comunità europea (francesi, spagnoli,
ecc.), cittadini extracomunitari (soprattutto ex jugoslavi).
Antropologicamente, però, è molto più significativo sul piano scientifico e
più rispettoso della soggettività delle comunità zingare distinguere per
aggregazioni e comunità etnico-linguistiche: vedi la tradizionale
distinzione rom/sinti, indipendente dalla cittadinanza; i lovara, di origine
ungherese-rumena ma spesso, nelle stesse comunità presenti in Italia, con
cittadinanza o italiana o francese o spagnola; l'intensità di rapporti tra
rom harvati, cittadini italiani, e rom sloveni, croati, istriani, dalmati,
cittadini ex jugoslavi, confrontata con la freddezza di rapporti tra rom
harvati e rom abruzzesi, cittadini italiani gli uni e gli altri.
Gli zingari sono quindi un popolo articolato in comunità, plasmato dalla
sua storia - storia della difesa orgogliosa della propria identità e storia
delle proprie strategie di adattamento al mutare delle situazioni,
interagendo con le culture ospiti - e dalla nostra secolare ostilità, dal
suo modo di rispondere, per secoli, alla storia delle nostre persecuzioni.
Un popolo portatore di tradizioni e di culture: modi specifici di
rapportarsi al cibo, al sesso, agli anziani e ai bambini, di definire e
vivere le regole della comunità. Un popolo che parla una lingua neo-indiana,
divisa in dialetti frutto dei modi diversi in cui questa lingua ha
interagito, nel tempo storico e nello spazio geografico, con le parlate dei
popoli incontrati e dei paesi attraversati - ma con un robusto fondo comune
lessicale, morfologico, sintattico. Sono - qui e oggi - un certo modo,
contraddittorio e lacerante, di tenere insieme, in un equilibrio instabile,
valori e modelli di vita tradizionali con i valori e modelli che la TV, in
ogni sgangherata roulotte, propone loro quotidianamente. Sono il prodotto
del nostro disprezzo di oggi, che li accompagna dalla culla alla tomba;
della segregazione nei nostri meschini e mediocri campi comunali; dei
brutali e continui sgomberi notturni che sbattono gli "abusivi" da una
discarica all'altra. E della loro resistenza-adattamento a tutto questo.
di Carlo Cuomo - tratto da "Il calendario del Popolo"
FERMIAMO LA DEPORTAZIONE DI ALI BERISHA E DEI SUOI FAMILIARI
Ali Berisha. Un cittadino come tanti. Un rom.
Fino al 1992 la sua vita, in Slovenia, scorreva tranquilla. Aveva un lavoro e la "residenza permanente" - godeva cioe' di tutti i diritti civili e politici. Come ogni altro cittadino.
Nel 1992, insieme ad altre decine di migliaia di persone, Ali Berisha e' stato "cancellato" dal registro di residenza permanente della Repubblica slovena.
Tutto e' avvenuto di nascosto. Come gli altri "cancellati", Ali Berisha non e' stato informato di cio' che stava accadendo. Insieme a lui, sono state tenute all'oscuro della "cancellazione" l'opinione pubblica slovena ed europea.
I "cancellati" hanno perso, da un giorno all'altro, le basi legali della loro esistenza, e con esse il lavoro, la casa, i contributi versati per la pensione, la possibilita' di essere curati in ospedale. Molti di loro sono stati separati con la forza dai propri cari.
Ali Berisha e' stato chiuso in un C.P.T. e deportato dal paese.
Nell'Europa di oggi, come negli anni precedenti la seconda guerra mondiale, si aggirano migliaia di "fantasmi", cittadini che il governo sloveno ha privato di ogni status civile.
Dal 1992, per lo Stato sloveno Ali Berisha non esiste. Non esiste sua moglie, non esistono i loro quattro bambini.
In questo momento, Ali Berisha e i suoi familiari sono confinati nell'Azilni Dom di Ljubljana - il Centro di identificazione per richiedenti asilo.
Un "richiedente asilo" di tipo nuovo, costretto a chiedere asilo nello stesso paese del quale, fino a qualche anno fa, era cittadino a tutti gli effetti!
Anziche' prendere atto delle conseguenze paradossali e disumane delle proprie scelte di tredici anni fa, anziche' affrettarsi a porvi rimedio, lo Stato sloveno intende proseguire fino in fondo sulla medesima strada. Per "dare una lezione" a tutti i "cancellati", per intimidire e umiliare quanti condividono la loro battaglia di dignita' e giustizia, ha deciso di portare la persecuzione di Ali Berisha e dei suoi familiari alle sue estreme conseguenze.
All'alba di venerdi' 18 novembre, alle ore 5,15, Ali Berisha, sua moglie e i quattro bambini verranno tradotti con la forza all'aeroporto di Ljubljana e caricati su un aereo diretto a Monaco di Baviera. Da li', saranno imbarcati su un nuovo volo e deportati in Kosovo: un paese al quale non appartengono, di cui i bambini non conoscono la lingua, dove non hanno riferimenti e dove la vita, per chi, come loro, e' rom, e' semplicemente impossibile.
Con questo atto, il governo sloveno non si rende solo responsabile di un'ennesima, gravissima violazione dei diritti umani.
Con questo atto, il governo sloveno infrange la stessa legge slovena, dal momento che la Corte Costituzionale ha espressamente proibito di espellere i "cancellati" dal paese.
Nel medesimo tempo un altro governo europeo, il governo tedesco, si rende complice di quell'impressionante operazione di pulizia etnica che e' stata realizzata attraverso la "cancellazione".
Ancora una volta una persona, un rom, che aveva la residenza permanente e un lavoro in Slovenia (e che, oltretutto, ha un fratello che vive e lavora a Maribor, ed e' di nazionalita' slovena) viene deportato grazie alla collaborazione della polizia tedesca.
La persecuzione di Ali Berisha e dei suoi familiari non e' piu' un problema interno dello Stato sloveno.
La sistematica violazione dei diritti umani che e' in corso in Slovenia, paese membro dell'Unione Europea, offende la coscienza di ogni democratico e chiama in causa i principi su cui si fonda l'idea di democrazia in Europa.
Associazioni e movimenti, organizzazioni non governative e soggetti della societa' europea si mobilitano per porre fine alle violenze perpetrate nei confronti dei "cancellati" e delle loro famiglie. Non permetteremo che la famiglia Berisha sia deportata in Kosovo.
Conferenza stampa, lunedi' 14 novembre 2005, alle ore 11, presso l'Associazione artistica e culturale France Prešern, Karunova 14, Ljubljana.
Saranno presenti:
Ali Berisha e la sua famiglia
Maurizio Gressi - Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani, Roma
Natasha Posel - Amnesty international, Ljubljana
Aleksandar Todorovic - Civilna iniciativa izbrisanih aktivistov
Roberto Pignoni - Karaula MiR
Sandro Mezzadra - Università di Bologna
e inoltre:
Mirovni Inštitut Slovenija, Društvo Matafir, Galaksija Njetwork, Dostje, INRI - Info Reakcija Izbrisanih, Politični laboratorij
La pasta: - 350 gr di farina - 1 cucchiaio di olio di oliva - 1/8 l di acqua tiepida - 1 pizzico di sale
La farcitura: - 600 gr di spinaci bolliti tritati - 200 gr di panna fresca - 2 cipolle sminuzzate - 1 spicchio d'aglio pestato - sale e pepe
Impastare la farina, l'olio, il sale e l'acqua per formare una pasta molle. Spalmare con l'aiuto di un pennello dell'olio d'oliva sulla pasta e ricoprirla con uno strofinaccio. Lasciare riposare per mezz'ora. Fare rosolare le cipolle e l'aglio in una padella, e aggiungervi gli spinaci con sale e pepe. Aggiungere la panna fresca e un po' di farina in modo che l'impasto non diventi troppo liquido. Tagliare la pasta in 8 o 10 pezzi. Stendere ciascun pezzo di pasta in strati molto sottili, quasi trasparenti. Imburrare il fondo di una teglia da crostata e stendervi uno strato di pasta, più uno di spinaci, più uno di pasta e così via. Nella parte superiore stendere due strati di pasta per una migliore tenuta. Fare cuocere il Burek nel forno preriscaldato per 30 minuti a 180-200°. Un altro modo per realizzare il Burek consiste nel mettere la farcitura di spinaci in ognuno dei pezzi di pasta, arrotolarli a forma di lumaca e disporli nella teglia con il resto degli spinaci sparsi tra i piccoli Burek. Anche in questo caso fare cuocere per una trentina di minuti.
La cipolla tritata con la carota a julienne (ed eventualmente altre verdure in modo da creare un soffritto, va a gusti) si fa sciogliere con 100 ml di acqua e 100 ml di olio a fuoco basso, deve bollire, non si deve rosolare.
Si fa raffreddare. Si fa bollire il riso per 10 minuti e poi si risciacqua con l’acqua fredda. Quando è tutto freddo si mescola con la carne, l’uovo, il semolino e il concentrato di pomodoro. Si aggiunge sale e pepe q.b. Si lascia riposare il composto per mezz’ora.
Le foglie del cavolo si lavano e poi si sbollentano nell’acqua alla quale si è aggiunto il succo del limone e un cucchiaio grande di sale. Quando le foglie di cavolo sono fredde si possono fare gli involtini. (Si può fare in estate anche con foglie di vite, bisogna allora farle sbollentare di meno perché sono meno dure).
Si mette la foglia nel palmo della mano, si adagia un cucchiaio di composto e si arrotola dopo di che si spingono in dentro le due estremità in modo da chiudere bene l’involtino. Sul fondo della pentola si mettono 2 cucchiai di olio e un strato di cavolo tagliato a listarelle (perché così non si attaccano) e poi si cominciano e mettere gli involtini a strati.
Quando sono state messe tutte si aggiunge acqua fredda fino quasi a coprirle e si fa cuocere a fuoco basso da quando comincia a bollire per un’ora e mezza. Poi si aggiunge un bicchiere di vino bianco e si fa ancora cuocere un quarto d’ora. Non bisogna mai mescolare perché se no si disfanno e viene una poltiglia. Bisogna solo ogni tanto smuovere bene la pentola soprattutto quando l’acqua sta per consumarsi tutta.
Polneti Piperki
Ho chiesto ad alcuni amici provenienti dalla ex Yugoslavia quale fosse il loro piatto preferito. Inutile dire che si sono divisi in varie fazioni anche su questo argomento. Alla fine della discussione, per una volta abbiamo raggiunto un accordo:
- 8 peperoni medi verdi - 2 peperoni piccoli verdi tagliati a pezzettini - 150 gr di burro - 4 cipolle piccole, tagliate fini - aglio macinato, 2 chiodi di garofano - 1 barattolo di passata di pomodoro - sale e pepe - 500 grammi di prosciutto affumicato - 2 uova - 500 gr di pan grattato
Tagliare gli 8 peperoni secondo le nervature, lavarli e rimuovere i semi. Scottarli in acqua salata per 5 minuti e poi scolarli. In un tegame a parte, sciogliere il burro, aggiungere le cipolle tagliate fini, l'aglio, e il sale. Quando sono dorati, porre nel tegame la passata di pomodoro, il prosciutto, i 2 peperoni piccoli tagliati fini e i chiodi di garofano. Dopo 15 minuti, togliere dal fuoco e mescolare con le uova e il pan grattato. Riempire i peperoni tagliati, e ricoprire col resto del pan grattato. Mettere in forno a 250° per 25 minuti e fare brunire la parte superiore.
Non so se siate cattolici, ortodossi o musulmani (o evangelici), quindi sul bere decidete voi e non scateniamo altre guerre.
Comunicazione di servizio per milanesi e dintorni:
Veglione di capodanno al campo
*****
Musica, balli, fuochi per una serata che ricorderete. Contattatemi per informazioni o partecipare
Soundtrack:
Per una volta, abbandoniamo la musica balcanica, per promuovere nuovi suoni:
Di Fabrizio (del 08/03/2006 @ 11:26:20 in casa, visitato 1923 volte)
Il dissolvimento della ex Jugoslavia, oltre ai massacri e alle miserie che seguono ogni guerra, ha portato in tutti i suoi territori a una redifinizione di alcuni diritti fondamentali, che riguardano tanto le popolazioni romanì che gli altri cittadini,qualsiasi sia la loro etnia d'origine. Principalmente, il diritto d'asilo per chi fuggiva dalla guerra e dalle persecuzioni etniche, ma anche, ad esempio in Slovenia, il diritto ai documenti oppure, in Bosnia-Herzegovina, la partecipazione attiva e passiva al diritto di voto e alle cariche elettive. Ci sono state proteste, sono iniziate trattative a livello nazionale e oltre, per superare queste situazioni. Aggiungo questa segnalazione da:
Che cosa significava nell’ex Jugoslavia poter vantare un diritto alla sicurezza abitativa? Significava essere detentori di un diritto di uso a vita esenza limiti di un appartamento, così come quello di prender parte alla sua gestione ed amministrazione. L’unica cosa che l’inquilino non poteva fare era vendere l'alloggio.
Nel 1996 il Parlamento croato ha approvato la legge sugli affitti che privava gli occupanti degli appartamenti privati di proprietà nominale, del diritto di beneficiarne a vita, diritto questo a carattere ereditario e in vigore dal 1945.
Questa legge sugli affitti ha dunque messo in pericolo il diritto umano fondamentale alla protezione della casa e della famiglia degli inquilini che, adesso, corrono un grave rischio di essere sfrattati.
Stiamo parlando di oltre 40.000 persone, i cui sfratti stanno aumentando progressivamente. Donne e uomini anziani vengono mandati in ospizi la cui retta viene pagata non dallo Stato ma dalla loro pensione.
Perciò l'Alleanza delle Associazioni degli Inquilini della Croaziapromuove la Campagna Sfratti Zero in Croazia, Restituire il diritto alla sicurezza abitativa degli inquilini, assieme all'International Alliance of Inhabitants e a decine di organizzazioni sociali, sindacali, politiche e personalità.
Cosa possiamo fare? Moltissimo, come è dimostrato dalle altre Campagne Sfratti Zero. Queste funzionano perché si stabilisce un legame di solidarietà tra la mobilitazione locale e le decine di migliaia di persone che sostengono concretamente la battaglia, anche con una semplice firma.
>>> Perciò è indispensabile la solidarietà internazionale.
>>> Clicca quiper firmare subito l'Appello! >>> La tua firma raggiungerà immediatamente tutte le controparti interessate.
Di Sucar Drom (del 24/09/2008 @ 11:21:08 in blog, visitato 2615 volte)
Nonantola (MO), a Villa Emma le voci inascoltate di Sinti e di Rom
Da secoli Rom e Sinti sono popolazioni europee. Vivono a contatto della cultura
maggioritaria. A noi vicine, troppe volte temute, quasi mai conosciute. I loro
contorni annegano in stereotipi difficili da scalfire, rimandando a immaginari
resistenti e devastanti: nomadi inaffidabili e sporchi...
Mantova, la MEZ invita tutti a partecipare
A Mantova, in viale Learco Guerra, è iniziato il convegno religioso della
Missione Evangelica Zigana. Il convegno si chiuderà il 30 di ottobre. I Pastori
evangelici sinti invitano tutti. I culti si terranno ogni sera dalle ore 20.30 e
la domenica mattina dalle ore 10.00...
Bussolengo (VR), rissa in Senato
Rissa in Senato sulla questione Rom: nel corso di un'audizione, la deputata
olandese della Commissione per le libertà civili, giustizia e interni, Elly
de Groen Kouwenhoven, del gruppo Verde ha accusato i carabinier...
Schifani, Barrot e la tolleranza
In materia di immigrazione “le politiche del governo italiano non sono né
discriminatorie né reazionarie”. Lo ha affermato il presidente del Senato,
Renato Schifani rispondendo, in visita ufficial...
I 10.000 Rom e Sinti svaniti sono un'invenzione
Il Giornale da alcuni giorni e ora anche TgCom affermano che almeno 10.000 Rom e
Sinti sono svaniti in pochi giorni dopo i controlli nei campi delle grandi
città, voluti dal ministro dell'Interno, Roberto...
Sucar Drom, si al dialogo ma senza inchinarsi
Le dichiarazioni del Presidente del Senato, Renato Schifani, sul caso di
Bussolengo (VR) sono gravissime. Di fatto un colpo di spugna a qualsiasi azione
della Procura della Repubblica e delle altre istituzioni preposte ad accertare
la verità...
Maroni amico dei Rom?
Arrivano i parlamentari europei e Roberto Maroni diventa amico dei rom. Niente
aggravante di clandestinità per i cittadini comunitari, nessuno sgombero dei
“campi nomadi” senza una soluzione alternativa e niente schedatura su base
etnica o religiosa come è successo qualche tempo fa nei “campi nomadi”
napoletani. Questi...
Chi specula davvero sui Rom
La visita a Roma di una commissione d’inchiesta del Parlamento europeo per
verificare la situazione nei campi nomadi italiani ha suscitato polemiche.
Eppure, secondo i dati resi noti dalla Croce Rossa Italiana e dallo stesso
governo nella lettera inviata alla C...
Caritas, un povero vale più del decoro di un marciapiede
Mentre negli Usa, Barack Obama, candidato presidente, è ormai il “simbolo
meticcio della contemporaneità”, noi italiani “siamo impegnati a erigere il
patetico muro di Lampedusa”: è la sconfortante constatazione che apre
l’editoriale del direttore della Caritas itali...
Storia alla rovescia semiseria nella nuova Roma
Dopo che il ministro della Difesa, l’8 settembre ha ricordato l’eroismo dei
repubblichini di Salò, che soli hanno cercato di fermare l’avanzata angloamerica;
dopo che il 20 settembre a Porta Pia si sono commemorati i caduti papalini, la
serie di ricorre...
Lamezia Terme (CZ), nessun rom in classe
Nessun bambino rom quest’anno a scuola. Alle mamme e ai papà di Scordovillo non
importa se i loro figli imparano a leggere, scrivere, il teorema di Pitagora o
dove si trovano Romania e Slovenia...
Cuneo, alla Carovana della Pace sono stati applauditi i Sinti
Erano circa un migliaio i partecipanti alla 10Ş Carovana della Pace che si è
svolta nel pomeriggio di ieri da Cuneo a Boves dedicata ai due preti, don
Giuseppe Bernardi e don Mario Ghibaudo, uccisi dai tedeschi il 19 settembre
1943...
Rom, il governo dimentica i soldi per l'integrazione
«Una situazione che insulta la dignità umana». Così il Presidente della
Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni del Parlamento europeo
Gerard Deprez, ha commentato lo stato di degrado in cui versava il “campo
nomadi” del Casilin...
Lega Nord, i Rom sono degli ospiti in Europa
La Lega Nord, presente all’assemblea parlamentare dell’Osce (organizzazione per
la sicurezza e la cooperazione in Europa) riunitasi a Toronto per il dibattito
su immigrazione e sicurezza, esprime la sua opinione per bocca di Claudio
D’Amico. “I rom – ha detto l’esponente leghista - per essere...
Bussolengo (VR), Sonia Campos esce dal carcere
Ancora un rinvio. Ancora una settimana di carcere per Angelo Campos e Denis
Rossetto. Sonia Campos, invece, è stata scarcerata. L’udienza di martedì 23 nel
tribunale di Verona si è conclusa con l’ordinanza di scarcerazione, emessa dal
giudice perché, a suo parere, non sussiste più, per Sonia Campos il risch...
Roma, vengono fotografati e schedati anche i neonati
Non più impronte digitali ma foto segnaletiche. E’ così che a Roma sta
procedendo il “censimento”, attuato dalla Croce rossa Italiana in collaborazione
con la Prefettura della Capitale. Certo il “censimento” non è obbligatorio ma se
non vieni censito il rischio di essere sbatt...
Di Sucar Drom (del 19/11/2006 @ 11:00:00 in blog, visitato 1620 volte)
Bologna, sgomberati i Rom Romeni di via Bignardi Tornano le "ruspe democratiche" del sindaco Cofferati e infuria la polemica politica. Stamani all'alba uomini e mezzi di polizia, Carabinieri e vigili urbani, hanno sgomberato un "campo nomadi" alla periferia di Bologna, identificando 123 persone, fra cui 35 bambini e 14 donne incinte, e abbattendo tutti gli insediamenti abusivi. Il sindaco ha ordinato la "rimozion »
Canzonature, Golferati e gli sgomberi Dopo alcuni mesi di silenzio e ispirazione siamo tornati attivi con una nuova proposta pubblicitaria riguardante il nostro/vostro amato sindaco Sergio Gaetano Cofferati e le sue lodevoli attività per la città di Bologna. Siamo gli stessi "pubblicitari di movimento" che abbiamo ideato l'adesivo della "Birra Peron" e il manifesto di "Aquila delle ruspe" che immortalava »
Slovenia, guerra ai Rom Con la tacita complicità del governo ''l'insurrezione'' xenofoba anti-rom dilaga in Slovenia mentre il premier Janša stigmatizza l'ombudsman Matjaž Hanžek e la stampa indipendente che hanno internazionalizzato il problema. Alberi abbattuti, trattori, barricate, „guardie paesane“ che scimmiottano le "vaške straže" di anti-partigiana e "domobrana“ memoria, assemblee infiammate, »
Piovene Rocchette (VI), fiaccolata leghista anti-sinti Per sabato 25 novembre 2006, a Piovene Rocchette è stata organizzata una fiaccolata “anti nomadi”. L’iniziativa è promossa dalla segreteria provinciale della Lega Nord come risposta alle recenti polemiche sull’argomento. Per promuovere la fiaccolata i leghisti scledensi saranno oggi, sabato 18 novembre 2006, in centro storico con un gazebo allo scopo di sensibilizzare i cittadini. La scelt »
Bologna, distrutto dal fuoco insediamento rom Intorno alle 3.30 di ieri mattina, 18 novembre 2006, un incendio ha distrutto completamente l'insediamento di via Scandellara. Il Sindaco, Sergio Cofferati, in Consiglio Comunale a poche ore dallo sgombero dell'insediamento di via Bignardi annunciava la necessità di fare altrettanto, quanto prima possibile, per l'accampamento di »
Di Fabrizio (del 26/08/2006 @ 10:54:03 in media, visitato 2698 volte)
Ricevo e porto a conoscenza:
Mi chiamo Zeljko Mirkovic, regista serbo, membro di European Documentary Network. Sono lo sceneggiatore, co-produttore e regista del documentario MUHAREM MUSIC THE EYES OF LIFE.
Il film ha ottenuto 5 premi internazionali:
GRAND PRIX- Kosice Slovakia- International Film Festival for Broadcasters;
Award of National TV Romania-Ethnographic International Film Festival Slatioara, Romania,
The Best National Film- Ethnographic International Film Festival Belgrade, Serbia
First award for directing in treatment national minorities- Serbian Documentary Film Festival "GoldenJug" in Velika Plana-Serbia
First award for photography- Serbian Documentary Film Festival "Golden Jug" in Velika Plana-Serbia
E' stato anche presentato con successo a Izola-Slovenia, Graz-Austria.
Il film è la storia di Muharem, musicista Rom cieco e anche profugo dal Kosovo. Attraverso le intemperie della vita, compie il suo destino suonando nei treni dei Balcani, questo talentuoso artista si fa guidare dal suo banjo, lo strumento che adopera per comunicare col mondo. E' un film sulla costante lotta per la sopravvivenza, un film sulla speranza.
Durata: 27 minuti
Cerco cooperazione ee aiuto per distribuire il film. Chi fosse interessato, mi può contattare e gli spedirò una copia su DVD o vi fornirò le informazione che desiderate.
film and tv ditector, Zeljko Mirkovic Film and video production KRUG +381 64 228 47 67
Di Fabrizio (del 11/02/2007 @ 10:31:47 in Regole, visitato 2148 volte)
Nel novembre scorso una delegazione di ''cancellati'' sloveni si era recata a Bruxelles chiedendo all'Europa di intervenire. La Commissione europea, per voce di Franco Frattini, si tira però fuori: non è competenza nostra
[...] La deportazione dei Berisha
Intanto un nuovo caso getta ombra sul comportamento delle autorità slovene che comunque non si scompongono più di fronte alle critiche delle organizzazioni umanitarie e di Amnesty International, contando sulla comprensione delle istituzioni comunitarie e del commissario Frattini.
Alcuni giorni fa la polizia di Lubiana ha prelevato da un centro di accoglienza per stranieri e deportato in Germania la numerosa famiglia rom di Ali Berisha, originaria del Kosovo. Le autorità tedesche stanno ora vagliando la possibilità di concedere ai Berisha quell'asilo politico che la Slovenia ha negato loro e che la stessa Germania precedentemente non aveva concesso.
In questa vicenda s'intersecano le lacune legali sui cancellati e l'atteggiamento poco flessibile nei confronti dei rom. Ali Berisha è un cancellato in quanto negli anni '80 e '90 visse e lavorò in Slovenia. La Germania, dove era poi emigrato, non gli aveva concesso l'asilo politico e Berisha, pur di non tornare nel Kosovo, dove i rom continuano ad essere discriminati e anche perseguitati dai nazionalisti albanesi, aveva deciso di tornare con la sua famiglia in Slovenia.
Di Fabrizio (del 11/11/2006 @ 10:28:18 in conflitti, visitato 2470 volte)
Ljubljana, Budapest, 6 Novembre 2006. European Roma Rights Centre (ERRC) e la sezione slovena di Amnesty International hanno spedito una lettera al Primo Ministro sloveno Janez Jansa, per esprimere seria preoccupazione verso le autorità accusate di aver facilitato lo sgombero forzato dell'insediamento Rom nel villaggio di Ambrus, dopo i disordini scatenati da persone non-Rom. La polizia è dovuta intervenire a protezione dei residenti dell'insediamento [...] ma è intervenuta in ritardo e le autorità non hanno presa una seria posizione sull'accaduto.
Il 29 ottobre un gruppo di circa 30 Rom e parecchi bambini di Decja vas, vicino al villaggio di Ambrus nel comune di Ivancna Gorica, sono stati evacuati nel centro di rifugio di Postojna/Postumia, un'ex caserma, perché fossero protetti dai non-Rom.
L'azione è stata presa apparentemente come risultato di un conflitto sorto da un incidente accaduto la settimana precedente, quando un non-Rom era stato assalito dagli abitanti dell'insediamento (la versione originaria era differente ndr.). Era stato poi ricoverato d'urgenza. A seguito di quei fatti, il 23 ottobre, gli abitanti non-Rom del villaggio avevano risposto violentemente contro i Rom. La polizia è stata presente durante queste azioni, come testimoniato anche dalla televisione, ma senza intervenire.
L'intera comunità Rom aveva cercato riparo nella foresta, da dove i non-Rom impedivano loro di tornare alle proprie case, minacciandoli di morte.
Il 28 ottobre, i Rom hanno tentato di fare ritorno, sotto la protezione della polizia. Ma i non-Rom l'hanno impedito, minacciando nuove violenze, e chiedendo alle autorità di rilocare i Rom "per ragioni di sicurezza ed ecologiche"; chiedendo che "i Rom non facessero più ritorno all'area". A seguito delle minacce, la polizia ha ritenuto di bloccare i Rom dal loro ritorno.
La sera stessa, si è arrivato ad un accordo informale per cui i Rom sono stati accolti nell'ex caserma di Postojna/Postumia, che dispone di acqua potabile ma non di riscaldamento e di acqua calda. Come risultato, Jurij Zaletel, capo del Settore per l'Integrazione dei Rifugiati e Stranieri del Ministero degli Interni, ha proposto che i Rom possano utilizzare le docce del centro detentivo "Veliki Otok", 2/3 volte la settimana.
Matjaz Hanzek, Ombudsman per i Diritti Umani, ha stigmatizzato il ruolo delle autorità in questo caso dove "minacce e violenze possono decidere dove si può vivere". Ha anche ammonito che questi atteggiamenti potrebbero servire da segnale per altri casi, che potrebbero ripetersi in futuro.
In Slovenia dilaga la rivolta razzista anti-rom. Scenari inquietanti per un Paese che nella prima metà del 2008 presiderà l'UE. Per sensibilizzare l'opinione pubblica su questo problema, in novembre scorso ha avuto luogo una marcia, che partendo da Lubiana, ha toccato anche Trieste e Monfalcone.
La famiglia Strojan La lunga marcia dei cancellati si è svolta in novembre, cominciando da Lubiana. E' passata per Trieste, dove 48 vittime della cancellazione che non si vogliono arrendere o rassegnare di fronte all'indifferenza del governo e del parlamento di Lubiana che continuano a glissare sul problema, sono state accolte in Consiglio regionale dall'assessore alla cultura e alle politiche della pace Roberto Antonaz e da alcuni consiglieri di diversi partiti della sinistra (Rifondazione, PdCI, DS e Verdi).
Poi è stata la volta di Monfalcone, dove ad esprimere la propria solidarietà ai cancellati della Slovenia (ma anche a qualche cancellato italiano che si è unito alla carovana, come il giovane rom nato a Roma da genitori ex-jugoslavi Zvonko Đurđević) sono stati gli operai della Fincantieri, quelli del sindacato FIOM, con alle spalle una lunga tradizione di lotte operaie e di solidarietà interetnica.
Ad applaudire il gruppo accompagnato nel loro viaggio verso Bruxelles dagli attivisti sloveni e italiani di "Karavla mir" e "Dostje" c'erano pure alcuni lavoratori del Bangladesh e del Pakistan, alcuni dei tanti che nella Monfalcone progressista e cosmopolita hanno ottenuto un diritto di domicilio esemplare rispetto ad altre realtà industrializzate. Da Monfalcone a Parigi, al parlamento francese insieme ai "sans papier" e poi a Bruxelles dal commissario Franco Frattini, accompagnati da due deputati della sinistra europea, Giusto Catania e Roberto Musacchio che avvertono: la Slovenia risolva questo problema prima di prendere in mano le redini dell'UE. Viaggio imbarazzante per il governo sloveno, che sulla marcia europea dei diseredati ex-jugoslavi preferisce per ora mordersi la lingua. Solo due i messaggi pervenuti dal mondo politico ai cancellati in procinto di partire; quello solidale del deputato socialdemocratico Aurelio Juri, e quello critico e stigmatizzante dell'eurodeputato del Partito democratico sloveno Miha Brejc.
Molti cancellati, nonostante due delibere a loro favore della corte costituzionale slovena, continuano a rimanere tali, a non godere cioé di quegli elementari diritti di cittadinanza o di residenza che furono cancellati amministrativamente in una notte del 1992 e più tardi solo parzialmente riconosciuti a coloro che risucirono a mettere insieme tutta la documentazione richiesta, perlopiù andata in fiamme lì dove infuriava la guerra.
La rivolta razzista
Ma il problema dei cancellati è solo uno dei problemi che la Slovenia dovrà o dovrebbe risolvere prima di assumere la presidenza dell'Unione Europea nella prima metà del 2008. L'altro inquietante scenario che sembra purtroppo dilagare ed essere sfuggito di mano allo stesso governo Janša, che fin'ora lo ha ispirato e sostenuto tramite i propri commissari politici, è la rivolta anti-rom in tutta la Slovenia.
Ad Ambrus c'è stato sabato scorso il primo caso di violenza, con in prima fila la testa insanguinata di un contestatario locale che assieme ad altre centinaia di compaesani bloccava le strade impedendo alla polizia l'accesso all'insediamento rom della famiglia Strojan. La polizia ha caricato ed ha colpito la testa di un locale militante del partito di governo. Negli scontri sono stati leggermente feriti anche altri paesani.
Il giorno dopo ne ha fatto le spese il direttore della polizia di Lubiana, mentre Janša ed il ministro degli Interni Mate hanno chiesto scusa alla popolazione di Ambrus, dove quasi tutti votano tradizionalmente per il loro partito.
I disordini erano cominciati in seguito alla notizia che la famiglia rom, ospitata nel centro di permanenza per stranieri di Postumia (25 persone di cui 21 tra donne, bambini ed un'anziana) per sfuggire al linciaggio della folla di Ambrus, si era decisa a tornare a casa propria dopo che le tante promesse del governo di trovare una sistemazione alternativa erano finite in una sommossa nazionale;da Ambrus a Mala huda, da Grosuplje a Ig, da Kocevje a Ribnica e Lubiana. Barricate, blocchi stradali persino con la partecipazione dei locali vigili del fuoco e dei loro mezzi antincendio, uomini minacciosi armati di pali e seghe a motore, pronti ad affrontare anche le unità speciali di polizia, gli skin head e le "viole", gli ultras del Maribor, pronti ad aiutare gli insorti, e una polizia tollerante e intimidita con l'eccezione dei disordini ad Ambrus di sabato, finiti con una testa rotta e le dimissioni immediate del direttore di polizia.
Immagini da klu klux klan ma con dimensioni di massa da far rabbrividire anche il regista cinematografico più azzardato. Ogni ipotesi di insediamento dei rom, in qualsiasi parte del paese, persino a Lubiana, porta in strada le cosiddette "vaške straže" la cui simbologia politica rievoca direttamente il collaborazionismo filonazista nella seconda guerra mondiale.
Una revansce in chiave attuale e xenofoba, su cui - salvo rare eccezioni - il mondo politico tace o balbetta, mentre la chiesa cattolica e un buona fetta dell'intellighenzia glissano pavidamente. A fare le spese della furia popolare anti-rom è stato pure il nuovo sindaco di Lubiana Zoran Janković che ha tentato di offrire una sistemazione alla famiglia Strojan nel proprio comune. E' stato fischiato e contestato aspramente dalla folla della comunità locale interessata ed ha fatto, vistosamente preoccupato, un realistico dietro front.
Martedì per il solo sospetto (infondato) che nei veicoli della polizia dell'accademia di Gotenica presso Kočevje ci potesse essere uno Strojan è insorta la cittadina di Ribnica; al post odi blocco le »straže« hanno fermato persino i poliziotti e li hanno perquisiti, umiliando nuovamente lo stato di diritto. Cinquanta intellettuali di area liberal-progressista hanno richiesto intanto, in un appello a favore dei diritti dei Rom, le dimissioni del ministro degli interni Dragutin Mate cui addebitano la responsabilità diretta del caos razzista nel paese.
Gli Strojan intanto aspettano nel CPT di Postumia, il governo mantiene un atteggiamento ambiguo, esibendo la propria impotenza ed umanitaria benevolenza ma senza perdere occasione di puntare l'indice su presunte divisioni in seno alla stessa famiglia e sulla "poca affidabilità" di questa al momento di trovare un accordo.
La stessa sindrome dell'antisemitismo
Cosa sta succedendo nella Slovenia del 2006, nel paese che tra meno di due anni dovrebbe presiedere l'Unione Europea? E' forse in preda alla sindrome di angoscia collettiva che sembra pervadere una buona fetta dei paesi dell'est europeo e che ricorda quella dell'antisemitismo nella Germania di Weimar? Dalla Polonia all'Ungheria, alla Slovenia. Com'è possibile che un paese con il reddito più alto tra quelli dei nuovi membri UE e noto per la sua tradizionale moderazione e per una proverbiale (apparente) stabilità politica, diventi ora poligono di lotte razziali e di un crescente culto del linciaggio e delle "vaške straže"?.
La risposta va probabilmente cercata nella dilagante insicurezza, nel disagio che accompagna la gente in una fase di transizione particolarmente incerta, dove diventa tangibile e dolente ma anche redatto a tavolino, in nome delle leggi del libero mercato, il ridimensionamento dello stato sociale, dell'assistenza pubblica, di quella pensionistica, dei pari diritti alla scuola ed alla sanità.
E poi è in arrivo l' Euro e con lui la grande paura dei rincari e dell' ulteriore perdita del potere d'acquisto. E poi Schengen e la libera circolazione all'interno dell' area, e l'arrivo della Romania e della Bulgaria e di tanti immigrati più giovani e più fertili.
Insomma la percezione è quella di un sommovimento tettonico epocale che sta angosciando il piccolo individuo, sempre più insicuro e che cerca nella propria rassicurante comunità tradizionale un rifugio, da difendere ad ogni costo, anche con le seghe a motore.
La classe politica al potere è impegnata ormai da alcuni anni a spiegare alla gente che l'assistenzialismo sociale va ridotto al minimo, cominciando dai settori più "parassitari". E l'idea del "parassita sociale", responsabile del malessere generalizzato, s'insinua nell' immaginario collettivo della gente che cerca e trova il capro espiatorio nei più deboli.
Emira è bosniaca e lavora alla TV pubblica come donna delle pulizie con un contratto precario; entra nello studio tutta imbronciata e borbotta: "Maledetti Zingari, loro non lavorano e incassano l'assistenza sociale. Ed io qui a sgobbare! Maledetti!". Fonte: www.osservatoriobalcani.org
Con la tacita complicità del governo ''l'insurrezione'' xenofoba anti-rom dilaga in Slovenia mentre il premier Janša stigmatizza l'ombudsman Matjaž Hanžek e la stampa indipendente che hanno internazionalizzato il problema
Alberi abbattuti, trattori, barricate, „guardie paesane“ che scimmiottano le "vaške straže" di anti-partigiana e "domobrana“ memoria, assemblee infiammate, folla concitata. Ai posti di blocco che chiudono gli accessi ad Ambrus e Mala Huda nel comune di Ivančna Gorica, nella Slovenia orientale, i picchetti controllano ogni automobile, ogni movimento sospetto, persino i documenti dei passanti.
Il 21 ottobre si sono incontrate a Varsavia le principali organizzazioni impegnate a promuovere la prima conferenza europea sullì'antiziganismo.
Una donna strofina un bambino, che ha gli occhi e la pelle scure. D'improvviso, qualcuno le porge un fustino del detersivo in polvere ARIEL. Dopo un ulteriore tentativo, dalla schiuma appare un bambino di carnagione chiara e dagli occhi azzurri.
Si può trovare su un sito slovacco. Anche se si tratta solo di pubblicità, nondimeno esprime un pensiero reale: che si tratti di "Gypsies", "Gitanos" o "Zigeuner", come sono comunemente chiamati, sono persone sporche di cui sbarazzarci. Non è un caso che gli autori di questo "scherzo" abbiano scelto ARIEL per combattere lo "sporco", ARIEL suona molto simile ad "Ariano" ed "Arianizzazione". Quest'estate, il proprietario di un campeggio austriaco avvertiva di non gradire clienti Rom (QUI ndr). A settembre, per reazione all'insediamento di 140 roulottes e caravans [di Gente di Viaggio] sul terreno comunale, il sindaco di Emerainville scrisse ai suoi abitanti che il comune non doveva diventare la discarica del dipartimento Seine-et-Marne.
Circa due terzi degli Europei concordano con simili affermazioni: non vogliono i Rom come vicini. Grossomodo la stessa percentuale di persone ha chiesto la separazione totale dei Rom dal resto della popolazione, in paesi come Slovenia e Romania. In un referendum tenutosi nel 1996 nella Repubblica Ceca, circa la metà degli intervistati è d'accordo che i Rom dovrebbero essere allontanati dal paese. Dalla Croazia alla Grecia, l'opposizione dei genitori non-Rom impedisce la condivisione dell'insegnamento e incoraggia le autorità a segregare i figli dei Rom in classi speciali dove ricevono un insegnamento sotto gli standard previsti - cosa che, a sua volta, perpetra il pregiudizio che i Rom non siano portati allo studio.
Per rispondere alle crescenti pressioni delle OnG dei Rom, l'Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani dell'OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), il Consiglio d'Europa e l'European Monitoring Centre on Racism and Xenophobia di Vienna, hanno organizzato a Varsavia la prima conferenza internazionale specifica sull'antiziganismo (argomento che era inizialmente previsto come secondario all'ordine del giorno). E' stata la prima volta che se ne discuteva in maniera approfondita tra le diverse organizzazioni, sotto l'egida europea.
Vi hanno preso parte circa 170 persone [...] La maggior parte dai paesi dell'Europa dell'Est, dove risiede la maggior parte dei Rom.
Per oltre 10 anni, la situazione dei Rom nell'Est Europa ha richiamato l'attenzione della comunità internazionale. Nel 1993, i capi di stato e i governi europei indicarono il rispetto dei diritti umani e delle minoranze come criteri per l'ingresso nell'Unione Europea. Da allora, sono stati adottati diversi piani d'azione e misure politiche. Il panorama legale si è significativamente sviluppato con l'adozione nel 1995 della Convenzione Quadro del Consiglio d'Europa sulle Minoranze Nazionali, e le direttive del pari trattamento nel campo dell'impiego e dell'antidiscriminazione, sulle basi della cosiddetta Direttiva Razziale del 2000.
La Corte Europea dei Diritti Umani è diventata l'istanza suprema a cui rivolgersi per le violazioni dei diritti dei Rom, secondo le parole usate da Lauri Sivonen, membro dell'Ufficio della Commissione per i Diritti Umani, durante la sua presentazione. A dire il vero, molte delle violazioni sono commesse dalle stesse autorità. Nota Christian Stohal, ambasciatore OSCE, che i ritardi del piano per lo sviluppo dei Rom, sono dovuti soprattutto alla persistenza dei pregiudizi degli amministratori pubblici.
L'antiziganismo è il problema
Alcuni rappresentanti delle organizzazioni internazionali, come Henry Scicluna del Consiglio d'Europa, soo andati oltre, affermando che l'antiziganismo è la radice dei problemi, comunemente conosciuti come "i problemi dei Rom", come ad esempio la discriminazione e l'emarginazione nella scuola, nella casa, nel lavoro e nella salute. Sivonen aggiunge che l'antiziganismo costituisce un pericolo per l'intera società, impedendo ai Rom di prenderne parte.
Anche quando viene adoperato il termine "antiziganismo", molti tra i componenti dei poteri pubblici disgiungono loro stessi dal termine, confinandolo nel terreno dell'attivismo politico. Apparso la prima volta negli anni '80, "antiziganismo" copre un amplio raggio di pregiudizi e di azioni contro i Rom, Sinti e le comunità loro collegate.
Ma, la designazione di un nuovo termine necessita di un motivo. Perché non adoperare "razzismo", si dice. Qualcuno si lamenta che non è un termine scientifico. Altri sono preoccupati per la proliferazione dei termini. Altri ancora osservano che "Zigano" stesso è un costrutto negativo, che non dovrebbe essere adoperato nel descrivere uno specifico razzismo anti Rom.
Tra gli attivisti dei diritti Rom non ci sono divisioni. Il fatto è che il pregiudizio la discriminazione anti-Zingari sono così pervasivi - in tutti i paesi, così tenaci e adattabili nei secoli, e che l'antiziganismo non sia stato toccato dal medesimo tabù ideologico dell'antisemitismo dopo la II guerra mondiale, sono tutti punti che giustificano il bisogno di un termine speciale.
Isil Gachet della Commissione Europea contro il Razzismo e l'Intolleranza (ECRI),
una sezione indipendente del Consiglio d'Europa, sottolinea durante la
conferenza che l'antiziganismo è un tipo di razzismo che sovente è
accompagnato da atti concreti di ostilità. Aggiunge che [...] spesso è
legittimato sulla base di pregiudizi. Inoltre, su 43 casi di razzismo segnalati
da ECRI dal 2002 a oggi nei paesi membri del Consiglio d0Europa, 32 riguardano
specificamente i Rom, inclusi 16 giudicati di "particolare
preoccupazione".
L'esigenza delle statistiche
Uno studio condotto nel 2000 dal National Roma Congress (RNC),
una tra le più grandi organizzazioni internazionali dei Rom, elenca 4.500
attacchi razzisti contro i Rom nell'Europa dell'Est e 5.800 negli stati membri,
nel periodo tra il 1990 e il 1998, durante i quali 1.756 Rom sono stati uccisi e
3.500 feriti. RNC nota che lo studio contiene soltanto i casi portati alla sua
attenzione - non esistendo un controllo e una elenco sistematici.
Il nuovo rapporto del Commissario per i Diritti Umani del
Consiglio d'Europa sulla situazione dei Rom nel continente, effettuato
all'inizio dell'anno, riporta solamente un dato del 2002: 109 attacchi razzisti
registrati in Slovacchia nel 2002. Un precedente rapporto [...] sulla violenza
razziale, l'espressione più estrema di antiziganismo, citava solo incidenti
isolati.
Capita, che i rappresentanti delle organizzazioni internazionali (come Beate
Winkler, direttore dell'Osservatorio di Vienna) motivino la carenza di dati con
la riluttanza nelle comunità Rom a rispondere alle domande, sulla base del
ricordo degli esperimenti nazisti, che furono preceduti da sondaggi sulle loro
abitudini e costumi.
E' una spiegazione che in parte libera la società dalle proprie
responsabilità. C'è necessità di monitorare l'antiziganismo. Per esempio, i
comunicati stampa della polizia, accennano di frequente all'origine rom reale o
presunta, quando si tratta di un colpevole o di un sospetto. Quando i Rom sono
vittime della violenza razzista la loro origine è citata di rado. Invece le
indagini su brutali atti di razzismo, avvenute in Slovacchia senza il consenso
delle interessate e che ha interessato centinaia di donne, sono violentemente
ostacolate dalle autorità pubbliche.
Il riconoscimento di un rinnovato pericolo di antisemitismo, due anni fa, è
dovuto principalmente al fatto che le organizzazioni ebraiche condussero
ricerche in proprio e le resero pubbliche. Ai Rom mancano storicamente la
volontà e i fondi per condurre un simile lavoro e non appaiono donatori
all'orizzonte. Il risultato sarebbe dimostrare che l'emarginazione sociale dei
Rom è principalmente radicata nelle pratiche volte alla loro esclusione.
La maggior parte dei convenuti a Varsavia si è impegnata a presentare questi
programmi alle proprie istituzioni. E' evidente la distanza tra la prospettiva
dei Rom, che insistono [sull'importanza] della partecipazione e dei pari
diritti, e le ben intenzionate, ma talvolta limitate, vedute dei non-Rom.
Differenze di punti di vista, che talvolta si sono tradotte in comici dialoghi
tra sordi - ad esempio quando il rappresentante del governo tedesco insisteva
nel giustificare la deportazione di Rom, Askali ed Egizi kosovari verso Serbia e
Montenegro (Kosovo incluso), come rispettosa del diritto tedesco ed
internazionale. O invece in momenti più seri e complicati, quando l'uso della
parola "Olocausto" da parte di un Rom della Repubblica Ceca, per
descrivere le pulizie etniche in Kosovo, ha sollevato le proteste di un
rappresentante non-Rom à che si era dimenticato, o semplicemente ignorava che i
Rom, come gli Ebrei, furono vittime del genocidio nazionalsocialista.
E’ uscita dalla Yugoslavia ed è entrata a fare parte a pieno titolo nell'Unione
Europea nel maggio del 2004; è nella Nato nell’ambito di un allargamento
dell’alleanza atlantica che ha inglobato alcuni dei paesi un tempo considerati
nemici. Punta, quindi, ad essere una nazione “europea” a tutti gli effetti.
Ma ora si scopre che la Slovenia – collocata ai nostri confini – è anche un
paese xenofobo e razzista. E una denuncia in merito - forte ed appassionata –
giunge da Amnesty International che si rivolge direttamente all’Unione Europea
per evidenziare la situazione che si è andata creando in Slovenia attorno alla
minoranza Rom.
L’Unione – sottolinea Amnesty - ''non può continuare a ignorare la difficile
situazione in cui si trovano migliaia di cittadini'' che vivono in un ''limbo
giuridico o aspettano un indennizzo dalle autorità slovene'' perché private dei
propri ''diritti più fondamentali''.
Amnesty International rinnova così il suo appello a Bruxelles contro le
discriminazioni cui sono sottoposti i Rom ed altre minoranze. Esattamente 15
anni fa, solo qualche mese dopo la dichiarazione di indipendenza, ricorda
l'organizzazione umanitaria, le autorità slovene ''presero la decisione
straordinaria che da allora è stata condannata dalle più alte corti del Paese,
dall'Onu e dal Consiglio d'Europa: la rimozione di oltre 18.000 persone,
soprattutto di origine Rom, dal registro dei residenti permanenti''.
Esistono ''casi drammatici di persone alle quali è stata negata l'assistenza
medica anche se erano nel pieno di una cura - si legge nella nota – e di bambini
ai quali non è stato permesso di iscriversi a scuola per molti anni e di
famiglie ridotte alla povertà dopo aver perso il lavoro e la casa''. Dal 1992 a
oggi, le Corti slovene hanno ''corretto parzialmente'' la situazione, spiega la
nota, ma ''circa 5.000 persone continuano a vivere in un limbo giuridico, senza
diritti, e coloro che sono stati reinseriti (nel registro) non hanno ricevuto
alcun indennizzo''. Quindi, conclude Amnesty, ''c'è ancora molto da fare e l'Ue
non può permettersi di ignorare questo problema''.
Parlano i fatti che sono anche denunciati dalle organizzazioni umanitarie di
Lubiana. Si apprende così che le autorità centrali, ad esempio, hanno facilitato
lo sgombero forzato dell'insediamento Rom nel villaggio di Ambrus, dopo i
disordini che erano stati organizzati e scatenati da persone non-Rom. E’ vero
comunque che la polizia è intervenuta per proteggere i Rom, ma lo ha fatto con
grave ritardo. C’è stata una manovra “politica” per ritardare le azioni e
facilitare così gli scontri e le aggressioni. E successivamente altri Rom con i
loro bambini nel comune di Ivancna Gorica, sono stati evacuati nel centro di
rifugio di Postojna/Postumia. Un fatto è certo: con la tacita complicità del
governo ''l'insurrezione'' xenofoba anti-Rom dilaga in Slovenia. E la situazione
non accenna a migliorare. Presenti nel territorio sin dal XIV secolo i Rom e i
Sinti sloveni sono tra gli 8 e i 10 mila anche se il censimento del 2002 ne
registrò solo 3246. Ben diverse sono infatti le statistiche dei centri di
assistenza sociale.
Tra i Rom il tasso di disoccupazione è elevatissimo, le loro attività economiche
tradizionali sono state spazzate via dall'industrializzazione e dal mercato e in
assenza di programmi specifici, che in teoria potrebbero attingere anche da
fondi europei, il profilo economico-sociale di questa comunità ne pronostica un
futuro incerto. E la situazione non è migliorata pur se dal 1991, grazie ad uno
specifico articolo nella Costituzione, alla comunità Rom è riconosciuto lo
status di minoranza etnica i cui diritti particolari vanno definiti e realizzati
per legge. Intanto sono 22 le attuali associazioni Rom; i più organizzati e
socialmente integrati sono quelli del Prekmurje (è una delle otto provincie
storiche del Paese) in cui vive pure la comunità nazionale ungherese e dove la
convivenza interetnica è tradizionalmente di casa. Ma per i Rom la vita, anche
qui, è difficile. I problemi maggiori sono quelli del rapporto con le autorità
amministrative di Murska Sabota, Bendava, Dobrovnik, Turnisce, Beltinci e
Crensovci. E così risulta che a 14 anni dall'indipendenza e dal riconoscimento
costituzionale dei Rom, la loro comunità rimane, nonostante tutto, la più
umiliata.
La conflittualità generata dalla precarietà sociale dei Rom ed il razzismo
strisciante della maggioranza, specie nella Dolenjska, rimangono due pericolose
mine vaganti che l'attuale governo di Lubiana sembra affrontare con
disattenzione; attento sì a non apparire come potere xenofobo, ma sensibile
anche alle intolleranze della propria base elettorale. E in questo contesto non
va dimenticata l’estrema cautela che caratterizza i governanti di Lubiana
preoccupati delle reazioni dei circoli nazionalisti interni.
Di Fabrizio (del 27/12/2006 @ 10:15:30 in casa, visitato 2275 volte)
Sulle vicende della famiglia Strojan, un aggiornamento di Osservatorio sui Balcani.
Il governo sloveno ha mandato le ruspe di Natale sulla famiglia Strojan. Giovedì 22 dicembre hanno abbattuto le loro 4 casette, considerate "abusive" e costretto metà della famiglia rom (perlopiù donne e bambini) a bivaccare sotto una tenda riscaldandosi con un fuoco improvvisato. Le temperature nella Dolenjska sono scese sotto lo zero.
Di Fabrizio (del 29/11/2006 @ 10:11:51 in conflitti, visitato 2534 volte)
By Zoran Radosavljevic
POSTOJNA, Slovenia (Reuters) - Elka Strojan e la sua famiglia Rom estesa di 30 elementi, forzati a lasciare la loro casa per andare in un ex caserma, rimarcano la precaria esistenza nei Balcani della più vasta minoranza d'Europa
"Qui stiamo davvero male. Non è casa nostra, è per i rifugiati e non lo siamo. Siamo cittadini sloveni con tutti i documenti" ci dice la signora, 55 anni, in uno stentato sloveno, seduta su un vecchio letto circondata da due cani e da una dozzina di nipoti.
Agli Strojan, inclusi i quattro figli di Elka e le loro famiglie, alla fine di ottobre il governo chiese di lasciare le loro case vicino ad Ambrus nella Slovenia centrale, dopo che i villici arrabbiati minacciarono di espellerli di forza.
Il Consiglio d'Europa ha criticato il neo-membro Slovenia per quello che era successo, ma gli abitanti del villaggio dicono di averne abbastanza dei Rom, dei loro furti e delle liti.
"Circa 600 viviamo vicino a loro. Volevamo bruciare e distruggere tutto ma siamo arrivati troppo tardi, la polizia era già schierata," dice il pensionato Joze Lindic.
"Non abbiamo niente, ma i problemi ci sono da 20 anni e non ne possiamo più. Che lo stato o l'Unione Europea se ne facciano carico. Non li vogliamo qui, mai più," ci dice stappando una birra al caffé.
Il governo ha promesso di provvedere ad un'alternativa alloggiativa permanente per gli Strojan, ma l'annuncio ha immediatamente sollevato le proteste dei residenti nelle potenziali nuove località.
IL RAPPORTO DI AMNESTY
Un recente rapporto di Amnesty International sui Rom in Slovenia, Croazia e Bosnia riporta che vivono in povertà estrema e che i loro bambini affrontano regolarmente discriminazioni a scuola.
"Le barriere che i bambini Rom affrontano nell'accesso alla scuola, li priva della possibilità di uscire dalla marginalizzazione".
Soltanto due della dozzina di figli degli Strojan andavano a scuola mentre vivevano ad Ambrus.
L'accesso alla scuola è persino peggiore per i Rom di Serbia, stimati in 500.000.
Secondo il censimento, il 34,8% dei Rom di Serbia sono analfabeti e soltanto il 20% hanno completato la scuola dell'obbligo. Quanti iscrivono i bambini a scuola, spesso lo fanno per accedere all'assistenza sociale.
"La società globalmente esprime nessun interesse per i loro problemi e bisogni," dice un rapporto dell'UNICEF, l'agenzia ONU per l'infanzia.
"Questo potrebbe essere causato da indifferenza generale, intolleranza e stereotipi dominanti sui Rom, dovuto alla poca conoscenza della storia, della cultura e tradizione dei Rom,"
SEGREGAZIONE
In Croazia, che spera di raggiungere l'EU nel 2010, i residenti della prospera regione di Medjimurje, che ha la più grande comunità Rom, protestarono nel 2002 contro le classi miste di Rom e Croati.
I Croati dicevano che i genitori Rom erano "spesso alcolizzati e i loro figli inclini al furto e a litigare", spesso con scarsa conoscenza della lingua croata.
I Rom hanno risposto compilando un atto d'accusa contro la segregazione alla Corte Europea per i Diritti Umani. Il caso è tuttora in discussione.
La situazione è di poco differente in Bulgaria e Romania, entrambe entreranno nella EU il prossimo gennaio.
I dati governativi calcolano la popolazione Rom in Romania in circa 535.000, ma una stima dei Gruppi sui Diritti delle Minoranze li pone sopra i 2.500.000, che ne farebbe la più grande popolazione Rom in Europa.
Le organizzazioni dei diritti dei Rom accusano le autorità di discriminazione continuata, reclamo sostenuto da molti osservatori occidentali.
La Bulgaria è anche stata criticata dalla Commissione Europea per fare troppo poco per integrare i Rom, che vivono ai margini della società, spesso in bidonvilles che mancano di acqua corrente ed elettricità.
Scolarizzazione adeguata e impieghi permanenti sono rari.
Una recente ricerca della commissione bulgara anti-discriminazione mostra come le tensioni etniche sono aumentate come risultato della percezione dei Rom della discriminazione.
"Le basi per la percezione della discriminazione si trovano nell'ampio dislivello nelle condizioni di vita, come pure nella sfiducia dimostrata da altri gruppi etnici contro i Rom," recita l'indagine.
Mirko Strojan, uno dei quattro uomini della famiglia di Rom sloveni, dice che la famiglia intende passare alle vie legali..
"Una cosa simile, che i nostri vicini vogliano farsi giustizia per conto loro oltrepassando la legge, non è mai successa. Intendiamo citare in giudizio il villaggio, fargliela pagare per i danni, la vergogna e la paura," ci dice.
(Additional reporting by Ljilja Cvekic in Belgrade, Tsvetelia Ilieva in Sofia and Marius Zaharia and Justyna Pawlak in Bucharest)
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TRADUIT PAR PERSA ALIGRUDIC Publié dans la presse : 28 octobre 2006 Mise en ligne : dimanche 29 octobre 2006
Tutto è cominciato con una rissa. Gli abitanti di un piccolo comune della periferia di Lubiana hanno cacciato nei boschi 35 Rroms, di cui 20 bambini, ed hanno proibito loro di ritornare alle loro case. Gli abitanti esigono l'espulsione dello Rroms per ragioni "sanitarie e di Sicurezza", e minacciano di boicottare le elezioni comunali. Il governo ed i servizi pubblici reagiscono fiaccamente.
I Rroms della zona di Decje Selo hanno già passato due notti nella foresta in cui sono stati espulsi dagli abitanti di un villaggio vicino, Ambrus. Fra i 35 Rroms, che non osano ritornare nelle loro abitazioni, ci sono donne incinte e 20 bambini da 3 mesi a 15 anni.
I rappresentanti dell'associazione rrom di Novo Mesto si sono impegnati a fornire tende della Croce Rossa e comunicano che Rroms vorrebbero riacquistare le loro case o traslocare se una nuova abitazione fosse offerta loro.
L'espulsione dei Rroms è un punto culminante delle proteste che durano da una settimana. Gli abitanti di Ambrus esigono che i Rroms lascino la zona per ragioni di sicurezza ed ecologiche, minacciando di boicottare il secondo turno delle elezioni comunali che si tengono domenica in Slovenia. La sommossa è stata causata da una rissa tra Jozeto Sinkovec di Ambrus ed un individuo che si è inizialmente presentato come Rrom. Successivamente, si è constatato che non si trattava di un Rrom ma di uno sloveno, Roman Cmak, che abitava temporaneamente nella zona rrom. Sinkovec è stato trasportato all'ospedale dopo la rissa, mentre Cmak è stato fermato quindi rilasciato. Ciò non ha fatto che aggiungere rabbia abitanti che hanno incendiato il veicolo di Cmak. I vigili del fuoco hanno rifiutato di estinguere il fuoco.
Le proteste si sono ampliate ed i rappresentanti degli enti locali hanno detto che avrebbero preso in mano la situazione, cosa che il ministro dell'interno ha giudicato inaccettabile ed illegale, aggiungendo che la polizia non lo avrebbe permesso. Ciò nonostante, una capanna della zona rrom ha preso fuocoe, secondo le opinioni di una Rrom, azioni che mirano a terrorizzare Rroms sono continuate nel corso della notte. Automobili puntano i loro fari abbaglianti sulle capanne.
Spaventati, i Rroms sono fuggono nei boschi che si trovano sul territorio del comune vicino di Grosuplje da cui gli abitanti, dopo essere stati informati dai mass media, hanno imposto che i Rroms lascino immediatamente il loro territorio.
Cercando un mezzo per regolare la questione, la proposta è stata di installare Rroms nei boschi di Kocevski, conosciuti per i loro inverni duri e le loro nevi abbondanti, ma che sono anche abitati dagli orsi.
Il sindaco di Ambruz ha accusato tutta la società per questo problema, ma il ministro dell'ambiente e dell'assetto del territorio ha ricordato che il comune non ha mai ottenuto fondi dello Stato per regolare il problema dello Rroms, né li ha mai chiesti, benché questi fondi esistano e che siano previsti esclusivamente a questo scopo. Il ministro dell'istruzione pensa che le esigenze di spostamento incondizionato dei Rroms siano inammissibili e che nel XXI secolo, si non possono permettere espulsioni sotto la costrizione, ricordando che fra Rroms, si trovano bambini sottoposti all'obbligo di scolarità.
Il mediatore della repubblica ha accusato lo Stato sloveno, che differisce da anni il suo obbligo di preparare e mettere in applicazione un progetto d'integrazione dei Rroms. Lo Stato lascia alle Comunità locali il compito di occuparsi di quest'integrazione ciò che, come si vede attualmente, causa conflitti.
In Slovenia vivono 10.000 Rroms, in 90 quartieri e villaggi.
Una marcia europea dei "cancellati" contro l'indifferenza del governo e parlamento sloveni. Per ribadire il loro diritto alla cittadinanza. Intanto in Slovenia dilaga la rivolta razzista anti-rom. Scenari inquietanti per un Paese che nella prima metà del 2008 presiderà l'UE
La lunga marcia dei cancellati è cominciata lunedì scorso a Lubiana. E' passata per Trieste, dove 48 vittime della cancellazione che non si vogliono arrendere o rassegnare di fronte all'indifferenza del governo e del parlamento di Lubiana che continuano a glissare sul problema, sono state accolte in Consiglio regionale dall'assessore alla cultura e alle politiche della pace Roberto Antonaz e da alcuni consiglieri di diversi partiti della sinistra (Rifondazione, PdCI, DS e Verdi).
Poi è stata la volta di Monfalcone, dove ad esprimere la propria solidarietà ai cancellati della Slovenia (ma anche a qualche cancellato italiano che si è unito alla carovana, come il giovane rom nato a Roma da genitori ex-jugoslavi Zvonko Đurđević) sono stati gli operai della Fincantieri, quelli del sindacato FIOM, con alle spalle una lunga tradizione di lotte operaie e di solidarietà interetnica.
Ad applaudire il gruppo accompagnato nel loro viaggio verso Bruxelles dagli attivisti sloveni e italiani di "Karavla mir" e "Dostje" c'erano pure alcuni lavoratori del Bangladesh e del Pakistan, alcuni dei tanti che nella Monfalcone progressista e cosmopolita hanno ottenuto un diritto di domicilio esemplare rispetto ad altre realtà industrializzate. Da Monfalcone a Parigi, al parlamento francese insieme ai "sans papier" e poi a Bruxelles dal commissario Franco Frattini, accompagnati da due deputati della sinistra europea, Giusto Catania e Roberto Musacchio che avvertono: la Slovenia risolva questo problema prima di prendere in mano le redini dell'UE. Viaggio imbarazzante per il governo sloveno, che sulla marcia europea dei diseredati ex-jugoslavi preferisce per ora mordersi la lingua. Solo due i messaggi pervenuti dal mondo politico ai cancellati in procinto di partire; quello solidale del deputato socialdemocratico Aurelio Juri, e quello critico e stigmatizzante dell'eurodeputato del Partito democratico sloveno Miha Brejc.
Molti cancellati, nonostante due delibere a loro favore della corte costituzionale slovena, continuano a rimanere tali, a non godere cioé di quegli elementari diritti di cittadinanza o di residenza che furono cancellati amministrativamente in una notte del 1992 e più tardi solo parzialmente riconosciuti a coloro che risucirono a mettere insieme tutta la documentazione richiesta, perlopiù andata in fiamme lì dove infuriava la guerra. La rivolta razzista
Ma il problema dei cancellati è solo uno dei problemi che la Slovenia dovrà o dovrebbe risolvere prima di assumere la presidenza dell'Unione Europea nella prima metà del 2008. L'altro inquietante scenario che sembra purtroppo dilagare ed essere sfuggito di mano allo stesso governo Janša, che fin'ora lo ha ispirato e sostenuto tramite i propri commissari politici, è la rivolta anti-rom in tutta la Slovenia.
Ad Ambrus c'è stato sabato scorso il primo caso di violenza, con in prima fila la testa insanguinata di un contestatario locale che assieme ad altre centinaia di compaesani bloccava le strade impedendo alla polizia l'accesso all'insediamento rom della famiglia Strojan. La polizia ha caricato ed ha colpito la testa di un locale militante del partito di governo. Negli scontri sono stati leggermente feriti anche altri paesani.
Il giorno dopo ne ha fatto le spese il direttore della polizia di Lubiana, mentre Janša ed il ministro degli Interni Mate hanno chiesto scusa alla popolazione di Ambrus, dove quasi tutti votano tradizionalmente per il loro partito.
I disordini erano cominciati in seguito alla notizia che la famiglia rom, ospitata nel centro di permanenza per stranieri di Postumia (25 persone di cui 21 tra donne, bambini ed un'anziana) per sfuggire al linciaggio della folla di Ambrus, si era decisa a tornare a casa propria dopo che le tante promesse del governo di trovare una sistemazione alternativa erano finite in una sommossa nazionale;da Ambrus a Mala huda, da Grosuplje a Ig, da Kocevje a Ribnica e Lubiana. Barricate, blocchi stradali persino con la partecipazione dei locali vigili del fuoco e dei loro mezzi antincendio, uomini minacciosi armati di pali e seghe a motore, pronti ad affrontare anche le unità speciali di polizia, gli skin head e le "viole", gli ultras del Maribor, pronti ad aiutare gli insorti, e una polizia tollerante e intimidita con l'eccezione dei disordini ad Ambrus di sabato, finiti con una testa rotta e le dimissioni immediate del direttore di polizia.
Immagini da klu klux klan ma con dimensioni di massa da far rabbrividire anche il regista cinematografico più azzardato. Ogni ipotesi di insediamento dei rom, in qualsiasi parte del paese, persino a Lubiana, porta in strada le cosiddette "vaške straže" la cui simbologia politica rievoca direttamente il collaborazionismo filonazista nella seconda guerra mondiale.
Una revansce in chiave attuale e xenofoba, su cui - salvo rare eccezioni - il mondo politico tace o balbetta, mentre la chiesa cattolica e un buona fetta dell'intellighenzia glissano pavidamente. A fare le spese della furia popolare anti-rom è stato pure il nuovo sindaco di Lubiana Zoran Janković che ha tentato di offrire una sistemazione alla famiglia Strojan nel proprio comune. E' stato fischiato e contestato aspramente dalla folla della comunità locale interessata ed ha fatto, vistosamente preoccupato, un realistico dietro front.
Martedì per il solo sospetto (infondato) che nei veicoli della polizia dell'accademia di Gotenica presso Kočevje ci potesse essere uno Strojan è insorta la cittadina di Ribnica; al post odi blocco le »straže« hanno fermato persino i poliziotti e li hanno perquisiti, umiliando nuovamente lo stato di diritto. Cinquanta intellettuali di area liberal-progressista hanno richiesto intanto, in un appello a favore dei diritti dei Rom, le dimissioni del ministro degli interni Dragutin Mate cui addebitano la responsabilità diretta del caos razzista nel paese.
Gli Strojan intanto aspettano nel CPT di Postumia, il governo mantiene un atteggiamento ambiguo, esibendo la propria impotenza ed umanitaria benevolenza ma senza perdere occasione di puntare l'indice su presunte divisioni in seno alla stessa famiglia e sulla "poca affidabilità" di questa al momento di trovare un accordo. La stessa sindrome dell'antisemitismo
Cosa sta succedendo nella Slovenia del 2006, nel paese che tra meno di due anni dovrebbe presiedere l'Unione Europea? E' forse in preda alla sindrome di angoscia collettiva che sembra pervadere una buona fetta dei paesi dell'est europeo e che ricorda quella dell'antisemitismo nella Germania di Weimar? Dalla Polonia all'Ungheria, alla Slovenia. Com'è possibile che un paese con il reddito più alto tra quelli dei nuovi membri UE e noto per la sua tradizionale moderazione e per una proverbiale (apparente) stabilità politica, diventi ora poligono di lotte razziali e di un crescente culto del linciaggio e delle "vaške straže"?.
La risposta va probabilmente cercata nella dilagante insicurezza, nel disagio che accompagna la gente in una fase di transizione particolarmente incerta, dove diventa tangibile e dolente ma anche redatto a tavolino, in nome delle leggi del libero mercato, il ridimensionamento dello stato sociale, dell'assistenza pubblica, di quella pensionistica, dei pari diritti alla scuola ed alla sanità.
E poi è in arrivo l' Euro e con lui la grande paura dei rincari e dell' ulteriore perdita del potere d'acquisto. E poi Schengen e la libera circolazione all'interno dell' area, e l'arrivo della Romania e della Bulgaria e di tanti immigrati più giovani e più fertili.
Insomma la percezione è quella di un sommovimento tettonico epocale che sta angosciando il piccolo individuo, sempre più insicuro e che cerca nella propria rassicurante comunità tradizionale un rifugio, da difendere ad ogni costo, anche con le seghe a motore.
La classe politica al potere è impegnata ormai da alcuni anni a spiegare alla gente che l'assistenzialismo sociale va ridotto al minimo, cominciando dai settori più "parassitari". E l'idea del "parassita sociale", responsabile del malessere generalizzato, s'insinua nell' immaginario collettivo della gente che cerca e trova il capro espiatorio nei più deboli.
Emira è bosniaca e lavora alla TV pubblica come donna delle pulizie con un contratto precario; entra nello studio tutta imbronciata e borbotta: "Maledetti Zingari, loro non lavorano e incassano l'assistenza sociale.Ed io qui a sgobbare! Maledetti!".
Di Fabrizio (del 30/12/2006 @ 10:08:03 in conflitti, visitato 2526 volte)
Ancora da Osservatorio sui Balcani un aggiornamento sulla vicenda di Ambrus.
Barricate contro
E' arrivato ad Ambrus a capo di un piccolo convoglio con due container per la famiglia Strojan. Ma anche lui è stato fermato dai picchetti di paesani che vogliono cacciare i rom dal villaggio. Ed il Presidente della Repubblica, Janez Drnovsek, ha dovuto continuare a piedi.
Di Sucar Drom (del 23/09/2007 @ 09:59:59 in blog, visitato 1797 volte)
Livorno, EveryOne chiede la scarcerazione dei genitori dei bimbi morti
E' passato più di un mese da quando, nella notte tra venerdì 10 e sabato 11
agosto 2007, sotto un cavalcavia alla periferia di Livorno (località Pian di
Rota, nelle vicinanze del piccolo insediamento Rom di Stagno), un complesso di
6-7 baracche, dove si erano stabilite alcune coppie Rom con i rispettivi
bambini, ha improvvisamente preso fuoco, devastando l'accampamento improvvisato
dalle famiglie...
Milano, le storie dei Rom rifiutati dalla città alla tenda del dialogo tra le
religioni
Una grande tenda dove sostare in silenzio per ascoltare la voce dell’anima sui
conflitti del mondo e su quelli della città. Una tenda dove confrontarsi, alla
luce di diverse tradizioni di pensiero e di fede, sui temi della pace e
dell’ospitalità, temi che, declinati nella piccola scala della metropoli,
sono quelli dell’accoglienza del "diverso", a partire dai Rom. Per iniziativa
della comunità francescana di piazza Sant’Angelo, Milano da venerdì sarà per un
mese la ...
Genova, tra discriminazione e politiche sociali
"Nella città di Genova è vietato posteggiare camper e roulotte". Gli uffici
legali del Comune stanno lavorando sul testo di una possibile ordinanza che,
vietando di posteggiare all’interno dei confini cittadini, renda "automatica" la
possibilità, per un qualsiasi Vigile urbano, di mandare via i Sinti e i Rom,
senza dover ricorrere a provvedimenti "ad personam" che sono, logicamente,
difficilissimi. Quattro-assessori-quattro (Rob...
Minoranze, la legge del più forte...
Mentre in Italia le Minoranze Rom e Sinte sono molto lontane da un
riconoscimento dello status di Minoranze Etniche Linguistiche, in Slovenia il
Governo Italiano interviene pesantemente per il riconoscimento definitivo di
questo status per le Minoranze italiane, presenti nella stessa Slovenia. Serve
una legge di tutela delle minoranze bilingui che duri indefinitamente nel tempo.
Questo il ragion...
Firenze, seminario nazionale sull'intercultura
Il Ministero della Pubblica Istruzione organizza, in collaborazione con l’ANCI ,
il Comune di Firenze e l’Istituto degli Innocenti un seminario nazionale per
insegnanti e personale scolastico, sui temi dell’Intercultura. L’incontro Reti
Comuni - Le azioni della scuola e degli Enti locali per l'integrazione dei
minori di origine immigrata, si svolgerà a Firenze il 5 ottobre 2007 (Salone
Brunelleschi, Istituto degli Innocenti, piazza SS Annunziata, 12). “Vivere in
una comunità ed insegnare in u...
Saronno (VA), il rischio di una scuola ghetto
Un insegnante al “campo nomadi” per i ragazzi che altrimenti non andrebbero a
scuola. Č il progetto in fase di studio all’assessorato ai servizi sociali di
Saronno, dopo la sperimentazione avviata nello scorso mese di maggio, quando
venne approvato un progetto analogo per la durata di 3 mesi. Da tempo il “campo
nomadi” di via Deledda, dove vivono un’ottantina di Sinti di cui una trentina
minorenni, è sotto l’at...
La facile scorciatoia della criminalizzazione
Nella perversa rincorsa tra “schiamazzi” dei media su lavavetri e accattoni e
amministrazioni locali che, con libero sfogo alla fantasia, inventano di volta
in volta soluzioni risibili e affrontano con mezzucci pasticciati problemi che
richiederebbero, prima di tutto, analisi serie, ancora una volta Verona si
distingue per una brillante idea “securitaria”: le multe (da 22 a 88 euro) ai
questuanti ai sensi dell'art. 190 del codice della strada che ...
Padova, Master Universitario in Studi Interculturali
Le trasformazioni economico-sociali degli ultimi decenni ci pongono di fronte a
grandi mutamenti culturali che incidono anche nel nostro immediato quotidiano.
La globalizzazione e l'immigrazione da contesti extra-comunitari impongono la
necessità della ricerca e della formazione a pratiche interculturali. Č una
dimensione del lavoro intellettuale di sicura e impegnativa attualità. Queste
tematiche attrav...
Roma, nuovo attacco razzista
Nuovo assalto ieri notte contro l'insediamento di Rom rumeni di via Furio
Cicogna, all'altezza dell'incrocio con via Tiburtina, a Ponte Mammolo. Un uomo è
stato bloccato dai carabinieri e arrestato per resistenza a pubblico ufficiale e
porto abusivo di armi. Č successo tutto intorno a mezzanotte. Due bottiglie
incendiarie sono state lanciate contro l’insediamento abusivo da due motorini in
corsa. Le bottigli...
Al contrario di quanto si pensa comunemente, non tutti stanno pensando di
espellere i Rom da dove vivono. Difatti la Slovenia, che per decenni ha tentato
di cancellarli dal paese, ora sta facendo l'opposto. Ha adottato una nuova
politica, allo scopo di integrare i bambini nelle scuole di Lubiana, come pure
di promuovere la loro istruzione grazie ad assistenti rom degli insegnanti. By Camille Lepage
27/12/2010 - La Slovenia è stata rimproverata molte volte da Amnesty e da
altre OnG dei diritti umani, a causa della sua riluttanza e controversa
attitudine verso i Rom. I Rom, secondo la definizione ufficiale UE comprendono
gruppi di persone che "condividono caratteristiche culturali simili ed una
storia di segregazione nelle società europee, come i Rom (che vivono soprattutto
nell'Europa Centrale e Orientale e nei Balcani), i Sinti, i Travellers, i Kalé
ecc." La capitale Lubiana sta mostrando l'esempio di promuovere l'integrazione
dei bambini rom, e così facendo mirando a migliorare lo standard di vita della
comunità rom. Questo progetto è anche inteso come una palla di neve in
differenti regioni o persino paesi.
Premio RegioStar
Per combattere la discriminazione contro i Rom, nel 2008 è partito un
programma di inclusione pre-scolastico dei bambini rom. Guidano questo programma
la Commissione Europea ed il suo programma economico regionale. Si inserisce
nello schema dell'anno europeo 2010 per Combattere la Povertà e l'Esclusione
Sociale. RegioStar è organizzato allo scopo di collaborare e condividere buone
pratiche per accelerare il ritmo dell'innovazione in tutta la UE. Identifica e
promuove lo sviluppo economico di successo e mira ad ispirare le altre regioni o
paesi membri. I progetti sono inviati da tutti i 27 stati membri. Questo premio
rivela come differenti regioni, di diverso retroterra, storia o posizione,
possano diventare parte di una politica di coesione di successo e di un
programma di economia regionale.
Ci sono vincitori in 6 categorie: CityStar - uso innovativo delle aree
industriali in un contesto urbano, L'integrazione dei migranti o di gruppi
marginalizzati in aree urbane, applicazioni ICT per l'e-inclusione,
l'applicazione ICT per le PMI, Copertura della banda larga nelle regioni meno
sviluppate o in aree rurali, Informazione e Comunicazione. I vincitori del
premio RegioStar 2010 provengono da Belgio, Paesi Bassi, Spagna, Lituania, Regno
Unito, Francia, Slovenia ecc.
In Slovenia il progetto riguarda l'integrazione dei bambini rom che a scuola
sono vittime di discriminazione e segregazione. Intende rafforzare l'efficienza
dell'integrazione attraverso l'istruzione e la formazione di assistenti
insegnanti rom e di personale per la scuola professionale, così come educare ed
incoraggiare i genitori rom ad assumersi le proprie responsabilità.
Così operando, il progetto vuole preparare i bambini rom in età prescolare
alla scuola elementare per soddisfare i requisiti dei programmi nazionali di
studio e partire da questi risultati.
Assistenti insegnanti rom
Blaž Kovač, responsabile del progetto di integrazione dei Rom per
Amnesty International, dichiara: "il sistema d'istruzione sloveno ha avuto un
miglioramento tangibile negli ultimi due anni". Il progetto ha due facce e non
si occupa solo di bambini ma anche di "formare ed impiegare assistenti rom" e
"sta andando nella direzione giusta". Kovač spiega che ci sono 30 insegnanti
rom in 30 scuole. L'associazione rom assume dei Rom senza adeguata istruzione ed
insegna loro cosa fare. "Questa è la parte della decisione strategica dello
stato verso l'integrazione". In realtà ci sono 3 modi per assumere un assistente
insegnante rom: 1) possono essere delegati alla scuola dove devono lavorare ed
in quel caso offrono supporto. 2) provenire da una facoltà, ma sinora nessun Rom
ha ancora completato il ciclo di studi. 3) C'è anche la possibilità di impiegare
staff rom finanziandosi, le scuole slovene ricevono fondi dai comuni e non dallo
stato ma, come menziona Kovač, le scuole potrebbero essere situate in un
"comune che ha un punto di vista negativo verso i Rom, allora [la scuola]
non otterrebbe nulla."
Nonostante la buona volontà del governo, non è abbastanza, infatti secondo Kovač,13
dei 22 bambini rom non sono riuscito a passare il 2° grado ed attualmente 8 rom
su 15 nel primo grado non stanno frequentando del tutto la scuola. I loro
genitori non li incoraggiano ad andare a scuola, dato che sono analfabeti e
disoccupati. La situazione non può evolvere senza "la creazione di un sistema
educativo che miri a raggiungere tutte le comunità ed includa il lavoro coi
genitori" dichiara Kovač. L'adozione di un simile programma è un
processo lento, e se fosse messo in atto oggi, ci vorrebbero circa 20 anni per
vederne i risultati.
Discriminazione di stato
Nondimeno, come chiarisce la dr. Vera Klopčič, ricercatrice nel
campo dei diritti umani, delle minoranze e dei Rom, "è un esempio unico che
l'organizzazione rom sia leader del progetto. Nel 2004 venne adottata la
Strategia per l'inclusione Rom, che introduceva anche il tema della lingua e
della cultura rom, e due anni di istruzione prescolastica obbligatoria."
Nonostante tutte le indicazioni in senso contrario, una delle persone contattate
ha dichiarato che in Slovenia è stata votata una legge che permette la
separazione tra bambini rom e no, con la spiegazione che "se i bambini rom
andassero a scuola con i non-rom, gli ultimi non farebbero grandi progressi
perché dovrebbero aspettare i bambini rom, cosa che è stata una buona scusa per
i genitori".
Sin dalla più tenera età, i pregiudizi giocano la loro parte. Tina Cigler,
coordinatrice di progetto (inclusi i progetti per la comunità rom), riferisce la
sua esperienza con i bambini rom, quando chiede loro come passano la giornata,
questi spesso rispondono "mi siedo all'angolo con i miei amici rom e nessuno
si avvicina a noi perché odoriamo, perché siamo sporchi," e lo spiega col fatto
che "100 anni di vecchi stereotipi sono ancora vivi, i bambini in realtà non si
mischiano".
Risultati tra 20 anni
Con un simile progetto, basato su tempo lunghi, è difficile rendersi conto di
quali saranno i risultati. Eppure, la prof. emerita dr. Albina Necak del
dipartimento di linguistica generale ed applicata della facoltà artistica
dell'università di Lubiana, puntualizza, "L'integrazione dipende dall'istruzione
della popolazione locale e dalla loro conoscenza dei Rom e della loro storia,
dei loro costumi. Dall'altra parte risiede nella popolazione rom che non ha
abbastanza informazioni né su se stessa né sul contesto con la popolazione
locale. Dando loro conoscenza di se stessi è una questione molto importante come
pure insegnare ai bambini non-rom sulla società e la diversità."
Offrendo istruzione ai bambini rom agli assistenti insegnanti rom ed ai
futuri insegnanti, il progetto contribuisce al benessere della società slovena.
Infatti, essendo istruiti, i Rom non dovranno fare più affidamento sui fondi
sociali, ma "sostenendoli con benefici sociali [che] non fanno nulla di buono né
per il paese né per i Rom" spiega Cigler. Un aspetto positivo di questo
progetto è anche di mostrare ad altri paesi e regioni che l'integrazione della
minoranza rom è economicamente di successo.
La Società Amala Roma sta invitando musicisti semiprofessionisti ad un
laboratorio musicale e culturale che avrà luogo a Lubiana e altri posti in
Slovenia.
L'obiettivo principale è l'educazione alla musica e alla tecnologia di
studio. Attraverso laboratori sulla storia della musica rom, storia della world
music, teoria musicale e vari generi musicali, ci piacerebbe educare e
qualificare musicisti rom semiprofessionisti a suonare e comporre in differenti
stili e non solo musica rom tradizionale. Questo aiuterà la loro integrazione
nella società moderna e nella moderna scena musicale.
Il progetto è co-sponsorizzato dall'Unione Europea, Fondo Sociale.
Contattare: Composer Imer Traja Brizani
Amala Roma Society
Nusdorferjeva 17
1000 Ljubljana
SLOVENIA traja@brizani.si http://www.brizani.si
phone: +386 41 711 295
Di Fabrizio (del 21/03/2010 @ 09:52:18 in casa, visitato 2068 volte)
Da Verona, una segnalazione di Franco Marchi. In calce il
suo commento
19-03-2010 (ASCA)
- Verona, 19 mar - E' stato finanziato dal Ministero dell'Interno con 1 milione
400 mila euro il progetto del Comune di Verona per la riqualificazione dei campi
nomadi di Forte Azzano e piazzale Atleti Azzurri d'Italia. Lo rende noto il
Sindaco di Verona, che oggi insieme al Prefetto Perla Stancari e all'assessore
ai Servizi demografici ha illustrato il progetto, cui il Prefetto di Venezia,
Commissario straordinario per l'emergenza nomadi sul territorio veneto, ha
assegnato il finanziamento ministeriale. Grazie all'erogazione della prima
tranche di contributi, pari a 230 mila euro, gia' nei prossimi giorni partiranno
i lavori di sistemazione dello storico campo nomadi di Forte Azzano di strada La
Rizza 65, che ospita attualmente 12 nuclei familiari, per un totale di 70
persone di cui 15 minori, tutti cittadini italiani presenti in loco gia' dagli
anni '80. L'intervento per complessivi 400 mila euro prevede: la sistemazione
delle 8 piazzole esistenti con il rifacimento completo dei servizi; la messa a
norma delle altre 4 piazzole irregolari esistenti con relativi servizi; la
delimitazione dell'area e la realizzazione di un accesso protetto con sbarra
apribile; la realizzazione degli allacciamenti alla rete esistente; il
rifacimento di parte della fognatura con la realizzazione dei nuovi allacci alle
piazzole in costruzione; la sistemazione del piazzale e delle aree di accesso
con relativa bitumatura; la bonifica delle piante di vegetazione spontanea che
creano problemi ai sottoservizi.
Per la sistemazione del campo nomadi di piazzale Atleti Azzurri d'Italia, che
presenta una situazione piu' complessa, saranno destinati 800 mila euro: il
campo ospita attualmente circa 90 persone di etnia sinti e circa 150 giostrai,
che vi soggiornano stabilmente solo nei mesi invernali. I restanti 200 mila euro
del finanziamento ministeriale assegnato saranno impiegati per garantire una
costante azione di censimento e di controllo della popolazione, al fine di
regolarizzarne la permanenza, con particolare attenzione alla tutela dei minori
presenti.
''Ringrazio il Prefetto -ha detto il sindaco- che ha ben rappresentato le
esigenze di Verona e che ha il merito principale per le importanti risorse
assegnate a questo progetto, che coniuga rigore e integrazione. Grazie a questo
intervento, la comunita' di sinti che risiede da molti anni nello storico campo
di Forte Azzano potra' avere condizioni piu' vivibili e servizi adeguati, nel
pieno rispetto del regolamento che abbiamo varato di recente, per favorire la
pacifica convivenza e garantire la sicurezza e la tranquillita' dei residenti
del quartiere''. ''E' un progetto concreto -commenta il prefetto- che mette a
disposizione risorse ingenti per migliorare la qualita' della vita di queste
persone, quasi tutte di nazionalita' italiana, ed offrire loro reali
opportunita' di integrazione: in questo modo diminuiranno le situazioni
conflittuali sul territorio, a vantaggio di tutti i cittadini''.
fdm/mcc/ss (Asca)
Č molto interessante la notizia. Č certamente frutto della presenza e del
lavoro del prefetto
Perla Stancari. Sono e siamo disposti a sotterrare i precedenti del sindaco
Tosi se, affiancato dal prefetto, inizierà un nuovo rapporto con i cittadini rom
e sinti di Verona. I campi di Verona, si vedono i numeri nell'articolo, non sono
mai stati enormi e attraverso una "cogestione" con gli abitanti sono sempre
stati decentemente puliti ed ordinati. I sinti veronesi sono da sempre presenti
in zona, con scambi con le province vicine, i rom di forte Azzano provengono in
massima parte dalla Slovenia e zone vicine e sono a Verona, vado a memoria e mi
riferisco alla famiglia più vecchia, dal 1961. Sono tutti cittadini italiani e
pertanto hanno superato i criteri di reddito e di certificati penali. Auguro
pertanto agli amici rom e sinti veronesi che inizi un nuovo periodo di buoni
rapporti con le amministrazioni locali. Della delibera una cosa sola mi crea
dispiacere: "200 mila euro del finanziamento ministeriale assegnato saranno
impiegati per garantire una costante azione di censimento e di controllo della
popolazione". Una parte di questo concetto non mi piace, entre è accettabile la
seconda parte: "al fine di regolarizzarne la permanenza, con particolare
attenzione alla tutela dei minori presenti". Se oltre al controllo vi saranno
azioni positive ben vengano.
L'attivista rom finnica Miranda Volasrata e la scrittrice rumena Luminita
Cioaba, che lottò contro la sua famiglia rom per andare a scuola,
all'inaugurazione del Tour Culturale Rom all'insediamento Kamenci vicino a
Lendava, in Slovenia, nel novembre 2009. (Brigid Grauman/GlobalPost)
Lendava, Slovenia, 27/12/2009 - La parola "zingaro" è spesso usata in senso
peggiorativo. Ma il Consiglio d'Europa sta cercando il cambiamento con un nuovo
tour turistico focalizzato sulla storia e cultura rom.
"La gente vede gli zingari in una squallida discarica al bordo della strada"
dice Jake Bower, viaggiante militante britannico e giornalista, "ma realmente
non ci conosce. Mi piacerebbe una situazione dove fossimo riconosciuti come una
nazione europea transnazionale, con una rappresentanza alle Nazioni Uniti."
Bowers parlava il mese scorso all'inaugurazione del Tour Culturale Rom,
sponsorizzato dal Consiglio di Strasburgo, che non ha relazioni con l'Unione
Europea e lavora per l'integrazione europea attraverso la cultura ed i diritti
umani. Il tour collegherà le disperse comunità rom attraverso l'Europa per
rafforzare i legami esistenti ed incoraggiare l'incontro tra Rom e non-Rom. Vi
prendono già parte nove paesi con musei, spettacoli e centri documentazione.
L'inaugurazione avrà luogo in Slovenia presso l'insediamento Kamenci vicino alla
città termale di Lendava.
Con i suoi capelli rossi a spazzola e la carnagione chiara, Bowers non
assomiglia ad un tipico Rom, che hanno solitamente caratteristiche più scure, ed
in parte è proprio questo il punto. Dopo diverse ricerche storiche, incluso
testi DNA, sembra incontrovertibile che i Rom originari arrivarono dall'India
attraverso la Grecia oltre 1.000 anni fa, dividendosi in gruppi secondo le rotte
commerciali e talvolta mischiandosi con altre popolazioni. I Rom di oggi sono
divisi in diversi clan e tribù, inclusi i
Viaggianti della Gran Bretagna e gli stagnai dell'Irlanda, che sono nativi
delle isole ma condividono i medesimi problemi di esclusione sociale.
"Sì, ci sono problemi, problemi grossi in alcune parti," ha detto Bowers, "ma
noi apparteniamo alla società europea." Ritiene che è tempo di rimpiazzare gli
stereotipi negativi con immagini più positive che abbiano una forte risonanza in
un mondo globalizzato. "Noi trascendiamo le nozioni di confini nazionali," ha
detto, "ed offriamo una sfida permanente agli Europei nel vivere con la
diversità."
L'insediamento Kamenci è un progetto pilota di questo tour culturale. Qui, un
villaggio rom ha aperto le sue porte ai visitatori con un museo e attività
creative e laboratori per Rom e no. Nel campo dietro l'insediamento di case
rudimentali in legno e mattoni, le ragazzine indossano lunghi e colorati abiti
roteano le loro anche al suono di musica registrata davanti ad un pubblico
composto da OnG rom, slovene ed europee. Suonatori ospiti, musicisti e ballerini
sono arrivati da altri paesi per celebrare il lancio ufficiale.
Tra le personalità c'è Miranda Volasranta, Rom finlandese che guida il forum
per i diritti civili dei Rom ad Helsinki. Indossa il vestito tradizionale di
velluto nero di 22 libbre.
Volasranta puntualizza il contributo che i Rom hanno portato alla cultura
europea, a partire dal racconto di Miguel de Cervantes "La piccola zingara", per
passare alla collezione di poemi di
Alexander Puskin "Gli Zingari", sino a Victor Hugo che inventò la bella
Esmeralda ne "Il gobbo di Notre Dame". C'è stato
Prosper Merimee e la sua libera ed energica Carmen, senza menzionare i tanti
compositori che hanno usato temi musicali rom nel loro lavoro, inclusi Sergei
Rachmaninov, Johannes Brahms, Igor Stravinsky, Joseph Haydn, Peter Ilyich Chaikovsky, Maurice Ravel
e Bela Bartok.
"La nostra ricchezza culturale è stata soprattutto trasmessa da non-Rom", ha
detto
Volasranta, "in una maniera fortemente romantica. Nel contempo, rimaniamo
invisibili ai nostri vicini. Spero che questo tour porti a sempre più centri
culturali e musei in appoggio agli artisti e agli artigiani rom."
Ci sono circa 12 milioni di Rom in Europa, la più vasta minoranza etnica del
continente. La loro situazione varia grandemente, dalla confortevole
integrazione nei paesi scandinavi al virtuale apartheid in Ungheria, Romania e
Slovacchia. Ora sono perlopiù stanziali invece di inseguire stili di vita
nomadici, anche se i Rom in Gran Bretagna, Irlanda e Francia girano ancora da un
posto all'altro. Troppo spesso, invece, i bambini rom sono spediti in scuole
sotto-gli-standard, e molti non sanno leggere o scrivere. Le condizioni
permanenti di vita delle loro famiglie sono grigie.
La maggior parte dei Rom nell'incontro in Slovenia hanno convenuto che
l'istruzione è la sola maniera per uscire dalla povertà e dalla esclusione
sociale. Ma nel contempo, vogliono mantenere i loro valori culturali come la
vita collettiva ed il rispetto degli anziani. "Non c'è niente di più triste di
un Rom che abbia perso il suo senso di identità culturale, perché è rimasto
letteralmente con niente," ha detto la scrittrice rumena Luminita Cioaba, che ha
lottato con la sua famiglia e la comunità per finire le scuole e frequentare
l'università, e che scrive libri sulla storia rom.
Il Parlamento Europeo si è anche focalizzato sui diritti dei Rom. La
"Piattaforma per l'Inclusione dei Rom" dell'anno scorso ha presentato una lista
di 10 principi basici, incluso il pari accesso alla scolarizzazione. Ma
l'attivista rom Rudko Kawczynski, di cittadinanza polacca, ha accusato la
creazione di OnG che hanno poca comprensione dei problemi. Come ha tristemente
puntualizzato Bowers, "la nostra storia è una litania di albe false."
Ma se non è esattamente ottimista, Bowers crede che il tour rom possa
combattere il pregiudizio. "L'unica maniera per vincere il razzismo è il
contatto diretto tra le persone. Se qualcuno che pensasse che tutti gli zingari
sono ladri e degenerati potesse camminare in questo posto," ha detto,
riferendosi a Kamenci, "capirebbe che sono una comunità come qualsiasi altra,
anche se con una cultura differente."
UNIRSI - Unione Nazionale ed Internazionale dei Rom e dei Sinti in Italia Federazione delle Associazioni e dei Gruppi Autonomi dei Rom e dei Sinti
in Italia Forum Europeo dei Rom e dei Viaggianti di Strasburgo
In risposta ai recenti sviluppi politici e la più recente ondata di razzismo
contro il popolo rom in Italia, una coalizione di organizzazioni, inclusa
UNIRSI, ha intrapreso una documentazione di prima mano sui diritti umani in
Italia (tra il 23 e il 30 maggio 2008). Dette organizzazioni hanno condotto una
ricerca, intervistando approssimativamente 100 Romanì che vivevano in campi
formali e informali a Roma, Napoli, Firenze, Brescia, Milano e Torino.
Le organizzazioni hanno visitato diversi campi formali e semi-formali, inlusi:
Secondigliano e Centro Lima (Napoli); Salviati , Fiume , Casilino 900
e Martora (Roma); Via Triboniano (Milano); Campo nomadi di
Brescia per i Sinti Italiani. La coalizione ha anche visitato i seguenti
campi informali: Scampia , Ponticelli
, Santa Maria e Torre Annunziata Nord (Napoli); Cave di Pietralata
ed un campo senza nome accanto a Cave di Pietralata (Roma); Corsico e Bacula (Milano);
Via Germagnano (Torino).
Nonostante sia il paese europeo con la più bassa percentuale di Rom/Sinti (la
Grecia ne conta lo stesso numero dell'Italia, ma con una popolazione di soli 10
milioni di persone), l'Italia è indietro di almeno 25 anni rispetto a tutte le
politiche d'integrazione per i Rom/Sinti.
Mentre non esiste nessun censimento ufficiale, un censimento condotto da varie
organizzazioni (inclusa UNIRSI) su scala nazionale mostra che i Rom e i Sinti in
Italia sono circa 170.000, di cui 70.000 con cittadinanza italiana e 100.000 (in
crescita costante dalla Bulgaria e specialmente dalla Romania) dai Balcani.
Il 30% di questi 100.000 arriva dalla Jugoslavia ed il resto dalla Romania, con
un centinaio di presenze dalla Bulgaria e dalla Polonia.
Le ultime due generazioni di Rom "jugoslavi" sono nati in un paese, l'Italia,
che non riconosce lo "jus soli" e quindi nega ai bambini i requisiti
basici per un'istruzione bilanciata ed integrazione: cittadinanza.
La minoranza dei Rom/Sinti è caratterizzata da bassa aspettativa di vita (la
media è tra i 40 e i 50 anni) e dalla presenza di un'alta percentuale di bambini
[il 60% della popolazione Rom e Sinti ha meno di 18 anni. Il 47% dei bambini
ha tra i 6 e i 14 anni; il 23% tra i 15 e 18 anni; la percentuale rimanente
(30%) tra i 0 e i 5 anni].
I Rom e i Sinti con cittadinanza italiana sono circa 70.000. Oggi le
comunità Rom e Sinte (chiamate "zingari" e "nomadi" in maniera dispregiativa ed
etnocentrica) sono ancora oggetto di discriminazione, esclusione e segregazione.
La discriminazione è estesa in tutti i campi, sia pubblici che privati,
così l'esclusione e la segregazione economica e sociale dei Sinti e dei Rom
diventa discriminazione etnica (Raccomandazione n.1557/2002 Consiglio d'Europa).
In Italia, le diverse comunità Rom e Sinte non sono riconosciute come Minoranze
Linguistiche Nazionali e perciò non usufruiscono dei diritti che questo status
comporta.
Le politiche sociali rivolte alle popolazioni Rom e Sinta tendono apertamente
all'inclusione sociale, e all'integrazione. Le comunità Rom e Sinte sono
raramente considerate protagoniste del pensare sociale, di politiche
d'integrazione, partecipazione diretta e mediazione culturale. L'Italia nega
alle comunità Rom e Sinte l'applicazione delle direttive europee sulle Minoranze
Linguistiche che proteggono le lingue minoritarie ed inoltre nega la Convinzione
sulle Minoranze Nazionali.
In molti casi i Rom e i Sinti si vedono negati i diritti basici come residenza,
salute, istruzione, lavoro. In Italia costruiamo ancora i "campi nomadi" che
sono posti di segregazione che imprigionano gli individui contro la loro
volontà. In Italia molti comuni, in contrasto con le disposizioni costituzionali
(art. 16), negano il diritto di residenza e di movimento all'interno del
territorio nazionale ai cosiddetti "nomadi" o "zingari".
In questa tragica situazione i Rom di Slovenia, Bosnia, Jugoslavia, Romania,
Polonia, Ungheria stanno tutti soffrendo queste politiche estremamente
discriminatorie. Intere famiglie scappano dai loro paesi nativi a causa dei
conflitti etnici e delle guerre civili e l'Italia nega loro i principali diritti
basici.
UNIRSI – Piazza Antonio Meucci, 18 – 00146 Rome - Italy.
UNIRSI president and ERTF Delegate Mr. Kasim Cizmic : e-mail:
unirsi@supereva.it
UNIRSI Secretary: Mr Balo Cizmic : e-mail: unirsi@supereva.it
Web site: www.unirsi.net
Quello che sembrava un esodo di massa da Serbia e Macedonia verso l'Unione
europea, grazie alla liberalizzazione del regime dei visti, si è rivelata una
truffa in grande stile. False agenzie di viaggio trasportavano migranti verso
Bruxelles in cambio di poche centinaia di euro
Le tensioni causate dalla notizia del crescente numero di cittadini macedoni
che hanno richiesto asilo politico in vari paesi dell'Unione europea dall'inizio
del 2010, soprattutto in Belgio, sembrano essersi lentamente smorzate.
Giovedì 11 marzo sono arrivati a Skopje i primi autobus carichi di delusi
“aspiranti rifugiati” provenienti da Bruxelles. Il Belgio è stato uno dei paesi
più segnati dall'onda di migranti che hanno sperato di assicurarsi un futuro
migliore nella ricca Unione attraverso la richiesta di asilo. Gli autobus,
pagati dal governo belga e con a bordo funzionari degli uffici addetti alle
questioni migratorie, hanno riportato a casa anche molti cittadini serbi.
Nei prossimi giorni si aspetta la partenza di nuovi autobus non solo dal Belgio,
ma anche da altri paesi europei. Gli sviluppi della questione sembrano aver
calmato le acque, dopo che nelle settimane scorse i media avevano surriscaldato
il panorama politico europeo con notizie che parlavano di ondate massicce di
emigranti richiedenti asilo dalla Macedonia a dalla Serbia.
A inizio marzo, dopo essere stata sollecitata dal governo belga, la Commissione
europea ha reso nota l'esistenza del fenomeno. La stessa Commissione ha poi
richiesto esplicitamente ai governi dei paesi balcanici che hanno recentemente
beneficiato della liberalizzazione del regime dei visti (Macedonia, Serbia e
Montenegro) di spiegare ai propri cittadini non solo i diritti, ma anche gli
obblighi che derivano dal nuovo regime senza visti.
Michele Cercone, portavoce della direzione Giustizia, Libertà e Sicurezza della
Commissione ha fatto il punto sulla situazione, parlando di fenomeno migratorio
dovuto a motivi economici, sottolineando poi che le reali chance di ottenere
asilo sono estremamente basse per la maggior parte dei richiedenti.
Dall'inizio del 2010 le autorità belghe hanno registrato un netto aumento delle
richieste di asilo da parte di cittadini macedoni e serbi. Vari i numeri tirati
in ballo dai media: secondo alcune stime sarebbero circa 400 i macedoni ad aver
chiesto asilo in Belgio dall'inizio dell'anno, un numero nettamente maggiore se
confrontato con le statistiche dell'anno scorso.
Altre fonti stampa hanno scritto di 300 richiedenti asilo dalla Serbia solo a
febbraio, soprattutto albanesi e rom provenienti dalle regioni meridionali del
paese. Richieste di asilo sono aumentate anche in altri paesi dell'Ue. Sarebbero
state 160 quelle presentate a febbraio da cittadini macedoni in Svizzera, un
numero tre volte maggiore a quelle sottoposte nell'intero 2009. Secondo i media
macedoni, un migliaio di rom provenienti soprattutto dalla Serbia meridionale,
ma anche da Macedonia e Montenegro sarebbero entrati in Svezia via autobus. In
questo caso, però, molti sarebbero riusciti ad ottenere asilo e assistenza da
parte del paese ospitante.
Fin da subito, comunque, la vicenda ha mostrato molti aspetti poco chiari e
difficilmente spiegabili. Senza il regime di visti, infatti, i migranti
potrebbero semplicemente entrare in Unione europea come semplici turisti,
scegliendo poi di restare illegalmente nel paese prescelto e nascondendosi alle
autorità, magari per anni.
Quello che invece è successo in queste settimane, con decine di “aspiranti
rifugiati” pronti a dichiarare immediatamente la propria presenza in Belgio alle
autorità di Bruxelles per sottoporre la richiesta di asilo, non sembra la
situazione tipo dell'emigrazione clandestina spinta da motivi economici.
Una serie di indagini giornalistiche in Macedonia ha cominciato a portare un po'
di luce sull'inspiegabile fenomeno. Gli “aspiranti rifugiati”, persone
provenienti dalle fasce più deboli della popolazione, poveri e spesso
analfabeti, sono stati ingannati da truffatori che li hanno convinti che, con la
richiesta di asilo, avrebbero potuto godere dell'assistenza sociale del paese di
arrivo. A molti dei migranti era stato detto che i ricchi paesi dell'Ue
avrebbero garantito loro un appartamento dove vivere e un assegno mensile.
I giornalisti che si sono occupati del caso sono presto arrivati a individuare
delle “agenzie di viaggio”, spesso senza alcuna licenza, che hanno trasportato i
disperati verso Bruxelles e altre destinazioni europee per 100 euro. Il prezzo,
oltre al biglietto, comprendeva un ricco assortimento di bugie, ritagliato su
misura per convincere i propri clienti a partire in cerca di un'opportunità di
vita migliore.
Per molti degli sfortunati “aspiranti rifugiati” 100 euro rappresentavano i
risparmi di una vita. In seguito alle reazioni provenienti dall'Ue e ai
reportage pubblicati sui media, il governo di Skopje ha reagito in fretta,
mettendo fine all'attività delle “agenzie di viaggio” implicate.
Il premier belga Ives Leterme è arrivato in Macedonia l'8 marzo, per aiutare le
autorità locali a fare chiarezza sulle mistificazioni diffuse nel paese. Leterme
ha ribadito che il suo paese non concede asilo politico per motivi economici. Il
premier belga ha poi chiesto al suo omologo macedone, Nikola Gruevski, di
diffondere informazioni precise ai propri cittadini. Il giorno seguente
funzionari belgi, guidati dal Segretario di stato per l'immigrazione Melchior
Wathelet, hanno visitato la regione di Lipkovo, nel nord della Macedonia, luogo
di origine di molti richiedenti asilo.
Il governo macedone ha iniziato una campagna sui media per mettere i propri
cittadini in guardia da false promesse. Per molti giorni vari ministri hanno
fatto dichiarazioni a riguardo sui media nazionali. L'azione ha portato presto a
risultati visibili, e il flusso di autobus diretti a vari paesi dell'Ue si è
interrotto.
Come detto, il primo autobus in direzione opposta è arrivato l'11 marzo. Le
autorità giudiziarie hanno già cominciato le indagini: la speranza è che si
arrivi a punire chi ha approfittato delle speranze dei più poveri tra i poveri.
Quello che all'inizio è stato descritto come un esodo di massa, in grado
addirittura di mettere a rischio l'appena ottenuta liberalizzazione dei visti,
si è rivelato una truffa in grande stile. I governi della regione balcanica,
così come quelli dell'Ue combattono contro il traffico di persone da anni. E'
una lotta difficile, contro avversari organizzati e scaltri. Vista la natura di
quanto accaduto, i severi ammonimenti di Bruxelles sulle possibili future
ripercussioni sul regime dei visti sembrano esagerate.
I media hanno avuto il merito di portare alla luce la natura truffaldina di
quanto accaduto, indicando gli organizzatori e aiutando le possibili future
vittime a orientarsi e ad evitare di essere sfruttate. C'è però anche chi, come
Alexandra Stiglmayer dell'European Stability Initiative (ESI), ha sottolineato
come molti media abbiano in realtà gonfiato irresponsabilmente la vicenda.
“Ci sono stati abusi in tempo di visti, ed è chiaro che ce ne saranno anche in
regime di liberalizzazione. E' un peccato che alcuni media abbiano esagerato nei
toni nel raccontare questa vicenda”, ha dichiarato la Stiglmayer.
“Si tratta di un problema amministrativo, non politico”, ha dichiarato in
un'intervista alla tv macedone “A1” Pavel Gantar, presidente del parlamento
sloveno. La Slovenia è stato uno dei più convinti sponsor della nuova politica
di liberalizzazione verso Macedonia, Serbia e Montenegro.
Di certo la vicenda ha rappresentato il primo test importante per la politica di
liberalizzazione, che per i tre paesi sopra indicati è cominciata a partire
dallo scorso 19 dicembre. Bosnia Erzegovina e Albania dovrebbero essere i
prossimi paesi a godere della possibilità di viaggiare senza visto già nel 2010.
Sempre che le polemiche di queste settimane non si riflettano negativamente su
un'ulteriore apertura da parte dell'Ue.
Di Sucar Drom (del 03/12/2010 @ 09:41:35 in Italia, visitato 2585 volte)
Piacere di conoscervi!
Siamo i Rom e i Sinti, ma molti per ignoranza o cattiveria ci chiamano "zingari"
o "nomadi".
Viviamo in mezzo a voi da circa seicento anni ma ancora in pochi ci conoscono
veramente.
Probabilmente avete letto sui giornali che siamo sporchi, ladri, accattoni… ma
non è così. Certo alcuni di noi sono molto poveri e alcuni hanno commesso degli
sbagli. Ma non siamo tutti uguali anche se siamo tutti presi di mira da
discriminazioni e in alcuni casi da razzismo vero e proprio.
In Europa siamo in dodici milioni, in Italia molto meno, circa 100.000. In
maggioranza siamo Cittadini italiani dal 1871 ma alcuni di noi vengono dalla ex
Yugoslavia e dalla Romania: scappati dalla guerra o dalla miseria.
Provate ad immaginare di non poter avere documenti (anche se i vostri e genitori
sono nati in Italia), di non poter chiedere lavoro o continuare a studiare per
questo motivo, di dover aspirare al massimo a vivere in un container o in una
roulotte… di essere allontanati se entrate in un bar, di essere oggetto di
battute e scherno… che vita sarebbe? La vita di molti di noi al momento.
Noi siamo i Rom e Sinti e come ogni altra minoranza abbiamo una lunga memoria
storica, valori, costumi, tradizioni, arti, talenti, musica e bellezza. Abbiamo
i colori di una civiltà millenaria che non hai mai preso parte ad una guerra.
Tutto questo tuttavia resta confinato troppe volte negli angusti spazi che
occupiamo alle periferie delle città, in ghetti che chiamano "campi nomadi".
La campagna DOSTA ("Basta" nella lingua romanes), promossa dall’UNAR, può
rappresentare la possibilità di superare quel muro del pregiudizio che circonda
la nostra gente.
Noi vi tendiamo una mano, metteremo in piazza frammenti della nostra cultura, vi
sorprenderemo con il calore della nostra musica, le emozioni delle nostre danze
e lo faremo in una serie di eventi che si snoderanno per tutta Italia,
accompagnati da seminari e conferenze, mostre fotografiche e proiezioni video,
momenti di riflessione in cui ci racconteremo a voi. Venite a conoscerci. Vi aspettiamo a Venezia:
Giovedì 9 dicembre 2010, ore 21:00 Casa dei Beni Comuni "Morion", Salizada San
Francesco della Vigna - Castello
PROIEZIONE DEL FILM: "Io, la mia famiglia rom e Woody Allen" di Laura Halilovic,
a cura di: Studenti del Master in Diritti Umani e Democratizzazione (E.MA), del
Centro Europeo Inter-Universitario (EIUC)
Venerdì 10 dicembre 2010, ore 21.00 Casa dei Beni Comuni "Morion", Salizada San
Francesco della Vigna - Castello CONCERTO: Django's Clan. Nel centenario della nascita di Django Reinhardt, genio
sinto della musica jazz europea, un concerto che ne ripercorre l'arte e la
tecnica.
Lunedì 13 dicembre 2010, ore 21.00 Teatro Aurora - Marghera SPETTACOLO TEATRALE: "Rom Cabaret" di e con Dijana Pavlovic.
Lunedì 20 dicembre 2010, ore 18:30 Scoletta dei Calegheri, Campo S. Toma Venezia WORKSHOP: "io non discrimino – l’esperienza degli osservatori contro le
discriminazioni razziali". Intervengono: Massimilano Monnanni – Direttore UNAR
(Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), Gianfranco Bettin – Assessore
Politiche Giovanili e Pace, Carlo Berini – Federazione Rom e Sinti Insieme,
Alessandra Sciurba – Associazione SOS Diritti
Tutti gli eventi sono ad INGRESSO GRATUITO
Gli eventi sono organizzati dalla Federazione Rom e Sinti Insieme e dalla Rete
Tuttiidirittiumanipertutti di Venezia, in collaborazione con il Centro Pace del
Comune di Venezia e l'UNAR.
Il Festival Dosta si inserisce nella manifestazione DIRITTI PER TUTTI – IO NON
DISCRIMINO, organizzata dalla Rete Tuttiidirittiumanipertutti di Venezia e
comprende anche i seguenti eventi:
Sabato 4 dicembre 2010, dalle ore 16.00 alle 22.00 e Domenica 5 dicembre 2010
dalle ore 12.00 alle 20.00, Ca Foscari Auditorium, Campo Santa Margherita "Building bridges: connecting through diversity". Una serie di dibattiti e
proiezioni di Corti e Lungometraggi organizzato dagli Studenti del Master in
Diritti Umani e Democratizzazione (E.MA), del Centro Europeo Inter-Universitario
(EIUC) con sede al Lido, in collaborazione con l’ Università Cà Foscari e il
Circuito Off Venice Internation Short Film Festival.
Martedì 7 dicembre 2010, ore 19.30 Campiello delle erbe, S. Polo 2003 "L'asilo negato di fronte alle mura della fortezza Europa" a cura
dell’Associazione Metricubi.
Intervengono: Marco Ferrero, avvocato, membro dell'Associazione di studi
giuridici sull'immigrazione (ASGI) e Nicola Grigion, progetto Melting Pot
Europa.
Giovedì 9 dicembre, ore 17.15 Teatro dei Frari Venezia IO DECIDO. Primo incontro per l’avvio di un percorso di democrazia partecipativa
nel Comune di Venezia. Vieni anche tu a decidere il futuro della nostra Città.
Venerdì 10 dicembre 2010 Č il giorno in cui ricorre l'anniversario della firma della dichiarazione
universale dei diritti umani avvenuta a Parigi il 10 dicembre 1948 ma è anche il
giorno in cui Zaher, ragazzo afgano è morto qui a Venezia proprio il 10 dicembre
di due anni fa. Zaher è morto perchè i diritti umani ancora oggi nelle nostre
Città, nel nostro paese non sono riconosciuti. Sabato 11 ore 12.00 nel piazzale antistante il Porto la rete
Tuttiidirittiumanipertutti invita la cittadinanza a ricordare la morte di Zaher.
LA CAMPAGNA DOSTA!
L’UNAR, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, nell’ambito delle sue
attività istituzionali ed in collaborazione con le principali associazioni rom e
sinte, ha lanciato per l’anno 2010 la Campagna DOSTA, una grande iniziativa di
sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle comunità rom in Italia.
La Campagna DOSTA ("Basta" in lingua romanes) è stata già promossa dal Consiglio
d’Europa e dalla Commissione Europea nell’ambito del terzo programma congiunto "Equal
Rights and Treatment for Roma". La campagna DOSTA è stata già realizzata con
successo in cinque paesi dell’Europa dell’Est: Albania, Bosnia e Herzegovina,
Montenegro, Serbia, Slovenia ed Ex Repubblica Iugoslava di Macedonia, mentre è
di prossima presentazione la campagna in Francia e Bulgaria.
La Campagna è stata pensata e condivisa con le principali reti di associazioni
rom e sinte in Italia: la Federazione Rom e Sinti Insieme, la Federazione
Romanì, UNIRSI. Le associazioni operano all’interno di un Tavolo di
coordinamento ROM istituito e coordinato dall’UNAR e collaborano alla
pianificazione della campagna e alla progettazione e realizzazione degli eventi
previsti, in collaborazione con le istituzioni locali coinvolte dalle
iniziative.
Obiettivo generale della Campagna è quello di favorire la rimozione degli
stereotipi e pregiudizi nei confronti delle comunità rom e sinte attraverso una
strategia globale di confronto e conoscenza reciproca.
Obiettivi specifici della Campagna sono quelli di:
- favorire una migliore conoscenza della cultura Rom e del suo contributo nella
storia europea attraverso mostre e spettacoli, premi, seminari e conferenze,
eventi pubblici e campagne sui media;
- promuovere un confronto diretto con la realtà rom ed i rischi di
discriminazione ed esclusione sociale attraverso percorsi formativi per il mondo
del giornalismo e gli enti locali, tavoli di lavoro e occasioni pubbliche di
dibattito
Secondo il rapporto annuale dell'Agenzia EU sui Diritti Fondamentali, la
Romania sta compiendo progressi nel combattere la discriminazione, ma ci sono
ancora problemi nel raccogliere dati sulla situazione dei gruppi etnici, come
anche sull'integrazione dei Rom.
***
Una ricerca condotta dall'agenzia Europea sui diritti umani, indica che la
Romania è tra i nove paesi EU che combattono attivamente contro razzismo e
xenofobia.
Secondo il rapporto, la Romania, assieme a Gran Bretagna, Irlanda, Francia,
Italia, Belgio e Bulgaria, è tra i paesi che applicano misure per la
discriminazione etnica o razziale. Dal lato opposto, ci sono paesi criticati per
non applicare sanzioni in quest'area - la Repubblica Ceca, Cipro, Danimarca,
Lituania, Germania, Polonia, Portogallo e Spagna.
La decisione dell'Associazione Rumena Football (RFA) di sanzionare
"ogni giocatore, dirigente o spettatore che discriminano in pubblico qualsiasi
altro individuo su criteri di razza, colore, lingua, religione od origine
etnica" è menzionata come una delle misure positive adottate dalla Romania.
D'altra parte, il rapporto critica Bucarest per non fornire dati statistici
sugli "abusi delle autorità contro i diritti umani" nel 2006. L'Agenzia ha
riportato che alcuni paesi incoraggiano la raccolta di dati sull'origine etnica,
ma altri paesi sono riluttanti nel farlo. Rispetto a ciò, Romania, Repubblica
Ceca e Finlandia sono criticati per non raccogliere dati sufficienti sulla
situazione delle minoranze etniche.
Inoltre, la Romania, assieme a Finlandia, Ungheria, Danimarca e Paesi Bassi,
è criticata anche per discriminazione sul posto di lavoro. E' citato uno
studio a tale riguardo, che mostra che il 60% dei Rumeni se avessero un'attività
propria non assumerebbero gente di etnia Rom.
D'altra parte, viene lodata l'iniziativa del Ministro Rumeno degli Interni e
delle Riforme Amministrative di stabilire posti speciali per l'etnia Rom
ed i membri di altre minoranze nazionali.
"I Rom di Romania e Bulgaria potrebbero essere esclusi dal sistema di
assicurazione sanitaria statale se risultassero disoccupati per lunghi periodi
di tempo o se fossero sprovvisti di documenti personali (in Romania e Slovenia)",
evidenzia il documento.
Viene anche presentata la situazione dei Rom Rumeni in Italia. Il
rapporto specifica che il 14 agosto 2007, tre OnG hanno spedito lettere ai primi
ministri di Italia e Romania, chiedendo loro di prendere misure per fermare gli
allontanamenti forzati dei Rom Rumeni dall'Italia, così come il loro bando da
questo paese.
Al primo incontro della Commissione Europea sul popolo romanì (in tutto il
testo si usa il termine romanì per comprendere le varie popolazioni rom, sinte,
kalé e romanichals, ndr) nel settembre
2008, il presidente José Manuel Barroso disse "la drammatica situazione dei Rom
in Europa non può essere risolta a Bruxelles", e premeva perché quella "non
diventasse solo un'altro incontro di chiacchiere". L'unica decisione presa fu di
indire un altro incontro. Così ora ci troviamo un'altra volta a Bruxelles, e
siamo proprio qui a discutere su come risolvere la drammatica situazione. Non
lasceremo niente di irrisolto, continueremo a cercare e forse potremo esplorare
nuove direzioni che ci porteranno alle soluzioni che tutti noi cerchiamo.
Prima di iniziare questo incontro molto importante, mi è stato chiesto di
condividere con voi alcuni pensieri sull'attuale situazione dei Rom, tanto dalla
prospettiva contemporanea che da quella storica, e di fornire alcuni spunti sui
principali elementi che dovrebbero essere considerati quando si pianificano le
future politiche ed i programmi per l'inclusione dei Rom.
I due decenni passati hanno visto enormi cambiamenti sia per il popolo romanì,
che per quanti ci studiano e lavorano con noi. Per molti romanì, questi
cambiamenti hanno significato adattarsi un'altra volta a nuovi ambienti
tipicamente ostili, cercando sicurezza nel lavoro, nell'istruzione,
nell'alloggio e nell'assistenza sanitaria e legale. Per il mondo non-romanì ha
significato fare posto ai nuovi arrivati, che si presentano con un bagaglio
complesso di stereotipi ed un'eredità di persecuzioni.
Dopo il collasso del comunismo venti anni fa, centinaia di migliaia di Rom
dell'Europa orientale si sono riversati verso ovest in cerca di una vita
migliore. Per gli occidentali, una colorita ed assolutamente inoffensiva
popolazione che era ristretta nell'opinione pubblica a film e libri di racconti,
improvvisamente divenne una presenza reale ed evidentemente minacciosa. Questo
non ha riguardato la sola Europa occidentale; pure nei paesi d'oltreoceano ci
sono stati casi simili, basta vedere la ricezione ostile dei Rom dalla
Repubblica Ceca e dall'Ungheria in Canada, per esempio.
Quattro anni fa in Italia c'erano 180.000 Romanì, ma oggi sono meno di un
quarto di quel numero. Tra loro, quelli dalla Romania sono meno di 6.000, 4.500
dei quali sono incarcerati, soprattutto per accattonaggio, furto, resistenza ed
ingresso illegale (queste cifre - di cui ignoro la fonte - non corrispondono
ai dati ufficiali sulla presenza di Rom e Sinti in Italia, ndr). Questi
sono, incidentalmente, proprio gli stessi crimini esposti nello Zigeunerbuch di
Dillman del 1905, che spianò la strada al genocidio nazista. Non ci sono
proiezioni certe di quanti Rom siano ora apolidi attraverso l'Europa, anche se
le stime danno un numero di 10.000 in Bosnia, 1.500 in Montenegro, 17.000 in
Serbia e 4.090 in Slovenia.
I rapporti rilasciati dall'Agenzia UE per i Diritti Fondamentali lo rendono
chiaro in maniera cristallina: il razzismo contro i Rom è dappertutto in
crescita attraverso l'Europa. Oggi i Rom sono poveri, marginalizzati,
disoccupati e senza casa (o mal alloggiati) come mai in passato. Sono tanto
lontani dal vivere la vita di normali cittadini nel loro paese come lo erano
prima dell'espansione UE, e vengono fatti paragoni con l'atmosfera della
Germania negli anni '30. Negli ultimi due anni, almeno dieci Rom sono stati
uccisi - e questi sono solo i casi riportati. Si stima che l'80% degli incidenti
di antiziganismo non siano stati denunciati. Le famiglie sgomberate lasciate per
strada dopo che i loro insediamenti sono stati demoliti sono particolarmente
vulnerabili ad atti di violenza di bande ostili. Sono comuni pestaggi e
violenze.
Nel settembre 2001, un lancio d'agenzia della BBC dichiarava che il Consiglio
d'Europa "ha lanciato una rovente condanna sul trattamento dell'Europa verso la
comunità zigana, dicendo che sono oggetto di razzismo, discriminazioni e
violenza... le Nazioni Unite dicono che sono il più serio problema nei diritti
umani in Europa." Un editoriale di The Economist nel 2005 descriveva i Romanì in
Europa come "in fondo ad ogni indicatore socio-economico: i più poveri, i più
disoccupati, i meno istruiti, con la più bassa aspettativa di vita, i più
dipendenti dal welfare, i più imprigionati e più segregati." Un rapporto UE la
chiamava "una delle più importanti questioni politiche, sociali ed umanitarie
nell'Europa di oggi". Siamo a metà nel Decennio dell'Inclusione Rom, ma
chiaramente i risultati degli sforzi per arrivare ad un cambiamento devono
essere ancora giudicati, e sinora non abbiamo fatto molto bene.
Pure quanti sono passati prima di noi non hanno avuto successo. Stavo
leggendo recentemente un rapporto di quarant'anni fa, pubblicato da Studi
Sovietici, che descriveva la situazione dei Rom in un particolare paese del
blocco orientale. Vi si dice che mentre il sistema aveva creato tutti i
prerequisiti necessari per affrontare il "problema Zingaro", quei "prerequisiti"
non stavano funzionando. Quel "problema Zingaro" era descritto come "mancanza di
comprensione della formula deterministica Marxista" da parte dei Rom, incolpati
per aver ereditato le nozioni pre-comuniste del capitalismo e, con una o due
eccezioni, gli Zingari erano ancora "mendicanti, ladri, violenti ed un flagello
nel paese," cito da un rapporto governativo. Eravamo da rimproverare perché
eravamo deliberatamente antisociali aderendo alla nostra distinta identità, dato
che come popolo, dicevano, provenivamo dallo stesso ceppo razziale della
popolazione non-romanì. Ciò contraddice, tra l'altro, un ministro degli esteri
rumeno, che dichiarava pubblicamente non molto tempo fa che la criminalità è una
caratteristica razziale, che ci pone a parte dal resto della popolazione. Non
soddisfacevamo la definizione di Stalin di nazionalità, sostenevano quei
rapporti, perché "non possedevamo né un comune territorio, né una cultura comune
ed un unico modo di vita." L'ideologia marxista diede ai Rom un'identità
sociale, ma non una etnica.
Quattro decenni di comunismo non sono bastati a risolvere il loro "problema
Zingaro", ed altre due decadi che sono passate non hanno compiuto molto. E vero
che abbiamo visto un certo numero di cambiamenti positivi, per esempio il
governo ceco ha recentemente bandito il Partito dei Lavoratori, in quanto
xenofobo ed una minaccia alla democrazia, citando espressamente i suoi attacchi
contro i Rom. Ma per ogni passo avanti, c'è chi opera contro di noi. Il governo
francese è appena finito sotto le critiche per aver mancato di fornire una
sistemazione adeguata ed il diritto di voto ai Viaggianti; il più recente
rapporto sulla Svizzera della Convenzione Quadro per la Protezione delle
Minoranze Nazionali ha detto che non stava studiando la possibilità di
ratificare la Convenzione 169 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro a
causa delle preoccupazioni che il trattato potrebbe significare per i Rom; il
Canada sta progettando una nuova legge sull'immigrazione che darà al Ministero
dell'Immigrazione il potere di dichiarare quale paese sia sicuro in Europa, così
da stabilire da quali paesi non possano arrivare i rifugiati. Possiamo prevedere
che tutti i paesi UE rientreranno in questa lista, cioè che con la nuova legge i
Rom non potranno più chiedere asilo in Canada.
E' quasi prevedibile che qualsiasi rapporto formale sui Rom userà la parola
problema; una rapida ricerca che ho fatto il mese scorso su Internet delle
parole "problema Zingaro (Gypsy problem nell'originale, ndr)" scrivendo
questa presentazione, mi ha ridato oltre 22.000 risultati. Ripeto: una ricerca
su Internet delle parole "Gypsy problem" mi ha ridato oltre 22.000 risultati.
Dovrebbe forse essere più apertamente riconosciuto che abbiamo anche un
problema gadjo; dopotutto, quei 22.000 risultati su Internet non sono originati
con noi. Ma la realtà è che noi Romanì e voi gadjè abbiamo tanti problemi l'un
l'altro. E devono essere affrontati [...] proprio come in un matrimonio riuscito
le parole chiave sono comunicazione e compromesso.
Vivo, come un numero crescente di Romanì, con un piede in due mondi, e posso
identificare diverse di queste tematiche da entrambe le prospettive. Il mondo
non-Romanì ci vede come eterni outsider, che non vogliono ancora adattarsi,
viventi di furti ed inganni, che tutto prendono mentre non contribuiscono a
niente, eccetto forse l'intrattenimento - urlanti, sporchi e con una coda di
disordine dietro di noi.
Dal nostro punto di vista, il problema più schiacciante con i gadjé è il
razzismo. E' direttamente alla base e sostiene gli altri problemi - quelli della
povertà, della disoccupazione, della scuola, della sanità e della casa, e nei
diritti umani e civili. La povertà di alcune popolazioni romanì è assolutamente
opprimente. Nel 2006 un rapporto della Banca Mondiale diceva "I Rom sono il
gruppo a rischio più povero in molti paesi dell'Europa Centrale ed Orientale.
Sono più poveri di altri gruppi, più facili a cadere nella povertà, e più facili
a rimanere poveri. In alcuni casi i tassi di povertà per i Rom sono dieci volte
superiori a quelli dei non-Rom. Una recente ricerca ha trovato che quasi l'80%
dei Rom in Romania e Bulgaria vivevano con meno di $4,30 al giorno... persino in
Ungheria, uno dei paesi di nuovo accesso più prospero, il 40% dei Rom vivono
sotto la linea di povertà." George Orwell scrisse che "il primo effetto di
povertà è che uccide il pensiero." Benché vederci come vittime, è un gioco a
perdere; dobbiamo usare le nostre capacità per cambiare la nostra situazione, e
se non abbiamo queste capacità dobbiamo acquisirle. Infine, dobbiamo contare su
noi stessi. Il mondo fuori non risolverà per noi i nostri problemi e se ce lo
aspettiamo, sarà una lunga lunga attesa.
Quindi, che fare?
Una gran targa sul muro del mio ufficio recita che L'Istruzione è il
Passaporto per la Libertà. Lo credo fermamente, e insisto perché facciamo
dell'istruzione la nostra più alta priorità nelle discussioni che seguono qui a
Bruxelles. Non elaborerò sulle questioni più pesanti che provengono dal
razzismo, la soluzione verrà una volta che adeguati programmi educativi verranno
progettati ed applicati. Così come questioni riguardo il lavoro e la casa
esistono a causa del razzismo, la loro soluzione arriverà attraverso
l'istruzione. E non parlo semplicemente di educare il popolo romanì, ma anche la
popolazione non romanì.
Ho puntualizzato recentemente in una pubblicazione che la vaghezza riguardo
l'identità romanì ha permesso la manipolazione con indifferenza di chi ci è
estraneo, e questo mi porta al punto focale del mio discorso [...]. Se avessimo
saputo chi siamo, e avessimo avuto la possibilità di essere ascoltati, avremmo
potuto dire la nostra su come siamo ritratti. Se un giornalista vuol dire che
siamo originari dell'Egitto, come è successo di recente, chi siamo noi per dire
che non è così, e cosa diremmo per correggerla, e dove mai sarebbe ascoltata e
conosciuta questa protesta? Abbiamo perso noi la nostra storia molti anni fa
così non possiamo raccontarla, ed il mondo non-romanì non si tirato indietro nel
fornire varie identità al posto nostro. Non credo che potremo fare la storia se
non ne conosciamo la nostra; Alain Besançon ha detto che "un uomo senza memoria
è assolutamente plasmabile. E' ricreato in tutti i momenti. Non può guardarsi
indietro, neanche sentire una continuità con sé stesso o preservare la sua
identità." Finché i racconti sugli Zingari influenzeranno i giornalisti ed il
ritratto romanzesco che ne consegue, finché gli esperti dell'ultimo momento nei
media saranno fiduciosi di poter scrivere senza nessun controllo, finché la loro
immaginazione avrà le briglie sciolte, continueremo ad "essere ricreati ad ogni
momento," come dice
Besançon, senza mai il controllo della nostra identità.
Senza istruzione non possiamo essere articolati, manchiamo di una voce
abbastanza forte. Ci lamentiamo, ma non siamo uditi. Ci recente cinque membri
dell'Alleanza Civica Rom presenti ad una conferenza sui Rom a Bucarest, sono
stati allontanati quando hanno criticato l'inazione del governo. La loro voce è
stata soffocata. Senza istruzione non possiamo dire chi siamo e da dove veniamo,
e come abbiamo avuto la forza e la determinazione di sopravvivere a secoli di
persecuzioni, schiavitù e genocidio ed essere ancora qui. Quando avremo i nostri
educatori, avvocati e dottori, non avremo più bisogno di appoggiarci al mondo
esterno, e di andare dai gadjé con le mani protese. Fintanto continueremo a
farlo, non saremo mai rispettati. A tal riguardo, non vogliamo che i non-romanì
ci amino, ma vogliamo il loro rispetto.
I programmi di studi per i Rom devono essere pianificati con attenzione.
Promuoveranno l'integrazione o l'assimilazione? Le generazioni più anziane
saranno confortate nel sapere che non si tratta di convertire i loro figli in
gadjé, cosa che è la grande paura tra i Romanì d'America. A sua volta, la
formazione sui romanì nelle scuole pubbliche deve presentare la nostra storia e
cultura in maniera uniforme.
Ho già menzionato i media. Mentre potrebbero essere un potente alleato, sono
assolutamente l'opposto. Un quarto di secolo fa Kenedi Janós scrisse "i media di
massa, in maniera velata, e spesso esplicita, incitano l'opinione in una
direzione anti-zingara." I giornali disseminano regolarmente opinioni
spacciandole per notizie. I giornali plasmano la mente delle persone. Creano
attitudini. Quando il più grande quotidiano rumeno, Evenimentul Zilei, scrisse
che "Si ritiene che gli Zingari siano geneticamente inclini a diventare
criminali" ripeteva le ragioni di Hitler per lo sterminio dei Romanì nel III
Reich. Quando un altro giornale rumeno, Cronica Romana, avvisa i clienti a non
fare affari con un venditore perché "il colore della sua pelle" è indicativo del
suo essere "poco credibile", il messaggio è chiaro. E questa non è un'attitudine
ristretta alla sola Europa centrale e orientale. In Inghilterra titoli come
"Zingari! Non potete entrare!" dal Sunday Express o quello del Sun "Quanto tempo
prima di mandarli fuori a calci?", per esempio, hanno infiammato l'ostilità
pubblica e segnato l'opinione pubblica con l'antiziganismo. Sono rimasto
scioccato nell'apprendere che la Foreign Press
Association ha appena premiato la produzione della BBC "Bambini Zingari Ladri"
col
Media Award per la miglior Storia Televisiva dell'Anno. La mossa irresponsabile
da parte della BBC, nel trasmetterlo per la seconda volta nonostante le proteste
delle organizzazioni romanì in seguito alla prima proiezione sei mesi fa, a cui
la Foreign Press
Association ha replicato che lo scopo di "aumentare la comunicazione e la
comprensione tra le ricche diversità delle culture di questo mondo e la comunità
globale" è un travisamento. Dal documentario non arriva nessuna comprensione
della situazione di quei bambini, ed in nessun modo ha presentato la nostra
"ricca cultura". Invece ha aiutato a rafforzare ancora di più la crescente
romafobia in Bretagna, il paese dove sono nato, assicurando nuovi titoli d'odio
nei giornali. Il documentario è stato presentato anche in Italia ed in Belgio, e
sono arrivate proteste dal Centro Belga per l'Uguaglianza e dall'Autorità di
Supervisione dei Media per gli Audiovisivi del Belgio.
Anche la stampa d'intrattenimento può perpetuare stereotipi, come solitamente
quelli di romanzesco, di magico e mistero. Due titoli recentemente pubblicati
sono quello di Sasha White "Cuore Zingaro"; leggo sulla copertina: "Può un uomo
piegato alla sedentarietà convincere una donna dallo spirito libero... a
rischiare il suo Cuore Zingaro? Attenzione: questo libro contiene immagini
esplicite di sesso con linguaggio contemporaneo," e quello di Isabella Jordan
"Zingari, Vagabondi e Calore: un'Antologia del Romanzo Erotico", che recita ai
lettori: "Perdetevi negli occhi scuri e nella sfera di cristallo di un amante
zingaro!"
Anche i film presentano i Romanì in maniera negativa, soprattutto quelli di
intrattenimento. Ora con Il Lupo Mannaro, un anno fa guardavamo Drag Me to Hell
e prima Thinner. La prima esperienza con gli Zingari dei miei studenti fu
attraverso la versione disneyana del Gobbo di Notre Dame. Su internet c'è un
link apposta per "Film zingari maledetti (Gypsy curse movies, ndr)", e
digitandolo su Google ritorna oltre 64.000 risultati.
Mentre nel documentario della BBC c'era un rapido riferimento alle vergognose
esperienze provate dai Rom nell'Europa di oggi, non è stato fatto nessun
tentativo o analisi per spiegare come si sia arrivati a questa situazione,
nessuna spiegazione della profonda eredità psicologica che i Rom rumeni hanno
ereditato da 550 anni di schiavitù, a dire il vero neanche una menzione a questa
schiavitù, quando sono stati gli ex schiavisti a ricevere un indennizzo dal
governo per la loro perdita, quando non è stato creato nessun programma per
aiutare l'integrazione degli ex schiavi romanì, non istruiti e senza un soldo,
nella società libera. Non c'è menzione in quel documentario neanche al fatto che
dopo l'Olocausto i sopravvissuti romanì al genocidio ritornarono dai campi senza
alcun aiuto, senza indennizzi di guerra, a ricostruire le loro vite frantumate
in un mondo ostile dove le leggi contro di loro erano ancora in vigore.
I Cinesi dicono che l'inizio della saggezza è chiamare le cose col loro nome
esatto. Se trattiamo gli "Zingari" come un popolo unico, una "comunità", stiamo
semplificando una situazione complessa ed ignorando le grandi differenze che
distinguono le differenti popolazioni romanì. A luglio2007, Newsweek International
pubblicò una storia intitolata "In tutto il mondo, la gente sta abbracciando la
cultura dei Rom", ma naturalmente non abbiamo una singola cultura, e le culture
che abbiamo di sicuro non sono abbracciate dai popoli di tutto il mondo. [...] I Kaale
finnici ed i Calé spagnoli hanno tra loro più differenze che similitudini; i
Romanichals differiscono considerevolmente dai Kalderasha, e così via. Queste
differenze sono state usate per negare alle popolazioni romanì qualsiasi
identità etnica condivisa, ed invece per usare criteri sociali e comportamentali
per definirci. La citazione di prima da Studi Sovietici è un esempio di quel
modo di pensare, e tante volte ho ripetuto le parole del sociologo ceco Jaroslav Sus,
che osservava come ci fosse "un'opinione assolutamente falsa che gli Zingari
formino una nazionalità o una nazione, che abbiano una propria cultura
nazionale, una propria lingua nazionale."
Invece di pensare negativamente in termini di identità, sulle cose che
rendono differente un gruppo dall'altro, dovremmo pensare a tutto ciò che
condividiamo in termini di lingua, cultura ed ascendenza. Dopo tutto, è il
patrimonio che abbiamo portato in Europa. Le caratteristiche che ora ci dividono
sono state acquisite dal mondo non-romanì.
Torniamo a quelli che secondo me sono i principali punti in questione.
Primo: procederemo guardando ai Rom d'Europa come una popolazione definita
etnicamente o socialmente? E' chiaro che sinora si è trattato soprattutto del
secondo caso, cosicché Romanì e non-Romanì sono stati solitamente raggruppati
assieme, ad esempio dalle varie organizzazioni e festival Rom e di Zingari
Viaggianti. Certamente, la causa comune è la ragione perché differenti gruppi
lavorino insieme, e se è il caso continuino a farlo. Ma insisto che non è stata
fatta abbastanza opera di conoscenza sulla distinzione culturale dei popoli
romanì, distinzione di cui si deve tener conto, per esempio, nelle aree
dell'insegnamento o della casa. Il fatto è che differenti sottogruppi romanì non
sono ansiosi di lavorare tra loro, avendone la possibilità, lasciati soli con
gruppi non- romanì che, dal punto di vista romanì, sono dopotutto gadjé.
Se i Rom devono essere guardati etnicamente, ci sono diverse questioni che
saltano fuori immediatamente. Difatti, possiamo parlare di UN popolo
romanì? Bene, la risposta è sì e no. Provo a spiegarmi meglio.
Un'origine militare per i Romanì non è una nuova idea, in un secolo e un
quarto di ricerche, studiosi come Goeje,
Clarke, Leland, Burton, Kochanowski, Bhalla, Courthiade, Mróz, Haliti, Lee e Knudsen
hanno concordato su questa ipotesi - l'invasione ghaznavida nel primo quarto
dell'XI secolo portò alla fuga dall'India. Il lavoro di Soulis, Fraser, Marushiakova
& Popov e più recentemente di
Marsh hanno ancora di più dimostrato che fu l'espansione dell'Islam il
principale fattore nella migrazione dei nostri antenati dall'Asia all'Europa
durante il periodo medievale. Non scenderò qui nei dettagli storici e
linguistici, sono presentati in un libro sui miei scritti di Dileep Karanth che
a breve verrà pubblicato dall'Università di Hertfordshire. L'importante ora è
capire che i nostri antenati non furono mai un popolo unico con un'unica lingua
quando lasciarono l'India, ma includevano diverse componenti etnolinguistiche.
Altrove ho argomentato che come la nostra lingua, la nostra identità come Rom
proviene dal periodo sedentario anatolico, lo status preciso di Indiani e la
varietà dei linguaggi si cristallizzarono nella lingua e nel popolo romanì,
particolarmente sotto l'influenza dei Greci bizantini. Non c'erano "Rom" prima
dell'Anatolia.
Qui vorrei avanzare una prospettiva differente che, ritengo, fornisca
un'alternativa di comprensione alla questione dell'identità, e sul perché la
questione dell'identità confonda giornalisti e sociologi, e perché ci causi così
tanti problemi.
Alla luce dei dettagli delle nostre origini e della nostra storia sociale
condivisa o meno, bisogna trarre alcune conclusioni: Primo, che si tratta di una
popolazione composita sin dall'inizio, che allora venne definita in base
all'occupazione piuttosto che sull'etnia; Secondo, che mentre le componenti
originarie - linguistiche, culturali e genetiche - sono tracciabili in India,
essenzialmente costituiamo una popolazione che ha acquisito la sua identità e
lingua in Occidente (accettando l'Impero Bizantino, cristiano e di lingua greca,
come culturalmente e linguisticamente "occidentale"), e Terzo, che l'ingresso in
Europa da quella che attualmente è la Turchia non avvenne come un popolo
singolo, ma attraverso diverse migrazioni più piccole e forse in un intervallo
di due secoli. Questi fattori combinati hanno creato una situazione in un certo
senso unica, siamo cioè una popolazione di origine asiatica che ha passato
essenzialmente l'intero periodo della sua esistenza in Occidente. Siamo il
proverbiale pezzo quadrato che si tenta di infilare in un foro rotondo.
Visto che la popolazione era frammentata e si spostava in Europa nello stesso
periodo in cui emergeva come identità etnica, non c'è senso di essere mai stati
un popolo singolo ed unificato in un posto in determinato periodo. Possiamo
parlare di "centro di ritenzione diretta" consistente di fattori genetici,
linguistici e culturali tracciabili dall'Asia ed evidenti in misura maggiore o
minore in tutte le popolazioni che si identificano come romanì, ma dobbiamo
anche essere coscienti che tutte queste aree sono state aumentate attraverso il
contatto coi popoli e le culture europee, e sono gli accrescimenti posteriori
che rappresentano le differenze a volte estreme tra gruppo e gruppo.
Per qualcuno, la cultura romanì "pura" è stata praticamente diluita, talvolta
da deliberate politiche governative come in Ungheria o Spagna nel XVIII secolo,
anche se tali popolazioni sono nondimeno guardate come "zingaresche" dalla
società maggioritaria sulle basi di apparenze, vestiti, nomi, occupazioni e
stazionamento e come tali trattate, senza avere una tradizionale comunità etnica
in cui cercare rifugio. All'estremo opposto sono le popolazioni romanì di numeri
sostanziali, come i Vlax o i Sinti, che vigorosamente mantengono lingua e
cultura e che a causa di ciò sono tenute fuori dall'accesso alla società europea
maggioritaria. A causa di questa, non esiste una soluzione educativa unica buona
per tutti i gruppi. Abbiamo bisogno di programmi specifici per gruppo - nel
quadro delle più ampie specifiche nazionali.
Mentre questi forniranno la conoscenza di un'origine comune e della storia
precedente, e spiegheranno le nostre differenze, non devono intendersi per unire
tutti i gruppi in uno. Resta da vedere quale tipo di relazioni creeranno, ma
idealmente dovrebbe ottenersi una sorte di comunanza - nei numeri c'è la forza.
Il secondo punto che vorrei fosse discusso riguarda i danni psicologici
dovuti alle persecuzioni - non soltanto la paura che i Rom vivono giornalmente
in molte parti, paura che ha effetti tanto mentali quanto fisici, ma il danno
psicologico più profondo che la storia ha modellato. Non credo che vi sia stata
data la dovuta attenzione. Nel 988 in Austria, nell'anniversario dell'Anschlüss,
i sopravvissuti romanì raccontarono al reporter del London Times di essere
ancora tormentati dalla paura delle ricorrenti persecuzioni naziste. Ci sono
storie di isolate famiglie romanì nell'estremo est d'Europa che credono che i
nazisti siano ancora al potere.
Alcuni Romanì pagano altro, un'eredità più pesante - una prospettiva di
vita trasmessa da centinaia d'anni di schiavitù. Per oltre cinque secoli, i Rom
Vlax non hanno avuto alcun potere decisionale. Questo ha creato un punto di
vista che vede la situazione di Roma creata da chi non lo è, ed avendo questi
generato il problema, sono a loro volta responsabili del trovare una soluzione.
Non avendo autonomia interna o potere di risolvere i problemi, gli schiavi
dovevano rivolgersi ai gadjé per ogni cosa. Se, per secoli, un popolo ha vissuto
in una società dove ogni singola cosa, incluso cibo, vestiti e persino la/lo
sposa/o era fornito dall'esterno, a discrezione del padrone, e l'ottenere
qualsiasi extra, favori inclusi, dipendeva dal rapporto con quel padrone, si
installa così il presupposto che è così che si sopravvive nel mondo. E mentre la
schiavitù è stata abolita da un secolo e mezzo, sopravvivono rimasugli di quel
modo di pensare. Non solo l'assistenza ed i beni materiali sono ricercati
all'esterno piuttosto che nella comunità, ma anche il coltivare contatti utili
ed influenti fuori dal mondo romanì è una priorità, e diviene un segno di
prestigio. Uno può diventare il leader ella sua comunità su questa semplice
base. Questo modo di pensare non incoraggia l'auto-determinazione o l'iniziativa
personale, ma prima di essere individuato e cambiato, dev'essere compreso.
Per finire vorrei dire qualcosa su quanti talvolta sono chiamati pasaxèrja in
Vlax americano. E' una parola che significa "passeggeri" e si riferisce non a
quanti genuinamente vogliono lavorare con noi e ci aiutano nel cambiamento -
sono benvenuti - ma invece a chi si è attaccato al carrozzone dell'Industria
Zingara, chi ne ottiene un guadagno, scrive una o due cose su di noi quando
l'argomento è scottante, e poi sparisce. E' gente che non ci conosce
socialmente, e non ha comprensione sulla mentalità o cultura romanì. L'autore di
uno dei più quotati lavori sull'etnopolitica dei Rom dell'Europa Orientale, ora
dice nell'introduzione del suo libro "Non amo molto gli Zingari", un altro libro
altrettanto di alto profilo sul trattamento dei Rom nell'Olocausto include le
parole secondo cui noi siamo "con poche eccezioni, un popolo pigro, bugiardo,
ladro e straordinariamente sordido...gente eccessivamente sgradevole da avere
intorno". Questo tipo di persone servono a se stesse, prendono ma non danno
niente. Parliamo anche di cosa fare a tal proposito.
Alla scoperta dei multiformi significati della parola čarda, alla scoperta della
"cultura della complessità" che caratterizza il sud est Europa. Un
approfondimento in vista di Sapori del Danubio, l'iniziativa promossa da
www.viaggiareibalcani.it e Slow Food
Tratto da www.viaggiareibalcani.it
Attraverso incredibili traiettorie linguistiche tipicamente balcaniche la parola
turca Çardak è penetrata nell'ungherese, nel serbo-croato-bosniaco, bulgaro,
macedone e greco.
Può significare torre, piano superiore o soffitta, magazzino o seccatoio
(soprattutto per il mais), locanda di bassa qualità, situata di solito lungo una
trafficata via di comunicazione o vicino a un fiume; ma dal termine Çarda deriva
anche la musica che i rom ungheresi suonavano in queste locande (le csardas)
diventata col tempo una danza eponima ungherese... e si potrebbero trovare altri
significati.
Non c'è indicatore migliore per descrivere "l'unicità plurima" di cui è
impregnata la cultura balcanica, non c'è prova più lampante dell'inconsistenza
di tutti i discorsi identitari nazionalistici che hanno fatto breccia tra ampi
strati delle società di questa regione. In tutti i suoi significati la parola
čarda, csardas, cardak, čardaklija - un tipo di casa in Bosnia -, cognome o
toponimo in Macedonia, si associa con l'inferiore e il più felice, declinato in
chiave sia musicale che sessuale.
Čarda-Çardak-csardas, la cui radice etimologica deriva forse dalla lingua Avara
(črtog, čertog), quindi più alta e nobile di quella turca, denota un posto
dedicato al riposo, al piacere e alla contemplazione del mondo - il miglior
punto panoramico della casa: fondamentalmente il piacere provato da un voyeur
nascosto.
Altri significati accordati a questo termine: balcone, terrazza, stanza
delimitata da ampie vetrate, camera del padrone e anche casa di campagna, come
le vikendice sparse attorno alle città dei Balcani. Il segno più importante del
godimento insito in questa parola è la musica: nelle melodie del rebetiko greco
l'uomo invita la donna nella sua čarda per godere insieme i piaceri dell'amore.
In Vojvodina e Ungheria le čarde sono soprattutto i luoghi dove si può sentire
la musica Rom. In modo estensivo Čarda potrebbe forse indicare un luogo del
peccato? Sicuramente sì, perché il nascosto è la parte integrante di tutti
questi multiformi significati. Oltre alle sue declinazioni erotico-dionisiache
la parola čarda, nel suo senso culturale e sociale, è un posto dove ci si
diverte al riparo dagli sguardi indiscreti delle masse, proprio perché si tratta
di un diletto contrario a forme di divertimento caste, approvate dai codici
sociali del tempo.
Le čarde e la cultura delle čarde sono frequentate anche dalle classi superiori,
come luoghi e tempi dell'illegale. Cornice naturale della produzione di
sottoculture, čarda è simbolo di conflitti e accordi - o più precisamente di
negoziazioni sociali su cosa sceglieranno per sé gli strati sociali più alti
della società nel loro diritto esclusivo ai piaceri della carne e dello spirito.
Per usare una metafora, lo stesso poliziotto che di notte paga musicisti e
danzatrici rom affinché animino la sua terevenka (sbornia collettiva) con gli
amici, il giorno seguente rimane impassibile vedendo i colleghi chiudere una
csarda, arrestare e picchiare i musicisti, o in tempi più bui mandarli nei campi
di concentramento. L'intera storia dei Balcani è caratterizzata da esplosioni di
violenza contro vari tipi di sottoculture. Parallelamente però sono queste
ultime ad aver sempre prodotto le forme comportamentali dominanti legate alla
sfera del desiderio e del piacere.
In assenza di quei codici sociali e di quelle istituzioni che nell'Occidente
europeo assicurano trasferimenti più complessi tra gli strati culturali
superiori e inferiori, questa specificità dei Balcani è potuta sfumare negli
stereotipi semplificatori che ricoprono la regione: "balcanofili" che credono di
poter trovare nei Balcani emozioni e comportamenti autentici come pure "balcanoclasti"
terrorizzati da essi, sono entrambi vittime di una percezione edulcorata delle
culture sincretiche di queste terre.
Esiste allora una formula per comprendere i Balcani? Si, ma non è semplice.
Innanzitutto bisogna conoscere almeno una della lingue parlate in questa parte
d'Europa; in secondo luogo, aggiungo, almeno due generi musicali dei Balcani. Le
correlazioni tra le musiche balcaniche, in termini culturali, sono
straordinarie. Quella che forse è la più famosa, il rebetiko greco, conserva
tanti elementi della musica rom. Jovan Tsaus, un popolare musicista di rebetiko
degli anni venti e trenta del secolo scorso, era un immigrato proveniente dai
Balcani centrali. All'altro estremo di questo spazio semantico, nella musica
ungherese, è difficile trovare elementi che non siano di origine rom.
Tutti questi tipi di musica tradizionale, dal rebetiko a quella ungherese,
includendo la tamburaskadi Vojvodina e Slavonia, la musica di Costantinopoli,
lo stile anatolico o di Smirne, la sevdalinka bosniaca, le kantade adriatiche o
i canti a cappella, sono tutte forme di musica dove l'improvvisazione è un
elemento centrale, anche se in realtà tale peculiarità fuoriesce dai Balcani e
si diffonde in tutta l'area mediterranea. Un paragone azzeccato che coinvolge la
sfera delle sottoculture urbane è la musica americana jazz/blues o il tango. Č
la musica che dà il meglio di sé quando viene suonata per la propria anima.
Nel momento in cui alcuni esperti dell'Unesco vollero registrare il rebetiko
originale, andarono a cercare il leggendario Vasilis Tsitsanis, scovandolo una
sera nella cucina del suo locale, al termine dell'abituale concerto settimanale.
Queste registrazioni di Tsitsanis, con una strumentazione ridotta al minimo e la
sigaretta all'angolo della bocca contratta in un canto destinato solo a coloro
che davvero amavano la sua musica, sono le migliori registrazioni esistenti.
Nelle čarde che conosco lungo il Danubio e la Drava, quando è notte inoltrata e
la maggior parte degli avventori è già rincasata, questo è il momento dei
repertori musicali ebbri di passione che si custodiscono solo per momenti
speciali. Una di queste čarde è rimasta incisa nella mia memoria: è la Čarda "Čingi-lingi",
frequentata da bambina negli anni sessanta. Ci andavo con mia mamma e i suoi
amici che già a quel tempo dicevano "non è più come una volta". Di loro però non
ci si poteva fidare: erano tutti ancora piccoli negli anni antecedenti la
Seconda guerra mondiale, e sicuramente si ricordavano più dell'esperienza dei
loro genitori che della propria.
Quando in seguito mi capitava di tornare con la memoria al "Čingi-lingi", o
quando sentivo raccontare altre storie su di essa, il mio ricordo infantile
trovava conferma: tutti parlavano di questa čarda da un punto di vista
mitologico, senza un vero legame esperienziale. Perciò ritengo che sia giusto
obbedire a questa usanza, e invece di raccontare un'esperienza personale, che a
causa della mia giovanissima età e dunque dell'assenza di codici culturali non
può essere elaborata sino in fondo, racconto un'esperienza altrui. Riguarda mio
nonno, che purtroppo non ho mai conosciuto essendo morto molto tempo prima che
io nascessi. "Il nonno Vlado non poteva essere altro che un rom", penso spesso
guardando le sue foto. La sua professione - in vita fu un commerciante di
successo - deve avergli permesso l'acquisto di un'altra, più "rispettabile"
identità. Neanche quella comunque gli è stata d'aiuto a mantenere il senno della
ragione, anche se questo è un dettaglio di secondo piano nella storia che sto
per raccontare.
Il nonno Vlado era un grande edonista, conosceva tutte le migliori locande con
annessi musicisti da Budapest a Zagabria, Novi Sad e Niš giù sino a Skopje. Più
a sud purtroppo non arrivò mai. Con tutti i musicisti parlava nella loro lingua
madre.
I suoi tour notturni nella città natale, a Osijek, iniziavano sempre al Royal,
che oggi è un triste residuo di un locale K&K di un tempo, e finivano alla già
citata čarda "Čingi-lingi", oggi solo una rovina, un triste monumento
dell'ultima guerra degli anni novanta.
Nelle critiche al suo stile di vita che sentivo dalla nonna, era la frequenza di
questi tour a essere rimproverata: la necessità di intraprenderli non si metteva
mai in discussione. Amico di ebrei e rom, colpevole di possedere un'identità
"sbagliata", il nonno fu tra i primi ad essere ucciso dopo la fondazione del NDH
- lo Stato Indipendente Croato. Gettato nella Drava, il suo corpo emerse nel
Danubio a Bela Crkva - fatalmente un altro posto famoso per le sue čarde e la
sua musica.
Se quindi dovessi definire la mia identità culturale e legarla ad un luogo, la
čarda "Čingi-lingi" lungo la riva della Drava potrebbe rappresentare un sicuro
rifugio contro ogni identità chiusa, refrattaria alla contaminazione. La čarda
non c'è più, le acque della Drava sono passate sulle sue fondamenta. Tuttavia,
la musica un tempo suonata tra queste mura aleggia ancora nell'aria, immune a
qualsiasi cambiamento politico o sociale. Musica fatta di un continuo dare e
ricevere dai propri vicini, con la quale si ama facilmente e si uccide a stento;
musica di infelici e perdenti i cui brevi momenti di gioia nessuno potrà mai
cancellare.
Chi è?
Nata a Belgrado il 18 gennaio 1948, tra gli anni sessanta e settanta partecipa
ai movimenti studenteschi nati attorno al sessantotto jugoslavo. Dopo aver
conseguito laurea e dottorato di ricerca in linguistica, inizia a pubblicare
articoli e saggi in difesa della libertà di espressione e dei diritti umani.
Dagli anni ottanta dedica la sua attività intellettuale al contrasto delle
spirali nazionalistiche che stavano crescendo in Jugoslavia. A causa di alcuni
articoli critici verso Slobodan Milošević e sua moglie Mirjana
Marković, nel 1988 Svetlana Slapšak fu portata a processo: sebbene assolta,
perse il lavoro, fu isolata dal resto del mondo accademico serbo, espulsa
dall'Accademia delle scienze e delle arti in quanto unica membra a non aver
firmato un documento con il quale si rompevano tutti i rapporti culturali tra la
repubblica serba e quella slovena.
Tra il 1988 e il 1989 viaggiò instancabilmente attraverso i territori jugoslavi
tenendo conferenze contro i venti di guerra che soffiavano sulla Jugoslavia.
Quando nel 1991
iniziarono i primi scontri a fuoco in Slovenia, Slapšak si trasferì a Lubiana,
dove tuttora vive assieme al marito (l'archeologo Božidar Slapšak), bollata in
patria come "traditrice" e "minaccia nazionale". Dagli anni novanta inizia anche
il suo impegno a difesa dei diritti delle donne. Dal 1996 insegna presso il
Ljubljana Graduate School in Humanities, prestigiosa scuola di dottorato dove
insegna studi di genere e antropologia dei mondi antichi. Collaboratrice del
settimanale belgradese Danas a partire dalla caduta di Miloševic e del
quotidiano sloveno Većer, nel 2005 è stata inserita tra le mille donne candidate
al Nobel per la pace.
Di Fabrizio (del 20/03/2011 @ 09:38:42 in Europa, visitato 1595 volte)
Segnalazione di Marco Cimarosti
Danilo Hudorovic e la sua famiglia vivono nell'insediamento informale di Gorica vas, insieme ad altre 70 persone. Danilo è padre di un bambino di quattro
anni che, essendo particolarmente cagionevole di salute, ha bisogno di
antibiotici. Questo padre non può garantire a suo figlio le medicine perché vive
in una casa senza elettricità e gli antibiotici devono stare in frigorifero.
Una mamma che vive nell'insediamento Zabjak, a Novo mesto, tutte le mattine,
anche d'inverno, prepara un fuoco fuori la sua baracca per riscaldare l'acqua e
lavare i bambini prima che vadano a scuola.
Ruza Brajdiè ha 12 anni e non vuole più andare a scuola perché gli altri bambini
la prendono in giro per il cattivo odore.
In Slovenia molte persone rom (tra i 7000 e i 12.000, ossia l'0,5% della
popolazione slovena) vivono nelle condizioni di Danilo e Ruza. Segregati in
insediamenti lontani da scuole, lavoro e negozi, abitano in case fatiscenti,
baracche sovraffollate, senza servici igienici né elettricità, senza rete
fognaria né acque di scolo. La gran parte dispone di una quantità d'acqua
inferiore al minimo necessario stimato per le persone in condizioni di emergenza
umanitaria. E se nei centri urbani il consumo pro-capite di acqua è tra 150 e
300 litri al giorno, in una considerevole parte degli insediamenti rom (il 20-30
per cento nel sud-est del paese) non c'è accesso all'acqua. Molte famiglie rom,
dopo aver percorso lunghe distanze, riescono a raccogliere una quantità d'acqua
giornaliera tra i 10 e 20 litri, da fonti spesso inquinate, e che usano per
bere, lavarsi e cucinare.
Le persone rom in Slovenia vivono in queste condizioni perché sono discriminate.
Gli insediamenti sono spesso l'unica opzione, visto che non hanno la possibilità
di acquistare o affittare un'abitazione, non possono accedere alle case
popolari, non possono migliorare le loro condizioni perché essendo ritenuti
"irregolari" gli insediamenti, le autorità non forniscono servizi pubblici.
Le autorità slovene non possono più ignorare i diritti delle persone rom; non
devono più condannare migliaia di bambini, donne e uomini a una vita parallela
fatta di povertà e di negazione dei diritti di base, come quello a un alloggio
adeguato e all'acqua, all'interno di un paese sviluppato, che registra livelli
di PIl pro capite sopra la media dell'Unione europea.
Pertanto, in occasione del lancio del nostro rapporto "Vite parallele: negati i
diritti alla casa e all'acqua per i rom in Slovenia", chiediamo alla Slovenia di
assicurare nell'immediato un livello minimo essenziale di acqua potabile in
tutti gli insediamenti e migliorare le condizioni di alloggio; riconoscere un
titolo legale ai residenti e, consultandoli, individuare possibili alternative
di alloggio.
BELGRADO, 12 agosto (IPS) - Alcune settimane fa, la Serbia ha dato l'addio al
cantante folk
Saban Bajramovic, morto per arresto cardiaco all'età di 72 anni nella
città meridionale di Nis. Con un gesto insolito, il Presidente serbo Boris Tadic
ha partecipato al funerale, dando l'ultimo tributo al "Re della Musica Zingara"
Ma la presenza del Presidente non è stata l'unica cosa insolita.
"E' triste che (Bajramovic) se ne sia andato," ha detto a IPS Osman Balic,
attivista Rom. "Ma è anche un miracolo che sia vissuto così a lungo. Sono sicuro
che nella sua città natale di Nis non ci sono Rom di quell'età." Si ritiene che
a Nis vivano 25.000 Rom.
I Rom sono un popolo che migrò in Europa dall'India sin dal XIV secolo. Si
stima che 12 milioni vivano in Europa, affrontando deprivazioni e
discriminazioni.
Secondo gli studi di diversi gruppi Rom per i diritti umani, soltanto un Rom
serbo su 60 vive sino al 60° compleanno, e molti non superano l'età di 50.
"La più corta aspettativa di vita è tra i riciclatori di materiali, (un
commercio) popolare tra i Rom come mezzo per sopravvivere," ci ha detto Balic.
"La loro aspettativa di vita è di circa 45 anni, causa le condizioni
estremamente dure che li circondano."
La Serbia ha recentemente assunto la presidenza del "Decennio dell'Inclusione
Rom", l'iniziativa internazionale volta a migliorare lo status dei Rom tra il
2005 e il 2015. Nove paesi sono stati coinvolti nel progetto - Bulgaria,
Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Macedonia, Montenegro, Romania, Serbia e
Slovacchia.
Il mese scorso, si è aggiunta l'Albania, mentre la Bosnia-Herzegovina e la
Spagna stanno per farlo. La Slovenia ha la posizione di osservatrice.
Gli sforzi sono centrati sul miglioramento delle condizioni socio-economiche
di questo gruppo altamente marginalizzato, con punti prioritari all'istruzione,
impiego, sanità ed alloggio.
"Non c'è bisogno delle statistiche per vedere la povertà che prevale tra i
Rom," ha detto il vice Primo Ministro Bozidar Djelic in una recente conferenza
stampa. "Ci sono 593 insediamenti Rom attorno alle grandi città della Serbia,
senza nessuna infrastruttura o normali standard di vita."
Djelic ha detto che il nuovo governo che ha assunto la direzione in luglio
vorrebbe assegnare 500 milioni di dinari (10 milioni di dollari) invece dei 2,4
milioni programmati in precedenza, per misure per migliorare le condizioni di
vita dei Rom.
Ma la Serbia, come molte altre nazioni dell'ex Yugoslavia, non conosce il
numero esatto dei Rom nel paese. La Serbia ha una popolazione di 7,5 milioni. Il
censimento del 2002 pone il numero dei Rom in 108.000, ma Djelic puntualizza che
si ritiene che solo un Rom su tre ammette di appartenere a questo gruppo etnico.
In Bosnia-Herzegovina, il censimento del 1991 contava 6.868 Rom tra la
popolazione anteguerra di 4,3 milioni. Ma secondo il Comitato per i Rom interno
al Consiglio nazionale dei Ministri (governo federale), il numero è vicino a
70.000.
Il censimento 2001 in Croazia trovò 9.463 Rom su una popolazione di 4,4
milioni. Le organizzazioni Rom dicono che il numero reale è tra 30.000 e 40.000,
e la maggior parte non ha una fonte permanente di reddito.
I gruppi locali dei diritti hanno patito un colpo a luglio quando la Corte
Europea dei Diritti Umani ha stabilito che la
Croazia non discriminava gli studenti Rom mettendoli in classi separate di
solo Rom, pratica frequente nei Balcani.
"Questa regola potrebbe avere un impatto su molti paesi in Europa," ha detto
Anita Danka del Centro Europeo per i Diritti dei Rom alla belgradese B92 RTV.
"La Corte non è stata capace di vedere che l'istruzione segregata può avere una
varietà di manifestazioni, inclusa la segregazione nelle scuole principali."
La segregazione esiste anche in Serbia, dove i bambini Rom per decenni sono
finiti in scuole speciali.
Le statistiche del Centro Informazione Rom mostrano che il 60% dei Rom
lasciano la scuola all'età di 10anni. Soltanto il 4% dei bambini Rom in Serbia
hanno frequentato la pre-scuola o gli asili.
La nascita di solito non viene registrata, dicono gli attivisti. La Serbia il
mese scorso ha lanciato una campagna per fornire documenti ai Rom.
"La linea di tendenza è la politica di fornire un'esistenza decente per i Rom
dopo molti anni di negligenza," ha detto Luan Koka dell'Organizzazione della
Stategia Nazionale per i Rom a IPS. (END/2008)
Partendo per la Romania, ho avuto la sensazione di imbarcarmi in un'avventura
assurda, fuori dal tempo, quell'avventura che sognavo da parecchio.
I metodi poco limpidi per arrivarci di certo non mi tranquillizzavano, quelli
che la mia famiglia Rom chiamava 'pullman per la Romania' altro non sono che
auto grandi (tipo l'Ulysse o auto/furgoncini simili) guidati da questi soggetti
che passano la loro vita a fare avanti - indietro tra Bologna e Craiova... una
scenetta da prime pagine dei giornali sul tema dell'immigrazione. Ma partiamo
dall'inizio.
Ho conosciuto la mia famiglia Rom mesi fa, ad una festa nel parco dietro casa
mia, abito alle periferie di Bologna e ci sono dei posti molto carini che
purtroppo, essendo fuorimano, non vengono sfruttati. Ci sono state iniziative
molto belle, ho fatto un corso di cucina Rumena dove ho conosciuto Irina, la
mamma delle mie future amiche, poi alla festa serale ho conosciuto e ballato con
Rebecca, Cirasela e Adelina e da quella sera ci siamo viste praticamente tutti i
giorni, per mesi.
Ora non starò a raccontare qui tutte le emozioni e le cose fatte con la mia
nuova famiglia adottiva, basti sapere che ad un certo punto sono arrivati dei
momenti brutti, dei pasticci con le burocrazie, e la famiglia ha fatto le
valigie per tornare in Romania, in un piccolo paese vicino Craiova, Barca. E io
sono andata con loro.
Di prima mattina, dopo avere dormito per terra abbracciata alle mie amiche
(perché la mamma, la capo famiglia, avendo paura di fare tardi per il viaggio
aveva buttato via tutti - TUTTI! - i letti della casa la sera prima della
partenza!), c'è stata la fantastica 'colazione alla Zingara', ovvero una
scorpacciata di pollo, pane e maionese, per iniziare bene la giornata! Poi
contrattazioni varie e finalmente, si parte!
Venti ore di viaggio, mille e ottocento km, con musica Rumena a palla nello
stereo, gente che balla, mangia, che continuamente si stupisce vedendomi: 'Ma tu
sei Italiana? Cosa vai a fare in Romania? Cosa ci fai in mezzo a questi brutti
zingari, non hai paura?!'
E alla fine, tra pic nic improvvisati nelle aiuole degli autogrill e dormite:
Italia, Slovenia, Ungheria... Romania! Arrivati!
La prima cosa della Romania sono stati tre bambini. Piccoli, sporchissimi, che
si aggrappavano ai vestiti chiedendo soldi, con le cicatrici in faccia.
Poi una visita a Cerata, paese abitato solo da famiglie Rom, un giro di saluti e
abbracci, tra gente che già conoscevo e facce nuove, che avevano deciso di
volermi bene.
L'aspetto più bello della Romania sono state le persone.
E a loro lo dicevo sempre, camminando nel paesino tutti mi guardavano come fossi
un'aliena, si domandavano come fosse possibile che un'Italiana fosse in quel
paesello sperduto, povero, di Rom che raccolgono il ferro, di contadini... .la
felicità più grande era vedere lo stupore sulle loro facce e poi dei grandi
sorrisi.
Vedermi lì con loro, a passare le giornate come le passano loro, in un posto
dove non c'è nulla, al di fuori di ignoranti pregiudizi, per loro era davvero
una gioia, e lo dicevano senza vergogna.
Il bello di questo popolo è anche la sincerità... .un popolo che per i gagi
dovrebbe vergognarsi di tutto e invece non si vergogna di niente.
Le emozioni sono quelle e si comunicano senza troppi giri di parole...
.oltretutto, non credo di essere stata toccata tanto in vita mia come in quella
settimana in Romania! Quanti abbracci, mamma mia! Che gioia! Quante strette di
mano, quante mani che mi prendevano su ad ogni ora del giorno e della sera per
andare a ballare un po' nel cortile o in camera, vicino alla stufetta.
Perché poi, c'è da dire che faceva un freddo incredibile! La nevicata che c'è
stata qui in Italia, durante il mese di febbraio, è partita dai Balcani... .la
stessa neve fina fina, l'ho riconosciuta!
Ecco, una bella mattina ci siamo svegliati ed era tutto bianco e la neve non
smetteva mai di cadere.
Immaginate la stessa nevicata dell'Italia, le stesse stalattiti di ghiaccio che
pendono dai muri ma... niente riscaldamento!
Senza acqua calda!
Si, perché lì c'era la luce... e basta.
L'acqua si va a prendere al pozzo che è in fondo alla stradina e l'acqua si
scalda poi sulla stufa a legna..la legna si prende nella stalla dei maiali... il
maiale si uccide, altrimenti da mangiare non c'è nulla... .e si fa la festa per
la morte del maiale!
Quella serata è stata fantastica, dopo le ore passata a preparare salsicce,
zuppe di carne, e tutto quello che si può preparare con un maiale (taaaaaaante
cose, non si butta via niente!!!), hanno iniziato a spuntare parenti e amici da
ogni dove, zie, cugini, eccetera... ognuno aveva una bottiglia di qualcosa
sottobraccio, per cui vi lascio immaginare!
Dalla strada principale si sentiva la potenza delle casse dello stereo di Ursari,
il fratello più grande, che metteva su le grandi hit di musica pop Zingara, e
tutti ballavamo come matti, tutti alticci!
Da bravi contadini alla mattina mi svegliavano con un bicchiere di vino caldo
zuccherato!
E le giornate erano così, molto semplici, sempre affollate di persone.
I tempi sono quelli del sole si potrebbe dire, ci si svegliava prestissimo alla
mattina, si puliva la casa, si faceva da mangiare, si badava ai fratelli più
piccoli, si facevano dei giri in paese, si ballava e alla sera eravamo a letto a
dormire già alle sette, otto di sera... .sfinite!
Quello che soprattutto si fa, durante la giornata, sono delle chiacchiere,
discorsi e ragionamenti infiniti, non sempre basati su cose reali. Spesso mi è
capitato di parlare con ragazzi e ragazze Rom che palesemente si stavano
inventando quello di cui parlavano... ma era bello così, per loro credo che in
fondo, vero o non vero, sia uguale...
Io dormivo con le mie due amiche in un lettone matrimoniale, dormivamo tutte le
notti abbracciate strettissime per via del freddo... non ho mai dormito così
bene in vita mia.
La condivisione di tutto, anche del sonno.
Non c'è cibo buono che puoi gustarti da solo, ma non perché gli altri sarebbero
invidiosi, ma perché è più bello anche per te condividere le cose.
Una stecca di cioccolato comprata all'alimentari andava spartita per sei, sette
persone. Per qualsiasi cosa è così. Ed è un valore meraviglioso che noialtri non
abbiamo più... Si condividono gli spazi, la privacy non esiste, perché poi
dovrebbe esserci? Io facevo pipì guardando in faccia le mie amiche che nel
frattempo continuavano a parlarmi come se nulla fosse!
Di qualunque cosa non bisogna avere vergogna, in fondo siamo tutti fatti uguali,
no?
Il ruolo della donna è fondamentale, ed è per questo motivo che Irina, la mamma,
che avrebbe voluto tornare in Italia per lavorare, invece è rimasta là. Perché
la famiglia non sa andare avanti senza di lei... mi ricordo un giorno in
particolare, in cui Irina era stata a Craiova per andare a trovare il fratello
in carcere... e beh, sono visite che richiedono un po' di tempo e oltretutto al
ritorno ci ha raccontato che le si era pure ingolfata l'auto... per cui, è stata
via dalla mattina presto alla sera.
Al suo ritorno Sorin, il marito, era arrabbiatissimo, erano tutti affamati
perché non sapevano da che parte cominciare per prepararsi una cena... .è stato
il delirio! E infatti poi Irina mi ha guardata, sconsolata, e mi ha detto:
'vedi, Sire?' (il mio nome è stato trasformato prima in Seina poi in Sire) 'come
faccio a tornare in Italia quando qui, a casa, con un marito e quattro figli,
nessuno sa prepararsi da mangiare?'
Il giorno del mio compleanno ero là, in Romania. E' stato buffo perché tutti
sembravano sentirsi in colpa del fatto che non potevano offrirmi grandi regali o
grandi feste.
In realtà, io ero la più felice del mondo.
Eravamo là, alla sera, nella stanza di irina e Sorin, a mangiare pezzi di maiale
arrosto e pane fatto in casa, guardando un reality Rumeno assurdo, con Ursari
che raccontava storielle per farsi grosso e continuava a darmi baci per fare
ingelosire sue moglie, e ogni volta urla da ogni dove e scenette comiche... .che
buffi.
Ursari e Cirasela sono una coppia tenerissima: lui ha 18 anni, lei 15 ed è già
incinta, di tre o quattro mesi, non ricordo bene.
Quando si sono sposati, un paio di anni fa, si erano visti soltanto una volta e
per pochi minuti.
E' stato un matrimonio organizzato dalle due famiglie degli sposi.
Il video della festa lo avrò visto dieci volte! Ogni settimana quando andavo a
casa loro qui a Bologna, Irina metteva su il video e si commuoveva ogni volta e
ogni volta mi ri-raccontava la storia del loro matrimonio!
Comunque sono una coppia buffa... .lui è un bel ragazzo e lo sa bene, per cui va
sempre in giro a fare il galletto e poi torna a casa a raccontare le sue
conquiste alla moglie, che infatti è sempre imbronciata! Una piccola moglie in
miniatura col pancione e le labbra imbronciate e 'da mucca', come dice Ursari,
sempre lusinghiero...
Sorin e Irina invece sono una coppia bellissima.
La loro storia però è iniziata in una maniera molto brutta.
I matrimoni tra i Rom possono farsi in diversi modi: o matrimoni combinati, in
cui quindi sono le famiglie ad accordarsi.
Oppure tramite la 'fuitina', molto diffusa anche in Italia anni fa a dire il
vero, cioè una fuga d'amore tra due ragazzi che decidono di scappare insieme e
al loro ritorno sono già una coppia.
Oppure, il modo più 'cruento'(per la donna): il 'rapimento'.
La donna viene proprio 'rapita' dall'uomo che la desidera e portata via... .a
quel punto la donna può essere d'accordo oppure chiamare i carabinieri e tornare
a casa. Per Irina non è stato così... .ci sono poi state lotte tra le famiglie e
caos di vario tipo, per cui alla fine Irina ha deciso di andare a vivere con
Sorin per evitare ripercussioni sulle famiglie.
Irina me l'ha raccontata tante volte questa storia, tranquillamente.
Era sempre bella la parte finale in cui mi diceva che ora invece è tutto
diverso... .ora lei è proprio innamorata di Sorin!
Le piace di più anche fisicamente, perché all'inizio era magro e ora invece è
decisamente grasso (lei dice 'bello sano'), e tutte le mattine si danno il
bacino del buongiorno!
Mi vengono le lacrime agli occhi scrivendo di queste piccole cose. Queste
confidenze, questi gesti piccoli ma significativi, questa infinita semplicità...
.
Invece Rebecca, la mia amica (che ha appena compiuto 16 anni, ma come tutte le
zingare sembra molto più grande), lei ha fatto la fuga d'amore ed era 'sposata'
(senza cerimonia) con un ragazzo, Vali, poverissimo e che a quanto pare ha
venduto i suoi orecchini d'oro e fatto tante altre carognate, oltre a trattarla
male (ovviamente solo dopo la fuga)... per cui, ora è come se avessero
'divorziato' e la mia amica, da brava ragazza Rom, non aspetta altro che un
marito per fare una grande festa di 3 giorni, come da tradizioni!
Insomma, sono stati dei giorni molto belli e intensi in Romania e io mi sento
una privilegiata ad essere riuscita ad entrare in questo mondo che mi è così
caro.
Ci sono tutta una serie di privilegi ai quali posso attingere al momento:
intanto in Romania non mi succederà mai niente di male, perché sono 'protetta',
nel vero senso della parola, dai parenti più grossi e nerboruti della
famiglia... .e anche a Bologna, dove la comunità più grande di Rom viene dalla
Romania (anzi, per la precisione proprio da Craiova e dintorni), basta dire di
essere amica di Irina e famiglia perché ti si aprano le porte per delle
conversazioni e dei sorrisi che io vado sempre cercando, tra questa gente.
Di sforzi ce ne sono voluti, e tanti.
Si tratta comunque di un incontro tra culture completamente diverse... ma non è
impossibile, credetemi.
E una volta all'interno, si possono scoprire cose di un'umanità incredibile.
E' un invito a non lasciarsi abbindolare da stupidi stereotipi. E' un invito a
guardarli come persone, e non come guardereste il vostro cane. E' un invito ad
essere aperti alla diversità, all'altro, alle altre culture. Perché c'è del
Bello ovunque, e sarebbe una così grossa perdita non coglierlo.
Il viaggio del ritorno, infine:
c'è da dire che è stato molto dubbio, fin dall'inizio! Intanto, con la neve che
c'era, non si era nemmeno sicuri di partire... e poi, al ritorno ero da sola.
Per cui c'era un po' di ansia inizialmente, per via di questi autisti che
comunque alla fine si sono rivelati assolutamente corretti e disponibili...
però, non si sa mai. In fondo sono 20 ore di viaggio che non sono poche, in
balìa di questa gente che potrebbe portarti un po' dove vuole, tanto voglio
dire, se mi trovo nei guai in Ungheria, chi mi viene a recuperare?
Questo era un consiglio di viaggio: prendete le Euro Linee di trasporti per la
Romania! Costose ma facili e sicure!
Le parti più divertenti erano quelle alle dogane. In pratica si danno i
documenti e poi lo sbirro apre la macchina e chiama a voce alta tutti i nomi
guardandoti in faccia.
Ecco, faceva parecchio ridere perché ogni volta c'era grande stupore nel vedere
tutte queste facce lunghe e brutte da zingaroni coi denti d'oro e in mezzo io,
felicissima che saluto dicendo 'qui, sono io!' !
Al ritorno il viaggio è stato più bello dell'andata, siamo partiti di giorno e
quindi con la luce ho potuto vedere un po' di paesini dall'interno, mentre
l'auto girava per prendere su i passeggeri dalle varie case... ho visto una
parte di Timisoara, delle chiese bellissime coperte di neve, mi ricordo tutti i
bambini in strada che salutavano il nostro furgoncino quando passavamo... poi
delle distese di neve con dei cani lupo bellissimi che correvano... sono posti
tutti da scoprire.
Durante quelle 20 ore ho avuto modo di parlare un po' con tutti...
In particolare con una madre (giovanissima, ha la mia età) che ad un certo punto
ha tirato fuori dalla borsetta la fotografia dei suoi tre figli e con
tranquillità mi ha detto:
'Vedi il più grande? lui ha i capelli biondi biondi biondi... non sembra un
brutto Zingaro... forse lui avrà fortuna nella vita.''
Di Sucar Drom (del 29/09/2010 @ 09:29:12 in Italia, visitato 1990 volte)
Piacere di conoscervi!
Siamo i Rom e i Sinti, ma molti per ignoranza o cattiveria ci chiamano "zingari"
o "nomadi".
Viviamo in mezzo a voi da circa seicento anni ma ancora in pochi ci conoscono
veramente.
Probabilmente avete letto sui giornali che siamo sporchi, ladri, accattoni… ma
non è così. Certo alcuni di noi sono molto poveri e alcuni hanno commesso degli
sbagli. Ma non siamo tutti uguali anche se siamo tutti presi di mira da
discriminazioni e in alcuni casi da razzismo vero e proprio.
In Europa siamo in dodici milioni, in Italia molto meno, circa 100.000. In
maggioranza siamo Cittadini italiani dal 1871 ma alcuni di noi vengono dalla ex
Yugoslavia e dalla Romania: scappati dalla guerra o dalla miseria.
Provate ad immaginare di non poter avere documenti (anche se i vostri e genitori
sono nati in Italia), di non poter chiedere lavoro o continuare a studiare per
questo motivo, di dover aspirare al massimo a vivere in un container o in una
roulotte… di essere allontanati se entrate in un bar, di essere oggetto di
battute e scherno… che vita sarebbe? La vita di molti di noi al momento.
Noi siamo i Rom e Sinti e come ogni altra minoranza abbiamo una lunga memoria
storica, valori, costumi, tradizioni, arti, talenti, musica e bellezza. Abbiamo
i colori di una civiltà millenaria che non hai mai preso parte ad una guerra.
Tutto questo tuttavia resta confinato troppe volte negli angusti spazi che
occupiamo alle periferie delle città, in ghetti che chiamano "campi nomadi".
La campagna DOSTA ("Basta" nella lingua romanes), promossa dall’UNAR, può
rappresentare la possibilità di superare quel muro del pregiudizio che circonda
la nostra gente.
Noi vi tendiamo una mano, metteremo in piazza frammenti della nostra cultura, vi
sorprenderemo con il calore della nostra musica, le emozioni delle nostre danze
e lo faremo in una serie di eventi che si snoderanno per tutta Italia,
accompagnati da seminari e conferenze, mostre fotografiche e proiezioni video,
momenti di riflessione in cui ci racconteremo a voi. Venite a conoscerci. Vi aspettiamo a Mantova:
Venerdì 8 ottobre, ore 21.00, Teatro Bibiena
CONCERTO: DJANGO'S CLAN
Nel centenario della nascita di
Django Reinhardt, genio della musica jazz
europea, un concerto che ne ripercorre l'arte e la tecnica per vivere la musica
e l'arte del più grande musicista sinto
Sabato 9 ottobre, Teatreno (piazza don Leoni, di fronte stazione fs)
- ore 10.30, SPETTACOLO TEATRALE "LETTERA" della compagnia
Theatre Rom, rivolto
alle scuole superiori;
- ore 17.00, Dibattito pubblico
- ore 19.30, Aperitivo
- ore 21.15, SPETTACOLO TEATRALE "LETTERA" della compagnia
Theatre Rom
Gli eventi sono organizzati dall’associazione Sucar Drom e dalla Federazione Rom
Sinti Insieme, in collaborazione con: l'UNAR, l'Assessorato alle politiche
Sociali della Provincia di Mantova, il Comune di Mantova e l'Istituto di Cultura
Sinta.
LA CAMPAGNA DOSTA!
L’UNAR, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, nell’ambito delle sue
attività istituzionali ed in collaborazione con le principali associazioni rom e
sinte, ha lanciato per l’anno 2010 la Campagna DOSTA, una grande iniziativa di
sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle comunità rom in Italia.
La Campagna DOSTA ("Basta" in lingua Romanì) è stata già promossa dal Consiglio
d’Europa e dalla Commissione Europea nell’ambito del terzo programma congiunto "Equal Rights and Treatment for Roma". La campagna DOSTA è stata già realizzata
con successo in cinque paesi dell’Europa dell’Est: Albania, Bosnia e Herzegovina,
Montenegro, Serbia, Slovenia ed Ex Repubblica Iugoslava di Macedonia, mentre è
di prossima presentazione la campagna in Francia e Bulgaria. La Campagna non è
mai stata diffusa in Italia e intento dell’UNAR sarà quello di studiare
strumenti, metodologia e messaggi costruiti dalla campagna, per un loro
adattamento in lingua italiana contestualizzato all’ambito storico e culturale
italiano, oltre alla promozione e valorizzazione di eventi e prodotti realizzati
da associazioni rom e sinte rivolte alla sensibilizzazione sulle difficoltà di
inclusione sociale, abitativa, educativa e lavorativa delle comunità Rom.
La Campagna è stata pensata e condivisa con le principali reti di associazioni
rom e sinte in Italia: la Federazione Rom e Sinti Insieme, la Federazione
Romanì, UNIRSI. Le associazioni operano all’interno di un Tavolo di
coordinamento ROM istituito e coordinato dall’UNAR e collaborano alla
pianificazione della campagna e alla progettazione e realizzazione degli eventi
previsti, in collaborazione con le istituzioni locali coinvolte dalle
iniziative.
Obiettivo generale della Campagna è quello di favorire la rimozione degli
stereotipi e pregiudizi nei confronti delle comunità rom e sinte attraverso una
strategia globale di confronto e conoscenza reciproca.
Obiettivi specifici della Campagna saranno quelli di:
- favorire una migliore conoscenza della cultura Rom e del suo contributo nella
storia europea attraverso mostre e spettacoli, premi, seminari e conferenze,
eventi pubblici e campagne sui media;
- promuovere un confronto diretto con la realtà rom ed i rischi di
discriminazione ed esclusione sociale attraverso percorsi formativi per il mondo
del giornalismo e gli enti locali, tavoli di lavoro e occasioni pubbliche di
dibattito
18 settembre (STA) - A Begunje na Gorenjskem, Slovenia settentrionale,
giovedì è stato inaugurato un monumento che commemora i membri della comunità
Sinti in Slovenia, che furono giustiziati durante la II guerra mondiale, per
iniziativa dell'Associazione Sinti di Slovenia.
Altre informazioni su
STA.SI
(solo per gli abbonati)
Durante la guerra della ex Iugoslavia, negli anni ’90, un gruppo di donne
romane si impegna nel sostegno ai bambini bosniaci e alle loro madri, sfollati
nei campi profughi della Slovenia: un impegno che oltre al contributo economico
creò dei legami di affetto e di amicizia molto forti. Con la fine della guerra i
profughi rientrarono nei loro paesi ma l'impegno nel cercare la relazione di
quel gruppo di donne non si è fermato. Nasce così, nel 1998, 'Insieme Zajedno',
un'associazione dedicata all’infanzia e alle donne più deboli per offrire un
aiuto concreto, dignità, giustizia sociale e diritti umani. L’esperienza di
Insieme Zajedno, iniziata in Bosnia Erzegovina, e poi consolidata attraverso
progetti in Macedonia, in Kossovo, in Moldavia, in Iraq, dal 2006 si è
trasferita a Roma dove, nel cuore di San Lorenzo è nato il 'Laboratorio
Manufatti delle Donne Rom', progetto di microcredito per l’auto-impiego di donne
rom attraverso la realizzazione di accessori originali per l’abbigliamento e la
casa. Un luogo che offre ad un gruppo di rom bosniache la possibilità di
lavorare ma non solo. In uno spazio che colpisce per il suo tocco tipicamente
femminile, ogni mattina Cristina, Renata, Francesca e Dzanuma, tirano su la
serranda e si dedicano al cucito, antica arte che ci riporta all'intreccio di
legami, al mettere insieme, alla creazione.
Nei locali, arredati a misura di
donna, si lavora, si mangia, si studia, si crescono i bambini - i due figli di Dzanuma - ci si scambia l'esperienza e si fanno progetti. Il luogo, nato come
posto di formazione, è presto diventato qualcos'altro: spazio di aggregazione
interculturale dove il lavoro insieme ai formatori ha dato la possibilità di
affrontare e condividere le problematiche lavorative, di decidere insieme le
strategie economiche, stimolando la socialità e l’integrazione in modo naturale
e rendendo più facile anche l’apprendimento della lingua italiana. Il
'Laboratorio Manufatti Donne Rom' si prefigge di diventare un luogo dove 'dal
basso' si annulli la discriminazione socio-lavorativa legata al popolo Rom, alle
donne Rom in particolare: Renata ha preso la patente e adesso ha una piccola
automobile che la rende indipendente, le ragazze stanno cercando una casa, hanno
ripreso a studiare, non hanno più come orizzonte unico un marito e i figli e la
vita nel campo, Dzanuma ha un lavoro con un contratto a tempo indeterminato.
"Č
stata dura - racconta Cristina Rosselli Del Turco che dell’associazione 'Insieme Zajedno' è colei che vive ogni giorno gomito a gomito con le donne rom - ma i
risultati che abbiamo ottenuto sono una grande soddisfazione. Il nostro è un
lavoro fatto nella quotidianità e nella condivisione di vita e proprio in
questo, credo, risieda il nostro successo. Crediamo nella relazione e negli
affetti. Č un progetto piccolo che però ha cambiato radicalmente la vita delle
persone coinvolte e questo era quello che a noi interessava". E il successo
dell'iniziativa si legge anche nei progetti portati avanti dal gruppo: le stesse
donne rom sono diventate formatrici e stanno insegnando il mestiere ad un gruppo
di donne somale rifugiate. La sfida per il futuro è l'indipendenza; la creazione
di una propria impresa e il confronto con il mercato del lavoro.
Il Laboratorio si trova a Roma in via dei Bruzi n. 11/c, è aperto dal lunedì al
sabato dalle ore 9:00 alle 14:00 - tel. 3471580818
ATHENS, Oct 16 (IPS) - Thomas Hammarberg, venne eletto Commissario per i
Diritti Umani del Consiglio d'Europa nell'ottobre 2005. Gioca un ruolo cruciale
nel promuovere l'implementazione delle raccomandazioni del sistema dei diritti
umani del Consiglio
Il Consiglio d'Europa ha 47 stati membri nella regione europea, ed è la più
antica organizzazione che si occupa dell'integrazione europea. E' separato
dall'Unione Europea (EU) e quindi dal Consiglio della EU.
Thomas Hammarberg è stato eletto dall'assemblea parlamentare del consiglio,
che comprende i membri dei parlamenti nazionali. Apostolis Fotiadis di ISP ha
discusso con lui sui problemi chiave dei Rom, uno dei gruppi che oggi sono più
discriminati nella EU.
IPS: Come spiega il persistente sentimento anti-Rom che si estende
attraverso l'Europa. Quali sono le fonti del problema e come si possono
indirizzare?
TH: Penso sia difficile definire un'eredità razionale. Sono diventati il
capro espiatorio dei problemi delle nostre società. A lungo la gente che
potrebbe rialzarsi e difenderli hanno permesso un'atmosfera in cui i Rom sono
designati come indesiderabili. E' una questione che riguarda anche una lunga
storia. Durante il nazismo oltre mezzo milione furono sterminati, e mai hanno
ricevuto delle scuse.
IPS: Ritiene che la condizione dei Rom in Europa stia peggiorando o
migliorando?
TH: Sono preoccupato. Sembra esserci un cambio verso la polarizzazione.
Alcuni gruppi adottano discorsi anti-Rom che i politici sembrano tollerare. E'
uno sviluppo piuttosto sfortunato perché la disattenzione e l'indifferenza a
volte possono legittimare ulteriore intolleranza. Dobbiamo nuovamente chiedere
ai politici di essere attenti ed essere dalla parte dei Rom piuttosto che unirsi
alle tendenze xenofobe.
IPS: Si può comparare il trattamento delle comunità Rom in paesi
differenti della medesima regione, per esempio Grecia, Bulgaria e Romania?
TH: Evito deliberatamente la discussione su chi sia il migliore. Molti paesi
della regione arrivano da profondi cambiamenti dovuti al passaggio dal periodo
sovietico, quindi ci sono differenti punti di partenza. Il mio quadro è che i
Rom sono discriminati in ogni paese. Questo riguardo l'occupazione, la sanità,
le reali possibilità di partecipazione politica nelle elezioni o nelle strutture
politiche, la situazione è problematica.
IPS: Come si può indirizzare il problema della loro partecipazione
politica?
TH: Molta della responsabilità riguarda la mancanza o il negativo interesse
dei partiti politici. I principali partiti devono aprirsi ai Rom; perché non lo
sono. L'esempio sono le campagne politiche dove i candidati dei principali
partiti fanno dichiarazioni xenofobe invece di andare nelle comunità Rom,
ascoltare i loro bisogni e tentare di rappresentare il loro punto di
vista. Non solo, i Rom devono organizzarsi e cercare di essere meglio
rappresentati.
IPS: Si dovrebbe enfatizzare il loro incorporamento nella vita politica a
livello locale e nazionale?
TH: Sono entrambe importanti, ma per ora dobbiamo focalizzarci a livello
locale. Molte delle decisioni importanti riguardanti i Rom sono prese a questo
livello. In alcuni paesi nelle assemblee locali ci sono posti riservati ai Rom.
In Slovenia hanno un seggio in ogni municipalità dove risiedono i Rom. In
Romania hanno un posto in parlamento. Non è la migliore soluzione, ma qualcosa
bisogna fare.
IPS: Ci sono storie di successo?
TH: Sì, ci sono dei posti nei paesi scandinavi dove il problema della casa è
più o meno risolto. In alcune parte della Slovenia, le comunità sono
ragionevolmente positive nel trattare con i Rom. L'esperienza insegna che quando
le autorità e i politici fanno tentativi, anche se occorre del denaro, è
possibile ottenere soluzioni.
IPS: Ci sono casi dove le pressioni del Consiglio d'Europa possono
aumentare l'efficienza nella protezione delle comunità Rom?
TH: Pressioni politiche addizionali da parte dei membri permanenti del
Consiglio d'Europeo possono avere effetti considerevoli. Deve comprendersi che
la tematica Rom è una pagina nera d'Europa, assumersene la responsabilità e fare
pressione sugli stati membri. E' inoltre necessario aumentare la pressione sulle
autorità locali perché rivedano la loro politica quando si tratta di sgomberi.
Talvolta gli sgomberi possono essere necessari, ma devono essere fatti nel modo
giusto e fornendo soluzioni abitative alternative.
IPS: Cosa potrebbe migliorare nel vostro lavoro?
TH: La cosa importante per noi è sapere come proseguire. Molte volte non
sappiamo, o l'informazione arriva in ritardo. Il centro per i diritti di
Budapest ci aiuta parecchio, come pure diverse OnG. Il punto chiave rimane
ancora che non riusciamo a persuadere le autorità locali ad occuparsi dei
problemi di Rom.
BRIJUNI, June 19 (Hina) - La cooperazione interconfini tra le minoranze
etniche è stato il soggetto di una conferenza internazionale di tre giorni che
si è aperta giovedì nell'isola di Brijuni nell'Adriatico settentrionale.
La conferenza, organizzata dall'Ufficio Governativo Croato per le Minoranze
Nazionali e dal Consiglio per le Minoranze Nazionali, ha visto la partecipazione
delle minoranze etniche di Austria, Bosnia-Herzegovina, Croazia, Repubblica
Ceca, Ungheria, Italia, Kosovo, Macedonia, Montenegro, Romania, Serbia,
Slovacchia, e Slovenia.
Scopo dell'incontro è di riunire rappresentanti dei governi e delle
minoranze etniche nella regione e in altri paesi europei per ascendere la
cooperazione interconfini tra le minoranze, perché è importante per esercitare i
propri diritti, ha detto nella sua introduzione Milena Klajner, capo
dell'Ufficio Governativo Croato per le Minoranze Nazionali.
Klajner ha detto che sono stati fatti sforzi per migliorare la cooperazione
tra le comunità etniche nelle aree della cultura, dell'istruzione e dei media,
citando esempi della minoranza croata in Ungheria e Romania, e delle minoranze
ungheresi e rumene in Croazia.
Il Presidente del Comitato Parlamentare Croato sui Diritti Umani delle
Minoranze, Furio Radin, ha detto che la protezione delle minoranze nazionali in
Croazia è stata relativamente soddisfacente, aggiungendo che "non c'è mai
abbastanza discriminazione positiva."
Radin ha detto che le minoranze etniche sono state ponti tra i paesi ed un
fattore connettivo che potrebbe migliorare le relazioni tra paesi differenti. Ha
detto che i confini esistenti diventerebbero irrilevanti una volta che tutti i
paesi raggiungessero l'Unione Europea.
Il Presidente del Consiglio per le Minoranze Nazionali, Aleksandar Tolnauer,
ha detto che le minoranze etniche potrebbero giocare un ruolo decisivo nel
promuovere la cooperazione ed il dialogo tra i paesi, sottolineando che la
legislazione croata ha assicurato i più alti standard nel proteggere i loro
diritti.
Mabera Kamberi del Comitato del Consiglio d'Europa su Rom e Viaggianti, ha
detto che la Croazia ha fatto evidenti progressi nel proteggere i diritti delle
minoranze nazionali, anche se alcuni governi UE stanno trattando le minoranze in
maniera discriminatoria, come si può vedere nel caso dei Rom.
Originally published by HINA news agency, Zagreb, in English 19 Jun 08.
Il primo musical Rom Sloveno! Spettacolo musicale-teatrale per segnare l'occasione del Giorno Mondiale dei Rom
Mercoledì 8 aprile 2009, alle 20.30, presso la Sala Linhart di Cankarjev dom, Lubiana
"Mela di Vetro" è un musical in lingua romanì e slovena sul destino del popolo rom, le loro incertezze e libertà, gioie ed aspirazioni ad una vita migliore. Al centro della storia c'è l'amore nato all'unione di due mondi - romanì e sloveno. La ragazza arriva da una rispettabile famiglia slovena ed il ragazzo è figlio di rom immigrati. Nonostante le attitudini liberali, i genitori della ragazza non approvano questo amore; ed anche i genitori del ragazzo rimangono rigidamente fedeli alla loro tradizione.
La tragica storia, riflettendo pregiudizi comuni e spostando stereotipi, è accompagnata da un ricca musica vocale e strumentale sotto la guida di Imer Traja Brizani. Il cast degli attori e cantanti è incoronato dal soprano Nataša Tasić e da una della più grandi cantanti croata, Zdenka Kovačiček.
Idea e musica: Imer Traja Brizani Ospiti speciali: Zdenka Kovačiček (Croazia), Nataša Tasić (Serbia), Jackie Marshall (Australia), Amal (Slovenia), Lasanthi Manaranjanie Kalinga Dona (Sri Lanka) Musica: Imer Traja Brizani & Amal Cantanti: Imer Traja Brizani, Jackie Marshall, Edita Garčević Koželj, Miha Vanič, Jovica Vučković, Alberto Haliti, Roberto Haliti, Igor Trajković, Severdžan Nuhi Cast: Violeta Tomič, Jernej Kuntner, Nina Ivanič, Sebastjan Starič, Ana Hribar, Mojca Rakipov Nursel, Jan Bučar Diretto da: Violeta Tomič Scenario: Ljatif Demir Traduzione: Miha Vanič Fotografia digitale: Ivan Kmoh
Anche se la discriminazione in generale è decresciuta nel continente europeo
durante gli ultimi anni, la discriminazione basata sull'origine etnica è ancora
percepita come estesa, con i Rom in particolare affrontano alti livelli di
pregiudizio, secondo una notizia di Eurobarometro.
Tra le sei categorie investigate (disabilità, età, genere, origine etnica,
religione ed orientamento sessuale), la discriminazione su base di origine
etnica è percepita come la più estesa tra gli Europei ed è considerata essere un
problema più grande di quanto fosse cinque anni fa.
Mentre la discriminazione basata su età, disabilità, religione e genere
sembra essere scesa, quasi la metà degli intervistati (48%) dicono che la
discriminazione etnica sta peggiorando.
Questo è particolarmente il caso dei Paesi Bassi, dove il 71% degli
intervistati hanno detto che la situazione è deteriorata. Ora circa quattro
persone su cinque dicono che la discriminazione è estesa e più di uno su cinque
lo ha testimoniato di persona. La situazione è percepita come peggiore in
Danimarca (69%), Ungheria (61%), Italia (58%) e Belgio (56%), mentre i cittadini
di
Polonia (17%), Lituania (20%), Cipro (23%) and Lettonia (25%) sono più ottimisti
riguardo la situazione nel loro paese rispetto a cinque anni fa.
L'omofobia è tuttora forte
La discriminazione su base dell'orientamento sessuale è vista come la seconda
più comune forma di discriminazione nella UE, con il 51% degli intervistati che
la considerano diffusa. La situazione è peggiore a Cipro, in Grecia ed in
Italia, con circa tre quarti degli intervistati che dicono che l'omofobia è
comune. Ma anche il
Portogallo (65%) e la Francia (59%) sono generalmente percepiti come omofobici.
L'omofobia meno diffusa si vede nei nuovi stati membri, come la Bulgaria (20%),
la Repubblica Ceca (27%), la Slovacchia (30%) e l'Estonia (32%).
Diritti dei cittadini?
La ricerca mostra anche che più della metà degli Europei non conosce i propri
diritti (53%) e potrebbe diventare vittima di discriminazioni o fastidi. In
media, solo un terzo degli intervistati ha detto di essere informato sui propri
diritti. Anche se i cittadini in Finlandia (62%), Malta (49%) e Slovenia (44%)
appaiono essere più informati, i livelli sono molto più bassi in Austria (18%) e Bulgaria (17%).
Rom - categoria speciale
Mentre la media degli Europei dice di trovarsi comoda avendo come vicino
qualcuno di differente origine etnica (con una media di 8,1 su una scala da uno
a dieci, con dieci intervistati "totalmente comodi" ed uno "molto scomodo"), la
situazione è completamente differente quando si tratta di avere vicino un Rom.
Nella Repubblica Ceca come in Italia, quasi la metà degli intervistati (47%) si
troverebbe scomoda (media Ceca 3,7, media Italiana 4,0). Questo è anche il caso
di Irlanda (40%; 4,8), Slovacchia (38%;
4,5), Bulgaria (36%; 4,8) e Cipro (34%; 5,6).
La Commissione invita ad una risposta unitaria
Come parte del pacchetto sociale principale presentato ieri (2 luglio), la
Commissione Europea ha pubblicato anche un rapporto intitolato: "L'esclusione
Rom richiede una risposta unitaria," che guarda ai diversi strumenti disponibili
per l'azione della UE per ottenere una migliore inclusione dei Rom.
Esso identifica diverse aree chiave per azioni, inclusa l'istruzione, la
sanità pubblica e l'uguaglianza di genere. Il documento sarà discusso al Summit
Rom Europei che avrà luogo a Bruxelles il 16 settembre 2008. "I Rom sono una
delle più grandi minoranze etniche nella UE, ma troppo spesso sono i cittadini
dimenticati d'Europa," dice il Commissario per le Pari Opportunità Vladimír Špidla. "Affrontano
persistente discriminazione ed ampia esclusione sociale. La UE hanno una
responsabilità comune nel terminare questa situazione. Abbiamo gli strumenti per
compiere il lavoro - ora dobbiamo usarli più efficacemente."
Di Fabrizio (del 09/01/2010 @ 09:12:31 in Europa, visitato 2137 volte)
07.01.2010 Da Capodistria, scrive Stefano Lusa
Un paesino della Slovenia, una famiglia rom, un funerale. E gli abitanti del
posto che si oppongono ad una tumulazione, avvenuta alla fine sotto la scorta di
unità speciali della polizia. L'ennesimo caso di intolleranza in Slovenia nei
confronti dei rom
Doveva essere un classico funerale ed invece sì è trasformato nell’ennesimo
caso d’intolleranza nei confronti dei rom sloveni. Il 2 gennaio scorso tutto
sembrava essere pronto per la sepoltura di una quarantenne rom residente in un
insediamento della bassa Carniola. Lei e la sua famiglia avevano sempre
vissuto lì ed i suoi cari avrebbero voluto seppellirla nel cimitero del paese.
La cosa non è stata possibile. Nel camposanto, infatti, non c’era più posto per
nuove tombe, così si è deciso di tumularla nel cimitero del paese vicino.
Il funerale era programmato alle 16. L’impresa di pompe funebri aveva già
scavato la fossa. Nel primo pomeriggio, però, gli abitanti del luogo hanno
iniziato a raccogliersi davanti alla locale stazione dei pompieri, per
protestare contro quella tumulazione. Secondo la polizia si sarebbe trattato di
una sessantina di persone; altre fonti parlano di un centinaio.
In maniera piuttosto animata contestavano la decisione di seppellire lì quella
donna e chiedevano che fosse portata da un'altra parte. Nel loro cimitero, sino
a quel momento, non era stato sepolto nessun rom. Il timore, a quanto sembra,
era che in futuro ne potessero venir tumulati degli altri. Nel corso della
manifestazione non sono mancate nemmeno le solite accuse all’indirizzo di quelli
che sprezzantemente vengono definiti “zingari”, con i quali, è stato fatto
notare, ci sarebbero “brutte esperienze”.
Per cercare di dipanare l’intricata matassa sono scesi in campo la polizia, i
rappresentanti dei rom e la locale “iniziativa civica” che da tempo contesta i
“privilegi” dei quali secondo loro i rom locali goderebbero. La trattativa non
ha portato a nulla ed ad un certo punto è sembrato che le esequie fossero
rimandate a data da destinarsi.
Alla fine il nodo gordiano è stato sciolto dalle forze dell’ordine, che hanno
intimato di far svolgere il funerale. Appare evidente che l’ordine sia arrivato
dall’alto. Per garantire la sicurezza sul posto sarebbero arrivate da Lubiana
unità speciali della polizia. La tumulazione, così, è avvenuta con quasi un’ora
di ritardo e senza che vi fossero ulteriori contestazioni. Probabilmente è stato
fatto capire agli organizzatori della protesta che impedire lo svolgimento di un
funerale poteva portare a seri guai con la giustizia. Del resto l’attuale
governo di centrosinistra sembra meno disposto ad assecondare gli umori della
popolazione locale.
L’episodio, comunque, ha fatto ancora una volta venire al pettine le tensioni
che regnano in quella zona della Slovenia. I rom sono accusati di avere tutta
una serie di privilegi e di essere autorizzati a non rispettare la legge. Si
dice che guidino senza patente con macchine senza targa, che non mandino i figli
a scuola, che rubino, che lascino in giro rifiuti, che costruiscano le loro case
ed i loro accampamenti abusivamente, che preferiscano vivere di sovvenzioni, che
non hanno voglia di lavorare ed altro ancora. In parole povere la popolazione
locale farebbe volentieri a meno della presenza dei rom e lo ha fatto capire in
più occasioni, con una serie di manifestazioni inquietanti.
Secondo le stime in Slovenia vivrebbero circa 10.000 rom insediati soprattutto
nell’Oltremura e nella bassa Carniola. Da notare, però, che al censimento del
2002, quando ai cittadini era stato chiesto di esprimere la loro appartenenza
nazionale, solo poco più di 3200 persone avevano dichiarato di essere rom.
Evidentemente quella è un’etichetta che pesa e che è meglio omettere per essere
accettato nella società.
Nell’Oltremura non si registrano particolari problemi, la comunità rom sembra
abbastanza ben integrata e tutto sommato tollerata dagli altri abitanti. Ben
diversa, invece, è la situazione nella bassa Carniola. Negli scorsi anni qui si
sono registrati episodi gravi. Fiumi d’inchiostro sono stati spesi per
descrivere la cacciata della famiglia Strojan dal villaggio di Ambrus e il
tentativo di istituire classi separate in una delle locali scuole elementari con
un’elevata presenza di alunni rom. Proprio per questi fatti Lubiana ha dovuto
fare i conti con le critiche che sono piovute al suo indirizzo da parte delle
associazioni e delle istituzioni che si occupano del rispetto dei diritti umani
sia in Slovenia sia all’estero.
Come nel resto d’Europa, anche in Slovenia, la posizione dei rom è preoccupante.
Secondo valutazioni del governo solo una percentuale che va dal 2-10% ha un
lavoro fisso, gli altri vivono di sovvenzioni sociali e di piccoli espedienti.
Bassissimo è anche il loro livello di scolarizzazione. Il 65% di essi non
avrebbe finito la scuola dell’obbligo. Ci sono poi seri problemi per quanto
riguarda la frequenza delle scuole dell’obbligo da parte dei bambini, ma
l’emergenza più inquietante è quella che riguarda le loro condizioni di vita.
Va segnalato che i rom sloveni sono oramai diventati stanziali e che vivono in
insediamenti con case vere e proprie. In molti casi si tratta di terreni
occupati abusivamente e di abitazioni costruite senza i necessari permessi.
Spesso i loro villaggi non sono provvisti di strade asfaltate e degli
allacciamenti alla rete idrica, a quella elettrica o a quella fognaria. Le
condizioni igieniche quindi spesso risultano precarie. Del resto bisogna fare i
conti con una situazione che per decenni non è stata gestita e di cui ci si è
poco occupati.
Negli ultimi anni è stato fatto qualche sforzo per regolare la questione e sono
stati ipotizzati anche dei condoni. La cosa, però, in alcuni casi ha fatto
andare su tutte le furie la popolazione locale, che protesta contro questi
“privilegi”. Quello che appare evidente, comunque, è che nella bassa Carniola in
molti preferirebbero vedere i rom lontano dai loro villaggi. Rom e sloveni,
così, quando sono costretti a convivere lo fanno da separati in casa.
Sta di fatto che la strada per superare i molti pregiudizi ed i molti stereotipi
che esistono nella società sui rom è ancora lunga. In Slovenia, comunque, a
livello nazionale si sta tentando di fare qualcosa. Nel 2007 è stata accolta una
legge quadro che regola la loro tutela ed è stata garantita una loro
rappresentanza nei consigli comunali. Lubiana starebbe cercando di creare
un’élite culturale rom e puntando sulla loro scolarizzazione. La ricetta
dovrebbe servire ad integrare meglio i rom nella società, bisognerà, comunque,
vedere se alla fine si riuscirà a capire che i rom, in Slovenia come nel resto
d’Europa, chiedono solamente due cose: non essere discriminati, ma nemmeno
assimilati.
Di Sucar Drom (del 17/09/2010 @ 09:11:00 in Italia, visitato 2636 volte)
L'associazione Sucar Drom e la Federazione Rom Sinti Insieme, in
collaborazione con l'UNAR, la Provincia di Mantova e l'Istituto di Cultura Sinta,
invitano al Festival Dosta! che sbarcherà a Mantova venerdì 8 e sabato 9 ottobre
2010.
Programma provvisorio
Venerdì 8 ottobre, ore 21.00, Teatro Bibiena
CONCERTO: DJANGO'S CLAN
Nel centenario della nascita di Django Reinhardt, genio della musica jazz
europea, un concerto che ne ripercorre l'arte e la tecnica per vivere la musica
e l'arte del più grande musicista sinto.
Sabato 9 ottobre, Cinema del Carbone
- ore 10.30, Spettacolo teatrale della compagnia Rom Theatre rivolto alle scuole
superiori;
- ore 17.00, Dibattito pubblico
- ore 19.30, Aperitivo
- ore 21.15, Spettacolo teatrale della compagnia Rom Theatre
L'UNAR, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, nell'ambito delle sue
attività istituzionali ed in collaborazione con le principali associazioni rom e
sinte, ha lanciato per l'anno 2010 la Campagna DOSTA, una grande iniziativa di
sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulle comunità rom in Italia.
La Campagna DOSTA ("Basta" in lingua Romanì) è stata già promossa dal Consiglio
d'Europa e dalla Commissione Europea nell'ambito del terzo programma congiunto "Equal
Rights and Treatment for Roma". La campagna DOSTA è stata già realizzata con
successo in cinque paesi dell'Europa dell'Est: Albania, Bosnia e Herzegovina,
Montenegro, Serbia, Slovenia ed Ex Repubblica Iugoslava di Macedonia, mentre è
di prossima presentazione la campagna in Francia e Bulgaria. La Campagna non è
mai stata diffusa in Italia e intento dell'UNAR sarà quello di studiare
strumenti, metodologia e messaggi costruiti dalla campagna, per un loro
adattamento in lingua italiana contestualizzato all'ambito storico e culturale
italiano, oltre alla promozione e valorizzazione di eventi e prodotti realizzati
da associazioni rom e sinte rivolte alla sensibilizzazione sulle difficoltà di
inclusione sociale, abitativa, educativa e lavorativa delle comunità Rom.
La Campagna è stata pensata e condivisa con le principali reti di associazioni
rom e sinte in Italia: la Federazione Rom e Sinti Insieme, la Federazione
Romanì, UNIRSI. Le associazioni operano all'interno di un Tavolo di
coordinamento ROM istituito e coordinato dall'UNAR e collaborano alla
pianificazione della campagna e alla progettazione e realizzazione degli eventi
previsti, in collaborazione con le istituzioni locali coinvolte dalle
iniziative.
Obiettivo generale della Campagna è quello di favorire la rimozione degli
stereotipi e pregiudizi nei confronti delle comunità rom e sinte attraverso una
strategia globale di confronto e conoscenza reciproca.
Obiettivi specifici della Campagna saranno quelli di:
• favorire una migliore conoscenza della cultura Rom e del suo contributo nella
storia europea attraverso mostre e spettacoli, premi, seminari e conferenze,
eventi pubblici e campagne sui media;
• promuovere un confronto diretto con la realtà rom ed i rischi di
discriminazione ed esclusione sociale attraverso percorsi formativi per il mondo
del giornalismo e gli enti locali, tavoli di lavoro e occasioni pubbliche di
dibattito
Secondo dati non ufficiali, ci sono circa 312 Rom che vivono nel comune di
Metlika, la maggior parte risiede in cinque piccoli insediamenti. Tra loro, 139
sono bambini e3 giovani sino ai 15 anni di età. La maggior parte frequenta la
scuola primaria con più o meno regolarità, ma pochi di loro frequentano la
biblioteca.
Gli studiosi mostrano che la principale barriera per i giovani rom che
iniziano la scuola, è la loro scarsa conoscenza dello sloveno. Quindi le
biblioteche possono giocare un ruolo importante nel migliorare
l'alfabetizzazione e la capacità di lettura dei bambini rom ancora prima che
facciano il loro ingresso nella scuola.
Di conseguenza, nel 2003 mi sono attivamente coinvolta nel lavorare con i
Rom. Ho tenuto i contatti con il centro di lavoro sociale Metlika, che mi ha
forenito tutti i dati necessari perché iniziassi ad invitare in libreria i Rom,
specialmente i giovani ed i loro genitori. Questi son stati gli inizi che sono
sfociati in un progetto targhettizzato, denominato dalla biblioteca pubblica
Ljudska knjižnica Metlika "I Rom invitati in biblioteca".
Abbiamo iniziato ad invitare i bambini ed il or genitori a partecipare a
diversi eventi in libreria. Abbiamo tenuto conto dei loro desideri ed
organizzato per loro narrazioni e spettacoli di marionette. Li abbiamo anche
invitati ad eventi rivolti a tutti i bambini del comune.
Però, alcuni Rom non potevano, anche volendo, partecipare alle iniziative,
per la mancanza di trasporti pubblici e solo qualcuno di loro aveva una
macchina. Così la biblioteca decise il passo successivo. Nel 2005, iniziammo a d
organizzare eventi negli insediamenti rom.
Ciò che accadeva in quegli insediamenti attirò una grande affluenza. I
bambini accorrevano a giocare ed ascoltare i racconti, anche molti adulti si
fecero avanti con gioia ad ascoltare le fiabe. Le nostre visite erano l'evento
più importante per l'insediamento.
Oggi, 65 Rom sono iscritti alla biblioteca e la visitano regolarmente. Alcuni la
usano occasionalmente, soprattutto per navigare in Internet, e magari non sono
iscritti. Altri si avvicinano ai libri e ai racconti solo durante gli eventi che
organizziamo negli insediamenti.
Il nostro scopo - portare i libri e la biblioteca più vicino ai Rom,
particolarmente ai bambini, ha avuto molto successo. Li abbiamo ascoltati ed
assieme abbiamo sviluppato il progetto.
"I ROM INVITATI IN LIBRERIA" è stato scelto per il premio 2011
dell'Associazione Internazionale di Lettura per la Promozione della Lettura
Innovativa in Europa. In quanto responsabile del progetto, Marta Strahinič ha
ritirato il premio e presentato il progetto alla 17a Conferenza Europea di
Lettura, a Mons in Belgio.
La UEFA si è unita alla Federazione Calcio Croata nel fornire supporto ad
un campionato mondiale di giocatori Rom.
Il torneo si è svolto a Spalato ed ha schierato otto nazionali - Austria,
Bosnia-Herzegovina, Brasile, Croazia, Ungheria, Italia, India e Slovenia.
L'associazione nazionale Croata ha supportato l'evento come parte delle attività
contro il razzismo nel progetto UEFA Unite Against Racism. La Bosnia-Herzegovina
ha vinto la finale ai rigori contro la forte squadra ungherese, dopo che la
partita era terminata 1-1. Il trofeo è stato consegnato dall'ambasciatore
Indiano della Croaziia.
[...] "L'evento è stato un primo passo per una migliore integrazione della
comunità Rom nel calcio istituzionalizzato" ha detto Patrick Gasser, che
rappresentava la UEFA all'evento a Spalato.
Di Fabrizio (del 21/03/2013 @ 09:07:30 in Europa, visitato 1435 volte)
di Carlotta Sami - direttrice generale di Amnesty International Italia "Spesso subiscono le conseguenze più pesanti delle politiche di segregazione e
sgomberi. Ma sono anche tra le più attive per rivendicare un miglioramento delle
condizioni di vita"
Amnesty International è impegnata da anni nella difesa dei diritti delle donne e
in una campagna europea contro la discriminazione delle persone rom, inoltre a
Gennaio ha lanciato una grande campagna sui Diritti umani in Italia: Ricordati
che devi rispondere,
www.ricordatichedevirispondere.it. Uno dei 10 punti
riguarda proprio i diritti dei rom nel nostro Paese.
Vogliamo mettere insieme questi due temi evidenziando il ruolo, fondamentale,
che le donne hanno nell'attivismo per i diritti umani - questo è vero sempre, ed
è vero anche per le persone rom, che in Italia e in tutta Europa hanno di fronte
a sé un impegnativo cammino di rivendicazione e conquista dei propri diritti.
Un impegno e un attivismo che avrà l'obiettivo di una maggiore rappresentanza,
anche politica.
Le informazioni e le analisi sulle quali si basa la nostra campagna europea per
i diritti dei rom emergono dalla ricerca sul diritto a un alloggio adeguato e
sugli sgomberi forzati che abbiamo svolto in Italia, Francia, Macedonia,
Romania, Serbia e Slovenia. L'impatto delle violazioni che i rom subiscono è
particolarmente grave per le donne, spesso vittime di discriminazione multipla,
a causa del genere e dell'appartenenza etnica, e costrette a sormontare ostacoli
altissimi per accedere all'alloggio, all'assistenza sanitaria, all'istruzione e
al lavoro.
La loro condizione va a inscriversi infatti in un contesto - quello Europeo - in
cui le comunità rom affrontano un sistematico pregiudizio e politiche
inadeguate, quando non palesemente discriminatorie, da cui derivano rischi
altissimi per i diritti e talvolta la stessa incolumità personale di adulti e
bambini.
Fanno parte di questo contesto i frequenti sgomberi forzati, spesso in mancanza
di alternative abitative accettabili, e una sistematica difficoltà di accesso a
un alloggio adeguato. Milioni di persone rom in Europa sono di fatto costrette a
vivere in baraccopoli, senza accesso ad acqua corrente o elettricità, a grande
rischio di malattie e senza assistenza sanitaria. Nei casi in cui, durante gli
sgomberi, le autorità offrano alloggi alternativi, essi sono spesso costruiti in
condizioni molto precarie e privi di servizi essenziali quali l'acqua, il
riscaldamento, l'energia elettrica. Ciò ha un particolare impatto sulla vita
delle donne rom le quali, a causa del loro ruolo all'interno della comunità,
hanno di fatto la responsabilità primaria della cura dei bambini e delle
attività domestiche come la pulizia della casa e la cucina.
Alle cattive condizioni abitative si accompagna spesso la collocazione dei rom
in campi lontani dai centri abitati, con quanto ne segue in termini di
isolamento e segregazione. Secondo le testimonianze di donne rom che i nostri
ricercatori hanno raccolto a Roma, ad esempio, una particolare difficoltà deriva
dal fatto che i campi siano scarsamente collegati ai quartieri abitati, ai
negozi e ai servizi tramite i mezzi pubblici o strade con marciapiedi sicuri su
cui camminare. I negozi di generi di prima necessità, i medici e le scuole e
strutture per l'infanzia sono difficili da raggiungere e questo rende la vita
delle donne rom che li abitano e dei loro bambini ancora più difficile.
La segregazione in aree periferiche isolate rende, inoltre, ancora più difficile
la ricerca di un lavoro e può aumentare il rischio di violenza sulle donne e sui
loro bambini, perché esse vengono a perdere le proprie reti di sicurezza e
solidarietà.
Vivere in insediamenti informali a rischio di sgombero forzato provoca, nel
complesso, grande incertezza e sofferenza. La stessa salute psicologica delle
donne rom viene segnalata come significativamente peggiore di quella del resto
della popolazione femminile dei paesi europei, proprio a causa delle condizioni
di vita inadeguate, alloggi disagiati, della povertà e della posizione
svantaggiata delle stesse nel loro ambiente domestico.
Amnesty International lavora al fianco delle donne rom che vivono nei campi e
negli insediamenti informali in Europa. In molti casi, le donne rom sono
impegnate in prima persona nelle campagne di sensibilizzazione per porre fine a
sgomberi forzati e alla segregazione, e dovrebbero essere, a nostro avviso,
ulteriormente sostenute in questo loro impegno, perché nessun vero cambiamento e
miglioramento per i diritti umani è possibile senza un ruolo centrale e
determinante delle donne.
Alle donne occorre dare accesso al credito e opportunità di indipendenza
economica: solo in questo modo si cancellerà la violenza e sarà possibile
garantire ai bambini e alle bambine l'accesso all'istruzione.
Dobbiamo credere nelle enormi potenzialità di queste donne e abbiamo, da loro,
molto da imparare.
Foto di Fabrizio Giraldi Era la più grave violazione dei diritti dell'uomo della sua storia recente.
Ora finalmente sanata. La Slovenia ha restituito ai cosiddetti ''cancellati'' i
loro diritti. In 13.000 potranno ora riottenere la residenza
La Slovenia ha posto rimedio alla più grande violazione dei diritti dell’uomo
nella sua storia recente. Il parlamento, infatti, ha varato una norma che
consentirà a quei cancellati, che non avevano potuto farlo sin ora, di
riottenere la residenza. Dei complessivi 25.761 sono ancora oltre 13.000 coloro
che non hanno regolato il loro status. Nessuno sa quanti di essi vivano ancora
in Slovenia e quanti sono coloro che, dopo anni passati all’estero, possano
essere interessati a riottenere la residenza.
Il ministro degli Interni Katarina Kresal, nel presentare[] il provvedimento,
aveva invitato i deputati ad approvarlo “se non già per un vincolo etico nei
confronti delle persone a cui lo stato 18 anni fa ha fatto un torto, per
rispetto della costituzione”. Da anni la polemica sui cancellati è altissima e
anche questa volta il centrodestra non ha lesinato strali nei confronti del
ministro e del provvedimento. Molto si è puntato sui risarcimenti che adesso i
cancellati potrebbero richiedere alle vuote casse dello stato. La Kresal non si
è scomposta più di tanto e come al solito ha continuato a ribadire l’importanza
del rispetto della costituzione, delle leggi e dei principi dello stato di
diritto.
Ora ci saranno tre anni di tempo per presentare formale richiesta. Quello che,
però, appare più importante è che, in qualche modo, si chiede scusa per quanto
accaduto. C’è voluta una generazione di politici nuovi. Troppo giovani per
essere sulla scena politica all’epoca dei fatti e per avere scheletri negli
armadi.
La cancellazione risale all’epoca della proclamazione dell’indipendenza.
Lubiana, si era impegnata a concedere la cittadinanza a tutti i residenti che si
erano trasferiti nella repubblica dalle altre parti della federazione. Gli
immigrati erano circa 200.000. In oltre 170.000 ottennero la cittadinanza.
All’epoca qualcuno decise di andarsene, altri non riuscirono a raccogliere la
documentazione necessaria o si videro respinta la domanda, altri ancora non
presentarono richiesta di cittadinanza, pur avendo intenzione di continuare a
vivere in Slovenia. Per loro cominciò una vera e propria via crucis. Le autorità
pensarono bene di depennarli dall’elenco dei residenti. L’operazione comportò
per loro la perdita di tutti i benefit di cui godevano. Persero il diritto al
lavoro, all’assistenza sanitaria, all’acquisto a prezzo agevolato della casa ed
altro ancora. In sintesi persero il diritto di continuare a vivere nella
repubblica e si trovarono d’un tratto ad essere clandestini nel paese dove
avevano vissuto per decenni o erano addirittura nati.
La cancellazione avvenne in maniera arbitraria e del tutto illegalmente. In ogni
modo quell’operazione, fatta in gran segreto, poté contare su un consenso
sociale altissimo. L’opinione pubblica d’altronde pensava che, in fondo, quelli
erano potenziali nemici, oppositori dell’indipendenza slovena. In ogni modo
avevano avuto la possibilità di regolare la loro posizione e non avevano voluto
farlo. La cosa ovviamente non era vera, anche perché nessuno aveva spiegato loro
che se non avessero ottenuto la cittadinanza avrebbero perso anche i diritti
legati alla residenza.
Il problema dei cancellati cominciò ad emergere negli anni successivi. Le loro
tristi storie iniziarono ad essere raccontate dai giornali e già 15 anni fa il
neo nominato tutore dei diritti civili puntò il dito sulla questione sin dal suo
primo rapporto. Era facile rendersi conto che ci si trovava di fronte ad una
palese violazione dei diritti dell’uomo, orchestrata consapevolmente o meno
all’epoca del primo governo sloveno democraticamente eletto, formato da una
coalizione di centrodestra. Quando, poco dopo, il centrosinistra prese in mano
per più di un decennio le redini del paese non si preoccupò di porre rimedio
alla questione.
Il problema finì di fronte ai giudici della Corte costituzionale. Il primo
ricorso venne presentato nel 1994. Per arrivare ad una sentenza si dovette
attendere ben 5 anni. L’Alta corte stabilì l’illegalità della cancellazione e
diede 6 mesi di tempo al legislatore per correre ai ripari. Da quel momento i
politici, loro malgrado, cercarono una soluzione. Venne approvata una prima
legge che consentiva ai cancellati ancora in Slovenia di regolare la loro
residenza, successivamente vennero approvate delle modifiche alla legge sulla
cittadinanza che apriva loro le porte all’ottenimento del passaporto sloveno.
La questione era diventata materia di scontro politico. Intanto i cancellati
avevano costituito una loro associazione. A battersi per i loro diritti oramai
erano scesi in campo Amnesty International, l’Istituto per la pace e le altre
organizzazioni impegnate sul fronte della tutela dei diritti dell'uomo. Al loro
fianco c’era anche un ex giudice della Corte costituzionale, Matevž Krivic, che
divenne il loro portavoce.
La battaglia continuò con nuovi ricorsi alla Corte costituzionale. I giudici
stabilirono che la residenza doveva essere riconosciuta retroattivamente, sin
dal momento della cancellazione. Il governo allora preparò un’apposita legge e
l’opposizione indisse un referendum. Nel 2004 il 94% degli elettori disse no
alla normativa, ma la partecipazione al voto fu solo del 31%. Si proseguì con
manifestazioni, scioperi della fame e ricorsi al Tribunale europeo per i diritti
dell’uomo.
La Slovenia, che era uscita dallo sfaldamento della Federazione jugoslava con
l’immagine di un paese ordinato, si trovava a dover rispondere di una palese
violazione dei diritti umani, ormai sotto gli occhi della comunità
internazionale.
L’impegno a risolvere definitivamente la questione è comunque venuto dal nuovo
governo. La soluzione della questione dei cancellati è stata persino inserita
nell’accordo di coalizione. Molti però dubitavano che si avesse realmente
intenzione di fare sul serio.
Il ministro degli Interni Katarina Kresal ha stupito tutti e non ha mancato di
precisare che era intenzionata a chiudere la vicenda anche a rischio della sua
popolarità. Il ministero, così, con gran sgomento dell’opposizione, prima ha
fornito il
dato esatto dei cancellati, poi ha portato a conclusione il
procedimento di riconoscimento della loro residenza con effetto retroattivo per
coloro che avevano già regolato il loro status ed infine ha fatto approvare la
legge che risolverà definitivamente il problema anche per gli altri.
Di Fabrizio (del 10/08/2013 @ 09:06:24 in Europa, visitato 1593 volte)
(piatto abbondante da accompagnare con un vino adeguato)
La recente condanna (all'ergastolo!) dei colpevoli di omicidio di 6 rom in
Ungheria, ha riproposto il dibattito se quello sia o meno un paese razzista. Non
pretendo di conoscere la realtà meglio di altri, ma dato che quotidianamente
ricevo corrispondenze e rassegne stampa dai paesi dell'Europa Centrale e
Orientale, credo di essermene fatto un'idea.
Per seguire i miei ragionamenti (che vi potranno sembrare macchinosi e
parziali), dovrete tenere conto:
Che una RELTA' OGGETTIVA non esiste. Anche se siamo in un
unico continente, anche se molti stati sono associati alla
Unione Europea (o hanno zone confinanti legate da trattati e
iniziative comuni), nazionalismi, spinte politiche ed economiche
disgreganti la fanno da padrona. Notavo un po' di tempo fa, che
mentre i media e i commentatori occidentali si concentrano
spesso sulla situazione di miseria (o di impoverimento) all'Est,
quelli orientali non si fanno scappare occasione per descrivere
le condizioni terribili dei profughi arrivati qui. Insomma.
tutti guardano sempre le pagliuzze altrui.
Nessuno è INNOCENTE A PRIORI. A partire dall'Italia: la
situazione dei Romanì è tragica qua come altrove, le colpe
andranno anche condivise, ma non esiste uno stato che possa
ergersi a giudice degli altri.
I Romanì, pur essendo da decenni POPOLAZIONI STANZIALI
nell'Europa Centro-Orientale (Germania compresa), nel tempo
avevano mantenuto ambiti di migrazioni interne (ad esempio
Ex Jugoslavia-Albania-Ungheria-Bulgaria /
Bulgaria-Grecia-Turchia /
Ucraina-Ungheria-Slovacchia-Repubblica Ceca-Polonia-Bielorussia
/ Repubbliche Baltiche-Polonia) per motivi di
parentela ed economici, ambiti che tuttora resistono. Le recenti
migrazioni indicano che i Rom di Ungheria, Slovacchia,
Repubblica Ceca, prediligono i paesi del Nord Europa
e il Canada (finché non ha chiuso le
frontiere), quelli del Sud-Est emigrano anche nei
paesi di lingua latina (ora un po' meno, data la
crisi economica di questi ultimi).
Grossomodo, tutti conosciamo la situazione precedente al
crollo del Muro di Berlino: bassi redditi e una serie di servizi
di base forniti dallo stato. Più sfaccettata la situazione dei
Romanì come "minoranza nazionale": in alcuni casi era pienamente
riconosciuta (Serbia), in altri (Bulgaria) negata. Per fare un
paragone con un'altra situazione politico-economica: la Turchia.
Lì i Romanì (mancano cifre precise, potrebbero essere sino a un
milione), per quanto marginalizzati e discriminati, hanno sempre
riconosciuto l'autorità dello stato turco, e questo li ha messi
al riparo da massacri e violenze come quelli subiti da Greci,
Curdi e Armeni. Da questo
punto di vista oggi la situazione è ancora frammentata: Bosnia e
Slovenia sono state più volte messe sotto accusa dalla comunità
internazionale, per il mancato riconoscimento dei diritti politici
fondamentali a chi non appartenesse alle etnie maggioritarie.
ULTIMO PUNTO di queste prefazioni: quei servizi che erano
assicurati a tutti, indipendentemente dall'etnia, sono andati
privatizzandosi, ora prima ora dopo. Questo ha portato penuria
di case, lavoro, prestazioni sociali e sanitarie, di cui hanno
fatto le spese soprattutto le minoranze non riconosciute. Ci
siamo noi, Occidente, dietro queste privatizzazioni (noi le si
chiama delocalizzazioni), fu la stessa Unione
Europea, una decina d'anni fa quando si allargò a Est, da un
lato a richiedere a voce più rispetto per le popolazioni romanì,
dall'altro a strangolarle (a strangolare i settori più poveri
della popolazioni) con l'oggettivo aumento dei prezzi e i tagli
che contemporaneamente chiedeva al welfare. Una politica
sostanzialmente ipocrita, che ha però creato una classe di
burocrati su come sopravvivere all'occidente.
DINTORNI: La situazione di base (abbastanza simile in tutti i paesi dell'Europa Centro
Orientale) è la presenza di minoranze romanì più consistenti che in Occidente,
ma non coese. Quasi ovunque esistono fasce di popolazione romanì di
piccola-media borghesia - proprietari, relativamente integrati (comunque, poco
disposti a palesarsi) e altre in condizione di deprivazione estrema (ancora
peggio, se possibile, che da noi). Cosa che ha anche portato al continuo crearsi
e sciogliersi di partiti, partitini, cartelli politici romanì, funzionali a
questo o quel capoclan.
Lo stesso vale per la classe intellettuale:
professionisti, docenti, giornalisti, radio, giornali in abbondanza, con
scarsissimo influsso su quella che si chiama "vita e politica reale". Assistiamo
al paradosso che una scena abbastanza comune in Italia è la vecchia romnì che si
fa leggere qualcosa dal nipotino che finalmente può andare una scuola, sempre
più spesso da quelle parti la scena si svolge a parti invertite: sono gli
anziani che leggono per il resto della famiglia, che non ha più risorse per
frequentare la scuola.
Leggi e violenze razziali:
Un altro paradosso (ma anche in questo in Italia abbiamo una certa
esperienza), è che in diversi stati dell'est esistono norme, leggi, regolamenti
molto avanzati a tutela delle minoranze (che sono quasi infinite) e anche dei
Romanì. L'Ungheria sino a qualche anno fa era presa ad esempio per l'esistenza
di un
autogoverno rom, qualcosa di simile esiste anche in Ucraina; Serbia Bulgaria
e Romania hanno legislazioni molto più avanzate di quelle occidentali. Eppure,
quasi nessun effetto hanno nell'arginare crisi di violenza e pogrom. Che sono
difficilmente prevedibili, vanno ad ondate: fu la Romania ad inizio anni '90.
poi di volta in volta toccò a Bulgaria, Slovacchia, Ungheria, Repubblica Ceca.
Ricorrenti in Ucraina e nei paesi ex-URSS, ma le notizie che arrivano da lì sono
sempre datate e frammentarie.
Razzismo:.
Non è solo Ungheria (ma ricordiamoci, nessuno è innocente, molti sono
impuniti). Anche la Germania, per fare l'esempio di un paese che riteniamo
esempio di "civiltà occidentale", ha avuto di recente
spettri
nell'armadio. E sempre dalla Germania (e dagli USA) è partito, una ventina di anni fa,
un coordinamento fattivo tra vari nuclei della destra estrema e radicale
[ricordo che movimenti simili si ebbero in tutta l'Europa Centro Orientale (per
non parlare di quella Meridionale, a proposito di innocenza!), tra gli anni
'30 e '40], che attualmente opera in stretto contatto in tutti i paesi
che ci riguardano. Fisicamente, sono le stesse squadre a seminare il terrore o
fare comizi congiunti in Germania, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica
Ceca, e ci sono contatti molto avanzati con Serbia, Croazia, Slovenia, Romania,
Bulgaria, Ucraina.
La Germania non è solo RAZZISMO VIOLENTO (che c'è ovunque e sa che può
farsi sentire con poco), ma è anche (non è la sola) il paradigma
del razzismo istituzionale, ad esempio:
impunità nel colpire i colpevoli di atti di razzismo "lievi
o tollerabili". Non siamo ai livelli italiani, ma ad esempio per
l'incendio che ricordavo nel link di sopra, non mi risulta che
siano mai stati identificati i colpevoli. Situazione comune in
tutta Europa (non solo all'est) e la sentenza ungherese è
effettivamente una sorpresa. Niente a che vedere, ad esempio,
col caso di
Hadareni in Romania, dove ci sono voluti una decina d'anni
per arrivare ad una sentenza, che alcuni dei parenti delle
vittime contestano tutt'ora;
il razzismo istituzionale, è anche quello di uno stato che
accoglie i profughi dal Kosovo, profughi che col tempo trovano
scuola, casa, lavoro e dopo un decina d'anni si ritengono
cittadini come gli altri. Finché, una notte,
la polizia tedesca sfonda la porta di casa e ti imbarca con
tutta la famiglia su un aereo, per tornare in Kosovo dove
non hanno scuola, casa, lavoro. Tutto, per una ragione di stato.
Ungheria:
Dopo questa lunghissima parte introduttiva, eccoci. E' o non è un paese fascista? Non lo è, rispondo, ma se Orban
sbagliasse qualcosa, allora il rischio sarebbe alto. Personaggio complesso, ha
più volte ammesso di ispirarsi a Berlusconi (senza averne gli stessi capitali),
ma a me ricorda
Dollfuss, l'ultimo cancelliere austriaco prima dell'annessione alla Germania
nazista. L'Europa contro cui sbraita, è la stessa che gli ha garantito il suo
posto attuale.
Un breve riassunto della recente storia ungherese. Con la caduta del muro, i
vecchi comunisti si riciclarono nel Partito Socialista, contrapposto all'altro
blocco dei Liberali. Ma già precedentemente la legislazione ungherese era tra le
più aperte in fatto liberalizzazioni e partecipazione dei capitali stranieri
alle imprese, per cui i due blocchi (poco influenti gli altri partiti) si sono
alternati senza grandi differenze sul piano economico. Anche perché a differenza
degli altri paesi dell'ex blocco, con l'afflusso di capitali esteri l'Ungheria
viveva una situazione di boom economico simile a quella dell'Irlanda. E
purtroppo ne ha condiviso la fine, con indebitamenti pazzeschi con le banche
(soprattutto tedesche) e una situazione di corruzione diffusa, che ha posto all'angolo i due partiti (il sistema elettorale è uninominale con soglia di
sbarramento).
Dalla crisi sono emersi due soggetti:
FIDESZ (nazionalista)
JOBBIK (ancora più nazionalista)
Ecco, cosa fare con un governo di destra, in un paese in crisi, con
un'opposizione di destra estrema con tendenze paramilitari? La scommessa di
Orban si gioca tra un necessario risanamento, e la vulgata popolare
(quell'accidenti che si chiamano elettori) che ha trovato il nemico esterno (LE
BANCHE e LE MULTINAZIONALI) e quello interno (tanto per cambiare, EBREI e
ZINGARI). Come anche da altre parti (non dirò quali) il populismo, il
nazionalismo e
l'antieuropeismo diventano le cifre distintive per restare a galla.
Politica interna: da un lato accarezzare la pancia di quell'Ungheria profonda
e rancorosa emersa dalle urne, dall'altro, come succede nei paesi limitrofi,
dare almeno l'impressione che tutto sia sotto controllo, colpendo le
manifestazioni politiche-criminali-razziste più eclatanti.
Ma se questo non bastasse? Da un lato l'indebitamento, dall'altro i
paramilitari che sognano le
croci frecciate, girano come avvoltoi attorno alla testa di Orban. Lui, a
differenza di Berlusconi, non ha giornali, tv, e altre utilità simili, il suo
rapporto con i media è pessimo. Si è proposto come l'unico salvatore possibile,
ma per farlo ha dovuto assumere le armi e la protervia dei suoi avversari più
prossimi. Dovesse fallire, la loro strada è aperta.
CONTORNO - Investitori e benefattori:
Il crollo URSS e dei paesi satelliti, davvero qualcuno crede che sia avvenuto
"solo" per motivazioni interne? Tutta l'Europa Centro-Orientale è divenuta in
brevissimo tempo terra da colonizzare per gli appetiti USA ed Europei, con la
Russia assolutamente incapace di contrastare economicamente questa tendenza.
Visto in questa chiave, il massacro e la dissoluzione della Jugoslavia sancì
l'esclusione del petrolio russo dalle rotte sud-europee, e il predominio
americano rispetto alla UE. Pian piano, mentre anche la Cina si
è fatta viva, mentre nei paesi con rilevanti presenze musulmane sono attivi
Arabia Saudita e (dopo Erdogan) la Turchia. Con la crisi economica in Occidente,
per un determinato periodo USA e Germania hanno resistito, ma con Obama anche
gli ultimi appetiti si sono ridimensionati.
Ma il colonialismo non è soltanto militare o economico: Gli investimenti
arrivano in due maniere: rilevare vecchie imprese statali o autogestite (nel
caso ex-JU), o invece tramite vari fondi di solidarietà EU e progetti caritativi
delle varie chiese, o fondazioni dagli equivoci obiettivi politici, come
OPEN FOUNDATION - ma dotate di quel tanto di pragmatismo nella strategia che manca
alla cultura europea. Come è successo e succede ancora in altri continenti, le
motivazioni di questi interventi sono tante e spesso contrastanti: da una parte
rimediare in qualche maniera al "default" economico e sociale di molti paesi,
dall'altro svuotare quegli stessi paesi della capacità di badare a se stessi e
renderli sempre più dipendenti dall'elargizioni di questi aiuti (e dal debito
che si genera). Creare nel contempo una classe
intellettuale-professionale poco legata alle dirigenze locali, che nel caso diventeranno emigranti
qualificati ma sottopagati. E' quello che è avvenuto ANCHE in Ungheria, e si ripete nei
paesi limitrofi. Orban lancia la sua guerra contro investitori che in questo
momento non ci pensano minimamente ad investire, perché hanno finito la grana.
Nel frattempo anche la Serbia sembra uscire dal suo antieuropeismo, il problema
è se l'Europa ci sarà ancora.
Di Fabrizio (del 05/04/2013 @ 09:05:12 in Europa, visitato 1972 volte)
Foto di Fulvia Vitale -
LE PERSONE e la DIGNITA' di Riccardo Noury "Riguarda l'Europa. Riguarda te".Questo è lo slogan
ufficiale del 2013, Anno europeo dei cittadini.
Circa la metà dei 10-12 milioni di rom che vivono in Europa si trova nei paesi
dell'Ue.
Otto famiglie rom su 10 sono arischio povertà. Solo
un rom su sette ha terminato le scuole di secondo grado. A livello dei singoli stati membri, le
comunità rom si collocano al di sotto di quasi tutti gliindici di sviluppo sui
diritti umani.
Lo dice il fatto che a distanza di oltre un decennio dall'adozione della
Direttiva sull'uguaglianza razziale del 2000 e di quattro anni dall'entrata in
vigore della
Carta dei diritti fondamentali, mai una volta la Commissione
europea ha ritenuto di dover avviare qualche azione a sostegno dei diritti dei
rom.
Che l'Europa non riguardi i rom, lo pensano anche alcuni cittadini degli stati
membri.
In un
sondaggio effettuato nel 2012, il 34 per cento degli europei riteneva che
i cittadini dei loro paesi si sarebbero sentiti a disagio, e il 28 per cento
"mediamente a loro agio" se i loro bambini avessero avuto dei rom come compagni
di classe.
In Bulgaria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria, dal gennaio 2008 al luglio
2012, vi sono stati oltre 120 attacchi gravi contro i rom e le loro proprietà,
tra cui sparatorie, accoltellamenti e lanci di bombe Molotov.
Gli sgomberi forzati continuano a costituire la regola, e non l'eccezione in
molti paesi europei, tra cui Francia, Italia e Romania. L'istruzione è segregata
in Grecia, Repubblica Ceca e Slovacchia, in contrasto con le leggi nazionali ed
europee che proibiscono la discriminazione razziale.
Ecco la situazione, nel dettaglio, in alcuni paesi:
In Bulgaria si stima che i rom siano 750.000, il 9,94 per cento della
popolazione. Più del 70 per cento dei rom dei centri urbani vive in quartieri
segregati. In 14
attacchi contro persone rom e/o loro proprietà, portati a segno
tra settembre 2011 e luglio 2012, sono morte almeno tre persone e altre 22, tra
cui una donna incinta e due minori, sono rimaste ferite.
I circa 200.000 rom presenti nella Repubblica Ceca costituiscono l'1,9 per cento
della popolazione. Più o meno un terzo (dalle 60.000 alle 80.000 persone) vive
in 330 insediamenti per soli rom, all'interno dei quali la disoccupazione è
superiore al 90 per cento. I bambini e le bambine rom costituiscono il 32 per
cento del totale di coloro che sono assegnati a
scuole per "alunni con lieve
disabilità mentale" e che seguono programmi scolastici ridotti. Nel corso degli
attacchi violenti verificatisi tra il gennaio 2008 e il luglio 2012 sono stati
uccisi almeno cinque rom e almeno 22, tra cui tre minorenni, sono rimasti
feriti.
In Francia vivono circa 500.000 traveller, molti dei quali cittadini francesi.
Vi sono poi altri 15.000 - 20.000 rom provenienti da Bulgaria e Romania. I
migranti rom dei campi e degli insediamenti informali sono oggetto di
sgomberi
forzati e di espulsione verso i paesi d'origine. Nel 2012 sono stati eseguiti
11.803 sgomberi, l'80 per cento dei quali aventi caratteristiche di sgombero
forzato. Ieri, ce n'è stato
un altro, che ha coinvolto oltre 200 persone. Solo
il 10 per cento dei rom ha completato gli studi secondari.
Dei circa 750.000 rom residenti in Ungheria, il 7,49 per cento della
popolazione, solo il 20 per cento ha un'istruzione superiore al primo grado,
rispetto alla media nazionale del 67 per cento. Solo lo 0,3 per cento ha
conseguito un diploma universitario. Tra gennaio 2008 e settembre 2012, vi sono
stati 61
episodi di violenza contro i rom e le loro proprietà, che hanno causato
la morte di nove persone, tra cui due minorenni, e decine di feriti, 10 dei
quali in modo grave.
I circa
150.000 rom, sinti e caminanti presenti in
Italia costituiscono lo 0,25
per cento della popolazione del paese. Le comunità rom comprendono persone
provenienti da altri paesi dell'Ue (soprattutto la Romania) e dai paesi dell'ex
Jugoslavia, un numero imprecisato di apolidi e circa un 50 per cento di
cittadini italiani. Solo il 3 per cento è costituito da gruppi itineranti. Oltre
un quarto dei rom presenti in Italia, circa 40.000 persone, vive in campi,
informali o autorizzati ma comunque a rischio di sgombero forzato. Negli ultimi
sei anni, a Roma e a Milano, ne sono stati eseguiti oltre 1000, quasi uno al
giorno e nella stragrande maggioranza dei casi si è trattato di sgomberi
forzati. Il 51 per cento della popolazione italiana ritiene che la società non
trarrebbe beneficio dalla migliore integrazione dei rom.
In Romania si stima vivano 1.850.000 rom, l'8,63 per cento della popolazione.
Circa l'80 per cento dei rom vive in povertà e quasi il 60 per cento risiede in
comunità segregate e senza accesso ai servizi pubblici essenziali. Il 23 per
cento delle famiglie rom (su una media nazionale del 2 per cento) subisce
multiple privazioni relative all'alloggio, tra cui il mancato accesso a fonti
d'acqua potabile e a servizi igienico-sanitari così come l'assenza di titoli
comprovanti la proprietà dei loro alloggi.
I circa 490.000 rom presenti in Slovacchia costituiscono il 9,02 per cento della
popolazione. Un terzo dei bambini e delle bambine rom, il 36 per cento, si trova
in
classi segregate per soli rom, il 12 per cento è assegnato a scuole speciali.
Nello spazio di una generazione, il numero degli alunni rom assegnati alle
scuole speciali è più o meno raddoppiato. Tra il gennaio 2008 e il luglio 2012
vi sono stati 16
attacchi contro i rom o le loro proprietà: cinque rom sono
stati uccisi e altri 10 feriti.
In Slovenia i rom sono circa 8500 e costituiscono lo 0,41 per cento della
popolazione. A differenza della percentuale nazionale che arriva quasi al 100
per cento, i rom che vivono nel 20-30 per cento degli insediamenti nel sud-est
del paese sono privi di accesso all'acqua. Mentre i litri d'acqua per uso
personale sono in media 150 al giorno (con punte del doppio nei centri urbani),
alcune famiglie rom hanno accesso solo a 10 - 20 litri d'acqua a persona.
Sul sito di Amnesty International Italia, è online da stamattina
un appello
indirizzato alla Commissaria europea per la giustizia, i diritti fondamentali e
la cittadinanza, Viviane Reding, per chiederle di porre fine alla
discriminazione nei confronti dei rom nell'Ue.
Nei prossimi giorni si svolgeranno numerose iniziative, organizzate sia da
Amnesty International che dall'Associazione 21 luglio, in
Italia e in
Europa.
Di Fabrizio (del 09/02/2013 @ 09:04:54 in lavoro, visitato 1635 volte)
RTV SLOMaribor, il primo ristorante Rom in Europadi
K. S. (Ndr: mi
risulta che in Ungheria ce ne siano già due, uno è
questo) Projekt Romska gostilna - Romani kafenava
21. januar 2013 ob 17:56 - Maribor - MMC RTV SLO
La capitale della Stiria presto diventerà più ricca per la locanda, unica
non solo in Slovenia ma per l'intera Europa. Infatti entro la fine dell'anno ci
sarà a Maribor il primo ristorante rom.
Štefan Simončič, rappresentante dell'associazione EPeKa di Maribor e capo del
progetto, ha detto che lo scopo è la conservazione e la presentazione della
cultura rom, assieme all'eliminazione dei pregiudizi della maggioranza della
popolazione. Il progetto di 300.000 euro è finanziato all'80% dall'Unione
Europea, mentre il 20% dal Ministero del Lavoro e della Famiglia.
Simončič ha sottolineato a RTV Slovenija è possibile mangiare in una vasta
gamma di ristoranti etnici tranne quelli rom, che pure vivono in Europa dove
sono circa 12 milioni.
In Slovenia la maggior parte dei Rom vive a Maribor, circa 2.000.
Com'è scritto sul sito ufficiale, l'Inn Rom - Romani kafana opera sul
principio dell'imprenditoria sociale per persone appartenenti a gruppi
vulnerabili, se il ristorante risultasse redditizio, si accumulerà per la
creazione di nuovi ristoranti, dove far lavorare altri Rom e Romnià.
clicca per il video (in sloveno)
Piatti tipici nell'ambiente rom
Quali saranno le specialità proposte? Si può anticipare burek e torte, minestre
e zuppe tradizionali. Non mancheranno la grappa ed il caffè tipici, i cui fondi
verranno letti agli ospiti.
Camerieri e cuochi saranno vestiti nei costumi tradizionali romanì, e tale
sarà l'atmosfera e la musica d'accompagnamento. [...]
Tra gli obiettivi dei responsabili del progetto: la conservazione della
cultura romanì, la loro motivazione ed inclusione in materia di occupazione, la
formazione al lavoro per lavorare in un ristorante, l'aumento della fiducia in
se stessi, la promozione di stili di vita sani tra i Rom ed il resto della
popolazione, per ridurre pregiudizi e stereotipi.
Sulla posizione del ristorante non si sa ancora molto, ma dovrebbe essere
verso il centro città.
Di Fabrizio (del 07/08/2013 @ 09:04:49 in blog, visitato 1263 volte)
Un paio di anni fa, faceva furore in rete un
video slovacco dove un cane sarebbe stato maltrattato da presunti ragazzi rom.
Questa una traduzione approssimativa del testo tramite GOOGLE TRANSLATOR:
ho guardato la televisione rapporti Ahi,dove i bambini vittime di bullismo
compagno di stanza. Mi venne in mente che noi vi invieremo un link al video,
dove i bambini sono molestati irragionevolmente piccolo cucciolo.
Cucciolo aveva frustato corda attorno al collo, seguito da uno dei figli
(ovviamente con l'aspettativa degli altri) e versò della benzinacane ha
cominciato a bruciare.
Questo video è davvero disgustoso e terribile, è stato girato in Slovacchia, ma
mi ha ricordato di Mira R. Rabca di che con i suoi amici uccisi Legare un cane.
Il caso è di interesse anche alle autorità competenti. Più qui.
Episodi simili sono denunciati quasi ogni settimana anche in Italia, ma non
mi risultava che i colpevoli appartenessero ad un'etnia specifica.
L'anno precedente aveva fatto scandalo il caso, avvenuto in Slovenia o in Croazia, della
figlia di un professionista (gagio) che per gioco aveva annegato nel fiume una
cucciolata.
Da qualche giorno spopola una notizia simile veicolata da
Mattinonline.ch (sembra che agosto sia un periodo favorevole al filone "lo
zingaro è il peggior nemico del nostro migliore amico").
Ma, questo è quello che preme, è vero o no? Non c'è verso di saperlo. "Mi
sembra" una bufala, e il mio giudizio non nasce da antirazzismo, ma con la
frequenza quotidiana con notizie simili:
dal punto di vista giornalistico (ammesso che oggi valga
ancora qualcosa) mancano dati fondamentali, come il QUANDO e il
DOVE preciso;
nessun'altra fonte ha riportato la notizia, si scrive che
c'erano testimoni ma nessuno di loro è stato intervistato, si
parla di associazioni, ma nessuna di loro ha emesso un
comunicato. Mi sembra strano;
noto un "sottilissimo..." intento provocatorio nel titolo,
nell'immagine scelta, e nel dare la responsabilità dell'accaduto
a una precisa comunità, senza alcuna prova;
infine sulle pagine del canile Muratella (vedi
QUI e
QUI) non c'è traccia dell'evento.
Insomma, sospetti di bufala ma non prove. Fate voi
RTV Slovenia:Bastoni fra le ruote, non nelle pentole - Testo: Bogdan Miklich.
Foto: Matek Kristovich Al lavoro
A Maribor si doveva aprire un ristorante rom, al quale avevano dato nome Romani kafenava, ma nel quartiere di Magdalena non sono d'accordo sul fatto che il
ristorante sia al numero 34 di via Gornega, dove prima si trovava la pizzeria
Chu-Chu. Per questo il sindaco Andrej Fishtravec non ha firmato il contratto
d'affitto.
Per il ristorante, nel quale cuoche rom avrebbero preparato piatti tipici della
tradizione rom e nel quale avrebbero lavorato camerieri rom, sono stati spesi
300.000 euro. Il progetto è finanziato all'85% dall'Unione Europea e per il
restante 15% dal Ministero per il Lavoro, la Famiglia e gli Affari Sociali.
Il capo del progetto Shtefan Simonchich ha chiarito che è stato confiscato
un'ora e mezza prima della firma del contratto, seppure il locale fosse vuoto da
più di un anno. Una delle ragioni per aprirlo nella zona è la vicinanza con
centro intergenerazionale. "Abbiamo buoni rapporti con tutte le organizzazioni
che lavorano nei dintorni" dichiara Simonchich. "Il ristorante rom
collaborerebbe con un centro intergenerazionale e con gli altri attori. In quella
zona vi sono più di 1000 metri quadri di superficie e quindi c'è posto per
tutti. Sarebbe utile a tutti che vi siano più attività cosicché vi siano più
clienti anche per gli altri." ragiona Simonchich che non si sa spiegare come il
quartiere di Magdalena abbia bloccato l'apertura del ristorante rom.
Nel piatto
Potrebbe derivare dal fatto che, in quel quartiere, gli abitanti di un
condominio abbiano dato la colpa ai rom per problemi condominiali. "Spero che il
sindaco ci ripensi, dato che ha un dottorato in sociologia e perciò sono certo
che capisca quando sia difficile includere le minoranze in alcuni quartieri e
che quindi permetta l'apertura del ristorante rom in quel locale." dice Simonchich che aggiunge come esso sia uno dei passaggi che potrà facilitare
l'inclusione dei rom. Il ristorante rom porterà loro speranze di assunzione dato
che a Maribor si è già alla seconda generazione di rom disoccupati. "In città
nemmeno gli sloveni trovano lavoro, figuriamoci i rom."
Il desiderio del ristorante, secondo le parole di Simonchich, è di aprire il
prima possibile in modo tale che i rom ottengano al più presto un lavoro.
L'ultima scadenza è a febbraio 2014 perciò dovrebbero già cominciare a
risistemare il posto e la rete elettrica. "Se non ci daranno quel locale ne
dovemmo trovare un altro sempre a Maribor poiché dobbiamo portare a termine il
progetto. Se il ristorante non sarà aperto entro il 1 febbraio dovremmo ridare
indietro il denaro. Se questo progetto, unico in territorio sloveno, non verrà
portato a termine sarà evidente il loro odio nei confronti dei rom." dichiara Simonchich.
Il sindaco Fishtravec propone la ricerca di una locazione alternativa, cosa che
non piace ai coordinatori del progetto. "Da quando sono iniziati i problemi per
trovare un posto per il ristorante rom a Maribor sono aumentati i discorsi
contro i rom. Rimangono difficoltà tra gli abitanti rom e non-rom e arrendersi
porterebbe a aumentare i discorsi negativi. Le forbici e il nastro li ha in mano
il sindaco e perciò ancora una volta gli chiediamo di riconfermare il primo
locale scelto", afferma Simonchich.
Poiché il progetto ha titolo di cooperativa sociale hanno dovuto fare un
progetto ben sviluppato e evidenziare il numero di nuovi impieghi creati. Il
cibo sarà rom dei Balcani, del mediterraneo e turco. Vi saranno molte spezie.
"Sarà la cucina sana e saporita delle nostre mamme e delle nostre nonne" dice
Simonchich
"L'esperienza culinaria sarà arricchita da musica rom dal vivo e
aumenteremo le conoscenze della gente sulla cultura rom. Ci sarà anche la
possibilità di avere un bar. Il nostro obiettivo è di aumentare la vicinanza tra
la popolazione rom e non-rom grazie alla conoscenza del mondo rom e delle sue
tradizioni. Pensiamo che ciò possa arricchire la nostra città e richiamare
turisti, ci dispiace che alcuni non lo capiscano" dice Simonchich che, proprio
per questo, spera che le difficoltà vengano al più presto superate poiché il
progetto non porterebbe beneficio solo ai rom ma anche alla popolazione
maggioritaria.
Secondo il sindaco Fishtravec, se il quartiere di Magdalena vuole acquistare la
ex pizzeria Chu-chu e il relativo locale, il comune non darà loro le chiavi.
"Abbiamo chiarito con il comitato di quartiere che si possono vendere solo i
locali in cui il comitato svolge le sue attività. Il precedente sindaco ha dato
permessi non conformi alla legge anche se tali non si sono mai realizzati per
mancanza di un contratto d'affitto regolare" chiarisce Fishtravec e si augura
che le cose si sistemino. "Qui non si parla solo di xenofobia e di coabitazione
impossibile con altri gruppi etnici ma anche della realizzazione di un progetto
con fini politici positivi che spero di portare a termine a Maribor" afferma Fishtravec. Il motivo per una realizzazione impossibile per il comitato di
quartiere di Magdalena risiede nel fatto che esso è formato dai quadri dell'ex
sindaco.
Da
Siol.net(con questa traduzione, Martina Zuliani inizia la
collaborazione con Mahalla. BENVENUTA!)
Milena Tudija, presidentessa dell'associazione rom Romano Veseli
La cultura rom si perde in quella della popolazione maggioritaria "Le romnia non cuciono e non indossano più gonne lunghe disegnate e grembiuli,
caratteristiche in passato, ma preferiscono le tute."
Questo è quello che si è sentito durante la prima serata musicale e letteraria
al Centro Culturale Janez Trdina, organizzata dall'associazione rom Romano Veseli,
dalla bocca di Šarenka Hudorovac di Kerinov Grm, presidentessa dell'associazone
rom Mosto e autrice di brevi documentari sui rom.
La vita di ogni giorno non è più rom
L'associazione rom Romano Veseli ha voluto avvertire, tramite le serate
letterarie, che la cultura rom si sta perdendo sempre più dentro quella
maggioritaria. La lingua romanes, secondo le parole della rappresentante rom di
Novo Mesto Dušica Balažek, si sta perdendo. "Già da qualche anno stiamo notando
che la cultura rom si impoverisce. I giovani d'oggi non vogliono più portare gli
abiti che indossavano i rom di un tempo. Penso che sia l'effetto ritardato della
socializzazione e dell'integrazione con la popolazione maggioritaria. Gli
influssi sono più forti perché l'abbigliamento e il modo di vivere di ogni
giorno non sono più rom come invece era anni fa. Vorrei che la lingua romanes si
conservasse in qualche modo."
La signora Balažek ha già proposto che in uno dei villaggi rom locali si
costruisca un paese rom organizzato che possa essere destinazione turistica dove
mostrare la vita dei rom.
La presidentessa dell'associazione rom Romano Mosto Šarenka Hudorovac, la rappresentante rom di Novo Mesto Dušica Balažek, la presidentessa dell'associazione rom Romano veseli Milena Tudija, la professoressa in pensione Ana M. Kozlevčar
Per i rom l'istruzione è importante
La presidentessa dell'associazione rom Romano Veseli Milena Tudija ha dichiarato
che la sua organizzazione ha redatto 18 articoli su questa tematica. Alla nostra
domanda e se i rom rimanessero come quando fumavano molto, bevevano molto caffè
e facevano molti figli, lei ha risposto che i tempi cambiano e che ora è
importante che i rom frequentino la scuola.
Insegnante pensionata per lezioni bilingui
L'insegnante in pensione Ana Marija Kozlevčar, conosciuta per aver redatto un
dizionario sloveno-romanes, ha detto che la cultura rom deve conservarsi e per
far ciò si deve conservare la lingua romanes. Ha affermato: "Penso che sia raccomandabile che
i bambini rom frequentino lezioni bilingui nei primi tre anni della scuola
primaria oppure altre integrazioni scolastiche che non siano a carico degli
insegnanti che non sanno il romanes."
La prima di cinque serate letterarie si è tenuta nel giorno internazionale della
lingua romanes, il 5 novembre. I presenti hanno recitato soprattutto poesie del
poeta rom Rajko Šajnovic e della poetessa rom Jelenka Kovačič.
Summit sui Rom Europei - Bruxelles, 16 settembre 2008 Stanisław Stankiewicz - Presidente dell'Unione Internazionale Rom (IRU) -
Vice-Presidente del Forum Europeo Rom e Viaggianti (ERTF)
I Rom si sono insediati in Europa oltre mille anni fa e sono una minoranza
europea trans-nazionale di questo continente. Che siano cittadini europei spesso
non è accettato ne conosciuto da molti paesi e persone.
La loro storia è spesso ridotta ad una lunga litania di discriminazione,
tentativi di sterminio, esclusione, povertà ed ora, i Rom sono soprattutto
considerati un problema sociale. Mentre questo è successo e tuttora succede, uno
sguardo più attento mostra che nei paesi e nelle regioni dove sono lasciati in
pace, i Rom sono integrati e vivono vite pacifiche.
Con l'affermarsi degli stati-nazione in Europa nel XIX secolo ed culmine dei
nazionalismi nel XX secolo, la situazione è peggiorata notevolmente. Continuano
in molti paesi l'esclusione e la discriminazione. I Rom non hanno mai voluto
avere uno stato loro e si rimettono alla mercé delle politiche nei posti dove
vivono.
Con una somma tra gli otto e i dodici milioni di Rom in Europa, questa
affronta una sfida: Come accettarli ed integrarli. Se questo non avverrà,
l'Europa affronterà problemi di proporzioni tali che saranno difficilmente
gestibili. Si parla spesso di un "Problema Rom", preferiamo dire che è l'Europa
come continente che deve affrontarlo. Oggi, i diritti umani basici non sono
ancora rispettati. Anzi, come visto ultimamente in Italia, vengono emanate da un
governo europeo politiche basate sull'etnia, senza quasi reazioni concrete.
Ufficialmente, i Rom sono cittadini dello stato dove vivono. In pratica, sono
spesso considerati cittadini di seconda classe quando va bene, e la
discriminazione amministrativa è una regola in molti paesi. Chiaramente, sono
state promulgate alcune leggi, come delle vetrine. Le politiche variano
dall'auto-governo, a seggi riservati nei parlamenti, allo status di minoranza,
ma tutto ciò non arriva al tema fondamentale del riconoscimento dei Rom come
cittadini effettivi nei loro paesi ed in Europa.
L'Europa ha approvato diverse leggi, convenzioni e direttive (ad es. 2000/43, EC
29/6/2000; 2000/78,EC 27/11/2000), sui diritti umani e le minoranze, e i membri
dell'Unione Europea le hanno firmate tutte. Ma spesso non sono rispettate. In
pratica, non tutti i paesi europei hanno aggiornato le loro leggi per
rispecchiare queste direttive, o spesso non le hanno rafforzate.
Il populismo sta crescendo, e sempre più spesso i politici cercano capri
espiatori. L'Italia si è improvvisamente svegliata scoprendo che tra il milione
di rumeni che vi vivono, ci sono circa 100.000 Rom. Certamente non un milione, e
non da qualche mese. No, alcuni di loro sono lì da diversi anni.
Dobbiamo chiederci come possano essere influenzati i processi politici per
cercare di cambiare e migliorare la situazione dei Rom in Europa. Come possano
essere cambiate le leggi locali, come indirizzare le attitudini e gli stereotipi
locali?
Occorre certamente uno sforzo verso la popolazione maggioritaria per contrastare
i soliti pregiudizi e permetterle di aprire la propria mente verso i Rom. La
stampa, ma anche molte OnG, hanno l'estrema necessità di cambiare la loro
rappresentazione e pensieri sui Rom. Spesso tutti loro rappresentano e riducono
i Rom a poveri, illetterati, disoccupati o a criminali. Se tutti i Rom si
fossero conformati a questi stereotipi, dove saremmo oggi? Ma se non si cambia
questo, come può progredire l'integrazione Rom in Europa e come si può cambiare
la società così che i Rom siano considerati cittadini come tutti gli altri?
Nel XXI secolo, ci sono ancora molti Rom nel mezzo dell'Europa che vivono come
nel terzo mondo. Non una casa vera, niente acqua, elettricità, nessuna
infrastruttura fornita dallo stato, segregazione a scuola, eccessi polizieschi,
o al massimo indifferenza della popolazione locale. Oltre alla segregazione e
alla discriminazione, questo non solo è vero ma anche la regola in molte regioni
rurali dei paesi nuovi membri dell'Unione Europea.
L'esperienza ha mostrato che in situazioni così difficili, i Rom perdono le loro
tradizioni, lingua e cultura. E questo succede qui in Europa, nell'Unione
Europea. Questo processo di acculturazione aumenta le difficoltà
nell'integrazione. La marginalizzazione impedisce ai Rom di migliorare la loro
situazione. I bambini hanno scarse possibilità di studiare in buone scuole, in
quanto sono ancora discriminati o messi nelle scuole speciali. Gli incentivi dei
governi sono spesso un pensiero malato. Noi, in quanto Rom, ancora non capiamo
perché è ancora così e pensiamo che ciò sia inadeguato. I Rom non sono ancora
realmente rispettati nell'Unione Europea, anche se questa istituzione dovrebbe
basarsi sul rispetto di tutti.
I politici non hanno fatto molto per cambiare le cose. Dovrebbero muoversi verso
l'integrazione, e non ricorrere a misure populiste. Demonizzare i Rom come
l'archetipo dello "straniero" è pericoloso...
Si è perso tanto tempo, e le politiche messe in atto non sono state efficaci.
Noi, Rom, ne abbiamo abbastanza di seminari, conferenze, discorsi; vogliamo
fatti concreti, lavoro,volontà politica, decisioni e azioni che genereranno veri
cambiamenti. E fare in modo che i Rom siano riconosciuti come un vero popolo
europeo. Ne abbiamo abbastanza anche di gruppi, coalizioni, che si spingono in
prima linea dicendo di rappresentare i Rom, spesso senza aver Rom nei loro
ranghi. Spesso, il Rom è un socio, un prestanome per progetti che dovrebbero
aiutare i Rom.
A noi sembra che spesso i Rom non siano ancora considerati dei partner validi.
C'è un modello di paternalismo tanto a livello politico che di base. "Noi
sappiamo cos'è meglio per voi" è ancora la norma. L'inclusione di organizzazioni
veramente rappresentative, basate su strutture democratiche, non è ancora la
norma. Vorremmo vedere più progetti dei Rom per i Rom, sulle premesse di "i Rom
aiutano i Rom" in piena collaborazione con le organizzazioni politiche e le OnG.
Dopo tre anni di decennio dei Rom, la mancanza di progressi generali richiede un
nuovo approccio e un'azione decisiva. E' tempo di prendere una nuova strada. Di
darci la meta di risolvere veramente alcuni dei problemi che l'Europa sta
affrontando, e di spingere per l'integrazione dei Rom. Dobbiamo educare entrambe
le comunità a cambiare le mentalità e i pensieri. La popolazione ha bisogno di
capire ed accettare che i Rom sono europei, che sono parte della nostra comune
cultura, ed i Rom devono cambiare e aprirsi alle sfide del futuro. Non
focalizziamoci sul passato, sulla sindrome da "vittime", ma guardiamo con
orgoglio avanti e a cosa vogliamo ottenere.
Speriamo sinceramente che questo incontro segni un punto di svolta. La lista dei
partecipanti, con Barroso, presidente della Commissione Europea, con Soros, con
ministri di vari governi ecc. mostra l'importanza della sfida. Speriamo che
tutti i partecipanti cerchino una strada e una strategia comune per cambiare la
deteriorata situazione dei Rom in Europa. Speriamo che i Rom e le organizzazioni
Rom siano considerati validi partner in questo processo.
I Rom sono cambiati negli ultimi vent'anni. Molti giovani sono diventati validi
attivisti, si stanno organizzando oltre i confini nazionali. Le manifestazioni
contro alcune delle politiche italiane in Italia, Vienna, Madrid, hanno mostrato
che sono pronti per prendere il destino nelle loro mani. Anche le organizzazioni
Rom, come l'IRU, sono cambiate, si sono democratizzate, sono diventate più
trasparenti. Ma necessitano di appoggio. Le organizzazioni Rom spesso sono
deprivate di supporto finanziario per i progetti concreti. Noi, come IRU, ma
anche a favore di altre organizzazioni, chiediamo nuovamente di essere
considerate partner di esperienza. Assieme vorremmo sottolineare che senza
l'appoggio globale della comunità Rom, nessun programma può riuscire.
L'Unione Europea ha anche bisogno di controllare con attenzione la situazione
dei Rom e dei suoi stati membri e reagire immediatamente. Il caso italiano
mostra che ahimè non è ancora il caso. Il mancato rispetto delle politiche, dei
principi e delle leggi non deve rimanere senza conseguenze. L'Unione Europea
dovrebbe reagire decisamente contro ogni attacco alla democrazia.
Noi, come Unione Internazionale Romanì, vogliamo ringraziare la Slovenia per
l'opportunità di presentare le nostre opinioni all'Europa, e anche la Croazia,
dove a breve organizzeremo il VII Congresso Mondiale Rom. Speriamo che la
Francia, con la sua tradizione dei diritti umani, e la Repubblica Ceca, che avrà
la prossima presidenza dell'Unione Europea, continuino proseguendo il dialogo,
ma prendano anche azioni concrete per migliorare la situazione globale dei Rom
in Europa.
Se noi, tutti europei e Rom compresi, non agiremo, avremo di fronte una
potenziale catastrofe. Se la situazione in alcuni paesi peggiorerà, i Rom
dovranno andarsene. E questo accenderà il risentimento ed ulteriore esclusione.
E' venuto il tempo di reagire. Speriamo come IRU, ma anche a nome di altre
organizzazioni Rom di base, di essere soci in questa attività.
Di Fabrizio (del 14/08/2013 @ 09:01:38 in casa, visitato 1808 volte)
(segnali di rivolta non ne vedo, ma facciamo circolare
NDR)
Roulotte e camper equiparate a case nel decreto del Fare (foto LaPresse)
BLITZ quotidiano Pubblicato il 11 agosto 2013 18.21
ROMA – Il
decreto del Fare appena approvato dal Parlamento, equiparerebbe
roulotte e camper a "interventi di nuova costruzione", ossia nuovi immobili che
hanno bisogno di un apposito "permesso di costruire" per stazionare. Secondo
Confindustria Veneto, si tratterebbe di uno schiaffo al turismo. Il governatore
Luca Zaia che per primo ha dato l'allarme tuona: "Surreale e devastante per
l'economia del Veneto, la prima regione turistica d'Italia e la prima in Europa
per l'open air". Anche Debora Serracchiani presidente del Fiuli Venezia-Giulia
gli fa eco: "Una norma assurda che va prontamente corretta perché gli effetti
sull'economia turistica, anche del Friuli Venezia Giulia, sarebbero molto
negativi. Roulotte e camper non sono case da assoggettare ad autorizzazioni
urbanistiche ed edilizie.
Solo nella regione guidata dalla giovane governatrice del Pd, tra campeggi e
villaggi turistici sono 35 le strutture che accolgono turisti in roulotte e
camper (oltre che tende) facendo registrare nel 2012 223.800 arrivi e 1.883.000
presenze.
Il ministero dell'Ambiente è il responsabile dell'articolo, solo ritoccato in
modo lieve dal Parlamento: nel rispondere alle critiche, dà una lettura opposta
spiegando che la norma nascerebbe con l'esigenza di fare chiarezza rispetto al
Testo unico dell'edilizia, una legge approvata nel 2001. Spiega Valentina Conte
su Repubblica che
"Laddove all'articolo 3 dice che 'prefabbricati e strutture di qualsiasi genere,
quali roulotte, camper, case mobili, imbarcazioni " si considerano "interventi
di nuova costruzione", appunto, ma solo se "utilizzati come abitazioni, ambienti
di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a
soddisfare esigenze meramente temporanee'.
Nel tempo molte procure hanno sequestrato campeggi per edilizia abusiva. Il loro
modo di interpretare la norma nasceva dal fatto che alcune famiglie, anche a
causa della crisi si erano "fermate" a vivere nei bungalow per un tempo
superiore a quello di una breve vacanza.
Spiega Valentina Conti che
"Il decreto Fare avrebbe dovuto chiarire Dunque esentare da permessi o balzelli
roulette e camper in sosta momentanea per turismo. All'articolo 41 si legge
infatti: 'Ancorché siano installati, con temporaneo ancoraggio al suolo,
all'interno di strutture ricettive all'aperto, in conformità alla normativa
regionale di settore, per la sosta ed il soggiorno di turisti'.
Dunque le strutture provvisorie usate per le vacanze non avrebbero bisogno di
permesso ma, come spiega ancora Conti, il caso non è chiuso. Confindustria e i
governatori del Nord-Est temono infatti l'effetto "tassa sulle barche" e la fuga
dei turisti in Slovenia e Croazia. Zaia spiega infatti che "l'Italia sarà
l'unico Paese in Europa dove si chiederà alle strutture ricettive di dimostrare,
camper per camper, roulotte per roulotte, il regime di temporaneità. Già in
queste ore si fa concreta la disdetta di unità mobili di pernottamento già
commissionate. Il blocco degli investimenti non era proprio l'obiettivo che il
decreto Fare voleva evitare?.
SABATO IL TRADIZIONALE RADUNO DEI ROM ALL’INCORONATA DI FOGGIA/ SGHAIER (ACSI): CONTRO LA DEGRADAZIONE DELLA CULTURA ZINGARA
ROMA\ aise\ - I Popoli Migranti, i cosiddetti Rom – Zingari, originari di Macedonia, Bulgaria, Romania, Slovenia, Serbia e Montenegro, Ungheria, Ucraina, Grecia, Turchia, e Armenia festeggeranno il Giurgevdan presso il Santuario dell’Incoronata di Foggia sabato prossimo, 6 maggio.
Come ogni anno, arriveranno Gitans dalla Francia, famiglie Rom, Sinti ed altri ancora da Malaga, Granata, Sevilla, Puertollano, Zaragoza. Si festeggerà la primavera, si scambiano doni, si prega la Madonna Nera, Patrona degli Zingari, si organizzano matrimoni, si offrono pecore in nome di Maria.
Il Giurgevdan, festa pagana, fu introdotta da Preti Ortodossi per contrastare il comunismo, la tirannia e proteggere i Popoli Zingari dallo sterminio etnico perpetrato per anni a danno di popoli pacifici, allegri e spensierati.
"Ancora oggi – scrive il Presidente della Associazione comunità straniere in Italia, Habib Sghaier - purtroppo, la situazione è molto grave. La questione zingara è sempre affrontata come questione etnica. La negazione dell’identità del Popolo Rom porta con sé la degradazione della cultura zingara a sottocultura marginale a cui è negata ogni dignità, la riduzione della lingua, il Romanès, a gergo, la lettura delle strutture sociali, educative, economiche come prodotti dell’emarginazione e del disagio".
Č da quest’impostazione, si sottolinea ancora, che discendono politiche d’assimilazione tendenti all’omologazione, alla rimozione d’ogni specificità perché "se il Rom non è portatore di una cultura degna di questo nome, allora i suoi costumi sono solo un sintomo di sottosviluppo, ostacoli da rimuovere per dare luogo ad una compiuta integrazione".
"Non si può continuare ad accettare l’idea di vivere in una società di cittadini di serie a, b, c e d – scrive ancora Sghaier - basata su ghetti urbani (campi), sociali ed etnici, sulla discriminazione tra immigrati e italiani, tra immigrati regolari e irregolari (i cosiddetti clandestini), verso la popolazione Rom e Sinti e sull’improprio sillogismo irregolare=clandestinità=delinquenza. Il raduno dell’Incoronata – conclude - vuole attirare l’attenzione sui Popoli Migranti e per non dimenticare lo stermino di ieri e la ghettizzazione di oggi". (aise)
di Angelica Bertellini, Eva Rizzin
Edizione speciale della Newsletter di Articolo 3 Osservatorio contro le
discriminazioni di Mantova
Da tempo pensavamo al viaggio ad Auschwitz. Le occasioni sono state molte, ma
non lo abbiamo mai fatto, ognuna di noi per i propri motivi; infine entrambe
abbiamo deciso di partire: il momento era arrivato.
Non abbiamo mai parlato tra noi delle ragioni più profonde che ci hanno
spinte ad andare, come del resto di quelle che ci avevano trattenute dal farlo
in passato, se non per la parte che riguarda la nostra professione, come
consulenti di Articolo 3, l’Osservatorio sulle discriminazioni nato a
Mantova proprio al Tavolo permanente per le celebrazioni del 27 gennaio.
Siamo arrivate ad Auschwitz il primo maggio, con una trentina di altre
persone e il presidente della Comunità ebraica di Mantova e
dell’Osservatorio, Fabio Norsa. Siamo arrivate con l’esperienza del
nostro lavoro – il contrasto alle discriminazioni –, con il nostro passato, ma
soprattutto con quella parte della nostra identità che ci fa appartenere
a minoranze colpite dal nazifascismo.
All’ingresso del campo ci aspettava una guida, a lei abbiamo chiesto di
anticiparci le tappe della visita e, con grande dispiacere, abbiamo appreso che
le aree dedicate al ricordo del Porrajmos o Baro Merape – il
genocidio delle persone sinte e rom – non erano (e non sono)
comprese. Alcune persone hanno mostrato insofferenza: “Guardiamo le cose
principali, non c’è tempo”. La guida non sapeva che fare, noi insistevamo;
“Dovete andare là” e ha indicato un punto che a noi pareva perso nel vuoto, il
campo è grande. Abbiamo iniziato il percorso guidato e dopo un po’ ci è arrivata
una traccia: “Ecco, quelle che cercavano gli ‘zingari’ possono andare al blocco
13, laggiù”.
Anche qui la minoranza sinta e rom resta a margine. Eppure sappiamo che
proprio ad Auschwitz esisteva lo Zigeunerlager, un complesso di baracche
destinate alle famiglie rom e sinte sterminate il 2 agosto 1944. La
liquidazione del lager era stata programmata per il maggio di quell’anno, ma
uno straordinario episodio di resistenza, da parte delle mamme
e dei papà sinti e rom, riuscì – forse per la sua imprevedibilità – a bloccare,
purtroppo solo momentaneamente, il proposito. Queste persone raccolsero le
ultime forze per resistere alle SS, si lanciarono a mani nude o con piccoli
oggetti contro di loro per salvare i bambini: «Abbiamo molte testimonianze anche
di ebrei italiani, che hanno assistito sia allo scoppio della rivolta, sia alla
liquidazione del 2 agosto. Tutti ricordano questi fatti come i più tristi e
tragici [...] perché la presenza dei bambini sinti e rom dava vita all’intero
campo e dopo il 2 agosto non c’era davvero più vita» 1. [1]
Presso il blocco 13 di Auschwitz 1 è stata aperta al pubblico
un’esposizione permanente sul genocidio dei Sinti e Rom. Il progetto è stato
ideato e realizzato sotto la supervisione del Centro culturale e di
documentazione sinti e rom di Germania in collaborazione con il Memoriale di
Auschwitz, l’associazione dei Rom di Polonia e altre organizzazioni rom di vari
paesi. A vederla eravamo in sei, mentre centinaia di persone percorrevano le
stradine in mezzo agli altri blocchi, in silenzio, ognuno con le cuffie
sintonizzate per sentire nella propria lingua spiegazioni e descrizioni: un
aiuto tecnologico che evita di ammassarsi intorno alla guida, di farla parlare
ad alta voce, e permette un ordinato flusso di persone dentro e fuori dai
blocchi. Noi ci siamo dovute staccare dal nostro gruppo, rinunciare a parte
della visita guidata, percorrere le stradine controcorrente, per poterci recare
al blocco 13. Ci hanno seguite Fabio Norsa e Cesare, il compagno di Eva.
Rabbia, angoscia e tristezza: anche lì escluse, esclusi, quasi fosse un
genocidio di secondaria importanza. Nessun altro si è unito, nessuno ha
sentito il bisogno (e il dovere) di includere il blocco 13 nel suo viaggio della
Memoria, come se non lo riguardasse, come se sinti e rom non fossero stati
perseguitati e sterminati per ragioni razziali (a qualche guida sfugge ancora un
“asociali...”).
Questo è un gradino della storia che il nostro Paese ha saltato:
non si può comprendere l’attuale situazione di emarginazione, esclusione e
discriminazione subìta dalle minoranze rom e sinta in Italia se non si comprende
quello che è avvenuto nei secoli più bui, se non si scoprono le radici dell’antiziganismo.
Il genocidio dei sinti e dei rom fa parte della storia di Italia e d’Europa,
tutti abbiamo il dovere di ricordare, perché è la storia di tutti.
Stefano Levi Della Torre lo scorso gennaio, a Mantova, ci diceva a
proposito di un grande scritto di Primo Levi: «La tregua è invece un esplicito
avvertimento per il futuro. La fine dell’orrore più grande è solo una tregua.
Ciò che è stato introdotto irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono,
proprio perché è stato potrà più facilmente prodursi di nuovo». Per i rom e per
i sinti la tregua non c’è mai stata.
Il 10 luglio 2008 il Parlamento europeo ha emanato la
risoluzione sul “censimento dei rom su base etnica in Italia”, che esortava le
autorità italiane ad astenersi dal procedere alla raccolta delle impronte
digitali, in quanto atto di discriminazione diretta su base razziale. Il
censimento, però, era nel frattempo già iniziato e con una schedatura contenente
etnia e credo religioso (newsletter n°4 e Rapporto 2008, p.40). Solo
successivamente è stato bloccato.
Centinaia sono gli sgomberi senza soluzione alternativa avvenuti nella sola
città di Milano, modalità in netto contrasto con la normativa internazionale
(vedi newsletter di Articolo3 n°7/2010). Dal 2008 le regioni Lombardia,
Campania, Lazio, Piemonte e Veneto sono state dichiarate ufficialmente in “stato
d’emergenza in relazione agli insediamenti delle comunità nomadi”. In molte
città italiane alcuni dei cosiddetti ‘campi nomadi’ autorizzati
istituzionalmente sono recintati, video sorvegliati 24h, presidiati da punti di
controllo di entrate e uscite. La vita delle persone rom e sinte è regolamentata
da vere e proprie leggi speciali, i “patti di legalità”. Non sono mancati casi
di cittadini italiani sinti che hanno subìto censimenti etnici nelle proprie
case, costruite su terreni privati (newsletter n°69).
Siamo tornate da Auschwitz con la sensazione profonda di una memoria
mutilata. [n.d.r. v. i Cenni storici di Eva Rizzin
che riportiamo in nota] [2]
La notizia che ci ha accolte al rientro in Italia e al lavoro è stata quella
di un modulo con intestazione di Trenitalia, gruppo Ferrovie
dello Stato, Direzione regionale Lazio, ad uso del personale per rilevare la
frequentazione di una fermata (Salone – Roma), che contiene una nota:
“nella sezione destra della casella indicare anche eventuali viaggiatori di
etnia ROM”. Le Ferrovie hanno inizialmente dichiarato di non averlo mai
utilizzato, come se questo ne cancellasse l’esistenza, e dopo pochi giorni la
direzione ha ammesso l’utilizzo, ma non la responsabilità: sarebbero stati
alcuni non meglio specificati funzionari ad aver preso l’iniziativa; non viene
detto né chi e neppure perché. Treni, binari, schede, etnia... Dentro di noi si
associa, violentemente, l’immagine del binario di Birkenau visto pochi giorni
fa: è così vicino a quel pezzo di terra, la zona B2, su cui rimane solo qualche
camino, dove sorgevano le baracche di legno dello Zigeunerlager.
Questa memoria parziale corrisponde ad una ingiustizia totale, i cui malefici
frutti siamo costretti a cogliere oggi, senza tregua. L’Italia deve fare
i conti con il proprio passato e le istituzioni – politiche e culturali
– devono dare pieno riconoscimento a tutte le persone colpite dal programma di
persecuzione e sterminio nazi-fascista. Nessuno, mai più, deve sentirsi in alcun
modo legittimato a schedare, contare, colpire un’altra persona sulla base della
sua appartenenza.
E nessuno dovrebbe sentirsi libero di ignorare queste vessazioni, ma questo è
un conto che ognuno deve fare con se stesso.
Angelica Bertellini - Laureata in filosofia del diritto
all’Università di Bologna con uno studio sul processo di Norimberga. Eva Rizzin - Ha conseguito un dottorato di ricerca in
geopolitica all’Università di Trieste sul fenomeno dell’antiziganismo
nell’Europa allargata.
Note
[1]
1. Marcello Pezzetti, docente università di studi sulla
Shoah dello Yad Vashem, in A forza di essere Vento, dvd
documentario curato da Paolo Finzi, A edizioni..
[2]
CENNI STORICI SUL GENOCIDIO DEI ROM E DEI SINTI
Furono più di 500.000 le persone rom e sinte vittime
dello sterminio pianificato e commesso dal nazi-fascismo.
Questa è una storia spesso dimenticata e per lungo tempo
narrata con omissioni o imprecisioni. I sinti e i rom furono
perseguitati su base razziale: molti di loro furono
classificati come ‘asociali’ (era il triangolo nero quello
che nei lager contrassegnava le persone che, nella teoria
nazista, venivano definite tali), ma in realtà, come scrive
Giovanna Boursier, “furono perseguitati, imprigionati,
seviziati, sterilizzati, utilizzati per esperimenti medici,
gasati nelle camere a gas dei campi di sterminio, perché
“zingari”, e secondo l’ideologia nazista, razza inferiore,
indegna d’esistere” [Boursier 1995]. Il triangolo di colore
marrone identificava questa “razza”. In Italia solo di
recente, grazie agli studi di storici come Boursier e Luca
Bravi, è stata intrapresa una rigorosa ricerca su questa
tragedia, per troppo tempo taciuta.
La cosiddetta asocialità venne attribuita alla popolazione
rom e sinta sulla base di presunti studi nazisti, che la
volevano connessa al ‘gene dell’istinto al nomadismo’, il
Wandertrieb, e molti scienziati – tra i quali ricordiamo
Robert Ritter (psichiatra infantile), la sua assistente Eva
Justin e, non da ultimo, il famigerato dottor Mengele, che
aveva il suo studio proprio accanto allo Zigeunerlager così
da accedere agevolmente ai bambini per i suoi esperimenti –
si impegnarono in attente ricerche volte a dimostrare questa
ributtante teoria. «La presenza di questo gene nel sangue è
la dimostrazione che questi zingari sono esseri
irrecuperabili», sostenne Eva Justin nella sua tesi di
laurea, e da questo assunto prese l’avvio la seconda parte
del ‘programma’, ossia la distinzione e separazione tra
‘puri’ ed ‘impuri’. I ‘puri’, il 10% circa, erano quelli da
salvaguardare perché vivendo ancora allo ‘stadio primitivo’
– come sostenevano i nazisti – rappresentavano un patrimonio
antropologico da preservare. I mischlinge, i misti,
risultarono invece essere gli elementi più pericolosi, non
solo perché portatori di un’ulteriore anomalia – e quindi
un’imperfezione – ma anche perché, ritenendoli meno facili
da individuare, rappresentavano un rischio maggiore di
contaminazione. I nazisti presero così la decisione di
eliminarli, una decisione dettata da motivazioni
esclusivamente razziali.
Talvolta penso che se avessi avuto la sfortuna di nascere
in quell’epoca le mie sorti, forse, sarebbero state fra le
peggiori, visto che anche io sono una ‘meticcia’.
Dopo lo sterminio dei rom e dei sinti, il dottor Robert
Ritter, che fu a capo delle ricerche scientifiche che
portarono allo sterminio tornò indisturbato ad esercitare la
sua professione come psichiatra infantile. Fu anche lodato
dal nuovo governo tedesco per la sua profonda conoscenza in
fatto di rom e sinti. Eva Justin, assistente di Robert
Ritter, fu processata ed assolta.
Una sola guardia semplice di Auschwitz è stata condannata
per crimini contro i sinti e i rom.
Il riconoscimento dello status di vittime della persecuzione
nazi-fascista e la conseguente possibilità di ottenere i
risarcimenti previsti sono state per lungo tempo ostacolati,
quando non impediti. Il governo tedesco riconobbe soltanto
nel 1980 che i rom e i sinti avevano subìto una persecuzione
su base razziale.
La persecuzione fascista
I campi di concentramento non furono solamente un
fenomeno nazista, ma anche fascista italiano, su questo
penso sia importante riflettere.
Il nostro paese, l’Italia, assieme alla Germania nazista si
rese responsabile della concentrazione, deportazione e
sterminio di centinaia di migliaia di rom e sinti.
Non molti sanno che anche in Italia c’erano i campi di
internamento dove i sinti e i rom furono imprigionati e che
erano più di 50 (Agnone, Arbe, Boiano, Cosenza,
Perdasdefogu, Frignano, Tossicia, Le Isole Tremiti,
Vinchiatauro) .
Anche nella mia regione, il Friuli, c’è ne erano due: a
Gonars e a Visco, in provincia di Udine. I campi rientravano
in un’operazione pensata scientificamente, definita in ogni
dettaglio organizzativo, di pulizia etnica nella ex
Jugoslavia e di italianizzazione dell’area oggi compresa tra
Slovenia e Croazia, autorizzata personalmente da Mussolini
durante un incontro appositamente organizzato a Gorizia nel
1941. Il campo di concentramento e di sterminio di Gonars
era stato pensato inizialmente per i militari russi, ma alla
fine vi trovarono la morte anche civili sloveni tra i quali
anche molti rom e sinti – principalmente dell’area di
Lubiana – e croati [Kersevan, 2003].
Noi non ne parliamo
Molti appartenenti alla mia famiglia durante l’epoca
nazi-fascista furono perseguitati e costretti ad emigrare.
Durante la stesura della mia tesi di laurea, una tesi
inerente alla cultura della mia comunità, pensai di scrivere
un capitolo sul genocidio, cercando di raccogliere alcune
testimonianze di familiari che subirono il dramma delle
persecuzione, come la zia che avevo deciso di intervistare.
Quell’intervista non si realizzò mai: parlare dei morti non
era buona cosa, mi rispose che dei morti bisogna avere
rispetto e che quindi non si poteva e non si doveva
parlarne.
Mi trovai a vivere un forte conflitto: da una parte c’era
l’esigenza di ricordare, di raccogliere le testimonianze, di
scrivere quelle pagine vergognose della nostra storia;
dall’altra dovevo rispettare la mia cultura, ricordare il
genocidio avrebbe significato anche affrontare il delicato
tema della morte, una realtà considerata sacra all’interno
della mia comunità, aspetto di fronte al quale bisogna
mostrare il più autentico e doveroso riguardo, un rispetto
che si concretizza con il silenzio.
Il rispetto dei morti per noi sinti è uno degli aspetti
fondamentali della nostra credenza religiosa e visto che il
momento della morte rappresenta una situazione molto
delicata, molte volte si preferisce non parlarne.
Ci tengo a sottolineare che questa è stata l’esperienza
della mia comunità: non vale quindi per tutti i sinti e rom,
molti sono quelli che oggi hanno deciso di raccontare.
Spesso il termine Porrajmos, traducibile come ‘divoramento’,
viene utilizzato per indicare la persecuzione e lo sterminio
dei rom e dei sinti, molti però sono i sinti che non si
riconoscono in questo termine, tant’è che parecchi ne
ignorano il significato e quando parlano del genocidio
utilizzano il termine Baro Merape che il lingua
ròmanes/sinto significa grande morte, sterminio.
Il genocidio dei sinti e dei rom meriterebbe un pieno
riconoscimento commisurato alla gravità dei crimini
commessi. E’ vergognoso, ad esempio, che nell’ex campo di
internamento di Lety u Pisku (Boemia del sud, attuale
repubblica Ceca) – dove i rom e i sinti subirono torture
feroci identiche ai lager tedeschi – sia stata costruita
un’azienda di allevamento suino, anziché un degno memoriale.
Nella risoluzione del 27 gennaio 2005 emanata dal Parlamento
Europeo si invitano la Commissione Europea e le autorità
competenti ad adottare tutte le misure necessarie per
rimuovere tale azienda. Una risoluzione questa che condanna
le opinioni revisioniste e la negazione del genocidio come
vergognose e contrarie alla verità storica ed esprime
preoccupazione per l’aumento di partiti estremisti e
xenofobi e la crescente accettazione delle loro opinioni da
parte dei cittadini.
I recenti fatti nazionali dimostrano che il sentimento
anti-rom, e i numerosi pregiudizi razziali che stanno
investendo massicciamente l’Italia, rappresentano una
gravissima minaccia non solo per i sinti e per i rom, ma
anche per i valori europei e internazionali della
democrazia, dei diritti dell’uomo e dello stato di diritto e
pertanto per la sicurezza di tutti in Europa.
Per l’Unione Europea il 2007 e il 2008 dovevano essere
rispettivamente l’anno delle pari opportunità e del dialogo
interculturale, dovevano essere anni fondamentali per
promuovere la percezione della diversità come fonte di
vitalità socioeconomica, una grande occasione per cambiare
la percezione generale che si ha delle comunità rom e sinte.
Questi anni verranno invece ricordati dai sinti e i rom come
gli anni in cui l’insofferenza diffusa, la violenza e
l’intolleranza contro il diverso, l’immigrato, lo ‘zingaro’
hanno assunto i connotati espliciti della xenofobia e del
razzismo. Per noi rimarranno gli anni delle schedature,
degli sgomberi, dei commissari speciali e delle impronte
digitali. La marginalizzazione dei rom e dei sinti ha
attraversato i secoli, dalle violente persecuzioni di ieri
alla ghettizzazione imperante di oggi, passando per lo
sterminio, dimenticato, della seconda guerra mondiale. La
nostra cultura è riuscita a sopravvivere a secoli di
persecuzioni. Io non mi stanco di credere nella possibilità
di una società che rispetti le differenze, che le tuteli le
minoranze come patrimonio fondante di tutti e di tutte.
La memoria del genocidio dei rom e sinti è essenziale in
questo processo di presa di coscienza sociale, poiché fa
parte della storia comune.
Non suoni questo superfluo o retorico, in quanto la
rimozione della memoria e il revisionismo sono spesso il
primo passo verso nuove catastrofi.
Eva Rizzin
Bibliografia minima:
Boursier G., Lo sterminio degli zingari
durante la seconda guerra mondiale, in Studi storici n.2,
Roma, 1995 Boursier G., Gli zingari nell’Italia
fascista, in Italia Romaní, vol.1, a c. d. L. Piasere, Roma,
1996 Boursier G., La persecuzione degli zingari
nell’Italia fascista, in Studi storici, n.4, Roma, 1996 Boursier G., Zingari internati durante il
fascismo, in Italia Romaní, vol.2, a c. d. L. Piasere, Roma,
1999 Boursier G., Rom e sinti sotto nazismo e
fascismo, in Rivista anarchica, n°319, a 36, 2006 Bravi L., Altre tracce sul sentiero per
Auschwitz, Roma, 2002 Bravi L.,Rom e non-zingari. Vicende
storiche e pratiche rieducative sotto il regime
fascista,Roma, 2007 Bravi L., Tra inclusione ed esclusione. Una
storia sociale dell’educazione dei rom e dei sinti in
Italia, Milano, 2009 Kersevan A, Un campo di concentramento
fascista. Gonars 1942 – 1943, Udine, 2003 Williams P., Noi non ne parliamo. I vivi e
i morti tra i Manuš, Roma, 2003 _ Porrajmos. Altre tracce
sul sentiero per Auschwitz, mostra documentale curata
dall’Istituto di cultura sinta, scaricabile all’indirizzo
www.nevodrom.it A forza di essere Vento, dvd documentario curato da
Paolo Finzi, A edizioni
Sul web: Porrajmos La persecuzione e lo sterminio
nazifascista dei Rom e dei Sinti, audio documentario
prodotto da Opera Nomadi e Radioparole, (2004):
http://www.radioparole.it/porrajmos...
Sullo sfondo i fumi di una termocentrale. In primo piano alcuni bambini rom
che raccontano la favola di Cappuccetto Rosso. Un modo per raccontare ai più
piccoli la difficile vita delle minoranze in Kosovo
Esattamente tre anni fa veniva proiettato a Gorizia il documentario RealitieS
Kosova/o di Eva Ciuk, regista e giornalista triestina, di madre lingua
slovena, nota per il suo impegno civile e umanitario a favore delle minoranze e
delle realtà sociali più emarginate.
A tre anni da quella esperienza che l'aveva portata a conoscere in prima persona
le minoranze dimenticate del Kosovo, e che aveva fatto seguito ad un
documentario realizzato nel 2002 in Salvador e dedicato alla condizione della
donna in America centrale, Eva Ciuk torna sul tema Kosovo, riproponendo un
segmento particolare di quanto la coinvolse nel suo viaggio del 2005 nella
provincia, quasi a voler affrontare questa volta le pieghe di una società satura
di contraddizioni e in continua ebollizione alla vigilia e dopo la sua
indipendenza. Per rifletterci su.
Eva lo fa anche questa volta seguendo le tracce di una minoranza perennemente
discriminata e ai margini della provincia/stato che a malapena la sopporta: i
rom, o meglio, i bambini rom.
Il cortometraggio, combinazione di documentario e cartone animato, dal titolo
"Chi è cappuccetto rosso?", ci racconta il modo in cui i bambini rom-kosovari -
dimenticati in una baraccopoli all'ombra della mostruosa ciminiera fumante di
una termocentrale alla periferia di Priština - vivono la popolare favola.
La novità della proposta è proprio nella rilettura che la sceneggiatrice e
regista ne fa, offrendola questa volta anche ad un pubblico molto più giovane,
quello delle scuole . L'alito feroce del lupo invade la fiaba e, nonostante la
serenità dei piccoli rom, ci ricorda quanto sia lungo e tortuoso il percorso dei
diritti umani e minoritari in quelle terre. Ma anche altrove, molto più vicino a
noi. Un percorso su cui riflettere attentamente.
“Quando nel 2005 sono stata in Kosovo – scrive Eva Ciuk - per le riprese del
documentario “RealitieS KosovA/O – voci di minoranze dimenticate” - produzione
della KAIROS, Centro produzione video di Gorizia – mi ha colpito la serenità e
l’allegria dei bambini e delle bambine del campo sfollati interni di Plementina/e,
vicino a Pristina. Abbiamo stretto amicizia con i rappresentanti del campo ed
abbiamo deciso di portare la testimonianza dei bambini del campo nelle scuole
della nostra regione. Così abbiamo posizionato la nostra telecamera e sullo
sfondo che era tutt'altro che da fiaba i bambini ci hanno raccontato Cappuccetto
Rosso.”
La presentazione goriziana del progetto, completato dalla proiezione di
fotografie scattate dagli stessi bambini rom e sinti nei campi del Friuli
Venezia Giulia dal titolo "Autobiografia dal campo" nonché dal virtuosismo
musicale di Alessandro Simonetto e Roberto Daris, è stata organizzata da
Osservazione- centro di ricerca azione contro la discriminazione e patrocinato
da Kinemax-Transmedia, l' Ufficio per la pace della provincia di Gorizia e l'
Unione dei Circoli Culturali Sloveni. Prima di essere presentato nella sua
versione slovena a Gorizia, il progetto, nella versione italiana, era stato
ospitato a Trieste dal Teatro Miela.
In Slovenia i rom sono trattati meglio che in Italia
A Gorizia si è voluto dire qualcosa di più anche sulle comunità rom e sinti che
vivono in Italia e in Slovenia. Il confronto è stato inevitabile quando è
intervenuto uno degli ospiti più attesi della serata: Jože Horvat –Muc,
presidente dell'Union Romanì Slovenia, una delle principali organizzazioni dei
Rom in quel paese. Com'è per i rom la Slovenia del dopo-Strojan? C'è ancora
discriminazione e intimidazione, come nei giorni neri di due anni fa, quando una
folla minacciosa scacciò, senza che le autorità lo impedissero, la numerosa
famiglia rom degli Strojan dalle sue case di legno, successivamente rase al
suolo, nei boschi di Ambrus?
A sentire Horvat in questi ultimi tempi molti sono i passi che lo stato ha
intrapreso non solo per normalizzare la situazione della comunità rom slovena ma
anche per offrire a questa possibilità di sviluppo finora inedite. La lezione
Strojan - triste per tutti- ha quindi fruttato? Il presidente dell'Union Romaní
preferisce non sbilanciarsi e, pur ricordando che la discriminazione esiste
ancora, preferisce, optando per il politicamente corretto, sottolineare i tanti
progressi fatti.
La Slovenia tutela i rom in base all'articolo 65 della Costituzione, varato già
nel 1990, e ad una serie di leggi tra cui anche una apposita votata in
parlamento circa un anno fa. La situazione tradizionalmente migliore per i rom
sloveni è quella del Prekmurje, regione al confine con l'Ungheria e l'Austria,
dove la comunità è ben integrata e organizzata e dove la convivenza multietnica
è pressoché esemplare, a differenza di altre regioni slovene più restie ad
accettare la convivenza con queste comunità.
In sala a Gorizia c'erano pure i redattori del programma romanì che ora anche la
TV pubblica slovena si accinge a trasmettere regolarmente. Sono circa 10 mila i
rom e sinti in Slovenia (quelli dichiarati tali molto meno), concentrati
soprattutto nel Prekmurje, nella Dolenjska, in Bela Krajina, nella Gorenjska e
nella zona di Lubiana. Horvat ha ribadito con orgoglio che il Prekmurje, la
regione in cui l'Union Romanì ha sede, è stata considerata anche dall'Unione
mondiale dei rom, un esempio per tutta l' Europa.
E l' Italia dove vivono circa 150 mila tra rom e sinti? Nel 1999, quando si varò
la legge a favore dei gruppi minoritari, le comunità rom e sinti italiane
vennero da essa escluse su esplicita richiesta della Lega Nord. La cosa più
triste però – come a Gorizia ha ricordato Lorenzo Monasta di Osservazione - è
che il ricatto xenofobo e anti-zingaro leghista ha dato i suoi frutti mentre al
governo c'era una coalizione di centrosinistra. L'Italia dovrà imparare dalla
vicina Slovenia?
L'Italia e la Francia sull'elenco europeo dei paesi che discriminano | 14
agosto 2007
Un lancio dell'agenzia AFP ripreso dal giornale Le Monde informa che dopo la
morte di quattro bambini rroms dopo un incendio, l'Italia è stata iscritta "fra
i 14 paesi dell'Ue che mantengono discriminazioni verso i loro abitanti a causa
della loro razza o della loro origine etnica". Questi 14 stati membri dell'Ue
sono: la Spagna, la Svezia, la Repubblica Ceca, l'Estonia, la Francia,
l'Irlanda, il Regno Unito, la Grecia, l'Italia, la Lettonia, la Polonia, il
Portogallo, la Slovenia e la Slovacchia. Constatate dunque che anche la Francia vi
appare, mentre la Romania, l'Ungheria, o anche la Bulgaria non vi
sono. Ciò non vuole dire che non vi sia discriminazione, ovviamente, ma quello
vuole dire anche che, fra i membri dell'Ue, i migliori allievi in materia
d'uguaglianza non sono inevitabilmente ciò che si credono.
In Francia anche, ci sono state disgrazie come quella. Fortunatamente, non 4
morti di colpo, ma ne ce ne sono state, ad esempio a Lione, due piccole ragazze
morte in un incendio, 2 anni fa. E di incendi senza vittime, ce ne sono
regolarmente. L'ultimo è stato quello di Aubervilliers, ma si è inteso parlare
nei mass media soltanto dell'interruzione del servizio del RER, e non dei
caravan bruciati con tutto ciò che c'era dentro e della gente che si è trovata
per strada. Era certamente maldestro per i voyageurs non potere rientrare
da loro e di essere bloccato durante alcune ore alla Gare du Nord o sulle vie,
la prova è che la Sncf le ha compensate, come occorreva. Quanto a quelli che si
trovano senza nulla, fuori... NO COMMENT!
In Italia, i genitori delle vittime passeranno dinanzi al giudice per non
assistenza a persona in pericolo... NO COMMENT!
Non pensiamo che sia a causa di quest'incendio che l'Italia sia stata messa
sull'elenco dei paesi sospettati di discriminazione. In tutti i casi, sembra che
questa tragedia semini il disordine. Destra contro sinistra, potere centrale
contro enti territoriali, ciascuno respinge il difetto all'altro. Una tavola
rotonda a livello nazionale viene chiesta per trovare una soluzione a questa
situazione che l'Italia giudica nuova ed alla quale non sarebbe preparata.
Un'argomentazione come un altra, che vale ciò che vale. Frattanto aspettando,
l'Italia ed i 13 altri stati membri dell'UE che, secondo il parere dell'UE
mantengono discriminazioni razziali, "sono sollecitati da Bruxelles a rispondere
entro il 27 agosto, altrimenti saranno suscettibili di sanzioni finanziarie".
Le cifre dei Rroms dell'Europa centrale ed Orientale entrati in Italia
recentemente sembrano gonfiate (il lancio parla di 60.000), ma non è questo
l'essenziale. Questa cifra potrebbe comprendere anche i profughi politici (e
ce n'è un certo numero, dall'ex Iugoslavia) e gli immigrati in situazione
regolare aventi condizioni di vita normali. L'essenziale è certamente altrove: Č
- che sì o no la Romania fa parte dell'Ue? Č - che sì o no i Rroms rumeni, come
tutti gli altri cittadini rumeni possono essere considerati tale, in particolare
con un diritto al lavoro che sia effettivo, anche se per un primo periodo
transitorio è soltanto parziale (soltanto alcuni settori sono "aperti"), è - che
sì o no i figli delle famiglie che migrano hanno il diritto di frequentare la
scuola nel paese in cui i loro genitori desiderano installarsi o risiedere un
certo tempo, come è riconosciuto dalla convenzione internazionale relativa ai
diritti del bambino, è - che sì o no possono accedere a questi diritti, tutto
sommato di base, per bidonvilles insalubri, di cui, anche se sopravvivono, non
usciranno mai indenni, o in ogni caso, mai da cittadini europei?
Tale è la questione, e si pone nello stesso modo qui in Francia. Ad un momento
dato occorrerà spiegarsi la realtà, prendere la questione e
trattarla nell'insieme, anziché provare a fare il fai da te a destra ed a sinistra.
Più che dell'immediato di alcune persone in questa o quella città di questo o
quel paese, si tratta dell'Europa di domani! E quello, quello supera i politici
del momento! I politici d'oggi, che siano in Italia, in Francia o altrove,
domani non saranno più là. Alcuni prenderanno la loro pensione, di altri
troveranno un'altra vocazione, altri ancora potranno essere condannati dalla
giustizia per dio sa quale affare... ma noi, saremo là! Riflettiamo ed agiamo
oggi, per continuare ad esistere ancora domani. Se non possiamo agire, almeno
riflettiamo, e riflettiamo a mente fredda
Di Fabrizio (del 05/09/2009 @ 08:54:47 in Italia, visitato 1914 volte)
Pregiatissimi
nell'invitarvi a partecipare all'iniziativa in oggetto che si terrà
a San Pietro al Natisone (UD) l'11 e 12 settembre p.v. e a Liessa di Grimacco
(UD) che metterà a confronto la realtà del popolo Rom in Italia e Slovenia
vi preghiamo di voler pubblicare/ovvero diffondere il nostro invito.
Grazie per la collaborazione
Il progetto Viaggio con i Rom nasce dall’esigenza di approfondire la
conoscenza della cultura Rom, elemento che fa parte della vita di un popolo
senza terra. Un popolo che si è dovuto adattare nel corso dei secoli a
vivere in simbiosi con altri popoli per sopravvivere alle persecuzioni e ai
massacri.
In una società come la nostra, che si definisce evoluta e civile, non c'è spazio
per il diverso e, quindi, anche per i Rom, popolo dalle antiche e leggendarie
tradizioni.
Ogni progetto di integrazione sociale che fino ad ora è stato attuato in Italia
ha avuto come scopo l'assimilazione dei Rom alla cultura maggioritaria,
determinando una loro sempre più ampia marginalizzazione e assimilazione con il
tessuto deviante della società.
proiezione delle foto realizzate dai bambini AUTOBIOGRAFIA DEL CAMPO e del
cortometraggio CHI E' CAPPUCCETTO ROSSO? di Eva Ciuk
testimonianza di EVA RIZZIN membro comunità italiana dei sinti
musica dei UF DE UR
martedì 26 febbraio 2008, ore 20.30
TRIESTE - Teatro Miela
replica della serata con la proiezione del cortometraggio
KDO JE RDEČA KAPICA? di Eva Ciuk doppiato in sloveno
Con la musica del duo di ALESSANDRO SIMONETTO e ROBERTO DARIS e altri
ospiti
Martedì 18 marzo 2008, ore 20.30
GORIZIA - Kinemax
ingresso libero
Organizza OSSERVAZIONE - centro di ricerca azione contro la discriminazione di
rom e sinti, associazione di promozione sociale (onlus) con sede a Firenze
impegnata nella lotta contro l'anti-ziganismo e le violazioni dei diritti umani
e per la promozione dei diritti di rom e sinti in Italia (www.osservazione.org).
in collaborazione con Cooperativa BONAWENTURA - TEATRO MIELA, KINEMAX -
TRANSMEDIA srl, Comitato provinciale per l'UNICEF di TRIESTE, MEDITERRANEO FOLK
CLUB - Laboratorio di studio e di ricerca sulle culture popolari, Associazione
culturale IL NODO, ZSKD, Zveza slovenskih kulturnih društev - Unione dei Circoli
Culturali Sloveni, SLOVENSKI DIJAŠKI DOM SREČKO KOSOVEL, TRST - Casa dello
studente sloveno - Trieste
con il contributo di REGIONE AUTONOMA FRIULI VENEZIA GIULIA - Assessorato alla
cultura, CENTRO DI DOCUMENTAZIONE CINEMATOGRAFICA "Pietro Pintus" - BELLA,
ZADRUZNA KRAŠKA BANKA Opčine-CREDITO COOPERATIVO DEL CARSO Opicina, SKGZ,
Slovenska kulturno gospodarska zveza - Unione Economico-Culturale Slovena
"Chi ha paura di Cappuccetto Rosso?" è la domanda che si sono posti gli
operatori coinvolti nell'omonimo progetto di educazione alla multiculturalità
che con la collaborazione del Comiato provinciale per l'UNICEF d Trieste e
l'appoggio dell'Ufficio scolastico regionale per il Friuli Venezia Giulia verrà
proposto alle scuole primarie per promuovere la conoscenza delle differenze ed
una cultura della solidarietà e del rispetto dei diritti dei bambini. Alla luce
di attuali fatti di cronaca, di numerosi fatti di discriminazione continua dei
rom e dei sinti e di negazione dei diritti umani fondamentali diventa
importantissimo stimolare i bambini e cioè la generazione che forgerà il mondo
di domani, a valutare eticamente le conseguenze del proprio agire sul piano
personale e sociale nei confronti delle comunità rom e sinti. Ed è di
altrettanta importanza creare un'occasione di sensibilizzazione anche per un
pubblico di adulti. Per una cultura di solidarietà e convivenza è importante che
anche i genitori, gli insegnanti, gli educatori e in generale i cittadini
riflettano sulle condizioni materiali, sulla cultura e sui luoghi comuni nei
confronti delle comunità rom e sinte soprattutto in relazione alla situazione
attuale.
Così, a riflettere sulla risposta alla domanda "Chi ha paura di Cappuccetto
Rosso?" abbiamo invitato anche "i grandi": martedì 26 febbraio al Teatro Miela
di Trieste e martedì 18 marzo al Kinemax di Gorizia verrà presentato il progetto
pensato per i bambini, ma proposto anche ai grandi. Si inizierà con un po' di
musica dal vivo proposta dai UF DE UR che introdurranno la proiezione delle
fotografie dal ciclo "Autobiografia dal campo". Si tratta di foto scattate dai
bambini dei campi del Friuli Venezia Giulia sotto la supervisione di CLAUDIO
DOMINI, docente di storia di fotografia al DAMS di Gorizia - Università degli
Studi di Udine e fondatore e membro dell'Istituto Studi Scientifici di
Fotogiornalismo di Roma. "L'obiettivo è stato quello di fornire una
documentazione dal mondo rom e sinti prodotta dal proprio interno, - racconta
Domini - dunque "ripulita" da estetizzazioni e folklorismi tipici della
fotografia professionale, anche quando realizzata con i migliori intenti
umanitari. Uno sguardo autobiografico sul quotidiano dei bambini rom e sinti,
fatto, come quello dei loro analoghi "gagi" (in romanès significa non rom e non
sinto), di curiosità, giochi, studio, affetti famigliari."
Si proseguirà poi con la proiezione del cortometraggio "Chi è Cappuccetto
Rosso?" di EVA CIUK, che oltre ad aver firmato la regia del corto è stata anche
l'ideatrice del progetto, su cui ha iniziato a lavorare circa due anni fa.
"Quando nel 2005 sono stata in Kosovo per le riprese del documentario "RealitieS
KosovA/O - voci di minoranze dimenticate" - produzione della KAIROS, Centro
produzione video di Gorizia - mi ha colpito la serenità e l'allegria dei bambini
e delle bambine del campo sfollati interni di Plementina/e, vicino a Pristina -
racconta Eva Ciuk -. Abbiamo stretto amicizia con i rappresentanti del campo ed
abbiamo deciso di portare la testimonianza dei bambini del campo nelle scuole
della nostra regione. Così abbiamo posizionato la nostra telecamera e sullo
sfondo che era tutto altro che da fiaba i bambini ci hanno raccontato
Cappuccetto Rosso." Così è nato il cortometraggio raccontato nella versione
italiana da Pino Petruzzelli, attore genovese impegnato nel teatro sociale di
denuncia, e nella versione in lingua slovena, che verrà presentata il 18 marzo a
Gorizia, dall'attore Danijel Malalan. A contrastare la voce narrante del
racconto della fiaba è invece Cappuccetto Rosso, un cartone animato inventato
dall'illustratrice iva Pahor, animato dalla società MoviMenti di Saronno (VA) e
interpretato nelle due lingue dalla attrice Nikla Petruška Panizon. Il
conttributo degli attori al progetto è stato volontario.
La serata non è un evento che vuole raccontare in modo folklorico "la bellezza
della cultura rom e sinta". Č un momento d'incontro che vuole farci riflettere
sulla situazione di grave disagio e di contraddizione sociale in cui vivono oggi
i rom e i sinti. Ma che vuole farlo con linguaggi diversi: la musica, le
immagini fotografiche, l'esperienza filmica. Porterà la sua testimonianza la
dott.ssa EVA RIZZIN, appartenente alla comunità italiana dei sinti, nata e
cresciuta a Udine e da tempo impegnata nella lotta all'antiziganismo con le
organizzazioni OsservAzione (organizzatrice dell'evento triestino) e Sukar Drom
di Mantova. "I rom e i sinti sono la cartina di tornasole con cui misurare il
nostro pregiudizio, le nostre paure, l'allargamento dello stato d'eccezione a
discapito della giustizia - spiega Lorenzo Monasta, membro di Osservazione - . A
guardare bene, siamo tutti rom e sinti, perché tutti diventiamo vittime delle
categorie che costruiamo per poi caderci dentro. Ma siamo incapaci di
considerare rom e sinti come realmente sono, tanto sono coperti dalla proiezione
delle nostre insicurezze."
E per finire: i UF DE UR, gruppo musicale del goriziano che ha realizzato le
musiche per il cortometraggio "Chi è Cappuccetto Rosso?", proporranno una
riflessione musicale che trae ispirazione da musiche e canzoni rom, istriane,
friulane e slovene, passando dai timbri sonori balcanici. Il loro progetto
musicale si rifà alla cultura mitteleuropea e il loro intento è di fondere ed
esprimere al meglio la plurietnicità di chi vive in queste terre tentando di
coinvolgere l'ascoltatore nel superamento di pregiudizi e chiusure.
La serata verrà riproposta martedì 18 marzo al Kinemax di Gorizia e prenderà il
titolo "KDO SE BOJI RDEČE KAPICE?". Durante l'evento presentato in italiano e in
sloveno verrà proiettato il cortometraggio di Eva Ciuk "Kdo je Rdeča Kapica?"
doppiato in lingua slovena dagli attori Danijel Malalan e Nikla Petruška Panizon.
La versione slovena del cortometraggio, resa possibile grazie all'appoggio delle
SKGZ - Slovenska kulturno gospodarska zveza-Unione Economico-Culturale Slovena e
ZSKD - Zveza slovenskih kulturnih društev - Unione dei Circoli Culturali
Sloveni, da la possibilità di proporre il progetto anche nelle scuole primarie
con insegnamento di lingua slovena.
Durante la serata verranno riproposte le fotografie dal ciclo "Autobiografia dal
campo" scattate dai bambini dei campi nomadi del Friuli Venezia Giulia e
proiettate con una cornice musicale del duo formato da ALESSANDRO SIMONETTO
(violino) e ROBERTO DARIS (fisarmonica). Lo straordinario e apprezzatissimo duo
è impegnato nell'esecuzione delle più famose czarde, gitanerie e musiche
dell'Europa Centro orientale e propone questo genere partendo dalla tradizione e
dalla tecnica musicale originale, con pregevoli originalità negli arrangiamenti
e nell'esecuzione.
Sono stati invitati anche l'Assessore alla cultura della Regione Autonoma Friuli
Venezia Giulia Roberto Antonaz e Joek Horvat Muc presidente della Romanì Union
della Slovenia che hanno già confermato la loro presenza
Ufficio stampa Chi ha paura di Cappuccetto Rosso?/Kdo se boji Rdeče Kapice? osservazione@gmail.it - cell. 333
7448623
per saperne di più:
sulla situazione rom e sinti contattare LORENZO MONASTA (cell. 339 4993639) o
EVA RIZZIN (cell. 393 7878880), membri di OsservAzione;
EVA CIUK (cell. 333 7448623) coordinatrice del progetto "Chi ha paura di
Cappuccetto Rosso?" e regista del cortometraggio "Chi è Cappuccetto Rosso?"
CLAUDIO DOMINI (cell. 349 0701495) coordinatore del progetto di fotografia
"Autobiografia del campo"
Di Fabrizio (del 30/11/2005 @ 05:18:13 in Europa, visitato 3151 volte)
Cancellati in Slovenia: una questione europea
28.11.2005
Un'analisi puntuale sulla situazione dei ‘cancellati' in Slovenia. Dopo l'indipendenza della Slovenia molti sloveni persero la cittadinanza. La loro colpa? Non essere etnicamente omogenei alla maggioranza nel Paese. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
A cura di: Civilna iniciativa izbrisanih aktivistov – Koper, Ptuj, Ljubljana Karaula MiR – MigrazioniResistenze – Friuli, Roma, Slovenija Društvo Dostje! - Ljubljana
Iniziati i "rimpatri volontari e assistiti" per i Rom rumeni. Per
chi rimane, ruspe e sgomberi. I primi commenti delle forze politiche
Quaranta persone riaccompagnate in Romania, 21.500 euro di "contributo
umanitario" erogato alle famiglie tornate al loro paese (da 500 a 1.500 euro per
ciascuna, a seconda della consistenza del nucleo), 6.000 euro di "spese
organizzative", due campi smantellati. Sono questi i numeri dell'operazione di
"rimpatrio volontario e assistito", predisposto dal Comune di Pisa e dalla
Società della Salute per i Rom rumeni.
Le cifre sono state presentate in una conferenza stampa, alla quale hanno
partecipato il Sindaco Filippeschi, la neo-assessora alle politiche sociali
Paola Ciccone e i tecnici della USL che hanno diretto le operazioni. Partiti
con un pullman della Croce Rossa, i Rom sono arrivati a destinazione nel
pomeriggio di ieri, attraversando la Slovenia e l'Ungheria. Nell'organizzazione
del viaggio sono stati coinvolti anche il Consolato romeno di Milano (che ha
fornito i documenti necessari al rimpatrio), la Prefettura, i diversi corpi di
polizia (Carabinieri, Vigili Urbani e Questura), nonchè l'Interpol per
coordinare l'attraversamento delle diverse frontiere.
Un'operazione che il Sindaco non esita a definire "positiva ed efficace". "E' un
provvedimento che alleggerisce una presenza ormai divenuta sproporzionata
nella nostra città", spiega il primo cittadino. Per Paola Ciccone, assessore
alle politiche sociali, quella del rimpatrio è "un'operazione che coniuga gli
inderogabili impegni di solidarietà e tolleranza con gli altrettanto
fondamentali principi di legalità, di sostenibilità, di concertazione
istituzionale". "Noi", spiega ancora l'assessore, "non accettiamo la filosofia
del farsi la baracca o dell'accamparsi in modo abusivo. E i
problemi della povertà non possono gravare su un unico Comune: per questo,
abbiamo richiesto l'aiuto della Regione, che deve farsi carico di una più equa
distribuzione dei problemi sul territorio".
Le ruspe nei campi
Intanto, in due campi - a Cisanello e sull'Aurelia - sono arrivate le ruspe del
Comune, che hanno distrutto le baracche e i ripari delle famiglie rimaste a
Pisa. "A coloro che restano garantiremo assistenza umanitaria", dice Giuseppe
Cecchi, direttore della Società della Salute. "Tuttavia - aggiunge - c'è una
differenza tra i Rom inseriti nel progetto Città Sottili, e quelli che ne
sono esclusi. Per i primi abbiamo un impegno straordinario per l'inserimento
abitativo. Per i secondi non è possibile un intervento del genere: le risorse
sono limitate, e i servizi sociali non sono un'agenzia immobiliare. Chi non
riesce a trovare casa deve andarsene".
Mentre si svolge la conferenza stampa, i Rom del Campo dell'Aurelia arrivano
alla Società della Salute, portando con loro i pochi effetti personali sottratti
alle ruspe. Uno ad uno, i capifamiglia si recano dagli assistenti sociali: i
quali, come ci spiega Giuseppe Cecchi, "sono stati mobilitati in modo
straordinario per l'emergenza di oggi".
I servizi offrono un piccolo contributo per l'acquisto dei pannolini per
bambini, e dei buoni-spesa per mangiare. "Ma nessuno sa dirci dove dormiamo
stasera", protesta un giovane Rom "e ci sentiamo presi in giro: abbiamo bisogno
di buoni-tetto, non di buoni-pasto". I Rom si ingegnano a trovare soluzioni, e
c'è chi ha individuato qualche terreno dove portare tende e materassi. "Gli
assistenti sociali", dicono due capifamiglia, "rispondono che occupare i terreni
è illegale: ma noi da qualche parte dovremo pur dormire". I volontari di Africa
Insieme portano cibo, bevande, generi di conforto.
Nel tardo pomeriggio l'assessore Ciccone arriva in Via Saragat e incontra
direttamente le famiglie Rom. Viene "concessa" una piccola "tregua", per la
notte verrà concesso alle famiglie di dormire nel parcheggio della Società della
Salute. Ma, dal giorno dopo (cioè da oggi) dovranno andarsene.
Dopo i rimpatri
L'alternativa posta dal Comune ai Rom è dunque questa: o tornare in Romania,
accettando il "contributo umanitario", o comunque andarsene da Pisa per cercare
fortuna altrove in Italia.
"In questo modo non si risolve nulla", ci dicono gli stessi capifamiglia Rom, "perchè
noi non ce ne andiamo: qui lavoriamo e almeno guadagniamo qualcosa per vivere.
In Romania il lavoro non c'è, nelle altre città italiane dovremmo ricominciare
tutto da capo". Secondo i diretti interessati, insomma, il Comune non riuscirà
ad allontanare davvero gli insediamenti e persino i "rimpatriati" - a loro
parere - sono destinati a ritornare presto in Italia. Del resto, le normative
europee prevedono, per i cittadini comunitari, la libertà di circolazione e di
soggiorno in tutti i paesi UE. Nulla, dunque, impedirebbe a una famiglia di
rientrare in Italia.
"E' vero, in teoria potrebbero tornare", riconosce l'assessore Ciccone, "ma noi
abbiamo stipulato un patto d'onore con i capifamiglia. Era necessario per
impedire il proliferare dei campi abusivi. Ed è stato, da parte nostra, un segno
di rispetto e di riconoscimento nei confronti dei Rom".
Data:10.08.2005 Luogo: Palermo Organizzato da: Ballkan world music management (QUI, foto musica e video da scaricare e QUI le altre date italiane NDR)
Una brass band (che esiste da 17 anni) che ha coltivato l'idea di conquistare il mondo. Questi undici musicisti vivono a Vladicin Han nel sud della Serbia.
Fin da ragazzo Boban Marković sognava di diventare un trombettista famoso e di viaggiare in tutto il mondo. I suoi avi lo avevano sicuramente già preceduto perché suo nonno, il leggendario Pavle in passato aveva suonato per i re di Serbia. Anche suo padre era un musicista e fu lui ad insegnare e a far amare al figlio la tromba che divenne per Boban un accessorio inseparabile nella sua vita quotidiana. La tradizione inoltre è anche rafforzata dalla sua data di nascita: il 6 di maggio è il Djurdjevdan, la leggendaria festa degli zingari!
Da più di dieci anni l'Orchestra è il gruppo più popolare della Serbia. Questa popolarità è in primo luogo dovuta ai premi vinti a Guca, ("Golden Trumpet", "First Trumpet" e "The Best Orchestra"), il più importante festival della Serbia.
Questi successi hanno portato la band a prendere parte come compositori ai film di Kusturica ("Underground", "Arizona Dream") assieme a Goran Bregovic. Boban ha prodotto altre colonne sonore di film con Ljubisa Samardzical, ed ha lavorato con altri famosi musicisti quali il violinista Felix Laiko.
Su Boban Marković sono stati prodotti due film biografici per la televisione ungherese: "Boban Marković all'Accademia della musica" e "Un ritratto di Boban Marković".
La Boban Markovic Orkestar ha suonato in festival e concerti in: Grecia, Belgio, Romania, Ungheria, Italia, Austria, Principato di Monaco, Germania, Spagna, Slovenia, Slovakia, Croazia, Republica Ceca e molti altri posti ancora.
Hanno partecipato nei seguenti festival: Interbalcanic Music Festival 95, Balkan Brass Band Meeting 96 e 97, West Ritam 99, Mediawave 2000, Plein Air 2000, Glatt & Verkehrt 2000, Pepsi Sziget 2000, 30th International New jazz Festival in Moers - Germania, Linz Festival, Lent - Maribor, Praha Respect Festival, Pohoda festival in Trencin, Weltenklang festival in St. Polten, Kapolcs festival and Pepsi Sziget 2001 in Budapest con una platea di 15000 spettatori, dove il gruppo inglese Oasis che suonava dopo di loro dovette attendere 30 minuti per l'aclamazione dei presenti alla musica di Boban M.O.
A Guca, al "Dragacevski Sabor 2001" Boban Markovic vince il premio "The First Trumpet", che è il premio più ambito per ogni musicista serbo. Boban e il primo e unico ad aver vinto il premio con il voto 10 da parte di tutti i membri della giuria.
Nello stesso periodo Network, un grande lable in Germania pubblica il doppio CD "Golden Brass Summit" - Anthology of 40 years in Guca, dove Boban Markovic Orkestar apre l'album con 4 brani.
Collaborazioni con il duetto Austriaco Attwenger e con Frank London's Klezmer Brass All Stars Di Shikere Kapelye. Il loro CD "Srce Cigansko" e stato nominato come uno dei dieci migliori album del 2000 da Ben Mandelson, uno dei massimi esperti di brass bands
LA BAND
Boban Marković, tromba e voce Marko Marković, tromba Sasa Jemcić, tromba Srdjan Spasić, tromba Dragoljub Eminović, flicorno tenore Asim Ajdinović, flicorno tenore Isidor Eminović, flicorno tenore Goran Spasić, flicorno tenore Sasa Alisanović, tuba e voce Nedzad Zumberović, percussioni Asmet Eminović, percussioni Sasa Stanojević, percussioni Aleksandar Stosić, percussioni
Non più assistenza legale gratuita, nessun diritto di impiego e nessuna assistenza sociale. Approvata in Slovenia la nuova legge sul diritto d'asilo. La destra è compatta e si dice felice di "essersi adeguata a standard europei" mentre il centro sinistra balbetta. Critiche al governo da Amnesty International e UNHCR
In fuga
Con 46 voti a favore e 24 contrari la camera di stato slovena ha varato lunedì scorso la nuova legge sull'asilo che limita drasticamente alcuni dei diritti fino ad ora riconosciuti ai rifugiati rafforzando le competenze della polizia nell'accettare o meno le richieste di asilo. La nuova legge, già annunciata da Osservatorio sui Balcani qualche mese fa, toglie ai rifugiati in attesa del riconoscimento legale di tale status l'assistenza legale gratuita, il sostegno sociale e il diritto d'impiego. La polizia diventa inoltre l'istanza primaria e quindi decisiva nel riconoscimento del diritto d'asilo ai richiedenti.
A favore della legge, contestata dalle organizzazioni per i diritti umani con Amnesty International in testa, dall'Ombudsman e dall'Alto commissariato ONU per i rifugiati, hanno votato tutti i partiti della destra slovena; i governativi Partito democratico sloveno (SDS), Nuova Slovenia (NSI), Partito popolare sloveno (SLS) e naturalmente l'ultranazionalista Partito nazionale sloveno (SNS). Contro si sono schierati i due maggiori partiti dell'opposizione: i socialdemocratici (SD) e la liberaldemocrazia (LDS) nonchè il piccolo partito governativo dei pensionati (DESUS). Si tratta più o meno della stessa distribuzione partitica che divide il parlamento sul caso dei »cancellati«.
Da una parte la destra nazionalista e xenofoba, sicura di sè e rafforzata nel suo agire da una lunga omertà europea sulla violazione dei diritti umani e civili avvenuta nel 1992 a danno di 18 mila residenti jugoslavi e riproposta senza imbarazzo quattordici anni dopo con l'annullamento di fatto delle sentenze costituzionali a favore dei cancellati. Dall'altra un centrosinistra insicuro e tentennante, sempre più solo. Governo e maggioranza parlamentare concordano nel considerare la nuova legge sul diritto di asilo necessaria ed in sintonia con le direttive e le norme comunitarie europee in materia di asilo.
L'argomento reiteratamente impugnato dal ministro degli Interni Dragutin Mate è stato infatti quello dell'incombenza di una comune politica di sicurezza e prevenzione europea di fronte alle minacce del terrorismo e del crimine organizzato. Il governo invoca Schengen e senza dirlo ad alta voce trae ispirazione pure dalla nuova situazione in cui verrà a trovarsi la Slovenia dopo il 24 febbraio, data della partenza per Bagdad dei primi quattro istruttori militari Nato con insigne slovene.
La radicalizzazione del conflitto tra l'Islam e l'Europa dopo la pubblicazione delle vignette danesi che raffigurano il profeta Maometto come terrorista, porta altra acqua al mulino del governo Janša sempre pronto a capitalizzare politicamente i sentimenti xenofobi di un'opinione pubblica sempre più preoccupata e a presentarli come squisitamente europei. E il presidente »disobbediente« ora tace
E Janez Drnovšek, il presidente »ribelle« che parla di Darfur, diete macrobiotiche, filantropia e vibrazioni positive, che cosa ne pensa? Tra i colpi di scena con cui in questi ultimi giorni ha nuovamente vivacizzato la vita politica e mondana slovena c'è stata - in contemporanea alla costituzione del suo movimento on-line »Per la giustizia e lo sviluppo« - la sua plateale uscita dal partito liberaldemocratico che egli stesso guidò per dodici anni, poi la grazia a sorpresa concessa - senza consulto con il governo e la magistratura - a Danilo Kovačič, ex direttore del Casinò di Nova Gorica, condannato a 3 anni e 8 mesi di detenzione per abuso d'ufficio, illeciti e corruzione ma a fino ad ora a piede libero per questioni di salute. »Kovačič ha fatto del bene per Nova Gorica e nel suo calvario giudiziario ha già scontato la pena inflittagli« ha sostenuto candido il Presidente di fronte al dissenso generalizzato delle istituzioni di governo e della giustizia. Infine e' stata la volta della sua apparizione, in qualità di ospite, tra veline e un bizzarro pubblico selezionato, allo show televisivo satirico del popolare conduttore Sašo Hribar, dove ha definito inutili le farmacie classiche, dannosi i macellai ed ha appoggiato, con incredibile disinvoltura, l' invio dei quattro ufficiali sloveni in Iraq; »Di che cosa vi preoccupate? Tanto quelli vanno li volontariamente e sono pagati!«.
Sulla questione dei cancellati Drnovšek appoggia la legge costituzionale proposta dal governo, come dire sorvoliamo le sentenze dei giudici costituzionali che danno ragione ai cancellati e ricominciamo da capo, ingiustizia non ci fu, o almeno noi non la vedemmo. Ora si salvi il salvabile senza sporcarsi troppo e senza farsi male.
E in merito alla nuova legge sul diritto di asilo? Drnovšek tace, non se ne occupa, ha cose più importanti da fare. Ed il governo, grato per la sua comprensione, ma soprattutto per il terremoto da lui provocato nel centrosinistra, gli risponde offrendo ai suoi piani umanitari per il Darfur - tutti ancora da concretizzare in un futuro sempre più incerto - un'unità sanitaria mobile dell' esercito. E' contento il Presidente, si sente bene. Ora, dopo i primi malintesi e incidenti di percorso, può nuovamente ammiccare al suo vecchio amico premier.
[...] Iagori (che significa piccolo fuoco) è un Festival di grande importanza non solo per i Rom, l'anno scorso assistette al concero finale anche il principe Haakon Magnus.
Il Festival è organizzato dalla famosa cantante Raya. Cantante Rom dell'ex Unione Sovietica, divenne celebre alla fine degli anni '50, esibendosi nel primo teatro Rom mondiale, il Teatro Romen. Alla fine degli anni '60, migrò in Norvegia dove iniziò la sua carriera internazionale, che la portò in Europa, Stati Uniti, Arabia e India, con differenti gruppi musicali. Sino all'anno 2000 è stata nel Parlamento della International Romani Union (IRU).
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