Dopo il 1999 sono stati evacuati dalle proprie case e trasferiti in campi contaminati dal piombo a nord del fiume Ibar. L’emergenza, che doveva durare poche settimane, è giunta al sesto anno. Una situazione paradigmatica dello stato del Kosovo. Nostra traduzione
Di Martin Fisher, Transitions Online, 15 dicembre 2005 (titolo originale: “Camp Life”)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta
Budapest - Dopo i bombardamenti NATO in Serbia del 1999 nella città kosovara di Mitrovica, etnicamente composita, la popolazione albanese aggredì le comunità Rom. L’agenzia dell’ONU per i rifugiati (UNHCR) aiutò allora ad evacuarle a pochi chilometri di distanza, in una regione ora come allora controllata dai Serbi. L’idea era di porle fuori dalla portata degli Albanesi, che vedevano i Rom come alleati dei Serbi; ma i Rom finirono in un’area contaminata, non dall’odio etnico bensì dal piombo.
Intanto come procede la situazione in Kossovo? L'inviato speciale dell'ONU,
il norvegese Kai Eide, di ritorno da un sopralluogo di quattro giorni, definisce
così la situazione: "Comprendo
che la gente non si senta al sicuro". Circa dieci giorni fa, l'assassinio
di due appartenenti all'etnia serba è stato un segnale d'allarme per quanti
ritenevano, in buona o mala fede, che la regione fosse "pacificata".
Nonostante una campagna di stampa che da ormai un anno ha toccato vari media
internazionali, i Rom profughi a Mitrovica continuano ad essere tenuti in una ex
discarica di rifiuti tossici. Il loro "spostamento" in un'area
dove non muoiano per avvelenamento da piombo e mercurio, doveva iniziare tra
settembre e dicembre 2005, ma tuttora non è stata individuata nessuna area
alternativa. In questa situazione, destano preoccupazione e sconcerto le
dichiarazioni di Soeren Jessen-Petersen -rappresentante ONU per il Kossovo, che
ha definito i profughi di Mitrovica (e forse i Rom più in generale, non
è chiaro dal contesto generale) come "un gruppo
particolarmente difficile".
E' possibile che di questi profughi non importi niente a nessuno? O che le
crescenti tensioni etniche scoraggino la ricerca di nuove aree per i rifugiati?
O ancora, che il business in Kossovo, sia quello del rientro dei rifugiati e
della ricostruzione? LA MIA PERSONALE RISPOSTA E': SI', tutte queste cose sono
possibili e allontano ogni ipotetica soluzione.
L'ultima segnalazione, allora è per ERRC, che ha presentato una causa
contro l'UNMIK (il contingente militare ONU) per la sua gestione quanto meno
complice dell'emergenza rifugiati.
Di Daniele (del 11/01/2006 @ 16:25:34 in conflitti, visitato 2108 volte)
9 gennaio 2006
Aggiornamenti sulla vicenda del campo Rom contaminato in Kosovo-Metohija (Serbia e Montenegro), arrivano da Reuters AlertNet e dal Times di Londra. Le circa 125 famiglie Rom rifiutano di lasciare il campo contaminato da piombo dove vivono da sei anni. Secondo Skender Gushani, un rappresentante della comunità, il sito dove dovrebbero collocarsi temporaneamente, prima della ricostruzione delle loro case, è a soli trenta metri da dove vivono. Bensì , loro vorrebbero tornare nelle loro case a Pristina e a Kosovska Mitrovica, dove vivevano sei anni fa, quando i terroristi albanesi kosovari hanno raso al suolo le loro case. I rappresentanti delle comunità Rom dicono che accettando un'altra soluzione temporanea, significherebbe solo altri ulteriori ritardi per il ritorno alle loro case originarie."Ci siamo mossi abbastanza da un campo all'altro", dice Elizabeta Bajrami, "le Nazioni Unite dicono che rimarremo lì solo per sei mesi, ma noi non ci crediamo". Nel Kosovo-Metohija, dall'entrata delle Nazioni Unite (giugno 1999), i terroristi albanesi kosovari hanno distrutto più di 7000 abitazioni di famiglie Rom, additandoli come collaboratori dei Serbi.La burocrazia e la generale inerzia delle Nazioni Unite e dell' O.N.U. nel Kosovo, hanno rallentato il piano di ricostruzione, ora appena iniziato. Purtroppo le trattative rimangono sospese.
Di Fabrizio (del 23/07/2005 @ 14:12:57 in conflitti, visitato 2749 volte)
COMUNICATO STAMPA AMNESTY INTERNATIONAL AI Index: EUR 70/011/2005 (Public) News Service No: 189 13 July 2005 Kosovo: Proteggere il diritto alla vita e alla salute
La salute di centinaia di Rom, Ashkali ed Egizi, attualmente rifugiati in un ex discarica di rifiuti tossici in Kossovo, è in serio pericolo. Dal 1999 sono sistemati nel terreno della compagnia mineraria Trepca a Zvecan, presso Mitrovica, dopo essere stati costretti ad abbandonare il loro quartere a seguito del conflitto. Nel sangue dei 531 adulti e bambini si sono registrati alti livelli di piombo.
Amnesty International ha inviato una richiesta alla missione ONU (UNMIK) e all'autogoverno provvisorio (PISG), perché si ponga rimedio alla seria minaccia che grava su questi tre gruppi minoritari. La mancanza di provvedimenti in tal senso è una violazione del diritto alla vita sancito dalle leggi internazionali.
Sian Jones, collaboratore di Amnesty International per Serbia e Montenegro (incluso Kossovo): "L'alta concentrazione di piombo nell'aria e nel terreno, come pure nel sangue della popolazione locale, erano provati dagli studi condotti ben prima del 1999. L'UNMIK era a conoscenza di questa situazione almeno dal 2000. In tutto questo tempo, niente è stato fatto per trovare una sistemazione altenativa".
In due rapporti del luglio e dell'ottobre 2004, la sezione di Pristina dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) ammoniva che circa in un terzo dei bambini esaminati i livelli di piombo nel sangue erano inaccettabili e in 12 di loro erano addirittura eccezionali. Concludeva "Il caso è urgente. La vita e gli sviluppi futuri dei bambini sono a rischio".
L'alta esposizione all'inquinamento da piombo porta a disfunzioni circolatorie negli adulti e nei bambini a deficit nel sistema nervoso centrale, che possono degenerare in convulsioni, coma, sino al decesso. Anche bassi livelli di esposizione portano a una diminuzione delle facoltà intellettive, alle capacità di crescita e dell'attenzione.
Il rischio per la salute è progressivo e cumulativo. Ma si presume che allontanando i bambini dalla fonte di inquinamento, è possibile ridurre in qualche settimana del 50% l'avvelenamento da piombo.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha richiesto la rilocazione dei rifugiati nel campo. [...]
Amnesty International è conscia che nelle comunità di Rom, Ashkali ed Egizi si teme di essere continuamente spostati da un campo all'altro, senza possibilità di tornare alle proprie case. Sappamo anche che molti degli interessati sono stati informati completamente sui rischi che corre la loro salute.
Chiediamo quindi un'azione immediata per:
evacuare immediatamente il campo in una posizione più salubre;
assicurare la partecipazione della comunità alle decisioni da prendere;
controllo dei livelli di avvelenamento e sui conseguenti effetti;
attenzione alle donne incinte e ai bambini;
assicurare che la rilocazione dei rifugiati non comprometta il diritto alle loro residenze di prima della guerra;
assicurare che la rilocazione sia rispettosa dei diritti di vita, libertà, dignità e sicurezza;
fare in modo che il reinsediamento della comunità assicuri ai membri stessi possibilità di impiego.
Public Document **************************************** For more information please call Amnesty International's press office in London, UK, on +44 20 7413 5566 Amnesty International, 1 Easton St., London WC1X 0DW. web: http://www.amnesty.org
Di Fabrizio (del 08/05/2005 @ 12:32:28 in conflitti, visitato 2295 volte)
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha misurato il livello di contaminazione nel campo per rifugiati di Mitrovica Nord. Sono già morte 27 persone per avvelenamento da piombo e altre 34 sono intossicate.
Il caso, sollevato a fine novembre 2004, è stato recentemente ripreso da diversi media, l'ultimo QUI.
Nonostante i recenti accordi per il ritorno dei rifugiati nei campi alle loro case, nel settore meridionale della stessa città, il rientro non potrà avvenire (sembra) che per la fine di quest'anno, anche se le condizioni sono tuttora da definire.
Nella gara che sembra essere iniziata tra i mezzi d'informazione, a chi descrive la situazione con maggior raccapriccio, si è aggiunta la Reuters.
Premiate le immagini drammatiche dei Rom del Kosovo che stanno morendo nei campi profughi contaminati.
Ivor Prickett, studente e fotodocumentarista che ha vinto il Tom Webster Award
Ivor Prickett, ha ottenuto il prestigioso Tom Webster Award per le sue commoventi foto che mostrano la difficile situazione di dozzine di rifugiati interni, è il secondo studente della scuola d'arte, media e design di Newport a vincere quest'anno un premio tanto importante. Il mese scorso era toccato a Guy Martin che aveva ricevuto l' Observer Hodge Student Award 2005 per la sua relazione-progetto sull'enorme mole di traffico della strada tra Baghdad e Costantinopoli - lavoro che aveva partecipato anche al Tom Webster Award.
Le foto di Ivor sulle condizioni del campo di Kabbare
“Sono molto contento di aver vinto questo premio,” ci ha detto Ivor (22 anni) che ha passato cinque settimane in Kosovo per le fotografie che ha adoperato per una ricerca del suo corso. “Per me è importante questo riconoscimento, il primo da un ente esterno all'Università, e mi rassicura sulle ragioni del mio lavoro e sul futuro che mi prefiggo nel fotogiornalismo."
“Quella del Kosovo è stata la prima guerra di cui ho avuto coscienza quando ero più giovane e mi ha sempre interessato. Quando ho letto di questa gente che viveva nei campi rifugiati costruiti su terreni contaminati, ho sentito che dovevo andare e raccontare quella storia. Sono rimasto schoccato dalla scoperta di bambini zingari sotto i sei anni di età, esposti a quei livelli di radiazioni e che tutti potrebbero morire presto o soffrire di danni irreparabili al cervello."
Durante la sua prima visita al campo, Ivor è stato con Vebbi (foto sopra) e la sua famiglia. Al ritorno, Ivor ha scoperto che Vebbi nel frattempo era diventato l'ultima vittima della contaminazione del campo
Ivor andò al campo di Kabbare dove vivevano 60 Rom dispersi interni, e scattò oltre 2000 foto, e ne presentò 12 alla giuria del premio, sponsorizzato dall'agenzia fotografica Impact di Londra.
“Il campo, costruito dalle Nazioni Unite e dall'OMS, si trova dove una volta c'erano miniere di zinco ed è contaminato da piombo che lentamente sta avvelenando gli occupanti. Sinora, circa 35 persone sono morte prematuramente in circostanze inaspettate.”
Durante la sua seconda visita al campo, Ivor scoprì tragicamente che il capofamiglia che l'aveva ospitato la volta precedente, era tra le ultime vittime.
A DESTRA: Per Ivor si è trattato di un problema di coscienza fotografare il funerale di Vebbi, ma ho sentito di doverlo fare per ricordare al mondo la sofferenza dei Rom.
“Rimasi shoccato scoprendo che Vebbi, aveva solo 27 anni, era morto per un tumore al cervello,” dice Ivor. “Avevo vissuto con lui e la sua famiglia, erano in cinque in una stanza, quando andai la prima volta a scattare foto. Fu un momento doloroso - avevo convissuto con quella famiglia e stavo riprendendo il funerale di Vebbi, ma dovevo raccogliere quella testimonianza. Come fotogiornalista avevo il dovere di documentare e raccontare."
Queste foto sono state recentemente pubblicate su Foto8, una rivista che ospita il meglio del fotogiornalismo. Il premio di £1000 ha permesso a Ivor di dedicarsi al suo prossimo progetto - sui fuorilegge cercatori d'oro in Mongolia.
"Ho letto che dopo la caduta del comunismo, si è scoperto che là c'erano filoni auriferi. Questa gente, che si autonomina Ninjas, scava senza permessi e spesso ci sono dispute tra loro e le forze di sicurezza. Non ci sono soltanto poveracci, ma anche docenti e impiegati, tutti quelli che con la caduta del comunismo hanno perso la loro pensione. L'unico futuro per loro e le loro famiglie è trovare trovare dell'oro."
A SINISTRA: Questo ritratto del padre di Vebbi subito dopo il funerale è tra le fotografie pubblicate dalla rivista internazionale Foto8
Ivor dice di dovere il suo successo al corso della Newport’s University. "Studiare fotogiornalismo è stata la cosa migliore della mia vita. I miei tutors mi hanno influenzato profondamente e mi hanno guidato negli ultimi tre anni."
Commentando il successo dei due studenti che hanno ottenuto un premio quest'anno, Pete Davis, il coordinatore del corso, afferma: "Il Tom Webster award per giovani studenti di fotografia è diventato uno dei più prestigiosi oggi in GB. Gli standards sono alti, ed eccellere con due studenti è un indiscutibile traguardo"
A DESTRA: Gli studenti Ivor Pricket (a destra) e Guy Martin entrambe premiati quest'anno
"Tanto Ivor che Guy sono un esempio di ciò che motiva i giovani fotografi. Interesse e passione per la ricerca e comprensione degli eventi nazionali e mondiali, assieme ad iniziativa e capacità di testimoniare, per produrre immagini forti che comunichino le loro idee ad una vasta audience. Sono certo che tutti e due faranno parte in futuro di un grande gruppo mondiale di studenti impegnati ai più alti livelli nelle varie aree della fotografia."
Notes for Editors:
Il Tom Webster Award è patrocinato da Impact Photos ed è intitolato alla memoria di un fotogiornalista morto nel 1994 all'età di 24 anni. Il premio si prefigge di offrire a giovani fotogiornalisti di iniziare o continuare progetti specifici. I vincitore riceve un premio di £1000 e la segnalazione di Impact Photos. E' riservato a fotografi di età inferiore a 29.
Di Daniele (del 08/12/2005 @ 11:07:24 in casa, visitato 2402 volte)
Rom kosovari lasciano campo tossico delle Nazioni Unite.
Centinai di Rom che hanno passato sei anni in un improvvisato campo kosovaro contaminato dal piombo, devono essere trasferiti in nuove case.
Dalla campagna di bombardamento della Nato nel 1999, i 560 Rom hanno vissuto vicino a una vecchia fonderia di piombo a Mitrovica.
Il contingente francese della forza di pace ha iniziato la bonifica
La Svezia donerà 320.000 € per aiutare i Rom, la stessa somma donata dalla Germania.
Ora le autorità sperano di traslocare i Rom in un nuovo accampamento prima della fine dell'anno.
Rimarranno lì fino a quando i lavori di ricostruzione delle loro case originali, nella zona attorno a Mitrovica, non saranno terminati nel 2006.
I Rom furono costretti ad allontanarsi dalle loro case vicino alla mahala, dall'etnia albanese che li consideravano collaboratori dei serbi, alla fine del conflitto del 1999.
Emergenza medica. "Queste persone sono state allontanate dalle loro case e hanno vissuto negli ultimi sei anni in un terreno abbandonato e nessuno si interessa veramente di loro," ha detto Per Byman, direttore dell'associazione umanitaria svedese sul sito web BBCNews.
I lavori dovrebbero iniziare la settimana prossima sulle case provvisorie su una ex base militare francese, ha detto il signor Byman.
Lo scopo è di trasferire i Rom lontano dalla fonderia di piombo, accusata per una serie di problemi di salute, specialmente fra i bambini.
"I bambini nascono con disfunzioni, con arti mancanti ecc.," ha detto il signor Byman.
"Ora speriamo che la loro qualità di vita possa migliorare."
Una volta trasferiti, i Rom avranno accesso all'acqua calda, all'elettricità, formazione professionale e assistenza medica.
I livelli dell'avvelenamento da piombo fra i i Rom nei campi di Zitkovac, Kablare e Cesmin Luq sono attualmente qualificati come "un'emergenza medica acuta" dalle autorità mediche americane.
«Sulle microaree serve maggior convinzione: c’è un progetto pronto da un
anno e mezzo»
«Coi nomadi la repressione non porta a nulla» Chiara Zomer
Nucleo speciale dei vigili urbani: critico Magagni, operatore al campo
dei Lavini
ROVERETO. «Con la repressione non si ottiene nulla. E l’esperienza di questi
vent’anni dovrebbe avercelo insegnato: non è un caso se ora il problema del
campo ci è scoppiato in mano». Gianluca Magagni, volontario di Aizo nonché
operatore al campo nomadi dei Lavini, non approva il progetto
dell’amministrazione di istituire un nucleo speciale di polizia municipale
specializzato nella repressione dei campeggi abusivi. L’amministrazione -
osserva - meglio farebbe a pensare a soluzioni strutturali. Magari cominciando
da quelle microaree allo studio da due anni.
L’obiettivo finale sembra essere quello. Sia l’assessore Giovanni Spagnolli sia
il sindaco Guglielmo Valduga l’hanno detto più volte: eliminare il campo dei
Lavini e puntare sulle micro aree. Campi cioè dati alle diverse famiglie di
Sinti perché ci vivano secondo usanze e tradizioni della loro cultura.
Ma se l’obiettivo sembra chiaro, ad esserlo meno sono i tempi e i modi. Perché
la giunta ha l’aria di volerci andare con i piedi di piombo - comprensibile: è
anche una questione di consenso popolare - ma intanto gli zingari aspettano. Ed
escono sempre più spesso dal campo: «Come Aizo abbiamo consegnato alla Provincia
il progetto sulle micoraree un anno e mezzo fa, in tempo perché non si arrivasse
all’attuale stato di emergenza - spiega Magagni - ma ora è necessaria un’azione
più incisiva. Ed è possibile: in altre realtà le microaree esistono da 18 anni.
Nella zona di Modena, per esempio, funzionano bene. Ma prima di tutto dobbiamo
fermarci un attimo e chiederci quali sono i frutti di 20 anni di legge sugli
zingari. Con il Comune abbiamo avviato un tavolo di lavoro. Ci auguriamo possa
portare a qualcosa in tempi più ragionevoli rispetto a quelli della Provincia».
Rimangono, è ovvio, i problemi legati all’integrazione. Distribuire i Sinti sul
territorio vuol dire metterli a contatti con la popolazione. E non è detto
vengano accolti a braccia aperte: «Dipende. Il progetto casa ha funzionato bene
- continua Magagni - Le difficoltà erano legate alla mentalità dei nomadi, che
vanno seguiti nel pagamento delle utenze, per esempio, che non appartiene alla
loro cultura. Ma non ci sono stati contrasti con il vicinato. Certo, c’è una
fatica nel progresso, che pesa su entrambe le popolazioni. Ma non è detto che i
Sinti debbano vivere tutti in città. Perché non coinvolgere i diversi comuni
della Vallagarina? L’integrazione in un piccolo centro può essere anche
facilitata dal controllo sociale che, a differenza delle città, c’è nei paesi».
Quel che è certo, secondo Magagni, è che il campo non può più essere considerato
un’opzione: «E’ una realtà dove è impossibile una crescita e dove è più facile
che nascano devianza e disagio. Queste sono persone che, dopo le medie, vivono
solo tra loro, con problemi di analfabetismo di ritorno gravi. E’ un luogo dove
li abbiamo costretti noi a vivere, non è una loro scelta, benché l’Unione
Europea
abbia più volte bacchettato l’Italia invitandola a dare a questa gente dignità
abitativa».
Di Fabrizio (del 07/09/2006 @ 10:10:34 in Europa, visitato 1996 volte)
NEW YORK, 1 settembre 2006 - L'ex inviato delle Nazioni Unite in Kosovo ha accolto con favore l'inizio del trattamento medico delle Persone Disperse Internamente (IDPs) che soffrono di avvelenamento da piombo (vedi ndr.) nella parte nord della provincia.
Il Kosovo, [...] porta ancora le cicatrici della guerra tra Kosovari albanesi e serbi di sei anni fa.
Durante il suo primo giorno di insediamento, Joachim Rucker, inviato speciale dell'ONU e a capo dell'Amministrazione Provvisoria UNMIK, afferma che a partire da oggi l'Organizzazione Mondiale della Sanitàè in grado di fornire trattamento medico agli IDPs trasferiti in campi raccolta dell'ONU più salubri.
Circa 600 IDPs, Rom, Ashkali ed Egizi sono stati trasferiti dall'inizio dell'anno al campo Osterode dai campi contaminati dal piombo: Cesmin Lug/Llugë, Žitkovac/Zitkovc,e Kablare/Kablar. Gli ultimi due campi son già stati chiusi, rimangono 148 persone a Cesmin Lug/Llugë.
Rucker ha salutato quanti hanno concordato il trasferimento a Osterode per la salute dei loro figli, mentre è iniziata la ricostruzione delle loro case nella Mahala di Mitrovicë/a nel Kosovo settentrionale.
"E' stato un capitolo doloroso nella storia degli IDPs coinvolti, sbattuti in campi non igienici e in condizioni di sopravvivenza estreme" ha detto, facendo appello a quanti sono ancora a Cesmin Lug/Llugë perché si trasferiscano a Osterode appena possibile.
L'UNMIK ha agito in cooperazione con l'Alto Commissariato per i Rifugiati e World Health Organization (WHO), il Fondo ONU per l'Infanzia, assieme a diverse OnG.
Gli esperti della sanità affermano che i bambini sono particolarmente vulnerabili all'inquinamento da piombo. Subito dopo che i Rom erano stati "alloggiati" in quei campi, l'ONU aveva fatto la scoperta che si trattava di aree contaminate. I rapporti della missione ONU e di WHO del 2000, richiedevano l'immediata rimozione di quanti fossero accampati lì.
Prima che fosse inaugurato quest'anno, Osterode era stato ripulito ed organizzato dall'UNMIK, e testato dagli esperti di inquinamento. Ai nuovi residenti è stato offerto quanto dei loro beni non hanno potuto portare dai campi di provenienza, perché contaminato e sono state anche create opportunità di lavoro.
Molti degli IDPs provengono dalla Mahala andata distrutta nel 1999, quando le truppe ONU cacciarono le forze Yugoslave, in una situazione complicata di abusi e conflitti tra Serbi, Albanesi ed altre comunità etniche. Fu allora creata l'UNMIK in seno al Consiglio di Sicurezza dell'ONU, per amministrare la provincia.
Per quanto il Kosovo sia tecnicamente parte della Serbia, solo il 5% della [rimanente] popolazione è Serba, mentre il 90% è Albanese. Protetti dall'UNMIK, i Serbi vivono in enclave circondate da Albanesi.
La fonte maggiore di inquinamento a Mitrovicë/a è la miniere di Trepca, costruita nel 1927. La fonderia accanto a Zvecan aprì nel 1939. La fonderia e tre enormi dighe concentrano l'inquinamento in quell'area specifica di Mitrovicë/a.
La fonderia venne chiusa nel 2000 per ridurre i rischi sanitari dell'inquinamento. Ma il piombo presente nell'ambiente non si annacqua col tempo, rimane nel suolo, nell'acqua, nella polvere e nel cibo. Le dighe rilasciano costantemente i resti del piombo, e l'inquinamento viene portato dal vento verso Mitrovicë/a, Zvecan e le aree adiacenti
Hana Klimesova,, psicologa e volontaria ONU, ed Elizabeth Morfaw, Coordinatrice Della Valutazione Di Rischio per la Salute hanno elaborato con la WHO una ricerca sull'impatto da esposizione al piombo della salute dei bambini.
"Ci siamo focalizzati sui bambini tra i 24 e 36 mesi di età, quelli nati dopo la chiusura della fonderia, la maggior fonte di inquinamento a Mitrovica. Se il pericolo è finito, come piace pensare ai residenti nell'area, questi bambini non dovrebbero mostrare livelli significanti di piombo nell'organismo" spiegano.
L'organismo assorbe il piombo attraverso bocca, naso e pelle. Le madri esposte al piombo possono contaminare i feti attraverso la placenta oppure i neonati tramite l'allattamento.
"Il 99% del piombo assorbito da un adulto viene espulso attraverso l'urina e le feci, ma solo il 32% del piombo assorbito da un bambino viene espulso," spiega Klimesova.
"Inoltre, spesso mettono le mani in bocca dopo aver giocato con la terra, entrando così in contatto più diretto col piombo presente al suolo o nella polvere," dice Morfaw.
I risultati dell'inquinamento da piombo: danni al cervello e ai nervi, alterazione del linguaggio, problemi uditivi, detrimento dell'abilità mentale e delle capacità cognitive, riduzione della crescita, alta pressione, iperattività e atteggiamento antisociale, tra gli altri.
L'OnG Refugees International accusa l'UNMIK di aver aspettato oltre un anno, prima di trasferire gli IDPs dai campi contaminati. Per questo, è stato necessario muovere i legislatori e i diplomatici USA [...]
"Gli standards per l'industria mineraria devono essere fatti propri dall'UNMIK e dai futuri governi," continua Refugees International.
Ad agosto 2005, la Commissione Indipendente per Miniere e Minerali concesse il permesso di riaprire 18 miniere, incluse 5 a Trepca, che sono sospette dell'inquinamento nei campi. Riapertura che ha significato promesse di sviluppo economico ad una popolazione che per il 70% è disoccupata. Nel 1980 le miniere impiegavano 20.000 addetti e rappresentavano il 70% del fatturato minerario Yugoslavo.
Refugees Internation vuole richiamare la Banca Mondiale e l'Agenzia Europea per la Ricostruzione ad impegnarsi per una bonifica complessiva dei siti a Mitrovica Nord, come previsto nel rapporto UNMIK a novembre 2000.
Cari amici di roma-kosovoinfo, questi gli aggiornamenti sul nostro sito News
04 Giugno 2007 Amnesty International "estremamente preoccupata" sui ritorni forzati in
Kosovo Nel suo rapporto, Amnesty International (AI) ammonisce sui ritorni forzati
delle minoranze etniche in Kosovo. L'organizzazione è "estremamente preoccupata"
su come alcuni stati europei stiano preparando deportazioni in Kosovo, anche se
il conflitto politico sullo status della provincia può portare a rinnovate violenze,
secondo AI. "Sinora, né l'UNMIK (l'Amministrazione ad Interim ONU) né l'attuale
PISG (Istituzioni Provvisorie di Auto Governo) sono state capaci di garantire un
sicuro sviluppo in cui i membri delle minoranze possano ritornare in sicurezza e
dignità", dice AI. Secondo sue stime, dal luglio 1999 oltre 235.000 Serbi, Rom e
membri di altre minoranze etniche hanno lasciato il Kosovo. Solo il 6% ha fatto
ritorno. Il rapporto completo è disponibile nella sezione "Documenti":
http://www.roma- kosovoinfo. com/index. php?option=
com_content&task=view&id=22&Itemid=35#Forced% 20Returns
28 Maggio 2007 L'ONU continua ad ignorare la richiesta di giustizia per i Rom kosovari A nome dei 158 Rom IDP (Persone Internamente Disperse) il Procuratore Dianne
Post ha compilato un reclamo contro l'ONU nel febbraio 2006. Dalla distruzione
dell'insediamento a Mitrovica sud nel luglio 1999, i Rom vivono in campi,
costruiti su terreni altamente contaminati. I campi hanno continuato ad esistere
sino all'aprile 2006, sotto la supervisione delle Nazioni Unite, nonostante
fossero riportati livelli estremi di contaminazione da piombo. Dianne Post
chiede supporto, dato che sinora l'ONU non ha risposto al reclamo.
http://www.roma- kosovoinfo. com/index. php?option=
com_content&task=view&id=131&Itemid=1
24 Maggio 2007 Rapporto 2007 di Amnesty International: Discriminazione sulle minoranze in
Kosovo Secondo il rapporto annuale di Amnesty International, che copre lo stato dei
diritti umani in 153 paesi, le minoranze etniche continuano a fronteggiare serie
discriminazioni nella provincia serba del Kosovo. Atti di violenza che sono
motivati da odio etnico sono difficilmente perseguiti, il numero di quanti hanno
fatto ritorno in Kosovo rimane basso. Quanti sono stati rimpatriati a forza
dagli stati membri EU non ricevono supporto dalle autorità pubbliche, critica
AI.
http://www.roma- kosovoinfo. com/index. php?option=
com_content&task=view&id=133&Itemid=1&lang=en
TRANSITIONS ONLINE: by Jessica Meyers - 26 February 2007 (* riassunto lunghetto - meglio leggerlo offline)
MITROVICA, Kosovo - Saffet Ramic ha imparato dai tempi della guerra a viaggiare con un cacciavite.
In una polverosa strada di Mitrovica, tira il suo carro a lato della strada. Poi tira fuori il cacciavite dalla sua tasca destra. Svita le targhe con la registrazione del Kosovo e le pone all'interno.
"Così i Serbi non ci uccidono" dice semplicemente. E' concesso girare senza targhe in questa parte della città, visto che le targhe del Kosovo qui non sono accettate. Dopo diversi posti di blocchi, quando il carro torna in territorio albanese, riavvita le targhe.
"Così gli Albanesi non ci uccidono" dice Ramic, 30 anni, rivelando con la sua pelle color bronzo di non essere Serbo od Albanese, ma uno dei circa 30.000 Rom che sono parte dei 2 milioni di popolazione del Kosovo..
In una regione dove ad otto anni dal conflitto tra le forze serbe e gli Albanesi del Kosovo le tensioni etniche rimangono alte, Ramic naviga tra due mondi chiaramente definiti, anche se non appartiene a nessuno dei due. Come le targhe del furgone, Ramic svita ed avvita la sua identità secondo la necessità e convenienza.
Molti dei 150.000 Rom finirono in mezzo al conflitto del 1998-1999, quando erano considerati dagli Albanesi collaborazionisti dei Serbi, mentre l'armata serba li sgomberava dai villaggi dei kosovari albanesi. A migliaia finirono nei campi temporanei, dove sono tuttora. Oltre 120.000 lasciarono il paese prima dell'intervento NATO e della sconfitta dei Serbi, con il successivo protettorato ONU in Kosovo.
Come risultato del conflitto, molti Rom -termine a cui vanno aggiunti gli Askali di lingua albanesi e quelli che si chiamano Egizi - hanno adattato la loro identità per sopravvivere. Anche se Ramic si considera Rom, in qualche caso è più sicuro per lui dichiararsi Askali.
Rimane incerto quando la regione riguadagnerà abbastanza stabilità perché Ramic possa dichiararsi senza problemi e i Rom facciano ritorno alle loro case.
Si attende quest'anno un accordo finale, secondo il quale il Kosovo diventerebbe uno stato indipendente, un trionfo per gli Albanesi, ma una perdita devastante per i Serbi. In una terra dove tutti rincorrono una loro identità, i Rom - senza nazione e coesione - vivono sul punto di rottura. Molti chiedono soltanto di tornare a casa.
STORIA RIVISSUTA
Con l'indipendenza e possibili ulteriori violenze. i Rom sono impauriti, disillusi e stanchi di essere in mezzo ad una guerra che non gli appartiene. Per questa minoranza, lo status del Kosovo è solo un'altra occasione per vuote promesse ed ulteriori dispersioni.
Ramic annuisce ad un uomo in uniforme blu. Rallenta il furgone e si prepara a parlare albanese. Se il poliziotto è un Albanese, oggi Ramic sarà Askali. Il poliziotto guarda i documenti e riconoscendo la pronuncia di Ramic, gli si rivolge in serbo. Il Rom risponde con un sospiro trattenuto.
Diversi kilometri più tardi, il carro si ferma di fronte al ponte che connette la Mitrovica settentrionale alla sua controparte albanese del sud. "Non voglio andare da quella parte," dice Ramic guardando la simbolica divisione sul fiume Ibar. Parcheggia a diversi metri dal ponte ed aspetta.
Situata nella parte più settentrionale del Kosovo, il confine con la parte serba di Mitrovica è considerato una delle aree più a rischio violenza. In una città dove una divisione tangibile separa un'etnia dall'altra, tanti i Serbi a nord che gli Albanesi a sud, sono particolarmente sensibili sulle conseguenze della possibile indipendenza del Kosovo.
PRESI IN MEZZO
"Noi siamo il ponte ed ognuno ci passa sopra," dice un altro Rom, Dzafer Micini, 38 anni, seduto sul pavimento della sua casa di tre stanze a Kosovo Polje. Ricorda le rovine fumanti delle case dei suoi vicini, quando cinque anni fa gli Albanesi attaccarono la città.
Il villaggio è un obiettivo sensibile a causa della grande battaglia che nel Medio Evo vide l'esercito ottomano sconfiggere i Serbi, un evento che tuttora genera passioni nazionaliste tra i Serbi. I musulmani Albanesi sono visti come discendenti dell'oppressore Turco. L'enclave serba conta circa 15 famiglie Serbe e cinque case Rom. Micini teme che gli Albanesi vogliano bruciare il villaggio a predominanza serba e sta disperatamente cercando di vendere casa. Come molti Rom, d'altronde, non ha i documenti giusti per farlo.
"Non possiamo essere agnelli tra i lupi," dice, gettando uno sguardo al suo figlio più giovane che gioca con le decorazioni festive in un angolo. La nera stufa a legna riscalda la stanza vuota, illuminata dalla luce elettrica. Dice che si preoccupa di mandare i suoi figli al mercato. "Albanesi e Serbi sono falsi. Quando hanno bisogno di noi per combattere ci dicono fratelli. Se no, dicono 'Zingari, andatevene.'"
Micini è stato fortunato. Scappato in Serbia durante la guerra, la sua casa era una delle poche ancora in piedi quando ritornò al villaggio un anno dopo.
Quando ci furono i disordini nel marzo 2004, Micini non era a casa. Era a Pristina con diversi altri parenti maschi. Non poteva tornare da sua moglie e dai figli a Kosovo Polje, distante 12 kilometri e non vuole rivivere quel senso di impotenza per la terza volta. Se i Serbi che popolano il villaggio saranno forzati ad andare, dice, ai Rom non rimarrà altra scelta che partire pure loro.
Molti Rom ora vivono nelle enclave serbe, piccoli villaggi persi nel Kosovo dove il cirillico prende il posto dell'alfabeto latino usato dagli Albanesi. Durante il brutale decennio di Slobodan Milosevic che restrinse la libertà dei Kosovari albanesi, persino i Rom avevano diritti non concessi all'etnia albanese, che costituiva circa il 90% della popolazione.
Quando la Missione ONU in Kosovo (UNMIK) prese il controllo della provincia e stabilì un governo provvisorio guidato dai Kosovari albanesi dopo la guerra, i Rom si ritrovarono dispersi e disprezzati, incapaci di costituirsi come gruppo che rivendicava i propri diritti. Divenne soltanto marginalmente più sicuro identificarsi come Askali di lingua albanese.
In una regione popolata da Rom che si dichiarano Askali, la guerra e le continue violenze hanno creato una variazione nell'auto-definizione. Ora ne i Rom ne gli Askali sono realmente al sicuro. Tutti subiscono le conseguenze della guerra.
"Molti sono diventati Askali durante la guerra" dice Akif Mustafa, 48 anni, un Rom dell'enclave serba di Plemetina. Disegna un cerchio nell'aria. "Questo è il circolo del pane. Il pane si sta rompendo in pezzi," dice, simbolizzando la creazione dei Rom, Askali ed Egizi. "Ma, vedi, è solo del pane spezzato. Siamo tutti Rom e siamo sempre i più poveri."
INTOSSICAZIONE E RILOCAZIONE
I Rom sono il gruppo di minoranza più povero del Kosovo, agli ultimi posti nella scolarizzazione e col più alto tasso di disoccupazione. Oltre un terzo vive in estrema povertà, paragonato al 4% dei Serbi e al 13% degli Albanesi, secondo un rapporto del Programma di Sviluppo ONU.
Con pochi soldi e nessun posto dove andare, molti non hanno potuto lasciare la regione dove le loro case sono state date alle fiamme nel 1999. Quanti non hanno potuto andare in Germania o scappare in Serbia sono finiti nei campi ONU. Otto anni dopo, la maggior parte è ancora lì.
"Per gli Zingari è peggio adesso che durante l'Olocausto" dice Paul Polansky, fondatore della Fondazione dei Rifugiati Rom del Kosovo e studioso amatoriale dei Rom. Polansky recentemente ha condotto 100 interviste orali a Rom sopravissuti all'Olocausto e dice che l'attuale situazione per i Rom del Kosovo è una pari atrocità.
In nessun altro posto la sofferenza dei Rom in Kosovo è più evidente che nel campo per rifugiati inquinato dal piombo nella parte nord di Mitrovica.
Uno di loro, Cesmin Lug, si trova al limite della parte serba di Mitrovica. Cumuli di metallo, da cui ha origine il piombo, percorrono il campo di baracche di latta.
La casa di Sebiha Bajrami è dipinta di rosa e giallo. All'interno, due donne lavorano una pasta e la pongono sulla stufa che riscalda le due stanze. La loro è una delle 40 famiglie che hanno scelto di vivere nel campo contaminato, invece che nel nuovo campo dall'altra parte della strada. Chiamato Osterode, è la soluzione ONU alla contaminazione da piombo nei tre campi per i dispersi interni (IDP).
"A Cesmin Lug c'è inquinamento da piombo e a pochi metri c'è Osterode, ma è lo stesso" dice Bajrami, 35 anni, che non crede alle assicurazioni delle autorità che il campo di Osterode sarebbe più salubre. "Al limite a Cesmin Lug abbiamo l'acqua ed è più pulito, perché c'è meno gente e vengono fatte le pulizie." Nel campo ci sono attualmente 166 persone, comparate ai 43 di Osterode.
Lo scetticismo di Bajrami nasce anche dal fallimento dell'UNMIK nel recepire le preoccupazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) sui livelli dell'inquinamento nel 2000. La WHO ha ripetuto che l'esposizione all'aria, all'acqua e al cibo, porta a danni irreversibili al cervello. Le conseguenze sono più profonde per i bambini.
Bajrami, che è anche una giornalista rom per la locale stazione radio serba, ha contribuito alla creazione di un'organizzazione femminile che produce tovaglie e tessuti. [...] Ma la situazione interna non varia.
"Questo sarebbe il nostro quarto campo e siamo stanchi di tutti i campi," dice. "Vogliamo tornare alle nostre case, non Osterode."
Qui non è più salubre e sicuro. Quando Bajrami deve avventurarsi nella parte sud di Mitrovica, prende determinate precauzioni. Non si riferisce mai a se stessa come Rom e parla solo albanese.
Una volta, ricorda, fu accostata da un Albanese che aveva riconosciuto il suo nome. Era lei la ragazza che leggeva le notizie in serbo, le domandò. "Sì," rispose. "Sono la schiava che legge le notizie di altre persone. Trovami un altro lavoro da fare."
Bajrami spera un giorno di aprire una stazione radio rom, una che suoni musica rom tradizionale e si occupi di politica dei Balcani. Ma prima, come tutti nel campo, vuol fare ritorno a casa.
IL CICLO DELLA DIMENTICANZA
Una barriera con un pesante cancello, separa Bajrami e il resto di Mitrovica da Osterode, il nuovo campo dichiarato dall'UNMIK "libero da inquinamenti".
Una guardia albanese osserva dal suo piccolo chiosco. Riconoscendo il camion bianco della Norwegian Church Aid, apre il cancello senza le solite procedure e domande. La OnG norvegese ha preso in carico la gestione del campo, una serie di baracche bianche e un edificio più alto.
Nonostante i colori vivaci dei vestiti e delle tovaglie, il campo ha l'influsso austero di una base militare francese. L'asfalto sostituisce il fango dall'altra parte del cancello.
I genitori accompagnano i bambini verso il presidio sanitario, un edificio di due stanze. Qui è iniziato il trattamento per quanti hanno sintomi di avvelenamento da piombo. La porta seguente, su una lavagna sono scritti "cane" e "gatto", qui c'è la scuola. Poi una scala conduce al centro femminile, dove si insegna igiene. Nonostante questi servizi, gli abitanti ripetono che quella non è casa loro.
"Non è cambiato niente," dice Skender Gusani, leader dei campi di Osterode, Cesmin Lug e Leposavic. "Quando la gente si è spostata a Osterode, ci furono promesse tante cose e niente è cambiato. Ci hanno promesso acqua corrente ed elettricità per tutte le 24 ore, e riscaldamento. Qui l'inquinamento è migliore, ma i bambini sono ammalati per le condizioni di vita."
Hasan Kelmendi, manager del campo per la Norwegian Church Aid conferma che la pressione dell'acqua è inconsistente e lo stesso vale per l'elettricità, ma questa è la situazione che vige in tutta Mitrovica. "Posso dire che la situazione a Osterode è migliore degli altri campi," aggiunge indicando i servizi igienici e la lavanderia.
Ad ogni famiglia è assegnato una piccola stufa elettrica, che serve a poco quando manca la corrente, dice Gusani, che poi descrive le situazioni in cui si accende un piccolo fuoco sul pavimento per scaldarsi.
Sono stanchi di vagare tra campi, regolamenti e cancelli. "Viviamo come animali," dice Gusani. "La sorveglianza controlla ogni nostra cosa. E' come vivere in un campo di concentramento."
Neville Fouche, coordinatore della Roma Task Force dell'UNMIK, dice che i cancelli sono più per la sicurezza che per ostruzione. Permettono all'agenzia di controllare che entra nel campo. Poi Fouche ritiene che bruciare le batterie, da cui estrarre il piombo, peggiora il problema dell'inquinamento dei campi.
Poi sottolinea che il nuovo campo di Osterode, che riunisce tre campi in uno, è una soluzione temporanea. "Non abbiamo intenzione di renderlo permanente," dice. "Questo è soltanto un centro di transito per condizioni mediche". Aggiunge che la meta ultima è il ritorno degli abitanti alle loro case.
IN MEZZO DA QUALCHE PARTE
Il suono gutturale delle sillabe tedesche collide con il tono lirico del romanes mentre Feruz Jahirovic apre la porta e saluta la sua famiglia, una delle nuove nel campo. A differenza di Jahirovic, che ha passato otto anni nei campi, nove membri della sua famiglia hanno vissuto gli ultimi 15 anni a Munster, Germania. Si dividono due stanze in un edificio di mattoni rossi.
Quella di Jahirovic è una del crescente numero di famiglie che hanno perso lo status di rifugiati all'estero e sono state forzate al ritorno. Il Consiglio d'Europa stima che oltre 1.000 Rom siano stati rimandati in Kosovo. Centomila, la maggior parte dalla Germania, sono a rischio di ritorno forzato. E' difficile per quei bambini interagire con i loro coetanei, dato che questi nuovi arrivi sono cresciuti in Germania e parlano tedesco. Arrivati ad Osterode un anno e mezzo fa, anche loro hanno lasciato una casa.
"Avevano una vita come altri ragazzi in Europa," dice Jahirovic, scuotendo la testa e guardando i nipoti, che parlano l'inglese meglio del serbo. "Ora che faranno? Cosa faremo?"
Il ritorno dei rifugiati ha aumentato la pressione sulle autorità internazionali per trovare un posto dove i Rom possano vivere. A Mitrovica, si stanno costruendo nuove case, al posto delle rovine.
Sono per quanti una volta vivevano nel quartiere rom.
Dal suo punto di vista Jahirovic guarda le nuove case che sorgeranno accanto al fiume Ibar a Mitrovica sud. Si ricorda di quando suo fratello aveva stanze spaziose, prima che una delle più ricche e vasta comunità rom fosse distrutta.
99 famiglie hanno fatto richiesta per 48 appartamenti, ma Jahirovic non è nella lista. Ha nove bambini, più di ogni altro ad Osterode. Il 70% degli occupanti di Osterode proviene dal quartiere rom dall'altra parte della città. Jahirovic invece viveva in un villaggio vicino che è stato dato alle fiamme [...]
"Dove andremo, a vivere per strada?" chiede riferendosi al 30% degli abitanti del campo che non sono originari del quartiere che una volta aveva 8.000 abitanti. Il Consiglio dei Rifugiati Danese si èimpegnato a ricostruire le case di quanti siano in possesso della documentazione adeguata che certifichi che vivevano nel quartiere di Mitrovica sud. Norwegian Church Aid intende costruire le case anche per quanti non hanno documentazione, ma questa iniziativa appare più incerta.
"In quanto minoranza, non mi importa chi comanderà in Kosovo. Mi interessano la libertà di lavorare, la sicurezza ed i miei bambini," dice Jahirovic guardando la recinzione del campo.
IL PROSPETTO DEL RITORNO
Sino all'anno scorso, l'unica evidenza di quel quartiere erano resti di pareti di mattoni e muri sbriciolati. [...] La ricostruzione della Fabricka Mahala - mahala è un termine turco per "quartiere" che ha lo stesso significato tanto in serbo che albanese - è il più grande progetto di ritorno dei Rom mai intrapreso nei Balcani, dice Fouche.
Per quanti faranno ritorno alla mahala, la sua posizione a Mitrovica sud significa un cambio di servizi e linguaggi. Quanti vivono nei campi ricevono i servizi sociali dal governo serbo ed anche i bambini frequentano le scuole serbe. Quanti faranno ritorno alla mahala dovranno andare nelle scuole albanesi e non riceveranno più aiuti dalla Serbia. Con queste incertezze alcuni Rom, come il loro leader Gusani, rifiutano di tornare nel loro vecchio quartiere.
"Mio figlio sarà in grado di continuare la scuola?" chiede Gusani esprimendo una preoccupazione di molti nei campi. "Avrò libertà di movimento da casa mia?" aggiunge, riflettendo sul fatto che la sicurezza dei residenti nelle enclavi serbe come Mitrovica nord non è garantita in territorio albanese.
Come Gusani, molti Rom hanno timore di ritornare nel quartiere da cui sono stati espulsi. Dice Fouche che la forza internazionale di pace controllerà ogni due ore l'area, ma Gusani nega che nessun gliel'abbia mai comunicato.
"Nessuno garantisce che i miei figli avranno un futuro sicuro," spiega così perché ha scelto di non fare ritorno alla mahala. Attraversa il confine sud in caso di riunioni, solo sotto scorta dell'UNMIK. Se deve andarci da solo, dice di provenire dal quartiere Askali. "Se torneranno Rom ed Askali, ci saranno violenze," dice risolutamente.
LE PAURE
Tina Gidzic, una donna rom di 20 anni, prova crampi allo stomaco quando guida verso il suo ex-villaggio, Dobrevo. La città ora è un cumulo di macerie osservabile dall'autostrada Pristina–Mitrovica. Lei nn ha speranze di ritorno. La sua famiglia continua a vivere in Kosovo, ma la casa ora è quella con suo marito a Niš la città serba più vicino al protettorato.
Memorie di guerra: la sua casa, come molte altre, fu distrutta nel 1999 quando aveva 13 anni e non è stata ricostruita. Gidzic ricorda di essere cresciuta col suono delle bombe e sua madre che le diceva di non uscire da casa. Suo fratello più giovane è nato a Preoce, una piccola enclave serba a 10 km. da Pristina dove sono fuggiti i suoi genitori e dove vivono tuttora.
"Sto diventando nervosa," dice, non riferendosi soltanto al suo villaggio, ma anche all'incerta situazione dello status del Kosovo. "Qui i Rom sono musulmani come gli Albanesi, ma non vogliamo entrare in urto con i Serbi," che sono ortodossi, ci spiega. "Viviamo tutto il tempo con i Serbi, ma loro dicono che stiamo aiutando gli Albanesi."
Anche se non sempre sono un bersaglio, ma si trovano sulla linea di fuoco, pensa Gidzic. "Quando gli Albanesi attaccano i Serbi, non sanno se una casa è serba o rom, così bruciano l'intero villaggio. E' così che la violenza ci colpisce."
Tina scende dalla macchina e rinchiude il cancello della nuova casa della sua famiglia, una struttura che apparteneva a suo nonno. Raggiunge sua madre, riscaldandosi in una stanza dove funziona la stufa.
Sua madre, Miradija, piange ancora quando vede la foto della vecchia casa di Dobrevo. [...] Mentre la guarda dice una delle poche parole inglesi che conosce: "home".
TENTATIVI DI MOBILITAZIONE
I Rom non sono tutti silenti sull'argomento indipendenza, neanche Gidzic lo è. "Dovrebbe essere così," dice accompagnando la seconda tazza di caffé turco in una stanza che è cucina, camera da letto e salotto. "I Serbi dovrebbero tornare in Serbia, gli Albanesi in Albania e così i Rom potrebbero stare in Kosovo."
Dopo otto anni di identità fluttuanti e in una terra che potrebbe mai essere la loro, alcuni Rom stanno reagendo. Gli attivisti criticano apertamente la missione ONU. Recentemente hanno prodotto un documento dove indicano i loro desideri rispetto al Kosovo indipendente. Tra le loro richieste la partecipazione alle decisioni sullo status del Kosovo, come pure la strategia di ritorno per i rifugiati. "Se non siamo chiari su cosa vogliono le minoranze in Kosovo, ci porteremo dietro un monte di problemi," dice Bashkim Ibishi, uno degli autori del documento.
Ibishi è Rom, ma è anche un ufficiale ONU per gli affari delle minoranze in Kosovo. "Non ci sono programmi di assistenza, perché nessuno vuole avere a che fare con noi," dice.
A quindici km. di distanza, Saffet Ramic non ha intenzione di rinunciare al suo cacciavite. Continua a spostare le sue targhe e parla di una discussione avuta con un abitante di Kosovo Polje. Stanno considerando di iniziare un affare importando scarpe dall'Albania e rivendendole a buon mercato nel Kosovo.
"E' un piano," dice salendo sul furgone. Poi si ferma, gli appare un sorriso sul volto e conclude "Se esisteremo ancora."
Jessica Meyers is a student at the University of California-Berkeley Graduate School of Journalism.
Di Fabrizio (del 06/07/2010 @ 09:56:11 in Europa, visitato 4240 volte)
by Paul Polansky
[continua] Venne immediatamente indetta un'indagine su dove i Rom e
gli Askali del campo volessero vivere. Oltre il 90% dichiarò che intendeva
rimanere a Mitrovica nord con i Serbi. Gli Zingari del campo avevano paura di
tornare a vivere accanto ai vicini albanesi che li avevano cacciati nel 1999.
Inoltre, tutti i loro bambini ora erano andati alle scuole serbe a Mitrovica
nord per otto anni e non volevano imparare una nuova lingua prima di frequentare
le scuole albanesi a sud. Però, dato che l'ambasciata USA a Pristina era
riluttante a cooperare con i Serbi, un membro albanese di Mercy Corps fu inviato
a Mitrovica nord per discutere la possibilità di acquisire un terreno per il
progetto. Naturalmente, i Serbi e questo Albanese non si videro mai di persona e
non venne offerto nessun terreno.
Dopo aver sentito ciò, contattai Mercy Corps (MC) e li invitai ad
accompagnarmi a Belgrado, dove si determinavano la maggior parte delle decisioni
riguardanti Mitrovica nord. Mercy Corps rifiutò, dicendo che l'unica soluzione
era di costruire gli appartamenti nel vecchio quartiere zingaro di Mitrovica
sud. Ciononostante, andai da solo a Belgrado e dopo incontri con gli incaricati
del governo, mi fu assicurato che se gli Zingari del campo volevano rimanere a
nord, si sarebbe trovato un terreno per loro. Mercy Corps rifiutò ancora di
riconsiderare cosa volevano realmente gli Zingari dei campi, nonostante il
progetto USAID che dichiarava che le case sarebbero state costruite dove gli
Zingari intendevano stare in Kosovo.
Nel progetto USAID da 2,4 milioni di $ era anche stipulato che sarebbe stato
fornito ai Rom e agli Askali il trattamento medico, una volta che si fossero
spostati dai campi tossici. Però, in diverse interviste che ebbi con Mercy Corps
ai massimi livelli in Kosovo, MC rifiutò di rivelare cosa richiedeva quella
soluzione medica. I Rom che avevano già fatto ritorno al loro vecchio quartiere
non vennero curati, nonostante mostrassero alti livelli di piombo un anno dopo
aver lasciato i campi.
Nel contempo, l'UNHCR convinse il governo del Kosovo ad assumere
l'amministrazione dei campi, togliendo all'ONU la responsabilità degli Zingari
dei campi che continuavano a morire di complicazioni legate all'avvelenamento da
piombo.
Nel 2009, l'Unione Europea decise di aiutare l'ONU in Kosovo ed inviò una
"squadra di giustizia" chiamata EULEX per sovrintendere al sistema giudiziario
che era nel caos. Nel loro mandato, i giudici UE dovevano consigliare e
sorvegliare il sistema giudiziario kosovaro ed intervenire solo nei casi di
"accadimento di serio crimine" che il governo del Kosovo rifiutava di
perseguire.
Anche se avevo coinvolto diversi avvocati nei casi contro l'ONU a favore
degli Zingari dei campi, non era sin qui trapelato niente perché l'ONU tentava
di nascondere le proprie responsabilità sotto lo scudo dell'immunità. Fidandomi
dunque negli standard europei di giustizia, scrissi al capo della missione EULEX,
chiedendo un appuntamento per discutere questo "grave crimine di negligenza
infantile di massa", che dava come risultato oltre 80 morti e danni cerebrali
irreversibili a tutti i bambini zingari nei campi. Con mia grande sorpresa, il
generale francese in pensione a capo della missione EULEX, Yves de Kermabon,
rifiutò di ricevermi. Mi contestò che non era stato commesso nessun grave
crimine.
Guardando indietro, vedo un forte continuum francese in questa tragedia senza
senso che dura da 11 anni: truppe francesi rifiutarono di fermare gli Albanesi
che cacciavano questi Zingari dalle loro case nel 1999; il dr. Bernard Kouchner,
ex Ministro della Sanità nel governo francese, che sistemò i profughi zingari su
di un terreno contaminato e quando i loro bambini ebbero i più alti livelli di
piombo nella storia medica, rifiutò di evacuarli e curarli; la KFOR francese che
spiana con i bulldozer le strutture delle case zingare che avrebbero potuto
essere riparate e ricostruite; un generale francese in pensione a capo della
squadra di giustizia europea che rifiuta persino di ascoltare le accuse di gravi
e mortali negligenze verso i bambini durate 11 anni. Naturalmente, con
ogni probabilità voleva coprire il fatto che i bulldozer dell'esercito francese
nella KFOR avevano distrutto tutte le case francesi che ancora resistevano nel
loro vecchio quartiere, così facendo cancellando ogni prova della loro
precedente presenza. Dopo tutto, una volta era un incaricato della KFOR in
Kosovo.
Ma perché questi Francesi erano così anti-zigani? Forse la ragione è nella
loro storia o nella loro tradizione. Durante la II guerra mondiale nella
repubblica di Vichy (chiamata anche Francia Libera) i Francesi avevano più campi
di concentramento solo per zingari (9) che qualsiasi altro paese d'Europa,
Germania compresa.
C'erano almeno 40 altri campi come Camp Gurs (Pirenei Atlantici) dove altri
piccoli gruppi di Zingari erano detenuti per i lavori forzati. Viene stimato
dagli storici dell'Olocausto che la Francia Libera internò oltre 30.000 Zingari
nella II guerra mondiale.
Considerando questi terribili fatti, non è difficile capire perché le truppe
francesi rifiutarono di fermare gli Albanesi kosovari dalla pulizia etnica di
8.000 Zingari di Mitrovica, o perché il dr. Bernard Kouchner non volesse perdere
il suo tempo cercando di salvare 4.000 bimbi zingari dall'avvelenamento da
piombo. Dopo tutto, tradition is tradition.
Naturalmente, non sono solo i Francesi ad avere responsabilità in questa
tragedia senza senso. Nelle pagine seguenti leggerete di quanti avrebbero potuto
aiutare e non l'hanno fatto. Compiacimento? Incompetenza? Insensibilità? Tu,
lettore, devi decidere se si meritano questi anti-premi... per la loro
negligenza mortale.
Paul Polansky
Pristina, Kosovo
Febbraio 2010
I governatori ONU del Kosovo
Dal giugno 1999, il Kosovo è stato amministrato dalle Nazioni Unite in base
alla Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza. L'Amministrazione ONU del
Kosovo (UNMIK) è guidata da un Rappresentante Speciale del Segretario Generale (SRSG).
L'SRSG ha pieni poteri nello sviluppare qualsiasi azione ritenuta necessaria per
il bene pubblico in Kosovo. Per esempio, nel 2004 durante un sollevamento
albanese contro le enclavi serbe, l'SRSG Holkeri ordinò l'evacuazione di diverse
comunità, mentre la polizia ONU rimosse fisicamente migliaia di Serbi che
rifiutavano di lasciare le loro dimore. Nel 2006, l'SRSG Jessen-Petersen
appoggiò la suo vice Patricia Waring nell'impiego della polizia ONU per
traslocare fisicamente centinaia di Albanesi che si riteneva fossero in pericolo
di vita, dato che le loro case potevano collassare perché il loro villaggio era
costruito sopra le gallerie delle miniere. In entrambe i casi, la maggior parte
della gente rifiutava di andarsene e dovette essere evacuata a forza.
Nonostante questi e molti altri precedenti, tutti gli SRSG hanno rifiutato di
evacuare i Rom e gli Askali che dal 1999 vivono nei campi ONU costruiti su
terreno contaminato. Anche se molti dei loro bambini hanno i più alti livelli di
piombo nella letteratura medica, e molti sono nati con danni irreversibili al
cervello a causa dell'avvelenamento da piombo, l'UNHCR (incaricata dei campi
sino al dicembre 2008) ha rifiutato di ottemperare alla richiesta della sua
agenzia sorella ONU, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, di evacuare
immediatamente i campi e fornire cure urgenti.
Di seguito ci sono gli anti-premi per questi SRSG che attraverso ignoranza,
compiacimento, incompetenza e/o insensibilità (decidi tu) hanno rifiutato di
salvare questa gente, specialmente i bambini e le donne incinte, i più
vulnerabili ai 36 elementi tossici trovati nell'aria, nel suolo e nell'acqua nei
ed attorno ai campi.
L'unico SRSG non considerato per i nostri anti-premi è il primo tra tutti,
Sérgio Vieira de Mello, che fu un SRSG "in azione" non "a tempo pieno", dato che
servì in Kosovo dal 13 giugno al 15 luglio 1999... anche se fu quello il periodo
esatto in cui gli estremisti albanesi nelle uniformi nere dell'ALK visitarono le
case degli Zingari a Mitrovica sud e dissero ai Rom e agli Askali di lasciarle
entro 24 ore, se non volevano che fossero uccisi i loro figli.
Lista degli SRSG in Kosovo:
Sérgio Vieira de Mello (13 giugno - 15 luglio 1999) Brasile
Bernard Kouchner (15 luglio 1999 - 12 gennaio 2001) Francia
Michael Steiner (14 febbraio 2002 - 8 luglio 2003) Germania
Harri Holkeri (25 agosto 2003 - 11 luglio 2004) Finlandia
Søren Jessen Petersen (16 agosto 2004 - 30 giugno 2006) Danimarca
Joachim Rücker (1 settembre 2006 - 20 giugno 2008) Germania
Lamberto Zannier ( 20 giugno 2008 - a tutt'oggi) Italia
Tratta da
Wikimedia Commons - (clicca sull'immagine per vedere la mappa a grandezza
naturale)
Di Fabrizio (del 22/06/2010 @ 09:55:52 in Europa, visitato 4527 volte)
Dei campi profughi in Kosovo avvelenati dal piombo, qui se
n'è parlato parecchio, praticamente da quando esiste questo blog. Il mese
scorso, mi è stato regalato un libretto in inglese (non disponibile in Italia), con i nomi di tutti quanti
hanno colpevolmente contribuito a creare questa situazione. Lo tradurrò in
italiano a puntate. Questa è la prima:
Premessa
Nel gennaio 2009, il giornalista della BBC Nick Thorpe [leggi
QUI gli altri suoi articoli tradotti in italiano su Mahalla, ndr] visitò
con la sua squadra gli ex campi Rom/Askali dell'UNHCR a Mitrovica nord (Kosovo),
per riportare sui bambini che là soffrivano di avvelenamento da piombo.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità gli aveva già detto che questo era il
peggiore avvelenamento da piombo mai verificatosi in Europa e forse nel
mondo.
Dopo aver visitato diverse famiglie e filmato i bambini che guardavano la
telecamera coi loro occhi bruni senza speranza, si voltò verso di me chiedendomi
con disgusto: "Chi è responsabile di questa tragedia? Voglio saperlo!"
Questo libro ti dice, Nick, chi è stato responsabile di questa negligenza
mortale e senza senso.
Paul Polansky
(foto tratta da
Le
nouveau NH) - Fabricka, il quartiere Rom ed Askali a Mitrovica sud, un
anno dopo la loro cacciata da parte dei loro vicini albanesi, mentre le truffe
francesi osservavano senza agire. Nessuna casa è stata bruciata. Gli Albanesi
semplicemente hanno sventrato le case per sottrarne mattoni, infissi, porte e
finestre
Una storia personale dei campi di Kouchner
Anche se l'Armata di Liberazione del Kosovo (ALK) e gli estremisti di etnia
albanese iniziarono questa tragedia senza senso durante l'estate 1999, poterono
farlo semplicemente perché le truppe NATO francesi permisero che questa pulizia
etnica avesse luogo. Non successe in una sola notte. Ci vollero tre mesi perché
tutte le famiglie rom e Askali (circa 8.000 persone; la più grande comunità
zingara in Kosovo) abbandonassero le loro case.
Un mese dopo l'inizio, sentii della diaspora dei Rom di Mitrovica che
cercavano rifugio nel campo UNHCR dove lavoravo come consulente ONU per i loro
problemi "zingari". Presi una macchina in prestito e guidai verso la scena. Fu
uno strappo al cuore vedere genitori terrorizzati che portavano bambini in
pianto, trascinare valigie e tutto ciò che potevano portarsi dietro: una
pentola, un materasso, una radio. Quando arrivai, molti Zingari stavano
supplicando i soldati francesi armati di tutto punto di salvarli. Li raggiunsi,
chiedendo ai soldati francesi di intervenire. Un ufficiale francese mi disse
rudemente che le truppe NATO non erano una forza di polizia. Poi venni
trattenuto e portato al quartiere generale dell'esercito francese in un albergo
del centro città. Mi sequestrarono le foto e mi dissero che non avevo il
permesso di ritornare nel settore francese del Kosovo.
Una settimana dopo ritornai, usando un permesso stampa con un nome
differente. Trovai circa 800 Zingari di Mitrovica rifugiati in una scuola serba
sul lato opposto del fiume Ibar. Non avevano cibo, né sapone. I bagni erano
straripati. Ancora nessuna agenzia di aiuto li aveva scoperti; o, secondo
qualcuno, li ignoravano. Tramite Oxfam di Pristina portammo acqua da bere e
prodotti igienici, e poi riferii della loro situazione all'UNMIK. Qualche giorno
dopo l'UNHCR portò agli Zingari dei pacchi alimentari.
A metà settembre i Serbi rivolevano l'edificio per l'anno scolastico. Così le
truppe francesi e la polizia ONU spostarono gli Zingari in tende su di un'area
tossica abbandonata vicino al villaggio di Zitkovac.
Stavolta protestai direttamente col Rappresentante Speciale del Segretario
Generale (RSSG), dr. Bernard Kouchner. David Reily, capo dell'UNHCR, venne con
me. Depositi di scorie tossiche circondavano il campo zingaro. Potevi odorare
gli elementi tossici. Quando soffiava il vento, la polvere di piombo copriva
tutto e rendeva difficile respirare. Il dr. Kouchner, un famoso attivista
umanitario francese, mi assicurò che gli Zingari sarebbero rimasto su quel sito
solo per 45 giorni. Poi sarebbero stati riportati alle loro case e protetti
dalle truppe francesi o portati come rifugiati in un altro paese. Disse di
essere un dottore. Comprendeva il pericolo di minaccia alle vite nel vivere su o
accanto a depositi di scorie tossiche. Disse: "Come dottore, e come
amministratore capo del Kosovo, sarei miserabile se questa minaccia alla salute
dei bambini e di donne incinte continuasse per un solo giorno ancora." Dichiarò
anche che la situazione era un crimine.
A novembre tornai negli Stati Uniti per scrivere delle mie esperienze in
Kosovo. Quando tornai la primavera successiva per visitare gli insediamenti
delle minoranze in Kosovo e riportare delle loro condizioni alla Società per i
Popoli Minacciati (GFBV), visitai questi Zingari di Mitrovica. Non erano tornati
alle loro case o in un paese terzo. Ora erano alloggiati in baracche temporanee,
tutte su terreno contaminato.
Ero anche scioccato di scoprire che il mio amico David Reily, 50 anni, era
morto a gennaio nel suo appartamento a Pristina per un attacco di cuore. Il suo
sostituto, un Neozelandese di nome Mac Namara, si rifiutò di ricevermi e di
discutere la difficile situazione di questi 800 Rom/Askali nei campi UNHCR
contaminati dal piombo. Tuttavia, fui incoraggiato perché il dr. Kouchner aveva
ordinato alla propria squadra medica ONU di prendere campioni sanguigni dai
bambini zingari che vivevano sui depositi tossici, per vedere se le loro vite
fossero in pericolo.
Ritornai negli USA prima che i risultati fossero resi noti. Ma quando
ritornai in Kosovo la primavera seguente (2001) e trovai che gli Zingari
vivevano ancora in questi tre campi, amministrati dall'Agenzia svizzera di
Soccorso ACT e dal loro partner di sviluppo: Norwegian Church Aid, immaginai che
la squadra medica di Kouchner avesse trovato il sito sicuro.
Anche se io e Kouchner nel 2000 ci scambiammo della corrispondenza sulla
situazione degli altri Rom e Askali, della loro mancanza di libertà di movimento
in altre parti del Kosovo e sulla mancanza di aiuti umanitari, non vidi più
Kouchner.
Ora, vivendo a tempo pieno in Kosovo, mi tenevo in contatto regolare con gli
Zingari dei campi posti su terreni tossici. Quando nel 2002 ACT e NCA smisero di
consegnare cibo e prodotti igienici, iniziai a fornire agli Zingari quel poco
aiuto che riuscivo a trovare. Assunsi anche due sorelle romanì (Tina e Dija) per
insegnare migliori misure igieniche alle donne del campo e ai bambini, anche se
era difficile mantenere puliti i bambini dalla polvere che si alzava dai cumuli
di scorie, visto che passavano all'aperto la maggior parte del tempo.
Non compresi che c'era qualcosa di tragicamente sbagliato nel campo, finché
le due sorelle romanì non mi dissero che le donne del campo lamentavano un alto
numero di aborti e che molti dei bambini stavano sempre male (vomitavano e
cadevano in coma). Poi alcuni dei bambini morirono.
La morte che mi chiarì le idee su cosa stava succedendo nei campi fu quella
di Jenita Mehmeti, di quattro anni. Frequentava l'asilo del campo, quando la sua
maestra si accorse che Jenita stava perdendo la memoria e aveva difficoltà a
camminare. Fu portate nell'ospedale locale a Mitrovica e da lì trasferita
d'urgenza in ambulanza in un ospedale meglio equipaggiato a Kraguevac (Serbia).
Jenita rimase lì per tre mesi prima di morire. La causa della morte fu
diagnosticata in "herpes", un'infezione non fatale a meno di malfunzionamenti
del sistema immunitario. Come per l'Aids, l'avvelenamento da piombo distrugge il
sistema immunitario specialmente nei bambini di età inferiore ai sei anni.
Subito dopo la morte di Jenita nel 2004, una squadra medica ONU guidata
dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) fece l'esame del sangue a molti
bambini in tutti tre i campi, per vedere se avevano avvelenamento da piombo,
dato che i loro sintomi lo indicavano. I risultati scioccarono tutti. I livelli
di piombo in molti bambini erano più alti di quanto le apparecchiature mediche
potessero misurare. A novembre un rapporto OMS indicò che alcuni dei livelli di
piombo nei bambini di quei campi erano i più alti mai registrati nella
letteratura medica.
Per undici anni abbiamo tentato di far evacuare dall'ONU i campi rom in
Kosovo dove i bambini hanno i più alti livelli di piombo nella letteratura
medica. Più di 89 Rom/Askali sono morti in quei campi. Ogni bambino nato lì, se
sopravvive, ha danni irreversibili al cervello.
Dato che l'ONU non vuole ascoltare le nostre richieste a favore di questi
bambini, stiamo promuovendo una petizione mondiale rivolta al Presidente Obama,
chiedendogli di evacuare i campi (meno di 600 uomini, donne e bambini) e di
curarli presso le basi militari americane in Kosovo. Questo il link per firmare
la petizione:
Nei cinque campi di Bologna ci sono 300 sinti, 250 i rom invisibili. Viaggio
negli accampamenti di Bologna dove la vita, nonostante le difficoltà può anche
sorridere. Come?
Chiedetelo a Mary che si è trasferita per amore
di LUIGI SPEZIA
Sinti, non rom, ma la paura non fa differenze, non guarda in faccia nessuno. Nei
campi nomadi - via Peglion, via Erbosa, via Dozza alle Due Madonne, via
Persicetana - vivono i sinti italiani non i rom romeni o bosniaci, che dopo i
grandi sgomberi degli anni scorsi sono ancora oltre 200, ma sono sparpagliati e
invisibili, in fuga dai vigili e senza cittadinanza. La morte dei quattro
bambini rom, soffocati tra le fiamme a Roma, ha trasmesso i brividi anche ai
250-300 abitanti sinti che vivono ai margini della città, tra scarso lavoro,
diffidenze, guai e legittime richieste di essere trattati da cittadini di serie
A. "Ma qui basta una scintilla e prende fuoco tutto" .
"Viviamo in questo campo che doveva rimanere provvisorio per sei mesi e invece è
provvisorio da vent'anni - tuona Matteo Bellinati, uno dei leader di via Erbosa
-. Ci avevano promesso di trasformare questa ammucchiata di roulotte in una
micro-area, ma i soldi ogni anno il Comune li investe altrove. Se qui in piena
notte prende fuoco una di queste roulotte, va a fuoco tutto, capito? Sono una
attaccata all'altra, non è regolare niente".
Vent'anni non è una cifra a caso. I Bellinati - con loro c'è anche un gruppo
della famiglia Orfei - sono i parenti di quel Rodolfo preso nel mirino di
Roberto e Fabio Savi, quando, con i loro Ar 70 e Sig Manurhin, il 23 dicembre
1990 spazzarono di piombo il campo abusivo di via Gobetti e lasciarono feriti e
un'altra vittima, Patrizia Della Santina. Dopo la strage, il gruppo era sciamato
per la regione, "il sindaco Imbeni ci chiese di tornare, ci ha piazzati qui ma
dopo non è successo più nulla". Il campo è infossato fra tre massicciate
ferroviarie e sorvolato dai fili di un traliccio dell'alta tensione. "Come si
può vivere qua - continua un altro Bellinati che di nome fa Antonio -? I nostri
venti bambini vanno a scuola, ma qui soffriamo di mal di testa e agli occhi, non
dicono che dai tralicci bisogna star distanti settanta metri? Le roulotte sono
riscaldate con stufette elettriche. Se scoppia un incendio di notte non si salva
nessuno, la plastica di queste nostre case è come benzina". E come benzina ha
preso fuoco ieri sera una parte di roulotte senza altre conseguenze, con
intervento dei vigili del fuoco, al campo del Bargellino, certamente meglio
attrezzato di quello di via Erbosa. Alcuni bambini bruciavano legna all'esterno.
L'accampamento migliore è quello di via Dozza alle Due Madonne. Lì vive
l'"aristocrazia" nomade e c'è anche una chiesetta in muratura degli Evangelici
Pentecostali, che hanno convertito decine di sinti, le cui anime sono curate da
pastori, sempre sinti. "Ma non curano il corpo, purtroppo - dice un residente -:
io raccolgo ferro con il furgone, non c'è altro lavoro. Qui il villaggio è
bello, sì, ma manca il lavoro". Qui ogni gruppo familiare ha un cortile tutto
suo dove campeggia il fabbricato delle cucine e dei bagni e attorno le varie
roulotte. "Ma le cucine e i bagni sono stati lasciati aperti, non danno il
permesso per chiuderli e d'inverno non è proprio il massimo".
Oltre le Due Madonne c'è l'insediamento di Idice, Comune di San Lazzaro. Il bus
giallo della scuola scarica i bambini, in mezzo al grande prato centrale gli
adulti stanno festeggiando un compleanno, c'è il baffuto Franco che stende
spiedini di pecora sul fuoco. Qui abita Giuseppe Bonora, 64 anni, detto "il
bimbo", coordinatore dell'Opera Nomadi dell'Emilia Romagna: "Abbiamo chiesto più
di una volta un incontro con il sindaco Macciantelli, ma non l'abbiamo ancora
avuto. Qui siamo ancora ad una favelas, non alle micro-aree. In tutti i comuni
dell'Emilia Romagna non fanno più aree di transito e di sosta. E siamo italiani.
Da noi non cresce nemmeno l'erba, chissà cosa ci hanno messo qua sotto". Bonora
ci tiene a dire che tutti i 15 bimbi del campo vanno a scuola, "nessuno va a
chiedere l'elemosina, eh? Gli adulti raccolgono ferro, o fanno spettacoli
viaggianti e poi magari c'è anche chi fa cose non belle. Ma bisogna pur dire che
una mano non ce la dà nessuno".
Se il campo disastrato di via Erbosa è circondato da tre ferrovie, quello
piccolo della famiglia Gallieri in via Peglion ha vista sul guardrail dell'A14.
Un campo che è stato trasferito in loco per tre volte, anche l'ultimo pezzo di
terra acquistato dalla famiglia per abitarci è stato espropriato dal Comune "e
io - dice Antonio Gallieri, che a 58 anni ha 9 figli, 18 nipoti e 3 pronipoti -
ho fatto una causa alla Corte europea. Ho avuto venti processi contro di me, ora
ce n'è ho uno "Gallieri contro lo Stato"".
Non ci sono solo i campi. Dappertutto ci sono le famiglie isolate, soprattutto
rom, anche dentro luoghi abbandonati come l'ex Casaralta o l'ex Cevolani. In via
Biancolelli, a Borgo Panigale, ecco una roulotte di sinti che non trovano posto
in via Persicetana, con tre bimbi che vanno alle elementari: "Abbiamo chiesto
casa due anni fa al Comune, non l'abbiamo ancora", dice Adriano Bonora. Lì
accanto una vecchia roulotte di rom, il capofamiglia è Brahim Husovic, calderas
bosniaco. La moglie è incinta, ha sei figli stipati dentro quel cubo fatiscente,
la più grande ha 18 anni. "Mio nonno viveva al Casilino 900", racconta
riferendosi alla tragedia di Roma. "Da Roma ho dovuto scappare". Storie che si
intrecciano. "I rom oggi sono circa 250 a Bologna, compresi quelli ai semafori -
dice Dimitris Argiropoulos, attivista della Federazione Romanì -. Stanno
nascosti". Due famiglie vivono tra le frasche del giardino del Baraccano.
Lettera aperta di
Paul Polanskyin risposta alla dichiarazione dell'ambasciatore Ian Kelly,
Missione USA c/o l'OCSE, riguardo al genocidio dei Rom [...] (QUI
la dichiarazione in inglese dell'ambasciatore, ndr)
31 luglio 2011, Spettabile Ambasciatore Kelly,
Mi congratulo per i suoi sforzi di portare l'attenzione sulla difficile
situazione degli zingari europei (Rom, Sinti, Kalè, Sinkali, Askali ed Egizi)
nel suo discorso commemorativo al Consiglio OCSE di Vienna lo scorso 28
luglio. Non dovrà mai essere dimenticato cosa accadde ai 2.897 Rom e Sinti
quella notte tra il 2 e il 3 agosto ad Auschwitz, e sempre dovrà essere
commemorato.
Tuttavia, enfatizzare cosa accadde agli zingari europei durante la II guerra
mondiale, come lei ha fatto durante il suo discorso, distrae dall'attuale
situazione. Nella maggior parte dell'Europa durante la II guerra mondiale gli
zingari non vennero sistematicamente messi all'indice come gli Ebrei (almeno,
non sul campo), per quanto non ci siano dubbi che la maggior parte degli zingari
soffrì aspre persecuzioni.
Così ho raccolto, filmato e pubblicato molte storie orali dai sopravvissuti
zingari della II guerra mondiale, che altri studiosi hanno messo insieme. Dalle
registrazioni dei censimenti prima e dopo della guerra, e soprattutto dalle
testimonianze dei sopravvissuti, risulta che il 90% degli zingari europei scampò
alla II guerra mondiale.
Ovviamente, lei non è il solo a dichiarare che centinaia di migliaia di
zingari furono liquidati durante la II guerra mondiale. Uno studioso romanì ha
addirittura pubblicato che oltre 3.000.000 di Rom (sic) furono uccisi tra il
1939 e il 1945. Censimenti, registrazioni locali e della polizia dimostrano che
non c'erano così tanti zingari in Europa prima della guerra. E la demografia
dimostra che non potrebbero esserci oggi in Europa tra i 10 e i 12 milioni di
zingari, se centinaia di migliaia fossero stati liquidati come lei ed altre
persone uniformate (ma in buona fede) suggerite.
Ho intervistati sopravvissuti zingari alla II guerra mondiale in 17 paesi,
inclusi sopravvissuti ad Auschwitz, Jasenovac, Lety, e tutti i campi di
concentramento nei Balcani. Non ci sono dubbi che alcune comunità zingare,
specialmente nell'Europa orientale, furono completamente sterminate (soprattutto
dai fascisti locali le cui comunità continuano oggi ad impegnarsi in attacchi
razzisti). Ma la maggior parte degli zingari sopravvisse alla II guerra
mondiale, mentre nessuno dei loro vicini ebrei ritornò.
Per esempio, prima della II guerra mondiale la città di Bitola aveva le più
grandi comunità ebree e zingare della Macedonia. Durante la guerra tutti gli
ebrei vennero uccisi, mentre nessuno zingaro perse la sua vita per mano degli
occupanti.
A Nish, Serbia, dove i tedeschi costruirono il loro primo campo di
concentramento nei Balcani, tutti gli ebrei eccetto uno vennero ammazzati
durante la guerra. Dopo la guerra, c'erano ancora circa 4.500 zingari su di una
popolazione pre-bellica di circa 5.000.
Ciò che successe a Nish è tipico di cosa accadde in tutta l'Europa orientale
(eccetto alcune tragiche eccezioni). Ai giovani idonei al lavoro venne chiesto
di lavorare volontariamente nelle fabbriche in Germania, quanti rifiutarono
vennero in seguito trasportati nei campi di lavoro forzato, dove molti
sopravvissero alla guerra. I più anziani, considerati non abili al lavoro,
vennero trattenuti come ostaggi (assieme ai locali serbi), e fucilati 100 alla
volta quando un soldato tedesco veniva ucciso dalla resistenza del posto. Dato
che nei quartieri zingari erano rimasti pochi uomini adulti, i soldati tedeschi
ubriachi spesso vi si avventuravano di notte in cerca di donne da violentare. Le
storie su come le donne zingare salvarono se stesse e protessero le loro figlie,
rivelano come le comunità zingare sopravvissero contro ogni previsione.
Prima della guerra, specialmente nei Balcani, molte case di ebrei avevano
almeno una donna zingara che vi lavorava come domestica a tempo pieno. Molte
donne zingare si trovavano in case ebree quando i tedeschi vennero a
rastrellarli. Devo ancora sentire da qualche sopravvissuto che una donne delle
pulizie, una cuoca o una lavandaia zingare fossero state portate via assieme
alle loro famiglie ebree.
Gli studiosi che hanno seriamente indagato sull'"Olocausto zingaro" della II
guerra mondiale non riescono a provare oltre 125.000 morti. Naturalmente, le
cifre non significano niente di fronte alle tragedie e persecuzioni patite dagli
zingari.
Nelle mie interviste sulla storia orale, ho sempre chiesto ai sopravvissuti
quando avessero sofferto di più durante la loro vita: prima o dopo la guerra, o
sotto il comunismo? Quasi senza eccezione i sopravvissuti alla II guerra
mondiale hanno dichiarato che il peggior periodo della loro vita è adesso. E che
con ciò non intendono solo per loro, ma anche per figli e nipoti.
Questa è la vera tragedia. Dopo 66 anni la più grande minoranza europea si
sente ancora perseguitata con poche speranze di un futuro migliore.
Ambasciatore Kelly, è molto ironico (almeno per me) che lei abbia dato il suo
discorso commemorativo davanti all'OCSE, che così spesso ha chiuso gli occhi
sulle sofferenze degli zingari nell'Europa dell'est. All'OCSE piace far
rimbombare dai tamburi della propaganda, che loro stanno insegnando tolleranza e
cittadinanza agli zingari (si suppone per salvarli dalla loro situazione) e
stanno tenendo conferenze su di loro. Ma in verità, spesso l'OCSE demonizza gli
zingari (almeno in Kosovo).
Non è un caso che il nuovo segretario generale dell'OCSE, Lamberto Zannier,
ex governatore ONU del Kosovo (vedi
QUI, ndr) rifiutò di ascoltare gli appelli dall'OMS, Human Rights Watch
ed innumerevoli altre organizzazioni internazionali di evacuare e curare
immediatamente centinaia di Rom e Askali nei campi rom costruiti su terreni
contaminati, dove ogni bimbo nasceva con danni irreversibili al cervello? Anche
se la stampa (BBC compresa) riportava che questi bambini Rom/Askali avevano i
più alti livelli di piombo nella storia della letteratura medica, Zannier ancora
rifiutò di evacuare, per quanto ci fossero precedenti in Kosovo quando l'ONU
rimosse forzatamente Albanesi e Serbi dalle loro case, visto che si supponeva
che le loro vite fossero a rischio a causa di circostanze pericolose.
Dal 1999 sino ad oggi, l'OCSE in Kosovo ha rimproverato agli zingari di
essere colpevoli per la loro situazione, nonostante l'evidenza del contrario.
Thomas Hammarberg, commissario del consiglio d'Europa per i Diritti Umani, ha
pubblicamente dichiarato che quella dei Rom e gli Askali del Kosovo nei campi a
Mitrovica nord, è stata la peggior tragedia dei diritti umani in Europa
dell'ultimo decennio. L'OCSE pubblicamente è rimasta in silenzio su questa
tragedia. In privato, continuano a rimproverare i Rom della loro tragedia.
Come ambasciatore americano presso l'OCSE, spero che sarà parte della sua
missione instillare in quell'organizzazione il rispetto per i diritti umani, che
tutti gli americano hanno tanto caro. E che lei farà in modo che l'OCSE ed il
mondo sappiano cosa sta succedendo alla più grande minoranza d'Europa, invece di
nascondere le loro sofferenze e persecuzioni con la nebbia della II guerra
mondiale.
Di Fabrizio (del 31/01/2007 @ 09:44:57 in Europa, visitato 2805 volte)
I Rom sono la più grande minoranza dell'Unione Europea. Con l'ingresso di Bulgaria e Romania, ci sono oltre 10 milioni di Rom che vivono negli Stati Membri. Le tematiche dei Rom sono state nell'agenda delle istituzioni europee nell'ultima decade, e secondo la Commissione Europea oltre 270 milioni di € sono stati investiti tra il 2001 e il 2006 [...] in progetti destinati esclusivamente alle comunità rom. Sfortunatamente, i risultati non sono stati proporzionali alla mole degli investimenti. Le comunità rom continuano a fronteggiare forti modelli di esclusione sociale e discriminazione in tutti i paesi EU.
La posizione di estremo svantaggio dei Rom mette in questione la compilazione dell'agenda sociale della EU. L'inclusione sociale e il pari trattamento dei Rom devono essere entrambe una priorità delle istituzioni EU e dei governi nazionali. La realizzazione di questa meta richiede sforzi nelle varie aree e necessita l'impegno dei decisori ai livello nazionale e della Commissione Europea. La meta ultima delle politiche EU verso i Rom devono garantire eguale accesso al lavoro, educazione, alloggio, sanità e il necessario quadro per esercitare i diritti civili e partecipare ai processi decisionali. In questo contesto, ERIO ritiene che la Presidenza tedesca della EU debba giocare un ruolo chiave nel miglioramento delle politiche europee verso i Rom.
Politiche anti-discriminatorie e di Inclusione Sociale
La maggior parte dei Rom sono in posizione svantaggiata nei settori dell'impiego e della casa come nei sistemi scolastici e della sanità e non hanno l'opportunità di partecipare ai relativi processi decisionali. Le istituzioni europee ed i governi nazionali devono fare una priorità dell'incorporare nelle loro agende politiche il miglioramento delle condizioni di vita dei Rom e l'eliminazione della discriminazione costante. Per raggiungere questo obiettivo, ERIO richiede alla Presidenza EU:
Rafforzare gli sforzi per sradicare tutte le forme di razzismo e discriminazione contro i Rom. A livello EU la campagna comunitaria "Per la Diversità, contro la Discriminazione" deve essere più efficace tramite una miglior allocazione dei fondi, focalizzandosi su progetti con obiettivi chiari, rivolti a gruppi definiti e con gli indicatori di successo. Dev'essere assicurata la partecipazione delle organizzazioni dei Rom e l'implementazione di campagne a livello nazionale.
Promuovere lo sviluppo di politiche volte all'inclusione dei Rom a livello EU e nazionale. Comprendendo la consultazione delle organizzazioni dei Rom nella selezione, progettazione, implementazione e valutazione del Fondo Strutturale dei progetti diretti ai Rom e migliorando l'uso di questi fondi a livello EU.
Assicurare che la prevista Agenzia Europea per i Diritti Fondamentali si focalizzi con forza sulla lotta contro il razzismo verso i Rom. Dev'essere creata all'interno dell'Agenzia un'unità di lavoro che affronti le specifiche tematiche rom e dev'essere assicurata la partecipazione delle organizzazioni dei Rom nella Piattaforma delle OnG.
Incoraggiare gli Stati Membri a seguire i principi della Risoluzione sui Rom del Parlamento Europeo del 28 aprile 2005.
Bambini Rom e Giovani nel Sistema Educativo
Molti bambini e giovani Rom affrontano discriminazione nel sistema educativo in Europa e non hanno accesso al sistema educativo [...] frequentano scuole segregate e per disturbi mentali. La segregaziome avviene su basi discriminatorie, e come risultato di questo sistema non sviluppano le necessarie abilità nell'accesso al mercato del lavoro o all'auto-impiego. Quindi la loro integrazione è perciò una delle maggiori sfide che attendono la EU e i governi nazionali nel garantire pari opportunità ai Rom. Per raggiungere questo obiettivo, ERIO richiede alla Presidenza EU:
La promozione di politiche onnicomprensive di desegregazione scolastica. Nei paesi dove a scolarizzazione segregata viene praticata,i governi nazionali devono essere incoraggiati a sviluppare strategie nazionali che rafforzino la desegregazione. I governi devono essere anche galvanizzati nel portare avanti campagne di testimonianza sulla discriminazione nelle scuole per assicurare che i bambini e i giovani Rom siano trattati al pari dei loro coetanei della società maggioritaria.
Assicurare che le azioni volte ad abolire la discriminazione affrontata dai Rom nelle scuole, diventino prioritarie nei Programmi della Commissione Europea, particolarmente nei campi dell'anti-discriminazione e dell'inclusione sociale. I progetti che promuovono e appoggiano la desegregazione devono essere fortemente focalizzati sui bambini e sui giovani Rom.
I Rom nel Mercato del Lavoro e dell'Auto-Impiego
Secondo diverse ricerche condotte da istituti riconosciuti, istituzioni europee e organizzazioni dei diritti umani, i Rom affrontano grandi difficoltà nel mercato del lavoro e nelle opportunità di auto-impiego. Altissimi tassi di disoccupazione e sotto-impiego, come pure lavori sotto-qualificati e sottopagati, caratterizzano la situazione dei Rom nel mercato lavorale tanto nei paesi membri che in quelli candidati. Secondo i ricercatori e come ampliamente documentati, questa situazione è il risultato dei bassi livelli di scolarizzazione e delle discriminazioni affrontate nel mercato del lavoro. Garantire ai Rom un pari accesso all'impiego e alla retribuzione è fondamentale per promuovere la loro inclusione sociale e combattere gli alti tassi di povertà. Per ottenere questo obiettivo, ERIO richiede alla Presidenza EU:
Di incoraggiare la Commissione Europea e i governi nazionali nello sviluppare programmi di formazione vocazionale che forniscano ai Rom le capacità richieste per accedere a un lavoro adeguato e ad opportunità di auto-impiego. Dato che le donne Rom sono le più soggette alla disoccupazione, devono essere creati programmi specifici indirizzati ai loro bisogni particolari e l'inclusione della comunità Rom nella progettazione, sviluppo e valutazione. Occorre favorire l'accesso a misure di micro-credito per l'auto-impiego e dev'essere tenuta in conto l'importanza che questo può avere nell'integrazione. Dev'essere assicurata la focalizzazione su queste tematiche da parte della CE, specialmente attraverso i Programmi di Progresso e i Fondi Strutturali.
Affrontare chiaramente la discriminazione nel mercato lavorale. Occorre assicurare che la Comunità promuova campagne di consapevolezza e anti-discriminatorie con attenzione ai Rom, particolarmente nel quadro Programma Progresso della CE. Queste campagne devono indirizzarsi a lavoratori e amministratori, in particolare a quanti lavorano nelle agenzie per l'impiego. [...]
I Rom nel Processo di Allargamento della EU
Grandi comunità di Rom vivono nei Paesi Candidati: Turchia, Macedonia e Croazia. Rapporti intergovernativi e delle organizzazioni dei diritti umani - tra cui il Rapporto sui Progressi dei Paesi Candidati all'Accesso della Comunità Europea - rivelano che i Rom affrontano forti modelli di esclusione sociale e povertà diffusa nei paesi summenzionati. Diffuse violazioni dei diritti umani, demolizioni degli insediamenti rom, condizioni di vita sotto gli standards ed ampli tassi di disoccupazione e assenteismo scolastico sono la prominente caratteristica della situazione dei Rom nei Paesi Candidati. E' vitale facilitare un miglioramento delle condizioni di vita dei Rom in questi paesi. Per raggiungere questo obiettivo, ERIO richiede alla Presidenza EU:
Che nei Paesi Candidati prevalga lo stabilizzarsi di un quadro legale e materiale di condizioni necessarie a sviluppare la situazione dei Rom. Il progresso delle condizioni di vita dei Rom in questi paesi dev'essere un parametro per ottenere l'accesso nella EU. L'agenda per l'accesso nella EU dev'essere sviluppata nello stabilirsi (e rafforzarsi) gli standard minimi di protezione e rispetto dei diritti umani.
Rom Rifugiati e Richiedenti Asilo
La situazione dei rifugiati dell'ex Yugoslavia, tra loro quanti di origine Rom, è allarmante in diversi Stati Membri nell'Europa Occidentale. In molti Stati Membri, questi rifugiati non possono esercitare i basici diritti civili, sono spesso esclusi dal lavoro e non possono continuare gli studi. In aggiunta alla sperimentazione dell'esclusione sociale nei paesi d'asilo, i Rom sono spesso forzati a tornare nei paesi d'origine, nonostante le inadeguate condizioni per un ritorno. Le ragioni per cui i Rom sono forzati a lasciare i loro paesi d'origine nell'ultimo decennio non si differenziano molto da quelle affrontate dalle popolazioni maggioritarie: conflitti armati, violenze etniche, collasso della coesione e delle strutture sociali, povertà economica e sociale. Per garantire la sicurezza ai Rom rifugiati, ERIO richiede alla Presidenza EU:
Il richiamo degli Stati Membri a rispettare appieno quanto previsto dalla Convenzione di Ginevra e alla predisposizione di misure attive a fermare le espulsioni e i ritorni forzati dei Rom verso l'ex Yugoslavia, fintanto che la situazione rimane pericolosa e non ci sono condizioni adeguate al ritorno.
Fare in maniera che gli Stati Membri semplifichino le procedure burocratiche per definire lo status legale dei Rom rifugiati, facilitando quindi la loro integrazione e facilitando la loro integrazione e contributo al pari accesso nei campi dell'impiego, educazione, alloggio e sanità per quanto riguarda i loro diritti civili. Le disposizioni legali applicabili ai rifugiati ed agli stranieri dovrebbero rispettare sempre il principio della non-discriminazione.
I Rom in Kosovo
La situazione delle minoranze in Kosovo, particolarmente i Rom Serbi e Kosovari, è ancora molto precaria e si sovrappone ai problemi relati agli spostamenti interni. Sperimentano inoltre condizioni alloggiative inumane, povero o inesistente accesso alla sanità, scolarizzazione e impiego. I Rom sono regolarmente bersaglio di violenze e crimini razzisti. Non è stato sviluppato alcun Piano d'Azione indirizzato alla situazione dei Rom in Kosovo. Un'importante condizione per stabilizzare la regione assicurare l'attuale pericolosa situazione dei Rom Kosovari è il chiarimento dello status del Kosovo - che dev'essere raggiunto il prima possibile dall'amministarzione ad interim dell'UNMIK, assieme alle autorità Serbe e Kosovare. Testimoniando così il ruolo che la EU può giocare, non soltanto nel processo negoziale, ma anche nell'amplificare lo sviluppo umano nella regione e la stabilizzazione della situazione sociale, ERIO richiede alla Presidenza EU:
Di promuovere la partecipazione dei rappresentanti delle comunità Rom nei negoziati sullo status del Kosovo. Il pieno rispetto dei diritti delle minoranze dovrebbe essere argomento dei dialoghi sullo status del Kosovo.
Appoggiare le iniziative per progettare un Piano d'Azione per migliorare la situazione dei Rom in Kosovo. Questo Piano d'Azione deve contenere misure volte all'eliminazione di tutte le forme di discriminazione e razzismo contro i Rom, ed incoraggiare lo sviluppo di un effettivo sistema giuridico che protegga i diritti delle minoranze. Devono essere incluse misure per lo sviluppo delle opportunità si scolarizzazione ed impiego per i Rom e per assicurare la loro partecipazione nel processo decisionale.
Fare pressione verso l'UNMIK e le autorità perché scrutinino accuratamente le condizioni dei Rom nei campi rifugiati, così da determinare potenziali rischi per la salute e migliorare i servizi per gli abitanti. Dev'essere data particolare attenzione a quei campi dove c'è rischio di contaminazione da piombo (i campi situati a Mitrovica Nord, come Camp Osterode). Indipendentemente da ciò, la EU deve ricordare all'UNMIK e agli amministratori locali che la sistemazione nei campi rifugiati è soltanto una soluzione temporanea, e questi insediamenti per nessuna ragione devono diventare definitivi. Per quanto rimangano le condizioni che forzano i bambini Rom a rimanere nei campi rifugiati, dev'essere data particolare attenzione ai loro bisogni educativi. Dev'essere inoltre confermata la ricostruzione dei quartieri Rom in Serbia e Kosovo andati distrutti.
Di Fabrizio (del 28/09/2010 @ 09:42:59 in Europa, visitato 3531 volte)
by Paul Polansky
[continua]
EULEX
(immagine da
daylife.com) Il generale in pensione Yves de Kermabon mentre prega
(spero) per salvare (spero) i bambini rom e askali di Mitrovica dai soldati
francesi, dal dr. Bernard Kouchner, dall'ONU, dal governo del Kosovo e... dall'EULEX.
IL PREMIO IN-GIUSTIZIA: disgrazia questa Missione dell'Unione Europea in
Kosovo sul Ruolo della Legge che rivendica il suo scopo principale
nell'assistere e supportare le autorità del Kosovo sul ruolo della legge e si
riserva il diritto di perseguire i seri crimini che il governo del Kosovo
ignora. EULEX viene disonorata con questo premio per avere rifiutato di
considerare "la negligenza di massa verso l'infanzia" nei campi di Mitrovica
come un "serio crimine", nonostante le 86 morti sino ad oggi.
Dato che era risultato impossibile durante quasi undici anni di coinvolgere
qualsiasi agenzia ONU o il governo del Kosovo, soprattutto il Ministro della
Salute, nel salvare i bambini che muoiono di avvelenamento da piombo negli ex
campi UNHCR, inviai una mail a Yves de Kermabon, capo della missione EULEX,
chiedendogli un incontro per discutere su cosa EULEX potesse fare.
Ex generale francese, che una volta comandava la Legione Straniera in
Cambogia e poi le forze NATO in Kosovo, Kermabon rifiutò di vedermi.
Con l'aiuto di amici impegnati nel salvare questi bambini, facemmo ricorso al
suo capo UE, la baronessa Catherine Ashton, ed alla fine ottenemmo un
appuntamento per vedere il procuratore capo del generale Kermabon, Theo Jacobs,
e tre componenti della sua squadra. Non fu un ricevimento caloroso. Erano troppo
ritrosi per ricevermi o soltanto riluttanti di dovermi vedere.
Il procuratore capo Jacobs non fece nessun tentativo di dare inizio alla
riunione, così gli chiesi se avesse ricevuto il nostro promemoria legale che gli
avevo inviato per posta elettronica il giorno precedente. Con riluttanza mi
disse di sì ma non fece nessun commento. Così tirai fuori tutti gli altri
documenti che avevo portato e iniziai a passarglieli.
Il primo era un comunicato OMS del settembre 2009 che ancora una volta
chiedeva l'immediata evacuazione e cure mediche. Dissi che l'OMS ne chiedeva
l'evacuazione dal novembre 2000 e che da allora aveva inviato richieste simili.
Nessuna risposta da EULEX: nessuna domanda, nessun commento.
Ho poi consegnato il rapporto del difensore civico al primo ministro del
Kosovo inviato ad aprile 2009, in cui il difensore civico chiedeva l'immediata
evacuazione e chiedeva una risposta entro 30 giorni. Non venne mai ricevuta
nessuna risposta da parte del primo ministro. Dissi che il nuovo difensore
civico il giorno prima aveva visitato i campi ed avrebbe inviato un rapporto
simile chiedendo l'evacuazione e cure mediche. Nessun barlume di vita da parte
dei convocati EULEX seduti davanti a me.
Poi consegnai loro il rapporto di Thomas Hammarberg, il Commissario per i
Diritti Umani del Consiglio d'Europa, che chiedeva l'evacuazione dei campi e
cure mediche. Uno dello staff di Jacobs seduto di fronte a me disse che la
settimana seguente avrebbe posto maggior pressione al governo del Kosovo perché
facesse qualcosa.
Allora diedi loro il rapporto di Human Rights Watch (77 pagine) e per finire
un'altra copia del nostro memorandum legale di 46 pagine.
Dissi che avevamo fatto pressioni sull'UNMIK per un'evacuazione e cure
mediche già dal novembre 2000 e naturalmente senza ottenere niente. Eravamo ora
a febbraio 2010. Dissi che probabilmente era impossibile portare in giudizio lo
staff ONU a causa della loro immunità, ma volevamo comunque farlo per gli
amministratori del campo, Norwegian Church Aid e KAAD. Fornii allora loro degli
esempi di "negligenza premeditata" commessa da entrambi gli amministratori del
campo, enfatizzando il rifiuto di NCA di riportare le morti nel campo e mai
chiedendo alimenti o trattamento medico per avvelenamento da piombo; e KAAD, che
oltre a ciò aveva colpevolmente interrotto la dieta speciale per Ergin e suo
fratello.
Dissi che ci doveva essere giustizia. Per quello ero venuto da loro.
Jacobs disse che un'azione sotto il loro mandato era impossibile. Loro erano
lì essenzialmente per monitorare il sistema giudiziario del Kosovo. EULEX si
incaricava personalmente di pochissimi seri crimini. Anche se il nostro caso
fosse stato possibile sotto il loro mandato, non l'avrebbe accettato perché
sarebbero occorsi anni per trovare se qualcuno fosse responsabile. Dissi che
avevamo tutte le prove che servivano. Dissi che l'OMS si era offerto di fornire
tutti gli elementi di prova e che io ed i nostri avvocati potevamo fornire nomi
e prove della negligenza criminale.
Jacobs disse che non si trattava di un caso criminale, ma di una questione
politica. Disse che l'unica maniera per noi era di mettere più pressione
politica sul governo del Kosovo per risolvere questa questione politica.
Non ero d'accordo e parlai a lungo sulla storia di questo caso: il dr.
Kouchner che mette i Rom su di un terreno contaminato, promettendo che sarebbero
stati spostati entro 45 giorni; dissi che la squadra medica ONU aveva
raccomandato l'evacuazione nel novembre 2000 e la disintossicazione in Polonia,
ma che Kouchner aveva opposto il veto; dissi a Jacobs che il mio team aveva
portato la famiglia di Mustafa in Germania, sottoponendo a TAC tutti i bambini,
che trovò Denis di 7 anni col fegato di un sessantenne alcolizzato, a causa
dell'avvelenamento da piombo secondo i dottori tedeschi; dissi di come io e il
mio staff avessimo raddoppiato i livelli di piombo che causano danni cerebrali e
che anche noi avessimo dovuto essere disintossicati. Menzionai come tutti
stessero rimproverando ai Rom di avvelenarsi da soli smaltendo le batterie delle
auto, ma che i campioni su 66 bambini del campo mostravano di avere 36 altri
metalli pesanti che non si trovavano nelle batterie delle macchine. Continuai ma
non vidi nessun barlume di interesse nelle persone sedute di fronte a me. Era
ovvio che non mostravano alcuna compassione per la sofferenza di questa gente...
questi zingari.
Parlai per 50 minuti, raccontando loro ogni tragedia che era successa nei
campi dal 1999. Se fosse dipeso da loro, il meeting sarebbe finito dopo cinque
minuti.
Alla fine, Jacobs era abbastanza esasperato con me che cercavo di rendere
questo un caso criminale. Continuò a dire che era una perdita di tempo. Quella
era una questione politica e io dovevo trovare un modo di fare pressione sul
governo del Kosovo, non su EULEX.
Alla fine gli chiesi se non fosse stato un serio crimine. Mi rispose di no.
Disse che era un serio problema, ma perché lui lo definisse un serio crimine
prima avrebbe dovuto investigare e questo avrebbe preso anni. Anche così, disse,
sarebbe stato difficile trovare i responsabili di persona. Dissi che se questa
situazione fosse avvenuta in qualsiasi città europea ed il sindaco, il capo
della polizia e gli incaricati alla sanità pubblica non avessero immediatamente
evacuato l'area, sarebbero finiti in prigione per negligenza verso l'infanzia.
Il procuratore capo si limitò a fissare davanti a sé.
Il suo staff concordò con lui. Questa era una questione politica e dovevamo
porre maggiore pressione sul governo del Kosovo. Dal 1999 al 2008 non era
possibile. Ora che il Kosovo aveva l'indipendenza, dovevano mostrare di
meritarsela.
La donna seduta di fronte a me continuò a ripetere che Thomas Hammarberg
sarebbe venuto la settimana prossima. Era molto alterato perché il governo del
Kosovo non aveva seguito le sue raccomandazioni di sei mesi prima, quando era
stato lì l'ultima volta, di evacuare i campi. Disse che avrei dovuto incontrarlo
durante la sua visita.
Lasciai loro due nostri DVD: Kosovo Blood e la manifestazione del campo di
Osterode ad aprile 2009. Lascia anche loro due copie del mio libro UN-Leaded
Blood che immediatamente loro coprirono con le loro carte, nel caso qualcuno
potesse vederne la copertina.
Fui molto educato nel ringraziarli per avermi ricevuto, ma spero di aver
mostrato con la mia espressione quanto frustrato io fossi dalla loro mancanza di
umanità e compassione, e soprattutto dalla loro mancanza di interesse nel
cercare giustizia per questa povera gente che aveva sofferto la peggiore
tragedia di ogni minoranza in Europa nell'ultima decade. Così come non c'è
misericordia per i nostri bambini romanì negli affari targati Mercy Corps, né
nessun interesse nel salvare i nostri bambini da parte dell'OnG Save the
Children... non c'è nemmeno nessun interesse nella giustizia per questi ragazzi
del Dipartimento Giustizia di EULEX.
Riconoscimenti
Durante questi undici anni per portare l'attenzione sulla sofferenza e la
tragedia dei Rom/Askali scaricati dall'ACNUR e dall'UNMIK su terreni
contaminati, non molte persone od organizzazioni sono state con noi durante la
lunga tirata. Quelli che hanno iniziato con noi e tuttora stanno contribuendo:
Argentina e Miradija Gidzic, e Jacky Buzoli. Tutti e tre sono Rom e sentono una
dedizione profonda per aiutare la loro gente. Sono anche stati curati per
avvelenamento da piombo, a causa del loro lavoro nei campi. Nel 2005, si è
aggiunta Dianne Post, un avvocato americano che non solo ha dedicato il suo
tempo (gratuitamente) per difendere questi bambini rom/askali, ma ha anche
offerto il proprio denaro per comprare aiuti. Lo stesso anno, Yechiel Bar Chain
donò dei fondi per comprare le prime medicine per curare quanti avevamo fatto
uscire dai campi. Il dr. Bader di Milwaukee, WI, si unì quell'anno per
finanziare i nostri viaggi a Belgrado. Inoltre comprò un pezzo di terra per la
famiglia di Jenita Mehmeti e finanziò la pubblicazione di UN-Leaded Blood e la
realizzazione del documentario Gipsy Blood. Dan Lanctot che fece il film donò il
proprio lavoro. Anche il dr. Klaus Runow si unì a noi nel 2005 per raccogliere i
primi campioni di capelli dei bambini nel campo, registrando che [i bambini] non
solo erano avvelenati da piombo, ma soffrivano anche di altri 36 metalli
pesanti. Per strada sono arrivati contributi ed appoggio dalla Società per i
Popoli Minacciati, JDC, Mary Ellen Salinas, Linda Johnson, Jennifer Clayton-Chen
ed il suo gruppo a Monaco (Germania), Fed Didden, Nidhi Trehan, ed il dr.Sasha
Maksutovic. I contributi a questo libro includono: Bernie e Suzie Sullivan, John
Munden, Graham Crame e Dianne Post.
Due anni fa la nostra campagna navigava in cattive acque finché Bernie
Sullivan organizzò il KMEG (Gruppo di Emergenza Medica del Kosovo) ed introdusse
nuovi attivisti, in particolare Valerie Hughes che spinse il senatore irlandese
David Norris a parlare (e continua a farlo) a favore dei nostri bambini zingari.
Molti giornalisti e media importanti come Bild Zeitung, Aljezzera, BBC, ZDF,
ARTE TV, la TV australiana (Dateline), The Sun, The Guardian, l'International
Herald Tribune, ed il Washington Times hanno informato il pubblico su questi
bambini che stanno morendo. Sono arrivati in aiuto due altri avvocati: Bob
Golten, professore in Diritto Umanitario all'Università di Denver, che ha
scritto lettere a Mercy Corps e ad NCA, richiamandole alle loro responsabilità;
e Nichola Marshall, in rappresentanza dello studio legale Leigh Day di Londra,
che si è unito a Dianne Post nel richiedere un risarcimento dall'ONU per i campi
rom/askali.
Ironicamente, non molte organizzazioni romanì si sono unite alla nostra lotta
ma recentemente due hanno vigorosamente raggiunto la causa: l'Associazione
Britannica delle Donne Zingare e Patrin GB. Sono certo di essermi dimenticato di
menzionare molti altri che ci hanno aiutato in questo percorso e chi ora sta
contribuendo. Ma loro sanno nel loro cuore che cosa hanno fatto. Tristemente, la
nostra campagna di undici anni non ha salvato molti bambini. Quando abbiamo
iniziato c'era una possibilità di salvare la maggior parte di loro da danni
irreversibili al cervello. Ora tutti ce li hanno. Un dottore mi ha detto che
abbiamo perso un'intera generazione di bambini dei campi. Forse anche una
seconda generazione dato che molti di questi bambini non vivranno abbastanza da
avere dei bambini a loro volta. Ma ancora stiamo combattendo per loro, per un
risarcimento e per la giustizia. Sfortunatamente, non possono mangiare la
giustizia.
Titolo originale: DEADLY NEGLECT
di Paul Polansky
Prima edizione
71 pagine
Tiratura: 1.000 copie
Editore: Kosovo Roma Refugee Foundation (KRRF)
traduzione in italiano di Fabrizio Casavola
Il Ministro dell'Istruzione ha proposto l'introduzione nelle scuole di
lezioni di lingua e cultura romanì, per incoraggiare gli studenti rom e
rafforzare l'integrazione nella società. Il piano, riportato questa settimana
dal giornale Lidové noviny, è ancora ai primi passi - il ministro intende
lanciare un progetto pilota in alcune scuole. Ma è stato ben accolto dalle OnG
che lavorano per il miglioramento degli standard educativi tra i Rom.
La lingua e la cultura romanì non caratterizzano i curriculum scolari della
scuola ceca. Un gruppo di illuminati incaricati del Ministero dell'Istruzione
vogliono un cambio, ed hanno scelto diverse scuole con un'alta percentuale di
studenti rom per un progetto pilota. Tramite questo schema, gli studenti
potranno scegliere una classe accessoria di lingua, storia e cultura romanì.
Lo schema non è inteso solo perché gli studenti rom diventino più coscienti
della loro cultura; il Ministero dell'Istruzione vuole che le classi siano
disponibili anche ai ragazzi non-Rom. Il ministero ritiene che se gli altri
ragazzi impareranno di più sul retroterra dei loro compagni di classe, questo
contribuirà a rompere le barriere nella società ceca tra i Rom e la società
maggioritaria.
E' una meta ambiziosa [...]. Però non è chiaro nella pratica quanto successo
avrà l'iniziativa.
Si stima che vivano nella Repubblica Ceca 250.000 Rom, ma è una comunità
definita da tutti i segni dell'esclusione sociale: alta disoccupazione, povera
salute, aspettative di vita più corte e bassi standard educativi. Diversi
governi hanno tentato di affrontare l'ultimo problema, con poco successo.
Molti ragazzi rom finiscono nelle scuole speciali per chi ha difficoltà
d'apprendimento. Quanti riescono a rimanere nel sistema educativo regolare
spesso si trovano a frequentare classi di soli Rom, in quanto i genitori
"bianchi" disiscrivono i loro figli da quelle che percepiscono come "scuole di
zingari".
Apro una parentesi, con una poesia di Paul Polansky, tratta
da "Undefeated" - Multimedia Edizioni
UNA SCUOLA SPECIALE
Ho sempre saputo che mia figlia era brillante,
Faceva disegni pieni di dettagli,
memorizzava tutte le canzoni dei nostri antenati,
suonava il piano prima di avere cinque anni.
Per cui fui sorpreso quando l'insegnante venne
a casa nostra e ci disse
che nostra figlia non era pronta per la scuola.
Il suo ceco non era abbastanza buono,
aveva bisogno di aiuto con la grammatica.
Il preside accettò di incontrarci.
Disse che nostra figlia era una bella bambina,
ma sarebbe stata l'unica zingara nella sua classe.
Alla fine acconsentimmo.
Firmammo il foglio.
Non volevamo che la nostra bambina fosse maltrattata.
Ma ora quando la porto a piedi a scuola,
e vedo la targa sull'edificio,
mi si spezza il cuore.
Perché non ci hanno detto
che la sua scuola speciale
era un centro per
ritardati mentali.
...e chiudo la parentesi:
Paul Polansky è stato tra i primi a testimoniare il saccheggio del
Kosovo e la distruzione della sua comunità rom. Si deve a lui se è venuto alla
luce lo scandalo dell'avvelenamento
da piombo nei campi profughi del Kosovo. Poeta, romanziere, antropologo
conosciuto in tutto il mondo, settimana scorsa era a Milano, tra l'indifferenza
generale e 15 persone ad ascoltarlo. A maggio tornerà in Italia, e vorrei
preparargli un'accoglienza migliore.
IL PREMIO MENGELE: disonora e disgrazia questo ministro della Sanità del
Kosovo che rifiuta di svolgere i suoi dovere e richiedere l'immediata
evacuazione medica dei campi contaminati dove più di 80 zingari sono morti per
complicazioni dovute all'avvelenamento da piombo e dove ogni bambino nasce con
danni irreversibili al cervello.
Se vuoi bere il miglior vino rosso in Kosovo, il prof. dr. Alush Gashi è
l'uomo da tenere in considerazione nei "suoi giri". Nei ristoranti di Pristina
il vino migliore non è mai sul menù. E' riservato soltanto ai "politicos"
come Gashi, che è un grande intenditore. Vorrei soltanto che ponesse altrettanta
attenzione ai bambini zingari che muoiono nei campi ONU, ora sotto
l'amministrazione del governo del Kosovo e del suo ministero della salute.
Una volta bevvi con Alush in un ristorante esclusivo in un parco fuori
Pristina. Stavamo discutendo con un comandante di marina degli USA degli
attacchi nel marzo2004 di rivoltosi albanesi contro le enclavi delle minoranze.
Alush era stato nominato dal parlamento del Kosovo per investigare sulle cause
della rivolta. Alla terza o quarta bottiglia di squisito vino rosso, Alush
confessò che l'attacco era stato così ben pianificato che non intendeva
procedere oltre con le indagini. Avrebbe soltanto imbarazzato gli alleati del
Kosovo se si fosse rivelato quali politici kosovari avevano organizzato i
disordini. Invece, Alush ordinò un'altra bottiglia "del migliore" nascosto nella
cantina del ristorante lontano dai normali clienti.
Alush Gashi è nato il 4 ottobre 1950. La sua biografia sulla pagina web del
governo del Kosovo per i gabinetti ministeriali è molto approssimativa. Ma
tramite una ricerca su Google ho trovato che Alush ha scritto di essere dottore
in medicina, professore di anatomia, chirurgo generale ed una volta è stato
professore assistente alla facoltà di medicina dell'Università di California a
San Francisco. Ha anche dichiarato di essersi recato diverse volte in America e
in Europa per scopi di studio ed è autore di testi professionali e scientifici
pubblicati in Kosovo, Europa Occidentale ed America (non sono riuscito a
trovarne nessuno). E' stato preside della facoltà di medicina a Pristina e
consigliere per i Diritti Umani del dr. Rugova, l'ultimo presidente del Kosovo.
Attualmente è membro del parlamento del Kosovo per il partito LDK e ministro
della Sanità del Kosovo.
Andavo a trovare Alush molte volte nel suo ufficio di ministro della Sanità.
Fummo buoni amici fino a quando non portai troppi giornalisti a vederlo a
proposito dei campi zingari contaminati dal piombo, che ora erano di sua
responsabilità. Due anni fa le sue ultime parole che mi disse furono: "Quei
campi sono la mia priorità numero uno." Ma non ci andò mai. Nemmeno nessun
membro del suo staff.
Alush una volta descrisse se stesso in un'intervista ad un giornale americano
come "...un innocente medico che cerca di aiutare gli altri."
Un giornale britannico una volta scrisse "ALUSH GASHI è un uomo piccolo,
asciutto, dagli occhi vivaci, un chirurgo, un guaritore."
Ma i riconoscimenti della stampa straniera sono finiti da quando Alush ora
rifiuta di incontrare i giornalisti stranieri che cercano da lui risposte sui
bambini zingari che muoiono nei campi di morte del governo del Kosovo. A volte
Alush concede al suo addetto stampa di parlare coi giornalisti internazionali,
ma quando questi menzionano i campi zingari l'intervista viene improvvisamente
interrotta.
Anche se il prof. dr. Alush Gashi non è il salvatore degli zingari del
Kosovo, è un grande entusiasta dell'America e dei valori americani. In
un'intervista ad una pubblicazione di Washington DC, Alush ha detto:
"...L'America ha dato ai membri di questa comunità dei Balcani conoscenza e
simpatia per i valori americani. Gli Stati Uniti sono venuti in aiuto del Kosovo
in risposta alla campagna di pulizia etnica del presidente dell'ex Jugoslavia
Slobodan Milosevic, che intendeva sterminare qualsiasi popolo non-serbo dalla
provincia. L'impegno americano in Kosovo è unico, a partire dall'aiuto
umanitario pre-guerra... poi l'America inviò i suoi figli e le sue figlie a
combattere Milosevic e le truppe serbe per salvare civili innocenti, a cui era
capitato di essere musulmani... e creare le condizioni perché i Kosovari
potessero tornare a casa, stabilire la democrazia e rimodellare il loro futuro.
Sotto la protezione NATO i Kosovari sono ritornati a casa, ma gli Americani ed i
loro alleati sono rimasti. Sono rimasti ed hanno continuato a supportare chi
amava la pace e stava costruendo un Kosova post-bellico... costruendo scuole,
ospedali, strade e moschee. Credo che gli Albanesi del Kosova amino l'America
perché sono coscienti dei valori americani."
Sfortunatamente, anche i valori americani (assieme ad Alush) sono assenti nei
campi zingari. Non solo l'ambasciata americana a Pristina ha rifiutato di
chiederne l'evacuazione per motivi medici, come richiesto dall'OMS, ma
l'ambasciatore americano si è rifiutato di incontrarmi per discutere una
soluzione sanitaria (vedi lettera seguente). Forse Alush Gashi, ministro della
Sanità del Kosovo, i suoi valori li ha appresi dall'ambasciatore americano
Christopher Dell.
Ambasciatore Cristopher W. Dell
6 luglio 2009
Spett. Ambasciatore Dell,
Sono un cittadino americano che ha lavorato in Kosovo dal luglio 2009 come
capo missione della Società per i Popoli Minacciati. Il mio lavoro è stato quasi
esclusivamente con i Rom kosovari, specialmente con quanti vivono dal settembre
1999 nei campi per IDP costruiti su terreni contaminati a Mitrovica nord. Dalla
vostra udienza di conferma, vedo che siete a conoscenza di questa tragedia che
dura da dieci anni.
Per diverso tempo, ho cercato senza successo di parlare con l'attuale
ambasciatore americano a Pristina sulle adeguate cure mediche per questi Rom.
Sfortunatamente, nessuno vuole discutere di un'immediata soluzione
sanitaria, solo di future rilocazioni, ancora molto lontane. Anche quanti sono
stati reinsediati dal 2006 nella loro precedente mahala a Mitrovica sud, non
hanno ancora ricevuto il promesso trattamento per avvelenamento da piombo.
Ci sono precedenti in Kosovo per salvare migliaia di vite di vite di
Albanesi e Serbi con l'immediata evacuazione, quando le loro vite erano in
pericolo. Tuttora per questi Rom di Mitrovica che hanno i più alti livelli di
piombo nella storia medica, non è stata considerata nessuna evacuazione
d'emergenza.
Riguardo al reinsediamento, Mercy Corps non intende iniziare la
costruzione delle 50 case prima di settembre, e soltanto se i test sulla
tossicità del terreno (ancora da fare) saranno negativi. Nel contempo, MC
rifiuta di rivelare qualsiasi piano sanitario. Come Ambasciatore americano in
Kosovo, ritengo Lei possa incoraggiare il governo del Kosovo, Mercy Corps, USAID,
UE/CE a salvare questi poveri Rom. Non soltanto abbiamo avuto già tra di loro 82
morti (molti di loro bambini) su questi terreni contaminati, ma secondo un
dottore tedesco che li ha visitati e analizzato i risultati dei test, ogni
bambino concepito nascerà con danni irreversibili al cervello.
Spero, Ambasciatore Dell, che lei mi riceva per discutere un'urgente
soluzione medica prima che sia troppo tardi per salvare questi bambini.
In fede,
Paul Polansky
Il senatore USA Russ Feingold ha inviato la mia lettera assieme ad una sua
presentazione, chiedendo all'ambasciatore Dell di ricevermi. L'ambasciatore Dell
non ha mai risposto.
di LAURA CAROSELLA - Paul Polansky, poeta e romanziere americano di origini
cecoslovacche, ha tenuto un recital di poesia presso il Teatro Italo Argentino
di Agnone il giorno 26 marzo, durante il quale ha illustrato la sua esperienza
di poeta e giornalista a contatto con le popolazioni Rom della Repubblica Ceca e
del Kosovo.
Dallo sterminio durante la seconda guerra mondiale, all’avvelenamento da piombo
nei campi Rom del Kosovo che ancora causa morti, Polansky fa denunce serissime e
attraverso le sue poesie narra le storie di chi non ha voce.
Cos’è che ha suscitato in lei un interesse così profondo verso le popolazioni
Rom ed in particolare verso i campi di concentramento durante la seconda guerra
mondiale? Stava cercando di risalire alle sue origini cecoslovacche eppure ha
provato interesse per qualcosa di completamente diverso. Vuole raccontarci come
è andata?
"Sì, stavo cercando le mie origini negli archivi della Cecoslovacchia nel 1991 e
reperii un numero notevole di documenti che gli archivi raccoglievano sui campi
di concentramento Rom presenti a Lety durante la Seconda Guerra Mondiale. Il
direttore dell’archivio disse che nessuno avrebbe potuto consultarli per 15
anni, quindi cominciai a pressare il Governo e tramite alcune amicizie influenti
sono riuscito ad avere accesso agli archivi.
Non esisteva un inventario e c’erano numerosi scatoloni pieni di documenti, così
per ogni scatola e per ogni documento feci un inventario accurato e trovai
moltissime informazioni attraverso le quali capii che si trattava di un campo di
sterminio gestito dai cechi e non dai tedeschi. Trovai molte foto ed in
particolare quella di una giovane ragazza che un Natale cercò di fuggire dal
campo, dopodiché non c’erano altre informazioni su di lei così presunsi fosse
stata uccisa come molti altri che cercarono di fuggire.
Attraverso delle ricerche su tutti i nomi delle persone che trovai trascritti su
quei documenti (tra i quali c’erano anche 95 guardie), venni a sapere che non
c’erano persone ancora in vita e pensai subito che fosse molto strano,
impossibile oserei dire.
Conobbi poi uno zingaro che era stato un conducente di Taxi a New York per 8
anni e che parlava inglese molto bene , inoltre era parecchio conosciuto nella
comunità Rom, così lo "assunsi" per cercare informazioni su eventuali
sopravvissuti.
Girammo tutta la Cecoslovacchia chiedendo ai Rom se qualcuno conoscesse
sopravvissuti della seconda guerra mondiale che provenissero da Lety: ne trovai
più di un centinaio e ovviamente avevano delle storie terribili da raccontarmi,
ancora peggiori di quelle raccontate dai sopravvissuti di Auschwitz. Non avevano
mai narrato queste storie prima di allora, neppure ai loro figli, perché i Rom
hanno un loro "codice del silenzio" e queste storie per loro costituivano quasi
un marchio di disonore, ma io mi trovai nel momento giusto al posto giusto,
poiché i sopravvissuti erano tutti molto anziani e capirono di non voler portare
quel segreto nella tomba , volevano che la gente sapesse cosa avevano subito.
Così cominciai a raccogliere tutte le loro storie. Non vollero però che io li
filmassi, fotografassi o che registrassi le loro parole, avevano paura che
subito dopo io sarei andato dalla polizia a denunciarli per farli riportare a Lety; erano passati tutti quegli anni eppure avevano ancora paura di essere
rinchiusi nuovamente in un campo di concentramento e questa è un’ulteriore prova
di che esperienza terribile fosse stata.
Trovai anche delle guardie sopravvissute e pressai il Governo ceco affinché
processasse uno di loro, perché avevo le prove che egli avesse ucciso tantissime
persone con le sue mani, soprattutto bambini. Diedi vita ad un caso che
all’epoca ebbe molta risonanza a livello mediatico in Cecoslovacchia, ma questa
guardia era ormai troppo anziana per essere processata, anche se tentò di
uccidermi quando io stesso andai a trovarlo! Quando conobbi la figlia e le
raccontai ciò che sapevo su suo padre mi disse che avevo appena distrutto tutti
i suoi sogni, mi disse "hai distrutto la mia vita e quella dei miei figli." Ecco
qual è la parte peggiore del fare un lavoro come il mio".
Ieri, durante l’incontro presso il Teatro Italo Argentino, lei ha detto di aver
vissuto per oltre 15 anni insieme alle popolazioni Rom come antropologo e
studioso. Questa esperienza che impatto ha avuto sulla sua vita?
"Ho vissuto per 5 anni con gli zingari della Repubblica Ceca e per ben 11 anni
con quelli del Kosovo come antropologo per l’appunto, raccogliendo le loro
storie, imparando le loro abitudini e i loro costumi, assimilando le loro
leggende e miti e tentando di trovare una differenza tra loro e me, per poi
capire sempre di più che non ce ne fosse nessuna. Poi, attraverso le storie che
mi raccontavano ho capito che le loro radici si trovavano in India, così sono
andato in India e ho scattato molte foto, quando sono tornato e ho mostrato loro
le foto scattate lì non credevano che io ci fossi stato davvero, uno di loro mi
disse "Sei sicuro di essere stato in India? Conosco la donna in questa foto ed
abita proprio nel villaggio qui accanto!" Non hanno mai creduto al fatto che
fossi stato in India eppure lì avevo trovato i loro "cugini"!
A parte questo, vivere con loro non significa solo "studiare" i loro usi e
costumi, ma soffrire con loro, subire gli stessi attacchi e gli stessi
pregiudizi che la gente ha nei loro confronti, per esempio la NBC si rifiuta di
parlare con me perché mi considera uno zingaro a tutti gli effetti, sono uno di
loro! Girava addirittura la voce che io facessi parte di un esercito di zingari
e molti, anche miei cari amici, erano curiosi di vederlo, questo mio grande
"esercito", quando invece si trattava solo di due sorelle Rom che erano le mie
interpreti. Eppure la NBC aveva messo in giro questo "rumor": "Paul Polansky
arruolato in un esercito gitano". Io sto semplicemente cercando di salvare tanti
bambini e tante persone che vivono nei campi contaminati dal piombo e la cosa
peggiore di questa esperienza è il constatare che nessuno vuole salvarli, questo
è il problema".
A proposito di questo, alla fine del video documentario "Gipsy Blood" che ieri
lei ha proiettato in sala, c’è una forte denuncia nei confronti dell’ONU per
quanto riguarda il problema dell’inquinamento da piombo nei campi Rom in Kosovo.
Perché tanta indifferenza da parte di una associazione che è nata per difendere
i diritti umani?
"C’è un atteggiamento innato di razzismo nei confronti degli zingari tra i
componenti dell’ONU e non solo in Kosovo, inoltre l’ONU cambia il suo staff ogni
6 mesi in Kosovo, per cui io in 11 anni ho assistito a ben 22 cambiamenti di
staff e tutte le persone che ho visto subentrare odiavano e odiano gli zingari.
Prima la stessa cosa accadeva per le persone di colore, ora invece abbiamo
persone di colore al governo, nelle istituzioni, insomma ricoprono posizioni di
grande rilievo e quasi più nessuno è intollerante nei loro confronti, più che
altro hanno capito che non si può essere razzisti nei loro confronti, mentre gli
zingari non sono conosciuti, non sono integrati con la società, non hanno
incarichi di nessun genere, sono considerati dei nomadi e questo alimenta il
pregiudizio e l’intolleranza e l’intolleranza, a sua volta , è alimentata
dall’ignoranza".
E’ quindi l’ignoranza il motivo per cui, dalla seconda guerra mondiale ad oggi,
continua a sussistere un atteggiamento xenofobo nei confronti delle popolazioni
Rom?
"Sì, diciamo che per conoscere le persone bisogna viverci insieme. Sia in
Spagna, che nella Repubblica Ceca, che nel Kosovo ho avuto modo di conoscere
persone che avevano dei Rom come vicini di casa ed ognuna di queste persone mi
ha detto "lo zingaro che abita accanto a me è un persona per bene, non ho nessun
problema nei suoi confronti e mi fido di lui, ma è lo zingaro che abita
dall’altra parte della città quello di cui non mi posso fidare. " Ecco vede, se
li si conosce, si vive insieme a loro, non ci sono problemi, se non li si
conosci e non si sa nulla di loro è lì che comincia l’intolleranza e la fobia".
Rispetto ad altri poeti di cui ho avuto modo di leggere i componimenti, ho
notato che le sue poesie rifuggono da qualsiasi artificio stilistico ed adottano
un linguaggio diretto e concreto riportando i fatti per come sono avvenuti,
oserei dire con uno stile quasi giornalistico. Si tratta di una scelta ben
precisa o del suo stile innato di scrittura?
"Quando ho cominciato la mia carriera giornalistica alle scuole superiori, la
mia insegnante diceva sempre che utilizzavo troppe parole , che ero molto
prolisso e che purtroppo il mio stile naturale di scrittura era quello. Il fatto
è che vivendo con i Rom e ascoltando le loro storie, devo utilizzare le loro
semplici parole per raccontarle a mia volta, devo essere necessariamente diretto
ed utilizzo il loro stile perché voglio mostrare a tutti chi essi siano davvero.
Questo è il modo in cui loro parlano, non usano molte parole per descrivere le
azioni , le loro storie di vita perché non hanno ovviamente il senso della
letteratura, ma solo quello della storia, quella che si narra di padre in figlio
di generazione in generazione. Ogni zingaro ha un’innata capacità narrativa
usando il proprio diretto, semplice ed essenziale modo di raccontare che ti
colpisce, arriva dritto alle ossa. Questo è il motivo per cui io adotto il loro
stile e ormai l’ho fatto mio, infatti lo utilizzo per qualsiasi cosa io scriva".
Oggi ha trascorso una giornata ricca di appuntamenti qui a Agnone, cito la
visita alle scuole superiori, alla struttura che un tempo fu adibita a campo di
concentramento e poi alla Fonderia delle Campane Marinelli. Che idea si è fatto
di Agnone e della sua storia?
"Mi sono davvero innamorato di Agnone, sono sincero! E’ una cittadina favolosa
ed ho particolarmente apprezzato il suo centro storico: tutti i palazzi, i
portoni, le botteghe; amo molto questo genere di cose. Le persone sono molto
gentili per quello che ho potuto constatare e sono rimasto molto stupito dagli
studenti delle scuole superiori con cui questa mattina ho avuto un incontro
perché ho fatto molti convegni presso le università e questi ragazzi avevano
molte più domande da pormi rispetto agli studenti universitari, erano totalmente
coinvolti ed interessati alle mie parole, alle mie esperienze, a ciò che
raccontavo loro. Nonostante si trattasse di un argomento piuttosto difficile e
drammatico, avevo l’attenzione di ogni singolo studente. Ne sono rimasto
impressionato e mi sono entrati davvero nel cuore. I ragazzi dell’Istituto
Alberghiero, inoltre, mi hanno addirittura preparato, insieme ai loro
insegnanti, un ottimo pranzo che non dimenticherò di certo! Vorrei davvero
tornare in futuro, tornare a vedere la Fonderia (Marinelli n.d.r) che oggi mi ha
fatto uno splendido dono e magari, perché no, scrivere anche un libro di poesie
su questa bellissima città e sulla sua storia."
Poco meno di due mesi fa, sono tornato da una visita in Kosovo.
Intendevo scrivere sulle mie esperienze ed impressioni nella provincia, ma
ogni volta che mettevo la penna sulla carta, non ne seguivano le parole.
Come in ogni zona di conflitto - soprattutto conflitti etnici del tipo visti
in Kosovo - i punti di vista che si sentono dai locali sono troppo polarizzati,
le emozioni espresse troppo forte ed i simboli molto umani delle distruzioni
illustrate dalle case bruciate; e cumuli di macerie che ancora delimitano le
strade nel nord del paese sono ancora troppo evidenti per trarre una conclusione
equa riguardo i "diritti" e "torti" di ogni situazione.
Non mi dilungherò sulle politiche in corso riguardo il futuro del Kosovo come
nazione, né discuterò sulle continue intimidazioni e le misere condizioni delle
minoranze della provincia. Invece, intendo sottolineare una significativa lacuna
della comunità internazionale: il trattamento e le condizioni di vita dei
rifugiati rom nel paese.
Questo problema risale al conflitto nel Kosovo tra il 1998 e il 1999, quando
l'Armata di Liberazione del Kosovo espulse dalle loro case 90.000 cittadini di
etnia rom sulle basi delle paure nazionaliste albanesi che la comunità fosse al
servizio di Slobodan Milosevic.
Tra questi c'era la comunità rom di Mitrovica, una città nel settentrione
della provincia etnicamente divisa tra la maggioranza serba a nord del fiume
Ibar e la più vasta città albanese a sud. In precedenza casa di una delle più
vaste comunità rom nei Balcani, 8.000 Rom, Ascali ed Egizi, la "Mahalla"
(comunità) sulle rive dell'Ibar fu rasa al suolo dalle forze ALK nel giugno
1999, a seguito della ritirata dell'esercito serbo.
Temendo per le proprie vite, i cittadini rom di Mitrovica sono stati numerosi
tra le centinaia di migliaia di rifugiati - Albanesi, Serbi, Gorani, Turchi e
Bosniaci - scappati dal Kosovo [...].
Dal 1999, la maggioranza dei 90.000 Rom espulsi sono tornati in Kosovo, anche
se oltre 30.000 non son mai tornati nelle loro case. La maggior parte di questa
diaspora, non vedendo alcun futuro sotto il ruolo dell'amministrazione quasi
monopolizzata dai nazionalisti albanesi, sceglie piuttosto di rimanere nella
Repubblica Serba o di restare vicino alle proprie ex case nei grotteschi campi
per rifugiati nella zona controllata dai Serbi a Mitrovica Nord.
Benvenuti nel complesso minerario di Trepça, dove 650 uomini, donne e bambini
vivono in condizioni che non accetterebbe neanche un maiale.
Ho visitato uno dei campi, Cesmin Lug, una nuvolosa domenica pomeriggio.
In un accatastarsi di cemento ricoperto di ruggine, macchinari abbandonati e
pozze di acqua stagnante grandi come piscine, a fatica si può credere che una
volta le miniere rappresentavano il 70% della produzione di minerali della
Jugoslavia ed occupavano circa 25.000 persone del posto in quattro differenti
pozzi. Sono passati oltre venti anni da quando Trepça era pienamente operativa,
ma rimane ancora nell'aria un leggero odore di zolfo. Graffiti coprono
ogni centimetro di edifici abbandonati e colonne di fumo si alzano contro
l'orizzonte. Arbusti occasionali a parte, le cui radici si attaccano tenacemente
al suolo, la vegetazione è sparsa stranamente.
Secondo la mia guida, una donna serba di mezza età chiamata Jasna, vengono
fatti sforzi occasionali per riattivare parti del complesso, sforzi che
invariabilmente si arenano al primo ostacolo. L'elettricità scarseggia (l'intera
provincia del Kosovo ottiene la sua energia da stazione appena fuori da
Pristina) ed oltre un decennio di abbandono significa che gran parte del
complesso minerario è ora irreversibilmente sott'acqua.
Mentre i macabri ricordi del passato industriale di Trepça si possono vedere
tutt'attorno, oggi l'unico segno di vita sono le case dei residenti rom.
Entrando a Cesmin Lug, sono stato immediatamente colpito dal numero di case
rom attaccate l'una all'altra, i loro vibranti muri colorati quasi interamente
camuffati da una misto di fango e pile d'immondizia.
Prima della mia visita avevo sentito dei gravi problemi di salute sofferti da
molti dei residenti, ma sono rimasto scioccato nel vedere bambini di non più di
quattro o cinque anni, sguazzare in pozze di acqua scura ed arrampicarsi su
attrezzature minerarie abbandonate come fossero un parco giochi locale.
Non oltre qualche centinaio di metri da Cesmin Lug c'è un piccolo pozzo
che sembra una specie di imbocco per una miniera. Qui si dice che questi
ingressi servivano a smaltire i gas tossici delle miniere da anni considerate
insalubri per l'esplorazione umana.
Non ho parlato con nessuno nel campo ed ho lasciato Cesmin Lug in fretta come
ero arrivato, scomodo alla mia macabra osservazione della reale sofferenza
umana.
Tornando a Pristina, anche la più rapida delle conversazioni coi locali
rivelava una conoscenza diffusa dei problemi di salute patiti dai Rom. Le
più comunemente citate sono state le relazioni e le voci di avvelenamento da
piombo, insufficienza renale e deformazioni tra quanti vivono nei campi. Mentre
lo scandalo delle miniere di Trepça può essere praticamente sconosciuto fuori
dal Kosovo, tristemente è linguaggio comune nella provincia.
Il gruppo ambientale Miniere e Comunità, che ha fatto campagne mondiali per far
crescere la consapevolezza del danno ambientale costituito dal settore
minerario, ha offerto le seguenti osservazioni sul tipo di rischi alla salute
posti a quanti vivono nelle immediate vicinanze di miniere come Trepça:
"Il piombo può entrare nel corpo attraverso: inalazione,
ingestione del suolo stesso o di cibo contaminato dal suolo, ed attraverso
la placenta per il feto nel grembo materno. Nutrizione, igiene, rapporto di
grasso corporeo, l'assunzione di fibre, età e in generale la condizione
fisiologica, tutto può influire sulla velocità con la quale il corpo assorbe
il piombo. I bambini sino a sei anni sono i più vulnerabili, in quanto sono
nei primi stadi della crescita e dello sviluppo. L'avvelenamento da piombo
colpisce tutto il corpo con conseguenze sulla salute gravi e permanenti.
Potenziali sintomi dell'esposizione al piombo, anche a bassi livelli,
includono la perdita dell'appetito, letargia, alta pressione sanguigna,
problemi di fertilità per uomini e donne, parti prematuri, difficoltà nella
crescita, danni all'udito e neurologici, convulsioni, dolori e/o paralisi
alle gambe, perdita di coscienza, anemia, aggressività, crampi allo stomaco,
vomito. Gli effetti più significativi ed irreversibili sono al livello di QI.
Un aumento dei livelli del piombo nel sangue da 10 a 20 microgrammi per
decilitro, è stato associato con la decrescita di 2,6 punti di QI, ma
qualsiasi aumento oltre i 20 riduce i livelli di QI"
In misura diversa, ognuno se non tutti questi sintomi sono stati osservati
nei campi dei rifugiati rom nel Kosovo settentrionale.
Nessuno potrebbe ritenere che un posto simile sia desiderabile o appropriato
per ospitare gente a lungo termine. A dire il vero, l'Ufficio dell'Alto
Commissario ONU per i Rifugiati (UNHCR) ha giudicato che questi campi per
rifugiati dovevano essere semplicemente una misura temporanea per garantire a
breve termine la sicurezza dei residenti rom a Mitrovica sud.
Nonostante i pochi sforzi della comunità internazionale per rialloggiare i
rifugiati rom, i campi sono rimasti operativi per oltre un decennio. I
Rom, che hanno ancora terrore dopo la loro esperienza nel conflitto del 1999,
hanno ripetutamente declinato l'opportunità di tornare a Mitrovica sud
controllata dagli Albanesi.
Dovrebbe essere una ragione di vergogna per l'Unione Europea e la più ampia
comunità internazionale che i campi rom di Trepça rimanga operativo ad appena
300 miglia da Budapest e a 75 da Skopje - la capitale di un aspirante stato
membro UE.
I campi per i rifugiati rom adiacenti al complesso minerario di Trepça devono
essere chiuse alla prima opportunità possibile, dopo aver identificato un sito
appropriato dove alloggiare la comunità rom. Purtroppo la lodevole volontà della
comunità internazionale di realizzare comunità etnicamente miste nel settore
albanese a sud del fiume Ibar rimarrà impraticabile per decenni. Le
emozioni sono troppo forti e la memoria troppo viva.
Tale sito dovrebbe essere trovato nelle aree sotto il controllo della Serbia
nella provincia settentrionale della Kosovska Mitrovica. Mentre diversi governi
- incluso quello del Regno Unito - riconoscono solo la sovranità della
Repubblica del Kosovo, anche sulle aree controllate dai Serbi, l'acquisizione di
questo sito richiederebbe la costruttiva cooperazione della Repubblica di Serbia
e e dell'Assemblea della Comunità Serba di Kosovo e Metohija. In pratica,
richiederà l'offerta di un importante incentivo finanziario alle autorità serbe.
La comunità internazionale deve anche riconoscere che, a causa della sua
mancanza di un'azione affermativa, centinaia di persone stanno ora soffrendo
seri problemi di salute che potranno avere conseguenze mortali nei prossimi
anni. Devono essere fornite cure mediche immediate a quanto hanno vissuto nei
campi di Trepça. Attualmente trattamenti specialisti simili non sono disponibili
né in Serbia o in Kosovo e dovranno quindi avvenire in un appropriato paese
terzo, i candidati più prossimi potrebbero essere Romania o Bulgaria.
La storia è piena di esempi tragici sui maltrattamenti della comunità rom;
dall'abbattimento del 25% del loro popolo nelle camere a gas naziste durante la
II guerra mondiale all'onda crescente di attacchi razzisti in Europa centrale.
Non contribuiamo ulteriormente ad un altro tragico capitolo della loro storia
ed agiamo oggi per risolvere questa crisi umanitaria.
Di Fabrizio (del 27/07/2010 @ 09:36:46 in Europa, visitato 3770 volte)
by Paul Polansky
[continua] Harri Hermanni Holkeri
L'ANTI-PREMIO CITAZIONE INUTILE: alla persona che amava fare citazioni
giornaliere, ma queste citazioni non hanno salvata nemmeno una vita in Kosovo.
Riguardo ai Rom e agli Askali, Harri rifiutò di mettere in pratica quanto
predicava, da qui questo anti-premio.
Le Citazioni giornaliere di Holkeri
Quello che possiamo fare come individui può non essere molto nella
scala globale, ma dobbiamo iniziare il cambio vivendo come insegniamo.
Se non accettiamo il pensiero altrui, non si può progredire nel
proprio interesse. Abbiamo bisogno dell'altrui aiuto per ottenere risultati.
Uomini e donne hanno il loro ruolo - i loro ruoli sono differenti, ma
i loro diritti sono uguali.
Ci sono molte sfide, ci sono molti ostacoli: cerchiamo di cambiare
gli ostacoli in vantaggi.
Abbiamo gli strumenti, ma dobbiamo imparare come usarli. Questa è la
mia filosofia politica.
In crisi nazionali o internazionali, ci sono sempre questioni di
mancanza di confidenza. Devi cambiare le menti delle persone se vuoi
ottenere risultati.
Non voglio parlare di sovrappopolazione o di controllo delle nascite,
ma penso che l'istruzione sia la maniera di dare nuovo impeto alla questione
della povertà.
Non puoi prendere decisioni facili se prima non ti impegni per
difficili soluzioni.
Holkeri è nato il 1 gennaio 1937 ad Oripaa, Finlandia. Divenne membro del
Partito della Coalizione Nazionale di Finlandia (Kokoomus) e poi del Parlamento
dal 1970 al 1978. Holkeri fece parte del tavolo dei direttori della Banca di
Finlandia nel 1978-97 e fu candidato alle elezioni presidenziali nel 1982 e nel
1988. Fu Primo Ministro dal 1987 al 1991. Più tardi divenne speaker
dell'Assemblea Generale dell'ONU (2001-2001). Giocò anche un ruolo costruttivo
nell'Accordo del Buon Venerdì in Irlanda del Nord. I suoi sforzi vennero
premiati con il cavalierato onorario conferitogli dalla regina Elisabetta II.
Venne poi nominato Rappresentante Speciale del Segretario Generale in Kosovo.
Se sotto l'SRSG Steiner tutti gli aiuti alimentari ai campi zingari vennero
interrotti, sotto l'SRSG Holkeri i campi furono completamente ignorati.
Nonostante gli appelli a portare la questione all'attenzione del suo staff,
l'invisibile Holkeri rimase tale eccetto per le sue dichiarazioni quotidiane.
Nel maggio 2004 Holkeri si ritirò dalla sua posizione presso l'UNMIK,
adducendo problemi di salute dopo un collasso per esaurimento a Strasburgo. Il
collasso avvenne il giorno dopo che Holkeri aveva visitato il quartiere generale
ONU a New York, dove disse al Consiglio di Sicurezza che l'orgia di violenze di
metà marzo (2004) aveva scosso la missione nelle "sue fondamenta". A seguito di
intensi scontri tra la KFOR ed estremisti albanesi, l'UNMIK riportò che 4.366
Serbi ed alcuni Rom erano stati costretti a fuggire dalle loro case. Inoltre
erano state distrutte o danneggiate circa 950 case, assieme a 36 chiese,
monasteri ed altri monumenti serbi. Sotto Holkeri l'ONU fu lento a reagire.
Molti osservatori ritengono che lui non comprese a sufficienza la situazione in
Kosovo. Però, concordò nell'evacuare dalle loro case oltre 4.000 Serbi usando la
polizia ONU, creando così un precedente in Kosovo per lo sgombero forzato quando
le vite umane fossero a rischio. Fino ad oggi, non ha elaborato una
dichiarazione per quella filosofia umanitaria.
PREMIO TESCHIO E TIBIE INCROCIATE al funzionario ONU sotto il cui sguardo
morirono più bambini e feti di ogni altra epoca, nei nove anni in cui l'ONU
amministrò questi campi della morte per gli zingari del Kosovo.
Jessen-Petersen nato nel 1945 a Nørrensundbay, Danimarca, venne nominato
Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per il
Kosovo e capo dell'UNMIK il 16 giugno 2004 e mantenne la posizione sino alla
fine di giugno 2006. Jessen-Petersen è attualmente Direttore dell'ufficio di
Washington Indipendent Diplomat, lettore presso la Scuola di Servizi Esteri
all'Università di Georgetown, e Studioso Ospite all'Istituto di Pace degli Stati
Uniti (USIP).
Jessen-Petersen ha avuto una lunga carriera nelle Nazioni Unite. Avvocato e
giornalista per formazione, iniziò il suo servizio nel 1972 presso l'ufficio
dell'Alto Commissario ONU per i Rifugiati (UNHCR) in Africa. Nei successivi 30
anni salì diversi gradini nell'UNHCR, nei vari uffici di Stoccolma, Ginevra e
New York ed infine nel 1998 venne nominato Inviato Speciale dell'UNHCR nella ex
Jugoslavia. Attualmente risiede a Washington DC con la moglie di diciannove anni
e due dei suoi quattro figli.
Nonostante una carriera apparentemente distinta con l'Alto Commissario ONU
per i Rifugiati, Jessen-Petersen perse il proprio compasso morale in Kosovo
quando i bambini Rom/Askali iniziarono a morire di avvelenamento da piombo nei
campi UNHCR e lui si rifiutò di evacuarli come richiesto dall'OMS. Sino a
novembre 2004, in molti non sapevano che i campi zingari fossero così
pericolosi, nonostante il rapporto medico ONU inviato all'SRSG Bernard Kouchner
ad ottobre 2000. Ma quando nel 2004 venne portata a conoscenza la morte di
Jenita Mehmeti nel campo ONU di Zitkovac, venne svelato il tentativo dell'UNMIK
di nascondere la verità, anche se Jessen-Petersen tentò di far luce sulla
tragedia. Quando la TV del Kosovo chiese a Jessen-Petersen del mio libro dove
spiegavo l'avvelenamento da piombo, l'SRSG replicò "Polansky non ha di meglio da
fare."
Per mascherare il proprio dilemma morale, Jessen-Petersen tentò di dire alla
stampa che gli Zingari si stavano avvelenando da sé smaltendo le batterie delle
auto. Anche se l'ONU aveva davvero dato licenza per smaltire le batterie e
permesso di tenerle nei campi ONU, un dottore tedesco (Klaus Runow) aveva
raccolto campioni dei capelli in 66 bambini dei campi e trovato 36 elementi
tossici nel loro corpo, non presenti nelle batterie delle macchine.
Jessen-Petersen tentò allora di "curare l'avvelenamento da piombo"
donando150.000 euro prendendolo dal budget per il Kosovo. Ma fu solo un
tentativo cosmetico, neanche un euro servì a curare un bambino dato che vennero
sprecati per voci non mediche: 24.000 euro per latte scremato, 12.000 per saponi
e shampoo, 9.500 euro per fumigare le baracche e 33.000 euro per i kit di
analisi del suolo. Nonostante venisse detto che l'avvelenamento da piombo non
potesse essere curato finché i bambini e le donne incinte (i più vulnerabili)
non fossero rimossi dalla fonte dell'avvelenamento, Jessen-Petersen rifiutò
ancora di evacuare i campi. Sotto il suo sguardo morirono più di 30 Zingari.
Grazie alla sua presenza e al suo lavoro di divulgazione e attivismo
umanitario, il mondo non può condannare all'oblio le famiglie Rom che vivono nei
campi del Kosovo contaminati dal piombo.
Ora esce il nuovo libro di Paul: "La mia vita con gli zingari". Prefazione di
Pietro Marcenaro. Una testimonianza che diventa manifesto civile e ci induce a
non restare a guardare le tragedie che colpiscono il popolo Rom, ma ad agire.
(Da
Everyonegroup.com)
Uscita 31 ottobre, ed i falchetti della nostra redazione, l'hanno subito intercettato...
Mercoledì 2 novembre ore 21.00 al Circolo ARCI Martiri di Turro in via
Rovetta 14 - Milano (Ingresso gratuito con tessera Arci) L'Associazione La Conta in collaborazione con Mahalla
Presso il Circolo ARCI Martiri di Turro -
Via Rovetta 14 a Milano,
ingresso gratuito con tessera Arci
Paul Polansky è nato a Mason City, Iowa, nel 1942. Poeta, fotografo,
antropologo, operatore culturale e sociale, è diventato negli anni un
personaggio importantissimo per il suo impegno a favore delle popolazioni
Rom. Le sue poesie descrivono le atrocità commesse da cechi, slovacchi,
albanesi ed altri contro quelle popolazioni. Ha anche svolto studi accurati
sui campi di concentramento nazisti, in particolare quello ceco di
Lety, nei quali venivano trucidate, insieme a quelle ebraiche, intere
comunità Rom. E' stato il primo a presentare al mondo il dramma dei
rifugiati del Kosovo, lasciati morire nei campi di accoglienza avvelenati
dal
piombo. Ha pubblicato diversi libri, realizzato esposizioni fotografiche
e film video.
ALLA FINE
"Alla fine,
tutti
scapperanno dal
Kosovo", mi
disse la zingara
chiromante.
"Anche Dio"
Poesia di Paul Polansky innalzata sui cartelli di una manifestazione di Rom del
Kosovo in Germania
"SVEGLIA!!!!! Sono arrivati a San Sperate oltre 400 Rom"
Questo è l'incipit di un volantino che è girato per la cittadina di San Sperate,
con il lodevole intento di svegliare la popolazione ignara del grave pericolo.
Un'invasione degli sfollati dell'ex campo nomadi della 554 che si riversa nella
cittadina.
È allarme.
San Sperate è una piccola cittadina di circa 7.800 abitanti, il Paese Museo, il
paese che ha dato i natali allo scultore Pinuccio Sciola, il paese dei Murales,
il paese della cultura.
Arrivano i Rom ed invadono la piccola cittadina.
La notizia rimbalza fra le case, le persone, le strade, i negozi.
Lo sgombero del campo nomadi fra la 554 e Viale Monastir ordinato dal sindaco di
Cagliari Massimo Zedda, in ottemperanza al provvedimento del Tribunale di
Cagliari, è perentorio: entro il 2 luglio il campo nomadi deve essere liberato.
Riprendendo le parole scritte dal quotidiano L'Unione Sarda del 21 giugno:
"Inizialmente una parte della comunità rom si era detta contraria all'ipotesi di
vivere in appartamenti perché in contrasto con le tradizioni della loro etnia.
Anche per questo in settimana c'era stato un incontro in Comune con il sindaco Zedda: i nomadi chiedevano che fosse messa a disposizione un'area compatibile
con i loro usi e costumi. L'abbandono del campo di viale Monastir riguarda tutti
i 157 residenti (93 sono minori): molti di loro stanno firmando i primi
contratti di locazione in abitazioni private. Qualcuno provvederà a pagare
l'affitto con proprie risorse, ma ci saranno in alcuni casi aiuti e contributi
da parte di Caritas e Comune".
Quindi, ne deduco che dal 21 giugno ad oggi i Rom sono riusciti a moltiplicarsi,
passando da 157 a 400 in poco meno di 10 giorni .
Un rapidissimo calcolo, giusto per capire:
400 – 157 (compresi i neonati) = 243
Insomma, in 10 giorni i nostri 'amici' Rom hanno messo al mondo altri 243 di
'loro'.
Non male come tasso di natalità.
La piccola cittadina di San Sperate è invasa ed il neo sindaco Enrico Collu si
dichiara furioso.
Agli organi di stampa dichiara (ovviamente furioso): "Mi chiedo come sia
possibile apprendere dai propri concittadini che in paese si siano già
trasferite, con l'avallo del Comune di Cagliari alcune famiglie Rom".
Mi sono trasferito a San Sperate circa due anni fa, ho affittato una casa e pur
non avendo ancora messo su famiglia non mi è stato chiesto di avvisare il
sindaco del mio trasferimento e della mia intenzione di farlo.
Ma ogni paese ha i suoi usi e costumi, forse il neo sindaco Enrico Collu ci
tiene a dare il benvenuto a tutti coloro che prendono la residenza e quindi
oltre che all'Ufficio Anagrafe occorre passare anche nel suo ufficio per un
saluto di accoglienza.
Sono ormai passati due anni, ma domani non mancherò di farlo; anzi invito tutti
i nuovi residenti a farlo.
Ma la nostra piccola storia non è ancora giunta all'epilogo.
È stato necessario convocare urgentemente un consiglio comunale aperto alla
cittadinanza: è allarme per l'invasione da parte dei Rom nella piccola cittadina
di San Sperate!
La popolazione si riversa nell'aula comunale.
Il neo sindaco si schiera a fianco della popolazione allarmata e dichiara: "Si
sono create le premesse per una situazione di ordine pubblico che non posso
controllare. La situazione che ci siamo trovati davanti è inaccettabile, e ora
c'è troppa tensione per consentire l'integrazione. Non ho ordinato nessuno
sgombero, non ne è ho l'autorità. Ho solo ascoltato le segnalazioni dei
cittadini, e a mia volta ho chiesto una verifica delle condizioni igienico
sanitarie degli appartamenti dei rom".
Ma non è tutto, occorre rispondere compiutamente anche attraverso canali
informativi non istituzionali e quindi ritrovo le dichiarazioni del neo sindaco
anche nella pagina Facebook "San Disperate… San Sperate":
"Viste le insinuazioni
di chi evidentemente poco conosce il sottoscritto e i fatti, giusto per chiarire
due concetti in attesa che trovi il tempo per raccontarvi meglio e più nel
dettaglio tutta la questione dirò:
IL COMUNE E IL SINDACO NON SONO STATI INFORMATI DA NESSUNO NE TANTO MENO RESI
PARTECIPI DEL PROGETTO CHE IL COMUNE DI CAGLIARI STAVA METTENDO IN ATTO.
Infatti come ho dichiarato a mezzo stampa sono furioso sopratutto perché la
nostra comunità è stata coinvolta a sua insaputa in un progetto promosso da un
altro comune o anche semplicemente informata. In questo modo siamo stati
calpestati e offesi nella nostra dignità. Evidentemente pensano che in sardegna
si possa mettere i piedi in testa a chiunque senza possibilità di replica. BENE
A SAN SPERATE NON E' COSI!!! E badate bene della questione rom nemmeno arrivo a
parlarne perchè già questo mancato coinvolgimento preclude da parte mia ogni
dialogo almeno fino a quando la situazione non verrà azzerata.
Aggiungo solo che la nostra piccola comunità ha già tanti problemi e tante
vessazioni da parte dei cosiddetti "enti superiori". Non abbiamo soldi per i
nostri disoccupati, non abbiamo spazio nella scuola materna per i nostri figli,
non abbiamo personale adatto a vigilare e personale qualificato per affrontare
problematiche che sono complesse, in poche parole non possiamo farci carico
anche di questo problema.
Sopratutto non possiamo farlo al posto di quelli che "scaldano" le loro dorate
poltrone al comune di Cagliari (che ha ben altre risorse), in provincia o in
regione e non sono mai stati capaci di affrontare e risolvere un problema che và
avanti da decenni. Altra cosa che mi dà tremendamente fastidio è che pare venir
fuori un'immagine di poca tolleranza da un paese come San Sperate che da sempre
è stato avanti nella cultura nell'accoglienza e nella solidarietà e
nell'attenzione al sociale. La colpa non è nostra ma di chi ha cercato di
imporci le proprie decisioni senza prima coinvolgerci, che ha partorito un
progetto che con queste premesse non può che essere fallimentare come la
situazione che si è creata a San Sperate dimostra. San Sperate non merita
questo".
Leggo e rispondo di getto dal mio profilo personale con queste parole:
L'etnia Rom (fonte wikipedia):
Un dato costante della storia del popolo Rom va rintracciato nella persecuzione
che hanno sempre subito, la riduzione in schiavitù, la deportazione e lo
sterminio.
Lungo la storia che li accompagna fino ad oggi si è protratta nel tempo la
diffidenza nata al loro primo apparire nel Medioevo europeo: il nomadismo come
maledizione di Dio; la pratica di mestieri quali forgiatori di metalli,
considerati nella superstizione popolare riconducibili alla magia; le arti
divinatorie identificabili come aspetto stregonesco, ecc.
Di qui la tendenza delle società moderne a liberarsi di tale presenza anche a
costo dell'eliminazione fisica. Tutti i paesi europei adottarono bandi di
espulsione nei loro confronti, fino alla programmazione del genocidio dei rom,
insieme a quello degli ebrei, durante il nazismo in Germania.
Si stima che nel mondo ci siano tra i 12 e i 15 milioni di rom. Tuttavia il
numero ufficiale di rom è incerto in molti paesi. Questo anche perché molti di
loro rifiutano di farsi registrare come di etnia rom per timore di subire
discriminazioni.
La questione Rom è il punto centrale del discorso quindi un 'nemmeno arrivo a
parlarne' è semplicemente tentare di nascondere la testa sotto la sabbia, perché
se si fosse trattato di terremotati dell'Emilia, rifugiati politici Curdi o
bimbi di Chernobyl forse non ci si sarebbe dichiarati 'furiosi' ma ci si sarebbe
dichiarati fieri e accoglienti
L''appello accorato ai problemi del paese è degno del miglior Cetto La
Qualunque, una botta al 'paese ha già tanti problemi', un'altra all'immancabile
problema scuola (il cuore di mamma si intenerisce sempre alle parole 'i nostri
figli'), un'altra ancora al lavoro (quando si scrive la parola 'disoccupazione'
siamo in tanti a saltare sulla sedia indignati), l'ultima è la bottarella alla
'casta' visto che si scrive di 'enti superiori dalle poltrone dorate'
È vero, 'San Sperate non merita questo' e nemmeno noi cittadini meritiamo
questo, un po' più di sostanza.. grazie..
Ma la nostra piccola storia non è ancora giunta all'epilogo.
Questa mattina decido di andare a vedere dov'è questo grande accampamento Rom
vicino alla mia nuova cittadina.
Negli articoli dei giornali si scrive di 'terreni vicino all'Emmezeta' ma
nonostante il mio affacciarmi al finestrino della macchina per curiosare nelle
campagne accanto al centro commerciale, non scorgo nessun accampamento.
Decido di chiedere informazioni.
Fermo la macchina e mi avvicino ad un anziano signore che sta lavorando la
campagna.
L'anziano signore risponde alle mie domande:
"Sì, da qualche giorno c'è una famiglia Rom in una casa alla periferia del
paese".
Chiedo io: "Una famiglia?"
E lui: "Sì, ma io non so.. una famiglia, forse due, una trentina di persone..
forse..".
Gli chiedo: "Lei cosa ne pensa?"
Mi risponde: "Ieri c'è stata un'assemblea nell'aula del comune, c'era tanta
gente.. Io non so, alla fine sono persone come noi, con usanze diverse".
Sì, sono persone esattamente come noi.
Arrivo nel grande accampamento Rom. Fa molto caldo, trovo una famiglia che
dialoga, bimbi che corrono e un anziano signore che mi offre una birra fresca.
Ratko Halilovic, conosciuto da tutti come Boban mi presenta la sua famiglia e mi
racconta che è qui in Sardegna da 40 anni, sua sorella è nata qui e ha 32 anni,
i suoi figli sono nati qui.
Il grande campo Rom è costituito da 14 persone, la famiglia di Boban e quella di
suo figlio di 19 anni.
Con l'aiuto della Caritas di Don Marco hanno trovato sistemazione in una casa in
affitto alla periferia di San Sperate. Mi dice che hanno stipulato un regolare
contratto d'affitto di un anno, mi vuole far vedere il contratto ma io gli
rispondo che non è necessario.
Facciamo un giro attorno alla casa, mi indica quello che hanno trovato e quello
che hanno sistemato.
Boban e famigliola si sono dedicati alla pulizia della casa e del terreno
attorno che era diventato punto di raccolta dell'immondizia di alcuni solerti
cittadini di San Sperate; il frutto della civiltà viene sistemato in una decina
di grandi buste.
Boban nel mentre che camminiamo, mi dice: "Questa mattina è venuta l'assessore
del comune ed io ho chiesto dove potevo portare tutte le buste che abbiamo
riempito per non lasciarle buttate qui così, ma non mi ha dato risposta. Io non
so dove posso, se c'è un posto io posso portarle perché ho un furgone".
Già, dove poter conferire le buste di questi 'sporchi e immondezzari' Rom?
Mi chiede: "Ma scusa, perché vogliono mandare i vigili sanitari della ASL a
controllare la nostra casa e quando c'era la signora che ci viveva prima non li
hanno mandati?".
Non ho una buona risposta, ascolto e mi guardo attorno.
La sorella di Boban mi dice: "Noi non vogliamo rubare le case ai sardi, non
abbiamo chiesto e non chiediamo niente. Non vogliamo favori, vogliamo
semplicemente vivere in uno spazio dove non essere sempre costretti a dover
andare via".
Un bambina mi chiede di farle una foto, la moglie di Boban allatta un bimbo
sotto il fresco della veranda, tre pappagalli in una gabbia vicino alla
roulotte, un cane che corre, abbaia e scodinzola e il padre di Boban che mi
sorride con la sua bottiglia di birra in mano.
Questo è il grande accampamento Rom che incute terrore alla piccola cittadina di
San Sperate, che ha fatto infuriare il sindaco e che ha riempito le pagine dei
giornali isolani di questi ultimi giorni.
Per ultimo, vorrei segnalare la profondità di queste parole scritte da un
civile
cittadino di San Sperate:
"Se, tra i nostri nuovi vicini ROM, c'e' qualcuno che si occupa di smaltimento
di rifiuti ferrosi,sappia che a casa abbiamo un bel po' di PIOMBO!!!!!".
Anche io ho paura, ma di VOI non di LORO.
Forse per farli sentire a loro agio, da paese accogliente (come ci ricorda il
nostro primo cittadino) gli abbiamo voluto dare il benvenuto con una montagna di
immondizia...
Il nomade va deportato a prescindere. Non importa che viva in un campo
regolarmente attrezzato, che i suoi figli vadano a scuola e che lui lavori e
cerchi di integrarsi. Il teatro designato per una delle più dissennate
operazioni di politica sociale che si possano immaginare è un villaggio di 350
rom di origine bosniaca, macedone e montenegrina, appartato in località Tor dè
Cenci, su una collinetta accanto alla Via Pontina, che da Roma conduce a Latina.
Ieri mattina mentre in un'altra parte della città veniva buttata giù, sotto gli
occhi del sindaco Gianni Alemanno, l'ultima baracca dell'insediamento abusivo "Casilino
900", che verrà bonificato e trasformato in parco, gli abitanti del villaggio di
Tor dè Cenci hanno atteso a lungo e invano, sull'ampio piazzale d'ingresso,
l'arrivo del prefetto o di suoi alcuni collaboratori che avrebbero dovuto
spiegare le modalità di quell'imminente assurdo sgombero. Hasko, il portavoce
del villaggio, non sapeva darsi pace: "Siamo qui da 15 anni e gli abitanti di
Tor dè Cenci non si sono mai lamentati di noi. In tutto questo tempo non è mai
stata rubata un'auto, non è mai sparito un portafoglio. I nostri bambini vanno a
scuola qui, io stesso faccio parte dell'esecutivo del Comitato di quartiere". Il
villaggio di Tor dè Cenci è stato inaugurato nel 1995 dall'allora sindaco
Francesco Rutelli: i nomadi vivono in 55 container modello Protezione Civile e,
secondo i calcoli dell'ARCI, il comune ha speso fino ad oggi 5 milioni di euro
per costruirlo, recintarlo e allacciare l'acqua, la luce elettrica, il telefono,
le fogne. Dei 350 occupanti, ben 200 sono minori, ma non contando i bambini da 0
a 3 anni e i ragazzi con più di 16 anni, esclusi dall'obbligo scolastico,
arriviamo ai 110 iscritti a scuola. "Di questi ben l'80% ha una frequenza
regolare, una delle medie più alte fra tutti i campi rom di Roma" osserva Paolo
Perrini che coordina i progetti di scolarizzazione dei nomadi per conto
dell'ARCI. Ogni mattina arrivano i pulmini comunali a "distribuire" bimbi e
ragazzi in un ampio parco di complessi scolastici, in modo da evitare classi e
scuole ghetto. Non giungono così di frequente, invece gli automezzi dell'AMA,
l'azienda comunale della nettezza urbana: in media un paio di volte la
settimana, nonostante per convenzione dovrebbero passare due volte al giorno.
Così pile di rifiuti sono accatastate attorno ai cinque cassonetti
dell'ingresso. I ragazzi di cittadinanza italiana sono una trentina e sventolano
a richiesta carte d'identità un po' logore e passaporti: sono quelli nati in
Italia che hanno potuto documentare, attraverso certificati scolastici,
vaccinazioni e altro, la continuità di residenza dalla nascita al diciottesimo
anno d'età. Simone, 22 anni, e Ibrahim, 20, hanno prestato servizio civile
nell'Opera Nomadi. Bryan fa il parrucchiere in un negozio dell'EUR. Il mestiere
dominante nel gruppo, è la separazione del ferro dal piombo e dal rame, per
vendere il tutto al mercato all'ingrosso. "Niente binari del treno - giurano -
svuotiamo le cantine e abbiamo la partita IVA". Il progetto dell'Assessore alle
Politiche Sociali, Sveva Belviso è di chiudere il villaggio trasferendo gli
occupanti 20 km più a Sud, nel campo di Castel Romano, che ospita già 800 rom,
per onorare la promessa fatta in campagna elettorale agli elettori del suo
municipio, il dodicesimo. I nomadi hanno scritto una lettera aperta alle
"autorità preposte", perché ci ripensino: "A chi non conviene aggravare la
situazione - trasferendoci in un campo già grande e disagiato, al di fuori di
qualsiasi contesto urbano?". L'hanno consegnata al commissario del Croce Rossa
Italiana Marco Squicciarini, che ha assicurato il suo appoggio: la Croce Rossa
Italiana non fornirà alcun apporto logistico allo sgombero, contro il quale si è
mossa da Londra pure Amnesty International
IL PREMIO GRAN MAESTRO disonora quella persona che si erge sopra tutti gli
altri anti-eroi in questa tragedia senza senso. Uno dei fan di Kouchner ha
scritto questo a proposito di lui su Internet: "Per essere onesto... per essere
morale... per essere, in poche parole, vicino a ciò che consideriamo perfetto...
questa è la definizione di quanto la gente definisce un eroe...
Bernard Kouchner è una di queste persone... uno dei più amati filantropi
francesi. Ha scritto nove libri, ed ha rivoluzionato l'umanitarismo in tutto il
mondo."
Nato il 1 novembre 1939 ad Avignone in Francia, Kouchner divenne dottore e
subito finì in Biafra (Nigeria) per assistere un paese in carestia, dicendo
"Sono corso in Biafra perché ero troppo giovane per Guernica, Auschwitz, Oradour
e Setif." Nel 1970 co-fondò Medecins sans Frontieres (Dottori senza Frontiere),
che venne premiata nel 1999 col Premio Nobel per la Pace, e poi Medecins du
Monde (Dottori del Mondo) il decennio successivo. Negli anni '80 organizzò
diverse operazioni umanitarie, la più famosa fu Restore Hope in Somalia, dove
assistette personalmente al trasporto di sacchi di riso. Capitalizzandola sua
fama umanitaria, entrò nella politica francese e fu Ministero di Stato dal 1998
al 1991, diventando Ministro della Sanità l'anno dopo. Più tardi fu membro del
Parlamento Europeo e Presidente della Commissione sullo Sviluppo e la
Cooperazione. Nel luglio1999, divenne Rappresentante Speciale del Segretario
Generale delle Nazioni Unite e Capo della Missione ONU in Kosovo.
Sfortunatamente, le azioni di Kouchner in Kosovo furono molto differenti dal
suo passato, dato che scelse la convenienza agli ideali umanitari. In un momento
particolare, Kouchner assalì un inviato dei diritti umani ONU in visita,
dicendogli di "tenere la bocca chiusa" su quanto aveva visto.
Nella primavera del 2000, come capo della Missione ONU in Kosovo (UNMIK),
Kouchner istruì la sua squadra medica a Mitrovica nord guidata dal dr. Andrej
Andrejew (un cittadino tedesco), di compiere urgentemente uno studio ambientale
sull'area, dopo che si ammalarono gravemente dei soldati danesi e francesi.
Campioni sanguigni raccolti e inviati a Copenhagen mostrarono alti livelli di
avvelenamento da piombo. L'esercito francese fu così preoccupato da
commissionare diversi studi all'Istituto di Salute Pubblica di Parigi. In
seguito, diversi soldati furono rimpatriati perché non c'erano possibilità in
Kosovo di curare l'avvelenamento da piombo.
A novembre 2000, il rapporto del dr. Andrejew fu sottoposto personalmente a
Kouchner. Sulla base dei campioni di sangue presi dal dr. Andrejew (ed inviati
ad un ben conosciuto laboratorio in Belgio), venne disegnata una mappa che
mostrava tre aree: A, B, e C. L'area A aveva i più alti livelli di piombo nel
sangue. Le uniche persone che vivevano in quell'area erano dei due campi di
rifugiati per Rom e Askali. Infatti, i livelli dei Rom (specialmente nei
bambini) erano così alti che il laboratorio in Belgio chiamò il dr. Andrejew e
gli chiese di ricontrollare quei campioni, perché il laboratorio non aveva mai
visto livelli di piombo così alti nella storia della letteratura medica.
Nel suo rapporto scritto, il dr. Andrejew diceva che era evidente che i campi
rom erano nel posto sbagliato e che dovevano essere spostati ed i Rom curati.
Kouchner disse al suo staff che come dottore era perfettamente cosciente del
pericolo dell'avvelenamento da piombo e giurava che avrebbe provveduto. Un
tossicologo polacco coinvolto in questa discussione raccomandò l'evacuazione e
le cure all'estero dato che non era possibile trattare l'avvelenamento da piombo
in Kosovo. Kouchner pose il veto sulla proposta.
Poi Kouchner decise di diffondere la storia che i Rom soffrivano di
avvelenamento da piombo cronico e dovevano solo convivervi. I bambini rom
concepiti e nati nei campi non avevano avvelenamento cronico anche se i loro
livelli di piombo erano i più alti mai registrati.
Quando vennero costruiti i campi rom nel settembre 1999, ci furono forti
proteste da diverse agenzie internazionali, perché era evidente ad occhio nudo
che i campi erano stati piazzati accanto a milioni di tonnellate di rifiuti
tossici. Il capo dell'UNHCR in Kosovo promise personalmente ai rifugiati che
sarebbero rimasti sui terreni tossici per 45 giorni, ed in quel periodo
sarebbero state ricostruite le loro case distrutte (che a differenza di quanto
si disse, non erano mai state bruciate) o portati in un paese terzo. Undici anni
dopo, i Rom sono ancora là ed i risultati sono stati tragici: 86 morti e
centinaia di aborti spontanei dovuti a complicazioni dall'avvelenamento da
piombo, mentre quasi tutti i bambini sono nati con danni irreversibili al
cervello.
Dato che il nostro gran maestro degli anti-eroi, il dr. Bernard Kouchner, non
fece niente per salvare queste vite umane, ogni altro capo delle Nazioni Unite
in Kosovo ha seguito l'esempio catastrofico di Kouchner e rifiutato di evacuare
questi campi tossici, nonostante ripetuti appelli per agire in questo senso da
parte dell'OMS, dell'ICRC (Comitato Internazionale della Croce Rossa ndr)
e di infinite OnG.
Oggi in Kosovo questi campi tossici sono chiamati l'Inferno di Kouchner dai
rifugiati che sono obbligati a viverci, inclusi molti che sono stati riportati a
forza in Kosovo dopo aver vissuto in Germania per quindici anni.
Il dr. Bernard Kouchner è stato tre volte Ministro della Sanità in Francia,
ed attualmente è Ministro degli Affari Esteri del governo francese. In una
recente risposta ad una nostra lettera in cui gli chiedevamo perché non avesse
mai salvato queste persone, replicava: "Vi assicuro che considererò finito
questo doloroso capitolo solo con la definitiva chiusura di questi due campi.
Nel contempo l'Ambasciata francese a Pristina continuerà a tenermi informato
sull'evoluzione della situazione sul campo, e monitorerà da vicino l'attuazione
degli impegni." QUALI IMPEGNI? NESSUNO DA KOUCHNER.
IL PREMIO OFFUSCAMENTO: mette in discussione le intenzioni, l'apertura e
la trasparenza di un ministro del governo kosovaro riguardo al salvare gli
zingari dei campi di Mitrovica sotto la sua giurisdizione.
Saša Rašić, Ministro per le Comunità ed i Ritorni nel Governo del
Kosovo, è nato il 18-07-1973, nel povero villaggio serbo di campagna di Dobrotin,
comune di Lipljan. Prima di diventare ministro del governo kosovaro, questo
Serbo è stato vice ministro agli Affari Interni. Prima ancora ha lavorato come
avvocato, interprete della KFOR britannica a Lipljan, ed assistente e
coordinatore della polizia UNMIK a Lipljan e Priština.
Uno dei suoi compiti dopo essere diventato Ministro per le Comunità ed i
Ritorni era di supervisionare ed evacuare i campi zingari che si trovano su
terreni contaminati, la cui gestione è stata passata nel 2008 dall'UNHCR al
governo del Kosovo. Nonostante i ripetuti rapporti dei media mondiali (BBC,
International Herald Tribune, Washington Times, Aljazeera, Bild Zeitung, ZDF,
ARTE TV, The Sun, ecc.) che richiamavano l'attenzione su questi "campi di
morte", né Rašić né nessun membro del suo ufficio hanno mai visitato i campi. A
tutt'oggi, il Ministro Rašić non ha ancora rivelato un piano per evacuare
medicalmente i campi, come richiesto dall'OMS (Organizzazione Mondiale della
Sanità) e da innumerevoli altre OnG.
Da quando è diventato membro del gabinetto del Primo Ministro Thachi, Rašić
ha rifiutato di incontrare i giornalisti stranieri che volevano discutere il
tema dei campi contaminati dal piombo, o la costruzione dei 60 appartamenti per
IDP (Persone Disperse Internamente), nel villaggio di Laplje Selo dove gli
zingari dei campi fuori dalla città di Mitrovica (che non hanno mai vissuto nel
quartiere Fabricka a Mitrovica sud) potrebbero essere trasferiti. Nonostante
fosse programmato come uno sviluppo multietnico dal ministero di Rašić, i 60
appartamenti sono stati assegnati soltanto a Serbi, che non hanno sofferto una
situazione di minaccia alla vita come gli zingari sui terreni contaminati.
Sebbene in loco ci siano forti sospetti che chi ha costruito i 60
appartamenti ha costruito nel contempo sull'altro lato della strada un palazzo
per il Ministro Rašić, anche se la stupenda casa in effetti esiste (l'ho
fotografata), non credo ci sia una prova scritta che provi questo gossip. Sono
sicuro che il governo del Kosovo ha già investigato su questi rumori locali
senza sostanza e li abbia trovati infondati. Nondimeno, sarebbe conveniente che
il Ministro Rašić ed il governo kosovaro fossero più trasparenti con i
giornalisti e con il pubblico e, naturalmente, per salvare i Rom/Askali assieme
ai vicini serbi del Ministro Rašić.
PREMIO "NON FATE NESSUN RUMORE": disonora i summenzionati partner che
rifiutarono di "fare rumore" a favore dei bambini zingari che soffrivano di
livelli di piombo mortali negli ex campi ONU ora gestiti dal governo del Kosovo.
Poco dopo la morte di Jenita Mehmeti, quattro anni, per avvelenamento da piombo
nel campo ONU di Zitkovavc, mi precipitai nell'ufficio SDC di Pristina e li
supplicai di aiutarmi. Per due anni SDC aveva generosamente finanziato le mie
classi per insegnare l'inglese ai Rom nelle enclavi serbe vicino a Pristina, ed
anche nei quartieri Gabeli/Egizi a Peja e Gjakova. SDC aveva anche finanziato i
miei piccoli progetti lavorativi per gli zingari di tutto il Kosovo.
La morte di Jenita non era stata causata soltanto dal terreno contaminato dove
l'ONU aveva piazzato la sua famiglia, ma anche dal fatto che suo padre riciclava
batterie d'auto nella loro baracca ONU. L'attività era stata approvata dai
gestori del campo. I Serbi che gli portavano le batterie avevano una licenza
rilasciata dall'ufficio ONU di Zitkovac. ACT (Agenzia Svizzera di
Soccorso) e NCA (Norwegian Church Agency) che assieme amministravano il campo
ONU ammettevano che le batterie per auto, consegnate di solito a mezzogiorno in
un camioncino aperto, venissero scaricate dai bambini zingari che non avevano
altro da fare. L'atteggiamento di NCA era che gli zingari trovassero un lavoro
(di qualsiasi tipo) invece di essere parassiti, dipendenti dagli aiuti
umanitari.
La mia richiesta all'SDC era di farmi finanziare piccoli progetti lavorativi per
i campi Rom/Askali, così che non dovessero smaltire le batterie delle macchine.
Sfortunatamente, l'SDC aveva appena cambiato il proprio capo missione. Ero
sicuro che il capo precedente avrebbe istantaneamente approvato il mio progetto
che salvava delle vite, ma il nuovo, una donna svizzera di nome Barbara Burri,
rifiutò.
Non ne fui sorpreso. Per diversi anni come vice capo missione, aveva rifiutato
di assumere personale delle minoranze, solo Albanesi. Il capo precedente dell'SDC
a Pristina era imbarazzato per questo atteggiamento, ma fece con me un accordo.
Fintanto che non mi lamentavo del rifiuto dell'SDC di assumere minoranze,
avrebbe finanziato i miei progetti zingari. Ma il nuovo capo missione non la
pensava così. Ero andato troppo oltre nel tentare di coinvolgere la Svizzera. L'SDC
intendeva ancora aiutare gli zingari onesti che vivevano nelle enclavi. Ma non
gli zingari che morivano nei campi ONU. Sarebbe stato troppo politico per la
loro "mentalità svizzera neutrale". Dopo tutto, dove aveva l'UNHCR (gli
amministratori dei campi della morte) il proprio quartier generale? A Ginevra,
Svizzera.
Con l'Ambasciata Svizzera non andò meglio. Anche loro si rifiutavano di assumere
dalle minoranze, solo Albanesi. Quando feci appello all'ambasciatore in carica
per aiutare questi bambini che morivano di avvelenamento da piombo, mi disse di
cercare dei fondi altrove. Farsi coinvolgere in un progetto che avrebbe potuto
imbarazzare l'ONU o gli Albanesi, non era nelle corde della Svizzera.
Il mio terzo tentativo di cercare aiuto dalla Svizzera avvenne cinque anni più
tardi, quando contattai la Società per i Popoli Minacciati, a Berna. Sin
dall'estate 1999 l'organizzazione madre in Germania era stata attiva nel
denunciare l'avvelenamento da piombo nei campi e a chiederne l'evacuazione
assieme all'OMS ed altre OnG. Infatti, la GFBV tedesca aiutò mandando una TV
della Germania (ZDF) e la Bild Zeitung nei campi per dare più risonanza
possibile sulla sofferenza di quei bambini. All'inizio GFBV (Svizzera) mostrò
appoggio per un'azione diretta, proponendo persino di tenere assieme a noi una
manifestazione presso il quartier generale UNHCR a Ginevra. Ma dopo una visita
in Kosovo e dopo discussioni con l'Ambasciata Svizzera a Pristina (che disse
loro di non creare rumori attorno ai campi), GFBV (Svizzera) non solo rifiutò di
appoggiare la nostra campagna ma convinse anche GFBV in Germania ad unirsi a
loro nel non dare più risalto alla questione dei campi.
Adottando la medesima mentalità della II guerra mondiale, la neutralità rimane
il modus operandi della Svizzera. E proprio come agli Ebrei venne impedito di
entrare in Svizzera durante la guerra, così pure ai nostri bambini Rom/Askali
veniva proibito adesso di entrare nei cuori e nelle menti dell'Ambasciata
Svizzera e dell'ufficio SDC a Pristina.
Ancora, non ne fui sorpreso. Assumendo solo Albanesi per lavorare nei loro
uffici; essendo uno dei primi paesi a riconoscere il Kosovo come uno stato
indipendente; perché ora gli Svizzeri avrebbero voluto "salvare gli zingari" e
mettere in imbarazzo il governo del Kosovo? Probabilmente gli Svizzeri avevano
paura che salvare dei "gypos" nei "campi della morte" ora gestiti dagli Albanesi
poteva causare uno sciopero del loro staff albanese.
Di Fabrizio (del 29/06/2010 @ 09:27:17 in Europa, visitato 3914 volte)
by Paul Polansky
[continua] Quando vennero resi noti i risultati degli esami, l'OMS chiese
l'immediata evacuazione dei tre campi. Poche settimane dopo ICRC si aggiunse a
molte altre OnG nel richiedere un urgente sgombero per ragioni mediche.
Il 25 novembre, durante un incontro delle OnG nel quartiere generale UNMIK a
Mitrovica sud, venne rivelato dal rappresentante di Norwegian Church Aid che il
gruppo medico del dr. Kouchner aveva trovato alti livelli di piombo nel sangue
dei bambini pure nell'estate del 2000. Un rapporto preparato allora dal gruppo
medico ONU raccomandava che i tre campi fossero evacuati. Chiesi
immediatamente all'UNMIK una copia di quel rapporto del 2000. Mi dissero che non
era disponibile al pubblico.
Conoscendo diversi Albanesi che lavoravano con l'UNMIK, tentai di avere
tramite loro una copia del rapporto. Mi venne detto che era sotto chiave e
considerato "top secret".
Un anno più tardi trovai quel rapporto del gruppo medico ONU datato novembre
2000 sul web (non etichettato come documento UNMIK, ma sotto il nome del dottore
che l'aveva cofirmato). Rintracciai il dottore, Andrej Andrejew. Ora lavorava
per una ditta farmaceutica a Berlino. Dopo pranzo, mi confermò che i livelli di
piombo nel 2000 erano così alti tra i bambini dei campi zingari, che il
laboratorio in Belgio che analizzava i loro campioni di sangue pensava ad un
errore, perché non aveva mai visto livelli tanto alti. L'ex dottore dell'ONU di
Kouchner rimase scioccato nel sentire che i campi non erano stati evacuati ed il
terreno era stato cintato perché la gente estranea non potesse accidentalmente
addentrarvisi, come raccomandava nel suo rapporto. Poco dopo aver compilato il
suo rapporto, Andrej aveva lasciato il Kosovo, ritenendo che Kouchner avrebbe
seguito le raccomandazioni della sua squadra medica ONU.
Fui il primo giornalista a rendere pubblica la storia dei campi. In un
articolo che venne pubblicato dall'International Herald Tribune il 25 aprile
2005, descrissi l'orrore e scrissi che sino a quel momento erano morti nei campi
25 Zingari, la maggior parte in seguito a complicazioni dovute ad avvelenamento
da piombo. Nonostante le ricadute internazionali alla notizia, l'UNMIK rifiutò
ancora di evacuare i campi.
Da allora, con la mia squadra GFVB visitai i campi diverse volte a settimana
per controllare la salute dei bambini. Un giorno la madre di Jenita mi disse che
sua figlia Nikolina di due anni mostrava gli stessi sintomi di Jenita prima che
morisse. Venne avvisata l'equipe medica NATO di Mitrovica nord. Venne richiesto
loro il permesso di un immediato trasporto di Nikolina a Belgrado, l'unico
ospedale nei Balcani che trattava l'avvelenamento da piombo. Il capo dell'equipe
medica NATO di Mitrovica, il dr. Sergey Shevchenko, rifiutò.
Il giorno dopo chiamai personalmente il dr. Shevchenko e lo implorai di
trasportare Nikolina a Belgrado. Rifiutò nuovamente. Invece di discutere con lui
(un optometrista di Vladivostok, Russia, che parlava inglese), io e la mia
squadra caricammo Nikolina e sua madre sul mio caravan per andare a Belgrado.
Dato che non avevano passaporti, e nemmeno documenti personali, dovetti farle
passare di contrabbando attraverso il confine serbo-kosovaro nascoste nel bagno
del mio caravan.
A Belgrado, i livelli di piombo riscontrati a Nikolina mettevano a rischio la
sua vita. Dopo tre settimane di trattamento i suoi livelli si erano ridotti, ma
fui avvertito che probabilmente avrebbe avuto danni irreversibili al cervello e
che se l'avessimo riportata alla fonte dell'avvelenamento, probabilmente sarebbe
morta. Con l'aiuto di un olandese che lavorava per un'OnG internazionale (da cui
travasava soldi per le piccole spese), affittammo un appartamento nel villaggio
di Priluzje dove la famiglia di Jenita aveva dei parenti. Usando il mio caravan,
li traslocai personalmente con le loro poche cose dalle baracche ONU. Col tempo
trovai un donatore americano che comprò loro un pezzo di terra. Dopo un anno,
un'OnG internazionale costruì loro una casa.
Dato che non riuscivo a convincere l'ONU ad evacuare i tre campi e salvare
questi bambini rom ed askali, pubblicai in proprio un libriccino (UN - Leaded
Blood) sulla loro situazione e produssi un documentario (Gipsy Blood). Anche se
tutti e due produssero uno scandalo in Kosovo, l'ONU si rifiutò ancora di
sgomberare i campi e curare questi bambini.
Mentre giravo il mio documentario, scoprimmo un'altra famiglia che aveva dei
bambini con gli stessi livelli di piombo di Jenita e Nikolina. Ma prima che
potessi fare qualcosa, morirono la madre e un fratellino. Un dottore a cui avevo
chiesto di investigare sulle loro morti, era convinto che entrambe fossero morti
per complicazioni dovute ad avvelenamento da piombo. Era dell'opinione che i
sette bambini superstiti non sarebbero sopravissuti se non fossero stati rimossi
dalla fonte di avvelenamento e ricevuto trattamento medico urgente.
Ancora una volta, la dura e compiacente amministrazione UNMIK rifiutò di
agire. Così la mia OnG tedesca, GFBV, contattò il giornale di più grande
tiratura in Germania, chiedendogli di visitare il campo e scrivere una storia su
questa tragedia. Non solo il giornale, la Bild Zeitung, venne in Kosovo, ma
tramite la loro fondazione per l'infanzia (Ein Hertz für Kinder) portarono tutta
la famiglia in Germania per le cure. Per aiutare la famiglia durante e
dopo il trasporto, il giornale chiese a me ed al mio gruppo romanì di
accompagnarla.
In Germania, scoprirono che non solo la famiglia romanì necessitava di cure
mediche, ma anche io ed il mio gruppo romanì. I nostri livelli di piombo, anche
solo con visite periodiche nei campi, erano del livello doppio di quello che
poteva causare danni irreversibili al cervello. Quindi assieme ai sette bambini
e al loro padre, anche noi fummo curati.
Prime del trattamento, tutti noi facemmo una TAC. Quando toccò a Denis, sette
anni, il dottore incaricato mi indicò il fegato del bambino e mi disse: "E' il
fegato di un sessantenne alcolizzato che beve una bottiglia di whiskey al
giorno. Questo bambino non arriverà a 20 o 30 anni. E' quello che gli ha fatto
l'avvelenamento da piombo!"
Nel 2006 finalmente l'ONU decise di fare qualcosa per acquietare le accuse
che col mio team e l'avvocata americana Dianne Post, che ora rappresentava le
oltre 150 persone dei campi rom/askali, continuavamo a generare sulla
tragedia dell'avvelenamento da piombo. Nel 2005 le truppe francesi avevano deciso
di lasciare la sua base a Mitrovica nord. L'ONU traslocò due dei tre campi
zingari nell'ex base francese.
Una volta di più rimasi scioccato dall'atteggiamento insensibile dell'UNMIK
in questa situazione. La base francese, chiamata Osterode, era a solo 50 metri
da due dei campi zingari contaminati. Anche il campo francese era ricoperto
dalla polvere tossica generata dalle 100 milioni di tonnellate di scorie
nell'area. I soldati francesi, che tanto io quanto i reporter del NY Times
avevamo intervistato in separate occasioni, lamentavano che i dottori militari
avevano avvisato ogni soldato in servizio nella base, di non generare bambini
per nove mesi dopo aver lasciato il Kosovo, a causa dell'alto livello del piombo
nel loro sangue.
Comunque, dopo aver speso 500.000 euro donati dal governo tedesco per
ristrutturare il campo di Osterode, una squadra di valutazione ambientale della
CDC di Atlanta, Georgia, dichiarò Osterode come "libero dal piombo". Poi
l'ufficio USA a Pristina dichiarò di essere pronto a donare 900.000 $ per cure e
per una dieta migliore per i bambini evacuati ad Osterode. Inoltre l'UNMIK
promise che gli Zingari sarebbero rimasti ad Osterode per non più di un anno.
Poi sarebbero stati trasferiti in nuovi appartamenti costruiti per loro nel
vecchio quartiere.
Dato che diverse OnG e anche i leader del campo non ritenevano che Osterode
fosse "libero dal piombo", si fecero subito degli esami sanguigni ai bambini
dopo che arrivarono ad Osterode. Un anno dopo vennero nuovamente controllati i
loro livelli di piombo. Non fu sorprendente per me e la mia squadra, ma lo fu
per l'UNMIK: molti livelli erano aumentati nonostante una dieta migliore ed
alcuni trattamenti medici di base. Quando vennero conosciuti questi risultati, i
dottori smisero le loro cure, dicendo che facevano più male che bene. Nuovamente
si disse che era necessario allontanare la gente dalla fonte di avvelenamento,
prima di essere curati per intossicazione da piombo.
Quando pubblicai il primo articolo sui campi nel 2005 sull'International
Herald Tribune, riportavo che 27 Zingari (inclusi molti bambini) erano già morti
nei campi. Alla fine del 2006, il numero era più che raddoppiato, e per la fine
del 2009 il conto era a 84. E gli Zingari vivono tuttora ad Osterode e nel
vicino campo di Cesmin Lug.
Tra il 2007 e il 2008 diverse OnG costruirono o finanziarono la costruzione
di appartamenti nel vecchio quartiere zingaro di Mitrovica sud. Ma questi
appartamenti non vennero dati, come promesso, a quanti soffrivano dei più alti
livelli di avvelenamento da piombo. Per mostrare che funzionava la loro politica
di far tornare gli Zingari rifugiati in altri paesi, l'UNHCR diede la maggior
parte di quegli appartamenti a quanti tornavano dal Montenegro e dalla Serbia.
Dopo aver provato a far pressione sull'ufficio USA a Pristina per trasportare
via aerea questi 650 Zingari a Fort Dix, NJ, come il governo americano aveva
fatto per oltre 7.000 Albanesi nel 1999 per salvarli dai paramilitari di
Milosevic, USAID propose invece il progetto di costruire 50 appartamenti per i
Rom dei campi, ovunque loro volessero in Kosovo. Mercy Corps, un'OnG
internazionale degli USA, venne incaricata del contratto, anche se non avevano
mai avuto a che fare con i campi zingari ed allora non avevano Rom o Askali nel
loro staff. Tuttavia, nell'ottobre 2008 Mercy Corps assunse una romnì della mia
squadra ed aprì un ufficio a Mitrovica sud per onorare il contratto di 2.400.000
$ affidatogli da USAID.
20.000 persone occupate e un benessere diffuso. Erano gli anni '70 e '80 e
Mitrovica era un importante polo minerario. Ora rimane poco, se non
l'inquinamento. A farne le spese soprattutto i rom. Riceviamo e volentieri
pubblichiamo
Di Federica Riccardi e Raffaele Coniglio*
Tra i tanti primati che una volta caratterizzavano Mitrovica vanno annoverati il
fiorente indotto minerario che faceva della città e dintorni una delle più
fiorenti aree del Kosovo e dell’ex Jugoslavia (per estrazione di minerali, loro
lavorazione-trasformazione e successiva produzione di batterie), e il più grande
quartiere rom del Kosovo, il Roma Mahala. Questi due aspetti, di valenza
indubbiamente positiva, sembrano non avere interconnessioni mentre invece hanno
stretti legami e tragiche conseguenze.
Gli impianti di Trepca, il fiorente polo minerario nella ricca regione di
Mitrovica, hanno contribuito notevolmente allo sviluppo economico e sociale di
questa zona per tutti gli anni ‘70 e ‘80. Erano più di 20.000 le persone
impiegate, di cui la metà provenienti dalla sola area di Mitrovica, con salari
indimenticabili e tanti benefits per le famiglie degli operai. Sebbene la città
fosse prospera e occupata con il lavoro delle miniere, la gente rimaneva
comunque un tantino insoddisfatta per via della mancanza di investimenti
successivi agli introiti delle miniere. Un detto di quei tempi recitava “Trepca
punon Beogradi ndėrrton”(Trepca lavora e Belgrado si costruisce), sintetizzando
questo aspetto.
8.000 o forse poco di più era il numero di membri della comunità rom che viveva
nel quartiere Roma Mahala di Mitrovica, una striscia di terra a sud del fiume
Ibar che sembra interporsi tra i serbi e gli albanesi. I rom anche allora come
oggi non erano ben inseriti nelle strutture sociali della città, non godevano di
una buona reputazione, e si sono trovati, durante gli anni dello scontro etnico
in Kosovo, tra due fuochi, quello serbo e quello albanese.
Oggi la fotografia di Mitrovica è un’altra. L’intero indotto di Trepca è ridotto
all’osso, con meno di un migliaio di operai vi estraggono soltanto i minerali.
Gli impianti di lavorazione e trasformazione del piombo, rame, zinco sono
dismessi e versano in uno stato fatiscente. Insieme al polo turistico di
Bresovica, gli impianti di Trepca sono stati un grande fallimento per la KTA,
l’agenzia incaricata per le privatizzazioni in Kosovo. Quello che è rimasto dei
fiorenti e produttivi impianti minerari, oltre alle obsolete strutture, è
l’inquinamento del suolo.
Mitrovica oggi ricopre il triste primato di città più inquinata del Kosovo e
dell’ex Jugoslavia. A farne le spese sono tutti i suoi cittadini, i rom più
degli altri. Ed oltre al problema dell’inquinamento, che li vede vittime di
intrighi politici, i rom sono anche cittadini privi delle loro case. Facilmente
manipolati dai serbi e indiscriminatamente percepiti come traditori e nemici
dagli albanesi, si sono visti, da questi ultimi, completamente annientare tutto
il loro storico quartiere. Inermi, dal lato nord del fiume che oggi divide
etnicamente la città in due, hanno assistito alla distruzione delle loro case.
Quelli che avevano deciso di affrontare di petto la situazione persero la vita.
In tanti sono scappati in Europa, in Montenegro, in Serbia.
Campo rom di Zitkovac
I pochi rimasti a Mitrovica sono stati costretti a vivere, in mancanza di
alternative, in posti malsani e inquinati. I campi di Zitkovac, Cesmin Lug e
Kablare, tutti nella parte nord di Mitrovica, furono costruiti nel novembre del
1999 per ospitare circa 500 persone di etnia rom scappate dal loro grande
quartiere. Da allora e per tutti questi anni il problema dei rom è diventato
sempre più grande.
Dovevano restare in questi posti soltanto per 45 giorni. Solo Zitkovac è stato
chiuso ma soltanto nel 2006 ed i suoi abitanti sono stati dislocati negli altri
campi. Nei tre campi di Zitkovac, Cesmin Lug e Kablare molti bambini mostravano
infatti i classici sintomi da inquinamento da piombo: perdita di memoria,
mancanza di coordinamento, vomito e convulsioni. Il Prof. Nait Vrenezi
dell’Università di Pristina già in un suo studio del 1997, condotto
congiuntamente con numerosi esperti internazionali, affermava che l’esposizione
continua ad ambienti con alta concentrazione di piombo crea nei bambini danni
motori e di percezione permanenti.
Dal 1999 al 2006, 27 persone sono morte a Zitkovac, molte delle quali con ogni
probabilità a causa di avvelenamento da metallo pesante, anche se autopsie non
sono mai state effettuate. Nel 2000 furono effettuati diversi test e analisi
sugli abitanti dei campi dall’allora consulente russo dell’ONU, Dott. Andrei
Andreyev, che confermavano fuori da ogni dubbio l’alto livello di concentrazione
di piombo nel loro sangue. Andreyev allora inoltrò un report dettagliato
contenente dati e cifre all’Organizzazione Mondiale della Sanità e all’UNMIK,
chiedendo loro di provvedere ad una immediata evacuazione dei campi. Il suo
report, però, che oggi non è disponibile al pubblico, non ha avuto nessun
riscontro pratico, se non che molti funzionari internazionali della polizia
dell’Unmik, che giornalmente facevano jogging accanto al campo di Cesmin Lug,
dovettero fare immediati accertamenti medici, e si scoprì che il loro tasso di
piombo era così alto da richiedere il loro rimpatrio. Nel 2004 test capillari su
75 persone dei tre campi, principalmente bambini e donne incinte, mostravano che
44 di loro avevano livelli di piombo nel sangue più alti di quanto il
macchinario potesse misurare (65 mg/dl), laddove 10 mg è considerato il punto in
cui vi è un serio rischio di danni al cervello o al sistema nervoso.
Le ultime da Osterode Camp
Osterode camp, costruito nel 2005 in quella che prima della guerra era una base
militare serba e successivamente una postazione francese, ospita oggi più di 400
persone in container tra stradine asfaltate, ex-capannoni militari ri-utilizzati
e un piccolo parco giochi, il tutto circoscritto da filo spinato. Certo Osterode
- oggi monitorato dalla Norwegian Church Aid, agenzia che coordina i donors e le
attività del campo - appare, al primo impatto, una struttura ben più comoda e
pulita rispetto ai capannoni sporchi ammassati sulle rotaie ferroviarie del
campo di Cesmin Lug, distante appena poche decine di metri.
Campo rom di Cesmin Lug
Tuttavia, il rappresentante rom del campo, il Sig.Habib Haidini, senza tanti
giri di parole ci tiene a precisare che cambia poco avere un container
mettallico di limitate dimensioni e piccole strutture di divertimento, rispetto
alle baracche di lamiera contorte del campo vicino. “Non è una casa, e quelli a
Cesmin Lug non vengono da noi perché sono della nostra stessa opinione: stiamo
tutti aspettando una casa, una casa vera”. Habib incontra quotidianamente i
rappresentanti di enti istituzionali locali e non, per far pressioni e cercare
di velocizzare i tempi affinché tutti i rom dei due campi possano essere
finalmente trasferiti in una struttura permanente. Osterode doveva rimanere
funzionante appena un anno.
Oggi nella vasta area della residenza storica dei rom di Mitrovica,
nonostante l’attualità della “minoranza rom” nell’agenda politica delle
istituzioni e organizzazioni internazionali, sono stati però costruiti appena un
centinaio di case e quattro blocchi plurifamiliari che ospitano non più di 250
persone. Molte delle case ancora non sono state assegnate, probabilmente per via
dei complessi criteri che richiedono lunghe procedure burocratiche, e per altri
motivi.
Un dato certo è che, alla metà del 2008, non è stato fatto abbastanza per i rom
di Mitrovica. Eppure è passato poco più di un anno da quando, nel marzo del
2007, gli alti rappresentanti delle istituzioni internazionali, degli uffici
diplomatici e lo stesso primo ministro del Kosovo in una grande giornata
commemorativa hanno tenuto un’imponente cerimonia di inaugurazione del quartiere
Roma Mahalla a Mitrovica. Grandi parole allora erano state spese da tutti, le
più gettonate delle quali erano “multiculturalità” e “integrazione”.
Stando alle testimonianze più recenti, come quella di Sokol Kursumlija, da anni
impegnato nel campo Osterode con progetti educativo-ricreativi attraverso
l’associazione locale multietnica di cui è presidente, non c’è da stare sereni e
tranquilli: anche per Osterode si parla di gravi casi di contaminazione da
piombo che colpiscono soprattutto i suoi più giovani abitanti. Tuttavia Sokol ci
tiene a precisare, rimanendo fermo sul fatto che effettivamente i rom a
Mitrovica vivono da tempo in condizioni a dir poco precarie, che l’argomento
contaminazione da piombo non può essere circoscritto al solo discorso che verte
sulla minoranza rom, vittima a suo parere di intrighi politici, ma deve essere
generalizzato in quanto riguarda l’intera area di Mitrovica. Nel caso specifico
di Zitkovac, piccolo villaggio a Nord di Mitrovica, Sokol sostiene, ad esempio,
di trovare “assurdo che per la sola opportunità politica soltanto per i rom che
vivevano dall’altra parte del binario si è parlato di contaminazione mentre per
i serbi che vivono a tutt’oggi lì, a due passi da dove si trovavano i rom, c’è
ancora assoluto silenzio e nessuna preoccupazione”.
Forse per via delle scarse condizioni igieniche e del contatto con la terra
tipico dei bambini, i piccoli rom sembrano tuttavia particolarmente esposti
all’avvelenamento da piombo. Nel campo Osterode di recente sono stati fatti dei
test sui bambini dallo staff del WHO. I risultati però sono stati negati ad
Habib e gli altri rom, che pure li richiedevano insistentemente. Stando a Sokol,
per questioni di privacy i dati del WHO non potevano essere diffusi, neppure ai
rappresentanti UNICEF che lavoravano nel campo. “Io volevo sapere almeno il
numero o la percentuale di persone contaminate di Osterode, potevo non saperne i
nomi; quando quell’organizzazione mi ha negato i dati, mi sono rivolto alle
strutture mediche di Mitrovica Nord dove hanno effettuato i test sui bambini. Il
risultato è stato chiaro: contaminazione da piombo per la maggioranza di loro”,
ricorda Habib.
Un argomento così delicato da un punto di vista etico, morale, sociale e
politico non dovrebbe comunque essere lasciato solo alla spicciola cronaca
cittadina che spesso, incapace di sortire i necessari effetti, finisce col
creare invece soltanto involontaria disinformazione. La comunità internazionale
e enti di spessore come l’Organizzazione Mondiale della Sanità, piuttosto che
coprire la realtà con il silenzio, potrebbero seguire l’esempio positivo di
altre organizzazioni che in Kosovo dedicano tempo, spazio e tanti soldi per
pubblicazioni sistematiche di bollettini sui diversi argomenti. È tempo che un
dossier ufficiale, onnicomprensivo e chiaro, esca allo scoperto per far luce su
tutti questi anni bui. Fino a quando su queste tematiche aleggeranno solo e
soltanto strumentalizzazioni di ogni genere, il problema dei rom e della salute
pubblica dei cittadini di Mitrovica resterà solo appannaggio dell’agenda
politica che potrà continuare ad usarle a propria discrezione.
* Federica Riccardi è stata Project Manager per più di 2 anni in Kosovo per
conto di una ONG italiana; attualmente Direttore Esecutivo di una ONG locale
Raffaele Coniglio è Project Manager a Mitrovica per conto della Provincia di
Gorizia, in Kosovo dal 2005.
Inoltre, Paul Polansky visiterà gli insediamenti rom di via Sacile
(domenica 1 aprile) e di via Idro 62 (lunedì 2 aprile). Si ringrazia il Gruppo Sostegno Forlanini per la
collaborazione. Ulteriori informazioni info@sivola.net
Dorina, 32 anni e Daniel, 3 anni, 25 dicembre 2008, morti bruciati nella pineta di Castelfusano Andreia, 18 anni, 27 dicembre 2009, morta bruciata in via Ardeatina 630 Mario, anni 3, (nato in Italia) 26 agosto 2010, morto bruciato in via Morselli, (il fratellino di
4 mesi al momento dell'incendio è ancora in terapia per le ustioni) Raul 4 anni, Fernando 5, Sebastian 11 e Patrizia 8
anni, (i tre più piccoli nati a Roma) 6 febbraio 2011, morti bruciati su via Appia Nuova a due passi
dall'esclusivo circolo del Golf dell'Acquasanta.
L'attenzione sull'emergenza umanitaria per coloro che ci si ostina a chiamare
nomadi (e nomadi non sono) si accende con la tragica ricorrenza dei roghi.
L'emarginazione uccide.
A Roma tutta la comunità Rom e Sinti conta poco più di settemila mila presenze.
Otto tragiche morti su una popolazione così piccola sono uno sterminio vero e
proprio.
Come provocazione si possono mettere a confronto le morti del Piano Nomadi di
Alemanno con quelle dell'operazione Piombo Fuso.
Il numero di morti, rapportato alla popolazione, è paragonabile a Gaza ed a
Roma, ma a Roma è assai più alta l'incidenza delle morte tra i bambini Rom.
Striscia di Gaza
Roma, presenza Rom
Popolazione
400.000
7.200
Piombo Fuso
Piano Nomadi
Morti
455
8
ogni 1.000 abitanti
1,1
1,1
di cui minori
87
6
ogni 1.000 abitanti
0,2
0,8
Giovedì 9 febbraio a piazza del Campidoglio Rifondazione ha
partecipato alla manifestazione indetta da varie realtà dell'associazionismo,
della politica e soprattutto dai comitati auto organizzate delle comunità dei
Rom romani. In particolare hanno fatto sentire la loro voce i Rom che, dopo lo
sgombero del Casilino 900, si sono trovati di fronte alla realtà delle false
promesse della giunta Alemanno. (vedi il comunicato).
Essere contro il Piano Nomadi di Alemanno significa anche fare i conti con le
responsabilità passate delle fallimentari gestioni delle giunte Rutelli e
Veltroni.
Superare le politiche segregazioniste, operare per un generale diritto
all'abitare.
Intanto la giunta parla di un ennesimo campo... a Malagrotta... nei pressi
della discarica... ci si appresta a costruire una nuova discarica umana. Ed i
fascisti tracciano i loro orrendi slogan sui muri.
Ieri ho scritto gli appunti sul mio diario, a proposito di un'altra visita il
17 agosto a Nikol e alla sua famiglia, che sono stati sgomberati da Belgrado tre
mesi fa, quando la loro baracca è stata demolita dalle ruspe, per far posto ad
un'altra strada comunale. Ho inviato le mie note a diversi colleghi interessati
alla situazione di questa famiglia. Ne ho mandato copia anche a Marija, che
non ho ancora incontrato, segretaria del sindaco per lo Sviluppo Internazionale,
che dovrebbe riferire al sindaco sulla questione rom, ma non durante la sua
sostituzione estiva. Questa è una versione modificata di quel rapporto:
Cari colleghi,
Venerdì [17 agosto] con Ceda sono andato all'indirizzo riportato sulla carta
d'identità di Nikol, una piccola mahala di baracche in un parco industriale
abbandonato lungo la strada che parte dal centro commerciale "Tempo". Volevo
scoprire perché lui e la sua famiglia fossero dei senzatetto, nonostante avesse
un indirizzo sul documento d'identità.
Fui sorpreso di scoprire che sua madre viveva lì. Ci ha invitato ad entrare e
ci siamo intrattenuti per circa mezz'ora. Piangeva perché non poteva avere con
lei Nikol e la sua famiglia. I suoi "parenti" non lo permettevano. Crediamo che
per parenti intendesse la famiglia del suo ultimo marito (ne ha avuti tre: il
padre di Nikol è stato il primo) che è morto tre anni fa.
Ieri (sabato) sono andato a trovare Nikol e la sua famiglia all'incrocio tra
via 7 Luglio e la strada che porta al Teatro Nazionale.
Sono stati contenti di vedere il mio amico Marco e me. Ho detto subito a
Nikol che il giorno prima ero stato a casa di sua madre. Ovviamente, lo sapeva
già (mentre ero da lei le ha telefonato due volte), ma volevo farlo uscire allo
scoperto. Mi ha chiesto perché avessi copiato i dati della sua carta d'identità.
Gli ho detto che avevo bisogno di quelle informazioni per aiutarlo. Ha detto di
apprezzarlo.
Gli ho chiesto perché non vivesse con sua madre. Ha detto che i suo cugini lo
hanno picchiato e cacciato via. Hanno anche picchiato sua madre. Non ha detto
perché, solo che era impossibile vivere là. Ha detto che i rom strozzini del
posto l'avevano trovato oggi all'incrocio. Erano in taxi e l'hanno seguito,
minacciandolo. Due settimane fa Nikol con la sua famiglia erano scappati dal
magazzino abbandonato (dove il comune li aveva sistemati con altre quattro
famiglie, dopo essere stati sgomberati da Belgrado), a causa delle minacce degli
strozzini, che cercavano sua zia perché il nipote doveva loro dei soldi per la
droga. Dopo le prime minacce, Nikol aveva denunciato alla polizia il pestaggio
della zia da parte degli strozzini, ma dopo ulteriori minacce aveva ritrattato
la sua testimonianza. Ora vivevano per strada, dormendo la notte nei parchi o in
edifici abbandonati.
In questo parchetto, ho visto alcune pile di cartoni appoggiati a terra come
materassi. Ho chiesto a Nikol dove dormissero la notte. Ha risposto lì attorno,
dove trovavano una cantina in un edificio abbandonato accessibile. Hanno
trascorso la giornata all'incrocio, lavando i vetri delle macchine.
Gli ho detto che avevo parecchi vestiti da uomo che potevo dargli. Mi ha
detto che non aveva bisogno di vestiti, avevano bisogno di cibo. Gli ho detto
che avrebbe potuto vendere i vestiti domani al mercato delle pulci della
domenica. Ha detto che non poteva andare là, gli strozzini lo avrebbero trovato.
I bambini si rincorrevano con allegria lì attorno ma la zia di Nikol (la
sorella di sua madre) e suo marito non si sono alzati dal marciapiede su cui
erano seduti. Erano molto depressi. Nikol ha detto che sua moglie avrebbe avuto
un incontro in municipio, lunedì alle 8.30 di mattino.
Il centro sociale Santa Sava si era offerto di pagare il loro affitto, se
avessero trovato un posto per 50 euro al mese. Hanno detto che non riuscivano a
trovare un posto. Se non si fosse trovato una soluzione lunedì in municipio,
Nikol ha detto che avrebbe mandato i bambini a mendicare, per trovare il denaro
per prendere l'autobus che li riportasse a Belgrado. Almeno, lì poteva
guadagnare qualcosa e sarebbe stato lontano dagli strozzini che li inseguivano.
Attorno non ho visto cibo, nemmeno una crosta di pane. Gli ho detto che
l'indomani avrei portato loro qualcosa da mangiare. Mi hanno chiesto quando. Ho
detto, a mezzogiorno circa.
Dopo aver inviato questo rapporto ai miei colleghi, Marco, che ha fatto
da interprete all'incontro con Nikol, mi ha inviato questa correzione: "Hanno
detto di dormire in edifici residenziali che abbiano le cantine aperte,
piuttosto che in edifici abbandonati; per questo hanno paura che i residenti
vedendoli in cantina li prendano per ladri."
Dopo aver ricevuto la sua copia del rapporto, Ceda mi ha informato che Sunja,
la moglie di Nikol, tempo fa aveva chiesto shampoo contro i pidocchi per i suoi
bambini. Mi ha detto che se compravo del cibo per loro, avrei dovuto
portarglielo. L'ho invitato a venire con me e si è detto d'accordo.
Abbiamo preso l'autobus delle 13:05 per il mercato di Durlan. Prima siamo
andati da un macellaio all'angolo, che griglia gratis tutta la carne che si
compera da lui. Ho preso due chili di kebab (carne, ndr.). Ci hanno
detto di tornare tra mezzora a prendere la carne grigliata. Nel frattempo
abbiamo comperato dieci forme di pane e due chili di pomodori.
Abbiamo preso un taxi per incontrare Nikol e la sua famiglia. Erano seduti
all'ombra di un piccolo gruppo di alberi e cespugli all'incrocio della 7 Luglio.
Nikol aveva una spugna in mano, ma non stava lavorando. Per la verità, non c'era
molto traffico quella domenica pomeriggio. Erano le 14:30 circa.
Nikol non aveva molte nuove. Non mi ha menzionati gli strozzini zingari.
Soltanto che l'incontro di domani in municipio sarebbe sto per sua zia e non sua
moglie. Comunque, mi haq detto che avevano trovato un appartamento per i
bambini. Costava 140 euro al mese. Il centro sociale ne aveva offerti solo 50.
Ho detto a sua zia di informare il municipio sull'offerta e che a mia volta
avrei fatto pressione sul sindaco per trovare i fondi mancanti.
Sunja era ancora più contenta lo spray per i pidocchi che il cibo, anche se i
bambini si sono buttati sul pane come se non avessero mangiato da tanto tempo.
Hanno mangiato pochissimo kebab. Era ovvio che il pane costituiva il loro
alimento principale. A dire il vero, si sono comportati come se sino allora non
avessero mai mangiato carne.
La farmacista mi aveva consigliato lo spray, invece dello shampoo contro i
pidocchi. Dato che questa famiglia non sapeva assolutamente dove o quando
avrebbe potuto rifornirsi di acqua, lo spray era più pratico. Ho preso diverse
foto dei bambini che mangiavano assieme alla madre e alla zia (qui non
riportate, ndr.).
[...] Nonostante le terribili condizioni, i ragazzi sembrano felici, ignari
del pericolo che gli strozzini potrebbero tentare di rapirli e mandarli
all'estero in una qualche banda di accattoni, come punizione-risarcimento per il
prestito di 150 euro fatto al loro cugino scappato a Belgrado.
Capita, a proposito di
Polansky, che qualcuno mi
chieda perché lui sia ancora in giro per l'Europa a raccontare le stesse storie e
presentare nuovi libri. Altri mi chiedono perché non lo faccia gratuitamente.
Tutto ciò che ho raccontato e tradotto di lui negli anni scorsi, è stato
finanziato da quei libri e dalle conferenze che tutt'ora tiene. Quando si parla
di Rom, di conflitti a bassa o alta intensità, bisogna tradurlo in medicine che
nessun altro fornisce, in lunghi ed estenuanti viaggi e trattative perché le
autorità riconoscano loro i diritti più elementari, ed altro ancora... Soldi: volgarmente
parlando. A volte e col tempo, il caso può assumere rilevanza internazionale,
come il campo di concentramento di
Lety trasformato in porcilaia, o il decennale
avvelenamento da metalli pesanti nei campi profughi in Kosovo; altre volte è
lavoro quotidiano, poco visibile, come il recente caso dei
Rom sgomberati a
forza da Belgrado di cui sopra avete letto un particolare. C'è ancora bisogno di voi, di solidarietà che vada oltre le
belle parole e le buone intenzioni. C'è bisogno di lettori, di chi voglia
mettersi in gioco organizzando un incontro, di chi faccia circolare questi
messaggi. Paul Polansky tornerà in Italia a fine settembre e ci rimarrà
almeno tutta la prima settimana di ottobre. Fatevi vivi.
Budapest, 6 maggio 2008: In Trappola - la Storia Dimenticata dei Rom di
Mitrovica
è stato nominato al Festival della Televisione 2008 di Monte Carlo come miglior
documentario.
Il 10° episodio di Mundo Romani, la serie co-prodotta dalla Fondazione
Romedia e Duna Television Ungherese che esplora la vita dei Rom nel mondo, sarà
proiettato come miglior documentario al prestigioso Festival della Televisione
di Monte Carlo a giugno.
Il documentario è stato girato tra agosto e dicembre 2007 a Mitrovica, ai
confini tra il Kosovo albanese e serbo e trasmesso il 2 febbraio 2008 da Duna
Television. Mentre il mondo si focalizza sul nuovo paese europeo, il film
presenta la storia dimenticata della seconda più vasta minoranza del Kosovo, i
Rom. Dopo che le loro case e vite furono distrutte dal ritorno degli estremisti
Albanesi nel 1999, circa un migliaio di Rom, la maggior parte bambini, sono
rimasti intrappolati tra i
rifiuti tossici del più grande complesso minerario della ex Jugoslavia. In
periodi di tensioni inter-etniche crescenti nel ribollire delle guerre
balcaniche, Mundo Romani da voce a chi non ne ha e rivela la storia shoccante
del più grande disastro ecologico dell'Europa moderna.
Il film è dedicato alla memoria dei 28 uomini, donne e bambini morti a
causa dell'avvelenamento da metalli nei campi di Mitrovica.
The Romedia Foundation and Duna Television Hungary present
A film by Katalin Bársony
Editor-in-chief, reporter
Katalin Bársony
Cinematography
Sándor Cs. Nagy
Nándor Hevesi
István Komár
József Nagy-Bozsóky
IL PREMIO GRANDE IMMUNITA': disonora quell'avvocato che ha fatto della sua
connivenza il meglio per prevenire azioni legali contro l'ONU o qualsiasi membro
di quello staff che commisero negligenza colposa contro i bambini IDP che erano
sotto la tutela dell'UNHCR.
Nel 1990 Borg Oliver, avvocato maltese di formazione americana, venne quasi
scelto come presidente dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in
riconoscimento della sua popolarità presso l'ONU come ambasciatore di Malta.
Sino allora, Borg Olivier era stato coinvolto in diversi lavori con l'ONU,
culminati in alcuni conflitti d'interesse col governo del Kosovo.
Il preambolo della Carta delle Nazioni Unite è uno degli esempi più
inspiranti della letteratura legale. Vi si dice che i popoli del mondo hanno
proclamato con coraggio la loro determinazione nel riaffermare la fede nei
diritti umani e nella dignità delle persone umane. Come avvocato ONU in Kosovo,
Borg Olivier probabilmente non ha mai letto quel preambolo. Almeno, non secondo
le sue azioni per come ha abilmente procrastinato dal 2006 per ritardare una
revisione delle affermazioni fatte a nome degli zingari dei campi di
Mitrovica alla ricerca di un risarcimento per l'avvelenamento da piombo nei
campi ONU, che ha lasciato almeno 86 morti ed ogni bambino nato con danni
irreversibili al cervello.
Dopo aver lavorato come consigliere legale top per l'ONU in Kosovo, il nostro
signor Borg Olivier andò direttamente a lavorare ed essere pagato come
consulente del governo kosovaro. E' quello che si chiama una "porta girevole" e
porta a domandarsi su una delle peggiori pratiche del conflitto d'interesse.
Mentre lavorava per l'ONU in Kosovo, Borg Olivier aiutò a mungere denaro dalla
Kosovo Trust Agency ai funzionari a Pristina, per poi accettare un lavoro da
loro pagato. Anche se parte dei Fondi Trust delle contestate vendite di Olivier
di imprese statali sono ritornati, Borg Olivier ha mantenuto il suo lavoro.
Dove andarono i Fondi Trust? Sicuramente non hai bambini romanì che l'ONU ha
tenuto su terreni contaminati per quasi undici anni, mentre Borg Olivier
difendeva gli amministratori con immunità e privilegi, dicendo che questi erano
necessari per il buon funzionamento della missione ONU. Nel settembre 2006,
ammise verbalmente che l'ONU era responsabile delle condizioni tossiche dei
campi rom e che voleva collaborare con gli avvocati che rappresentavano le
famiglie che pativano di avvelenamento da piombo. Venne concordato a voce di
instaurare una commissione per stabilire il compenso di ogni famiglia. Invece,
quando venne organizzato un incontro con gli avvocati che rappresentavano le
famiglie del campo, Borg Olivier rifiutò di prendervi parte e disse a Dianne
Post, l'avvocato americano rappresentante la maggior parte dei Rom/Askali dei
campi, che non intendeva incontrarla di nuovo e disse di non dover rispondere
agli zingari; che doveva risposta solo al suo superiore dell'ONU e che l'ONU non
doveva rispondere a nessuno. Secondo la carta fondante ONU, la Convenzione sui
Privilegi e le Immunità del 1946, l'organizzazione beneficia di immunità legale
"per l'adempimento dei suoi scopi". Dal 2008, l'ONU ha passato la gestione dei
campi al governo kosovaro, dove Borg Olivier ora lavora come consulente
profumatamente pagato.
Save the Children
IL PREMIO OSSIMORO: disonora quell'organizzazione che agisce esattamente
nella maniera opposta di come implicherebbe il suo nome e marchio. Anche se
molte altre organizzazioni sono state prese in considerazione per questo premio,
come l'UNICEF, nessuna OnG negli scorsi dieci anni in Kosovo merita questo
premio più di SAVE THE CHILDREN GB.
CITAZIONI DA "SAVE THE CHILDERN":
"Per alleviare il disagio e promuovere il benessere dei bambini di
ogni paese, senza differenza di razza, colore, nazionalità, credo o
sesso..."
"Ogni anno, quasi 10 milioni di bambini muovono prima di raggiungere
il quinto compleanno - la maggior parte per cause prevenibili o affrontabili.
Non possiamo e non vogliamo permettere che questo continui."
"Il nostro scopo è di proteggere i diritti dei bambini attraverso il
patrocinio internazionale per promuovere soluzioni ed assicurare
finanziamenti per il lavoro umanitario, e far pressione ai governi nazionali
affinché cambino leggi, politiche e pratiche o si migliorino le condizioni."
"Save the Children coordina il Gruppo d'Azione sui Diritti Infantili,
una rete di organizzazioni non governative che contribuiscono alla Strategia
UE per i Diritti del Fanciullo. Inoltre, richiamiamo il Consiglio dei
Diritti Umani ONU a focalizzarsi in misura maggiore nel suo lavoro e
attenzione sui bambini."
"Save the Children lavora per far sentire le voci dei bambini ai più
alti livelli nazionali ed internazionali."
"Noi... abbiamo persuaso le autorità locali in Kosovo a fondare asili
d'infanzia interetnici."
"Il nostro ufficio di consulenza legale a Ginevra ha concluso che
siamo la principale organizzazioni dei diritti infantili a Ginevra, dove ha
base il Comitato ONU sui Diritti dell'Infanzia."
"Nel 2008 lo studio legale Baker & McKenzie ha fornito un prezioso
aiuto alle nostre attività volte a proteggere il logo ed il marchio di Save
the Children in tutto il mondo."
"Nell'anno in corso ho visto con i miei occhi, visitando la Cina ed
il Kosovo, l'alta considerazione in cui è tenuto il nostro staff in questi
diversi paesi, e l'eccellente lavoro che stanno facendo per aiutare l'accesso
dei bambini ad adeguati servizi sanitari, istruzione e programmi
alimentari." Alan Parker, Presidente, Save the Children GB
Save the Children GB rivendica di essere la più importante organizzazione
indipendente nel creare cambi duraturi nelle vite dei bambini. Tuttora questa
OnG di Londra ha fermamente rifiutato di prendersi cura dei bambini zingari
sofferenti di avvelenamento da piombo e malnutrizione anche se a Save the
Children è stato chiesto di farlo da parte tanto dell'UNHCR che dal Ministero
della Salute del Kosovo. Nonostante abbia un ufficio a tempo pieno a Pristina ed
un ufficio regionale a Mitrovica, Save the Children nel 2005 ha rifiutato il
contratto dell'UNHCR perché, secondo il loro ufficio locale, la percentuale che
avrebbero dovuto ricevere dal budget dei campi non era tale da interessarli.
Nel 2009, venne chiesto ripetutamente a Save the Children di unirsi ad altre
OnG, come l'OMS, Human Rights Watch, ICRC, Society for Threatened Peoples,
Kosovo Roma Refugee Foundation, Kosovo Medical Emergency Group, ecc., nel
richiedere l'immediata evacuazione dei campi zingari dai terreni contaminati ed
il trattamento medico per i bambini sofferenti dei più alti livelli di piombo
nella letteratura medica. Save the Children rifiutò.
Save the Children proclama con orgoglio: "Save the Children lavoro per e con
i bambini a rischio di fame e malnutrizione e quelli afflitti da disastri
naturali, guerre e conflitti." I bambini zingari che stanno morendo di
avvelenamento da piombo, furono cacciati dalle loro nel 1999 dagli estremisti
albanesi dopo la guerra del Kosovo (un conflitto) e da allora sono sopravvissuti
(fame e malnutrizione) di quanto trovano nei container dell'immondizia vicino
agli uffici di Mitrovica di Save the Children.
Nel 2008, Save the Children Alliance ha avuto entrate per US $ 1.275.999.361.
New Kosova Report(chi vuole si legga anche i commenti in fondo
all'articolo originale)
Bambino rom presso il centro di raccolta immondizia
By
Paul Polansky - 17 novembre 2008 - Questo mese, la seconda OnG tedesca,
la "Società per i Popoli Minacciati", invierà Paul Polansky, Capo Missione per
il Kosovo, alla Casa dei Comuni a Londra ed al quartiere generale UE di
Bruxelles nel tentativo di salvare 130 famiglie rom sistemate dalle Nazioni
Unite in campi che costituiscono una
minaccia alle loro vite.
Segue un riassunto del discorso di Polansky all'audizione di Bruxelles.
A due ore di aereo da qui, nell'Europa Orientale, ci sono due campi della
morte, soprattutto per i bambini con meno di sei anni.
Se questi bambini non muoiono entro i sei anni, soffriranno per il resto
della loro breve vita di danni irreversibili al cervello.
Questi campi ci sono da nove anni. Sono stati costruiti sul terreno delle più
grandi miniere di piombo dell'Europa, ed accanto ad una discarica tossica di 100
milioni di tonellate.
Questi campi (quattro n origine) furono costruiti dall'amministrazione ONU in
Kosovo e dal loro partner Azione delle Chiese che Lavorano Assieme. Pure le
baracche sono state costruite con vecchi pannelli di piombo.
Sinora in questi campi sono morte 77 persone, principalmente per
complicazioni da avvelenamento da piombo. Più di 50 donne hanno abortito per le
medesime ragioni. Una donna e il suo bambino sono morti durante il parto.
Durante la gravidanza era stata curata per avvelenamento da piombo. Dopo la sua
morte venne scoperto da un rinomato laboratorio di Chicago che i due
sopravissuti dei suoi nove figli avevano i più alti livelli di piombo nella
storia medica.
Secondo esperti medici della Germania e degli USA che avevano visitato i
campi, ogni bambino concepito in questi campi crescerà con danni irreversibili
al cervello.
Nel novembre 1999, l'UNHCR prese in carico dei Rom rimasti senza casa e li
spostò in quattro accampamenti improvvisati costruiti su una distesa tossica,
l'unico posto disponibile per l'ONU. Protestai, richiamando l'attenzione degli
ufficiali ONU e specialmente del capo dell'UNHCR a Pristina, che queste distese
tossiche potevano danneggiare la salute di questi IDP (persone internamente
disperse). L'UNHCR mi assicurò di aver firmato contratti con la municipalità
locale, che questi IDP sarebbero rimasti lì per soli 45 giorni. Alla fine dei 45
giorni, le loro case sarebbero state ricostruite e loro rimpatriati, oppure
portati in un altro paese come rifugiati. Disgraziatamente, dopo quasi nove anni
e molte morti a causa del piombo, questi IDP vivono ancora su un terreno
inquinato.
Durante l'estate del 2000 Bernard Koucher, amministratore ONU, chiese
all'ufficiale sanitario ONU di compiere una ricerca medica su Mitrovica, perché
molti poliziotti ONU e soldati francesi accusavano alti livelli di piombo nel
sangue. Nel novembre 2000, questo rapporto del dottor Andrej Andrejew dell'ONU,
venne presentato all'UNMIK, dove si dichiarava che la maggior parte della gente
che viveva a Mitrovica soffriva di avvelenamento da piombo. Il rapporto
stabiliva che i peggiori effetti si avevano sui Rom che vivevano nei campi ONU e
si raccomandava l'evacuazione dei campi e di recintare le aree perché nessuno
potesse entrarvi accidentalmente.
Invece di chiudere i campi, l'ONU costruì una trincea di 1,5 km. tra i due
campi ed i depositi di scorie tossiche. Pose anche cartelli in quattro lingue
chiamando questo percorso il Vicolo della Salute. Ma l'ONU costruì anche su
un'area accanto a 100 milioni di tonnellate di rifiuti tossici un campo da
calcio e uno da basket per i bambini Rom. Non venne detto loro che l'esercizio
fisico, aprendo i loro polmoni, li avrebbe resi ancora più vulnerabili al
piombo.
Nonostante i ripetuti appelli per aiutare i Rom, specialmente quelli che
vivevano nei tre campi dell'area di Mitrovica nord, l'ONU fece esattamente
l'opposto. Gli aiuti alimentari vennero sospesi nel 2002, dicendo che era tempo
per i Rom che trovassero da loro come sopravvivere. Nel campo di Zitkovac, una
volta l'acqua corrente venne tagliata per sei mesi, perché l'amministratore del
campo, Chiese che Lavorano Assieme, trovò che i Rom usavano troppa acqua. Così,
i Rom di Zitkovac dovevano camminare per quattro km. due volte al giorno per
avere acqua potabile. In tutti e tre i campi. la maggior parte dei Rom doveva
andare alla discarica locale per cercare qualcosa da mangiare.
Nell'estate del 2004, L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) fece
un'indagine speciale sull'avvelenamento da piombo nei tre campi, dopo che una
bambina di quattro anni, Jenita Mehmeti, morì per quella causa. Sino allora 28
persone (soprattutto giovani e bambini) erano morti nei tre campi, ma Jenita era
stata la prima a ricevere cure specifiche prima di morire. Nuovi esami del
sangue presi dall'OMS, mostravano che i bambini, i più vulnerabili
all'intossicazione, avevano i livelli più alti che gli analisti OMS avessero mai
registrato.
La procedura standard per il trattamento medico dell'avvelenamento da piombo,
richiede l'immediato allontanamento dalla fonte di avvelenamento e
l'ospedalizzazione sei i livelli di piombo sono superiori a 40 μg/dL. I
danni irreversibili al cervello iniziano a 10 μg/dL, specialmente nei
bambini sotto i sei anni di età il cui sistema immunitario non è ancora
pienamente sviluppato. Molti dei livelli di piombo nei bambini di questi tre
campi erano superiori a 65 μg/dL, il livello più alto che le macchine OMS
potessero leggere. Lo staff OMS sospettava che in alcuni bambini (causa i loro
sintomi), ci fossero livelli di piombo tra gli 80 e i 90. E' risultato poi che
due bambini avevano un livello di 120 μg/dL, il più alto mai registrato
nella storia medica.
Nel novembre 2004, l'OMS presentò il proprio rapporto all'UNMIK, chiedendo
l'immediata evacuazione dei campi. Anche se esistevano dei precedenti per l'ONU,
che aveva evacuato migliaia di Albanesi e Serbi in Kosovo quando si trattava
delle loro vite in pericolo, questi Rom non vennero evacuati. L'unica misura
presa dall'ONU fu di indire riunioni bimensili tra le agenzie ONU e le altre OnG
per studiare il problema. Anche se molte OnG, incluso il Comitato Internazionale
delle Croce Rossa, fecero una petizione all'ONU per l'immediata evacuazione di
questi "campi della morte" entro 24 ore, sino al 2006 l'ONU non intraprese
alcuna azione.
Nel gennaio 2006 l'ONU in Kosovo chiuse uno dei campi e spostò 35 famiglie in
una nuova sistemazione, a circa 50 metri dal loro vecchio campo. Il campo nuovo
venne chiamato Osterode. Era una ex base dell'ONU francese a Mitrovica nord, che
era stata abbandonata dopo che a molti soldati era stati trovati i sintoni di
avvelenamento da piombo. Difatti, ai soldati venne detto dai dottori militari di
non fare figli per almeno nove mesi dopo aevr lasciatoil campo, per gli alti
livelli di piombo nel loro sangue.
Tuttavia, l'ONU nella sua saggezza spese oltre 500.000 €u. (donati dal
governo tedesco) per rinnovare questo campo. Intuendo che l'avvelenamento
arrivava soprattutto dal terreno, l'ONU asfaltò l'area ed in seguito ottenne dal
CDC, Centro per il Controllo del Disagio - un'agenzia finanziata dagli USA, un
certificato che il campo era "libero dal piombo". Ma dato che tutti questi campi
erano costruiti sull'area delle miniere di Trepca, la maggior parte
dell'inquinamento arriva attraverso l'aria dalle 100 milioni di tonnellate di
scorie tossiche ammassate davanti ai campi.
Nel settembre 2006, alla sua prima conferenza stampa come capo dell'ONU in
Kosovo, Joachim Ruecker annunciò con orgoglio che l'ONU stava facendo qualcosa
per aiutare questi Rom che morivano di avvelenamento. Oltre che a spostarli dai
loro campi verso Osterode, che non era più dichiarato libero da piombo ma "meno
inquinato", l'ONU avrebbe iniziato a trattare la situazione con una dieta
migliore. Per la prima volta in quattro anni venivano forniti ai Rom aiuti
alimentari così che non dovessero più andare alla discarica. L'ufficio USA
dell'ONU a Pristina donò 1.000.000 $ per questa "dieta migliore".
E' noto ai medici che una dieta appropriata può abbassare i livelli di piombo
di circa il 20%, ma solo se la persona interessata viene allontanata dalla fonte
di avvelenamento. Nel caso dei Rom, ridurre i loro livelli del 20%, li lasciava
lo stesso in una situazione dove la loro vita era a rischio. Per la prima volta
in quattro anni, l'ONU forniva anche uno staff medico per seguire la salute di
questi Rom. Sfortunatamente, l'avvelenamento da piombo può essere trattato solo
una volta che il paziente viene allontanato dalla fonte di avvelenamento. In
ogni caso, lo staff medico se ne andò perché per mesi non era stato pagato.
Con la primavera 2006 due dei campi (Zitkovac e Kablare) vennero chiusi e
oltre 100 famiglie vivono adesso a Osterode. Dopo tre mesi, vennero raccolti
campioni di sangue e secondo l'UNMIK la salute dei Rom stava migliorando, grazie
alla nuova dieta, ed i livelli di piombo stavano scendendo. D'altra parte, tanto
l'OMS che l'UNMIK rifiutarono di rendere pubblici i risultati dell'indagine,
persino alle stesse famiglie rom. Più tardi mi vennero date copie dei test da un
componente dello staff OMS contrariato da questa riservatezza. I risultati del
test mostravano che non solo i livelli di piombo salivano, ma che Osterode, il
campo liberato dal piombo, aveva ora livelli di inquinamento superiori a quello
di Cesmin Lug, vecchio di nove anni.
Nel 2006 l'ONU annunciò che l'unica soluzione per i Rom che vivevano su o
accanto il terreno tossico, era di ricostruire le loro case nel loro vecchio
quartiere e di spostarle là. Così l'ONU riunì diversi donatori internazionali
per ricostruire alcune delle case dei Rom e diversi blocchi di appartamenti, con
la promessa di rimandare i Rom nel loro vecchio quartiere. Sfortunatamente, non
appena queste case ed appartamenti furono completati tra l'estate e la fine del
2006, l'ONU non li assegnò ai Rom che vivevano nella zona inquinata, ma
principalmente ai Rom del Kosovo rifugiati in Serbia e Montenegro, per mostrare
che la politica di ritorno dei rifugiati stava funzionando.
Nell'aprile 2007 terminarono tutti gli aiuti medici ed alimentari ad Osterode,
perché secondo l'ONU non c'erano più soldi. Un'altra volta, i Rom furono
obbligati a trovarsi da mangiare nella locale discarica. Ma il peggio doveva
ancora arrivare.
Dato che molti bambini a Osterode e nel limitrofo campo di Cesmin Lug
mostravano segni comuni di avvelenamento (piombo nei denti, vomito giornaliero e
perdita della memoria), i capi dei campi richiesero nell'aprile 2008 nuovi esami
del sangue. Esami casuali su 105 bambini mostrarono risultati sconcertanti.
Molti bambini che vivevano nel campo ONU di Osterode "libero da piombo", avevano
i livelli di piombo raddoppiati da quando si erano spostati nell'ex base
francese.
A causa del rifiuto di ONU e UNHCR di aiutare questi cittadini del Kosovo, mi
rivolsi direttamente al Ministro della Sanità della neo dichiarata Repubblica
del Kosovo. Il Dr. Alush Gashi non è soltanto un medico ma anche un mio amico
personale da anni. Una volta viveva e lavorava a San Francisco. Non solo gli
scrissi per email, ma lo visitai anche nel suo ufficio, chiedendogli di aiutare
i suoi cittadini di minoranza. Comprese il problema e la situazione. Come
dottore sapeva che bisognava evacuare immediatamente questi Rom. In una recente
intervista filmata, il Dr. Gashi riconosceva che questi Rom andavano allontanati
immediatamente, che sarebbero stati meglio in prigione che nei campi della
morte. Disse che USAID stava finanziando un progetto assieme ai Mercy Corps per
salvare questa gente.
Non impiegai molto tempo per ottenere una copia del progetto USAID/Mercy Corp.
Chiedeva il rialloggiamento di 50 delle 120 famiglie che vivevano nei campi
entro i prossimi due anni e mezzo. Non c'era alcuna soluzione medica immediata
per chi viveva nei campi. Non era menzionata l'evacuazione. Più tardi scoprii
che gli autori del progetto non avevano mai visitato i campi. Tuttora, USAID sta
adoperando 2,4 milioni di $ per questa soluzione cosmetica.
Sin dal 2005, abbiamo tentato di obbligare l'ONU ad aiutare questi Rom.
Un'avvocata americana,
Dianne Post, cercò di citare l?ONU a nome di diverse centinaia di Rom che
vivevano in questi campi. La sua causa contro l'ONU alla corte dei Diritti Umani
a Strasburgo fu rigettata, perché il tribunale dichiarò che soltanto uno stato,
non un'organizzazione, poteva essere processato. Anche se l'ONU era l'unico
amministratore del Kosovo, il tribunale decise che l'ONU non poteva essere
perseguito.
L'ONU non ha una politica di ricompensazione per questi problemi. Ma gli
avvocati ONU per tre anni hanno rifiutato di cooperare nella ricerca di un
compenso per questi Rom o per risolvere i loro problemi sanitari. L'ONU non nega
le proprie responsabilità ma rifiuta di rispondere sulle proprie regole e norme.
Nel 2005 la Società per i Popoli Minacciati, la più grande OnG in Germania dopo
la Croce Rossa, inviò in Kosovo il Dr. Klaus Runow, rinomato esperto tedesco
sugli avvelenamenti tossici. Anche se l'ONU ha tentato di tenerlo lontano dai
campi, è stato in grado di raccogliere 60 campioni di capelli dai bambini rom.
Ha poi spedito questi campioni ad un rinomato laboratorio di Chicago. Il
risultato mostrò che quei bambini non solo avevano i più alti livelli di piombo
nella storia medica, ma che tutti avevano i sintomi di avvelenamento da altri 36
metalli pesanti. Nel tentativo di difendersi, il personale ONU ha spesso
replicato che l'intossicazione dei Rom dipende dal fatto che smaltiscono le
batterie delle auto. Però, il Dr. Runow ha puntualizzato che nessuno di questi
metalli tossici è presente nelle batterie automobilistiche.
Il
Dr. Rohko Kim, formatosi ad Harvard ed in servizio OMS a Bonn, Germania, era
consulente ONU sull'avvelenamento da piombo nei loro campi in Kosovo. Anche se
aveva ordini di non rilasciare interviste o informazioni sui campi rom, riuscii
a parlargli. Gli chiesi se l'avvelenamento da piombo fosse dovuto allo
smaltimento delle batterie delle auto. Mi disse di no. Mi disse che la maggior
parte dell'avvelenamento proveniva dalle polveri tossiche rilasciate dai mucchi
di scorie e dal fatto che i campi furono costruiti sul terreno delle miniere. Mi
disse che ogni bambino concepito in quei campi avrebbe sofferto di danni
irreversibili al cervello. Disse che avevamo già perso un'intera generazione di
bambini rom per colpa dell'avvelenamento da piombo. In un discorso del 2005,
alla presenza dell'OMS, dell'UNMIK e del Ministro della Sanità del Kosovo,
il Dr. Kim disse: "La situazione attuale nella comunità rom che ora vive nei
campi è estremamente seria. Dal 1991 ho condotto personalmente ricerche
sull'avvelenamento da piombo, ma non ho mai incontrato livelli così alti nel
sangue. Ritengo che il caso di Mitrovica nord sia unico, mai conosciuto prima
nella storia. E' una delle più grandi catastrofi legate al piombo nel mondo e
nella storia."
Sinora sono morti 77 Rom nei campi ONU. A ciò vanno aggiunti gli aborti.
L'ONU non ha mai investigato su nessuna morte nei campi o mai fatto un'autopsia.
D'altronde, dai sintomi descritti da parenti e vicini, i dottori consultati
ritengono che l'avvelenamento da piombo ha contribuito alla maggior parte delle
morti e degli aborti.
Qualche mese fa a Osterode è morto un altro bambino rom. Aveva un mese di
vita, ed era nato con una grande testa, pancia gonfia e gambe in miniatura. Si
era svegliato alle sei del mattino, vomitando, e morì 20 minuti dopo in
ospedale.
L'avvelenamento da piombo da una morte spaventosa per i bambini. Jenita
Mehmeti, 4 anni, stava frequentando l'asilo nel campo quando la maestra si
accorse che stava perdendo la memoria e faceva fatica a camminare. Jenita fu
rimandata nella sua baracca dove nei seguenti tre mesi vomitò diverse volte al
giorno, prima di rimanere paralizzata e morire.
Ci sono precedenti nel Kosovo per salvare le vite, ma non quelle di 500 Rom.
Questo è un appello a voi parlamentari. In Europa oggi abbiamo un campo di morte
per bambini. Per piacere fate qualcosa.
La manifestazione tenutasi in Svezia il 3 marzo contro i rimpatri forzati di
300 rifugiati verso il Kosovo, ha visto dimostrazioni simili a Londra, Seattle,
Washington DC, Oregon, Colorado USA e Vancouver in Canada. Se i rimpatri
avessero luogo, i rifugiati rom si troverebbero a vivere nei campi inquinati dal
piombo di Osterode o Cesmin Lug nel Kosovo settentrionale. Di seguito la
cronologia [...]
10 giugno 1999: Il Consiglio di Sicurezza dell'ONU vota la Risoluzione
1244, mettendo il Kosovo sotto l'autorità della Missione ONU nel Kosovo (UNMIK)
e la Forza Nato del Kosovo (KFOR).
Giugno 1999: La Mahalla Rom è attaccata dall'etnia albanese: tutti
i suoi abitanti fuggono prima dell'attacco per aura delle loro vite. La KFOR non
interviene per prevenire i saccheggi e la distruzione di tutte le case e le
infrastrutture nella Mahalla.
Fase 1: Incarico all'UNHCR.
Giugno 1999: I Rom dispersi occupano l'edificio della scuola primaria
di Zvecan ed altri edifici pubblici nella regione di Mitrovica. L'UNHCR inizia
ad organizzare sistemazioni provvisorie per i dispersi Interni (IDPs) così che
possano lasciare la scuola occupata prima dell'inizio dell'anno scolastico.
Ottobre 1999: L'UNHCR sposta alcuni dei Rom dispersi che risiedevano
nella Mahalla e che ancora rimanevano nella regione di Mitrovica, in due campi
lì situati: Cesmin Lug e Zitkovac. I rimanenti IDPs occupano spontaneamente
delle baracche a Kablare e Leposavic, creando due altri campi. Lo spostamento è
inteso come temporaneo.
Agosto 2000: Viene chiuso il complesso minerario di Trepka per i
motivi di sanità pubblica, dopo uno studio ONU che indica alti livelli di
contaminazione da piombo nell'area circostante.
Fase 2: Incarico all'UNMIK
Ottobre 2001: L'UNMIK assume la responsabilità dall'UNHCR della
gestione dei campi. I Rom dispersi risiederanno nei campi per due anni.
2004 (mese non definito): L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)
facilita i primi esami del sangue su di un gruppo di circa 50 bambini nei campi
di Cesmin Lug, Kablare, Zitkovac e Leposavic, condotti da dottori serbi del
luogo.
Settembre 2004: L'OMS rilascia un rapporto che mostra livelli
estremamente alti di contaminazione da piombo tra la popolazione rom in tutti i
campi. I Rom dispersi hanno risieduto nei campi per circa cinque anni.
Aprile 2005: L'UNMIK mette in atto una task-force di diversi soggetti,
chiamata Mitrovica Action Team-MAT (in cooperazione con Ministero della
Salute del Kosovo, UNHCR, OMS,UNICEF e OCSE) per sviluppare un quadro di lavoro
per la rilocazione temporanea dei Rom IDPs da Cesmin Lug, Zitkovac e Kablare nei
baraccamenti vacanti della KFOR di Osterode.
2005: La MAT conclude che il ritorno nella Mahalla ricostruita è la
soluzione più sostenibile. Mira ad inventare un programma della gestione dei
rischi per gli accampamenti, minimizzare l'esposizione al piombo mentre vengono
sviluppate soluzioni per rilocare i campi esistenti. Iniziano negoziati con le
autorità di Mitrovica sud (controllata da Kosovari di etnia albanese), circa il
ritorno alla Mahalla. Vengono prese nei campi alcune misure di rimedio ad
interim, inclusa la distribuzione di cibo e kit sanitari, la distribuzione di
stufe a legna e l'installazione di distributori d'acqua addizionali.
2005 (mese non definito): L'OMS facilita i secondi esami del sangue su
un gruppo di circa 50 bambini nei campi di Cesmin Lug, Kablare, Zitkovac e Leposavic, condotti da dottori serbi del
luogo.
Settembre 2005: Un'attivista rom locale, Argentina Gidzic, apre una
causa contro ignoti al tribunale di Pristina, per la violazione dell'articolo
291 del Codice Penale Provvisorio del Kosovo (che proibisce le azioni che hanno
impatto sull'ambiente e mettono in pericolo vita umana).[1] In risposta alla
causa non viene intrapresa nessuna azione.
Dicembre 2005: La Norwegian Church Aid (NCA) viene incaricata dall'UNHCR
per la gestione dei campi di Cesmin Lug ed Osterode. La KFOR consegna il campo
di Osterode (terreno ed edifici) all'UNMIK.
Febbraio 2006: L'European Roma Rights Center ricorre alla Corte Europea ei
Diritti Umani a nome dei Rom IDPs, accusando violazioni della Convenzione
Europea sui Diritti Umani: articolo 2 (diritto alla vita), articolo 3
(proibizione della tortura), articolo 6 (diritto ad un processo equo), articolo
8 (diritto al rispetto dell'individuo e della vita familiare), articolo 13
(diritto ad un rimedio effettivo) ed articolo 14 (proibizione di
discriminazione). La denuncia in qualche settimana è ritenuta inammissibile dal
Tribunale, sulla base di legislazione difettosa.
Marzo-aprile 2006: Vengono chiusi i campi di Zitkovac e Kablare (a
seguito di un incendio a fine marzo nel campo di Kablare) ed i loro residenti
spostati nel campo Osterode, come sistemazione provvisoria nell'attesa di una
soluzione durevole nella Mahalla Rom. I residenti di Cesmin Lug rifiutano di
andare ad Osterode.
Maggio 2006: Partenza della prima parte del progetto di ricostruzione
della Mahalla Rom - 2 edifici (che contengono 48 appartamenti) e 54 case
monofamiliari costruite sul terreno della Mahalla distrutta a Mitrovica sud. Gli
appartamenti sono destinati ai Rom IDPs che non possono provare di aver
posseduto proprietà nella Mahalla a giugno 1999. quanti possono provarlo avranno
la loro casa ricostruita.
2006 (mese non definito): L'OMS facilita i terzi esami del sangue su
un gruppo di circa 50 bambini nei campi di Cesmin Lug, Osterode e Leposavic, condotti da dottori serbi del
luogo.
Agosto 2006: L'OMS organizza la prima delle due distribuzioni di
terapie orali celiache ad un gruppo di bambini del campo di Osterode (il periodo
della seconda distribuzione non è nota a Human Rights Watch). In totale, vengono
curati circa 40 bambini a due riprese.
Giugno 2007: Una novantina di famiglie (circa 450 persone)
ritornano alla Mahalla da tutti i campi di Mitrovica, come pure dalla Serbia e
dal Montenegro. Il ritorno è organizzato dalla task force della MAT sotto il
comando dell'UNMIK.
Maggio 2008: L'UNMIK passa la gestione dei campi di Cesmin Lug ed
Osterode al Ministero del Kosovo per le Comunità ed il Ritorno. Norwegian Church Aid
continua a gestire i due campi. Alcuni dei Rom espulsi dalla Mahalla hanno
risieduto nei campi contaminati dal piombo per oltre 8 anni.
Fase 3: incarico al Ministero del Kosovo per le Comunità ed il Ritorno
Luglio 2008: Viene aperta una causa da un attivista per i diritti delle
famiglie rom di tutti i campi (Cesmin Lug, Osterode, Leposavic) assieme all'Human
Rights Advisory Panel con l'accusa di negligenza criminale che porta a severa
contaminazione ambientale, causando seri rischi alla salute negli abitanti del
campo, come pure la violazione del diritto alla vita e alla vita familiare, con
la mancanza di un rimedio legale.
Ottobre 2008: I leader rom chiedono all'Istituto della Salute di
Mitrovica di condurre esami del sangue a Cesmin Lug, Osterode e Leposavic. Su 53
test, 21 mostrano livelli di piombo che richiedono intervento medico immediato
causa significative minacce di vita (oltre 65 mcg/dl, che è il più alto livello
misurabile), 18 hanno livelli di 45 mcg/dl e soltanto due bambini hanno
risultati nella norma. I risultati di Leposavic (il quarto campo, situato a
circa 50 km dagli altri tre) sono più bassi, comunque ancora sopra la norma di mcg/dl.
Gennaio 2009: L'OMS visita il Kosovo per esaminare la situazione nei
campi e parlare con interlocutori chiave locali ed internazionali. Al termine
chiede pubblicamente la chiusura di Osterode e Cesmin Lug.
Gennaio 2009: Norwegian Church Aid passa la gestione dei campi di
Cesmin Lug ed Osterode all'OnG locale Kosovo Agency for Advocacy and Development (KAAD),
fondata dal Ministero del Kosovo per le Comunità ed il Ritorno.
Giugno 2009: Alcuni dei Rom dispersi dalla Mahalla hanno vissuto un
decennio in campi contaminati dal piombo.
5 giugno 2009: Lo Human Rights Advisory Panel giudica ammissibile la causa
dei Rom sotto diversi aspetti, inclusa l'accusa di violazioni al diritto alla
vita, la proibizione di trattamenti inumani e degradanti, il rispetto per la
vita privata e familiare, il diritto ad un'udienza giusta, il diritto ad
un'effettiva proibizione della discriminazione in generale, la proibizione della
discriminazione contro le donne ed i diritti dei bambini, il diritto ad un
alloggio adeguato, salute e standard di vita adeguati.
IL PREMIO PINOCCHIO: al funzionario ONU che cercò di raccontare la più
grande bugia sul campo "libero dal piombo" di Osterode, accanto ai campi rom/askali
di Mitrovica.
Joachim Ruecker, nato il 30 maggio 1950 a Schwäbisch Hall in Germania, è un
impiegato civile internazionale. Venne nominato Rappresentante Speciale del
Segretario Generale per il Kosovo delle Nazioni Unite e capo dell'UNMIK dal
1 settembre 2006 al 20 giugno 2008. Prima, era stato Vice Rappresentante
Speciale e Capo della componente Ricostruzione Economica nell'amministrazione
UNMIK.
Prima di lavorare per l'UNMIK, Ruecker aveva servito come Commissario alle
Finanze e Capo della Divisione Budget e Finanze all'Ufficio Federale degli
Esteri a Berlino e ricoperto diversi posti nell'Ufficio Federale degli Esteri a
Bonn e in ambasciate tedesche all'estero, incluso Dar es Salaam, Detroit
(Consolato Generale) e Vienna. E' stato anche ambasciatore e Vice Alto
Rappresentante per l'Amministrazione e Finanza nell'Ufficio dell'Alto
Rappresentante a Sarajevo e sindaco della città di Sindelfingen in Germania.
Ruecker ha una laurea dottorale in economia internazionale ed in precedenza è
stato consigliere di politica estera del gruppo parlamentare socialdemocratico
al Bundestag.
Durante la sua prima conferenza stampa dopo essere stato nominato capo dell'UNMIK,
Ruecker annunciò che stava evacuando gli zingari dai campi intossicati dal
piombo verso siti "liberi da piombo" e provveduto al trattamento medico dei
bambini con i più alti livelli di piombo nel sangue. Disgraziatamente, il sito
scelto da Ruecker e dai suoi risultò essere l'ex base francese della KFOR,
Osterode, che diversi mesi prima l'esercito francese aveva abbandonato perché
molti soldati mostravano alti livelli di inquinamento da piombo. Infatti, ogni
soldato francese che aveva servito ad Osterode era stato avvisato di non dare
bambini alla nascita per nove mesi dopo aver lasciato il campo, a causa dei loro
alti livelli di piombo. Il campo di Osterode era a soli 50 metri dai più
infestati campi di Cesmin Lug e Kablare. Dopo diversi mesi di "cure dal piombo"
i dottori locali si sono arresi, dicendo che stavano facendo più danni che bene,
dato che i bambini tuttora vivevano su di un sito tossico. Più avanti l'OMS
dichiarò che non esisteva un livello accettabile di piombo per i bambini. Nessun
livello accettabile.
Nonostante l'evidente prossimità ai 100 milioni di tonnellate di cumuli di
scorie tossiche aleggianti sui campi zingari, il governo tedesco donò 500.000
euro per ristrutturare Osterode ed immediatamente dopo deportò una famiglia di
Rom kosovari (che aveva vissuto in Germania per 15 anni) ad Osterode. In pochi
mesi, i bambini di questa famiglia ebbero alcuni dei più alti livelli di piombo
nel campo. Un governatore tedesco di un protettorato, soldi tedeschi per un
mortale campo zingaro a est. La storia ha un modo sventurato di ripetersi.
Lamberto Zannier
(immagine da
Time.com) Machiavelli o Zannier? Non solo si assomigliano,
hanno entrambi la stessa filosofia quando si tratta di"questioni morali"
PREMIO IL PRINCIPE: disonora la persona che sta con i principi di Niccolo
Machiavelli pubblicati nel suo libro Il Principe nel 1532. Anche se è più una
satira che una guida per politici senza scrupoli, molti diplomatici veterani
come Zannier che non sanno leggerlo bene, hanno usato questo classico per essere
guidati attraverso la loro carriera.
Diplomatico italiano veterano, Lamberto Zannier prese la carica di nuovo
Rappresentante Speciale del Segretario Generale dell'ONU Ban Ki-Moon e capo
dell'UNMIK il 20giugno 2008. Successe al tedesco Joachim Ruecker, diventando il
settimo capo dell'UNMIK da quando venne stabilita la missione nel 1999.
Nato il 15 giugno 1954 nel comune di Fagagna nell'Italia nord-orientale,
Zannier ha un dottorato di ricerca in legge dall'università di Trieste. Come
studente nell'Italia settentrionale, Zannier è stato educato agli ideali
umanisti del Rinascimento. Ma più tardi ha messo da parte quegli ideali
all'inseguimento di una carriera col governo italiano, dove prima fu avvocato e
poi ambasciatore, ed infine nel consiglio responsabile dei negoziati diplomatici
e delle questioni militari.
Dal 2000 al 2002 è stato rappresentante permanente dell'Italia all'Aia nel
Consiglio Esecutivo dell'Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche.
Nel 2002, Zannier entrò nell'OSCE a Vienna come direttore del Centro per la
Prevenzione dei Conflitti. Dal 2006 le sue responsabilità includevano la
supervisione delle operazioni OSCE di sette missioni in campo civile nei Balcani
e una dozzina d'altre nell'Europa Orientale, nella regione Caucasica e nell'Asia
Centrale. Prima del suo incarico come capo dell'UNMIK, Zannier aveva lavorato
per il Ministero degli Esteri italiano, occupandosi di politica e degli aspetti
operativi della partecipazione del paese alla Sicurezza Europea e alla Politica
di Difesa.
Zannnier divenne capo dell'UNMIK cinque giorni dopo che il Kosovo aveva
adottato la propria costituzione il 15 giugno 2008. Alla sua prima conferenza
stampa a Pristina, Zannier dichiarò: "Ci sono un certo numero di cose da
riaggiustare." La prima cosa che "riaggiustò" fu obbligare il governo del Kosovo
a sostituire l'amministrazione dei campi tossici, dove durante l'amministrazione
ONU oltre 80 Rom erano morti per complicazioni dovute ad avvelenamento da
piombo. Da allora, a qualsiasi giornalista che chiedeva informazioni su questi
campi, veniva detto dall'ufficio di Zannier che i campi non erano più una
questione ONU.
Come capo dell'UNMIK, Zannier avrebbe potuto ordinare l'immediata evacuazione
di questi campi tossici, come richiesto dall'Organizzazione Mondiale della
Sanità. Ma probabilmente aveva paura che questi ladri di polli del XXI secolo
avrebbero trovato la via verso la sua amata Italia e contaminato là i suoi
cittadini. Fedele ai suoi principi machiavellici, la specialità di Zannier è di
prendere decisioni in assenza di qualsiasi moralità.
Di Fabrizio (del 20/07/2010 @ 09:22:02 in Europa, visitato 3824 volte)
by Paul Polansky
[continua] Hans Haekkerup
L'anti-premio NATOS: vergogna a tutti i pianificatori militari
(specialmente i politici) che raramente prendono in considerazione gli effetti
che i bombardamenti inutili avranno sui bambini. Come Ministro Danese della
Difesa (prima di diventare il 3° SRSG in Kosovo) Haekkerup fu coinvolto nella
preparazione del bombardamento del Kosovo, che non distrusse alcun obiettivo
militare ma obbligò alla chiusura tutte le scuole e lasciò traumatizzata
un'intera generazione di bambini.
I nonni putativi
non dovrebbero avere un favorito.
Io ce l'ho.
Un piccolo zingaro di quattro anni
di Plemetina
Con i pugni contusi come un pugile.
All'età di un anno
durante i bombardamenti della NATO in Kosovo
Aveva fracassato così tante cose
Che i suoi genitori
L'hanno ribattezzato
NATOS
Tre anni dopo
Continua a fracassare le cose,
Ogni volta che un aereo
Passa in cielo.
Hans Haekkerup nacque il 3 dicembre 1945 a Frederiksberg, Copenhagen. Dopo la
laurea nel 1973 con un master in Arti ed Economia all'università di Copenhagen,
Haekkerup servì in diverse posizioni di governo. Dopo essere stato eletto al
Parlamento nel 1979, fece parte di diverse commissioni. Fu membro della
Commissione Difesa dal 1985 al 1993, e ne fu il presidente dal 1991 al 1993.
Dal 1993, Haekkerup fu Ministro della Difesa, prima di essere nominato
Rappresentante Speciale del Segretario Generale e capo della Missione ONU di
Amministrazione ad Interim in Kosovo (UNMIK) dal dicembre 2000 al dicembre 2001.
Durante il suo breve periodo come SRSG, Haekkerup dovette confrontarsi con
diverse questioni controverse. L'uso da parte della NATO nei Balcani di armi
all'uranio impoverito, attirò l'attenzione di molti giornalisti ed OnG
internazionali. Le domande sui molti casi di leucemia, specialmente tra le
truppe italiane di stanza dove vennero gettate le bombe, non ottennero mai
risposte soddisfacenti. Al momento di entrare in carica, Haekkerup dichiarò che
voleva tenere il Kosovo lontano dalle prime pagine, ma durante il suo ufficio di
12 mesi raramente ci fu un giorno in cui il Kosovo non apparisse nei titoli di
testa internazionali, incluse le minacce alla sua vita degli Albanesi (molti
ritengono ex comandanti dell'ALK tramutati in politici) perché Haekkerup cercava
di raggiungere un accordo con le autorità della Repubblica Federale di
Jugoslavia ed aprire un ufficio UNMIK a Belgrado. Haekkerup disse che non
intendeva rinnovare il suo mandato SRSG, per poter passare più tempo con sua
moglie incinta. Però, molti osservatori occidentali ritennero che i politici
albanesi fossero contro Haekkerup per il suo tentativo di porre fine al crimine
organizzato. Haekkerup offese anche i protettori oltremare degli Albanesi che
volevano che il Kosovo fosse lasciato ai locali Albanesi il prima possibile.
L'atteggiamento burocratico di Haekkerup, inclusa la stretta aderenza all'orario
d'ufficio, provocò insoddisfazione nel suo staff UNMIK. Anche l'ufficio USA di
Pristina ebbe da dire con Haekkerup per il suo tentativo di dare un voto a
Belgrado negli affari del Kosovo.
Dopo il ritorno in Danimarca, Haekkerup scrisse un libro intitolato "Le molte
facce del Kosovo". Gli Zingari di Mitrovica che morivano di avvelenamento da
piombo nei campi ONU, non vennero menzionati.
IL PREMIO CHIACCHIERE TRA LE LENZUOLA: al quarto "protettore" ONU del
Kosovo a cui piaceva sbattere i tacchi e parlare duro. Più tardi divenne ospite
dello show BBC Hard Talk. Ma in realtà Steiner vince questo anti-premio per aver
usato la sua posizione in Kosovo per mettere nei guai diverse donne del suo
staff ed essere diventato il don Giovanni dei Balcani... mentre i primi
bambini romanì nei campi ONU iniziavano a morire per avvelenamento da piombo.
Michael Steiner è nato il 28 novembre 1949 a Monaco di Baviera, in Germania.
Dal 1970 al 1977 ha studiato legge a Monaco e a Parigi, passando con distinzione
il Primo Esame Statale in Legge a Monaco. Dal 1977 al 1980 ha svolto pratica
legale in Baviera e fu junior lecturer di Diritto Internazionale alle
università di Monaco e Parigi . Nel 1978 passò il Secondo Esame Statale in Legge
sempre con distinzione. Nel 1981 entrò nell'Ufficio Federale Tedesco degli
Esteri e dal 1986 al 1989 fu a New York al tavolo politico della missione
tedesca dell'ONU. Dopo vari incarichi a Praga, Zagrabia, Bonn, Sarajevo, fu
ambasciatore tedesco a Praga nel 1998, quando pubblicai nella capitale ceca i
miei primi libri sull'Olocausto Zingaro nel protettorato del Reich di Heydrich.
Dopo essere stato a Berlino Direttore Generale dell'Ufficio Federale degli
Esteri, Steiner venne nominato Rappresentante Speciale del Segretario Generale
dell'ONU per il Kosovo dal 2002 al 2004.
Uno dei primi compiti di Michael Steiner in Kosovo fu di rimpiazzare
l'amministrazione ONU nei comuni più etnicamente divisi con una delle sue
amanti, Minna Jarvenpaa, a cui si riferiva amabilmente come "E' il mio braccio
destro".
Anche se molti nel suo staff consideravano questa bionda trentunenne di
"origine scandinava" come l'ultima padrona del suo harem ONU, Minna in realtà
collaborò con Steiner dal 1996 al 1998 presso la missione ONU in Bosnia
Herzegovina quando Steiner era vice dell'Alto Rappresentante ONU. Educata ad
Harvard, Jarvenpaa lavorò a Sarajevo come consigliera sulle "questioni
rifugiati".
Prima di essere nominata emissario speciale per Mitrovica, Jarvenpaa fu
ufficialmente "consigliera per la pianificazione" nell'ufficio di Steiner. Nel
suo nuovo lavoro, Jarvenpaa promise di migliorare le condizioni di vita a tutti
i cittadini di Mitrovica, ma né lei né Steiner visitarono mai i campi rom/askali
avvelenati dal piombo nella città di Mitrovica, dove ogni bambino nasceva, se
ansceva, con danni irreversibili al cervello.
Michael Steiner è scapolo. Non è dato sapere se abbia figli.
Di Fabrizio (del 02/09/2010 @ 09:21:24 in Europa, visitato 2690 volte)
Ricevo da Paul Polansky
Comunicato stampa, 1 settembre 2010
Il principe Karel VII von Schwarzenberg, ministro degli esteri della
Repubblica Ceca, e il dr. Bernard Kouchner, ministro degli esteri francesi,
hanno recentemente denunciato la deportazione dei Rom dalla Francia.
Deportazione decisa dal presidente francese Nicolas Sarkozy alla fine di luglio.
Circa 8.300 Rom di nazionalità rumena e bulgara sono stati espulsi dalla Francia
dall'inizio dell'anno. Quasi 10.000 sono stati espulsi nel 2009.
Schwarzenberg si è opposto alla deportazione dei Rom dalla Francia dicendo
che la decisione è stata presa su basi razziali ed è contraria allo spirito e
alle norme dell'Unione Europea.
Kouchner ha detto di aver considerato le dimissioni, riguardo la politica del
presidente Sarkozy di deportare i Rom. Non si è dimesso.
Agli occhi dei Rom e dei Sinti cechi e dell'esperienza dei Rom del Kosovo,
entrambe i personaggi rappresentano l'ipocrisia ai massimi livelli.
Durante la II guerra mondiale il padre di Schwarzenberg, principe Karel VI,
usò zingari ed ebrei come schiavi per i lavori forzati nelle sue tenute in
Boemia meridionale, prima che i Tedeschi la passassero sotto loro
amministrazione.
Nel 1999 come capo dell'ONU in Kosovo, Kouchner piazzò circa 200 famiglie di
rifugiati rom in campi posti su terreni altamente contaminati promettendo loro,
alla baronessa Nicholson e a me stesso che sarebbero rimasti lì solo per 45
giorni. Disse che essendo lui dottore, conosceva il pericolo dell'avvelenamento
da metalli pesanti e che se questi Rom non avessero potuto tornare alle loro
case, li avrebbe portati all'estero. Undici anni più tardi, dopo 89 morti (molte
attribuite ad una combinazione di malnutrizione e avvelenamento da piombo), 140
famiglie sono ancora in questi campi.
Dopo la II guerra mondiale, dal 1945 al 1948, il principe Karel VI continuò
ad adoperare forza lavoro schiavizzata nelle tenute che gli erano state
restituite. Stavolta, gli schiavi erano cittadini tedeschi della Cecoslovacchia,
che si suppone vi fossero stati deportati nel 1945. Comunque, Schwarzenberg li
mantenne in stato di detenzione in una villa confiscata ad un Ebreo, adiacente
alla sua proprietà, prima che i comunisti lo obbligassero a fuggire nel 1948.
Nel 2000,la squadra medica ONU di Kouchner raccolse campioni sanguigni di
molti Kosovari nella città di Mitrovica, dopo che a diverse truppe NATO fu
rilevato avvelenamento da piombo. I livelli più alti di piombo (i più alti nella
letteratura medica) furono trovati tra i bambini rom nei campi ONU dove Kouchner
li aveva piazzati, accanto alle locali miniere di piombo. La squadra medica ONU
di Kouchner in un rapporto scritto inviatogli, raccomandava l'immediata
evacuazione dei campi e cure mediche. Kouchner rifiutò.
Negli anni '90 il principe Karel VII von Schwarzenberg, col presidente Havel,
ricevette in restituzione molte delle terre e dei castelli di suo padre, e le
proprietà praghesi che erano state confiscate nel 1948 dall'allora governo
comunista. Il ritorno di queste terre rese Schwarzenberg l'uomo più ricco della
Cecoslovacchia. Secondo la legge ceca le proprietà non avrebbero dovuto
ritornargli, perché durante e dopo la II guerra mondiale gli Schwarzenberg
usarono forza lavoro schiavizzata in queste proprietà.
Nel 1999 Medecins sans Frontieres (Dottori senza Frontiere), di cui Kouchner
era cofondatore, ricevette il Premio Nobel per la Pace. TIME magazine scrisse
che Kouchner era "Un uomo di fuoco, un guerriero di pace, che aveva inventato il
dovere di ingerenza internazionale." Kouchner più tardi approvò "nel nome dei
diritti umani" l'invasione e l'occupazione USA dell'Iraq.
Nella Repubblica Ceca un allevamento di maiali si trova ora sulle fondamenta
del campo di sterminio per Rom e Sinti di Lety. Karel VI Schwarzenberg usava i
Rom di questo campo per lavorare nelle sue foreste e cave di pietra. Oggi questo
sito di olocausto è dissacrato da 20.000 maiali che defecano vicino alle fosse
comuni dei bambini annegati dalle guardie ceche nel laghetto degli Schwarzenberg
accanto al campo.
Oggi negli ex campi ONU a Mitrovica ogni bambino concepito nasce con danni
irreversibili al cervello, a causa degli alti livelli di piombo nel sangue
materno. L'anno scorso venne chiesto al dr. Kouchner di intervenire per salvare
queste famiglie che lui aveva abbandonato nel 1999. Non lo fece.
Dal 1984 al 1991 Schwarzenberg presiedette la Federazione Internazionale di
Helsinki per i Diritti Umani. Mai si è scusato con i Rom e Sinti cechi (neanche
con gli Ebrei cechi) perché la casata degli Schwarzenberg li aveva usati come
schiavi durante la II guerra mondiale.
Anche se attualmente è ministro degli esteri in Francia, Kouchner non ha mai
inviato nessuno dall'ambasciata francese a Pristina per aiutare i bambini
sofferenti di malnutrizione ed avvelenamento dai piombo nei campi rom da lui
stabiliti nel 1999 e che promise di chiudere in 45 giorni.
Questi Maestri dell'Ipocrisia parlano soltanto per ottenere i loro nomi nelle
notizie di testa. Non sono i leader mondiali che pretendono di essere. Stanno
ignorando principi morali e legali e danneggiando la credibilità delle leggi
internazionali.
Schwarzenberg e Kouchner usano i Rom in maniera paternalistica per
evidenziare la loro reputazione nei diritti umani. Speriamo che il pubblico, i
Rom specialmente, comprendano quanto siano falsi questi "leader morali e
politici".
Paul Polansky Head of Mission Kosovo Roma Refugee Foundation
Giornalista, poeta, scrittore, fotografo, regista e
antropologo di fama internazionale, ma anche ex pugile e giocatore di football
americano...
Agli inizi degli anni '90 inizia un lungo percorso di ricerca sulle origini
della propria famiglia, durante il quale scopre documenti che permettono di
riportare alla luce l'esistenza del campo di concentramento di Lety, in
Repubblica Ceca, che oggi è un allevamento di maiali. Le testimonianze raccolte
lo rendono inviso al governo ceco.
Nel 1999 viene ingaggiato dalle Nazioni Unite e inviato nel Kosovo come
intermediario tra le istituzioni e i gruppi rom perseguitati. Lotterà per 11
anni perché i Rom, cacciati dagli estremisti albanesi, possano uscire dai campi
profughi, costruiti su terreni altamente inquinati da piombo e metalli pesanti.
Nel 2004 è insignito del premio Human Rights Award, consegnatogli direttamente
da Günter Grass. Nel 2005 il suo film-documentario Gipsy Blood, visibile su
youtube, è premiato al Golden Wheel International Film Festival di Skopje.
Attualmente risiede a Nish, in Serbia, dove prosegue la sua attività per i
diritti umani, tramite l'associazione Kosovo Roma Refugee Foundation.
Sabato 29 settembre: ore 13,00-14,30 Circolo Vereda,
via De' Poeti 2/E "Poesia per restare umani", reading di Paul Polansky
& Co, nell'ambito dell'evento "100 Thousand Poets For Change"
100 Thousand Poets For Change a Bologna Coordinamento:
Marina Mazzolani, italiana autoctona amante della diversità.
Pina Piccolo, italo-americana, figlia della migrazione.
Antar Marincola, somalo-italiano, figlio del colonialismo.
Gassid Babilonia, iracheno, figlio delle guerra.
Nell'ambito di 100 Thousand Poets for Change, unendosi simultaneamente a 700
iniziative sparse per il mondo in 115 nazioni, i bar, le librerie, i giardini, i
luoghi storici di Bologna si aprono a oltre 80 poeti e alla poesia per costruire
insieme nuove visioni di un mondo non straziato da guerre, diseguaglianze,
ignobili distribuzioni delle ricchezze, sfruttamento insensato della Terra.
Bologna in mani ai poeti: Sono coinvolti più ottanta poeti in questo evento,
poeti famosi e altri giovani, poeti che credono nella possibilità del
cambiamento globale, cercano con il loro linguaggio di dimostrare la loro
indignazione verso un mondo considerato, erroneamente, libero, democratico e
difensore dei diritti umani.
In tempi di crisi globale l'urgenza di cambiamento a livello sociale, politico
ed ecologico si avverte ancora di più ed i poeti , che spesso captano i
cambiamenti nello "spirito dei tempi" e lo trasmettono con la perizia dei propri
versi possono contribuire in maniera efficace al movimento verso il nuovo.
I poeti hanno sempre scritto e gridato per la pace, i diritti umani, la
convivenza universale e tanti altri ideali, ma si faceva sempre in modo
personale, o a livello di piccoli gruppi. E' la prima volta, nella storia umana,
che i poeti si sono uniti tutti quanti per gridare in coro contro l'ingiustizia,
contro le guerre, contro la diseguaglianza, contro il razzismo, contro la fame e
contro tutti gli ideali sbagliati di un mondo che ormai sta andando alla rovina.
I cambiamenti si fanno a piccoli passi, e non si fanno a passi di uragano,
perché un uragano lascia sempre disastri dietro. A piccoli passi cerchiamo di
cambiare un mondo che è stato cambiato verso il male a piccoli passi.
A questo appello possono rispondere anche gli altri artisti di tutti i generi
d'arte, e tutte le persone che credono nella possibilità del cambiamento, in
modo da coinvolgere assolutamente tutti.
Itinerario delle letture poetiche:
Ore 10,00-14,00 Sala Borsa, Piazza Maggiore
Ore 11,00-12,00 Libreria Coop Ambasciatori, via Orefici 19
Ore 13,00-14,30 Circolo Vereda, via De' Poeti 2/E "Poesia per restare umani", reading di Paul Polansky & Co.
Ore 15,00-18,30 Bar L'Ortica, via Mascarella 25
Ore 16,00-17,30 Mural "500 anni dalla conquista", via Zamboni, Piazza Scaravilli,
lettura di poesie latino-americane
Ore 16,30-18,00 Bar Linea, sotto il Palazzo di Re Enzo
Ore 18,00-20,00 Nuova Arena Orfeonica, v. Broccaindosso 50
Ore 18,30-20,30 Poeti in cammino, da P. Maggiore a P. Verdi
Ore 18,00-20,30 Libreria delle Moline, via delle Moline 3/a
Ore 20,00-23,00 Giardino del Guasto, "Omaggio a PierPaolo Pasolini - una panca,
poesia e musica", con il sax di Guglielmo Pagnozzi
Ore 20,30-23,00 Bar La Scuderia, Piazza Verdi
Ore 21,00-23,00 Bottega del Mondo "Potosì", via Mascarella 35/a
Ore 21,00-24,00 Antico Bar dei Licei, via Broccaindosso 69/A
Vi preghiamo di diffondere l'evento, e anche di seguirlo, perché pubblicheremo
le locandine dei singoli eventi corrispondenti ai diversi posti.
SETTIMANA MILANESE
1 ottobre Ore 21.00 Reading presso CAM Ponte delle Gabelle, via
san Marco 45 (ingresso libero).
2 ottobre Ore 21.00 Reading presso circolo
"Via d'Acqua", viale Bligny 84 PAVIA (ingresso con tessera
Arci ed offerta libera a sostegno per l'iniziativa)
3 ottobre Ore 16.00 visita agli insediamenti rom in zona Cavriana-Forlanini. Ore 21.00 Reading presso
Libreria Popolare in via Tadino
18 (ingresso libero).
4 ottobre Pomeriggio (orario da definire): visita al
villaggio rom di via Idro, seguita da Reading alle ore 21.00 (ingresso libero).
Alle 20.00 sarà possibile cenare al Social Rom (cena solo su
prenotazione, 347-717.96.02 oppure info@sivola.net).
5 ottobre Pomeriggio (orario da definire): visita al
campo sinti
Terradeo a Buccinasco. Ore 21.00 Reading a Corsico presso la
Biblioteca comunale di via Buonarroti n. 8 (ingresso libero).
6 ottobre Pomeriggio (orario da definire): visita al
campo di Monte Bisbino(Milano-Baranzate).
7 ottobre Ore 21.30 Reading all'enoteca Ligera via Padova 133 (ingresso libero).
Organizzano: LA CONTA di Milano, ApertaMente
di Buccinasco, FAREPOESIA di Pavia e Mahallacon il concorso delle
comunità rom e sinte locali - per informazioni:
347-717.96.02 oppure info@sivola.net
FAREPOESIA - RIVISTA DI POESIA E ARTE SOCIALE Anno 3 - N. 6
Marzo 2012
IN QUESTO NUMERO: PAUL POLANSKY POETA LEGGENDARIO a cura di Enzo
Giarmoleo
Alcuni affermavano: "La poesia non è democratica, non fa sconti!"
Altri parlavano dell'importanza solenne della metrica. Altri dissertavano sulla
lunghezza del verso misurandolo. Altri dicevano che i "Veri" poeti in Italia
sono circa dieci. Altri li rintuzzavano dicendo che quella era una visione
elitaria. Altri parlavano di minimalismo, qualunquismo, epigonismo, di poesia
come atto di fede nel futuro…
Mentre la disputa infinita infuriava è apparso a Milano Paul Polansky, poeta
leggendario, uno degli scrittori più impegnati nella lotta per i diritti umani
nell'Europa dell'Est, erede di una stirpe di guerrieri di un "antico villaggio
vichingo", una stirpe di "belve combattenti"1. La sua
presenza è riuscita a neutralizzare la controversia. Polansky non è approdato
nella Milano dei "Veri" poeti, non ha sventolato bandiere per farsi notare.
Avevo letto il suo nome nelle locandine "resistenti" di realtà culturali come
"La Casa della Poesia" di Baronissi e l'associazione "Angoli Corsari" di Reggio
Calabria. Una sera di novembre, all'Arci di Turro, nel cuore del quartiere più
multietnico di Milano, Polansky si è rivelato e ha rubato l'attenzione del
pubblico con le sue poesie e i suoi racconti.
Le sue opere spaziano dalla narrativa alla poesia, inizia a scrivere romanzi
per poi approdare, a 50 anni, alla poesia impegnata. Polansky è sicuramente il
poeta più coinvolto, a livello globale, nella difesa dei diritti umani delle
popolazioni Rom, vittime dell'olocausto. La parola nei suoi scritti ha sempre a
che fare con l'azione e, come dice il poeta e attivista americano Jack
Hirschman: "Non v'è alcuna fuga artificiosa attraverso lo stile". Polansky non
si pone il problema di verseggiare per rispettare certe regole dell'accademia,
né d'altra parte potrebbe farlo, tanto impellente è la necessità di raccontare.
Per una volta la liricità non ha bisogno di lacci e lacciuoli. La poesia di
Polansky è la prova che fuori dal carcere delle strutture linguistiche esistono
mille altri modi di fare poesia. Il risultato è che riesce a trasmettere
emozioni
fortissime; in ogni parola, in ogni immagine, si sente l'odore dell'indigenza,
della violenza, della guerra.
Nel 1963 Polansky lascia l'America per sfuggire all'arruolamento per la
guerra in Vietnam e si trasferisce in Spagna, un paese dove ancora l'ombra del
Caudillo si allunga minacciosa oscurando i cuori e le menti. La Guardia Civil
è onnipresente sul territorio. Si sposta anche nella Spagna rurale, spesso
girovagando sul dorso di un mulo per le sendas (mulattiere) in paesaggi
selvaggi, per ricostruire il filo di sentieri persi e dimenticati, quasi
anticipando
la sua passione e la sua sete per la ricerca antropologica. Più di mille
discorsi,
la poesia "Caccia Grossa"2 svela un modo di sentire, quasi una concezione del
mondo, con un tocco di ironia.
Nel 1991 parte per la Repubblica Ceca con l'intento di svolgere ricerche
sulle origini della propria famiglia di linea paterna. Scopre negli archivi 40
mila documenti riguardanti il famoso campo di lavoro di Lety costruito durante
la II guerra
mondiale per gli ebrei e successivamente impiegato solo per gli
zingari. Polansky non può rassegnarsi quando viene a sapere che il campo era
gestito da guardie ceche e non da tedeschi. Contrastato nel suo intento dalle
autorità egli cerca eventuali sopravvissuti al campo di lavoro. Le voci
strazianti dei sopravvissuti sono contenute nella sua prima raccolta di
testimonianze orali "Black Silence" e nel suo primo libro di poesie "Living
Thru It Twice" (1998) che, come dice il poeta, gli ha cambiato la vita.
C'è una poesia che rispecchia la dedizione del poeta nei confronti dei Rom,
scritta basandosi sulla testimonianza di una donna sopravvissuta al campo di
sterminio di Lety, la poesia s'intitola "Pensavo di essere una sopravvissuta",
una delle parole chiave del testo è il termine "barcollare" e ci
suggerisce nettamente la sensazione di perdita d'identità che hanno provato
migliaia di persone. La poesia è talmente densa di emozioni che ogni suo
verso potrebbe dare il titolo a questo straordinario componimento.
Durante la fine degli anni '90, Polansky, dotato di grande empatia,
combatterà a fianco delle popolazioni rom ceche per ottenere i risarcimenti per
i
torti subiti nei campi boemi durante la II guerra mondiale e fa propria la
storia
dolorosa degli zingari kossovari nella guerra Serbo-Albanese. La sua scrittura
e la sua poesia saranno le sue armi per raccontare l'esperienza storica del
popolo Rom ma anche per dare visibilità ad un popolo che appare soltanto
negli "hate speech" diffusi nei discorsi pubblici e nelle rappresentazioni
mediatiche negative.
La sua protesta comincia a preoccupare le autorità ceche, un suo romanzo
"The Storm"del 1999, in nuce la descrizione di una sopraffazione storica,
viene requisito dalle librerie3.
In questi anni la poesia serve ad esprimere questo dolore. È sempre una
poesia che non segue i canoni classici della poesia tradizionale, la rima, la
misura del verso; al di là del tema trattato, la drammaticità serpeggia nelle
sue
poesie. La poetica di Polansky è al di fuori dell'assolutezza di un principio
che
valga per tutti; c'è solo spazio per le allitterazioni e l'eufonia, tipiche
della
antica poesia vichinga, che per il poeta sono naturali4.
Dalla storia inquietante di "Sacchi per Cadaveri" (1999) emergono i mali
nascosti dell'America, un esempio di umorismo nero per una vicenda tragica
come la strage per mano di due adolescenti5.
Gli anni seguenti vedono la ripresa dei temi dei Rom in Kossovo e nella
Repubblica Ceca dove le autorità locali e civili auspicano l'eliminazione o la
deportazione di queste comunità prendendo alla lettera la lezione swiftiana6.
Nella poesia "The Well" lontano da atmosfere ovattate, c'è il racconto, crudo
dettagliato, di uno zingaro vittima di una violenza estrema - uno dei tanti
costretti a fuggire "da un paese in cui hanno vissuto per quasi settecento
anni".
Come sempre avviene nei migliori esempi alla "Guantanamo", la violenza
psicologica perpetrata nei confronti degli zingari cechi è paralizzante quanto
quella fisica. Un esempio calzante lo troviamo nella poesie "Un Vestito
Nuovo" e "Una scuola speciale". Ironia e sarcasmo del poeta, se da un lato
attenuano la drammaticità e la crudezza di alcune poesie-racconto, dall'altro
fanno emergere con più forza l'ingiustizia perpetrata nei confronti dei
rifugiati
come in "Fermata d'Autobus", "Il Presidente del Kossovo" e in molte altre.
I temi dei suoi scritti si alternano, dalle raccolte di poesie sui rom kossovari
a quelle con connotazioni antropologiche sulle comunità di zingari, per
ritrovare ancora la Spagna dove è iniziata la sua incredibile avventura.
Un suo libro in lingua ceca del 2001, "Homeless in the Heartland" venduto
per le strade di Praga dai barboni, ricorda in parte l'epoca dei libri samiždat
che venivano scambiati clandestinamente nella Praga degli anni '80. La
discriminazione è ricorrente nella poetica di Polansky anche quando racconta
la realtà dei senzatetto americani del midwest.
C'è anche una poesia più personale ed intima che ha per oggetto gli anni
duri dell'adolescenza quando praticava sport come il football americano e la
boxe. La boxe diventa protagonista di uno dei suoi libri più famosi, "Stray
Dog" (Cane Randagio, 1999), in cui dagli aspetti violenti emerge la profonda
sensibilità umana del poeta7. Nella poesia "Gli imbattuti", pervasa da un
grande senso della realtà, alle immagini crude si associa un senso di fragilità
e
di sofferenza dell'io narrante consapevole che non si vince mai del tutto anche
se abbatti l'avversario. Solo chi si distrae durante il "combattimento" non
sente la poesia.
Un virus partito da un antico villaggio vichingo, diffusosi poi in America e
ritornato in Europa, si aggira ora per Milano; è il virus "Polansky", pericoloso
virus dell'empatia che potrebbe insediarsi nelle nostre menti per amplificare la
nostra comprensione, per capire ad esempio le ragioni per cui i bambini
zingari di Mitrovica (Kossovo) sono morti a seguito di complicazioni dovute
ad avvelenamento da piombo nei tre campi ONU costruiti su una discarica
tossica.
Dall'azione alla narrazione. Quella di Polansky è una metanarrazione mai
consolatoria, che non si sofferma soltanto sulle discriminazione nei confronti
dei rom e l'orrore da essi subito. Polansky racconta con molta serenità e in
veste di antropologo anche l'origine, i rituali della cultura rom, le abitudini,
le
credenze, le abilità di questo popolo. Racconta in modo disarmante gli
espedienti usati dai rom per sopravvivere, si sofferma su alcuni aspetti non
accettati dalle comunità "civili" occidentali: usanze millenarie come la
compravendita delle giovani spose o l'atteggiamento fortemente maschilista
all'interno delle comunità zingare.
È grazie a questo approccio, alla serietà delle sue ricerche che la narrazione
coinvolge l'ascoltatore e lo fa avvicinare allo scottante problema degli
zingari8.
La conoscenza di Polansky è frutto di una attenta osservazione sul campo e di
pazienti ricerche antropologiche in India, Pakistan, Kashimir, ex Cina. Si
scoprono cosi le similarità linguistiche tra gli zingari nostrani e le tribù
sansis del Punjab, certa musica zingara del Rajestan in tutto simile al flamenco
spagnolo o più in generale i debiti della musica colta nei confronti dei Rom.
Polansky trova nei luoghi originari degli zingari corrispondenze con
moltissimi aspetti e dettagli della cultura rom di cui si era impadronito vivendo con i rom sia in Spagna che nel Kossovo.
Si sfaldano nei suoi racconti anche i luoghi comuni che vogliono gli zingari
nomadi costantemente in viaggio. Gli zingari, dai musicisti ai maniscalchi,
viaggiavano di mercato in mercato per vendere cesti, ferri di cavallo, briglie,
setacci ecc, o si spostavano per i lavori stagionali ma solo dalla primavera
fino
all'autunno. Anche certe leggende, come quella del serpente domestico
protettore della casa, suggeriscono che gli zingari non erano nomadi ma
vivevano in abitazioni fisse.
La simbologia del serpente, comune agli zingari in Albania, Grecia, Turchia
e nelle montagne della Bulgaria, le pietre fluviali messe nelle tombe per
garantire l'acqua ai defunti nell'aldilà allo scopo di non mendicare l'acqua
nell'altro mondo, certe cure sciamaniche comuni sia agli zingari della Bulgaria
che a quelli del Kossovo o l'appartenenza alle caste sono prove del legame
degli zingari con l'India.
Polansky sa che gli zingari sulle montagne della Bulgaria credono nel Dio
Sole e ritrova questo legame, in particolare a Multan, l'antica capitale del
Punjab, dove intorno all'anno mille c'era il famoso tempio del sole e dove
arrivavano gruppi consistenti di esiliati dall'Egitto. Da qui anche l'etimo di
zingaro: Egyptian come Gypsies.
Un capitolo molto interessante riguarda il ruolo vitale che gli zingari
assumono nell'economia di altri paesi. Con l'inizio della diaspora del XV
secolo, si spostano dalle regioni balcaniche in Calabria, Sardegna, Spagna
diventando spesso manodopera indispensabile a basso costo, specie
nell'agricoltura nelle fasi della semina e del raccolto. Questo ruolo vitale
restituisce dignità storica, se pure ce ne fosse bisogno, alle comunità zingare
ed è un buon punto di partenza per ricostruire una storia che non sia solo il
frutto di mistificazioni o di analisi faziose sulla loro cultura.
Intervista
a
Paul
Polansky a
cura
di
Enzo
Giarmoleo
Ho l'impressione che sei molto attento a non farti coinvolgere dal
successo facile, dalla notorietà, insomma che ti difendi dal circolo
mediatico. È un'impressione corretta?
Giusto il contrario. Inseguo i media, non per me stesso ma per la mia causa,
la mia missione, per aiutare la gente a capire gli zingari, la cultura rom. Ho
avuto successo nel coinvolgere BBC (British Broadcasting Corporation), ZDF
(Zweites Deutsches Fernsehen, la seconda televisione tedesca), TV Australiana,
Arte TV, Al Jazeera, ecc. ma non sono riuscito a fare molti progressi né
con i media italiani né con quelli americani. Sia gli uni che gli altri non
danno
tendenzialmente spazio agli zingari a meno che non si tratti di una storia
negativa. Sebbene abbia partecipato a reading in più di 50 città italiane, solo
raramente sono stato intervistato dalla stampa italiana poiché agli editori non
interessa chi parla in modo positivo degli zingari.
Alcuni episodi della tua vita on the road mi hanno fatto venire in mente
"Il Vagabondo" di Jack London, anche se è difficile inquadrarti in una
corrente letteraria. Quali sono i tuoi punti di riferimento artistici?
Jack London, Hemingway e la prima poesia di Bukowsky hanno avuto su di
me una grande influenza. Suppongo che verrò sempre considerato un poeta
americano fuori patria, completamente fuori dal mainstream, con poco o
nessun riconoscimento in America. Credo di trattare temi sociali che non sono
popolari per la maggior parte degli americani e che la mia poesia sia più
accettata in Europa. D'altra parte ho vissuto in America solo 21 anni e in
Europa per ben 49 anni. Credo nel socialismo, termine che in America è
considerato una parolaccia. Gran parte della mia poesia è molto di sinistra che
significa che molti degli editori americani, se non tutti, ignorerebbero i miei
scritti. Lo stesso vale per il pubblico americano.
Polansky spiazza il lettore tradizionale abituato a romanticherie tutte
occidentali, con tematiche e soggetti fuori dagli schemi: rom, zingari,
barboni, pugili…
Si, perché sono temi rari. I lettori sono più interessati ad ascoltarli. Oggi
buona parte della poesia almeno in America, tratta della tragica vita amorosa
del poeta. I lettori si annoiano a leggere queste storie senza fine, che sono
fondamentalmente identiche. Zingari, pugili, vagabondi hanno ancora storie
universali da raccontare, in grado di colpire il lettore. Ogni volta che leggo
le
mie poesie a studenti della scuola superiore in Italia, succede che gli
insegnanti vengono da me e dicono che questa è la poesia che dovrebbero
insegnare. Dicono questo perché i loro studenti restano entusiasti e coinvolti
mentre trovano noiosa la poesia classica insegnata a scuola. Per quanto grandi
siano i poeti classici come Dante, gli studenti oggi non riescono a stabilire un
rapporto con essi.
Hai avuto mai problemi con i poeti o i critici dell'establishment che ti
hanno fatto critiche riguardo alla metrica, al ritmo, alla lunghezza del
verso e cose simili?
Si, certamente. Alcuni poeti e critici non considerano la mia poesia, poesia,
neanche antipoesia. Questo non mi disturba. Scrivo per raccontare una storia.
Tutte le mie poesie potrebbero prendere la forma di racconti, persino novelle.
Faccio molta attenzione alle allitterazioni e all'eufonia perché queste mi
arrivano naturalmente, proprio come le mie storie. Il poeta francese Frances
Combes dice della mia poesia: "È il tipo di poesia che amo. Efficiente, saggia
e talvolta ironica. Soprattutto testimonianza umana. Questa è la poesia di cui
abbiamo bisogno in questi tempi di divertimento massmediale e di
brutalizzazione della mente. Poesia fatta non solo di parole ma di vita. Ora
penso che le poesie debbano essere vissute prima di essere scritte."
A cosa serve l'ironia? Mi pare che essa non manchi nei tuoi scritti.
La mia poesia deriva da esperienze vere. E ne ho avute parecchie. Sebbene i
miei temi siano centrati sull'ingiustizia e sull'ipocrisia, spesso vedo queste
cose attraverso il filtro dell'ironia piuttosto che con la rabbia. Ho visto
persone
morire nelle mie braccia. Ho visto centinaia di persone cacciate dalle loro case
saccheggiate e distrutte. Mi succede di descrivere le storie così come le
persone le hanno vissute; altre volte uso la lente dell'ironia o dell'umorismo
nero. L'ironia è una forma più sofisticata della rabbia. I lettori sono stanchi
di
poeti e attivisti che battono semplicemente sulla grancassa della politica.
L'ironia fa arrivare lo stesso messaggio ma in un modo più interessante, serve
anche ad erodere l'ipocrisia.
Come mai non sono stati ancora pubblicati in Italia: Living through it
twice (scritto nel 1998), libro che ha segnato una tappa importante nella
tua vita, e la raccolta di testimonianze orali Black Silence scritto
nell'autunno del 1998?
Innanzitutto questi libri dovrebbero essere tradotti in italiano e questa
operazione costa denaro che oggi manca a molti editori. Un'altra ragione è che
gli editori non vogliono investire molti soldi in un sentimento di solidarietà
per gli zingari. Le case editrici temono che il pubblico non comprerebbe libri
che parlano di zingari. Cosi l'ignoranza sugli zingari è alimentata proprio da
quelle stesse persone (gli editori) che dovrebbero educare il pubblico.
Vivere nell'epoca della globalizzazione ti reca qualche disagio? Come ti
contrapponi ai mali della globalizzazione? Come ti poni nei confronti dei
movimenti antiglobalizzazione, contro la guerra?
Ho lasciato l'America nel 1963 a causa della Guerra del Vietnam; credo che
da allora non sia cambiato nulla. L'America ancora crede nell'impero, nella
guerra, nell'essere il poliziotto del mondo. Oggi il complesso militare-industriale insieme alle lobby israeliane regna sulla politica estera americana.
La globalizzazione ha solo contribuito a rendere le imprese americane più
ricche e il mondo più povero. I problemi che ne derivano sono difficili da
descrivere con la poesia a meno che non si racconti la tragedia attraverso la
storia di un individuo piuttosto che attraverso una diatriba politica. La poesia
può raggiungere la gente, e in modo speciale i giovani, più velocemente di
qualsiasi altra forma di comunicazione, fatta eccezione forse per il video.
Persino il video è troppo lungo qualche volta. La poesia breve può svegliare le
persone più di qualsiasi altra cosa.
Leggendo le tue poesie mi sono accorto della ricchezza e della varietà
dei temi trattati. Non c'è il rischio che tu venga conosciuto solo come il
poeta che difende i diritti umani, in particolare dei Rom?
Ho più di 3000 pagine di poesia non pubblicate che non parlano di diritti
umani o di zingari. Una delle mie collezioni non pubblicate parla dei miei
giorni passati a fare trekking sul dorso di un mulo in Spagna alla ricerca di
sentieri perduti e dimenticati. Un'altra collezione tratta della mia gioventù
nella vecchia Madrid. Spero che un giorno la mia "Altra" poesia venga
pubblicata.
Puoi dirci brevemente perché hai dichiarato guerra all'ONU nel periodo
in cui ti sei occupato dei bambini di Mitrovica.
La missione ufficiale dell'ONU e delle sue agenzie è soprattutto quella di
difendere i diritti umani e in modo particolare i diritti dei bambini. Eppure in
Kossovo ho visto che l'ONU era presente solo per difendere i diritti degli
albanesi. Nei campi ONU dove ho vissuto con gli zingari, i diritti umani non
solo non erano rispettati ma erano invece violati da personale ONU,
specialmente dagli appartenenti ai livelli più alti. Nella mia esperienza la
maggior parte degli ufficiali dell'ONU è interessata esclusivamente a
conservare il proprio posto di lavoro, la propria sicurezza, la carriera e la
pensione, piuttosto che al benessere delle persone che proprio loro dovrebbero
aiutare. Come si può rispettare una organizzazione come l'ONU che ha
lasciato vivere bambini in campi ONU costruiti su discariche tossiche per 12
anni? Sin dal primo anno i loro stessi dottori e in special modo l'OMS
(Organizzazione Mondiale della Sanità) e la Croce Rossa avevano avvertito
l'ONU che ogni bambino nato in questi campi avrebbe accusato danni
irreversibili al cervello e non sarebbe vissuto abbastanza per dar vita ad
un'altra generazione. L'ONU è gestita da politici disoccupati. Il cinismo, il
nepotismo e la corruzione finanziaria permeano i ranghi dell'organizzazione
rendendola in molti casi inutile.
Sette poesie
GLI IMBATTUTI
Esistono solo nei fumetti
Persino Marciano non restò imbattuto
Rocky perse fuori dal ring
Perché evitò Kid Rivera
Nella vita reale non puoi evitare gli avversari
specie i peggiori: la famiglia e gli amici
La vita non è un incontro dilettantistico di tre round
ma un campo di sterminio dove fai cose cattive
per sopravvivere
Una lotta a mani nude in un porcile
Senza un gong o un arbitro a salvarti
Ho più cicatrici sull'anima che attorno alle sopracciglia
……………………………………….
………………………………………
Puoi vincere sul ring,
ma non vincerai mai
più di un round
nella vita
…………..
CACCIA GROSSA
Una domenica del 1967
ci allontanammo dalla spiaggia alla ricerca
di una senda sopra Sierra Cabrera
Molti sentieri portavano a
fattorie abbandonate e
a due villaggi semideserti
Eppure ci vollero quattro ore
per trovare un sentiero
e superare lo spartiacque
Nessuna capra di montagna in vista
né bighorn
neanche un cinghiale selvatico
Solo una pernice dalle zampe rosse
che planava giù
per i pendii spogli.
…………………………….
…………………………….
Dopo aver abbeverato i cavalli
stavamo per tornare indietro
quando arrivò la Guardia Civil
Un ufficiale si sporgeva
con un binocolo
dal finestrino della jeep verde
Dietro c'erano quattro guardie
e ciascuna aveva un fucile
con il mirino
L'ufficiale chiese
se avevamo visto
qualcuno sulla vetta
Non mi piacevano i suoi
baffetti ben curati
quindi dissi di no
In seguito venni a sapere che alcuni fuggitivi
repubblicani ancora erano
nascosti nelle sierras dal 1939.
Un cacciatore del posto mi disse:
"questa è l'unica caccia grossa
che ci è rimasta.
PENSAVO DI ESSERE UNA SOPRAVVISSUTA
Sono sopravvissuta alle bande della gioventù hitleriana
scappando a Praga
Dopo che mi hanno portato a Lety
sono sopravvissuta
fame
fucilazioni
iniezioni letali
squadre di lavoro
pestaggi
stupri
tifo
e annegamenti
nel fusto di acqua piovana
Dopo la guerra
volevo una vita migliore
ed ho sposato un uomo bianco
Solo uno dei miei otto figli
ha ereditato la mia pelle scura di zingara.
Ora lui è in ospedale
a riprendersi da due operazioni
dopo che gli skinheads
lo hanno impalato su un palo metallico
Non so se sto vivendo
nel 1936 o nel 1995.
Pensavo di essere sopravvissuta,
ma credo di aver solo
barcollato senza arrivare da nessuna parte
SACCHI PER CADAVERI
I sacchi per cadaveri
che la polizia ha usato
per portare fuori
gli studenti morti
sembravano
gli stessi sacchi di plastica nera
che l'esercito usava
per riportare dal Vietnam
i corpi dei miei
compagni di scuola
un anno dopo
il nostro
diploma
Sfortunatamente
non credo
che i sacchi per cadaveri
andranno mai
fuori moda
in America
per gli studenti
delle scuole superiori.
IL POZZO
Mi presero al mercato
dove la mia gente una volta vendeva i vestiti
e dove ora gli albanesi praticano il contrabbando
Quattro uomini mi gettarono sul sedile posteriore
di una lada blu urlando "Lo abbiamo detto
niente zingari a Pristina"
Mentre mi spingevano sul fondo
sentivo la canna della pistola sull'orecchio sinistro
Era così fredda che sussultai proprio mentre qualcuno premette il grilletto
Il sangue mi schizzò su un lato della faccia
dalla ferita sulla spalla
Caddi fingendomi morto
Pregai la mia amata madre morta tutti i
Mulos9 affinché questi uomini non si accorgessero da dove
fuoriusciva il sangue
Quando arrivammo
mi tirarono fuori per i piedi
La testa si schiantò sul terreno
rimbalzando sulle pietre
Mi gettarono a testa giu in un pozzo
Non raggiunsi mai l'acqua
C'erano troppi corpi
Giacevo rannicchiato quasi incosciente
finchè la puzza e il bruciore della calce viva
non mi fecero rinvenire
………………………..
………………………….
A mezzogiorno stavo camminando
attraverso un bosco seguendo un sentiero per carri
che nessuno usa più
Tranne gli zingari
che fuggono da un paese
in cui hanno vissuto
per quasi
settecento anni
UNA SCUOLA SPECIALE
Ho sempre saputo che mia figlia era brillante
Faceva disegni pieni di dettagli
memorizzava tutte le canzoni dei nostri antenati
suonava il piano prima di avere cinque anni
Per cui fui sorpreso quando l'insegnante venne
a casa nostra e ci disse
che nostra figlia non era pronta per la scuola
Il suo ceco non era abbastanza buono
aveva bisogno di aiuto con la grammatica
Mia moglie disse che tutti a sei anni
hanno bisogno di aiuto con la grammatica
Il preside accettò di incontrarci
disse che nostra figlia era una bella bambina
ma sarebbe stata l'unica zingara nella sua classe
Alla fine acconsentimmo
Firmammo il foglio
Non volevamo che la nostra bambina fosse maltrattata
Ma ora quando la porto a piedi a scuola
e vedo la targa sull'edificio
mi si spezza il cuore
Perché non ci hanno detto
che la sua scuola speciale
era un centro per
ritardati mentali
FERMATA D'AUTOBUS
Io e mio marito
avevamo finito di fare le compere
ed eravamo alla fermata dell'autobus
quando arrivò questa macchina.
mio marito era andato presto in pensione
perché non riusciva a vedere bene
A me non va molto meglio ma vidi che gli uomini
che scendevano erano gadzos10
Quando mi svegliai in ospedale
avevo un braccio rotto
il naso rotto e
avevo perso tutti denti anteriori
Eppure ce l'ho fatta ad andare
al funerale
di mio marito
NOTE
Da metà marzo a tutto aprile, Paul Polansky è in tournee in Italia. A
fine marzo sarà in Lombardia.
Contattatemi per
organizzare un reading nella vostra città. Calendario provvisorio:
In Una figlia parla, Boxing Poems, Volo Press,
Lonato (BS).
Le poesie "Caccia Grossa"(1999),"The Well", "Pensavo di Essere una
Sopravvissuta", "Sacchi per Cadaveri",
"Il Pozzo", "Una Scuola Speciale", "Paradiso e Inferno", "Il Presidente del
Kossovo", "Gli
Imbattuti", sono incluse in Undefeated, P. Polansky, trad. e cura di Valentina
Confido, Multimedia Edizioni,
Baronissi (SA) 2009.
Polansky: "il governo ceco avvertì il mio editore di Praga, un ebreo slovacco,
che sarebbe stato espulso
dal paese se avesse pubblicato un altro mio libro. Tutte le copie furono
comprate da Prince Karel Schwarzenberg,
il cui padre aveva fondato il campo di Lety. Quest'ultimo usava gli ebrei e gli
zingari come schiavi
durante la guerra e i cechi-tedeschi come schiavi dopo la guerra fino a quando
le sue proprietà non furono
confiscate dal governo comunista nel 1948. Prince Karel Schwarzenberg oggi è il
ministro degli esteri della
Repubblica Ceca e il candidato favorito alle prossime elezioni presidenziali."
(da un messaggio elettronico
del poeta).
Polansky: "The only poetry techniques I have in my poetry are alliteration and
euphony (like the old Viking
poetry), both of which come naturally to me … like many other themes." (ibid.).
Il riferimento è alla strage di Columbine nel Colorado (inverno 1999).
Jonathan Swift, Una modesta Proposta.
Estratti di Stray Dog si possono trovare in
Undefeated, P. Polansky,
Multimedia Edizioni Baronissi (SA), a cura di Valentina Confido
Polansky definisce gli zingari con il nome che loro stessi si danno. Se sono
rom, kale, sinti… li identifica
con questi nomi, quando parla in generale usa la parola "zingaro" che è quella
compresa da tutti. Si può approfondire
il tema consultando il libro La mia vita con gli zingari, P. Polansky Ed.
datanews.
Mulos: spiriti di zingari defunti a cui non è stato ancora concesso di entrare
nel regno dei morti.
Gadzos: in lingua Romani, il termine indica i non Rom.
23 marzo: Libreria delle Moline a Bologna (sera,
orario da definire)
31 marzo: Circolo ARCI
via d'Acqua a Pavia, alle 21.00
2 aprile: CAM delle Gabelle a Milano, alle 21.00 (gli
eventi di Pavia e Milano sono organizzati da FAREPOESIA, LA
CONTA e MAHALLA, a breve il programma completo)
13 aprile: Università di Cagliari alle 18.00, evento
sponsorizzato dall'Unicef
Le Nazioni Unite, tramite Patricia O’Brien, sottosegretaria agli affari legali,
hanno respinto un reclamo di 155 Rom IDP (Persone Internamente Disperse, ndr)
in Kosovo, dove furono rilocate su un terreno contaminato dal piombo, dalle
agenzie ONU, UNMIK compresa, in base all'errato ragionamento che il reclamo è
piuttosto un attacco all'amministrazione UNMIK del Kosovo, e non una pretesa di
diritto privato. Per cinque anni e cinque mesi sino al 25 luglio2011, l'ufficio
affari legali dell'ONU non ha intrapreso nessuna azione.
La comunità Rom compilò il reclamo il 6 febbraio 2006, in base alla
risoluzione dell'assemblea 52-247, che diceva chiaramente:
9. Decide anche, nel rispetto dei reclami di terze parti contro
l'Organizzazione per lesioni personali, malattia o morte da operazioni di peacekeeping,
che:
(a) Tipologie risarcibili di danni o perdite saranno limitate alla
perdita economica, come spese mediche o riabilitative, mancati guadagni,
perdita di sostegno finanziario, spese di trasporto associate al danno,
malattia o assistenza medica, spese legali o di sepoltura...
Il reclamo presentato dai Rom riguardava chiaramente lesioni personali,
malattia e morte, causate dall'avvelenamento da piombo a cui i bambini e le
famiglie furono soggetti causa la sistemazione su terreno contaminato. La
richiesta era di affermare le responsabilità UNMIK in quanto in quel periodo era
gestore dell'amministrazione ad interim del Kosovo. Mentre l'UNMIK ha fatto, a
detta di diverse agenzie ed autori, sicuramente agito male come amministrazione
ad interim, la risposta richiesta in base alla risoluzione 52-247 era
chiaramente riferita ai danni e perdite subite dai Rom, quindi una pretesa di
diritto privato come previsto dalla risoluzione stessa.
L'ONU ha giustificato il proprio comportamento affermando che l'intera area
di Mitrovica è contaminata dal piombo, e difatti è così. Tuttavia, i Rom hanno
dimostrato come fossero stati costretti ad abbandonare un sito a bassa
contaminazione, per essere rilocati in un altro ad alta contaminazione,
dopodiché i livelli di piombo nel loro sangue erano diventati molto più alti di
quelli della popolazione circostante, inoltre l'OMS aveva richiesto
ripetutamente l'immediata evacuazione a causa dei gravi rischi per la salute. L'UNMIK
non ha mai intrapreso nessuna azione. Ora, in base a false argomentazioni,
declinano ogni responsabilità.
E' un giorno vergognoso quando la principale organizzazione dei diritti umani
nega persino l'apparenza della giustizia ad una delle minoranze più abusate del
mondo.
Per ulteriori informazioni, contattare: Dianne Post, Attorney -
postdlpost@aol.com
602-271-9019 (USA)
Per scaricare la risposta ONU (testo in inglese e formato .pdf)
QUI
Di Fabrizio (del 06/06/2012 @ 09:17:15 in Europa, visitato 2448 volte)
Segnalazione di Giancarlo Ranaldi. BAIA MARE un anno fa
Esclusiva di EVZ.RO: Auschwitz a Baia Mare. 2.000 Rom spostati
dal sindaco Cherecheş nella Fabbrica della Morte piena di sostanze chimiche
- di Bogdan Eduard - 4 giugno 2012 (scusandomi per la traduzione
zoppicante, ndr.)
Immagine ripresa da un camion sotto la pioggia torrenziale: bambini e
genitori - Le foto sono di COSMIN MESAROȘ
Volendo dimostrare a tutti di mantenere la sua promessa elettorale di
liquidare la zona Craica, popolata da circa 2.000 Rom, il sindaco ha deciso di
spostare le prime famiglie durante la notte. Dopo aver minacciato
l'intervento delle ruspe per radere al suolo la colonia se non si fossero mossi.
il sindaco è entrato in azione. Coadiuvato dalla polizia locale e dalla
gendarmeria, Cherecheş ha spostato a forza sotto la pioggia battente nel blocco
che per anni ha funzionato come laboratorio chimico delle nota Phoenix,
la "fabbrica della morte". Dopo il 1990 il nome venne cambiato in
Cuprom, e venne chiusa nel 2006, dato che era il più grande inquinatore di
Romania, dopo il Combinatul di Copşa Mică.
Una volta all'interno del blocco dove sono stati ricavati i loro alloggi, i Rom
hanno trovato sulle porte dei pezzi di giornali su cui era indicato il nome
della famiglia assegnataria. Nessuno voleva credere che si trattasse di una
sistemazione definitiva. Le camere sono state dipinte in fretta, ma negli
armadi metallici ci sono ancora i contenitori dei prodotti chimici
di 15-25 anni fa, la polvere dei forni e le altre cose utilizzate nel
laboratorio chimico.
Non solo: la sinistra atmosfera di campo di sterminio veniva suggellata da
segnali che riproducevano il teschio di "pericolo di morte" o "miscela
di sostanze chimiche proibite", che ancora rimangono su porte e
finestre del laboratorio.
Molte stanze sono segnalate con cartelli di pericolo ed al loro interno sono
conservate sostanze tossiche
L'operazione è durata sino a sera. I Rom, dopo aver visto le condizioni,
volevano lasciare il blocco, ma è stato impedito loro dalla polizia locale.
Trasferimento forzato il primo giugno
Infine, impossibilitati ad andarsene, si sono riposati. Assegnate le stanze,
hanno steso a terra i materassi. Però, a mezzanotte i primi sintomi. Nausea,
vomito, vertigini, mal di testa.
Bambini sdraiati nella "nuova casa"
I più colpiti erano i bambini. Nella notte è stato dato l'allarme. Le ambulanze
hanno fatto la spola verso l'ex laboratorio chimico. L'ospedale dice che sono
stati portati al pronto soccorso otto bambini e due adulti. Altre fonti parlano
di tredici bambini e un adulto.
Per il rappresentante ISU si è trattato di circa 11 bambini e un adulto.
Sono state applicate loro maschere facciali per l'ossigeno. Rom e giornalisti
presenti fanno il conto di 22 bambini e due adulti intossicati in totale.
L'ospedale di Baia Mare dice che l'avvelenamento è rientrato ed è stato permesso
loro di tornare a casa.
Mercoledì mattina, è scoppiato un nuovo scandalo alla Cuprom di Baia Mare,
[...]. Dopo la notte insonne, i Rom sono stati messi in strada da
polizia e gendarmi, per controllare i documenti. I Rom la considerano
l'ennesima provocazione del sindaco, in vista della prossima tornata elettorale
distrettuale. [...]
"Evenimentul zilei"
è stata l'unica pubblicazione che è riuscita ad ottenere fotografie dei
contenitori delle sostanze chimiche, abbandonati dopo la chiusura del Combinatul
Cuprom. Sono tutte sostanze estremamente nocive, senza contare che i
bambini rom corrono a piedi nudi tra i mucchi di polvere contaminati e le acque
reflue.
Acido acetico (-glaciale) è un acido debole
e incolore, dall'odore irritante. E' altamente corrosivo.
Acido solforico H2SO4 (in foto), è un acido
minerale molto attivo. Aggiungendovi acqua, può iniziare a
bollire e spruzzare gli astanti.
Fanghi anodici sono un sottoprodotto della
raffinazione elettrolitica del piombo.
Contenitori utilizzati nel laboratorio chimico sino a pochi anni fa
La guerra degli SMS tra il sindaco e il patriarca
Mentre le ambulanze arrivavano al "blocco chimico" si svolgeva uno scambio di
SMS tra Rom e sindaco: "Cos'è che uccide? Ci sono degli intossicati! Chiamate le
ambulanze!" Il sindaco ha replicato con un altro messaggio: "Hanno avvelenato
una città pulita. Se va male, vi soccorriamo, altrimenti si risparmia!"
Il capo del partito Romilor, Carol Jurisniez, detto "Pise", ha fatto
alla stampa sconcertanti dichiarazioni sui soldi che il sindaco avrebbe
offerto per comprare i voti dei Rom. Il sindaco Cherecheş ha replicato
che è tutta una messa in scena [...]. Riguardo alle accuse di corruzione
elettorale, ha detto di non aver dato soldi ai Rom, anche se il loro capo
afferma il contrario.
In questo momento, la situazione a Baia Mare tra Rom ed autorità è di estrema
tensione. La notte scorse, le auto della polizia e della gendarmeria
pattugliavano la città.
I Rom di fronte al vecchio laboratorio
Sindaco e tra quattro anni presidente delle Romania?
Cătălin Cherecheş, sindaco uscente di Baia Mare, è in corso per un altro
mandato, godendo del 93% dei favori secondo i sondaggi. Già membro del PSD, da
cui è stato espulso. Per quattro anni è stato un parlamentare indipendente, e
l'anno scorso è stato eletto sindaco di Baia Mare dopo l'arresto del sindaco Cristian
Anghel (liberale).
Cherecheş si è iscritto al PNL e si candida con l'USL. Da
tempo sta rilasciando dichiarazioni ad effetto, "andandosele a cercare" come
dice la gente. Si dice anche che tra quattro anni potrebbe essere il presidente
della Romania.
"Hanno avvelenato una città pulita. Se va male, vi soccorriamo,
altrimenti si risparmia!" ha suscitato uno scandalo internazionale.
Per il sindaco di Baia Mare non è il primo scontro con i Rom della città.
Cătălin Cherecheş generò uno scandalo internazionale l'anno scorso, quando venne
eretto un muro alto 2 metri attorno a diversi isolati abitati dai Rom. Venne
definita da France Press la "Grande Muraglia Zingara", suscitando proteste in
tutto il mondo. Protestò anche l'ambasciata americana, e l'ambasciatore
venne a Baia Mare in visita lampo per discutere col sindaco. Negli
ambienti a lui vicini si loda il sindaco dicendo che con tre mattoni ha ottenuto
una fama internazionale alla città.
PREMIO NEGLIGENZA CRIMINALE: disonora quell'organizzazione che chiuse
occhi ed orecchie alla sua dichiarazione di missione ed attraverso
compiacimento, incompetenza ed insensibilità ignorò la salute ed i diritti umani
dei bambini che aveva in cura, facendo che molti di loro morissero.
Anche se questi anti-premi sono normalmente assegnati ad individui od
organizzazioni, questo viene condiviso per ogni singola persona che abbia mai
lavorato per l'UNHCR in Kosovo, eccetto per uno: David Riley, il primo capo
dell'UNCHR in Kosovo. Se fosse sopravvissuto, sono certo che questa tragedia non
sarebbe mai successa.
Nel settembre 1999 David aiutò più di 50 IDP Rom/Askali a fuggire dal Kosovo
verso la Macedonia, contro le intenzioni dell'ONU di tenerli sui terreni tossici
vicino a Oblic. Più tardi sempre quel mese, David, come capo dell'UNHCR si prese
cura di altri 600 IDP Rom/Askali che i locali albanesi avevano cacciato da
Mitrovica sud: li sistemò in poco tempo in rifugi temporanei a Mitrovica nord.
Sapendo che anche questi IDP erano ospitati su terreni contaminati, David
promise che avrebbero potuto fare ritorno alle loro case in 45 giorni o mandati
all'estero come rifugiati. Nonostante tutti i suoi sforzi per farli ritornare
nelle loro case o trovare una sistemazione alternativa in altre città del
Kosovo, David venne ostacolato da minacce da parte dell'ALK che gli Albanesi non
volevano "zingari" in Kosovo. Quando David tentò di mantenere la sua promessa di
portarli all'estero come rifugiati, il suo piano ottenne il veto dal quartier
generale dell'UNHCR a Ginevra, che disse che questi "zingari" non erano
rifugiati. Un mese più tardi, il 20 gennaio 2000, il cinquantenne David Riley
moriva per un attacco cardiaco nel suo appartamento a Pristina.
Dennis McNamara, Neozelandese di 54 anni, prese il posto di David, ma rifiutò
di discutere con me le sofferenze di questi poveri Rom/Askali, nonostante fosse
l'Inviato Speciale per gli Affari Umanitari delle Nazioni Unite, Direttore
Regionale per l'Alto Commissario per i Rifugiati delle Nazioni Unite, e Vice
Amministratore Capo delle Nazioni Unite in Kosovo. Anche se McNamara avrebbe
continuato a predicare per anni nelle conferenze internazionali sugli "IDP
dimenticati e negletti, vittime di conflitti mondiali", non tentò neanche una
volta di salvare questi IDP Rom/Askali di Mitrovica dalla loro catastrofica
situazione.
Fondata nel 1950 con uno staff di sole 35 persone, nel 1954 l'UNHCR ottenne
il Premio Nobel per la Pace per l'aiuto fornito agli europei dispersi dalla
guerra. Oggi l'UNHCR ha un budget annuale di2 miliardi di $ ed uno staff di
6.650 persone, incluse 740 nel quartiere generale di Ginevra. Ma dato che hanno
fermamente rinunciato in nove anni di tutela di evacuare e curare questi bambini
dei campi di Mitrovica (come richiesto dall'Organizzazione Mondiale della
Sanità), ora disonoriamo l'UNHCR per negligenza criminale.
Angelina Jolie
(immagine da
solcomhouse.com) Angelina Jolie (al centro) nel dicembre 2002 di fronte
alla distrutta Mahala rom di Mitrovica, una volta la grande comunità zingara in
Kosovo.
IL PREMIO TESTA VUOTA DI HOLLYWOOD: disonora quell'attore o quell'attrice di
Hollywood che si lasciano usare per coprire un crimine, come si è fatta usare
Angelina Jolie dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati per
coprire le enormi negligenze verso i bambini dei campi zingari nel nord del
Kosovo.
Nata nel 1975 a Los Angeles, California, Jolie (nata Voight) ha ricevuto tre
Golden Globe Award, due Screen Actors Guild Award, un Academy Award ed adesso
questo Heroes Award dall'ONU per aver permesso l'uso del suo nome e della sua
fame per coprire il peggior trattamento infantile d'Europa.
Gli Ambasciatori della Buona Volontà ONU come Jolie pensano di agire per il
bene. Ma in realtà vivono una vita di auto-inganno. Raramente si chiedono cosa
stanno davvero vedendo. Come ha potuto Jolie visitare nel dicembre 2002 come
Ambasciatrice della Buona Volontà ONU questi campi rifugiati romanì e non vedere
i 100 milioni di tonnellate di scorie tossiche attorno a questi campi? Come ha
potuto stare di fronte alle rovine del loro vecchio quartiere e non chiedere
cos'era successo a quelle persone? Perché le loro case erano distrutte? Perché
non potevano tornarci? Cosa stava facendo l'ONU per aiutarli?
Perché Jolie non ha visto che l'ONU aveva interrotto tutti gli aiuti alimentari
ai campi, obbligando le famiglie a trovare il loro unico pasto nei cassonetti
dell'immondizia. E perché ha donato dei fondi all'ONU per costruire una fossa
biologica e toilette alla turca per mantenere questi rifugiati su terreni
contaminati? Quand'è che il compiacimento diviene negligenza, e quando la
negligenza finisce nell'insensibilità inutile, e poi nella deliberata
indifferenza per innocenti vite umane, com'è pratica dell'ONU in questi campi?
Jolie era lì, ha visto. Poteva non vedere cosa stava succedendo a questi bambini
che avevano i più alti livelli di piombo nella storia medica, dato che i
risultati degli esami sanguigni vennero rivelati a novembre 2000? Ha dovuto
vedere che quei bambini non agivano normalmente.
Non ha sentito Jolie di madri che si procuravano l'aborto bevendo medicine
contro i pidocchi o mischiando lievito alla birra per uccidere il feto, perché
non volevano più bambini nati con danni irreversibili al cervello? Dov'erano le
sue guide ONU, i suoi interpreti?
Jolie deve aver visto i bambini malnutriti. Perché non ha donato cibo invece di
toilette? Se non mangi, non caghi. Otto anni dopo la sua visita, perché Jolie
non si chiede cos'è accaduto a quei piccoli cari zingari che ha visto? Sarebbe
scioccata a sapere che sono ancora su terreni contaminati (quelli che sono
ancora vivi)? Perché non ha chiesto allora (e adesso) cosa intendeva fare l'ONU?
Come ha potuto essere così ignorante? Perché Jolie ha contribuito a tutto ciò.
Perché ha donato denaro per far sì che restassero lì. E' quello che si chiama
una Testa Vuota di Hollywood... ed è per questo che si è meritata un
Anti-Premio.
Mentre i Rom di tutto il mondo hanno celebrato l'8 aprile la loro Giornata
Internazionale, in Kosovo, nei fatti, c'era ben poco da celebrare.
Questi bambini di Cesmin Lug e del Campo di Osterode nel Kosovo, chiedono di
avere salvate le loro vite dall'avvelenamento nel sito più tossico dell'Europa
orientale, dove sono stati piazzati dalle Nazioni Unite (vedi
QUI ndr). Nella protesta, i loro striscioni proclamavano "Dio ci salvi
dall'UNHCR" e "Benvenuti nell'inferno di Kouchner", mentre altri chiedevano
di essere salvati dall'avvelenamento da piombo. Accusavano Bernard Kouchner, ex
Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite ed ora
Ministro degli Esteri francese, di aver fallito di salvarli come aveva promesso.
Attualmente ci sono 83 morti tra quanti vivono in questi campi.
Per aver installato nel 1999 i campi rom a Mitrovica nord in un territorio
con concentrazione di
piombo molto alta, dove ancora vivono i Rom, l'UNMIK è
responsabile per aver esposto i Rom ad alte concentrazioni di piombo.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha testato i livelli di piombo nel sangue
dei bambini ed i risultati mostrano che il campo rom di Osterode è libero da
piombo, ma questi risultati non sono mai stati mostrati in pubblico e nemmeno ai
genitori dei bambini esaminati. I rappresentanti rom avevano chiesto alle locali
istituzioni sanitarie di Mitrovica di controllare i livelli sanguigni dei
bambini nei campi rom a Mitrovica. I test sono stati condotti nell'aprile 2008,
al campo di Osterode sono stati testati 51 bambini e nel campo di Cesmin Lug, 53
bambini. I risultati dei test mostrano che la contaminazione da piombo è ancora
alta, anche se dal 2006 sono stati fatti grandi sforzi investiti nel decrescere
o curare il piombo. Anche dopo azioni come il rilocare i Rom dai campi di
Kablare, Zitkovac e Cesmi Lug al campo Vojni Remont/Ostorode libero da
inquinamento. Questi recenti risultati mostrano che tutte le azioni precedenti
sviluppate con l'intenzione di diminuire la contaminazione da piombo non hanno
portato molti risultati. L'UNMIK lavora, ancora con grande perentorietà, per
rilocare i Rom da Cesmin Lug al campo "più salubre" di Osterode. D'altra parte
quel che vogliono i Rom, non è la rilocazione da un campo inquinato all'altro (Osterode)
ma case definitive e sicure per le loro famiglie. Se il livello di piombo nel
sangue supera i 10 dl/ml la situazione è considerata a rischio.
Test sui bambini di Osterode: su 51 bambini testati, 13 di loro sono
altamente contaminati al limite massimo e segnati come "alti".
14 bambini hanno una concentrazione di 40 dl/ml
e solo uno ha 7,2
Campo di
Cesmin Lug: su 53 bambini testati, 7 di loro sono altamente contaminati al
limite massimo e segnati come "alti".
Di Fabrizio (del 25/08/2012 @ 09:10:43 in sport, visitato 1839 volte)
Vergogna a misura olimpica per l'Irlanda razzistaby Peter
Mc Guire - 17 agosto 2012
Il razzismo era alle porte quando gli eroi olimpici della boxe vinsero oro e
argento a Londra. E' stato sconfortante, prevedibile ed ampiamente condiviso.
Settimana scorsa, la pugile venticinquenne Katie Taylor ha conquistato
l'Irlanda con una performance mozzafiato al primo torneo olimpico di boxe
femminile, contestato e voluto per introdurre i Giochi. Taylor, figura di
grande ispirazione per lo sport, le donne ed il popolo irlandese molto
meritatamente hanno ottenuto grande attenzione dai media con quella medaglia
d'oro.
Non sempre la
copertura è stata positiva. Il quotidiano australiano The Age ha
risposto al successo di Taylor con una serie di pigri stereotipi irlandesi
"bevitori-di -punch", "la Guinness e il whiskey hanno mandato gli Irlandesi
fuori di testa" e, alla perplessità di molti, "[Taylor] è circondata da gente
che preferisce un punch ad una patata." Il giornale Usa Today ha
adoperato un po' di luoghi comuni ed imprecisioni nel suo pezzo sulla vittoria
di Taylor: "Nell'isola verde smeraldo, scorrono libere pinte di Guinness, forse
abbastanza per riempire il mare d'Irlanda. Gli scommettitori fanno girare le
sterline come fossero caramelle" (Tanto per iniziare, l'Irlanda usa l'euro e non
la sterlina. Ma comunque... )
L'ambasciatore irlandese in Australia si è indignato ed ha spedito una
lettera infuocata a The Age, costringendo il giornale a scuse
imbarazzate. Nel contempo, la reazione contro Usa Today ha portato ad
una similare ritrattazione.
Ma il razzismo peggiore non è stato diretto a Taylor, né è arrivato da un
maleducato opportunista sotto forma di giornalista straniero. La vera bile
proviene direttamente dal cuore stesso dell'Irlanda, contro la medaglia
d'argento nella boxe di John Joe Nevin. Lui potrebbe essere un eroe olimpico, il
golden boy della boxe irlandese, ma è anche un Traveller irlandese. I
TRaveller, che conducono uno stile di vita semi nomade, sono la comunità
minoritaria più antica d'Irlanda ed una minoranza significativa anche in GB.
Tutti sanno che è bene odiarli.
Come molte polemiche odierne, è cominciato tutto su Twitter. Poco dopo
l'argento di Nevin, un popolare ristorante di Dublino ha inviato un tweet
di scherno dicendo che presto la famiglia di Nevin sarebbe venuta per il piombo
e il rame, chiamandoli ladri. Lo scherzo è stato ampiamente diffuso via SMS. Il
ristorante è stato messo alla berlina per il suo razzismo estemporaneo, e
rapidamente ha espresso le sue poco convinte scuse. Ma non è trascorso molto
tempo che sono apparsi altri messaggi su Twitter, chiedendo dove fosse il
problema. Non vi siete divertiti? Non avete senso dell'umorismo? Alcuni hanno
suggerito che nel commento vi fosse un briciolo di verità, perché si sa che i
Traveller sono "zingari, ladri", usando una tipica diceria irlandese di
uso quotidiano.
Mullingar, città natale di Nevin, aveva applaudito il ragazzo prodigio della
boxe locale durante i suoi assalti olimpici. Traveller e locali si sono
mischiati, fianco a fianco, con l'entusiasmo che circondava Nevin ad abbattere
le molte barriere che dividono le due comunità. Alcuni l'hanno guardato nei pub
locali, ma la famiglia di Nevin non era tra loro; come membri della comunità
Traveller, è stato loro rifiutato il servizio. Molti pensano che sia stato
giusto così: un Traveller tra i tanti che erano nei pub, sembra abbia assalito
un barman - quindi a nessun Traveller è stato consentito entrare nei pub locali
(ovviamente, nel frattempo il resto astemio della città pregava piamente e senza
nessun screzio tra gli abitanti...).
Per inciso, la famiglia di Nevin è stata poi servita al bar The Covert
e, secondo tutti i testimoni, l'atmosfera era elettrica.
Nevin ha espresso disappunto per il razzismo diretto contro la sua famiglia,
ma ha detto di essere rincuorato per l'ondata di sostegno nella sua città
natale, e di voler mettere l'incidente alle spalle. Spera che la sua vittoria
possa costruire un ponte tra Traveller e stanziali.
Il divieto ad entrare nei bar (negozi, alberghi, parrucchieri) è un problema
comune per la comunità Traveller irlandese, ma è l'ultima delle loro
preoccupazioni. Negli ultimi anni, i governi hanno selvaggiamente tagliato i
servizi educativi di base per migliaia di bambini traveller - bambini che non
hanno scelto di nascere in una comunità così insultata e diffamata. Ha così
chiuso la porta alla possibilità di una vita decente per molti, e non ci sono
voci di ripensamenti.
Ci sono circa 30.000 Traveller in Irlanda. I
dati mostrano che le donne traveller vivono 11,5 anni meno del resto della
popolazione, mentre per i maschi la differenza è di 15 anni. I Traveller sono
svantaggiati nell'accesso ai servizi sanitari. I suicidi sono sei volte maggiori
rispetto al resto della popolazione. Significativamente più alta anche la
mortalità infantile.
Sino agli anni '90, i Traveller sono stati segregati dal sistema scolastico
di massa, molte madri che hanno tentato prima di allora che i loro figli fossero
istruiti, non si sono trovate sostenute dallo stato. L'eredità dello svantaggio
educativo, come in molte comunità della working-class, e che se i
genitori sono analfabeti, i figli non ricevono lo stesso supporto dei loro
coetanei delle famiglie più agiate, e c'è poca o nessuna tradizione di
istruzione. L'analfabetismo tra i Traveller è ancora alto in Irlanda.
L'argomento che uno stile di vita nomade è incompatibile con l'educazione
standard è un non senso: molti paesi, inclusi
Kenya e
Mongolia, sono riusciti a fornire un sistema di istruzione per nomadi. Non
c'è ragione per cui l'Irlanda non possa usare un semplice sistema di centri
educativi in rete per bambini traveller.
In ogni caso la questione è del tutto discutibile, dato che effettivamente la
maggior parte dei Traveller è stata forzata a stanzializzarsi ed integrarsi.
Nevin è stanziale. Ma anche comportandosi al meglio, essere identificati di
provenienza traveller chiude le porte - come si è visto col trattamento
rimediato da Nevin. I Traveller sono obbligati in siti autorizzati, ma i servizi
di base sono regolarmente sotto gli standard richiesti. Spesso ci sono
commissioni e rapporti sulla questione, ma uno dei più recenti ha dovuto essere
rilanciato, due anni dopo la sua pubblicazione, causa il mancato interesse.
La disoccupazione è diffusa, sono in pochi che offrirebbero lavoro ad un
Traveller, ma i Traveller sono regolarmente etichettati come sfruttatori del
sussidio di disoccupazione. Comprensibilmente, forse, l'abuso di alcol è
superiore al resto della popolazione, Varrebbe la pena elencare il resto delle
statistiche, se importasse a qualcuno, ma nessuno lo fa.
In Irlanda la discussione è sempre a senso unico. Il grido sprezzante della "PC brigade"
- come se la correttezza politica fosse una maledetta seccatura che ci impedisce
di offendere le persone vulnerabili - risuona ogni volta che un "liberal dal
cuore tenero" sottolinea la discriminazione, la diffamazione e la povertà
sistematiche patite dai Traveller, e la conversazione cambia immediatamente in
quello che io Traveller dovrebbero fare per essere accettati dalla comunità
stanziale: essere immuni da ogni macchia di reato, la piccola minoranza di
Traveller benestanti deve pagare le tasse, devono finire i feudi delle bande
traveller, e deve ridursi il problema della violenza domestica. Tuttavia, che
sorpresa, gli stessi problemi si registrano anche nella comunità degli
stanziali, come in alcuni settori della comunità traveller.
Però, se un Traveller commette un reato, la comunità stanziale reclama che
l'intera comunità traveller sia in qualche modo collettivamente
responsabile. Ai Traveller viene detto che sono loro, piuttosto che la polizia,
a dover affrontare i crimini commessi dai Traveller, o trovarsi di fronte
all'obbrobrio della nazione, e vedersi allora ignorati legittimamente le loro
reali esigenze sociali di salute, istruzione ed alloggio. Anche se possono
provarci - la rottura dell'omertà non è impresa da poco per le migliaia di
Traveller rispettosi della legge e che stanno lottando per tenere assieme le
loro famiglie - questa lotta tende a togliere spazio ai focus group,
all'attivismo di comunità e all'auto-riflessione.
Generazioni di Traveller, incluso Johnny Doran, la ben nota famiglia Furey ed i
Keenans, hanno dato un grande contributo alla musica irlandese, mentre la famosa
tradizione dei contastorie irlandese probabilmente sarebbe da lungo tempo
estinta senza il contributo dei Traveller. Il loro contributo è stato vitale
all'essenza stessa dell'Irlanda, ma è talmente trascurato che gli stessi
Traveller spesso non ne sono a conoscenza. Anche quando uno di loro come Joe
John Nevin, ottiene un risultato spettacoilare e monumentale, viene subito
rimesso al suo posto. Qual è il messaggio mandato ai bambini traveller?
Perché dovrebbero mostrare una qualche lealtà ad una società che, anche
se vincono la medaglia olimpica, sembra odiarli, escluderli e vilipenderli?
Agli stessi stanziali che sarebbero inorriditi per il tentativo di dipingere
neri o gay come se fossero un tutt'unico, non importa, o preferiscono ignorare,
il fatto che la maggioranza dei Traveller siano cittadini decenti e rispettosi
della legge. Pensano che sia perfettamente normale - addirittura divertente -
scherzare alle spalle di una minoranza oppressa, e considerare "buonista"
chiunque lo contesti (e senza riconoscere che burlarsi da una posizione di
privilegio di un popolo oppresso, non è umorismo ma bullismo). A loro non
potrebbe importare di meno che un essere umano decente, che non ha commesso
reati, affronti regolarmente miseria ed umiliazioni se vuole entrare in un
negozio, soltanto perché Traveller. Le persone che altrimenti pretendono la
decenza, sono indifferenti alle sofferenze di un bambino che impara presto
quanto il mondo lo odi. Questa è la spaventosa mancanza di empatia conseguenza
della disumanizzazione del razzismo.
Raramente, se non mai, la comunità stanziale è interessata nell'affrontare le
cause della comunità traveller, o confrontarsi con i propri pregiudizi. E' più
facile riproporre i pigri stereotipi e scrivere dei Traveller, in massa, come
bugiardi, truffaldini, ladri, alcolizzati, truffatori del welfare, [...] che
godono di una vita magnifica a spese dei contribuenti - ignorando tutte le prove
che mostrano chiaramente il contrario. Le conversazioni nei social media sono
dominate dalla diffamazione dei Traveller, anche da parte di persone colte, che
occasionalmente possono tacitarsi riconoscendo che può esistere un Traveller
onesto, se solo non fosse ricoperto da una pila di reprobi.
Questi pregiudizi sono così radicati che, per assurdo, le
organizzazioni per i diritti dei Traveller ogni volta che i media riportano
di un crimine commesso dai Traveller, devono sempre ripetere di aborrire il
crimine e che non tutti i Traveller sono la stessa cosa. Ma nessuno dovrebbe
sorprendersi che gli stessi meccanismi psicologici che portano alcuni
Ebrei ad auto odiarsi o alcuni gay ad interiorizzare l'omofobia, possano
appartenere anche ai Traveller.
Sono in troppi in Irlanda a ritenere che i problemi che affliggono la comunità
traveller siano causati da qualcosa di intrinsecamente sbagliato nella loro
stessa cultura ("I Traveller hanno una cultura?" ci si chiede, ignorando i molti
contributi positivi culturali e linguistici all'Irlanda), e che se fossero un
poco più simili a noi, allora tutto sarebbe a posto. Una nozione simile
presuppone che noi abbiamo il diritto di guidare i Traveller, e conformare in
tal senso le politiche pubbliche: la definizione stessa di razzismo.
Parlando di Olimpiadi, Nevin non è stato il solo campione di boxe a subire il
razzismo dalle mani dei connazionali. Dopo che Muhammad Ali vinse l'oro per gli
Stati Uniti nel 1960, in un ristorante a Louisville gli venne detto: "Qui non
serviamo negri." Fu così che Ali gettò la sua medaglia nel fiume. Tanto Ali che
Nevin sono stati abbastanza bravi per vincere medaglie olimpiche per il loro
paese, ma non bravi abbastanza per essere serviti in un luogo pubblico. Fu una
vergogna per l'America. Questa lo è per l'Irlanda.
Di Fabrizio (del 14/09/2010 @ 09:08:28 in Europa, visitato 3173 volte)
by Paul Polansky
[continua]
Dr. Sergey Shevchenko
(foto da
minority-net.net) Il Percorso della Salute del dr. Shevchenko costruito
accanto ai cumuli di scorie tossiche che attorniano i campi zingari. I cartelli
sono in inglese, serbo ed albanese. In inglese dicono: Inala l'odoure (sic)
della salute. E' una sfida per te. VINCILA. L'esercizio creato per un corpo
sano.
IL PREMIO "PERCORSO DELLA MORTE": disonora e disgrazia quel dottore ONU
che approfittò finanziariamente della costruzione di impianti sportivi su
terreni contaminati.
Non tanto tempo fa, chiesi ad un incaricato dell'UNMIK chi avrebbe perseguito
per questa tragedia dei campi zingari contaminati da piombo. Senza esitazione,
mi disse: 1- il dr. Kouchner per aver messo lì gli zingari; 2- Norwegian Church
Aid per aver amministrato i campi senza riportare un decesso o senza aver poi
protestato; 3- il dr. Shevchenko per essersi riempito le tasche di soldi con i
progetti sportivi realizzati su terreni contaminati.
Il dr. Shevchenko, un optometrista, era il dottore ONU incaricato di
Mitrovica nord, che includeva due dei tre campi originari (Cesmin Lug e Kablare).
Alcuni del suo staff dicono che è un russo originario di Vladivostok e gira con
un passaporto diplomatico russo, ma che vive oggi a Vancouver, BC, Canada. Però,
nel 2005 disse all'avvocato americano Dianne Post di avere passaporto canadese.
Ma la cattiva fama del dr. Shevchenko è dovuta al "Percorso della Salute".
Ispirandosi ad un parco della salute in Canada, Shevchenko costruì il suo
Percorso della Salute su un terreno contaminato tra i campi zingari di Kablare e
Cesmin Lug ed i 100 milioni di scorie tossiche la cui polvere per molti giorni
ricopriva i campi. Il dr. Shevchenko trasformò un vecchio sentiero di 1,5 Km. in
un percorso di jogging tossico ed installò anche barre per gli esercizi accanto
al cammino, più una rete da basket e due porte improvvisate da calcio. Pose
cartelli blu di due metri con scritte in bianco, firmati dall'ONU in tre lingue,
incoraggiando i locali a "respirare l'odore della salute". Gli esercizi, aprire
i polmoni, permette a più polvere tossica di entrare nel corpo, ma questo non
era menzionato sopra la firma dell'ONU.
Secondo il suo staff ONU, Shevchenko raccolse 66.000 euro per costruire
queste infrastrutture sportive, pagandole però ai contraenti locali che le
costruirono solo 10.000 euro. Incoraggiato da come fosse facile ottenere fondi
per "progetti zingari", il dottore-affarista Shevchenko scrisse allora un
progetto da 300.000 euro per costruire più baracche sui terreni contaminati per
rifugiati zingari, a favore dei rifugiati che l'ONU stava rimpatriando dalla
Serbia. Secondo il suo staff locale il nostro optometrista in orgasmo da
sviluppo aveva un contraente serbo locale che intendeva costruire le baracche
per 100.000 euro. Quando venne chiesto loro (il suo staff) su perché non
premessero per dar luogo ai lavori, mi dissero che avevano così paura di
perderlo. Shevchenko lasciò il Kosovo prima che il suo progetto dei baracche
venisse approvato.
KAAD (Kosovo Agency for Advacacy and Development)
IL PREMIO DIETA SPECIALE: disonora questa OnG di Pristina che ha
amministrato il campo zingaro di Osterode dal dicembre 2008, ma sta facendo
pochissimi sforzi per tenere in vita i bambini.
Non ho mai pensato che potesse esserci un amministratore di campi peggiore di
Norwegian Church Aid nel non curarsi se i bambini dei campi zingari vivessero o
morissero. Ma questa OnG albanese a contratto e finanziata dal governo del
Kosovo, potrebbe essere di parecchio peggiore. Ergin Salihi, bambino di nove
anni, è entrato ed uscito sette volte dall'ospedale negli ultimi anni per
insufficienza renale causata da malnutrizione e debolezza del sistema
immunitario causata da avvelenamento da piombo. Suo fratello Robert, cinque
anni, è in condizioni persino peggiori. Senza una dieta adeguata, dicono i
dottori locali, non vivranno a lungo. Sino a settembre 2009, KAAD ha fornito la
dieta speciale al costo di 7 euro al giorno. Da settembre, KAAD ha sospeso la
somministrazione dicendo di non potersela permettere.
Quando Human Rights Watch (l'OnG internazionale con base a New York) a
novembre 2008 visitò i campi, parlò con una dottoressa part-time del campo,
Javorka Jovanovic, che dichiarò che era impossibile distinguere tra cause
mediche dipendenti solamente dal piombo e quelle semplicemente collegate alla
povertà e alla deprivazione. Aggiunse che la combinazione dei due fattori
peggiorava sempre di più ogni condizione. Tuttavia, notava nei bambini su base
giornaliera i sintomi da contaminazione come rachitismo, nervosismo, fatica ed
epilessia. Disse che l'avvelenamento da piombo stava rendendo i bambini più
vulnerabili alle altre malattie.
La dottoressa Jovanovic sentiva che la cattiva salute dei bambini peggiorava
a causa della loro dieta. Molte, se non la maggior parte, delle famiglie vanno a
cercare il cibo nei container delle discariche cittadine. Nel 2002 ACT/NCA
interruppero tutti gli aiuti alimentari ai campi, dicendo che gli zingari ne
rivendevano una parte per comprarsi le sigarette. Gli zingari ammisero di
vendere alcuni degli aiuti, ma soprattutto per comprare le scarpe perché i
bambini potessero andare a scuola. Nondimeno, tutti gli aiuti alimentari vennero
fermati nel 2002.
Tutte le madri del campo si sono lamentate con KAAD sulle cattive condizioni
igieniche e per la dieta che sta esacerbando la situazione sanitaria dei più
vulnerabili, i bambini sotto i sei anni d'età e le donne incinte. La dottoressa
Jovanovic ha detto che la concentrazione di malattie nei campi rende la
situazione medica senza paragoni con nient'altro che abbia mai visto nei suoi 35
anni come dottoressa.
Anche se KAAD ed il governo del Kosovo non sono responsabili per la
costruzione di questi campi su terreni contaminati, furono gli Albanesi che
allontanarono gli zingari dalle loro case dopo che le truppe NATO francesi
avevano occupato la città. Punire ora i bambini nati lì dopo la guerra appare
una rivincita senza senso. Ma è quello che sta succedendo adesso. Altrimenti
perché KAAD dovrebbe interrompere la dieta speciale del novenne Ergin?
Sicuramente KAAD che mantiene uno staff di 42 persone ed è finanziata dal
governo del Kosovo può permettersi 7 euro al giorno per salvare Ergin ed i suoi
fratelli. Nessuno in Kosovo, KAAD specialmente, sembra comprendere che la
negligenza dolosa verso i bambini è un crimine.
Campi rom a Mitrovica: numerose famiglie vivono qui dalla fine della
guerra del Kosovo, dopo che le loro abitazioni sono state date alle fiamme.
Insediamenti rom nel Kosovo settentrionale: Europarat vede una "catastrofe".
Il delegato per i diritti umani Hammarberg: il rimpatrio dei rifugiati
equivarrebbe ad una violazione dei Diritti Umani.
Pristina – La situazione presente in due insediamenti rom nel Kosovo
settentrionale è definita da Europarat come una "catastrofe umanitaria
molto grave". Il delegato per i Diritti Umani di Europarat Thomas
Hammarberg, ha dichiarato venerdì a Pristina che è scandaloso che ben
cinque anni dopo l’allarme lanciato dall’Organizzazione Mondiale della
Sanità (OMS), a proposito del pericolo che tali persone corrono a
causa dell’elevata concentrazione di piombo nel terreno, non sia stata
ancora intrapresa nessuna azione.
I due insediamenti rom di Zvecan e Leposavic sono stati costruiti
sopra aree ricoperte di cumuli di detriti, che contengono resti
contaminati di mine. Gli abitanti degli insediamenti non devono
divenire vittime del conflitto di autorità in atto fra Pristina, UNMIK
e Belgrado, ha sottolineato il delegato per i Diritti Umani al termine
della sua visita di quattro giorni in Kosovo.
Allo stesso tempo Hammarberg ha esortato le istituzioni kosovare e le
organizzazioni internazionali, affinché si impegnino maggiormente per
chiarire il destino di circa 2.000 persone scomparse. Nell’obitorio
della città di Pristina si trovano al momento più di 100 cadaveri non
identificati di vittime di guerra.
Hammarberg ha inoltre indicato quale particolare problema gli sforzi,
esercitati da parte di alcuni stati occidentali, di far ritornare in
patria i rifugiati kosovari. In un momento in cui il Kosovo deve
affrontare una disoccupazione al 50%, una simile azione equivarrebbe
ad una violazione dei Diritti Umani, ha detto il delegato per i
Diritti Umani di Europarat, il quale ha fatto appello ai paesi
occidentali l fine di non fare pressione sui rifugiati affinché
rientrino nel Kosovo. (APA)
Gli studenti rom offrono un barlume di speranzaBy Barnaby
Phillips, Europe correspondent
Un paio di mesi fa, sono stato a Napoli [...] per riportare dell'ostilità
contro il popolo Rom.
I napoletani incolpavano i Rom per l'ondata di criminalità, ed avevano
bruciato uno dei loro campi.
Il fatto venne postato su You Tube da Al Jazeera (qui sotto, in inglese
ndr).
Ecco un esempio di alcuni dei commenti nelle risposte; "gli zingari sono solo
parassiti", "gli zingari non possono adattarsi ad un moderno stile di vita e non
saranno mai i benvenuti", "solo uno zingaro morto è un buono zingaro", e così
via.
Molti commenti non sono riportabili, ma questo è il senso.
Ora, è vero che l'anonimato su internet ha la tendenza deprimente ad
incoraggiare le persone nel pubblicare punti di vista offensivi.
Ma, come corrispondente di Al Jazeera dall'Europa, sono rimasto sorpreso
dall'esteso e radicato pregiudizio contro i Rom.
In Grecia e altrove, spesso devo riflettere sulle osservazioni di persone che
altrimenti avrebbero una mente aperta.
Sembra a volte che la forma di razzismo che è ancora socialmente accettabile
è quella contro i Rom.
Incidente scioccante
Settimana scorsa ero in Kosovo, dove i Rom sono in una difficile situazione.
Circa 150.000 Rom (a rischio di offendere, sto usando il termine "Rom" come
scorciatoia per tre comunità differenti: i Rom, gli Askali e gli Egizi) vivevano
in Kosovo agli inizi degli anni '90.
Oggi la popolazione è di circa 40.000.
L'esodo dei Rom dal Kosovo alla fine della guerra del 1999 non ha ricevuto la
stessa attenzione di quello dei Serbi, ma è stato altrettanto drammatico.
In molte parte del Kosovo, la rientrante popolazione albanese ha accusato i
Rom di collaborazionismo con i Serbi, e li hanno cacciati per rappresaglia.
In quello che forse è l'incidente che ha scosso maggiormente, gli Albanesi
hanno distrutto un intero quartiere Rom, che ospitava circa 8.000 persone, sotto
lo sguardo delle truppe internazionali.
Ma quello che è successo dopo è veramente scandaloso.
Danni al cervello
In nove anni, solo una manciata di quei Rom sono tornati alle loro case a
Mitrovica sud.
L'ONU, che ha speso milioni per la ricostruzione in Kosovo, sino al 2006 non
aveva ricostruito nessuna casa dei Rom.
Centinaia di Rom hanno passato anni in squallidi campi per rifugiati,
contaminati da alti livelli di inquinamento da piombo (vedi
ndr).
Gli attivisti incolpano molte morti all'avvelenamento da piombo, e ritengono
che dozzine di bambini hanno sofferto danni irreversibili al cervello.
La storia dei campi Rom è lunga e complicata, con molti interessi
contrastanti, ma una conclusione è inevitabile: nel Kosovo di oggi,è impossibile
per qualsiasi altro gruppo etnico venire trattato con tale indifferenza.
I figli se ne sono andati
Ramadan Gidzic è un Rom amichevole, di circa 50 anni. Vive nel villaggio di
Preoce, in un'enclave serba vicino a Pristina.
E' disoccupato dal 1999, quando molti Rom scapparono da Pristina, e ha perso
il suo lavoro in una libreria.
Due figli, vedendo che non c'era una vita possibile, sono andati in Germania,
portando con loro i figli. E' una storia tipica a Preoce.
Quindici delle 50 famiglie rom sono andate via, ed altre si stanno preparando
a farlo.
In privato, molti ammettono di pagare i contrabbandieri per aiutarli a
raggiungere illegalmente la Germania.
Ramadan ha perso i nipoti e si chiede se qualche Rom rimarrà a Preoce.
Dice: "Chiunque abbia parenti all'estero, prima o poi se ne andrà, qui non
c'è niente da fare, possiamo solo stare qui e morire di fame".
Alcuni attivisti dei diritti umani ritengono che la popolazione Rom nel
Kosovo del dopoguerra stia progressivamente declinando, fino al punto che in
cinque anni non ci sarà più nessuno.
Altri dicono che le statistiche sulla popolazione non sono credibili, e che è
impossibile trarre alcuna conclusione.
Di sicuro non è vero che ai Rom in Kosovo sia data la speranza di costruirsi
lì un futuro.
Ruolo modello
La sfida forse più grande è l'istruzione. In Kosovo la frequenza scolastica
dei bambini rom è notoriamente scarsa.
Secondo uno studio del 2006, soltanto l'1,4% termina la scuola secondaria.
Così è stata una piacevole sorpresa incontrare Tefik Agushi, che ha 22 anni.
Tefik è l'unico studente rom all'American University del Kosovo, ed è un modello
per la sua comunità.
Dice che i bambini rom sono svantaggiati a scuola per l'assenza di qualsiasi
istruzione nella loro lingua nativa.
Ma dice anche che con l'impegno, i giovani Rom possono ottenere quel che
vogliono.
"Non possiamo limitarci a sederci in fondo e aspettare che altri ci aiutino",
dice Tefik, un giovane determinato a non permettere che il pregiudizio sia sulla
sua strada.
I nomadi che abitano il campo di Giugliano denunciano il degrado dell'area
circondata da rifiuti e gas nauseabondi. Padre Zanotelli: "Se ci saranno
conseguenze per la salute di queste persone riterremo responsabili i commissari"
"Non possiamo più rimanere qui, la puzza è insopportabile e abbiamo paura per la
salute dei nostri bambini". È l'appello di una delegazione di Rom del campo
comunale di Giugliano che nei giorni scorsi ha incontrato i commissari
prefettizi del Comune per chiedere il trasferimento lontano da alcune discariche
da cui "continuano a fuoriuscire gas nauseabondi". "Se ci saranno conseguenze
per la salute di queste persone riterremo responsabili i commissari", dice il
padre comboniano Alex Zanotelli in rappresentanza del Comitato campano per i Rom
che riunisce diverse associazioni.
UN CAMPO DI 400.000 EURO TRA I RIFIUTI - Il gruppo di Rom, circa 400, è stato
trasferito in località Masseria del Pozzo due mesi fa dopo un esodo di due anni
nelle campagne della cittadina campana. Il campo provvisorio, dicono le
associazioni, è costato circa 400mila euro, tre centimetri di ghiaia e asfalto
per separare un insediamento umano da terreni in cui negli anni è stata sversata
ogni sorta di rifiuti, legali e illegali. Un'area, spiegano i comitati, di 30
chilometri su cui c'erano 6 discariche in cui sono finiti, negli anni, rifiuti
speciali, tossici e nocivi e che è diventata simbolo del disastro ambientale in
Campania. Secondo i comitati, le analisi dell'Arpac hanno riscontrato nella
falda acquifera un massiccio inquinamento da manganese, ferro, piombo, benzene,
idrocarburi, toluene, tetracloroetilene e persino consistenti anomalie
magnetiche "attribuibili alla presenza di materiali ferromagnetici nel
sottosuolo". Gran parte dell'area in questione è posta sotto sequestro
giudiziario.
COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA - Una situazione ambientale disastrosa
ricostruita nel dettaglio dalla relazione della Commissione parlamentare
d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti che avrebbe
dovuto fare da premessa a un piano urgente di bonifiche redatto, approvato, ma
mai attuato. "Ci chiediamo come sia possibile una discrepanza così evidente con
le analisi ambientali, dicono i portavoce del Comitato per i Rom, che
sottolineano anche che il campo è stato costruito dal Comune in accordo con la
Prefettura e con il parere favorevole dell'Asl. "Venga fatta chiarezza, ma
intanto si cerchi una soluzione alternativa in tempi rapidi", concludono.
Presso il Circolo ARCI Martiri di Turro -
Via Rovetta 14 a Milano, ingresso
gratuito con tessera Arci
Paul Polansky è nato a Mason City, Iowa, nel 1942. Poeta, fotografo,
antropologo, operatore culturale e sociale, è diventato negli anni un
personaggio importantissimo per il suo impegno a favore delle popolazioni Rom.
Le sue poesie descrivono le atrocità commesse da cechi, slovacchi, albanesi ed
altri contro quelle popolazioni. Ha anche svolto studi accurati sui campi di
concentramento nazisti, in particolare quello ceco di
Lety, nei quali venivano
trucidate, insieme a quelle ebraiche, intere comunità Rom. E' stato il primo a
presentare al mondo il dramma dei rifugiati del Kosovo, lasciati morire nei
campi di accoglienza avvelenati dal
piombo. Ha pubblicato diversi libri,
realizzato esposizioni fotografiche e film video.
ALLA FINE
"Alla fine,
tutti
scapperanno dal
Kosovo", mi
disse la zingara
chiromante.
"Anche Dio"
Poesia di Paul Polansky innalzata sui cartelli di una manifestazione di Rom del
Kosovo in Germania
Inchiesta esclusiva di Mattia Pelli* sul recente
sgombero avvenuto nella zona di Trento Nord (ex Sloi) da parte delle forze
dell'ordine e del personale dell'azienda sanitaria. Le immagini e il video
girato dall'unico giornalista presente sul posto - 20 Maggio 2013
Cadenti costruzioni in cemento, simbolo passato di una fede mortifera nel
progresso; fitta vegetazione dal verde inquietante, debordante dai vecchi muri;
una strana processione guidata da uomini con mascherina seguiti da un piccolo
drappello di miserabili. Questo avrebbero visto coloro che si fossero trovati a
passare davanti alla ex Sloi di via Maccani a
Trento lo scorso mercoledì 15
maggio. E appena girato l'angolo, due ambulanze e un piccolo concentramento
composto da assistenti sociali del comune, polizia in borghese, personale
sanitario, vigili urbani. E poi loro: 40 Rom rumeni, uomini e donne, giovani e
anziani (ma non minori), che da anni ormai vivono nell'area che fu un tempo sede
della produzione di piombo tetraetile, ancora presente in pericolose quantità
nel terreno. Ma alle cinque di mattina di passanti in via Maccani ce ne sono
proprio pochi e gli stessi organi di stampa non erano stati avvertiti
dell'operazione coordinata dalla Questura.(Guarda il video di Mattia Pelli).
I Rom accampati all'ex Sloi sono stati svegliati verso le cinque del mattino da
poliziotti in borghese che - coadiuvati dagli assistenti sociali del Comune di
Trento, dal personale sanitario, dai vigili urbani e da una mediatrice culturale
(circa 25 persone in tutto) - hanno convinto nove di loro a recarsi all'ospedale
S. Chiara per sottoporsi ad esami radioscopici e verificare se erano affetti da
tubercolosi, malattia estremamente pericolosa e - in alcune fasi - molto
infettiva, in grado di mettere a rischio la salute del portatore e di chi gli
sta intorno.
Una donna è risultata positiva al test radiografico, ma ulteriori esami hanno
mostrato come la malattia non fosse in fase contagiosa e quindi la Rom è stata
lasciata andare. Gli altri sono stati tutti portati in Questura e identificati.
Ventisette di loro sono stati colpiti da un provvedimento di allontanamento,
come prevede la legislazione italiana nei confronti di cittadini comunitari che
dopo tre mesi non abbiano richiesto e ottenuto un certificato di residenza e non
possano dimostrare di possedere i mezzi di sostentamento necessario. Dovranno
quindi lasciare l'Italia e se trovati nonostante questo sul territorio del
nostro paese potranno essere puniti con la reclusione da uno a sei mesi e con
un'ammenda da 200 a 2000 euro.
L'operazione, presentata dalla Questura come necessaria per preservare la salute
non solo dei Rom ma di tutta la cittadinanza e prevenire la microcriminalità
solleva però alcuni dubbi: per quale motivo un'iniziativa volta alla tutela
della salute pubblica è stata portata a termine attraverso l'intervento delle
forze dell'ordine e non - come succede solitamente - dal personale dei servizi
sociali del comune di Trento e dai sanitari dell'Azienda provinciale per i
servizi sanitari? Perché al termine dell'operazione 40 persone sono state
identificate e 27 di esse hanno ricevuto un'ordinanza di allontanamento? Quale
efficacia può avere un'operazione volta a risolvere un potenziale problema di
salute pubblica condotta con l'intervento della Polizia di Stato e conclusasi
con severe misure repressive?
Rispondere a queste domande riveste una certa importanza, dal momento che la
recrudescenza dell'infezione da Tbc (che colpisce al 50% italiani e stranieri)
desta allarme nelle istituzioni sanitarie e l'operazione svolta dalla polizia
mercoledì scorso appare assolutamente inedita a livello nazionale,
rappresentando un significativo precedente. In questo articolo si cercherà di
ricostruire i contorni della vicenda grazie a fonti ben informate e alla
presenza diretta sul luogo dell'operazione, unico giornalista testimone dei
fatti.
Il precedente
Tutto ha inizio qualche settimana fa, quando all'Ospedale S. Chiara di Trento
arriva un Rom al quale i medici diagnosticano la Tbc. L'uomo viene curato per
due settimane, poi se ne va, probabilmente ritorna in Romania, ma intanto il
caso di tubercolosi - come succede per tutte le malattie epidemiche contagiose -
viene segnalato all'Azienda sanitaria, che si attiva per rintracciare tutti
coloro che possono essere venuti a contatto con il malato. Viene trovato il
figlio dell'uomo, al quale viene proposto il test per verificare se è stato
contagiato dalla malattia, che risulta negativo.
La notizia giunge a conoscenza della Questura, la quale aveva già intenzione -
secondo fonti ben informate - di portare a termine un'operazione di sgombero
all'area ex Sloi, che non era però attuabile senza una denuncia del
proprietario, dal momento che si tratta di una proprietà privata. In assenza di
denuncia si decide allora di porre tutta l'operazione sotto il segno della
prevenzione, sanitaria e di sicurezza pubblica.
Sul posto mercoledì scorso l'atmosfera era tranquilla, quasi rilassata, almeno a
prima vista: sorrisi sui visi degli assistenti sociali e degli agenti della
polizia; indifferenza di chi è abituato ad essere al centro dell'attenzione
delle forze dell'ordine di tutta Europa sul viso dei Rom, raggruppati prima di
essere portati in questura per essere identificati.
Nonostante l'evidente intento di tenere il più possibile celata la vicenda, come
prova l'orario dell'operazione, tipica da sgombero, sul posto sono arrivati una
decina di militanti del centro sociale Bruno, che hanno dato vita a una sorta di
improvvisato presidio democratico a garanzia dei diritti dei Rom. Con loro anche
Antonio Rapanà, operatore del
centro Astalli per i rifugiati politici, noto per
il suo impegno a favore dei diritti degli immigrati.
La sostanziale assenza di tensione che si respirava mercoledì scorso solleva una
prima domanda: era proprio necessario mobilitare la Polizia di stato per
affrontare una questione relativa alla salute? Questo modo di intervenire è
quello più efficace per proporre a persone con un retroterra culturale tanto
diverso una visita medica e - semmai - una cura contro la Tbc della durata di
sei mesi che necessità di continuità e di reciproca fiducia tra istituzioni
sanitarie e paziente?
Colpisce poi il fatto che gli operatori dell'Unità di strada, il cui compito è
dare assistenza a bassa soglia a persone in difficoltà e che hanno spesso avuto
a che fare con i Rom accampati all'ex Sloi, non erano stati avvertiti
dell'operazione e non erano dunque presenti sul posto. "Conosco e apprezzo il
lavoro dell'Unità di strada - spiega il Questore di Trento Giorgio Iacobone - ma
mi pare che si occupino soprattutto del problema della tossicodipendenza".
Il coordinatore Christian Gatti spiega di avere troppi pochi elementi per
valutare la bontà dell'operazione di mercoledì scorso ma alla domanda se
all'Unità di strada sia mai successo di intervenire congiuntamente alle forze di
polizia dice: "Di solito il nostro intervento si svolge prima".
Andrea Galli, medico di strada e volontario del
Naga di Milano, associazione di
volontariato nata nel 1987 e volta a promuovere e tutelare i diritti di tutti i
cittadini stranieri e di Rom e Sinti, abituato a lavorare nei campi nomadi del
capoluogo lombardo e a confrontarsi con i problemi sanitari di Rome e Sinti
spiega: "Arrivare con la Polizia di Stato in un campo nomadi non aiuta certo a
costruire un rapporto di fiducia con coloro ai quali si deve proporre una cura".
Il medico milanese sottolinea anche di non aver mai avuto in precedenza notizia
di operazioni di questo tipo portate a termine dalla Polizia di Stato: "Di
solito qui a Milano sono svolte da personale sanitario accompagnato da
assistenti sociali e dai vigili urbani, che rappresentano il Comune". E Milano -
insieme a Roma - è la città in cui si riscontra ogni anno il maggior numero di
casi di tubercolosi.
Tra l'altro i Rom dell'area ex Sloi non sono degli sconosciuti e i Servizi
sociali hanno altre volte organizzato degli interventi senza il coinvolgimento
delle forze dell'ordine. Antonio Rapanà, presente sul posto durante l'operazione
non ha dubbi sulla sua natura: "L'azione di prevenzione sanitaria, che mai
prevede la mobilitazione delle forze dell'ordine, era in realtà il pretesto per
mascherare l'ennesima operazione di controllo del territorio - certamente
concordata con le autorità di governo della città - con accompagnamento ed
accertamenti in Questura da concludere con l'adozione di provvedimenti di
allontanamento."
La selezione e gli accertamenti
Anche dal punto di vista sanitario l'intervento di mercoledì scorso solleva
molti dubbi. Secondo quali criteri sono stati individuati i nove Rom poi
convinti a recarsi in ospedale per sottoporsi agli esami? Spiega il Questore:
"Le persone accompagnate in ospedale sono quelle che hanno dichiarato al momento
dell'operazione di essere state a contatto con il malato". Se così fosse,
significherebbe che l'individuazione dei soggetti da visitare non ha seguito
il
protocollo stabilito dal Ministero della Salute, spiegato dall'Azienda
sanitaria provinciale in un
documento rintracciabile sul suo sito web: "Se
trattasi di una forma polmonare contagiosa, l'Azienda Sanitaria rintraccia le
persone che sono state a contatto stretto con il malato (familiari, conviventi,
colleghi di ufficio, compagni di scuola, ecc) per accertare, mediante dei test,
se vi è stata trasmissione dell'infezione; il test più frequentemente usato è il
test cutaneo tubercolinico di Mantoux." Questo consiste in un'iniezione
intradermica sull'avambraccio di una piccola quantità di tubercolina. Dopo circa
72 ore viene eseguita la lettura del test da parte di personale sanitario e
soltanto in caso di test positivo il paziente viene sottoposto a ulteriori
analisi, tra cui quella radiologica, che presenta comunque un certo grado di
invasività.
Il test di Mantoux, però, non è stato svolto: per quale motivo? "Il dubbio -
spiega una fonte medica bene informata - è che le forze dell'ordine non
cercassero di stabilire veramente chi potesse essere stato contagiato, ma solo
chi era infettivo, mettendo così in evidenza non una preoccupazione per lo stato
di salute dei Rom, ma soltanto la necessità di escludere le possibilità del
contagio". La positività al test di Mantoux rende certa l'avvenuta trasmissione
dell'infezione tubercolare e impone successivi test, così come un eventuale
intervento terapeutico, ma non determina se l'infezione è nello stadio
contagioso, cioè trasmissibile ad altre persone. Questo significa che tra le
nove persone visitate - e anche tra gli altri Rom identificati - è possibile (e
probabile) che ve ne fossero altre contagiate dall'infezione che però non era a
uno stadio tale da venire identificata attraverso una radiografia. Anche nei
loro confronti i medici avrebbero quindi dovuto valutare la necessità di una
presa in cura. Ma così non è stato.
Inoltre, secondo quanto stabilito dal Ministero della Salute nelle sue Linee
guida per il controllo della malattia tubercolare, "È molto importante
utilizzare il verificarsi di un caso per incidere in situazioni particolarmente
difficili; la ricerca attiva dell'infezione, pertanto, va estesa anche ai
contatti non stretti, se questi ultimi appartengono a gruppi a rischio che hanno
difficoltà ad accedere ai servizi sanitari". Quindi, restando nell'ottica della
prevenzione di una possibile diffusione dell'infezione, il test di Mantoux
avrebbe dovuto essere proposto a tutti i Rom presenti al momento
dell'operazione.
Altro aspetto sul quale riflettere relativo al "blitz" condotto mercoledì scorso
e sottolineato dalla nostra fonte sta nel fatto che con tutta probabilità gli
organizzatori dell'operazione avevano escluso di trovare qualcuno di
effettivamente contagioso. I malati infetti e contagiosi richiedono infatti
particolari accorgimenti per la loro ospedalizzazione: devono essere posti in
stanza singola e in isolamento respiratorio.
E' quindi probabile che sarebbe stato molto difficile convincere eventuali
malati contagiosi rilevati tra i Rom visitati a sottoporsi alle cure, rendendo
necessario il ricorso al Tso (Trattamento sanitario obbligatorio), che comporta
che l'ammalato venga piantonato per almeno le due settimane necessarie ad
eseguire la prima parte della terapia, della durata totale di sei mesi, con il
rischio che una interruzione prematura delle cure possa dare vita a ceppi di
Tbc
ancora più forti e resistenti ai medicamenti.
Le strutture sanitarie e le forze dell'ordine erano pronte all'eventualità che
vi fossero magari due, tre malati in questa condizione da sorvegliare per due
settimane 24 ore su 24? Su questo la nostra fonte esprime seri dubbi e giunge
anch'essa alla conclusione che - in realtà - la minaccia di una potenziale
diffusione di Tbc non fosse che una scusa per nascondere uno sgombero vero e
proprio.
In effetti tra i Rom accompagnati in Ospedale per il test radiologico una donna
è risultata affetta dalla malattia. Le è stato quindi chiesto di rimanere in
ospedale per ulteriori accertamenti, cosa alla quale lei si è opposta, chiedendo
di potersene andare.
A quel punto i toni si sono accessi e alcuni testimoni parlano di un'aggressione
verbale da parte di un agente della polizia nei confronti della Rom, circostanza
negata dal capo della squadra mobile Roberto Giacomelli, coordinatore
dell'operazione, che ha dichiarato: "Non mi risulta nulla del genere, si è
cercato invece di convincere la donna". La Rom è stata quindi sottoposta a
un'ulteriore analisi, quella del catarro, per stabilire se la malattia era a uno
stadio infettivo, ma in questo caso l'esito è stato negativo e la donna è stata
quindi lasciata andare via, ben sapendo che difficilmente si sarebbe sottoposta
alla cura.
Assenti in Ospedale gli assistenti sociali del Comune, presenti solo all'area ex
Sloi: Forse il loro intervento per convincere e rassicurare le persone portate
in ospedale sarebbe stato importante, anche per dare seguito all'intervento del
Comune su questa questione.
Gli allontanamenti
Nel corso dell'operazione di mercoledì il capo della squadra mobile Giacomelli
rassicurava i presenti sul carattere non repressivo dell'azione della polizia,
cercando di sdrammatizzare. Richiesto di spiegare i motivi del trasferimento dei
Rom in questura per essere identificati e se essi si fossero resi colpevoli di
un qualche reato, Giacomelli spiegava trattarsi di una normale procedura non
legata ad infrazioni di legge di alcun tipo: "Così cominciamo a conoscerli".
Secondo quanto detto dal capo della squadra mobile, gli identificati sarebbero
stati subito rilasciati e avrebbero potuto tornare sull'area ex Sloi se lo
avessero voluto, cosa che si è rivelata solo in parte vera, dal momento che 27
di loro hanno ricevuto un'ordinanza di allontanamento, che impone loro di
lasciare l'Italia.
Nessun reato, quindi. E allora perché la polizia ha bisogno di "conoscere"
questi Rom (tra l'altro cittadini europei) e perché alcuni dei Rom identificati
hanno ricevuto un'ordinanza di allontanamento? In che modo l'identificazione e
il successivo allontanamento erano legati all'obiettivo primario conclamato
dell'operazione, cioè quello di curare le persone malate e di prevenire un
possibile problema di salute pubblica?
Il Questore di Trento, Giorgio Iacobone, difende questa scelta, motivandola con
il ruolo di prevenzione che compete alla Questura e alla Polizia di Stato, sia
sul piano della salute pubblica, sia su quello della sicurezza. Iacobone si è
detto preoccupato non solo della presenza di un possibile focolaio di Tbc, ma
anche della possibilità che la presenza dei Rom possa portare a un aumento della
microcriminalità e che dietro ad essi - impegnati quotidianamente a chiedere la
carità in città - vi siano organizzazioni criminali che controllano la raccolta
del danaro e gestiscano il loro arrivo in Italia. Alla domanda se si tratti - in
quest'ultimo caso - di un sospetto o di una certezza, il Questore ammette di non
avere prove ma aggiunge: "Proprio per questo è necessario conoscere chi sono
queste persone, che cosa fanno e dove finisce il danaro che raccolgono".
Iacobone lancia anche un appello a non fare la carità ai Rom presenti a Trento e
sottolinea la sua preoccupazione per persone che paiono refrattarie a qualsiasi
tentativo di intervento dei servizi sociali. Eppure chiedere la carità non è un
reato e - anche ammesso che dietro ai Rom vi siano organizzazioni criminali -
appare dubbio che misure repressive come quelle dell'allontanamento, che
colpiscono solo le vittime di un presunto racket, possano avere qualche
efficacia ed equità.
Così, se un'intervento era sicuramente auspicabile (ma non certamente da parte
della polizia e con ben altri presupposti sanitari), le argomentazioni fornite
per giustificare i provvedimenti repressivi contro i Rom paiono piuttosto fumose
e la presenza di possibili casi di Tbc suonano più come una scusa per
giustificare un intervento preparato da tempo.
Anche l'identificazione dei Rom in quanto gruppo come possibile fonte di
contagio, sia di malattie sia di microcriminalità, risponde a quei meccanismi
discriminatori ben descritti dalle scienze sociali: gli "zingari", i nomadi,
vengono presentati come soggetto alieno, portatore di disordine che va espulso
dalla "comunità".
Ma uno sgombero e un provvedimento di allontanamento non fanno che occultare un
problema che riemergerà, ancora e ancora. Difficilmente infatti le persone
colpite dal provvedimento di allontanamento se ne andranno: con tutta
probabilità ritorneranno all'ex Sloi e continueranno a fare la carità in città,
solo ancora un po' più deboli di prima. Fino alla prossima "operazione".
Quello che è certo è che la commistione tra intervento per cause di salute
pubblica e intervento repressivo è negativa allo scopo di un buon successo della
prima: quale fiducia nel personale sanitario e negli assistenti sociali possono
avere i Rom se questi sbarcano tra le loro baracche accompagnati da poliziotti
in borghese? Così, prima di lamentarsi della sostanziale refrattarietà di queste
persone agli interventi proposti dai servizi sociali, sarebbe forse utile
interrogarsi sulle modalità con le quali questi interventi vengono portati a
termine.
In questo senso la scelta del Comune, attraverso i suoi Servizi sociali, di
avallare un'operazione repressiva della polizia mascherata da intervento
sanitario è assolutamente criticabile e pericolosa, perché rischia di
depotenziare l'efficacia dei servizi stessi, ai quali ci si deve poter rivolgere
senza paura di eventuali ripercussioni dal punto di vista legale.
Questo vale anche per le autorità sanitarie e il loro personale, che hanno
l'obbligo di fornire a tutti i malati o potenziali tali il massimo delle
opportunità di cura e per farlo devono cercare di costruire un rapporto di
fiducia con i propri pazienti, che di certo mercoledì scorso ha ricevuto un duro
colpo.
Ma - forse - quello che colpisce di più in questa vicenda è che le esigenze
sanitarie dei 40 Rom al centro dell'operazione probabilmente interessavano a
pochi. In fondo si tratta pur sempre di zingari, i più miseri, denigrati,
discriminati, nostri concittadini europei.
La conclusione alla quale giunge Antonio Rapanà, operatore del centro Astalli
per i rifugiati politici e tra i pochi presenti all'operazione di mercoledì
scorso apre alla necessità di un diverso modo di intendere la sicurezza: "Se è
vero che non ci sono risposte semplici né soluzioni certe alla domanda di
sicurezza che viene dalla comunità, proprio per questo la strategia per la città
sicura - che -si-cura- deve essere finalmente riportata al centro di uno spazio
pubblico di analisi e di discussione collettiva che non si arrenda alle facili e
fallimentari suggestioni del pensiero unico che riduce la questione complessa
della sicurezza urbana a mero problema di ordine pubblico."
L'autore. Mattia Pelli Giornalista professionista, ha lavorato per Radio Dolomiti e per il
quotidiano "l'Adige" di Trento. Laureato in Storia contemporanea all'Università
di Bologna è ricercatore presso la Fondazione Museo Storico del Trentino e
collabora con la Fondazione Pellegrini Canevascini di Bellinzona. Ha pubblicato
nel 2005 il volume "Dentro le montagne: cantieri idroelettrici, condizione
operaia e attività sindacale in Trentino negli anni cinquanta del Novecento".
Di Fabrizio (del 21/04/2013 @ 09:01:46 in Kumpanija, visitato 2185 volte)
Per la semplice ragione che in quest'Italia che affonda, abbiamo TUTTI
problemi più seri. E gli zingari sono nelle nostre stesse peste: qua siamo messi
talmente male, che sta diventando difficile anche rubare.
La conta dei corpi
Molti bambini nel campo morivano
di avvelenamento da piombo.
Il dottore locale
disse che l'avvelenamento da piombo
impediva lo sviluppo
del sistema immunitario dei bambini.
La gente più anziana che soffriva di avvelenamento da piombo
finiva soltanto col cervello più lento.
Senza sistema immunitario
i bambini piccoli morivano di continuo:
raffreddore, influenza, herpes, pidocchi
e morsi nel letto dalle cimici.
Temevo per Anna
la mia sorellina di sette anni.
Iniziava a dimenticare le cose.
Poi non riuscì più a camminare dritta.
Il dottore disse che
aveva bisogno di una dieta migliore.
Fu allora che mio padre
iniziò a rubare.
E anch'io.
Ma lasciamo perdere le questioni complicate, come la pancia ed il portafogli
che sono vuoti, se apri la finestra virtuale del tuo computer, ti accorgi
che c'è anche una tristezza ideale, o di valori. Faccio un esempio: qualcuno s'è
accorto che tra un po' ricorre il 25 aprile? Dalla metà degli anni '70 non mi
son perso una manifestazione, eppure due sere fa mi sono scoperto a pensare: ma
che cos'è questa festa?
Sono domande da non farsi...
Perché io non voglio ASSOLUTAMENTE parlare di Rom e Sinti, che quando c'è una
festa non sta mai bene nominare i parenti con le pezze al culo e che puzzano di
pecora... Ma tu, metti caso, sapresti festeggiare la liberazione dal fascismo,
sapendo che sono passati quasi 70 anni, e che a Milano (questa grande e
benemerita città medaglia d'oro e tanto altro) succede che
i
fascisti non solo ci siano ancora. ma ancora agiscano come squadristi?
Come celebriamo il Natale
Due giorni prima di Natale
Il nonno ci conduce
Al vecchio campo, in una
Fabbrica di mattina abbandonata
Vicino al centro di Bologna,
Per mettere dei fiori
Sotto una lapide di marmo
Dedicata ai nostri parenti
Che furono ammazzati
Il 23 dicembre 1990
Quando alcuni poliziotti fuori servizio
Fecero fuoco contro le nostre baracche.
Eravamo cattolici quando vivevamo
Vicino al centro città,
Oggi siamo evangelici.
E' per questo che non siamo più stati
Attaccati?
O è perché adesso siamo
20 chilometri lontano
Dall'abitato?
Una cosa è certa:
Gli assassini non sono più in prigione,
Ma noi siamo ancora in un campo.
Oppure, che negli stessi giorni a
Bolzano (e in
cento situazioni simili sconosciute e non denunciate) ci sono quelle che
chiameremmo retate?
La sopravvissuta all'Olocausto
Una donna anziana
Si è intrufolata nel nostro campo
La notte scorsa.
Il nonno la conosce
Dai tempi della Seconda guerra mondiale.
Nel 1943 era in un lager fascista
Ad Agnone, nel centro Italia,
Dove perse 15 parenti.
Ha detto che ricevevano solo 100 grammi
Di pane al giorno.
Dopo la guerra è stata trasferita
In un campo vicino a Roma.
La settimana scorsa le autorità
Hanno abbattuto con le ruspe la baracca
Dove aveva vissuto per 60 anni.
Non sa più dove siano
i suoi figli, i nipoti,
i pronipoti.
Li ha perduti quando la polizia
Ha lanciato i gas lacrimogeni.
Quando gli ispettori vengono da noi
Speriamo che non la trovino.
Se lo faranno, il nonno
Dirà loro
Che lei è un mulo,
Un fantasma zingaro
Che è venuto da noi
Per una breve visita.
E chissenefrega! direte. Perché anche nell'Italietta pre-guerra, queste cose
succedevano, ma chi volevi che ci facesse caso... succedeva sempre (o quasi
sempre) a qualcun altro, e magari pure a qualcuno che ti stava antipatico.
Certo, non mi stupisco se poi, a furia di non protestare e mandare giù tutto,
prima o poi qualche capoccia ne approfittò, ed il risveglio fu tragico per i
poveri Italiani belli e addormentati.
Oggi, se dovessi festeggiare il 25 aprile, lo farei con i Rom di Dione Cassio,
tanto saremmo i soliti 4 gatti, e loro che ci guarderebbero con un misto di
compatimento e presa in giro. Ma almeno, saprei che quella è la gente giusta.
Pensate che i partigiani, quelli veri, siano saliti in montagna con l'Iphone?
Erano gente affamata, stracciata, con le scarpe rotte (eppur bisogna andare),
spesso ladruncoli o gente senza arte né parte (chi si ricorda di
Nino?),
di sicuro non avrebbero capito una generazione che si crede giovane a 40 anni
suonati, e che il massimo della protesta che sa fare è postare la propria
insoddisfazione su FB (credendo magari che ci sia pure qualcuno che lo legga)?
A me quest'Italia fa male, non tanto perché si spacca tra Rodotà e Marini
(sapendo che comunque la vostra opinione non conta più niente), ma perché se io
per caso fossi una ragazzina rom appena arrivata in Italia, mio padre non mi
farebbe girare da sola per strada, per non parlare della notte. E non c'entra
niente il LORO problema culturale, à un problema nostro e democratico: perché
quella ragazzina da sola rischierebbe di essere aggredita, violentata, o
quantomeno presa a sputi e male parole da NOI, o da chi assomiglia a noi. Non è
neanche fascismo, è quasi Medio Evo.
Pensavo di essere sopravvissuta
Sono sopravvissuta alle bande della gioventù hitleriana
scappando a Praga.
Dopo che mi hanno portato a Lety,
sono sopravvissuta:
fame,
fucilazioni,
iniezioni letali,
squadre di lavoro,
pestaggi
stupri
tifo
e annegamenti
nel fusto di acqua piovana.
Dopo la guerra
volevo una vita migliore
ed ho sposato un uomo bianco.
Solo uno dei miei otto figli
ha ereditato la mia pelle scura di zingara.
Ora lui è in ospedale
a riprendersi da due operazioni
dopo che gli skinheads
lo hanno impalato su un palo metallico.
Non so se sto vivendo
nel 1939 o nel 1995.
Pensavo di essere sopravvissuta,
ma credo di aver solo
barcollato senza arrivare da nessuna parte.
E' fascismo o non lo è? C'è chi afferma che dopo tanti anni anche i fascisti
devono avere la libertà di manifestare le loro opinioni. Non mi scandalizzerebbe
più di tanto, se non fosse per il vecchio vizio di manifestarle con l'ausilio di
sassi, bastoni e tirapugni. Ma non è uno scandalo, perché per esprimere quelle
stesse opinioni, oggi non è più necessario essere fascisti.
Siamo alle
cronache recenti, e qua occorre SOSTARE UN POCO. Non è più necessario essere
fascisti, la china è in discesa anche per chi è democratico e antirazzista. Nel
momento che non si ha più la capacità antifascista di indignarsi per Dione
Cassio, "può capitare" a tutti (sottolineo: a tutti) di scivolare su un assunto
del tipo: se i Rom partecipano alle nostre manifestazioni di vita democratica,
dev'esserci qualcuno che ne trae vantaggio. Sanzionando una separazione tra noi
e loro, ma anche tra di noi (chi ne trae vantaggio e chi no). Perché i Rom non
dovrebbero partecipare alla società come tutti gli altri? E se qualcosa partisse
da loro, perché questi stessi democratici e antirazzisti non se ne accorgono
mai? Se non si riconosce loro il diritto a far parte della nostra società e dei
suoi riti (buoni o cattivi che siano), il campo, il ghetto (dove accadono le
peggiori cose), diventano PER FORZA la logica soluzione. Da democratici e
antirazzisti (a maggior ragione se con responsabilità politiche) mi aspetterei
ragionamenti politici e non di pancia, qual è il dito e quale la luna? Chi fa
politica, si deve scandalizzare per una compravendita (ipotetica, non provata)
di voti, o per le condizioni materiali in cui questa gente è tuttora costretta?
Da dove iniziereste? DOV'E' LA POLITICA E DOVE LO STRABISMO?
Eros
Gli ispettori vengono da noi
Ogni settimana,
Per assicurarsi
Che non infrangiamo nessuna
regola del campo.
Siccome è un campo
Per nomadi
Non ci è concesso avere
Strutture permanenti.
Neanche un traliccio
Per le rose di mia nonna.
Neanche una tenda fissa
che in estate ci ripari dal sole.
Neanche due pali
Cementati al suolo
Per sostenere
I fili per la biancheria
E asciugare i nostri vestiti.
La sola struttura permanente
Che alla fine ci hanno concesso
E' la gabbia attorno
alla cuccia di Eros
Perché è un pitbull.
Oggi Eros sembra
Uno di noi
E sta lì accovacciato
Senza niente da fare.
Non dobbiamo prendercela con questi Rom e Sinti, che non capiscono e
continuano a chiamare tutto ciò fascismo. Non hanno studiato, la complessità non
sempre è nelle loro cifre, ma questa cosa l'hanno chiara, come i nostri nonni:
fascismo era
fame, violenza, esclusione, dover scappare. Il resto, era roba da
carta stampata, o da tastiera, virtuale insomma.
E' vietato sedere all'ombra.
E' vietato ridere, cantare, ballare.
E' vietato fumare, mangiare, bere.
E' vietato cucinare, lavarsi, farsi belli.
E' vietato sputare, cacare, scopare.
E' vietato lamentarsi, piangere, urlare.
E' vietato pregare, chiedere l'elemosina, rubare.
e' vietato correre dall'altra parte del confine.
Cercare la libertà è assolutamente proibito.
e allora, ripeto, non voglio ASSOLUTAMENTE parlare di Rom e Sinti,
ma nel loro inno c'è una NERA LEGIONE, ed ancora oggi - mentre festeggiamo
la libertà ritrovata, gli
zoccoli dei cavalli della nera legione corrono per le pianure d'Europa. Una
legione con volti da bambino,
berretti da basket e maglie alla moda: non sapremmo riconoscere le differenze tra
noi e loro. Sono lì per rassicurarci...
Comunque: se il 25 aprile non è una festa, cosa resta? La capacità di
scandalizzarsi per cosa succede ancora? Ma se oggi la capacità di scandalizzarsi
e di scendere in piazza a protestare (cioè: RENDERSI VISIBILI, CONDIVIDERE FISICAMENTE LA POLITICA) resta ai soli fascisti e al M5S (per
ragioni ovviamente diverse), continuo a chiedermi: COSA RESTA???
Giovedì 29 settembre ore 21.00 al Circolo ARCI Martiri di Turro in via
Rovetta 14 - Milano (Ingresso gratuito con tessera Arci) L'Associazione La Conta in collaborazione con Mahalla,
organizza un incontro con
Paul Polansky
Ci eravamo lasciati, circa un anno fa, con il definitivo smantellamento dei
campi profughi in Kosovo costruiti su terreni contaminati. Faremo il punto della
situazione ancora una volta con Paul Polansky, che ha lottato per oltre 10 anni
per la salvezza di chi era rinchiuso in quei campi. Ci spiegherà anche i
prossimi impegni della sua associazione e ci sarà una lettura delle sue poesie.
Paul Polansky è nato a Mason City, Iowa, nel 1942. Poeta, fotografo,
antropologo, operatore culturale e sociale, è diventato negli anni un
personaggio importantissimo per il suo impegno a favore delle popolazioni Rom.
Le sue poesie descrivono le atrocità commesse da cechi, slovacchi, albanesi ed
altri contro quelle popolazioni. Ha anche svolto studi accurati sui campi di
concentramento nazisti, in particolare quello ceco di Lety, nei quali venivano
trucidate, insieme a quelle ebraiche, intere comunità Rom. E' stato il primo a
presentare al mondo il dramma dei rifugiati del Kosovo, lasciati morire nei
campi di accoglienza avvelenati dal piombo. Ha pubblicato diversi libri,
realizzato esposizioni fotografiche e film video.
Altri incontri (calendario in via di definizione):
Venerdì 30 settembre, ore 17.30:
Saronno, Libreria-Caffè Letterario "Pagina 18" in Vicolo Castellaccio 6,
col patrocinio di Amnesty International Gruppo 135 di Saronno
Sabato 1 ottobre, in serata: Lonato (BS), Pizzeria Al Volo via
Montegrappa 11
La deportazione dei rom dalla Germania al Kosovo: chi se la ricorda più? Eppure
è un fatto di pochi anni fa. Un bellissimo libro di poesie ci aiuta a non
dimenticare.
Dei saggi non noiosi si dice spesso che si leggano come romanzi. In questo caso
ci troviamo, invece, di fronte a una raccolta poetica che ha l'effetto di una
narrazione giornalistica di alto livello, capace di unire la precisione storica
dei fatti con i vissuti dei protagonisti. Ne Il pianto degli zingariPaul Polansky, intellettuale controverso ma imprescindibile per chiunque sia
interessato al tema rom, ci parla di una vicenda assi incresciosa, vicina nel
tempo e nello spazio, ma finita in uno spesso e ovattato dimenticatoio: la
deportazione dei rom, dalla Germania al Kosovo, in campi pesantemente inquinati
dal piombo, nel 2010.
In molti casi, ad essere deportati, sono stati bambini nati e cresciuti in
Germania, che non conoscevano altra lingua che il tedesco ed erano assolutamente
impreparati alla vita nei campi. Si trattava dei figli dei profughi arrivati
soprattutto in Germania, ma anche in altri Paesi europei, in seguito alla guerra
dei Balcani del 1999. I rom erano stati considerati dalla maggioranza albanese
collaborazionisti dei serbi, le loro case bruciate e distrutte. Per questo, a
più riprese, erano fuggiti all'estero. Ma alla nascita del Kosovo, grazie a
sbrigativi e discutibili accordi con Pristina, e nonostante segnali evidenti che
davano a pensare circa la loro effettiva sicurezza, sono stati rimandati
indietro.
Il racconto è affidato a Danica, una bambina molto intelligente, che frequenta
la scuola a Monaco, prendendo ottimi voti, e sogna di fare il medico o
l'insegnante. Danica ricostruisce la vicenda in poche, calibrate parole. A
partire dalla notte in cui arrivarono gli albanesi a bruciare la loro casa: "I
nostri vicini Albanesi non ci violentarono/ Soltanto, continuarono ad urlare/
che avevamo soltanto due minuti/ per salvarci la vita/ Erano le quattro/ quella
mattina/ quando scappammo/ ancora in pigiama ...". Poi ci fu l'arrivo e l'incontro
con le cugine nate in Germania e che non parlavano romanés, figlie dello zio
scappato anni prima: "Alla fine della giornata/ stavano insegnandomi/ una nuova
lingua/ dissero che dovevo dimenticare/ di essere una zingara". Poi, la nuova
vita, la scuola, la vicina affettuosa, l'avvocato rassicurante ma certamente non
in grado di ipotecare il futuro e il padre che non voleva diventare un tedesco
ma che si trova a ricredersi in pochi istanti di fronte alla possibilità di lavorare. E poi, ancora, l'epilogo inaccettabile con i poliziotti che, come gli
Albanesi, arrivano la mattina presto "ed erano come la Gestapo nelle storie di
papà". Ma Danica anche all'interno del campo avvelenato dal piombo, mette in
atto la sua resistenza. Insegna il tedesco agli altri bambini. Prova a
incontrare il mondo fuori. E progetta il ritorno in Germania.
In appendice un testo firmato da Rainer Schulze, docente di Storia moderna
Europea all'università di Essex, tratteggia un quadro di riferimento che permette
di inquadrare meglio la vicenda. Il pianto degli zingari, che è stato tradotto
da Fabrizio Casavola, grande conoscitore del mondo rom e ideatore del blog
Mahalla, illustrato da Stephane Torossian e pubblicato da Volo Press, è un testo
che si presta a molti livelli di lettura. Anche per questo sembra fatto apposta
per essere proposto nelle scuole. Noi ci auguriamo che lo sia, che non si perda
diventando una piccola perla riservata agli addetti ai lavori. Perché di questa
informazione e di questa memoria oggi c'è bisogno come il pane. Soprattutto tra
i più giovani.
Di Fabrizio (del 02/06/2008 @ 09:00:13 in Europa, visitato 2243 volte)
Da
Romano Them,
indagine sanitaria (lunghetta, vi avviso)
La crisi del piombo a Mitrovica:
Romano Them chiede un'informazione completa all'ONU
27 Maggio 2008 – Una ricerca, prodotta dall'Istituto di Salute Pubblica di Kosovska Mitrovica
su richiesta dei rappresentanti dei campi IDP (Dispersi Interni) nella Mitrovica
settentrionale, ha confermato i documenti precedenti, secondo cui il livello di
piombo nel sangue dei bambini rom che vivono in questi campi, rimane ad un
livello alto in maniera allarmante. Sui 104 bambini testati, di età tra gli 1 e
i 16 anni, 18 mostrano livelli di piombo eccedenti la soglia critica di 45
μg/dL, per i quali i dottori raccomandano terapia di
chelazione.
D'altra parte, se confermate le indicazioni "Hi" e "Hi Mnogo" contenute
nella ricerca, si riferiscono a livelli nel sangue eccedenti i 65
μg/dL, il numero di bambini con livelli criticamente alti di contaminazione
da piombo nel sangue sale a 38, il 36,5% del gruppo testato.
La contaminazione da piombo nel sangue dei bambini nei campi IDP a Mitrovica
nord è stato un argomento ricorrente dal 2000, quando i primi test casuali fatti
nell'area di Kosovska Mitrovica da un consulente ONU mostrò livelli di piombo
pericolosi solo nei campi. Nel 2004, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO)
compì un'altra serie di test. Questi test mostravano che il 40% dei bambini
nell'area avevano livelli di piombo nel sangue di 10 μg/dL e superiori, che è
considerato dalle moderne ricerche il limite massimo oltre il quale si
verificano danni sanitari irreversibili, incluso impatto alle capacità
cognitive.
Ma, fu proprio Gerry McWeeney, allora manager del Programma di Sviluppo
Sanitario, che notò nel suo rapporto che i bambini rom nei campi presentavano
costantemente i più alti livelli di piombo nel sangue dell'intera popolazione,
sottolineando che una fonte importante di esposizione ha provenuto dalla
contaminazione nel terreno, risultante nella prossimità delle miniere di Trepca.
Come conseguenza, raccomandava l'immediata evacuazione dei bambini da 0 a 6 anni
e delle donne in attesa, e la temporanea rilocazione dell'intero campo "in
attesa di una soluzione permanente e sostenibile".
Fu soltanto poco prima dell'estate del 2005 che un'azione venne
definitivamente presa, sull'onda di una pressione montante e della questione
fatta propria dai media internazionali. Con la fine dell'anno, l'UNMIK decise di
trasferire gli IDP nell'ex base militare francese, conosciuta come Osterode camp,
completamente ristrutturata e col suolo decontaminato. Dopo un'iniziale
resistenza, la maggior parte delle famiglie si mosse verso il nuovo campo, dove
apparentemente iniziò nel settembre 2006 un trattamento medico specialistico (see UNMIK
Press Release).
Ironia della sorte, test effettuati di recente sembrano suggerire che la
contaminazione da piombo nel rinnovato campo di Osterode sia persino superiore a
quella di Cesmin Lug, dove nell'ottobre 2004 la WHO aveva dichiarato che
la situazione era peggiore degli altri campi, con un livello di contaminazione
da piombo al suolo superiore di 359,5 volte il limite riconosciuto.
Nel maggio 2007, una squadra di dottori diretta da Ms. Mary Jean Brown, Capo
del Ramo di Prevenzione all'Avvelenamento da Piombo del Centro USA per il
Controllo e la Prevenzione del Disagio di Atlanta, visitò le attrezzature su
richiesta del Dipartimento di Stato, USOP e USAID. In un rapporto redatto ad
ottobre, gli esperti medici notarono che 39 bambini erano riferitamente chelati.
Ma dissero anche che oltre 90 bambini avrebbero avuto bisogno di terapia,
aggiungendo che a quel periodo il numero esatto non poteva essere determinato.
Nella loro indagine, i dottori si riferirono ai risultati di tre serie di
test condotti dall'Istituto di Salute Pubblica di Mitrovica nord, tra la
fine del 2005 e l'inizio estate del 2007. Secondo questi test, 39 bambini nel
primo, 32 nel secondo e 29 nel terzo, su circa 100 bambini esaminati avevano
livelli capillari di piombo nel sangue superiori a 45 μg/dL. Se
l'assunzione riguardo il significato di "Hi" e "Hi mnogo" risultasse
veritiera, le condizioni sanitarie dei bambini nel campo sarebbero stazionarie,
la tal cosa confermerebbe i dubbi sull'adeguatezza del trattamento medico
fornito in un ambiente che rimane pesantemente contaminato dal piombo.
Le prime informazioni su una nuova e prossima crisi sanitaria nei campi di
Mitrovica nord apparvero settimana scorsa in un
articolo,
pubblicato sulla rivista in Internet New Kosovo Report.
L'autore, il leader del movimento pro-indipendenza Albin Kurti, riteneva che la
WHO aveva prove dagli esami effettuati sui bambini di Cesmin Lug e Osterode che
i loro livelli di piombo erano raddoppiati. Suggeriva anche che la WHO
nascondesse queste informazioni al pubblico.
Allarmati da queste notizie, come
Romano Them, abbiamo contattato l'ufficio WHO di Pristina e chiesto conferma
sulle dichiarazioni e circa eventuali conseguenze di detti risultati. A dispetto
dei chiari riferimenti all'articolo del New Kosovo Report,
accluso alla mail, il direttore locale della WHO, Dr. Dorit Nitzan, finse di
ignorare di quali test Romano Them stesse parlando. Affermando che i test
di laboratorio fossero da tempo condotti dalle istituzioni locali, promise
comunque di investigare e chiese a Romano Them pazienza sino al suo
ritorno in Kosovo. Ulteriori emails, relative ai risultati dei primi test
commissionati dalla WHO, rimasero senza risposta.
Con una reazione simile, il capo dell'ufficio UNICEF in Kosovo, Robert Fuderich,
pretendeva lui pure di non essere a conoscenza dei test, ma quando fu
confrontato con i risultati parziali, comunicati dai rappresentanti del campo in
una
dichiarazione pubblica, riconobbe che la sua organizzazione era stata messa
a conoscenza dei risultati di questi test, ma era in attesa di ottenere una
piena informazione per "notificare alle autorità preposte e cercare di ottenere
da tutti uno sforzo verso una soluzione giusta e finale."
Il rappresentante dell'area della Norwegian Church Aid, un'organizzazione
caritativa che si occupa del campo di Osterode, Ragnar Hansen, fu più esplicito
e disse che la sua organizzazione condivideva le preoccupazioni di Romano Them
riguardo il livello di piombo nel sangue dei bambini IDP. Purtroppo non era in
grado di commentare i risultati dei test, suggerendo che la WHO non avesse
comunicato i risultati dei test precedenti, né alla sua organizzazione né ai
genitori dei bambini.
Dalla sua email risulta che la WHO avesse visto (!!!) i risultati dei test
commissionati dai rappresentanti dei Rom ed era "preoccupata riguardo agli alti
livelli di piombo nei campioni di sangue raccolti".
RomanoThem ha anche provato ad ottenere una reazione dall'UNMIK,
che attende tuttora al momento in cui scrive.
Nelle sue raccomandazioni, la dottoressa Brown, del cui Centro è stata
richiesta l'assistenza in questo caso dall'UNICEF e dalla
WHO, scrisse nell'ottobre 2007: "Ci è stata data assicurazione che i livelli nel
sangue stanno decrescendo, e i dati ricevuti dal CDC [Centro per il Controllo
del Disagio] lo confermano. Comunque, i dati completi devono essere resi
disponibili. Agenzia Responsabile: WHO."
Sette mesi dopo, la "confusione da parte dei leader rom e di altri, come la
serietà del problema e l'estensione della contaminazione ambientale" cui la
dottoressa Brown si riferisce nel suo rapporto, è quasi completa. Nelle loro
dichiarazioni sui recenti test sanguigni, i rappresentanti dei campi, Skender Gusani
e Dai Mustafa, scrivono: "WHO ha effettuato dei test sui livelli di piombo nel
sangue dei bambini ed i risultati mostrano che il campo di Osterode è libero dal
piombo, ma i risultati di questi test non sono mai stati mostrati al pubblico e
nemmeno ai genitori dei bambini esaminati."
Romano Them è profondamente preoccupata, non soltanto
dell'inquinamento da piombo stesso, quanto dalla mancanza di informazione e
dalla cattiva comunicazione da parte delle agenzie internazionali coinvolte nel
processo. Chiede alla Missione delle Nazioni Unite in Kosovo di fornire
informazioni immediate e complete circa la contaminazione da piombo nei due
campi IDP di Cesmin Lug e Osterode e sprona la WHO affinché sviluppi le
raccomandazioni contenute nel memorandum, preparato dal Manager del Programma di
Sviluppo, Gerry McWeeney che, nell'ottobre 2004, raccomandava che tutti i
bambini con livelli nel sangue superiori a 10 μg/dL siano ricontrollati ogni
settimana.
Condividiamo le preoccupazioni circa l'adeguatezza di una terapia di chelazione
in un ambiente, che è tuttora pesantemente contaminato dal piombo, come
confermato dai test recenti. RomanoThem suggerisce
definitivamente di dare seria considerazione all'evacuazione dei residenti in un
posto sicuro. Le consultazioni dovrebbero aprirsi immediatamente.
Di Fabrizio (del 21/09/2010 @ 08:57:30 in Europa, visitato 3151 volte)
by Paul Polansky
[continua]
Mercy Corps
(immagine da
oregonlive.com) Il nuovo quartier generale di Mercy Corps a Portland,
Oregon, USA. Non ci sono stati ritardi nel costruire il loro quartier generale.
IL PREMIO PROCRASTINAZIONE: disonora quella OnG di Portland, Oregon,
premiata con un contratto di 2,4 milioni di $ nel settembre 2008 per costruire
50 case per le famiglie dei campi zingari e fornire loro cure mediche contro
l'avvelenamento da piombo. Ad oggi (17 mesi dopo) Mercy Corps non ha posto
ancora un mattone né ha curato nessuna persona, nei termini del loro contratto
USAID.
Ci si meraviglia di quanto denaro vada perso. Immediatamente dopo aver
ottenuto il loro contratto da USAID, Mercy Corps stabilì un ufficio ed uno staff
a tempo pieno, ma non fece niente per gli alloggi e per curare gli zingari dei
campi. Naturalmente, Mercy Corps da la colpa alle vittime. L'ultima scusa che ho
sentito dall'ufficio di Mercy Corps è stata: "E' difficile lavorare con gli
zingari." Ma è ovvio che Mercy Corps non sta correndo per salvare questi esseri
umani.
Ho vissuto e lavorato con zingari per quindici anni. Se vuoi fare progetti
per i Rom e gli Askali, aiuta conoscere la loro cultura e mentalità. Il
Consiglio Rifugiati Danese (DRC ndr) ha lavorato con questi zingari dei
campi dal 1999 e ognuno ha potuto imparare dall'altro. Il legame tra loro è
stato il migliore che abbia mai visto nei miei dieci anni in Kosovo. Quindi,
perché è stata Mercy Corps che non aveva mai lavorato con gli zingari del Kosovo
ad aver ottenuto il contratto, e non DRC che pure aveva fatto un'offerta per il
progetto?
Naturalmente, non molte OnG e meno di tutte Mercy Corps stanno correndo per
salvare questi Rom e Askali che l'ONU ha messo su terreni contaminati circa
undici anni fa. Quindi, dov'è la "misericordia" in Mercy Corps (mercy
in inglese significa misericordia ndr). Perché non stanno cercando di essere
fedeli al loro nome?
Forse non è solo l'anima umanitaria che fa loro difetto. Forse i loro
direttori e staff stanno anche perdendo ingegno e senso comune. Oltre un anno
dopo aver ricevuto il loro contratto per costruire 50 case, MC decise di testare
il suolo per vedere se potevano costruirci sopra o se anche quello era
contaminato. La maggior parte degli architetti controlla il terreno prima di
stendere il progetto. Mercy Corps fa sempre le cose col culo? O solo quando si
tratta di salvare degli zingari?
A settembre dell'anno scorso visitai gli uffici di Mercy Corps a Mitrovica
sud, in quanto ero parte della squadra OMS (Organizzazione Mondiale della
Sanità). OMS aveva recentemente rilasciato un comunicato stampa dove nuovamente
chiedeva "l'immediata evacuazione [dei campi] appena fossero stati organizzati i
piani di rilocazione".
Il capo regionale dell'OMS chiese al capo di Mercy Corps in Kosovo perché non
avevano iniziato le costruzione? E quale fosse il piano medico che dicevano di
avere nel progetto?
Anche se si suppone che tutti i progetti USAID sostenuti dai dollari dei
contribuenti americani siano trasparenti, Mercy Corps ritiene che ogni cosa nel
loro progetto USAID sia un segreto di stato. Cominciare a costruire? Forse a
ottobre (intanto siamo già a febbraio e niente è iniziato). Soluzione
medica? Sarà rivelata in futuro. Quando? In futuro. Gli zingari
dei campi non hanno il diritto a conoscere ciò che li riguarda? In futuro.
Anche se Mercy Corps, KAAD, ACNUR ed il governo del Kosovo hanno promesso ad
ogni famiglia di ritorno nel loro vecchio quartiere che sarebbero stati curati
dall'avvelenamento da piombo, nessuno è stato curato. Non molto tempo fa un
neonato è morto, un anno dopo che i suoi genitori erano tornati nel loro vecchio
quartiere. La madre aveva lasciato Osterode con alti livelli di avvelenamento da
piombo. Non venne curata, come invece le era stato promesso alla partenza. Il
neonato è morto, come la maggior parte dei bambini avvelenati da piombo
nell'utero.
Quindi, chi sta facendo qualcosa per salvare queste persone? Sono persone,
non è così? Forse dovremmo chiedere a Mercy Corps di definirsi. Con le loro
azioni. Di sicuro MC pensa che non ci sia nessuna urgenza di salvarli. Forse
Mercy Corps pensa che non valga la pena salvare degli zingari musulmani.
Quante scuse si devono aspettare prima che qualcuno interrompa questo gioco
di insensibile compiacenza? Oppure Mercy Corps sta cercando di vedere quanti
zingari moriranno intanto che loro aspettano? Naturalmente, se aspettano
abbastanza non ci saranno più zingari da salvare. Ciò significa che Mercy Corps
può intascarsi i soldi e richiederne sempre più?
ULTIME NOTIZIE: L'Unione Europea ha appena annunciato che finanzierà
altre 90 case cosicché tutti gli zingari dei campi possano risistemarsi. Whoops!
La UE ha anche annunciato che Mercy Corps ha ottenuto l'incarico pure per queste
90 case.
ULTIMISSIME NOTIZIE: Mercy Corps ha appena confermato che il loro
nuovo partner di sviluppo per queste 140 case sarà KAAD (che non può permettersi
di spendere sette euro al giorno per salvare due bambini zingari che stanno
morendo)!
IL PREMIO LACRIME DA COCCODRILLO: disonora quell'incaricata ONU incaricata
nel 2005 di "evacuare" gli zingari di Mitrovica dai loro campi tossici. Dopo
aver preso ufficio come vice SRSG, questa signora canadese pianse davanti alle
telecamere della televisione, proclamando che nessuno zingaro dei campi sarebbe
morto sotto il suo sguardo. Ne sono morti ventinove.
Quando intervistai Patricia Waring nel 2006 con un ex giornalista della TV
canadese, Waring non smetteva di raccontare come avesse salvato le vite di circa
1.200 Albanesi dal villaggio di Hade all'aeroporto di Pristina. Anche se le loro
case mostravano crepe per le gallerie delle miniere sotto il loro villaggio,
nessuno voleva lasciare la propria terra ancestrale. Nessuno era stato offeso.
Ma Waring era determinata a salvarli. Quando si rifiutarono di andarsene, ordinò
ai poliziotti dell'ONU di portarli via forzatamente. Furono mandati a Pristina
dove erano stati affittati per loro degli appartamenti. Più tardi Waring offrì
loro l'opzione che il governo del Kosovo costruisse loro una casa nuova in un
altro villaggio, o che ogni famiglia ricevesse 45.000 euro per trovare da sé una
soluzione. Waring era così orgogliosa di questa storia che pianse per diversi
minuti di fronte alla nostra videocamera.
Waring smise di piangere quando le chiesi perché non avesse fatto la stessa
offerta ai nostri zingari nei campi le cui vite erano davvero in pericolo.
C'erano soltanto 600 zingari in fuga dalle devastazioni dell'avvelenamento da
piombo, così sarebbe costato solo la metà di quanto aveva pagato per "salvare
gli Albs".
Waring rifiutò di rispondere. Mi guardò come se fossi proprio naif. Allora le
chiesi come intendeva salvare i nostri Rom ed Askali (non c'erano Egizi nei
campi). Disse che aveva da leggere molto prima di poter affrontare la questione.
Le diedi una copia del mio libro, UN-Leaded Blood. Scosse la testa come se non
fosse nella sua lista.
L'offerta di Waring per salvare i nostri zingari risultò di spostarli da due
campi inquinati da piombo in quello che chiamo un campo "libero da piombo" dove
potessero essere curati con medicine pagate dall'Ufficio USA (e poi
dall'ambasciata USA) a Pristina. Sfortunatamente, non prevalse il buon senso. Il
suo campo "libero da piombo" era l'ex base francese chiamata Osterode, che i
Francesi avevano abbandonato a causa della contaminazione da piombo.
Poco prima di lasciare il Kosovo, a Waring venne chiesto quale fosse il suo
più importante successo nella sua posizione ONU. Dichiarò: "...il mio più grande
privilegio è stato di lavorare con la squadra che ha accelerato la chiusura dei
campi rom contaminati a Mitrovica." Ci sono voluti sette anni per chiudere due
dei campi; due sono ancora aperti.
Patricia N. Waring-Ripley lasciò il Kosovo nel 2007. Il suo contratto come
capo dell'Amministrazione Civile in Kosovo non venne rinnovato, dopo che spedì
lettere alla polizia ONU del Kosovo ordinando di riferirle di ogni attacco cono
le minoranze. Si ritirò ad Halifax, NS, Canada, ad insegnare a cucinare.
IL PREMIO MARIONETTA MAJUPI: disonora quella persona che ha venduto il suo
stesso popolo (Rom, Askali, Egizi) e poi l'ha accusato di essere ingrato verso
l'etnia albanese che l'ha cacciato dalle sue case e comunità durante l'estate
del 1999 dopo l'arrivo delle truppe NATO.
Incontrai Zylfi la prima volta nel settembre 1999, dopo che si era barricato
in casa e negava di essere Rom, mentre molti dei suoi vicini romanì fuggivano
dal ritorno degli Albanesi. Agitandosi e tremando, Zylfi spiegava di essere
solo un musulmano timorato di Dio. Un anno dopo quando gli aiuti tedeschi
iniziarono a piovere "per i Rom" nella sua città natale, Zylfi si autoproclamò
loro leader e dichiarò non solo di essere un "Rom puro", ma che la sua priorità
principale era di salvare la lingua romanì dall'estinzione.
Nel 2002 offrii a Zylfi di guidarlo verso ogni comunità zingara in Kosovo,
per visitare il suo popolo. Disse che era tropo pericoloso, anche se io e la mia
squadra romanì eravamo stati in oltre 300 mahala a portare aiuti. Anche se oltre
14.000 case di RAE (Rom, Askali, Egizi) erano state distrutte dal ritorno degli
Albanesi del Kosovo, solo qualche centinaio erano state ricostruite,
principalmente per i Rom di Prizren, la città natale di Zylfi.
Anche se i Rom nei campi tossici abbandonati a Mitrovica nord hanno chiesto a
Zylfi di visitarli, per testimoniare le loro sofferenze, lui ha rifiutato.
Invece, ha proclamato alla televisione del Kosovo che i Rom dei campi sono da
biasimare per la loro situazione.
Molti Rom dicono che Zylfi lavora solo per il suo portafoglio, e che se ci
fosse qualche aiuto o lavoro per i Rom, si assicurerebbe che lo ricevessero solo
i suoi Rom di Prizren. Nel 2009, il governo del Kosovo tenne a Pristina una
Conferenza Romanì per celebrare il Giorno Internazionale dei Rom. Non venne
invitato nessun Rom di Pristina, nessun Rom dai campi, nessun Rom da nessuna
città del Kosovo eccetto che da Prizren. Durante le cerimonie, Zylfi presentò il
Primo Ministro del Kosovo con un riconoscimento di eterna gratitudine della
comunità Rom per tutto quanto il governo aveva fatto per ...lui? Alla TV
del Kosovo, Zylfi ha affermato che i Rom sono a posto dopo l'indipendenza, non
hanno problemi. Probabilmente il 99% dei Rom kosovari non ha mai incontrato il
loro "leader". Molti Rom credono che Zylfi dica solo quello che il governo del
Kosovo vuole che dica. Anche se i Rom di Mitrovica hanno sofferto per quasi
undici in queste distese tossiche, Zylfi è stato citato dalla TV del Kosovo
dicendo, "Ritengo che tanto il sindaco di Mitrovica che il governo del Kosovo
stiano lavorando sodo perché la comunità ritorni alle proprie case." Dato che
Zylfi non ha mai visitato questa gente o la loro comunità, è ovvio che non
sappia che tutte le loro 1.200 case furono distrutte nel 1999, e che più tardi
le rovine furono spianate dall'UNMIK-KFOR. Allora il municipio di Mitrovica sud
ha reclamato per sé quei terreni, dicendo che i Rom non potevano provare che una
volta erano loro. Tra i pochi Rom che lo conoscono personalmente, Zylfi è
considerato un buffo vecchietto. Ma non c'è niente di divertente in ogni bambino
rom nato con danni irreversibili al cervello nei campi ONU, perché il loro
"leader" dice che non ha tempo di visitarli.
IL PREMIO ANTI-CRISTIANO: disonora quell'organizzazione non-governativa che
si auto-pubblicizza per promuovere la compassione, l'amministrazione
responsabile, ed i diritti basici degli esseri umani... ma fa esattamente
l'opposto. NCA viene disonorata da questo premio per aver amministrato i campi
zingari a Mitrovica su terreni contaminati per nove anni, dove sono morti 84 Rom
ed Askali, molti dei quali bambini piccoli. NCA non ha mai richiesto l'immediata
evacuazione, nonostante lo fecero l'OMS e l'ICRC (Comitato Internazionale
della Croce Rossa ndr).
Finanziata all'80% dal governo norvegese, NCA è anche partner attuativo di ACT (Action
by Churches Together) e dell'UNHCR nei campi di Mitrovica/Kosovo settentrionale
dal 1999 alla fine del 2008.
Nonostante l'NCA neghi di essere mai stata coinvolta sino al 2005 nei campi
(quando le venne assegnato un contratto a sei cifre di euro dall'UNHCR per
l'amministrazione esclusiva dei campi), la newsletter ACT del 10 ottobre 1999
pubblicava questa chicca:
Il gruppo ACT/NCA ha, su richiesta dei diritti interessati, rilevato il
controllo amministrativo dei campi rom temporanei a Mitrovica nord. E' stato
stipulato un contratto con l'appaltatore locale per costruire vicino alla città
il campo "permanente". La preparazione del sito è quasi completata, con
l'erezione dei 45 prefabbricati assegnati (costruiti in realtà con vecchi
pannelli con pitture al piombo) accompagnati da unità centrali cucine/bagni
di prossimo inizio.
In un'altra newsletter, datata 17 ottobre 1999, ACT dichiarava: Il gruppo ACT/NCA
per la sanificazione dell'acqua continua ad operare nel campo temporaneo per Rom
dispersi a Mitrovica nord.
Nell'ottobre 2000 ACT pubblicava questo breve rapporto:
Programmi ACT in Kosovo
by Rod Booth
...e due campi rom a Mitrovica nord sono stati forniti di sistema
idrico e di visite educative casa per casa istituite sull'intera area operativa.
Assistenza alle minoranze
Percepiti da molti Kosovari albanesi di ritorno come fiancheggiatori delle
forze serbe, la maggior parte dei 40.000 Rom del Kosovo sono stati costretti
alla fuga al ritorno dei Kosovari. Vicini vendicativi hanno bruciato
sistematicamente l'intera ex comunità rom a Mitrovica sud, durante le ultime due
settimane di giugno 1999. Oltre 400 dei dispersi sono rimasti senza casa a
Mitrovica nord. Su richiesta tanto dei Rom che dell'UNHCR, ACT è diventata
l'agenzia capofila nel rifornire di cibo, riparo e supporto a questo settore
vulnerabile della società kosovara.
Nel momento in cui altre OnG stanno iniziando a muoversi, i sei partner
attuativi nell'arena del Kosovo rimangono determinati a restare con la gente di
questa terra devastata, ad assisterla nel loro sforzo di ricostruire una nuova
società dalle ceneri di quella vecchia.
I PARTNER INTERNAZIONALI ATTUATIVI DI ACT IN KOSOVO
ChristianAid, GB
DanChurchAid (DCA), Danimarca
Diakonie Emergency Aid, Germania
Lutheran World Federation, Ginevra
Macedonian Centre for International Cooperation (MCIC), Macedonia
Norwegian Church Aid (NCA), Norvegia
United Methodist Church Office for Relief (UMCOR), USA
Ad agosto 2000, vennero richiesti dall'SPSG dr. Bernard Kouchner esami casuali
del sangue sull'avvelenamento da piombo nell'intera regione di Mitrovica. Gli
unici livelli di piombo pericolosi trovati furono nei campi per IDP (Persone
Internamente Disperse ndr) costruiti da ACT/NCA. La squadra medica ONU del dr.
Kouchner raccomandò la rilocazione dei campi rom in un'area a minor rischio. L'UNHCR
e i suoi partner d'attuazione ACT/NCA non risposero.
Dopo la morte di diversi bambini romanì nel 2004 ed un numero imprecisato di
donne che avevano abortito, causa complicazioni dovute all'avvelenamento da
piombo, l'ONU in Kosovo rifiutò di riconoscere che era stato scritto un
rapporto, che raccomandava la chiusura dei campi rom e recintò tutta l'area
inquinata. D'altronde, Jackie Holmboe di Norwegian Church Aid, durante un
incontro UNMIK a Mitrovica il 25 novembre 2004, confermò che NCA aveva già nei
propri archivi una copia del rapporto dal 2000.
Nel 2006, due dei quattro campi NCA furono chiusi a causa dei più alti livelli
di piombo nella letteratura medica e gli zingari vennero inviati in un altro
campo (precedentemente occupato dalle truppe francesi, quando lo lasciarono
venne detto loro di non mettere al mondo figli per almeno nove mesi, a causa dei
livelli di piombo nel loro sangue) chiamato Osterode, che era a soli 50 metri da
due degli esistenti campi zingari. L'NCA dispose un servizio di guardia 24 ore
su 24, per impedire ai giornalisti, ad esempio della ZDF (TV tedesca), di
entrare.
Sotto l'amministrazione dei campi della NCA (dal 1999 al2008) perirono più di 80
Rom in questi campi, la maggior parte a causa di complicazioni
dell'avvelenamento da piombo. NCA non ha tenuto una lista dei morti, nessun nome
è stato scritto e nessun aiuto fornito per la sepoltura. Nessuno dello staff di
NCA è mai intervenuto ai funerali. Tuttavia, i leader dei campi ed un'altra OnG
(KRRF Kosovo Roma Refugee Foundation ndr) hanno tenuto una lista di tutti
quanti sono morti sotto l'amministrazione NCA.
Per confutare le accuse che l'NCA sapeva dei pericolosi livelli di inquinamento
da piombo nei campi da loro amministrati, ma mai aveva fatto pressione sui
funzionari ONU per evacuarli e curare le persone più in pericolo (bambini sotto
i sei anni e donne incinte), l'ufficio NCA di Pristina dichiarò che da una loro
ricerca, "i Rom erano più suscettibili all'inquinamento da piombo del resto
della popolazione, e quindi dovevano conviverci."
Secondo la loro pagina web:
Norwegian Church Aid è un'organizzazione volontaria, ecumenica, che lavora
per promuovere i diritti basici degli esseri umani. L'organizzazione è radicata
nella fede cristiana. Appoggiamo chi ha più bisogno, senza differenze di genere,
convinzioni politiche, religione ed origine etnica. Le chiese e le congregazioni
norvegesi compongono i sostenitori di Norwegian Church Aid. Per ottenere
risultati durevoli operiamo con le chiese di base e altre organizzazioni locali
in tre maniere:
Progetti di sviluppo a lungo termine
Preparazione e risposta d'emergenza
Consulenza
Norwegian Church Aid agisce ritenendo che tutti gli umani siano stati
creati ad immagine di Dio, con pari valori e pari dignità. Le nostre attività si
basano su cinque valori base:
Di Fabrizio (del 27/05/2010 @ 08:50:37 in Kumpanija, visitato 2964 volte)
In attesa dell'incontro di stasera con
Paul Polansky, ecco un suo articolo su
Sagarana.net.
La segnalazione è di Alessandra Meloni
Da quasi quindici anni vivo con gli Zingari Rom dell'Europa orientale per
mettere insieme le loro storie orali. Ho vissuto con loro anche in qualità di
poeta, romanziere e attivista per i diritti umani. Ma recentemente la maggior
parte della mia vita è stata impegnata a registrare le loro storie, tradizioni e
costumi.
Ho iniziato a mettere insieme le loro storie quasi per caso dopo aver scoperto
in un archivio ceco, 40 mila documenti su un campo di sterminio per zingari
esistente nel sud della Boemia durante la seconda guerra mondiale. Dal momento
che il campo era stato costruito e gestito da cechi, il governo stava ancora
cercando di occultare ciò che era accaduto lì nel 1942-1943, sostenendo che non
c'erano sopravvissuti. Anche il Presidente Havel in persona disse che non
c'erano sopravvissuti, anche se io scoprii successivamente che in molti gli
avevano scritto per avere il suo aiuto nel rivendicare il diritto ad una
indennità. Quindi queste furono le prime storie orali che raccolsi sui Rom, più
di cento dopo un anno trascorso a cercare e trovar sopravvissuti.
Negli ultimi dieci anni ho vissuto in Kosovo e Serbia, come capo della
delegazione per la Society for Threatened Peoples. In quel periodo ho filmato
più di 200 interviste ai Rom in tutte le repubbliche della ex Yugoslavia. Da
questo progetto di tre anni sono risultati tre volumi (1,553 pagine), il cui
titolo è “ONE BLOOD, ONE FLAME: the oral histories of the Yugoslav Gypsies
before, during and after WWII.”
Di recente, mi sono recato in Bulgaria per intervistare dei vecchi Rom ed
espandere così le mie ricerche nei Balcani. Mi sono concentrato in particolare
sugli insediamenti dei Rom sulle montagne lungo il confine con la Grecia. Fino a
30 anni fa quella era un'area in cui molti zingari viaggiavano ancora con
cavalli ed carri, vivendo in tende, spostandosi di villaggio in villaggio per
vendere i loro prodotti tradizionali, coma cesti, calderoni, cucchiai di legno,
ed ombrelli fissi.
Mi sono anche interessato ai Rom che vivono nelle vicinanze di montagne
innevate, perché molti dei primi insediamenti di zingari in Europa erano di
fronte a cime innevate: dal monte Ararat nella Turchia orientale a Granada nella
Spagna meridionale. Come affermano molti antropologi specializzati in
migrazioni, i pionieri trovano quasi sempre una terra che ricordi il loro paese
d'origine.
La maggior parte delle persone sbaglia pensando che gli zingari siano nomadi. La
maggior parte di loro non è mai stata costantemente in viaggio. La maggior arte
di loro viaggiava nei mesi estivi per vendere gli oggetti che facevano durante
l'inverno a casa. Dalla primavera inoltrata fino all'inizio dell'autunno,
viaggiavano di mercato in mercato per vendere cesti di giunchi, ferri di
cavallo, briglie, setacci e tamburelli. Altri zingari viaggiavano nello stesso
periodo in cerca di lavori stagionali nei campi: piantare, zappare e fare il
raccolto.
Una delle migliori storie che ho messo insieme sui Rom che vivono in abitazioni
fisse è la leggenda del serpente domestico. Per molti anni ho creduto che solo i
rom kosovari credessero in questo mito. Ma nell'ampliare il mio progetto sulle
storie orali dalla ex Yugoslavia all'Albania, alla Grecia e alla Turchia, ho
scoperto che la maggior parte dei Rom crede ancora di avere un serpente che vive
nelle fondamenta delle case e che protegge la famiglia.
Alcuni dicevano che il serpente era tutto nero, altri che aveva la pancia
bianca. Alcuni lo chiamavano il Figlio di Dio, altri il Figlio della Casa.
Alcuni pensavano che ogni notte uscisse e strisciasse su tutte le persone che
dormivano in casa per proteggerle e portar loro fortuna. Molte di queste storie
sul serpente domestico differivano per alcuni dettagli, ma tutte concordavano su
una cosa: se il serpente domestico fosse stato ammazzato, qualcuno della
famiglia sarebbe morto e per molti anni ci sarebbe stata sfortuna.
Tutti gli zingari che ho intervistato sulle montagne in Bulgaria ancora
credevano nel serpente domestico; e ciascuno di loro aveva una storia da
raccontare su qualcuno che era morto perché un membro della sua famiglia aveva
ammazzato il serpente domestico.
Senza dubbio questa leggenda viene dall'antica India, dove, in molte aree,
vedere un serpente è ancora considerato di buon auspicio. I serpenti uccidono i
parassiti; i parassiti portano malattie; le malattie uccidono. Per cui se uccidi
il tuo serpente domestico, qualcuno nella tua famiglia potrebbe morire di
colera. Ma a mio avviso l'aspetto più importante di questa tradizione è che essa
ci rivela che gli zingari vivevano in abitazioni prima della grande diaspora. I
nomadi che per tutto l'anno vivono in tende non hanno un serpente che vive nelle
fondamenta domestiche.
Durante il mio recente viaggio in Bulgaria, è stato eccitante per me scoprire
che le famiglie Bulgare da noi intervistate (o almeno i loro antenati)
utilizzavano ancora gi stessi rimedi fatti in casa per curare le malattie. Il
più comune rimedio fatto in casa dai Rom bulgari consisteva nel mettere un
topolino appena nato in una bottiglia di acqua e poi, dopo diversi giorni,
utilizzare quest'acqua, poche gocce alla volta, per curare il mal d'orecchi,
specialmente nei bambini. I Rom kosovari, d'altro canto, mettono un topolino in
una bottiglia di olio, ma non usano quest'olio finché il topo non si è
completamente decomposto, il che a volte avviene anche dopo un anno. Ma tutte le
nonne hanno giurato sul sole che la medicina del topolino, come cura per il mal
d'orecchi, era migliore di qualunque altro prodotto farmaceutico usato oggi.
A proposito del Sole, esso è sempre stato uno degli argomenti che affronto
quando intervisto gli zingari. Soprattutto sulle montagne della Bulgaria, ogni
volta che parlavo di religione, ottenevo la stessa risposta: “Noi crediamo al
Sole e a Dio.”
Da diversi anni porto avanti l'idea che gli zingari fossero originari di due
aree diverse, prima di unirsi. Un'area, come ho già detto, deve essere stata una
terra vicino ad una qualche cima innevata. L'altra zona deve essere stata dove
veniva adorato il sole.
All'inizio del secolo scorso, sulla rivista della Gypsy Lore Society in Gran
Bretagna, fu pubblicato un articolo di una pagina di un missionario cristiano a
cui era stato chiesto di trovare zingari in quest'area e chiedere loro da dove
provenissero originariamente. Questo missionario, che lavorava nella Turchia
orientale, disse che gli zingari da lui trovati si autodefinivano Dum. Alcuni
dissero di provenire dalla Cina, altri dal piccolo Egitto.
Nessuno aveva mai menzionato la Cina in precedenza come luogo di origine degli
zingari, mentre il piccolo Egitto era già storia conosciuta. Nel 15° secolo,
quando bande di zingari stavano già viaggiando per l'Europa centrale e
occidentale, i loro capi dicevano di provenire dal Piccolo Egitto. Perciò essi
furono chiamati (ed in molte zone vengono tuttora chiamati) Egyptians (egiziani)
o Gypsies (zingari).
Ma dove si trovava il piccolo Egitto? Dalle mie ricerche ho ragione di credere
che si trattasse di Multan, l'antica capitale del Punjab, dove per tre secoli,
all'incirca dal 950 al 1250, gli esiliati egiziani musulmani governarono la
città. Infatti a quei tempi, i gruppi consistenti di esiliati erano soliti
chiamare la loro nuova terra dal nome del loro vecchio paese; di qui Piccolo
Egitto.
Ma Multan a quel tempo aveva anche il più famoso tempio del Sole in India, che
attirava non solo pellegrini da ogni parte del sub-continente, ma anche orde di
accattoni e venditori ambulanti. Nel 985 gli egiziani del luogo (che erano
fondamentalisti islamici rigidi) distrussero il tempio del Sole, scacciando
tutti i mendicanti e i venditori ambulanti e chiunque adorasse il Sole. E questo
avvenne più o meno in contemporanea col periodo in cui, secondo gli studiosi,
gli zingari avrebbero iniziato la loro diaspora dall'India antica.
Il primo scalo dopo aver lasciato l'India fu Kabul, Afghanistan, dove ancora
oggi la maggior parte degli zingari qui stanziati (ed anche in Asia, Armenia e
Georgia) vengono chiamati Moultani.
Oggi la maggior parte dei Rom in Kosovo e sulle montagne della Bulgaria sono
musulmani e giurano sul Corano. Ma tutti ammettono di giurare anche sul Sole di
tanto in tanto, come facevano i loro antenati.
E' risaputo che la maggioranza dei Rom adotta la religione professata nell'area
in cui si stabiliscono. Pertanto, quelli stanziatisi in un paese cattolico di
solito diventano cattolici, mentre quelli stanziatisi in un paese musulmano
giurano fedeltà all'Islam. I primi zingari arrivati nei Balcani diventarono
ortodossi.
Sebbene i Rom non abbiano una storia scritta, molti ancora ricordano le storie
che raccontavano i loro antenati. Un vecchio Rom kosovaro disse che suo nonno
gli aveva detto che quando i Rom lasciarono la terra natia (non sapeva dove
questa fosse), erano buddisti. Avevano viaggiato verso ovest, in cerca di
lavoro. Quando erano arrivati in Armenia, era stato offerto loro un lavoro nei
Balcani, ma prima si sarebbero dovuti convertire al cristianesimo. Dovevano
diventare ortodossi.
Credo che il primo documento in cui vengono menzionati gli zingari nei Balcani
provenga da un monastero sul monte Athos. Guardando tutti quei monasteri
arroccati sui fianchi dei precipizi, si capisce come sia stato necessario
utilizzare parecchia manodopera importata per costruirli. Ma in tutta l'area
balcanica, specialmente in Bulgaria, Macedonia e Serbia, laddove ho trovato un
monastero risalente al periodo tra l'11° e il 14° secolo, ho sempre scoperto che
la comunità più vicina era un insediamento di zingari. A volte restano solo
poche abitazioni, ma altre volte ci trovo una grossa comunità. I vecchi Rom in
una comunità mi dissero che, secondo la loro tradizione orale, i loro antenati
erano stati portati come schiavi per costruire i monasteri del luogo.
Successivamente, dopo l'arrivo dei turchi, i loro antenati si erano convertiti
all'Islam. Alcuni avevano sentito dire che i loro antenati erano cristiani.
Eppure ancora oggi essi giurano sul Sole.
E per quanto riguarda i riferimenti alla Cina? I Rom sicuramente non presentano
le tipiche caratteristiche dei cinesi, sebbene io debba ammettere che in alcune
rare occasioni mi sono imbattuto in dei Rom che avevano gli occhi decisamente a
mandorla e gli zigomi piuttosto alti.
In realtà avevo scordato quel riferimento alla Cina durante una intervista,
nella Turchia orientale, ad un quartiere di zingari che si rifiutavano di
ammettere che erano zingari o Rom. La persona che me li aveva presentati disse
che in Turchia era una infamia essere conosciuti come zingari, perciò queste
persone si autodefinivano “musicisti per i matrimoni”.
Successivamente, dopo che il mio assistente – un Rom kosovaro-ebbe suonato le
percussioni con loro e che si furono convinti che appartenevano allo stesso
popolo, iniziammo a confrontare la loro lingua e quella dei Rom kosovari.
Sebbene le due lingue fossero sostanzialmente diverse, molte parole erano
identiche al punto che entrambi decisero che i rispettivi antenati dovevano aver
parlato la stessa “lingua segreta”. Quindi chiesi loro come si chiamasse questa
loro lingua segreta. Ed essi dissero il Domaaki.
Non ho mai pensato molto al nome con cui chiamavano la loro lingua segreta fin
quando non ho fatto una ricerca su internet. Ragazzi, che sorpresa! Il Domaaki è
la lingua parlata dalla casta bassa di musicisti e fabbri nella valle di Hunza
nel nord del Pakistan (India antica). La valle di Hunza confina con la Cina e da
parecchi punti della valle di Hunza si ha una bella vista sull'Himalaya
innevato. L'area era un tempo una roccaforte della religione buddista.
In Bulgaria, passando in macchina attraverso le montagne da Yakoruda verso
Razlog, c'è una striscia di terra con rigogliosi campi verdi sotto le
torreggianti cime innevate dei monti Pirini. Non lontano si trova Rila, il più
famoso monastero in Bulgaria, costruito originariamente nel 927 e poi
ricostruito nel 1335. A badare al campo ed a raccogliere patate vedemmo le
stesse facce scure che oggi si vedono nelle foto di Hunza e del vicino Kashmir.
Ad ogni modo, fu sempre sulle montagne bulgare che trovai degli zingari che
ancora credevano ai vampiri. Nell'India antica molte caste basse credevano che i
“mulos” (zingari morti) tornassero per importunarli e perseguitarli. Una volta
arrivati nei Balcani, quella superstizione indiana si adattava così bene alle
locali storie di vampiri che oggi esse sono diventate interscambiabili.
Paradossalmente, oggi molti zingari balcanici diranno che non credono nella
chiromanzia o nella magia nera (sebbene molti Rom kosovari lo facciano ancora).
Ma quando si parla di credere ai vampiri, la maggior parte dei Rom adulti
giurano sugli occhi dei loro figli che hanno visto un vampiro. Una donna a
Peshtera, Bulgaria, ci disse che una notte, tornando da un altro villaggio in
cui si era recata per vendere cesti, un uomo iniziò a camminarle accanto. Non la
toccò, ma un momento era un uomo, subito dopo era un cane, poi una mucca. La
donna era sicura che fosse un vampiro: non le aveva fatto nulla, ma lei si era
spaventata molto.
Un'altra Rom, a Septemvri, Bulgaria, ci disse di aver conosciuto un uomo una
volta. Si chiamava Teke Babos ed era un vampiro. Lei lo aveva visto un anno dopo
che era morto. Era molto alto ed indossava scarpe nere ed una giacca nera. Aveva
un frustino in mano. Le unghie erano molto lunghe. Lei lo vedeva solo se era da
sola, e solo da mezzanotte alle 4 del mattino. Anche stavolta, lui non le aveva
fatto nulla. Ma molte storie che ho sentito nel corso degli anni sono piene di
sangue e ferite.
Sebbene molte delle tradizioni originarie dell'India antica siano andate
perdute, ce ne sono ancora abbastanza per identificare le tribù e le caste
d'origine di molti Rom. Oggi la maggior parte della gente crede che i Rom siano
tutti uguali. Ma non lo sono. Se c'è una tradizione generale che gli zingari
hanno mantenuto dall' antica India, è quella relativa all'identità delle tribù e
delle caste. Nei Balcani ci sono più di 50 gruppi diversi di zingari. Sebbene
essi possano avere tradizioni affini e parlare lingue simili, la maggior parte
sa di non essere uguale agli altri e non vi sono matrimoni misti né rapporti.
Secondo il vecchio sistema indiano delle caste, essi si identificano dalla
professione ereditata dai loro antenati. Il nome del gruppo è di solito il nome
indiano della casta tradotto nella lingua locale parlata dove vivono oggi. Ad
esempio, il nome della casta dei Lohar, che erano fabbri provenienti dall'India
antica e che oggi vivono nei Balcani, è stato tradotto in “Kovachi”, che è la
parola slava per “fabbro”. Ad ogni modo, alcuni Rom hanno in realtà continuato a
definire la propria casta con il nome indiano originario, sebbene l'ortografia e
la pronuncia potrebbero essere un po' diversi. Un esempio è costituito dai
Gabeli in Kosovo, il cui nome d'origine indiano per la casta era Khebeli.
Non è solo il vecchio nome della casta ad identificare una certa tribù, ma anche
certe tradizioni. Ad esempio, molti Rom kosovari e bulgari credono che quando
una persona muore si debba raccogliere una grossa pietra da un fiume pulito e
metterla sulla tomba del defunto. Essi credono che questo sia l'unico modo in
cui il defunto può ottenere l'acqua in cielo. Come mi ha detto una vecchia donna
Rom, va bene mendicare sulla terra, ma non in cielo. Sebbene il numero di giorni
in cui la pietra deve stare sulla tomba possa variare da un giorno ad un anno,
la tradizione è identica ed è praticata solo dai Gond nell'India centrale.
Un'alta tradizione che faccio risalire ai Gond è quella di pagare per il latte
materno quando si compra una sposa. La maggior parte dei Rom nei Balcani ancora
pratica la compravendita delle spose (un'usanza proveniente per lo più dal
sud-est dell'India nell'area di Multan!). Ma anziché definirlo un acquisto
diretto come quello di una mucca, essi pretendono di pagare per il latte che la
madre ha dato alla sposa quando era in fasce.
Un'altra tradizione (in realtà un bluff) che sono riuscito a far risalire dai
Balcani ad una casta semi-nomadica nell'attuale Punjab è quella di succhiare via
i vermi bianchi dal naso o dalle orecchie dei bambini per curare il mal
d'orecchi. Sebbene molte anziane donne Rom nei Balcani erano solite andare di
villaggio in villaggio a succhiare i vermi fuori dalle orecchie dei figli di
ignoranti gadjos (non – Rom), molti Rom credono ancora che non sia un raggiro e
pagherebbero per farlo fare quando i loro figli sono malati. Ma è una truffa. La
“dottoressa” zingara in realtà si infila dei vermi bianchi in bocca,
nascondendoli di soliti in una cavità dentale, e poi finge di succhiarli via
dall'orecchio del bambino con una cannuccia. E' un'antica tradizione della tribù
dei Sansis in Punjab ed è tuttora praticata lì.
Sebbene agli zingari che vivono in Europa abbiano svariati nomi, come Rom, Kali,
Sinti, Manoush, ecc. ecc., non è difficile tracciare a ritroso il loro percorso,
villaggio dopo villaggio, fino ad arrivare al paese d'origine. Una volta lo
feci, dalla Repubblica Ceca all'Iran. La maggior parte dei Rom non hanno mai
sentito dire da dove il loro popolo provenisse prima di stanziarsi in Europa, ma
sanno da quale villaggio i loro antenati sono partiti per arrivare a quello in
cui si trovano ora, ed quello si trova sempre in direzione di un ritorno
all'India. Nel tentativo di spostarsi ad ovest, gli zingari hanno sempre
lasciato dietro alcune famiglie. Dalla Repubblica Ceca ho tracciato a ritroso il
percorso di una famiglia fino ad un villaggio nella Slovacchia orientale. In
quel villaggio mi fu detto che i loro antenati provenivano da un villaggio in
Ungheria. In Ungheria, fui mandato ad un villaggio in Croazia, e di lì in Bosnia
e Montenegro. Dal Montenegro fui mandato a trovare dei cugini perduti in
Macedonia, e dalla Macedonia alla Bulgaria; e dalla Bulgaria alla Grecia. In
Grecia fu più difficile trovare qualcuno che avesse memoria di posti reali in
Turchia, ma seguendo la professione della loro casta, fu possibile allacciarsi
allo stesso tipo di zingari in Turchia. Dopo fu facile spostarsi di villaggio in
villaggio fino ad arrivare in Iran. Ma nella Turchia orientale, quando trovai i
“musicisti per matrimoni, fu possibile saltare direttamente indietro alla Valle
di Hunza sul confine cinese.
Sebbene debba ancora intervistare parecchi zingari nei Balcani e nel resto
dell'Europa, sto progettando di recarmi nella valle di Hunza ad ottobre,
portando con me non solo la mia videocamera, ma anche il kit per il test del
DNA. Le tradizioni, e persino la lingua, possono essere adottate. Ma il DNA non
mente. Solo allora sarò in grado di dimostrare alcune delle mie ricerche e di
dar credito alle storie orali degli zingari. E soprattutto, di dimostrare che è
valsa la pena di salvarli.
Paul Polansky, scrittore e storico, è uno dei più importanti poeti statunitensi
“in esilio”, autore di diverse raccolte poetiche e romanzi di forte impegno
civile, dedicandosi negli ultimi anni soprattutto alla drammatica situazione dei
rom residenti nel Kosovo, vittime di avvelenamento per il piombo rimasto nel
sottosuolo dalle guerre precedenti e ignorati anche dalle Nazioni Unite che
dovrebbero protteggere la loro incolumità fisica, soprattutto quella dei
bambini, le vittime più numerose. Questa poesia, “Il mio lavoro”, è un esempio
della produzione poetica fortemente politica e umanitaria di Polansky. Nel 1994
il Comune di Weimar, in Germania, ha concesso a Paul Polansky il prestigioso
Human Rights Award, consegnatogli dal Premio Nobel Günther Grass.
QUANDO MILIONI DI GIOCATTOLI fabbricati in Cina furono recentemente
richiamati per paura di avvelenamento da piombo, Time magazine, CNN e la maggior
parte dei media ne fecero una notizia da prima pagina. Dottori di tutto il
mondo furono citati per come la pittura al piombo potesse causare danni al
cervello e agli organi, specialmente in bambini sotto i sei anni di età il cui
sistema immunitario non era ancora pienamente sviluppato. Ma nessun media a suo
tempo ha menzionato una parola sul peggior caso di
avvelenamento da piombo nella
storia medica: i campi ONU per persone internamente disperse (IDPs) nel nord
Kosovo.
Forse per la maggior parte dei giornalisti, i campi di morte ONU non sono una
nuova storia anche se le morti continuano a crescere. Ne ho scritto
sull'International Herald Tribune. In seguito a questo, la ZDF (TV tedesca) fece
un breve programma sui campi, e così fece Aljazeera. Bild Zeitung, il più
diffuso giornale tedesco, non solo raccontò la storia, ma chiamo otto bambini
(dopo che la loro madre ed un fratello erano morti di avvelenamento da piombo) in Germania per
trattamenti medici dove le scansioni mostrarono che i bambini avevano gli organi
danneggiati e danni irreversibili al cervello.
Questo è come successe
Il 16 giugno 1999, quattro giorni dopo l'arrivo delle truppe NATO, bande di
estremisti Albanesi, guidate dagli ufficiali in uniformi nere dell'Armata di
Liberazione del Kosovo, attaccarono quasi tutte le comunità Rom in Kosovo. Agli
Zingari fu detto di fuggire o che sarebbero stati uccisi. Su di una popolazione
anteguerra di circa 130.000, oltre 100.000 Rom nei seguenti tre mesi lasciarono
il Kosovo.
Dopo la loro partenza, più di 14.000 case Zingare furono saccheggiate e poi
distrutte.
Le truppe NATO rifiutarono di intervenire, dicendo che era un problema della
polizia locale. Ma a quel tempo non c'era polizia locale. I Serbi che
costituivano la polizia locale erano stati costretti dalla NATO a ritirarsi in
Serbia.
Ho personalmente assistito a parte di questa diaspora, perché nel luglio 1999
l'ONU mi chiese di recarmi volontario in Kosovo e consigliarli sui problemi Rom.
Per tre mesi, sono stato l'unico non-Zingaro a vivere 24 ore al giorno nel più
grande campo ONU, Obilich. Durante il giorno, mi recavo spesso dove gli Zingari
erano stati minacciati. Ho visitato particolarmente la più grande comunità
Zingara in Kosovo, a Mitrovica sud. Là una comunità di oltre 8.000 Zingari (Rom,
Askali ed Egizi) che vivevano in oltre 1.000 case erano state costrette a
fuggire sotto l'occhio delle immobili truppe NATO.
La maggior parte degli Zingari di Mitrovica scappò all'estero. Circa 1.000
trovarono rifugio in una scuola serba chiusa per le vacanze estive. Per alcuni
mesi organizzai acqua e cibo attraverso diverse agenzie di aiuto per questi
Zingari accampati nella scuola.
Nel novembre 1999, l'UNHCR si prese carico di loro e li trasferì in quattro
campi costruiti su di un terreno tossico, gli unici posti che l'ONU disse erano
disponibili. Protestai, chiedendo l'attenzione degli ufficiali ONU - e
specialmente dei capi dell'UNHCR a Pristina - sul fatto che queste aree
intossicate potevano essere di detrimento alla salute di questi IDPs. L'UNHCR mi
rassicurò dicendo che avevano firmato contratti con le municipalità locali,
assicurando che gli IDPs sarebbero stati nei campi per soli 45 giorni. Alla fine
di questi 45 giorni, avrebbero avuto ricostruite le loro case e vi avrebbero
fatto ritorno, oppure sarebbero stati mandati come rifugiati in un altro paese
estero. Sfortunatamente, dopo quasi nove anni e molte morti, a causa
dell'avvelenamento da piombo, gli IDPs vivono ancora su un terreno contaminato.
Durante l'estate del 2000, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) fece
un'indagine medica a Mitrovica, perché a molti poliziotti ONU e soldati francesi
furono trovati alti livelli di piombo nel sangue. Nel novembre 2000, l'OMS
presentò un rapporto sanitario, dichiarando che la maggior parte di chi viveva a
Mitrovica soffriva di avvelenamento da piombo. Il rapporto dichiarava che gli
effetti peggiori si producevano sugli Zingari che vivevano nei campi ONU e
raccomandava che i campi fossero evacuati e cintati così che nessuno potesse
accedervi accidentalmente. Bernard Kouchner, l'attuale Ministro degli Esteri
francese, era allora a capo dell'UNMIK. Disse agli autori del rapporto sanitario
che lui era un dottore e comprendeva il pericolo di avvelenamento da piombo.
Promise di prendere misure appropriate. Ma l'unica cosa che fece fu di chiudere
la fonderia nelle vicine miniere di Trepca. Non evacuò e non chiuse i campi
Zingari dove i livelli di piombo erano tre volte più alti della popolazione
generale.
Invece di chiudere i campi Zingari, l'ONU costruì una pista che divideva due
dei campi dai depositi di scorie tossici. Poi l'ONU mise cartelli in quattro
lingue chiamando questa pista l'Alleato della Sanità. L'ONU costruì anche un
campo da calcio ed uno da basket per i bambini Zingari accanto a 100 milioni di
tonnellate di rifiuti tossici. Non venne detto loro che tramite questi sport,
con l'apertura dei polmoni, sarebbero stati più vulnerabili all'avvelenamento da
piombo.
Nonostante i ripetuti appelli per aiutare gli Zingari, specialmente quanti
vivevano nei tre campi nell'area nord di Mitrovica, l'ONU fece esattamente
l'opposto. Gli aiuti sul cibo vennero sospesi nel 2002, dicendo che era tempo
che provvedessero loro ai rifornimenti. Nel campo di Zitkovac venne tagliata per
sei mesi la fornitura d'acqua perché gli amministratori del campo - il partner
ONU, Chiese al Lavoro Assieme - trovarono che gli Zingari usavano troppa acqua.
Alla fine, gli Zingari di Zitkovac dovevano camminare per quattro km. due volte
al giorno per prendere l'acqua potabile. In tutti i tre campi la maggior parte
degli Zingari doveva passare dalla discarica per trovare il cibo.
Nell'estate del 2004, l'OMS fece un'indagine speciale nei tre campi dopo che Jenita Mehmeti,
una bambina di quattro anni,morì per avvelenamento da piombo. Non era la prima.
Sino allora in 28 (soprattutto bambini e giovani adulti) erano morti nei tre
campi, ma Jenita fu la prima ad essere curata per avvelenamento da piombo prima
che morisse. Nuovi esami del sangue presi dall'OMS mostrarono che molti bambini,
i più vulnerabili all'avvelenamento, avevano livelli più alti di quanto la
macchina potesse registrare.
I trattamenti medici a riguardo richiedono l'immediata evacuazione dalla
fonte di avvelenamento e l'ospedalizzazione se i livelli di piombo superano i 40 mg/dl.
Danni irreversibili al cervello iniziano di solito a10 mg/dl, specialmente in
bambini sotto i sei anni di età il cui sistema immunitario deve ancora
svilupparsi. Molti dei livelli di piombo nei bambini dei tre campi erano oltre i
65 mg/dl, i livelli più alti che la macchina dell'OMS potesse leggere. Lo staff
dell'OMS sospettava che alcuni bambini (a causa dei loro sintomi) avessero
livelli di piombo tra gli 80 e i 90. Come risultato, un bambino di sette anni
aveva livelli di 120 mg/dl, il più alto nella storia medica.
Nel novembre 2004, l'OMS presentò all'UNMIK il suo rapporto sanitario sui
campi Zingari, raccomandandone l'immediato sgombero. Anche se c'erano dei
precedenti, quando l'ONU evacuò migliaia di Albanesi e Serbi del Kosovo quando
si trattava di fatti che minacciavano la loro vita, questi Zingari non vennero
evacuati. L'unica misura presa dall'ONU fu di iniziare incontri bimensili tra le
agenzie ONU ed altre OnG per studiare il problema. Anche se molte OnG, compreso
il Comitato Internazionale per la Croce Rossa, firmarono una petizione per
chiedere all'ONU l'immediato sgombero di questi "campi della morte", l'ONU non
prese nessuna decisione sino al 2006.
Nel gennaio 2006 l'ONU chiuse uno dei campi e spostò le 35 famiglie in una
nuova località, a circa 50 metri dal vecchio campo. La nuova sistemazione venne
chiamata Osterode. Era un'ex base NATO francese a nord Mitrovica, ma era stata
abbandonata quando a molti soldati fu diagnosticato l'avvelenamento da piombo.
Infatti, ai soldati francesi i medici dissero di non avere figli per nove mesi
da quando avessero lasciato il campo a causa degli alti livelli di piombo nel
loro sangue.
Tuttavia l'ONU, nella sua saggezza, ha speso oltre 500.000 € (donati dal
governo tedesco) per risistemare questo campo. Immaginando che la maggior parte
dell'avvelenamento da piombo venisse dal suolo, l'ONU ha cementato tutta l'area,
ottenendo un certificato dal Centro per il Controllo del Disagio (CCD),
un'agenzia fondata dall'ONU, che il campo era "libero da piombo". Anche se tutti
questi campi sono stati costruiti sopra le vene delle miniere di Trepca, la
maggior parte dell'inquinamento da piombo arriva tramite l'aria, da 100 milioni
di tonnellate di scorie di fronte ai campi.
A settembre 2006, durante la sua prima conferenza stampa come capo dell'ONU
in Kosovo, Joachim Ruecker annunciò orgogliosamente che l'ONU stava facendo
qualcosa per gli Zingari che morivano per il piombo. Oltre a spostarli ad
Osterode, che era stato dichiarato non libero dal piombo ma "più libero dal
piombo", l'ONU iniziò a trattare gli intossicati con una dieta migliore. Per la
prima volta dopo quattro anni, vennero forniti aiuti alimentari agli Zingari,
che così non dovevano più recarsi alle discariche. L'ufficio USA di Pristina
dono 1.000.000 di $ per questa "dieta migliore".
E' ben noto ai medici che una dieta appropriata può diminuire i livelli di
piombo del 20%, ma solo se la persona affetta viene rimossa dalla fonte di
avvelenamento. Nel caso degli Zingari infettati, ridurre il loro livello di
piombo del 20% li avrebbe lasciati lo stesso con livelli pericolosamente alti.
Per la prima volta in quattro anni, l'ONU procurò uno staff medico giornaliero
per visitare gli Zingari. Sfortunatamente, l'avvelenamento da piombo può essere
curato solo se il paziente viene allontanato dalla fonte di inquinamento.
Con la primavera 2006, furono chiusi due campi (Zitkovac e Kablare) ed oltre
100 famiglie vivono ora ad Osterode. Dopo tre mesi, vennero fatti gli esame del
sangue e, secondo l'UNMIK, la salute degli Zingari andava migliorando, grazie
alla nuova dieta ed i livelli di piombo stavano scendendo. Però, l'OMS e l'UNMIK
rifiutarono di mostrare al pubblico o alle stesse famiglie Zingare la copia di
questi esami del sangue.
Nel 2006 l'ONU annunciò che l'unica soluzione per gli Zingari che vivevano
sui terreni tossici era ricostruire le loro case nel loro vecchio quartiere e
spostarli là. Così l'ONU chiamò diversi donatori internazionali per ricostruire
alcune case Zingare e diversi blocchi di appartamenti, con la promessa di
spostare gli Zingari infettati dal piombo al loro vecchio quartiere.
Sfortunatamente, come queste case furono completate tra l'estate e la fine del
2006, l'ONU non diede gli appartamenti a chi viveva nei campi avvelenati, ma
principalmente a Zingari rifugiati del Kosovo che l'ONU voleva rimpatriare dalla
Serbia e dal Montenegro, per mostrare che la politica di ritorno dei rifugiati
stava funzionando.
Nell'aprile 2007, vennero interrotti tutti gli aiuti medici ed alimentari,
perché l'ONU disse di non avere più fondi. Un'altra volta gli Zingari furono
costretti a trovare il cibo nelle discariche. Ma il peggio doveva ancora
arrivare.
Dato che molti bambini ad Osterode e nel vicino campo di Cesmin Lug
mostravano segni comuni (piombo nei denti, vomito giornaliero e perdita della
memoria), i leader del campo insisterono per nuovi esami del sangue nell'aprile
2008. Esami a caso su 105 bambini mostrarono risultati vacillanti. Per molti
bambini del campo ONU "più libero dal piombo" di Osterode, i loro livelli di
piombo erano raddoppiati dal loro trasferimento nell'ex base francese.
Visto che l'ONU, l'UNHCR e l'UNHCHR si rifiutavano di aiutare questi
cittadini del Kosovo, mi sono appellato direttamente al Ministro della Sanità
del neo dichiarato stato del Kosovo. Alush Gashi non è soltanto un dottore, ma
anche un mio amico personale da anni. Una volta viveva e lavorava a San
Francisco. Non solo gli ho scritto una mail, ma l'ho cercato anche nel suo
ufficio, pregandolo di aiutare questa minoranza di cittadini. Lui capisce il
problema. Conosce la situazione. Come dottore sa che questi Zingari devono
essere evacuati immediatamente. Dice che il suo governo vuole aiutarli, ma
sinora non hanno offerto nessun piano concreto.
Dal 2005 abbiamo cercato di obbligare l'ONU ad aiutare questi Zingari. Un
avvocato americano, Dianne Post, ha tentato di citare l'ONU a nome delle diverse
centinaia di Zingari che vivono nei campi. La sua causa contro l'ONU al
tribunale dei Diritti Umani di Strasburgo è stata rigettata perché la corte ha
dichiarato che solo uno stato, non un'organizzazione, può essere accusato. Anche
se l'ONU era l'unico amministratore del Kosovo, il tribunale ha deciso che non
poteva essere accusato. Ma ora che il Kosovo è finalmente un paese indipendente,
può essere citato per negligenza, discriminazione ed omicidio non premeditato.
L'ONU ha una politica di compensazione per problemi simili. Ma gli avvocati
ONU, per tre anni, hanno rifiutato di cooperare nel cercare una compensazione
per gli Zingari o risolvere i loro problemi di salute. L'ONU non nega le proprie
responsabilità ma rifiuta di rispondere sul proprio ruolo e sulle proprie norme.
Nel 2005 la Società per i Popoli Minacciati, la più grande OnG in Germania dopo
la Croce Rossa, ha portato in Kosovo il massimo esperti tedesco
sull'avvelenamento tossico, il dottor Klaus Runow. Anche se l'ONU ha provato ad
escluderlo dai campi, ha potuto raccogliere 60 campioni di capelli dai bambini
Zingari. Spedì i campioni ad un conosciuto laboratorio di Chicago. I risultati
mostrarono che non solo molti dei bambini avevano i più alti livelli di piombo
nella storia medica, ma che tutti avevano anche livelli di avvelenamento di
altri 36 metalli pesanti. Nel tentare di difendersi, il personale ONU rispondeva
che l'avvelenamento da piombo dipendeva dal fatto che gli Zingari fondevano le
batterie delle auto. D'altra parte, il dottor Runow puntualizzava che nessuno di
questi metalli pesanti si trovava nelle batterie delle auto.
Il dottor Rohko Kim, impiegato all'OMS di Bonn, venne raccomandato dall'ONU
sulla questione. Anche se aveva ordini di non dare interviste o informazioni sui
campi Zingari, potei parlare con lui. Gli chiesi se l'avvelenamento dipendeva
dallo smaltire le batterie delle auto. Mi rispose di no. Mi disse che la maggior
parte dell'avvelenamento proveniva dalla polvere tossica dei depositi di scorie
e dal fatto che i campi erano costruiti sopra il terreno delle miniere. Disse
che ogni bambino concepito nei campi avrebbe avuto danni irreversibili al
cervello. Disse che avevamo già un'intera generazione di bambini Zingari
avvelenati dal piombo. In un discorso pronunciato nel 2005 all'OMS, UNMIK e al
Ministero della Sanità del Kosovo, il dottor Kim disse: "L'attuale situazione
della comunità Rom che vive ora nei campi è estremamente, estremamente seria. Ho
personalmente fatto ricerche sull'avvelenamento da piombo dal 1991, ma non ho
mai visto nella letteratura una popolazione con livelli di piombo nel sangue
così alti. Credo che il caso di Mitrovica nord sia unico, mai visto prima nella
storia. Questo è la più grave catastrofe connessa al piombo nel mondo e nella
storia." Nel 1999, l'ufficio USA di Pristina trasportò via aereo 7.000 Albanesi
a Fort Dix, NJ, per proteggerli dai Serbi. Nel marzo 2004, la polizia ONU e la
KFOR evacuarono 4.000 Serbi nella base KFOR per salvarli dagli Albanesi. Ci sono
precedenti in Kosovo per salvare vite, ma non per 500 vite Zingare.
Sinora, 77 Zingari sono morti nei campi ONU. Sono successi anche molti aborti.
L'ONU non ha mai investigato su queste morti o mai condotto un'autopsia.
Tuttavia, dai sintomi descritti da genitori e vicini, i dottori consultati
ritengono che l'avvelenamento da piombo ha contribuito alla maggior parte delle
morti e degli aborti.
Qualche settimana fa un bambino Zingaro è morto ad Osterode. Aveva un mese d'età
ed era nato con una grande testa, pancia gonfia e gambe piccolissime. Si è
svegliato alle sei di mattina, vomitando ed è morto venti minuti dopo in
ospedale.
Avvelenamento da piombo significa per i bambini una morte spaventosa e dolorosa.
Jenita Mehmeti, quattro anni, frequentava l'asilo del campo, quando la sua
insegnante notò che stava perdendo la memoria e faticava a camminare. Jenita fu
rimandata alla sua baracca, dove per i seguenti tre mesi vomitò più volte al
giorno, prima rimanendo paralizzata e poi morendo. Quando la sua sorellina di
due anni mostrò gli stessi sintomi, il dottore ONU per Mitrovica rifiutò di
curarla, dicendo che era in un campo ONU ad un km. dalla sua giurisdizione. Un'OnG
la portò a Belgrado e le salvò la vita.
Paul Polansky è un autore americano e capo della missione Società per i
Popoli Minacciati. Ha vissuto in Kosovo dal luglio 1999. Nel 2005 ha pubblicato
un libro sui campi chiamati ONU-Sangue con Piombo. Può essere ordinato online
pjpusa50401@yahoo.com Questo
indirizzo email è protetto dallo spam, occorre attivare gli JavaScript .
Rukija Mustafa morì nell'aprile 2005 assieme al suo neonato. Sopravvissero
il marito ed otto bambini, tutti portati in Germania per cure mediche dalla Bild Zeitung,
il più diffuso giornale tedesco in circolazione.
Nikolina Mehmeti, bambina di due anni sorella di Jenita che morì di
avvelenamento da piombo. Poco dopo la morte di Jenita, Nikolina mostrò gli
stessi sintomi. L'ONU a Mitrovica rifiutò di autorizzare le cure per Nikolina a
Belgrado, anche se lei cadeva in coma continuamente. Una OnG Romani locale la portò a
Belgrado e le salvò la vita. Più tardi un donatore americano diede alla famiglia
un pezzo di terra a Priluzje dove costruirono una casa. I dottori a Belgrado
dissero che se Nikolina fosse tornata alla fonte dell'avvelenamento, sarebbe
morta come sua sorella.
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