L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.
Di Fabrizio (del 05/11/2005 @ 15:52:24 in conflitti, visitato 2208 volte)
Novità sul caso di Lety (il campo di concentramento nazista che ora è un salumificio)
Praga, 4. 11. 2005, 07:59, (CTK) - Il governo ha messo a bilancio l'acquisto del famigerato allevamento, posto dove era situato un ex campo di concentramento per Rom, nella città di Lety, Boemia meridionale. Il Primo Ministro Jiri Paroubek lo ha afferma al giornale "Lidove noviny". Da anni le organizzazioni rom chiedevano la rimozione o rilocazione dell'edificio.
ROMEA (Romani Media Agency), Romano vodi Zitná 49 110 00 Praha 1 Czech Republic tel./fax: +420 - 257 329 667, +420 - 257 322 987 e-mail: romea@romea.cz, romea@rynet.cz http://www.romea.cz
Di Fabrizio (del 14/04/2006 @ 10:38:27 in Europa, visitato 1896 volte)
Voci di corridoio raccolte dal giornale
Lidové noviny
(11.4.06) riferiscono che sull'infinita vicenda dell'ex campo di concentramento
di
Lety (attualmente occupato da una porcilaia industriale), il governo sembra
intenzionato a rimangiarsi le promesse fatte alle associazioni Rom.
Nel dibattito televisivo tutti i partiti, con l'eccezione dei Verdi, si sono
espressi contro la rilocazione della porcilaia, richiesto per rendere l'ex campo
un memoriale storico. Il Primo Ministro ceco, il socialdemocratico Paroubek, si
sta rendendo conto che rispondere alle richieste dei Rom, rischierebbe di fargli
perdere le elezioni. I Rom, che da anni protestano contro la presenza della
porcilaia all'interno dell'ex campo di concentramento, chiedono al Parlamento
Europeo di far pressioni verso i politici cechi.
Di Fabrizio (del 12/08/2006 @ 10:34:07 in Europa, visitato 2057 volte)
ROMEA.CZ - ROMANI INFORMATIONAL SERVICE - Romano vodi - NEWSLETTER No. 23 (4. 8. 2006)
26. 7. 2006 Slovacchia: A Košice il primo ufficio regionale di aiuto legale Il Centro offre i propri servizi agli abitanti di Košice e della regione di Prešov. Il Centro di aiuto legale è un'emanazione governativa, che opera a Bratislava dal 1 gennaio 2006. Ulteriori uffici verranno istituiti nelle altre regioni, a partire da Banská Bystrica. Come primo passo l'ufficio prende in esame i documenti dei richiedenti, per controllare se possono accedere o meno al mercato del lavoro e di quale consulenza abbiano bisogno. Sinora ha vagliato 764 domande, principalmente riguardo le relazioni civiche, domestiche e lavorali. D'altro canto, il Centro non fornisce consulenza nella sfera della legge criminale, sicurezza sociale. pensioni e non accetta domande provenienti dai richiedenti asilo. Fonte: www.rpa.sk
27. 7. 2006 L'agenzia Luma ricerca impiego per i Rom della provincia di Mladá Boleslav Origine etnica, bassa scolarizzazione e sotto-occupazione sono gli ostacoli più grossi nel trovare lavoro per i Rom della provincia di Mladá Boleslav. [...] L'agenzia è finanziata dall'EU e da fondi governativi. Dopo un anno di esistenza conta 81 clienti nel suo database. Fonte: ÈTK, www.romea.cz
30. 7. 2006 Il Castello Svojanov per 4 giorni dedicato alla cultura Rom [Ha ospitato] il Festival internazionale Gypsy Celebration, che è giunto alla sesta edizione. Hanno partecipato bande e cantanti provenienti dalla Repubblica Ceca e da altri paesi. Il festival è stato organizzato dalla nota cantante da Kelerová e dalla sua associazione Miret. Vi hanno preso parte, tra le altre Kale, Bengas, Therne Èave, Andre peste, Gondolánovci. Decine di artisti hanno suonato durante tutti i quattro giorni. Fonte: ÈTK, www.romea.cz
28. 7. 2006 Il regista Jiøí Vejdìlek inizierà lunedì a girare un film sulle tematiche Rom In passato ha girato con successo la commedia Úèastníci zájezdu (Partecipanti all'escursione). Il film sarà ambientato in località densamente popolate da Rom, particolarmente in Most, Ústí nad Labem ed altre città. "Alcune scene saranno girate a Praga e dintorni. Potremmo fare delle riprese in Slovacchia," ha detto il regista Fonte: ÈTK, www.romea.cz
31. 7. 2006 I Rom a Brno hanno interesse per il PC e l'inglese Questo il risultato di un progetto per migliorare la loro integrazione nel mercato del lavoro. Circa un terzo dei 600 partecipanti, che vi hanno preso parte attivamente, hanno fatto ricorso all'ufficio per il lavoro. Il progetto, finanziato dalla EU e da fondi governativi, è terminato il 31 luglio scorso. Fonte: www.romea.cz
31. 7. 2006 4 domande sulle discriminazione verso i Rom L'Ispettorato Commerciale Ceco (CCI) ha valutato quattro lettere di protesta di discriminazione nei ristoranti e nei negozi, accadute nella prima parte del 2006. Un caso appare giustificato. Le conclusioni sono apparse sul sito del CCI. Gli ispettori hanno avuto a che fare con 7 casi simili risalenti all'anno scorso. CCI ha impiegato ispettori di origine Rom a Ústí nad Labem e Ostrava. In totale hanno effettuato 260 controlli in totale. CCI inoltre coopera con le associazioni Rom nel controllo costante di questi casi. Tra l'altro durante un controllo, è stata aiutata una famiglia.. Fonte: ÈTK, www.romea.cz
1. 8. 2006 La scuola Králíky istruirà studenti provenienti da ambienti svantaggiati La scuola Králíky ha battezzato un progetto focalizzato all'educazione di studenti provenienti da aree a rischio o marginali, tramite corsi, garantiti dal Ministero per l'Istruzione, che permetteranno di accedere alle scuole superiori. [...] Le spese di tasferte, cibo e alloggi verranno coperte dallo stesso Ministero. Fonte: www.romea.cz
1. 8. 2006 La polizia cerca agenti Rom, Vietnamiti ed Ucraini Il piano si svilupperà l'anno prossimo e la campagna di informazione inizierà il prossimo autunno, con la seconda fase dell'arruolamento che dovrebbe avvenire prima del 2007. Fonte: ÈTK, www.romea.cz
2. 8. 2006 n circa 200 si sono ritrovati per la commemorazione della liquidazione del settore Rom di Auschwitz Sono arrivati presso l'ex campo di sterminio di Auschwitz-Bøezinka, per il 62° anniversario della liquidazione del settore "famiglie Rom". Vi perirono circa 21.000 Rom, inclusi quelli che arrivavano dal Protettorato di Boemia e Moravia. Il campo fu uno dei tanti dove i Rom trovarono la morte, ad esso vanno aggiunti quelli di Sobibór, Belzec, Hodonín, e Lety u Písku, I primi Rom furono portati ad Auschwitz nel 1941. Nel 1943 a 3 Km. da Bøezinka, venne nominato il "Campo familiare" per i Rom. Venne riempito con Rom provenienti da 14 paesi. Iniziarono a morire di fame e di stenti. Inoltre furono usati dal professor Josef Mengele per i suoi esperimenti "scientifici" sulla razza. Il campo venne liquidato nel 1944, nelle camere a gas finirono i 2.897 superstiti, principalmente donne e bambini. Fonte: ÈTK, www.romea.cz
3. 8. 2006 Slovacchia: a Ĺarovce i bambini Rom studiano durante l'estate Il programma riguarda i bambini che hanno frequentato l'asilo e la scuola dell'obbligo nell'anno corrente, lo spazio viene messo a disposizione dal centro comunitario La volontaria Mrs. Katarína Gurvaiová dice: "I bambini si ritrovano qui assieme a due insegnanti di origine Rom. I bambini sono quelli che già hanno frequentato la scuola durante l'anno e qui ritrovano un ambiente a loro familiare. Le materie sono: lingua slovacca, matematica, scienze naturali ed altro. Si tenta un approccio divertente alle materie, cosicché i bambini possano anche godere della vacanza. I bambini dell'asilo passano il tempo all'aperto, ma d'altra parte anche quelli della scuola dell'obbligo passano buona parte del tempo all'aperto, ad esempio per imparare canzoni e ritmi musicali. Ogni giorno arrivano circa 25 bambini, di età tra i 5 e i 18 anni. La comunità locale conta 1.658 abitanti, con il 45% di origine Rom. Fonte: www.rpa.sk
Di Fabrizio (del 28/07/2006 @ 10:14:02 in conflitti, visitato 2589 volte)
Apre a Brno una mostra sull'Olocausto Rom
Brno, 24. 7. 2006, 17:49 (CTK)
[...] Trattasi di 82 pannelli che illustrano il destino dei Rom nella II guerra mondiale, con alcuni pannelli dedicati all'attualità. Così i visitatori, ad esempio, possono seguire la storia del muro di via Maticni ad Usti nad Labem e i problemi della minoranza Rom in Slovacchia, Austria e Germania.
"La mostra si apre ad un capitolo sconosciuto della storia europea. Il termine Olocausto di solito è connesso allo sterminio di 6 milioni di Ebrei, ma contiene anche lo sterminio sistematico di 500.000 Rom e Sinti." ha detto alla cerimonia di apertura Silvio Peritore, del Centro Documentazione per i Sinti ed i Rom Tedeschi, creatore dell'esposizione già presentata con successo a Strasburgo e Praga.
Secondo Jana Horvathova (Museo di Brno sulla Cultura Romani) l'esposizione è un evento significativo. "Principalmente riguarda il passato, ma ci sono collegamenti col presente, dice, aggiungendo che le questioni del razzismo e della cancellazione dei Rom dall'Europa rimangono urgenti.
"Ci sono nella nostra società dimostrazioni di intolleranza, incapacità di coesistere e razzismo, anche se tendiamo a nascondere queste tendenze" ha detto l'ombusdam Otakar Motejl.
La mostra è stata finanziata dalla regione Sud Moravia, dopo il rifiuto del municipio di Brno. Il municipio non ha condiviso il contenuto del pannello sulla controversia di via Maticni. Il muro fu eretto negli anni '90, per dividere i residenti dalla comunità Rom. La sua costruzione fu criticata come razzista da molti politici della Repubblica Ceca ed esteri, e dalle OnG, alla fine il muro venne rimosso.
Durante la II guerra mondiale i Rom furono perseguitati e deportati nei campi di concentramento e di sterminio, nelle terre occupate dal Terzo Reich. I Rom della Repubblica Ceca e della Moravia condivisero i campi di Lety, vicino a Pisek, nella Boemia orientale e di Hodonin, nella Moravia del sud.
Secondo gli storici, furono 2690 i Rom mandati in quei campi di concentramento. Molti morirono o furono inviati ad Auschwitz. Secondo varie fonti, ad Auschwitz furono inviati tra i 5400 e 5600 Rom. Il primo treno partì da Brno il 7 marzo 1943.
Lettera aperta di
Paul Polanskyin risposta alla dichiarazione dell'ambasciatore Ian Kelly,
Missione USA c/o l'OCSE, riguardo al genocidio dei Rom [...] (QUI
la dichiarazione in inglese dell'ambasciatore, ndr)
31 luglio 2011, Spettabile Ambasciatore Kelly,
Mi congratulo per i suoi sforzi di portare l'attenzione sulla difficile
situazione degli zingari europei (Rom, Sinti, Kalè, Sinkali, Askali ed Egizi)
nel suo discorso commemorativo al Consiglio OCSE di Vienna lo scorso 28
luglio. Non dovrà mai essere dimenticato cosa accadde ai 2.897 Rom e Sinti
quella notte tra il 2 e il 3 agosto ad Auschwitz, e sempre dovrà essere
commemorato.
Tuttavia, enfatizzare cosa accadde agli zingari europei durante la II guerra
mondiale, come lei ha fatto durante il suo discorso, distrae dall'attuale
situazione. Nella maggior parte dell'Europa durante la II guerra mondiale gli
zingari non vennero sistematicamente messi all'indice come gli Ebrei (almeno,
non sul campo), per quanto non ci siano dubbi che la maggior parte degli zingari
soffrì aspre persecuzioni.
Così ho raccolto, filmato e pubblicato molte storie orali dai sopravvissuti
zingari della II guerra mondiale, che altri studiosi hanno messo insieme. Dalle
registrazioni dei censimenti prima e dopo della guerra, e soprattutto dalle
testimonianze dei sopravvissuti, risulta che il 90% degli zingari europei scampò
alla II guerra mondiale.
Ovviamente, lei non è il solo a dichiarare che centinaia di migliaia di
zingari furono liquidati durante la II guerra mondiale. Uno studioso romanì ha
addirittura pubblicato che oltre 3.000.000 di Rom (sic) furono uccisi tra il
1939 e il 1945. Censimenti, registrazioni locali e della polizia dimostrano che
non c'erano così tanti zingari in Europa prima della guerra. E la demografia
dimostra che non potrebbero esserci oggi in Europa tra i 10 e i 12 milioni di
zingari, se centinaia di migliaia fossero stati liquidati come lei ed altre
persone uniformate (ma in buona fede) suggerite.
Ho intervistati sopravvissuti zingari alla II guerra mondiale in 17 paesi,
inclusi sopravvissuti ad Auschwitz, Jasenovac, Lety, e tutti i campi di
concentramento nei Balcani. Non ci sono dubbi che alcune comunità zingare,
specialmente nell'Europa orientale, furono completamente sterminate (soprattutto
dai fascisti locali le cui comunità continuano oggi ad impegnarsi in attacchi
razzisti). Ma la maggior parte degli zingari sopravvisse alla II guerra
mondiale, mentre nessuno dei loro vicini ebrei ritornò.
Per esempio, prima della II guerra mondiale la città di Bitola aveva le più
grandi comunità ebree e zingare della Macedonia. Durante la guerra tutti gli
ebrei vennero uccisi, mentre nessuno zingaro perse la sua vita per mano degli
occupanti.
A Nish, Serbia, dove i tedeschi costruirono il loro primo campo di
concentramento nei Balcani, tutti gli ebrei eccetto uno vennero ammazzati
durante la guerra. Dopo la guerra, c'erano ancora circa 4.500 zingari su di una
popolazione pre-bellica di circa 5.000.
Ciò che successe a Nish è tipico di cosa accadde in tutta l'Europa orientale
(eccetto alcune tragiche eccezioni). Ai giovani idonei al lavoro venne chiesto
di lavorare volontariamente nelle fabbriche in Germania, quanti rifiutarono
vennero in seguito trasportati nei campi di lavoro forzato, dove molti
sopravvissero alla guerra. I più anziani, considerati non abili al lavoro,
vennero trattenuti come ostaggi (assieme ai locali serbi), e fucilati 100 alla
volta quando un soldato tedesco veniva ucciso dalla resistenza del posto. Dato
che nei quartieri zingari erano rimasti pochi uomini adulti, i soldati tedeschi
ubriachi spesso vi si avventuravano di notte in cerca di donne da violentare. Le
storie su come le donne zingare salvarono se stesse e protessero le loro figlie,
rivelano come le comunità zingare sopravvissero contro ogni previsione.
Prima della guerra, specialmente nei Balcani, molte case di ebrei avevano
almeno una donna zingara che vi lavorava come domestica a tempo pieno. Molte
donne zingare si trovavano in case ebree quando i tedeschi vennero a
rastrellarli. Devo ancora sentire da qualche sopravvissuto che una donne delle
pulizie, una cuoca o una lavandaia zingare fossero state portate via assieme
alle loro famiglie ebree.
Gli studiosi che hanno seriamente indagato sull'"Olocausto zingaro" della II
guerra mondiale non riescono a provare oltre 125.000 morti. Naturalmente, le
cifre non significano niente di fronte alle tragedie e persecuzioni patite dagli
zingari.
Nelle mie interviste sulla storia orale, ho sempre chiesto ai sopravvissuti
quando avessero sofferto di più durante la loro vita: prima o dopo la guerra, o
sotto il comunismo? Quasi senza eccezione i sopravvissuti alla II guerra
mondiale hanno dichiarato che il peggior periodo della loro vita è adesso. E che
con ciò non intendono solo per loro, ma anche per figli e nipoti.
Questa è la vera tragedia. Dopo 66 anni la più grande minoranza europea si
sente ancora perseguitata con poche speranze di un futuro migliore.
Ambasciatore Kelly, è molto ironico (almeno per me) che lei abbia dato il suo
discorso commemorativo davanti all'OCSE, che così spesso ha chiuso gli occhi
sulle sofferenze degli zingari nell'Europa dell'est. All'OCSE piace far
rimbombare dai tamburi della propaganda, che loro stanno insegnando tolleranza e
cittadinanza agli zingari (si suppone per salvarli dalla loro situazione) e
stanno tenendo conferenze su di loro. Ma in verità, spesso l'OCSE demonizza gli
zingari (almeno in Kosovo).
Non è un caso che il nuovo segretario generale dell'OCSE, Lamberto Zannier,
ex governatore ONU del Kosovo (vedi
QUI, ndr) rifiutò di ascoltare gli appelli dall'OMS, Human Rights Watch
ed innumerevoli altre organizzazioni internazionali di evacuare e curare
immediatamente centinaia di Rom e Askali nei campi rom costruiti su terreni
contaminati, dove ogni bimbo nasceva con danni irreversibili al cervello? Anche
se la stampa (BBC compresa) riportava che questi bambini Rom/Askali avevano i
più alti livelli di piombo nella storia della letteratura medica, Zannier ancora
rifiutò di evacuare, per quanto ci fossero precedenti in Kosovo quando l'ONU
rimosse forzatamente Albanesi e Serbi dalle loro case, visto che si supponeva
che le loro vite fossero a rischio a causa di circostanze pericolose.
Dal 1999 sino ad oggi, l'OCSE in Kosovo ha rimproverato agli zingari di
essere colpevoli per la loro situazione, nonostante l'evidenza del contrario.
Thomas Hammarberg, commissario del consiglio d'Europa per i Diritti Umani, ha
pubblicamente dichiarato che quella dei Rom e gli Askali del Kosovo nei campi a
Mitrovica nord, è stata la peggior tragedia dei diritti umani in Europa
dell'ultimo decennio. L'OCSE pubblicamente è rimasta in silenzio su questa
tragedia. In privato, continuano a rimproverare i Rom della loro tragedia.
Come ambasciatore americano presso l'OCSE, spero che sarà parte della sua
missione instillare in quell'organizzazione il rispetto per i diritti umani, che
tutti gli americano hanno tanto caro. E che lei farà in modo che l'OCSE ed il
mondo sappiano cosa sta succedendo alla più grande minoranza d'Europa, invece di
nascondere le loro sofferenze e persecuzioni con la nebbia della II guerra
mondiale.
di LAURA CAROSELLA - Paul Polansky, poeta e romanziere americano di origini
cecoslovacche, ha tenuto un recital di poesia presso il Teatro Italo Argentino
di Agnone il giorno 26 marzo, durante il quale ha illustrato la sua esperienza
di poeta e giornalista a contatto con le popolazioni Rom della Repubblica Ceca e
del Kosovo.
Dallo sterminio durante la seconda guerra mondiale, all’avvelenamento da piombo
nei campi Rom del Kosovo che ancora causa morti, Polansky fa denunce serissime e
attraverso le sue poesie narra le storie di chi non ha voce.
Cos’è che ha suscitato in lei un interesse così profondo verso le popolazioni
Rom ed in particolare verso i campi di concentramento durante la seconda guerra
mondiale? Stava cercando di risalire alle sue origini cecoslovacche eppure ha
provato interesse per qualcosa di completamente diverso. Vuole raccontarci come
è andata?
"Sì, stavo cercando le mie origini negli archivi della Cecoslovacchia nel 1991 e
reperii un numero notevole di documenti che gli archivi raccoglievano sui campi
di concentramento Rom presenti a Lety durante la Seconda Guerra Mondiale. Il
direttore dell’archivio disse che nessuno avrebbe potuto consultarli per 15
anni, quindi cominciai a pressare il Governo e tramite alcune amicizie influenti
sono riuscito ad avere accesso agli archivi.
Non esisteva un inventario e c’erano numerosi scatoloni pieni di documenti, così
per ogni scatola e per ogni documento feci un inventario accurato e trovai
moltissime informazioni attraverso le quali capii che si trattava di un campo di
sterminio gestito dai cechi e non dai tedeschi. Trovai molte foto ed in
particolare quella di una giovane ragazza che un Natale cercò di fuggire dal
campo, dopodiché non c’erano altre informazioni su di lei così presunsi fosse
stata uccisa come molti altri che cercarono di fuggire.
Attraverso delle ricerche su tutti i nomi delle persone che trovai trascritti su
quei documenti (tra i quali c’erano anche 95 guardie), venni a sapere che non
c’erano persone ancora in vita e pensai subito che fosse molto strano,
impossibile oserei dire.
Conobbi poi uno zingaro che era stato un conducente di Taxi a New York per 8
anni e che parlava inglese molto bene , inoltre era parecchio conosciuto nella
comunità Rom, così lo "assunsi" per cercare informazioni su eventuali
sopravvissuti.
Girammo tutta la Cecoslovacchia chiedendo ai Rom se qualcuno conoscesse
sopravvissuti della seconda guerra mondiale che provenissero da Lety: ne trovai
più di un centinaio e ovviamente avevano delle storie terribili da raccontarmi,
ancora peggiori di quelle raccontate dai sopravvissuti di Auschwitz. Non avevano
mai narrato queste storie prima di allora, neppure ai loro figli, perché i Rom
hanno un loro "codice del silenzio" e queste storie per loro costituivano quasi
un marchio di disonore, ma io mi trovai nel momento giusto al posto giusto,
poiché i sopravvissuti erano tutti molto anziani e capirono di non voler portare
quel segreto nella tomba , volevano che la gente sapesse cosa avevano subito.
Così cominciai a raccogliere tutte le loro storie. Non vollero però che io li
filmassi, fotografassi o che registrassi le loro parole, avevano paura che
subito dopo io sarei andato dalla polizia a denunciarli per farli riportare a Lety; erano passati tutti quegli anni eppure avevano ancora paura di essere
rinchiusi nuovamente in un campo di concentramento e questa è un’ulteriore prova
di che esperienza terribile fosse stata.
Trovai anche delle guardie sopravvissute e pressai il Governo ceco affinché
processasse uno di loro, perché avevo le prove che egli avesse ucciso tantissime
persone con le sue mani, soprattutto bambini. Diedi vita ad un caso che
all’epoca ebbe molta risonanza a livello mediatico in Cecoslovacchia, ma questa
guardia era ormai troppo anziana per essere processata, anche se tentò di
uccidermi quando io stesso andai a trovarlo! Quando conobbi la figlia e le
raccontai ciò che sapevo su suo padre mi disse che avevo appena distrutto tutti
i suoi sogni, mi disse "hai distrutto la mia vita e quella dei miei figli." Ecco
qual è la parte peggiore del fare un lavoro come il mio".
Ieri, durante l’incontro presso il Teatro Italo Argentino, lei ha detto di aver
vissuto per oltre 15 anni insieme alle popolazioni Rom come antropologo e
studioso. Questa esperienza che impatto ha avuto sulla sua vita?
"Ho vissuto per 5 anni con gli zingari della Repubblica Ceca e per ben 11 anni
con quelli del Kosovo come antropologo per l’appunto, raccogliendo le loro
storie, imparando le loro abitudini e i loro costumi, assimilando le loro
leggende e miti e tentando di trovare una differenza tra loro e me, per poi
capire sempre di più che non ce ne fosse nessuna. Poi, attraverso le storie che
mi raccontavano ho capito che le loro radici si trovavano in India, così sono
andato in India e ho scattato molte foto, quando sono tornato e ho mostrato loro
le foto scattate lì non credevano che io ci fossi stato davvero, uno di loro mi
disse "Sei sicuro di essere stato in India? Conosco la donna in questa foto ed
abita proprio nel villaggio qui accanto!" Non hanno mai creduto al fatto che
fossi stato in India eppure lì avevo trovato i loro "cugini"!
A parte questo, vivere con loro non significa solo "studiare" i loro usi e
costumi, ma soffrire con loro, subire gli stessi attacchi e gli stessi
pregiudizi che la gente ha nei loro confronti, per esempio la NBC si rifiuta di
parlare con me perché mi considera uno zingaro a tutti gli effetti, sono uno di
loro! Girava addirittura la voce che io facessi parte di un esercito di zingari
e molti, anche miei cari amici, erano curiosi di vederlo, questo mio grande
"esercito", quando invece si trattava solo di due sorelle Rom che erano le mie
interpreti. Eppure la NBC aveva messo in giro questo "rumor": "Paul Polansky
arruolato in un esercito gitano". Io sto semplicemente cercando di salvare tanti
bambini e tante persone che vivono nei campi contaminati dal piombo e la cosa
peggiore di questa esperienza è il constatare che nessuno vuole salvarli, questo
è il problema".
A proposito di questo, alla fine del video documentario "Gipsy Blood" che ieri
lei ha proiettato in sala, c’è una forte denuncia nei confronti dell’ONU per
quanto riguarda il problema dell’inquinamento da piombo nei campi Rom in Kosovo.
Perché tanta indifferenza da parte di una associazione che è nata per difendere
i diritti umani?
"C’è un atteggiamento innato di razzismo nei confronti degli zingari tra i
componenti dell’ONU e non solo in Kosovo, inoltre l’ONU cambia il suo staff ogni
6 mesi in Kosovo, per cui io in 11 anni ho assistito a ben 22 cambiamenti di
staff e tutte le persone che ho visto subentrare odiavano e odiano gli zingari.
Prima la stessa cosa accadeva per le persone di colore, ora invece abbiamo
persone di colore al governo, nelle istituzioni, insomma ricoprono posizioni di
grande rilievo e quasi più nessuno è intollerante nei loro confronti, più che
altro hanno capito che non si può essere razzisti nei loro confronti, mentre gli
zingari non sono conosciuti, non sono integrati con la società, non hanno
incarichi di nessun genere, sono considerati dei nomadi e questo alimenta il
pregiudizio e l’intolleranza e l’intolleranza, a sua volta , è alimentata
dall’ignoranza".
E’ quindi l’ignoranza il motivo per cui, dalla seconda guerra mondiale ad oggi,
continua a sussistere un atteggiamento xenofobo nei confronti delle popolazioni
Rom?
"Sì, diciamo che per conoscere le persone bisogna viverci insieme. Sia in
Spagna, che nella Repubblica Ceca, che nel Kosovo ho avuto modo di conoscere
persone che avevano dei Rom come vicini di casa ed ognuna di queste persone mi
ha detto "lo zingaro che abita accanto a me è un persona per bene, non ho nessun
problema nei suoi confronti e mi fido di lui, ma è lo zingaro che abita
dall’altra parte della città quello di cui non mi posso fidare. " Ecco vede, se
li si conosce, si vive insieme a loro, non ci sono problemi, se non li si
conosci e non si sa nulla di loro è lì che comincia l’intolleranza e la fobia".
Rispetto ad altri poeti di cui ho avuto modo di leggere i componimenti, ho
notato che le sue poesie rifuggono da qualsiasi artificio stilistico ed adottano
un linguaggio diretto e concreto riportando i fatti per come sono avvenuti,
oserei dire con uno stile quasi giornalistico. Si tratta di una scelta ben
precisa o del suo stile innato di scrittura?
"Quando ho cominciato la mia carriera giornalistica alle scuole superiori, la
mia insegnante diceva sempre che utilizzavo troppe parole , che ero molto
prolisso e che purtroppo il mio stile naturale di scrittura era quello. Il fatto
è che vivendo con i Rom e ascoltando le loro storie, devo utilizzare le loro
semplici parole per raccontarle a mia volta, devo essere necessariamente diretto
ed utilizzo il loro stile perché voglio mostrare a tutti chi essi siano davvero.
Questo è il modo in cui loro parlano, non usano molte parole per descrivere le
azioni , le loro storie di vita perché non hanno ovviamente il senso della
letteratura, ma solo quello della storia, quella che si narra di padre in figlio
di generazione in generazione. Ogni zingaro ha un’innata capacità narrativa
usando il proprio diretto, semplice ed essenziale modo di raccontare che ti
colpisce, arriva dritto alle ossa. Questo è il motivo per cui io adotto il loro
stile e ormai l’ho fatto mio, infatti lo utilizzo per qualsiasi cosa io scriva".
Oggi ha trascorso una giornata ricca di appuntamenti qui a Agnone, cito la
visita alle scuole superiori, alla struttura che un tempo fu adibita a campo di
concentramento e poi alla Fonderia delle Campane Marinelli. Che idea si è fatto
di Agnone e della sua storia?
"Mi sono davvero innamorato di Agnone, sono sincero! E’ una cittadina favolosa
ed ho particolarmente apprezzato il suo centro storico: tutti i palazzi, i
portoni, le botteghe; amo molto questo genere di cose. Le persone sono molto
gentili per quello che ho potuto constatare e sono rimasto molto stupito dagli
studenti delle scuole superiori con cui questa mattina ho avuto un incontro
perché ho fatto molti convegni presso le università e questi ragazzi avevano
molte più domande da pormi rispetto agli studenti universitari, erano totalmente
coinvolti ed interessati alle mie parole, alle mie esperienze, a ciò che
raccontavo loro. Nonostante si trattasse di un argomento piuttosto difficile e
drammatico, avevo l’attenzione di ogni singolo studente. Ne sono rimasto
impressionato e mi sono entrati davvero nel cuore. I ragazzi dell’Istituto
Alberghiero, inoltre, mi hanno addirittura preparato, insieme ai loro
insegnanti, un ottimo pranzo che non dimenticherò di certo! Vorrei davvero
tornare in futuro, tornare a vedere la Fonderia (Marinelli n.d.r) che oggi mi ha
fatto uno splendido dono e magari, perché no, scrivere anche un libro di poesie
su questa bellissima città e sulla sua storia."
Presso il Circolo ARCI Martiri di Turro -
Via Rovetta 14 a Milano,
ingresso gratuito con tessera Arci
Paul Polansky è nato a Mason City, Iowa, nel 1942. Poeta, fotografo,
antropologo, operatore culturale e sociale, è diventato negli anni un
personaggio importantissimo per il suo impegno a favore delle popolazioni
Rom. Le sue poesie descrivono le atrocità commesse da cechi, slovacchi,
albanesi ed altri contro quelle popolazioni. Ha anche svolto studi accurati
sui campi di concentramento nazisti, in particolare quello ceco di
Lety, nei quali venivano trucidate, insieme a quelle ebraiche, intere
comunità Rom. E' stato il primo a presentare al mondo il dramma dei
rifugiati del Kosovo, lasciati morire nei campi di accoglienza avvelenati
dal
piombo. Ha pubblicato diversi libri, realizzato esposizioni fotografiche
e film video.
ALLA FINE
"Alla fine,
tutti
scapperanno dal
Kosovo", mi
disse la zingara
chiromante.
"Anche Dio"
Poesia di Paul Polansky innalzata sui cartelli di una manifestazione di Rom del
Kosovo in Germania
GIOVEDI’ 3 NOVEMBRE, ORE 21, via Irma Bandiera 1/5 Bologna
AMNESTY INTERNATIONAL DI BOLOGNA, in collaborazione con il gruppo
culturale "Alieni per caso/a", vi invita alla
Presentazione del nuovo libro di Paul Polansky
"LA MIA VITA CON GLI ZINGARI" (traduzione di Valentina Confido, edizioni Datanews 2011)
Presentato da Dimitris Argiropolous, Università di Bologna, in dialogo
con l’autore
per info: Patricia Quezada 3391923429 Pina Piccolo 3386268250 o Amnesty
International 051434384 o al sito
gr019@amnesty.it
Lunedì 7 novembre ore 20,30 Biblioteca Lame - via Marco Polo, 21/13 - Bologna
Presentazione del nuovo libro di Paul Polansky "LA MIA VITA CON GLI ZINGARI"(edizioni Datanews)
Sarà presente l'autore, che ne parlerà con: Amelia Frascaroli - Assessore ai Servizi Sociali, Volontariato,
Associazionismo e partecipazione del Comune di Bologna, Dimitris Argiropoulos - Università di Bologna, Sara Montipò - Centro Accoglienza la Rupe Lucio Serio - Società Dolce gli operatori dell'associazione Harambé
Paul Polansky, nato nel 1942, è un poeta, scrittore e fotografo statunitense, ed
è noto per il grande impegno civile e sociale avente per scopo la salvaguardia
dei diritti umani a favore del popolo Rom nell'est dell'Europa. Dopo aver
lasciato gli Stati Uniti per proseguire gli studi a Madrid, dove lavora come
giornalista free lance, ha intrapreso un lungo percorso di ricerca sulle origini
della propria famiglia, studi durante i quali scopre documenti che permettono di
riportare alla luce l'esistenza di un campo di concentramento Lety, in
Repubblica Ceca.
Nel 1999 viene ingaggiato dalle Nazioni Unite e inviato nel Kosovo come
intermediario tra le istituzioni e i gruppi rom perseguitati.
Nel 2004 Paul Polansky è insignito del premio Human Rights Award, consegnatogli
direttamente da Günter Grass.
Del 2005 il suo film-documentario "Gipsy Blood", premiato al Golden Wheel
International Film Festival di Skopje, è visibile su
youtube.
Ieri ho scritto gli appunti sul mio diario, a proposito di un'altra visita il
17 agosto a Nikol e alla sua famiglia, che sono stati sgomberati da Belgrado tre
mesi fa, quando la loro baracca è stata demolita dalle ruspe, per far posto ad
un'altra strada comunale. Ho inviato le mie note a diversi colleghi interessati
alla situazione di questa famiglia. Ne ho mandato copia anche a Marija, che
non ho ancora incontrato, segretaria del sindaco per lo Sviluppo Internazionale,
che dovrebbe riferire al sindaco sulla questione rom, ma non durante la sua
sostituzione estiva. Questa è una versione modificata di quel rapporto:
Cari colleghi,
Venerdì [17 agosto] con Ceda sono andato all'indirizzo riportato sulla carta
d'identità di Nikol, una piccola mahala di baracche in un parco industriale
abbandonato lungo la strada che parte dal centro commerciale "Tempo". Volevo
scoprire perché lui e la sua famiglia fossero dei senzatetto, nonostante avesse
un indirizzo sul documento d'identità.
Fui sorpreso di scoprire che sua madre viveva lì. Ci ha invitato ad entrare e
ci siamo intrattenuti per circa mezz'ora. Piangeva perché non poteva avere con
lei Nikol e la sua famiglia. I suoi "parenti" non lo permettevano. Crediamo che
per parenti intendesse la famiglia del suo ultimo marito (ne ha avuti tre: il
padre di Nikol è stato il primo) che è morto tre anni fa.
Ieri (sabato) sono andato a trovare Nikol e la sua famiglia all'incrocio tra
via 7 Luglio e la strada che porta al Teatro Nazionale.
Sono stati contenti di vedere il mio amico Marco e me. Ho detto subito a
Nikol che il giorno prima ero stato a casa di sua madre. Ovviamente, lo sapeva
già (mentre ero da lei le ha telefonato due volte), ma volevo farlo uscire allo
scoperto. Mi ha chiesto perché avessi copiato i dati della sua carta d'identità.
Gli ho detto che avevo bisogno di quelle informazioni per aiutarlo. Ha detto di
apprezzarlo.
Gli ho chiesto perché non vivesse con sua madre. Ha detto che i suo cugini lo
hanno picchiato e cacciato via. Hanno anche picchiato sua madre. Non ha detto
perché, solo che era impossibile vivere là. Ha detto che i rom strozzini del
posto l'avevano trovato oggi all'incrocio. Erano in taxi e l'hanno seguito,
minacciandolo. Due settimane fa Nikol con la sua famiglia erano scappati dal
magazzino abbandonato (dove il comune li aveva sistemati con altre quattro
famiglie, dopo essere stati sgomberati da Belgrado), a causa delle minacce degli
strozzini, che cercavano sua zia perché il nipote doveva loro dei soldi per la
droga. Dopo le prime minacce, Nikol aveva denunciato alla polizia il pestaggio
della zia da parte degli strozzini, ma dopo ulteriori minacce aveva ritrattato
la sua testimonianza. Ora vivevano per strada, dormendo la notte nei parchi o in
edifici abbandonati.
In questo parchetto, ho visto alcune pile di cartoni appoggiati a terra come
materassi. Ho chiesto a Nikol dove dormissero la notte. Ha risposto lì attorno,
dove trovavano una cantina in un edificio abbandonato accessibile. Hanno
trascorso la giornata all'incrocio, lavando i vetri delle macchine.
Gli ho detto che avevo parecchi vestiti da uomo che potevo dargli. Mi ha
detto che non aveva bisogno di vestiti, avevano bisogno di cibo. Gli ho detto
che avrebbe potuto vendere i vestiti domani al mercato delle pulci della
domenica. Ha detto che non poteva andare là, gli strozzini lo avrebbero trovato.
I bambini si rincorrevano con allegria lì attorno ma la zia di Nikol (la
sorella di sua madre) e suo marito non si sono alzati dal marciapiede su cui
erano seduti. Erano molto depressi. Nikol ha detto che sua moglie avrebbe avuto
un incontro in municipio, lunedì alle 8.30 di mattino.
Il centro sociale Santa Sava si era offerto di pagare il loro affitto, se
avessero trovato un posto per 50 euro al mese. Hanno detto che non riuscivano a
trovare un posto. Se non si fosse trovato una soluzione lunedì in municipio,
Nikol ha detto che avrebbe mandato i bambini a mendicare, per trovare il denaro
per prendere l'autobus che li riportasse a Belgrado. Almeno, lì poteva
guadagnare qualcosa e sarebbe stato lontano dagli strozzini che li inseguivano.
Attorno non ho visto cibo, nemmeno una crosta di pane. Gli ho detto che
l'indomani avrei portato loro qualcosa da mangiare. Mi hanno chiesto quando. Ho
detto, a mezzogiorno circa.
Dopo aver inviato questo rapporto ai miei colleghi, Marco, che ha fatto
da interprete all'incontro con Nikol, mi ha inviato questa correzione: "Hanno
detto di dormire in edifici residenziali che abbiano le cantine aperte,
piuttosto che in edifici abbandonati; per questo hanno paura che i residenti
vedendoli in cantina li prendano per ladri."
Dopo aver ricevuto la sua copia del rapporto, Ceda mi ha informato che Sunja,
la moglie di Nikol, tempo fa aveva chiesto shampoo contro i pidocchi per i suoi
bambini. Mi ha detto che se compravo del cibo per loro, avrei dovuto
portarglielo. L'ho invitato a venire con me e si è detto d'accordo.
Abbiamo preso l'autobus delle 13:05 per il mercato di Durlan. Prima siamo
andati da un macellaio all'angolo, che griglia gratis tutta la carne che si
compera da lui. Ho preso due chili di kebab (carne, ndr.). Ci hanno
detto di tornare tra mezzora a prendere la carne grigliata. Nel frattempo
abbiamo comperato dieci forme di pane e due chili di pomodori.
Abbiamo preso un taxi per incontrare Nikol e la sua famiglia. Erano seduti
all'ombra di un piccolo gruppo di alberi e cespugli all'incrocio della 7 Luglio.
Nikol aveva una spugna in mano, ma non stava lavorando. Per la verità, non c'era
molto traffico quella domenica pomeriggio. Erano le 14:30 circa.
Nikol non aveva molte nuove. Non mi ha menzionati gli strozzini zingari.
Soltanto che l'incontro di domani in municipio sarebbe sto per sua zia e non sua
moglie. Comunque, mi haq detto che avevano trovato un appartamento per i
bambini. Costava 140 euro al mese. Il centro sociale ne aveva offerti solo 50.
Ho detto a sua zia di informare il municipio sull'offerta e che a mia volta
avrei fatto pressione sul sindaco per trovare i fondi mancanti.
Sunja era ancora più contenta lo spray per i pidocchi che il cibo, anche se i
bambini si sono buttati sul pane come se non avessero mangiato da tanto tempo.
Hanno mangiato pochissimo kebab. Era ovvio che il pane costituiva il loro
alimento principale. A dire il vero, si sono comportati come se sino allora non
avessero mai mangiato carne.
La farmacista mi aveva consigliato lo spray, invece dello shampoo contro i
pidocchi. Dato che questa famiglia non sapeva assolutamente dove o quando
avrebbe potuto rifornirsi di acqua, lo spray era più pratico. Ho preso diverse
foto dei bambini che mangiavano assieme alla madre e alla zia (qui non
riportate, ndr.).
[...] Nonostante le terribili condizioni, i ragazzi sembrano felici, ignari
del pericolo che gli strozzini potrebbero tentare di rapirli e mandarli
all'estero in una qualche banda di accattoni, come punizione-risarcimento per il
prestito di 150 euro fatto al loro cugino scappato a Belgrado.
Capita, a proposito di
Polansky, che qualcuno mi
chieda perché lui sia ancora in giro per l'Europa a raccontare le stesse storie e
presentare nuovi libri. Altri mi chiedono perché non lo faccia gratuitamente.
Tutto ciò che ho raccontato e tradotto di lui negli anni scorsi, è stato
finanziato da quei libri e dalle conferenze che tutt'ora tiene. Quando si parla
di Rom, di conflitti a bassa o alta intensità, bisogna tradurlo in medicine che
nessun altro fornisce, in lunghi ed estenuanti viaggi e trattative perché le
autorità riconoscano loro i diritti più elementari, ed altro ancora... Soldi: volgarmente
parlando. A volte e col tempo, il caso può assumere rilevanza internazionale,
come il campo di concentramento di
Lety trasformato in porcilaia, o il decennale
avvelenamento da metalli pesanti nei campi profughi in Kosovo; altre volte è
lavoro quotidiano, poco visibile, come il recente caso dei
Rom sgomberati a
forza da Belgrado di cui sopra avete letto un particolare. C'è ancora bisogno di voi, di solidarietà che vada oltre le
belle parole e le buone intenzioni. C'è bisogno di lettori, di chi voglia
mettersi in gioco organizzando un incontro, di chi faccia circolare questi
messaggi. Paul Polansky tornerà in Italia a fine settembre e ci rimarrà
almeno tutta la prima settimana di ottobre. Fatevi vivi.
Di Fabrizio (del 06/02/2008 @ 09:21:44 in Europa, visitato 1868 volte)
Il Parlamento europeo ,
– visti gli articoli 3, 6, 7, 29 e 149 del trattato CE, che impegnano gli Stati membri a garantire uguali opportunità a tutti i cittadini,
– visto l'articolo 13 del trattato CE, in base al quale la Comunità europea può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sulla razza o l'origine etnica,
– viste le sue risoluzioni del 28 aprile 2005 sulla situazione dei rom nell'Unione europea, del 1° giugno 2006 sulla situazione delle donne rom nell'Unione europea e del 15 novembre 2007 sull'applicazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri,
– viste la direttiva 2000/43/CE, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica, e la direttiva 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro, come anche la decisione quadro sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia,
– vista la relazione per il 2007 su Razzismo e xenofobia negli Stati membri dell'Unione europea, pubblicata dall'Agenzia per i diritti fondamentali,
– visti il Decennio per l'integrazione dei rom e il Fondo per l'istruzione dei rom, istituiti nel 2005 da numerosi Stati membri dell'Unione europea, paesi candidati e altri paesi in cui le istituzioni dell'Unione europea sono presenti in modo significativo,
– visti l'articolo 4 della Convenzione quadro del Consiglio d'Europa per la protezione delle minoranze nazionali e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali,
– visto il Piano d'azione globale adottato dagli Stati che partecipano all'OSCE, compresi gli Stati membri dell'Unione europea e i paesi candidati, incentrato sul miglioramento della situazione dei rom e dei sinti nella zona OSCE, nel quadro del quale gli Stati si impegnano, tra l'altro, a potenziare i loro sforzi volti a garantire che le popolazioni rom e sinti possano svolgere un ruolo pieno ed equo nelle nostre società, e a debellare la discriminazione nei loro confronti,
– visti la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e lo Statuto dell'Agenzia per i diritti fondamentali,
– vista la relazione del gruppo consultivo di esperti di alto livello sull'integrazione sociale delle minoranze etniche e sulla loro piena partecipazione al mercato del lavoro, intitolata "Minoranze etniche sul mercato del lavoro – Un urgente appello per una migliore inclusione sociale" e pubblicata dalla Commissione nel 2007,
– visto l'articolo 108, paragrafo 5, del suo regolamento,
A. considerando che i 12-15 milioni di rom che vivono in Europa – di cui circa 10 milioni nell'Unione europea – sono vittime di discriminazioni razziali e soggetti in molti casi a gravi discriminazioni strutturali e a condizioni di povertà e di esclusione sociale, come anche a discriminazioni molteplici in base al sesso, all'età, all'handicap o all'orientamento sessuale; considerando che gran parte dei rom europei sono diventati cittadini dell'Unione europea a seguito degli ampliamenti del 2004 e del 2007, beneficiando del diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri,
B. considerando che la situazione dei rom europei – che storicamente sono stati parte della società in numerosi paesi europei e hanno contribuito ad essa – è diversa da quella delle minoranze nazionali europee, cosa che giustifica l'adozione di misure specifiche a livello europeo,
C. considerando che i cittadini rom dell'Unione europea sono spesso vittime di discriminazioni razziali nell'esercizio del loro diritto fondamentale, in quanto cittadini dell'Unione europea, alla libertà di circolazione e di stabilimento,
D. considerando che numerosi rom e numerose comunità rom che hanno deciso di stabilirsi in uno Stato membro diverso da quello di cui sono cittadini si trovano in una posizione particolarmente vulnerabile,
E. considerando che sia negli Stati membri sia nei paesi candidati non si sono compiuti progressi nella lotta alla discriminazione razziale nei confronti dei rom e nella difesa del loro diritto all'istruzione, all'occupazione, alla salute e all'alloggio,
F. considerando che la segregazione nell'istruzione continua ad essere tollerata negli Stati membri dell'Unione europea; considerando che tale discriminazione nell'accesso ad un'istruzione di qualità condiziona in modo permanente la capacità dei bambini rom di sviluppare e di sfruttare il loro diritto ad uno sviluppo educativo,
G. considerando che l'istruzione è uno strumento fondamentale per combattere l'esclusione sociale, lo sfruttamento e la criminalità,
H. considerando che condizioni di vita deplorevoli e insalubri e una ghettizzazione evidente sono fenomeni ampiamente diffusi e che, regolarmente, i rom sono vittime di espulsioni forzate o viene loro impedito di abbandonare le aree in cui vivono,
I. considerando che le comunità rom presentano in media livelli inammissibilmente elevati di disoccupazione, il che richiede interventi specifici volti ad agevolare l'accesso al lavoro; sottolineando che il mercato europeo del lavoro, così come la società europea nel suo complesso, trarrebbero enorme beneficio dall'integrazione dei rom,
J. considerando che l'Unione europea offre una varietà di meccanismi e strumenti che possono essere utilizzati per migliorare l'accesso dei rom ad un'istruzione di qualità, all'occupazione, all'alloggio e all'assistenza sanitaria, in particolare politiche in materia di inclusione sociale, sviluppo regionale e occupazione,
K. considerando che l'inclusione sociale delle comunità rom continua ad essere un obiettivo da raggiungere e che occorre utilizzare gli strumenti dell'Unione europea per realizzare cambiamenti efficaci e visibili in questo settore,
L. considerando la necessità di garantire un'effettiva partecipazione dei rom alla vita politica, in particolare alle decisioni che incidono sulla loro vita e sul loro benessere,
M. considerando che l''antizingarismo" o fobia dei rom è ancora diffuso in Europa, che è promosso e utilizzato dagli estremisti, cosa che può culminare in attacchi razzisti, discorsi improntati all'odio, attacchi fisici, espulsioni illegali e vessazioni da parte della polizia,
N. considerando che la maggior parte delle donne rom subiscono una doppia discriminazione, in quanto rom e in quanto donne,
O. considerando che l'Olocausto dei rom (Porajmos) merita un pieno riconoscimento commisurato alla gravità dei crimini nazisti volti ad eliminare fisicamente i rom d'Europa, così come gli ebrei e altri gruppi mirati;
1. condanna senza eccezioni e senza ambiguità possibili tutte le forme di razzismo e di discriminazione cui sono soggetti i rom e altre comunità considerate "zingari";
2. accoglie favorevolmente le conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo del 14 dicembre 2007 il quale, "conscio della situazione molto particolare in cui versa la comunità rom in tutta l'Unione, invita gli Stati membri e l'Unione stessa ad utilizzare tutti i mezzi per migliorarne l'inclusione" e "invita a tal fine la Commissione ad esaminare le politiche e gli strumenti vigenti e a riferire al Consiglio, entro la fine del giugno 2008, in merito ai progressi registrati";
3. ritiene che l'Unione europea e gli Stati membri condividano la responsabilità di promuovere l'inserimento dei rom e di appoggiare i loro diritti fondamentali in quanto cittadini europei, e che debbano intensificare prontamente i loro sforzi per conseguire risultati visibili in tale settore; invita gli Stati membri e le istituzioni dell'Unione europea ad avallare le misure necessarie per creare un clima sociale e politico adeguato, che consenta di porre in atto l'inserimento dei rom;
4. sollecita la nuova Agenzia per i diritti fondamentali a porre l''antizingarismo" tra le massime priorità del suo programma di lavoro;
5. riafferma l'importante ruolo dell'Unione europea nella lotta contro la discriminazione nei confronti dei rom, che spesso è strutturale e che per questo richiede un'impostazione globale a livello dell'Unione europea, in particolare con riguardo allo sviluppo di politiche comuni, ma riconosce che le competenze fondamentali e il principale investimento in termini di volontà politica, tempo e risorse da destinare alla protezione, all'attuazione di politiche, alla promozione e alla responsabilizzazion e dei rom devono essere a carico degli Stati membri;
6. sollecita la Commissione a sviluppare una strategia quadro europea per l'inserimento dei rom, che miri a dare coerenza alle politiche dell'Unione europea in materia di inclusione sociale dei rom e, nel contempo, sollecita tale Istituzione ad elaborare un piano d'azione comunitario dettagliato per l'inclusione dei rom volto a fornire un sostegno finanziario per la realizzazione dell'obiettivo della strategia quadro europea per l'inclusione dei rom;
7. Esorta la Commissione ad elaborare un esauriente piano d'azione comunitario sull'inclusione dei Rom; rileva che il piano deve essere elaborato ed implementato dal gruppo di Commissari responsabili per l'inclusione sociale dei cittadini dell'UE attraverso i loro portafogli dell'occupazione, degli affari sociali, delle pari opportunità, della giustizia, della libertà, dell'istruzione, della cultura e della politica regionale;
8. chiede alla Commissione di attribuire a uno dei Commissari la competenza per il coordinamento di una politica per i rom;
9. esorta la Commissione ad applicare la metodologia di lavoro "da Rom-a-Rom" quale strumento efficace per gestire le problematiche legate ai Rom e la invita a promuovere la presenza di personale Rom all'interno della sua struttura;
10. invita la Commissione ad istituire un'unità rom per coordinare la messa in atto della strategia quadro europea per l'inclusione dei rom, facilitare la cooperazione tra gli Stati membri e coordinare loro azioni comuni, nonché assicurare che tutti gli organi competenti siano sensibilizzati sulle questioni relative ai rom;
11. Invita la Commissione a considerare l'impatto degli investimenti privati sulle pari opportunità un fattore pertinente e determinante ai fini della mobilizzazione delle risorse dell'UE, imponendo alle persone fisiche e/o giuridiche che presentano un'offerta per progetti finanziati dall'UE l'obbligo di elaborare e implementare un'analisi e un piano d'azione sulle pari opportunità;
12. accoglie con favore le iniziative rese note dalla Commissione, tra cui una comunicazione sulla strategia rivista per la lotta contro la discriminazione, il prossimo libro verde concernente l'istruzione di bambini immigrati o appartenenti a minoranze svantaggiate, e l'intenzione di prendere misure addizionali per assicurare l'applicazione della direttiva 2000/43/CE; si compiace, in particolare, della proposta di istituire un forum di alto livello sui rom, quale struttura per lo sviluppo di politiche efficaci intese ad affrontare le questioni che interessano i rom;
13. Esorta la Commissione a creare una mappa paneuropea delle crisi, sulla cui base sono individuate e monitorate quelle aree dell'UE le cui comunità Rom risultano essere le più minacciate dalla povertà e dall'esclusione sociale;
14. sollecita la Commissione ad esaminare le possibilità di un rafforzamento della legislazione antidiscriminazione nel settore dell'istruzione, in particolare per quanto riguarda la desegregazione, e a riferire al Parlamento sulle risultanze dei suoi lavori entro un anno dall'approvazione della presente risoluzione; ribadisce che l'accesso a pari condizioni ad un'istruzione di qualità dovrebbe essere una priorità nell'ambito di una strategia europea per i rom; sollecita la Commissione ad intensificare i suoi sforzi per finanziare e sostenere, negli Stati membri, azioni intese ad integrare i bambini rom, sin dalla più tenera età, nei sistemi di istruzione ordinari; esorta la Commissione a sostenere programmi che promuovano azioni positive a favore dei rom nei settori dell'istruzione secondaria e superiore, includendo la formazione professionale, l'istruzione degli adulti, l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita e l'istruzione universitaria; esorta altresì la Commissione a sostenere altri programmi che offrano modelli positivi e riusciti di desegregazione;
15. invita gli Stati membri e la Commissione a combattere lo sfruttamento dei bambini rom, l'accattonaggio che sono costretti a praticare e il loro assenteismo scolastico, nonché i maltrattamenti delle donne rom;
16. sollecita la Commissione a sostenere l'integrazione dei rom nel mercato del lavoro mediante misure che comprendano un sostegno finanziario alla formazione e alla riconversione professionale, misure intese a promuovere azioni positive sul mercato del lavoro, un'applicazione rigorosa delle leggi antidiscriminazione nel settore dell'occupazione e misure atte a promuovere presso i rom il lavoro autonomo e le piccole imprese;
17. invita la Commissione a considerare la possibilità di un sistema di microcredito quale suggerito nella relazione summenzionata del gruppo consultivo di esperti di alto livello, per promuovere l'avvio di piccole imprese e sostituire la prassi dell'usura, che obera molte delle comunità svantaggiate;
18. invita il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri a sostenere programmi nazionali volti a migliorare la situazione sanitaria delle comunità rom; in particolare introducendo un adeguato programma di vaccinazioni per i bambini; sollecita tutti gli Stati membri a porre fine e a rimediare in modo adeguato e senza indugio all'esclusione sistematica di talune comunità rom dall'assistenza sanitaria, comprese, tra l'altro, le comunità che si trovano in aree geografiche isolate, come anche a violazioni estreme dei diritti dell'uomo nell'ambito del sistema sanitario, laddove esse abbiano avuto o stiano avendo luogo, comprese la segregazione razziale nelle strutture sanitarie e la sterilizzazione forzata delle donne rom;
19. sollecita la Commissione a basarsi sui modelli positivi esistenti per sostenere programmi volti a porre fine, negli Stati membri in cui esiste, al fenomeno delle baraccopoli rom – che generano gravi rischi sociali, ambientali e sanitari – e a sostenere altri programmi che offrano modelli positivi e riusciti di alloggio per i rom, inclusi i rom migranti;
20. sollecita gli Stati membri a risolvere il problema dei campi, dove manca ogni norma igienica e di sicurezza e nei quali un gran numero di bambini rom muoiono in incidenti domestici, in particolare incendi, causati dalla mancanza di norme di sicurezza adeguate;
21. sollecita la Commissione e il Consiglio ad allineare la politica dell'Unione europea relativa ai rom sul "Decennio per l'integrazione dei rom" e a fare uso delle iniziative esistenti, quali il Fondo per l'istruzione dei rom, il Piano d'azione dell'OSCE e le raccomandazioni del Consiglio d'Europa, al fine di accrescere l'efficacia degli sforzi compiuti in tale settore;
22. sottolinea l'importanza che riveste il fatto di coinvolgere le autorità locali per garantire un'esplicazione efficace degli sforzi volti a promuovere l'inserimento dei rom e a combattere la discriminazione;
23. invita gli Stati membri a coinvolgere la comunità rom al livello di base nel tentativo di mettere il popolo rom in condizioni di beneficiare pienamente degli incentivi forniti dall'Unione europea volti a promuovere i loro diritti e l'inserimento delle loro comunità, nei settori dell'istruzione, dell'occupazione e della partecipazione civica, dal momento che un'integrazione riuscita comporta un approccio che va dal basso verso l'alto e responsabilità comuni; sottolinea l'importanza di sviluppare le risorse umane e le capacità professionali dei rom, al fine di promuovere la loro presenza a tutti i livelli dell'amministrazion e pubblica, ivi comprese le istituzioni della UE;
24. ricorda che tutti paesi candidati si sono impegnati, nel quadro del processo di negoziazione e di adesione, a migliorare l'inserimento delle comunità rom e a promuovere il loro diritto all'istruzione, all'occupazione, all'assistenza sanitaria e all'alloggio; chiede alla Commissione di effettuare una valutazione del rispetto di tali impegni e della situazione attuale dei rom in tutti gli Stati membri dell'Unione europea;
25. invita la Commissione e le autorità competenti a compiere i passi necessari per porre termine alle attività di ingrasso dei suini sul sito dell'ex campo di concentramento di Lety (Repubblica Ceca), lasciando spazio ad un monumento commemorativo che onori le vittime delle persecuzioni;
26. ritiene di dover dovrebbe esaminare più nel dettaglio i diversi aspetti delle sfide strategiche europee riguardanti l'inserimento dei rom;
27. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, ai paesi candidati, al Consiglio d'Europa e all'OSCE. (1) GU C 45 E del 23.2.2006, pag. 129. (2) GU C 298 E dell'8.12.2006, pag. 283. (3) Testi approvati, P6_TA(2007)0534.
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The European Roma Information Office (ERIO) is an international advocacy organization, which promotes political and public discussion on Roma issues by providing factual and in-dept information on a range of policy issues to the European Union institutions, Roma civil organizations, governmental authorities and intergovernmental bodies.
The ERIO cooperates with a network of a large number of organizations and acts to combat racial discrimination and social exclusion through awareness raising, lobbying and policy development.
Di Fabrizio (del 02/09/2010 @ 09:21:24 in Europa, visitato 2688 volte)
Ricevo da Paul Polansky
Comunicato stampa, 1 settembre 2010
Il principe Karel VII von Schwarzenberg, ministro degli esteri della
Repubblica Ceca, e il dr. Bernard Kouchner, ministro degli esteri francesi,
hanno recentemente denunciato la deportazione dei Rom dalla Francia.
Deportazione decisa dal presidente francese Nicolas Sarkozy alla fine di luglio.
Circa 8.300 Rom di nazionalità rumena e bulgara sono stati espulsi dalla Francia
dall'inizio dell'anno. Quasi 10.000 sono stati espulsi nel 2009.
Schwarzenberg si è opposto alla deportazione dei Rom dalla Francia dicendo
che la decisione è stata presa su basi razziali ed è contraria allo spirito e
alle norme dell'Unione Europea.
Kouchner ha detto di aver considerato le dimissioni, riguardo la politica del
presidente Sarkozy di deportare i Rom. Non si è dimesso.
Agli occhi dei Rom e dei Sinti cechi e dell'esperienza dei Rom del Kosovo,
entrambe i personaggi rappresentano l'ipocrisia ai massimi livelli.
Durante la II guerra mondiale il padre di Schwarzenberg, principe Karel VI,
usò zingari ed ebrei come schiavi per i lavori forzati nelle sue tenute in
Boemia meridionale, prima che i Tedeschi la passassero sotto loro
amministrazione.
Nel 1999 come capo dell'ONU in Kosovo, Kouchner piazzò circa 200 famiglie di
rifugiati rom in campi posti su terreni altamente contaminati promettendo loro,
alla baronessa Nicholson e a me stesso che sarebbero rimasti lì solo per 45
giorni. Disse che essendo lui dottore, conosceva il pericolo dell'avvelenamento
da metalli pesanti e che se questi Rom non avessero potuto tornare alle loro
case, li avrebbe portati all'estero. Undici anni più tardi, dopo 89 morti (molte
attribuite ad una combinazione di malnutrizione e avvelenamento da piombo), 140
famiglie sono ancora in questi campi.
Dopo la II guerra mondiale, dal 1945 al 1948, il principe Karel VI continuò
ad adoperare forza lavoro schiavizzata nelle tenute che gli erano state
restituite. Stavolta, gli schiavi erano cittadini tedeschi della Cecoslovacchia,
che si suppone vi fossero stati deportati nel 1945. Comunque, Schwarzenberg li
mantenne in stato di detenzione in una villa confiscata ad un Ebreo, adiacente
alla sua proprietà, prima che i comunisti lo obbligassero a fuggire nel 1948.
Nel 2000,la squadra medica ONU di Kouchner raccolse campioni sanguigni di
molti Kosovari nella città di Mitrovica, dopo che a diverse truppe NATO fu
rilevato avvelenamento da piombo. I livelli più alti di piombo (i più alti nella
letteratura medica) furono trovati tra i bambini rom nei campi ONU dove Kouchner
li aveva piazzati, accanto alle locali miniere di piombo. La squadra medica ONU
di Kouchner in un rapporto scritto inviatogli, raccomandava l'immediata
evacuazione dei campi e cure mediche. Kouchner rifiutò.
Negli anni '90 il principe Karel VII von Schwarzenberg, col presidente Havel,
ricevette in restituzione molte delle terre e dei castelli di suo padre, e le
proprietà praghesi che erano state confiscate nel 1948 dall'allora governo
comunista. Il ritorno di queste terre rese Schwarzenberg l'uomo più ricco della
Cecoslovacchia. Secondo la legge ceca le proprietà non avrebbero dovuto
ritornargli, perché durante e dopo la II guerra mondiale gli Schwarzenberg
usarono forza lavoro schiavizzata in queste proprietà.
Nel 1999 Medecins sans Frontieres (Dottori senza Frontiere), di cui Kouchner
era cofondatore, ricevette il Premio Nobel per la Pace. TIME magazine scrisse
che Kouchner era "Un uomo di fuoco, un guerriero di pace, che aveva inventato il
dovere di ingerenza internazionale." Kouchner più tardi approvò "nel nome dei
diritti umani" l'invasione e l'occupazione USA dell'Iraq.
Nella Repubblica Ceca un allevamento di maiali si trova ora sulle fondamenta
del campo di sterminio per Rom e Sinti di Lety. Karel VI Schwarzenberg usava i
Rom di questo campo per lavorare nelle sue foreste e cave di pietra. Oggi questo
sito di olocausto è dissacrato da 20.000 maiali che defecano vicino alle fosse
comuni dei bambini annegati dalle guardie ceche nel laghetto degli Schwarzenberg
accanto al campo.
Oggi negli ex campi ONU a Mitrovica ogni bambino concepito nasce con danni
irreversibili al cervello, a causa degli alti livelli di piombo nel sangue
materno. L'anno scorso venne chiesto al dr. Kouchner di intervenire per salvare
queste famiglie che lui aveva abbandonato nel 1999. Non lo fece.
Dal 1984 al 1991 Schwarzenberg presiedette la Federazione Internazionale di
Helsinki per i Diritti Umani. Mai si è scusato con i Rom e Sinti cechi (neanche
con gli Ebrei cechi) perché la casata degli Schwarzenberg li aveva usati come
schiavi durante la II guerra mondiale.
Anche se attualmente è ministro degli esteri in Francia, Kouchner non ha mai
inviato nessuno dall'ambasciata francese a Pristina per aiutare i bambini
sofferenti di malnutrizione ed avvelenamento dai piombo nei campi rom da lui
stabiliti nel 1999 e che promise di chiudere in 45 giorni.
Questi Maestri dell'Ipocrisia parlano soltanto per ottenere i loro nomi nelle
notizie di testa. Non sono i leader mondiali che pretendono di essere. Stanno
ignorando principi morali e legali e danneggiando la credibilità delle leggi
internazionali.
Schwarzenberg e Kouchner usano i Rom in maniera paternalistica per
evidenziare la loro reputazione nei diritti umani. Speriamo che il pubblico, i
Rom specialmente, comprendano quanto siano falsi questi "leader morali e
politici".
Paul Polansky Head of Mission Kosovo Roma Refugee Foundation
Giornalista, poeta, scrittore, fotografo, regista e
antropologo di fama internazionale, ma anche ex pugile e giocatore di football
americano...
Agli inizi degli anni '90 inizia un lungo percorso di ricerca sulle origini
della propria famiglia, durante il quale scopre documenti che permettono di
riportare alla luce l'esistenza del campo di concentramento di Lety, in
Repubblica Ceca, che oggi è un allevamento di maiali. Le testimonianze raccolte
lo rendono inviso al governo ceco.
Nel 1999 viene ingaggiato dalle Nazioni Unite e inviato nel Kosovo come
intermediario tra le istituzioni e i gruppi rom perseguitati. Lotterà per 11
anni perché i Rom, cacciati dagli estremisti albanesi, possano uscire dai campi
profughi, costruiti su terreni altamente inquinati da piombo e metalli pesanti.
Nel 2004 è insignito del premio Human Rights Award, consegnatogli direttamente
da Günter Grass. Nel 2005 il suo film-documentario Gipsy Blood, visibile su
youtube, è premiato al Golden Wheel International Film Festival di Skopje.
Attualmente risiede a Nish, in Serbia, dove prosegue la sua attività per i
diritti umani, tramite l'associazione Kosovo Roma Refugee Foundation.
Sabato 29 settembre: ore 13,00-14,30 Circolo Vereda,
via De' Poeti 2/E "Poesia per restare umani", reading di Paul Polansky
& Co, nell'ambito dell'evento "100 Thousand Poets For Change"
100 Thousand Poets For Change a Bologna Coordinamento:
Marina Mazzolani, italiana autoctona amante della diversità.
Pina Piccolo, italo-americana, figlia della migrazione.
Antar Marincola, somalo-italiano, figlio del colonialismo.
Gassid Babilonia, iracheno, figlio delle guerra.
Nell'ambito di 100 Thousand Poets for Change, unendosi simultaneamente a 700
iniziative sparse per il mondo in 115 nazioni, i bar, le librerie, i giardini, i
luoghi storici di Bologna si aprono a oltre 80 poeti e alla poesia per costruire
insieme nuove visioni di un mondo non straziato da guerre, diseguaglianze,
ignobili distribuzioni delle ricchezze, sfruttamento insensato della Terra.
Bologna in mani ai poeti: Sono coinvolti più ottanta poeti in questo evento,
poeti famosi e altri giovani, poeti che credono nella possibilità del
cambiamento globale, cercano con il loro linguaggio di dimostrare la loro
indignazione verso un mondo considerato, erroneamente, libero, democratico e
difensore dei diritti umani.
In tempi di crisi globale l'urgenza di cambiamento a livello sociale, politico
ed ecologico si avverte ancora di più ed i poeti , che spesso captano i
cambiamenti nello "spirito dei tempi" e lo trasmettono con la perizia dei propri
versi possono contribuire in maniera efficace al movimento verso il nuovo.
I poeti hanno sempre scritto e gridato per la pace, i diritti umani, la
convivenza universale e tanti altri ideali, ma si faceva sempre in modo
personale, o a livello di piccoli gruppi. E' la prima volta, nella storia umana,
che i poeti si sono uniti tutti quanti per gridare in coro contro l'ingiustizia,
contro le guerre, contro la diseguaglianza, contro il razzismo, contro la fame e
contro tutti gli ideali sbagliati di un mondo che ormai sta andando alla rovina.
I cambiamenti si fanno a piccoli passi, e non si fanno a passi di uragano,
perché un uragano lascia sempre disastri dietro. A piccoli passi cerchiamo di
cambiare un mondo che è stato cambiato verso il male a piccoli passi.
A questo appello possono rispondere anche gli altri artisti di tutti i generi
d'arte, e tutte le persone che credono nella possibilità del cambiamento, in
modo da coinvolgere assolutamente tutti.
Itinerario delle letture poetiche:
Ore 10,00-14,00 Sala Borsa, Piazza Maggiore
Ore 11,00-12,00 Libreria Coop Ambasciatori, via Orefici 19
Ore 13,00-14,30 Circolo Vereda, via De' Poeti 2/E "Poesia per restare umani", reading di Paul Polansky & Co.
Ore 15,00-18,30 Bar L'Ortica, via Mascarella 25
Ore 16,00-17,30 Mural "500 anni dalla conquista", via Zamboni, Piazza Scaravilli,
lettura di poesie latino-americane
Ore 16,30-18,00 Bar Linea, sotto il Palazzo di Re Enzo
Ore 18,00-20,00 Nuova Arena Orfeonica, v. Broccaindosso 50
Ore 18,30-20,30 Poeti in cammino, da P. Maggiore a P. Verdi
Ore 18,00-20,30 Libreria delle Moline, via delle Moline 3/a
Ore 20,00-23,00 Giardino del Guasto, "Omaggio a PierPaolo Pasolini - una panca,
poesia e musica", con il sax di Guglielmo Pagnozzi
Ore 20,30-23,00 Bar La Scuderia, Piazza Verdi
Ore 21,00-23,00 Bottega del Mondo "Potosì", via Mascarella 35/a
Ore 21,00-24,00 Antico Bar dei Licei, via Broccaindosso 69/A
Vi preghiamo di diffondere l'evento, e anche di seguirlo, perché pubblicheremo
le locandine dei singoli eventi corrispondenti ai diversi posti.
SETTIMANA MILANESE
1 ottobre Ore 21.00 Reading presso CAM Ponte delle Gabelle, via
san Marco 45 (ingresso libero).
2 ottobre Ore 21.00 Reading presso circolo
"Via d'Acqua", viale Bligny 84 PAVIA (ingresso con tessera
Arci ed offerta libera a sostegno per l'iniziativa)
3 ottobre Ore 16.00 visita agli insediamenti rom in zona Cavriana-Forlanini. Ore 21.00 Reading presso
Libreria Popolare in via Tadino
18 (ingresso libero).
4 ottobre Pomeriggio (orario da definire): visita al
villaggio rom di via Idro, seguita da Reading alle ore 21.00 (ingresso libero).
Alle 20.00 sarà possibile cenare al Social Rom (cena solo su
prenotazione, 347-717.96.02 oppure info@sivola.net).
5 ottobre Pomeriggio (orario da definire): visita al
campo sinti
Terradeo a Buccinasco. Ore 21.00 Reading a Corsico presso la
Biblioteca comunale di via Buonarroti n. 8 (ingresso libero).
6 ottobre Pomeriggio (orario da definire): visita al
campo di Monte Bisbino(Milano-Baranzate).
7 ottobre Ore 21.30 Reading all'enoteca Ligera via Padova 133 (ingresso libero).
Organizzano: LA CONTA di Milano, ApertaMente
di Buccinasco, FAREPOESIA di Pavia e Mahallacon il concorso delle
comunità rom e sinte locali - per informazioni:
347-717.96.02 oppure info@sivola.net
FAREPOESIA - RIVISTA DI POESIA E ARTE SOCIALE Anno 3 - N. 6
Marzo 2012
IN QUESTO NUMERO: PAUL POLANSKY POETA LEGGENDARIO a cura di Enzo
Giarmoleo
Alcuni affermavano: "La poesia non è democratica, non fa sconti!"
Altri parlavano dell'importanza solenne della metrica. Altri dissertavano sulla
lunghezza del verso misurandolo. Altri dicevano che i "Veri" poeti in Italia
sono circa dieci. Altri li rintuzzavano dicendo che quella era una visione
elitaria. Altri parlavano di minimalismo, qualunquismo, epigonismo, di poesia
come atto di fede nel futuro…
Mentre la disputa infinita infuriava è apparso a Milano Paul Polansky, poeta
leggendario, uno degli scrittori più impegnati nella lotta per i diritti umani
nell'Europa dell'Est, erede di una stirpe di guerrieri di un "antico villaggio
vichingo", una stirpe di "belve combattenti"1. La sua
presenza è riuscita a neutralizzare la controversia. Polansky non è approdato
nella Milano dei "Veri" poeti, non ha sventolato bandiere per farsi notare.
Avevo letto il suo nome nelle locandine "resistenti" di realtà culturali come
"La Casa della Poesia" di Baronissi e l'associazione "Angoli Corsari" di Reggio
Calabria. Una sera di novembre, all'Arci di Turro, nel cuore del quartiere più
multietnico di Milano, Polansky si è rivelato e ha rubato l'attenzione del
pubblico con le sue poesie e i suoi racconti.
Le sue opere spaziano dalla narrativa alla poesia, inizia a scrivere romanzi
per poi approdare, a 50 anni, alla poesia impegnata. Polansky è sicuramente il
poeta più coinvolto, a livello globale, nella difesa dei diritti umani delle
popolazioni Rom, vittime dell'olocausto. La parola nei suoi scritti ha sempre a
che fare con l'azione e, come dice il poeta e attivista americano Jack
Hirschman: "Non v'è alcuna fuga artificiosa attraverso lo stile". Polansky non
si pone il problema di verseggiare per rispettare certe regole dell'accademia,
né d'altra parte potrebbe farlo, tanto impellente è la necessità di raccontare.
Per una volta la liricità non ha bisogno di lacci e lacciuoli. La poesia di
Polansky è la prova che fuori dal carcere delle strutture linguistiche esistono
mille altri modi di fare poesia. Il risultato è che riesce a trasmettere
emozioni
fortissime; in ogni parola, in ogni immagine, si sente l'odore dell'indigenza,
della violenza, della guerra.
Nel 1963 Polansky lascia l'America per sfuggire all'arruolamento per la
guerra in Vietnam e si trasferisce in Spagna, un paese dove ancora l'ombra del
Caudillo si allunga minacciosa oscurando i cuori e le menti. La Guardia Civil
è onnipresente sul territorio. Si sposta anche nella Spagna rurale, spesso
girovagando sul dorso di un mulo per le sendas (mulattiere) in paesaggi
selvaggi, per ricostruire il filo di sentieri persi e dimenticati, quasi
anticipando
la sua passione e la sua sete per la ricerca antropologica. Più di mille
discorsi,
la poesia "Caccia Grossa"2 svela un modo di sentire, quasi una concezione del
mondo, con un tocco di ironia.
Nel 1991 parte per la Repubblica Ceca con l'intento di svolgere ricerche
sulle origini della propria famiglia di linea paterna. Scopre negli archivi 40
mila documenti riguardanti il famoso campo di lavoro di Lety costruito durante
la II guerra
mondiale per gli ebrei e successivamente impiegato solo per gli
zingari. Polansky non può rassegnarsi quando viene a sapere che il campo era
gestito da guardie ceche e non da tedeschi. Contrastato nel suo intento dalle
autorità egli cerca eventuali sopravvissuti al campo di lavoro. Le voci
strazianti dei sopravvissuti sono contenute nella sua prima raccolta di
testimonianze orali "Black Silence" e nel suo primo libro di poesie "Living
Thru It Twice" (1998) che, come dice il poeta, gli ha cambiato la vita.
C'è una poesia che rispecchia la dedizione del poeta nei confronti dei Rom,
scritta basandosi sulla testimonianza di una donna sopravvissuta al campo di
sterminio di Lety, la poesia s'intitola "Pensavo di essere una sopravvissuta",
una delle parole chiave del testo è il termine "barcollare" e ci
suggerisce nettamente la sensazione di perdita d'identità che hanno provato
migliaia di persone. La poesia è talmente densa di emozioni che ogni suo
verso potrebbe dare il titolo a questo straordinario componimento.
Durante la fine degli anni '90, Polansky, dotato di grande empatia,
combatterà a fianco delle popolazioni rom ceche per ottenere i risarcimenti per
i
torti subiti nei campi boemi durante la II guerra mondiale e fa propria la
storia
dolorosa degli zingari kossovari nella guerra Serbo-Albanese. La sua scrittura
e la sua poesia saranno le sue armi per raccontare l'esperienza storica del
popolo Rom ma anche per dare visibilità ad un popolo che appare soltanto
negli "hate speech" diffusi nei discorsi pubblici e nelle rappresentazioni
mediatiche negative.
La sua protesta comincia a preoccupare le autorità ceche, un suo romanzo
"The Storm"del 1999, in nuce la descrizione di una sopraffazione storica,
viene requisito dalle librerie3.
In questi anni la poesia serve ad esprimere questo dolore. È sempre una
poesia che non segue i canoni classici della poesia tradizionale, la rima, la
misura del verso; al di là del tema trattato, la drammaticità serpeggia nelle
sue
poesie. La poetica di Polansky è al di fuori dell'assolutezza di un principio
che
valga per tutti; c'è solo spazio per le allitterazioni e l'eufonia, tipiche
della
antica poesia vichinga, che per il poeta sono naturali4.
Dalla storia inquietante di "Sacchi per Cadaveri" (1999) emergono i mali
nascosti dell'America, un esempio di umorismo nero per una vicenda tragica
come la strage per mano di due adolescenti5.
Gli anni seguenti vedono la ripresa dei temi dei Rom in Kossovo e nella
Repubblica Ceca dove le autorità locali e civili auspicano l'eliminazione o la
deportazione di queste comunità prendendo alla lettera la lezione swiftiana6.
Nella poesia "The Well" lontano da atmosfere ovattate, c'è il racconto, crudo
dettagliato, di uno zingaro vittima di una violenza estrema - uno dei tanti
costretti a fuggire "da un paese in cui hanno vissuto per quasi settecento
anni".
Come sempre avviene nei migliori esempi alla "Guantanamo", la violenza
psicologica perpetrata nei confronti degli zingari cechi è paralizzante quanto
quella fisica. Un esempio calzante lo troviamo nella poesie "Un Vestito
Nuovo" e "Una scuola speciale". Ironia e sarcasmo del poeta, se da un lato
attenuano la drammaticità e la crudezza di alcune poesie-racconto, dall'altro
fanno emergere con più forza l'ingiustizia perpetrata nei confronti dei
rifugiati
come in "Fermata d'Autobus", "Il Presidente del Kossovo" e in molte altre.
I temi dei suoi scritti si alternano, dalle raccolte di poesie sui rom kossovari
a quelle con connotazioni antropologiche sulle comunità di zingari, per
ritrovare ancora la Spagna dove è iniziata la sua incredibile avventura.
Un suo libro in lingua ceca del 2001, "Homeless in the Heartland" venduto
per le strade di Praga dai barboni, ricorda in parte l'epoca dei libri samiždat
che venivano scambiati clandestinamente nella Praga degli anni '80. La
discriminazione è ricorrente nella poetica di Polansky anche quando racconta
la realtà dei senzatetto americani del midwest.
C'è anche una poesia più personale ed intima che ha per oggetto gli anni
duri dell'adolescenza quando praticava sport come il football americano e la
boxe. La boxe diventa protagonista di uno dei suoi libri più famosi, "Stray
Dog" (Cane Randagio, 1999), in cui dagli aspetti violenti emerge la profonda
sensibilità umana del poeta7. Nella poesia "Gli imbattuti", pervasa da un
grande senso della realtà, alle immagini crude si associa un senso di fragilità
e
di sofferenza dell'io narrante consapevole che non si vince mai del tutto anche
se abbatti l'avversario. Solo chi si distrae durante il "combattimento" non
sente la poesia.
Un virus partito da un antico villaggio vichingo, diffusosi poi in America e
ritornato in Europa, si aggira ora per Milano; è il virus "Polansky", pericoloso
virus dell'empatia che potrebbe insediarsi nelle nostre menti per amplificare la
nostra comprensione, per capire ad esempio le ragioni per cui i bambini
zingari di Mitrovica (Kossovo) sono morti a seguito di complicazioni dovute
ad avvelenamento da piombo nei tre campi ONU costruiti su una discarica
tossica.
Dall'azione alla narrazione. Quella di Polansky è una metanarrazione mai
consolatoria, che non si sofferma soltanto sulle discriminazione nei confronti
dei rom e l'orrore da essi subito. Polansky racconta con molta serenità e in
veste di antropologo anche l'origine, i rituali della cultura rom, le abitudini,
le
credenze, le abilità di questo popolo. Racconta in modo disarmante gli
espedienti usati dai rom per sopravvivere, si sofferma su alcuni aspetti non
accettati dalle comunità "civili" occidentali: usanze millenarie come la
compravendita delle giovani spose o l'atteggiamento fortemente maschilista
all'interno delle comunità zingare.
È grazie a questo approccio, alla serietà delle sue ricerche che la narrazione
coinvolge l'ascoltatore e lo fa avvicinare allo scottante problema degli
zingari8.
La conoscenza di Polansky è frutto di una attenta osservazione sul campo e di
pazienti ricerche antropologiche in India, Pakistan, Kashimir, ex Cina. Si
scoprono cosi le similarità linguistiche tra gli zingari nostrani e le tribù
sansis del Punjab, certa musica zingara del Rajestan in tutto simile al flamenco
spagnolo o più in generale i debiti della musica colta nei confronti dei Rom.
Polansky trova nei luoghi originari degli zingari corrispondenze con
moltissimi aspetti e dettagli della cultura rom di cui si era impadronito vivendo con i rom sia in Spagna che nel Kossovo.
Si sfaldano nei suoi racconti anche i luoghi comuni che vogliono gli zingari
nomadi costantemente in viaggio. Gli zingari, dai musicisti ai maniscalchi,
viaggiavano di mercato in mercato per vendere cesti, ferri di cavallo, briglie,
setacci ecc, o si spostavano per i lavori stagionali ma solo dalla primavera
fino
all'autunno. Anche certe leggende, come quella del serpente domestico
protettore della casa, suggeriscono che gli zingari non erano nomadi ma
vivevano in abitazioni fisse.
La simbologia del serpente, comune agli zingari in Albania, Grecia, Turchia
e nelle montagne della Bulgaria, le pietre fluviali messe nelle tombe per
garantire l'acqua ai defunti nell'aldilà allo scopo di non mendicare l'acqua
nell'altro mondo, certe cure sciamaniche comuni sia agli zingari della Bulgaria
che a quelli del Kossovo o l'appartenenza alle caste sono prove del legame
degli zingari con l'India.
Polansky sa che gli zingari sulle montagne della Bulgaria credono nel Dio
Sole e ritrova questo legame, in particolare a Multan, l'antica capitale del
Punjab, dove intorno all'anno mille c'era il famoso tempio del sole e dove
arrivavano gruppi consistenti di esiliati dall'Egitto. Da qui anche l'etimo di
zingaro: Egyptian come Gypsies.
Un capitolo molto interessante riguarda il ruolo vitale che gli zingari
assumono nell'economia di altri paesi. Con l'inizio della diaspora del XV
secolo, si spostano dalle regioni balcaniche in Calabria, Sardegna, Spagna
diventando spesso manodopera indispensabile a basso costo, specie
nell'agricoltura nelle fasi della semina e del raccolto. Questo ruolo vitale
restituisce dignità storica, se pure ce ne fosse bisogno, alle comunità zingare
ed è un buon punto di partenza per ricostruire una storia che non sia solo il
frutto di mistificazioni o di analisi faziose sulla loro cultura.
Intervista
a
Paul
Polansky a
cura
di
Enzo
Giarmoleo
Ho l'impressione che sei molto attento a non farti coinvolgere dal
successo facile, dalla notorietà, insomma che ti difendi dal circolo
mediatico. È un'impressione corretta?
Giusto il contrario. Inseguo i media, non per me stesso ma per la mia causa,
la mia missione, per aiutare la gente a capire gli zingari, la cultura rom. Ho
avuto successo nel coinvolgere BBC (British Broadcasting Corporation), ZDF
(Zweites Deutsches Fernsehen, la seconda televisione tedesca), TV Australiana,
Arte TV, Al Jazeera, ecc. ma non sono riuscito a fare molti progressi né
con i media italiani né con quelli americani. Sia gli uni che gli altri non
danno
tendenzialmente spazio agli zingari a meno che non si tratti di una storia
negativa. Sebbene abbia partecipato a reading in più di 50 città italiane, solo
raramente sono stato intervistato dalla stampa italiana poiché agli editori non
interessa chi parla in modo positivo degli zingari.
Alcuni episodi della tua vita on the road mi hanno fatto venire in mente
"Il Vagabondo" di Jack London, anche se è difficile inquadrarti in una
corrente letteraria. Quali sono i tuoi punti di riferimento artistici?
Jack London, Hemingway e la prima poesia di Bukowsky hanno avuto su di
me una grande influenza. Suppongo che verrò sempre considerato un poeta
americano fuori patria, completamente fuori dal mainstream, con poco o
nessun riconoscimento in America. Credo di trattare temi sociali che non sono
popolari per la maggior parte degli americani e che la mia poesia sia più
accettata in Europa. D'altra parte ho vissuto in America solo 21 anni e in
Europa per ben 49 anni. Credo nel socialismo, termine che in America è
considerato una parolaccia. Gran parte della mia poesia è molto di sinistra che
significa che molti degli editori americani, se non tutti, ignorerebbero i miei
scritti. Lo stesso vale per il pubblico americano.
Polansky spiazza il lettore tradizionale abituato a romanticherie tutte
occidentali, con tematiche e soggetti fuori dagli schemi: rom, zingari,
barboni, pugili…
Si, perché sono temi rari. I lettori sono più interessati ad ascoltarli. Oggi
buona parte della poesia almeno in America, tratta della tragica vita amorosa
del poeta. I lettori si annoiano a leggere queste storie senza fine, che sono
fondamentalmente identiche. Zingari, pugili, vagabondi hanno ancora storie
universali da raccontare, in grado di colpire il lettore. Ogni volta che leggo
le
mie poesie a studenti della scuola superiore in Italia, succede che gli
insegnanti vengono da me e dicono che questa è la poesia che dovrebbero
insegnare. Dicono questo perché i loro studenti restano entusiasti e coinvolti
mentre trovano noiosa la poesia classica insegnata a scuola. Per quanto grandi
siano i poeti classici come Dante, gli studenti oggi non riescono a stabilire un
rapporto con essi.
Hai avuto mai problemi con i poeti o i critici dell'establishment che ti
hanno fatto critiche riguardo alla metrica, al ritmo, alla lunghezza del
verso e cose simili?
Si, certamente. Alcuni poeti e critici non considerano la mia poesia, poesia,
neanche antipoesia. Questo non mi disturba. Scrivo per raccontare una storia.
Tutte le mie poesie potrebbero prendere la forma di racconti, persino novelle.
Faccio molta attenzione alle allitterazioni e all'eufonia perché queste mi
arrivano naturalmente, proprio come le mie storie. Il poeta francese Frances
Combes dice della mia poesia: "È il tipo di poesia che amo. Efficiente, saggia
e talvolta ironica. Soprattutto testimonianza umana. Questa è la poesia di cui
abbiamo bisogno in questi tempi di divertimento massmediale e di
brutalizzazione della mente. Poesia fatta non solo di parole ma di vita. Ora
penso che le poesie debbano essere vissute prima di essere scritte."
A cosa serve l'ironia? Mi pare che essa non manchi nei tuoi scritti.
La mia poesia deriva da esperienze vere. E ne ho avute parecchie. Sebbene i
miei temi siano centrati sull'ingiustizia e sull'ipocrisia, spesso vedo queste
cose attraverso il filtro dell'ironia piuttosto che con la rabbia. Ho visto
persone
morire nelle mie braccia. Ho visto centinaia di persone cacciate dalle loro case
saccheggiate e distrutte. Mi succede di descrivere le storie così come le
persone le hanno vissute; altre volte uso la lente dell'ironia o dell'umorismo
nero. L'ironia è una forma più sofisticata della rabbia. I lettori sono stanchi
di
poeti e attivisti che battono semplicemente sulla grancassa della politica.
L'ironia fa arrivare lo stesso messaggio ma in un modo più interessante, serve
anche ad erodere l'ipocrisia.
Come mai non sono stati ancora pubblicati in Italia: Living through it
twice (scritto nel 1998), libro che ha segnato una tappa importante nella
tua vita, e la raccolta di testimonianze orali Black Silence scritto
nell'autunno del 1998?
Innanzitutto questi libri dovrebbero essere tradotti in italiano e questa
operazione costa denaro che oggi manca a molti editori. Un'altra ragione è che
gli editori non vogliono investire molti soldi in un sentimento di solidarietà
per gli zingari. Le case editrici temono che il pubblico non comprerebbe libri
che parlano di zingari. Cosi l'ignoranza sugli zingari è alimentata proprio da
quelle stesse persone (gli editori) che dovrebbero educare il pubblico.
Vivere nell'epoca della globalizzazione ti reca qualche disagio? Come ti
contrapponi ai mali della globalizzazione? Come ti poni nei confronti dei
movimenti antiglobalizzazione, contro la guerra?
Ho lasciato l'America nel 1963 a causa della Guerra del Vietnam; credo che
da allora non sia cambiato nulla. L'America ancora crede nell'impero, nella
guerra, nell'essere il poliziotto del mondo. Oggi il complesso militare-industriale insieme alle lobby israeliane regna sulla politica estera americana.
La globalizzazione ha solo contribuito a rendere le imprese americane più
ricche e il mondo più povero. I problemi che ne derivano sono difficili da
descrivere con la poesia a meno che non si racconti la tragedia attraverso la
storia di un individuo piuttosto che attraverso una diatriba politica. La poesia
può raggiungere la gente, e in modo speciale i giovani, più velocemente di
qualsiasi altra forma di comunicazione, fatta eccezione forse per il video.
Persino il video è troppo lungo qualche volta. La poesia breve può svegliare le
persone più di qualsiasi altra cosa.
Leggendo le tue poesie mi sono accorto della ricchezza e della varietà
dei temi trattati. Non c'è il rischio che tu venga conosciuto solo come il
poeta che difende i diritti umani, in particolare dei Rom?
Ho più di 3000 pagine di poesia non pubblicate che non parlano di diritti
umani o di zingari. Una delle mie collezioni non pubblicate parla dei miei
giorni passati a fare trekking sul dorso di un mulo in Spagna alla ricerca di
sentieri perduti e dimenticati. Un'altra collezione tratta della mia gioventù
nella vecchia Madrid. Spero che un giorno la mia "Altra" poesia venga
pubblicata.
Puoi dirci brevemente perché hai dichiarato guerra all'ONU nel periodo
in cui ti sei occupato dei bambini di Mitrovica.
La missione ufficiale dell'ONU e delle sue agenzie è soprattutto quella di
difendere i diritti umani e in modo particolare i diritti dei bambini. Eppure in
Kossovo ho visto che l'ONU era presente solo per difendere i diritti degli
albanesi. Nei campi ONU dove ho vissuto con gli zingari, i diritti umani non
solo non erano rispettati ma erano invece violati da personale ONU,
specialmente dagli appartenenti ai livelli più alti. Nella mia esperienza la
maggior parte degli ufficiali dell'ONU è interessata esclusivamente a
conservare il proprio posto di lavoro, la propria sicurezza, la carriera e la
pensione, piuttosto che al benessere delle persone che proprio loro dovrebbero
aiutare. Come si può rispettare una organizzazione come l'ONU che ha
lasciato vivere bambini in campi ONU costruiti su discariche tossiche per 12
anni? Sin dal primo anno i loro stessi dottori e in special modo l'OMS
(Organizzazione Mondiale della Sanità) e la Croce Rossa avevano avvertito
l'ONU che ogni bambino nato in questi campi avrebbe accusato danni
irreversibili al cervello e non sarebbe vissuto abbastanza per dar vita ad
un'altra generazione. L'ONU è gestita da politici disoccupati. Il cinismo, il
nepotismo e la corruzione finanziaria permeano i ranghi dell'organizzazione
rendendola in molti casi inutile.
Sette poesie
GLI IMBATTUTI
Esistono solo nei fumetti
Persino Marciano non restò imbattuto
Rocky perse fuori dal ring
Perché evitò Kid Rivera
Nella vita reale non puoi evitare gli avversari
specie i peggiori: la famiglia e gli amici
La vita non è un incontro dilettantistico di tre round
ma un campo di sterminio dove fai cose cattive
per sopravvivere
Una lotta a mani nude in un porcile
Senza un gong o un arbitro a salvarti
Ho più cicatrici sull'anima che attorno alle sopracciglia
……………………………………….
………………………………………
Puoi vincere sul ring,
ma non vincerai mai
più di un round
nella vita
…………..
CACCIA GROSSA
Una domenica del 1967
ci allontanammo dalla spiaggia alla ricerca
di una senda sopra Sierra Cabrera
Molti sentieri portavano a
fattorie abbandonate e
a due villaggi semideserti
Eppure ci vollero quattro ore
per trovare un sentiero
e superare lo spartiacque
Nessuna capra di montagna in vista
né bighorn
neanche un cinghiale selvatico
Solo una pernice dalle zampe rosse
che planava giù
per i pendii spogli.
…………………………….
…………………………….
Dopo aver abbeverato i cavalli
stavamo per tornare indietro
quando arrivò la Guardia Civil
Un ufficiale si sporgeva
con un binocolo
dal finestrino della jeep verde
Dietro c'erano quattro guardie
e ciascuna aveva un fucile
con il mirino
L'ufficiale chiese
se avevamo visto
qualcuno sulla vetta
Non mi piacevano i suoi
baffetti ben curati
quindi dissi di no
In seguito venni a sapere che alcuni fuggitivi
repubblicani ancora erano
nascosti nelle sierras dal 1939.
Un cacciatore del posto mi disse:
"questa è l'unica caccia grossa
che ci è rimasta.
PENSAVO DI ESSERE UNA SOPRAVVISSUTA
Sono sopravvissuta alle bande della gioventù hitleriana
scappando a Praga
Dopo che mi hanno portato a Lety
sono sopravvissuta
fame
fucilazioni
iniezioni letali
squadre di lavoro
pestaggi
stupri
tifo
e annegamenti
nel fusto di acqua piovana
Dopo la guerra
volevo una vita migliore
ed ho sposato un uomo bianco
Solo uno dei miei otto figli
ha ereditato la mia pelle scura di zingara.
Ora lui è in ospedale
a riprendersi da due operazioni
dopo che gli skinheads
lo hanno impalato su un palo metallico
Non so se sto vivendo
nel 1936 o nel 1995.
Pensavo di essere sopravvissuta,
ma credo di aver solo
barcollato senza arrivare da nessuna parte
SACCHI PER CADAVERI
I sacchi per cadaveri
che la polizia ha usato
per portare fuori
gli studenti morti
sembravano
gli stessi sacchi di plastica nera
che l'esercito usava
per riportare dal Vietnam
i corpi dei miei
compagni di scuola
un anno dopo
il nostro
diploma
Sfortunatamente
non credo
che i sacchi per cadaveri
andranno mai
fuori moda
in America
per gli studenti
delle scuole superiori.
IL POZZO
Mi presero al mercato
dove la mia gente una volta vendeva i vestiti
e dove ora gli albanesi praticano il contrabbando
Quattro uomini mi gettarono sul sedile posteriore
di una lada blu urlando "Lo abbiamo detto
niente zingari a Pristina"
Mentre mi spingevano sul fondo
sentivo la canna della pistola sull'orecchio sinistro
Era così fredda che sussultai proprio mentre qualcuno premette il grilletto
Il sangue mi schizzò su un lato della faccia
dalla ferita sulla spalla
Caddi fingendomi morto
Pregai la mia amata madre morta tutti i
Mulos9 affinché questi uomini non si accorgessero da dove
fuoriusciva il sangue
Quando arrivammo
mi tirarono fuori per i piedi
La testa si schiantò sul terreno
rimbalzando sulle pietre
Mi gettarono a testa giu in un pozzo
Non raggiunsi mai l'acqua
C'erano troppi corpi
Giacevo rannicchiato quasi incosciente
finchè la puzza e il bruciore della calce viva
non mi fecero rinvenire
………………………..
………………………….
A mezzogiorno stavo camminando
attraverso un bosco seguendo un sentiero per carri
che nessuno usa più
Tranne gli zingari
che fuggono da un paese
in cui hanno vissuto
per quasi
settecento anni
UNA SCUOLA SPECIALE
Ho sempre saputo che mia figlia era brillante
Faceva disegni pieni di dettagli
memorizzava tutte le canzoni dei nostri antenati
suonava il piano prima di avere cinque anni
Per cui fui sorpreso quando l'insegnante venne
a casa nostra e ci disse
che nostra figlia non era pronta per la scuola
Il suo ceco non era abbastanza buono
aveva bisogno di aiuto con la grammatica
Mia moglie disse che tutti a sei anni
hanno bisogno di aiuto con la grammatica
Il preside accettò di incontrarci
disse che nostra figlia era una bella bambina
ma sarebbe stata l'unica zingara nella sua classe
Alla fine acconsentimmo
Firmammo il foglio
Non volevamo che la nostra bambina fosse maltrattata
Ma ora quando la porto a piedi a scuola
e vedo la targa sull'edificio
mi si spezza il cuore
Perché non ci hanno detto
che la sua scuola speciale
era un centro per
ritardati mentali
FERMATA D'AUTOBUS
Io e mio marito
avevamo finito di fare le compere
ed eravamo alla fermata dell'autobus
quando arrivò questa macchina.
mio marito era andato presto in pensione
perché non riusciva a vedere bene
A me non va molto meglio ma vidi che gli uomini
che scendevano erano gadzos10
Quando mi svegliai in ospedale
avevo un braccio rotto
il naso rotto e
avevo perso tutti denti anteriori
Eppure ce l'ho fatta ad andare
al funerale
di mio marito
NOTE
Da metà marzo a tutto aprile, Paul Polansky è in tournee in Italia. A
fine marzo sarà in Lombardia.
Contattatemi per
organizzare un reading nella vostra città. Calendario provvisorio:
In Una figlia parla, Boxing Poems, Volo Press,
Lonato (BS).
Le poesie "Caccia Grossa"(1999),"The Well", "Pensavo di Essere una
Sopravvissuta", "Sacchi per Cadaveri",
"Il Pozzo", "Una Scuola Speciale", "Paradiso e Inferno", "Il Presidente del
Kossovo", "Gli
Imbattuti", sono incluse in Undefeated, P. Polansky, trad. e cura di Valentina
Confido, Multimedia Edizioni,
Baronissi (SA) 2009.
Polansky: "il governo ceco avvertì il mio editore di Praga, un ebreo slovacco,
che sarebbe stato espulso
dal paese se avesse pubblicato un altro mio libro. Tutte le copie furono
comprate da Prince Karel Schwarzenberg,
il cui padre aveva fondato il campo di Lety. Quest'ultimo usava gli ebrei e gli
zingari come schiavi
durante la guerra e i cechi-tedeschi come schiavi dopo la guerra fino a quando
le sue proprietà non furono
confiscate dal governo comunista nel 1948. Prince Karel Schwarzenberg oggi è il
ministro degli esteri della
Repubblica Ceca e il candidato favorito alle prossime elezioni presidenziali."
(da un messaggio elettronico
del poeta).
Polansky: "The only poetry techniques I have in my poetry are alliteration and
euphony (like the old Viking
poetry), both of which come naturally to me … like many other themes." (ibid.).
Il riferimento è alla strage di Columbine nel Colorado (inverno 1999).
Jonathan Swift, Una modesta Proposta.
Estratti di Stray Dog si possono trovare in
Undefeated, P. Polansky,
Multimedia Edizioni Baronissi (SA), a cura di Valentina Confido
Polansky definisce gli zingari con il nome che loro stessi si danno. Se sono
rom, kale, sinti… li identifica
con questi nomi, quando parla in generale usa la parola "zingaro" che è quella
compresa da tutti. Si può approfondire
il tema consultando il libro La mia vita con gli zingari, P. Polansky Ed.
datanews.
Mulos: spiriti di zingari defunti a cui non è stato ancora concesso di entrare
nel regno dei morti.
Gadzos: in lingua Romani, il termine indica i non Rom.
23 marzo: Libreria delle Moline a Bologna (sera,
orario da definire)
31 marzo: Circolo ARCI
via d'Acqua a Pavia, alle 21.00
2 aprile: CAM delle Gabelle a Milano, alle 21.00 (gli
eventi di Pavia e Milano sono organizzati da FAREPOESIA, LA
CONTA e MAHALLA, a breve il programma completo)
13 aprile: Università di Cagliari alle 18.00, evento
sponsorizzato dall'Unicef
Janko Horváth, attivista rom, poeta e scrittore. (photo: Lukáš Houdek) Janko Horváth: I Rom sono facile bersaglio -
Brno, 3.7.2012 21:19, (ROMEA)
This interview was first published in Perspektivy ("Perspectives"), an insert to
Katolický týdeník No. 26/2012 ("Catholic Weekly"). -
Alena Scheinostová, translated by Gwendolyn Albert
L'editorialista e poeta Jan Horváth (nato nel 1959) "blogga" sul news server iDNES.cz
di: "Tutto ciò che affligge questo mondo, la bellezza e l'unicità della cultura
romanì, e la vita dei Rom comuni." Alcuni lo conoscono anche come un
attivista senza paura e politico a livello locale. Oggi Horváth vive nel
complesso residenziale di Janov, nella Boemia settentrionale. Insegna romanés e
lavora a Most per la Caritas. Quando gli si chiede di valutare i suoi anni di
sforzi per costruire una situazione migliore per la minoranza rom, dice "Sono
solo una pietra dl mosaico".
Tu sei del gruppo dei Rom Servika (Rom serbi), come molti dei Rom nella
Repubblica Ceca oggi. Qual è la storia della tua famiglia?
Mio padre, come molti dei Rom che vennero qui ad insediarsi dalle zone di
confine, arrivò in cerca di lavoro dalla Slovacchia ad Ostrava dopo la guerra.Ha
lavorato nell'edilizia, come forestale, scavando gallerie, diversi lavori
manuali. Negli anni '50 conobbe mia madre e misero su famiglia. Sono nato qui, a
Bilovec, vicino ad Ostrava, ma i nostri parenti venivano dalla Slovacchia. Mia
madre aveva antenati rom ungheresi, ma in casa si parlava il dialetto paterno -
il romanés slovacco.
Com'era la vita con i tuoi vicini non-rom quando eri bambino?
Non [era] così brutta com'è oggi. Prima le persone erano più a contatto le une
con le altre. Ad esempio, non mi ricordo che qualcuno ci prendesse a male
parole. I nostri vicini erano meravigliosi, ci si aiutava a vicenda, venivano a
prendere il caffè da noi. A scuola era un po' differente, perché al secondo
grado ero l'unico studente rom della classe, ed i miei compagni a volte mi
facevano sentire differente - sapete come sono i bambini. Però, gli insegnanti
furono sempre la mia ancora, così fui promosso durante tutti i nove anni di
scuola. La maggior parte dei miei amici rom frequentavano la scuola "speciale",
dall'altra parte della strada, e talvolta li invidiavo persino, perché avevano
un orario più flessibile e stavano tutti assieme. Potevo almeno andare a
visitarli durante la ricreazione.
I tuoi genitori ti appoggiavano negli studi?
Eravamo sei bambini ed abbiamo fatto tutti le elementari "normali". Né mio padre
né mia madre sapevano leggere o scrivere, lo impararono quando aderirono
all'Unione degli Zingari-Rom [la prima organizzazione romanì nella Repubblica
Socialista Cecoslovacca, attiva del 1969 al 1973 - nota dell'autore], ma
insistettero perché studiassimo. Papà diceva sempre che la "scuola speciale" non
era per i suoi figli. La letteratura mi era piaciuta sin da piccolo, così scelsi
di studiare all'Istituto Superiore per Studi Librari.
E' una diceria diffusa che i Rom non leggano molto.
Da bambino andavo in biblioteca e a casa mi rannicchiavo in un angolo a leggere
Erben, Němcová, diversi racconti di viaggi... Oggi abbiamo Facebook, internet,
ci si diverte così, ed i libri non sono importanti come una volta. Inoltre da
piccoli, ho anche ascoltato le storie che raccontavano gli anziani - avventure
che avevano vissuto in prima persona, fiabe, era brillante. A Bílovec c'era un
contastorie meraviglioso, e ogni volta che eravamo con lui avrebbe parlato per
ore e ore. Parlava soprattutto ai funerali. Noi piccoli non avremmo dovuto
essere lì, ed allora ci nascondevamo sotto il tavolo così che i genitori non ci
vedessero, ed ascoltavamo senza sosta. Oggi nessuno sa come più raccontare
storie simili, anche se la tradizione di organizzare una veglia funebre è ancora
in voga.
Janov, dove hai vissuto negli ultimi anni, e conosciuta soprattutto per i
disordini alla fine del 2008.
Li abbiamo vissuti sulla nostra pelle. I neonazisti ci volevano persino entrare
in casa. Allora ero a Most, dove insegnavo romanés all'Istituto Commerciale, i
miei figli erano passati a trovarmi. Non potevamo tornare a casa perché la
polizia aveva chiuso tutti gli accessi a Janov. Quando vidi, dietro le teste dei
poliziotti, l'orda montante della folla che dal centro di
Litvínov si avvicinava a Janov, divenni incredibilmente ansioso. Sai, c'è crisi,
la gente non ha soldi, cercano un nemico. qualcuno da accusare non importa di
cosa. I Rom sono un facile bersaglio, perché nessuno li difenderà. Secondo una
recente ricerca, qui siamo odiati dal 90% della gente. Un numero orribile! Ogni
giorno ci sono dozzine di pareri sgradevoli inviati al mio blog - tutti di gente
normale. Hanno i loro problemi e li riversano sugli altri.
I tuoi genitori hanno sperimentato le crociate anti-rom durante la II guerra
mondiale. Ne hanno mai discusso con te?
Mamma aveva 10 o 12 anni all'epoca, papà ne aveva due in più, e sono passati
attraverso cose terribili, hanno provato personalmente cosa sia il nazismo. A
casa non se ne è parlato molto, si viveva la propria vita, lavorando, e non
volevamo che chi viveva attorno tenesse alcun rancore nei nostri confronti. Non
sarebbe mai venuto in mente ai miei genitori, neanche nei loro incubi peggiori,
che un giorno ci saremmo trovati nuovamente di fronte ad un odio simile. Dopo la
guerra tutti avevano sperato che una cosa del genere non si sarebbe ripetuta mai
più. Abbiamo vissuto in pace sino al 1989.
Il 13 maggio i Rom hanno commemorato il settantesimo anniversario della
trasformazione del campo di lavoro di Lety na Pisek nel cosiddetto "campo
zingaro", dove centinaia di Rom cechi perirono in circostanze non ancora
chiarite. Tuttavia, la maggior parte degli attori di governo, preferisce inviare
fiori alla cerimonia commemorativa, invece di prendervi parte di persona. E'
triste confrontato alla loro partecipazione personale al settantesimo
anniversario, caduto quest'anno, dell'incendio di Lidice. Come te lo spieghi?
I politici non vogliono perdere punti col loro elettorato. Se dovessero
presentarsi a Lety, nessuno li voterebbe. Nonostante ciò, credo che se loro
volessero che i Rom si "adattassero" alla società ceca, allora dovrebbero
accettare che anche noi siamo cittadini della repubblica che loro rappresentano,
ed una volta al'anno dovrebbero venire a dare un occhio alla cerimonia
commemorativa a Lety. E' il fetore dell'allevamento di maiali quello che probabilmente
cercano di evitare. Io ci sono stato un paio di volte, e la puzza è terribile.
Di sicuro i Cechi non permetterebbero niente del genere a Lidice. Non non siamo
discendenti dei Rom cechi, ma siamo Rom, e ci sentiamo in relazione con quel
luogo. Quello che i Rom cechi e della Moravia hanno passato è nella nostra
memoria - e non vogliamo che si ripeta mai più una cosa del genere. Per questo è
importante lottare contro l'allevamento di maiali. Ho persino scritto una poesia
dedicata alle vittime di Lety. Nel contempo, è compito principale della scuola
informare che non solo gli Ebrei soffrirono per il razzismo. C'erano anche
i Rom.
Nella tua esperienza, gli insegnanti vorrebbero parlare dei Rom?
Qui alle elementari di Janov, dove molti bambini sono Rom, abbiamo un progetto
per insegnare il romanés. Gli insegnanti della scuola ci hanno risposto
immediatamente che3 non se ne parla proprio, che sarebbe inutile, che i bambini
ignorano il romanés. Quando iniziammo, nonostante le obiezioni, scoprimmo che
invece la maggior parte dei bambini conosceva e capiva il romanés. Le scuole
dovrebbero facilitare la trasmissione di informazioni sulla cultura, la storia e
la lingua romanì. E' un diritto sancito dalla Costituzione. I bambini devono
sviluppare una coscienza ed una comprensione che noi Rom siamo uguali ai Cechi.
Chi non conosce il suo passato non ha futuro.
E' per questo che scrivi in romanés?
I libri scritti in romanés non vendono granché... Non si tratta di vendere, ma
di convincere i Cechi, ed anche i Rom, che abbiamo una nostra lingua, desideri
ed aspirazioni NOSTRE e che sappiamo ciò che gli altri sanno. Parlando in
romanés, ci si apre e si esprimono tutte le proprie sensazioni e pensieri. La
nostra musica, tradizioni, "lačho lav" ["la buona parola" - nota dell'autore], "romipen"
["romanità" - nota dell'autore] - tutto questo viene ripetuto nei miei poemi e
non si dovrà mai permettere che scompaia. Guarda, in questo paese si sono
pubblicati libri e giornali in romanés per vent'anni, ma il romanés ha vissuto
senza di loro per un migliaio d'anni e non c'è dubbio che lo farà per un altro
migliaio d'anni. Non si può cancellare. E' la nostra lingua, con cui cantiamo, e
su internet un Rom inglese può usarlo per comunicare con un Rom americano, un
Rom indiano o un Rom rumeno. In che altra maniera potremmo comunicare tra noi?
Il romanés è nekhguleder pro svetos" - la lingua più dolce del mondo.
Come hai iniziato a scrivere?
Ho iniziato alla fine degli anni '80 e dopo la rivoluzione ho lavorato per il
giornale "Romano kurko". Era stato fondato dall'Iniziativa Civica Romanì (Romská občanská iniciativa),
con cui ero impegnato, ed allora in redazione c'era anche Milena Hübschmannová
[studiosa romanì che contribuì allo sviluppo della vita intellettuale romanì -
nota dell'autore]. Milena era il nostro motore. Collaborammo nel pubblicare un
giornale romanì ed io scrissi le mie poesie per l'editrice Petrov, e poi
un'altra edizione attraverso
Matice romské, diretta dal mio grande amico, purtroppo morto di recente, Vlado
Oláh. Adesso, scrivo soprattutto sul mio blog ed anche racconti sui miei
genitori - forse ne farò un libro.
Quali pensi siano le insidie principali nelle relazioni tra Rom e l'intorno
non-rom?
Secondo me, la colpa è principalmente dei media. Recentemente degli studenti
delle superiori, rispondevano ad un'intervista dicendo che odiano i Rom e non
vogliono avere niente a che fare con loro. Da dove viene tutto ciò? Non hanno
alcun contatto diretto con nessun Rom,ma ogni giorno sentiamo sui media cosa
hanno fatto oggi i Rom, e la loro nazionalità viene sempre menzionata. Quello
che fanno "i bianchi" finisce sotto al tappeto. Non si trova quasi niente sulle
nostre caratteristiche positive, sulla nostra cultura. Ogni hanno c'è il
festival Khamoro, così a fine anno ogni tanto se ne parla - mai in prima serata,
comunque, e questo è tutto.
Come pensi che si possa gestire oggi questa situazione?
Molti Rom, anche qui a Janov, risolvono emigrando. Oggi il mondo è aperto,
quindi perché rimanere qui, quando ogni giorno ci viene mostrato che non siamo
né voluti né benvenuti? Quelli con cui ho parlato mi confermano che una volta in
Occidente, nessuno li ha chiamati "neri" o qualcosa di simile. Molti restano
qui. Soprattutto perché i genitori devono occuparsi dell'istruzione dei figli.
Sono noto per essere molto critico verso il mio popolo: la colpa non è solo del
nostro intorno. Nessuno ci aiuterà, dobbiamo mostrare, noi da soli, ciò che
vogliamo. Ad esempio, ogni scuola ha una classe "anno zero" (materna) dove i
bambini vengono preparati alle elementari.
Secondo te, la chiesa opera a sufficienza in quest'area?
La chiesa fa di più in Slovacchia. Da quanto so, lì i Rom hanno sempre un posto
loro dove riunirsi. E' una cosa buona e necessaria, perché molti di noi credono
in Dio, e le chiese hanno grandi potere e risorsi per convincere che i Rom sono
uguali agli altri. Qui in Repubblica Ceca non s'è fatto molto. Ci sono poche
eccezioni: come quella di padre František Lízna, che si è persino registrato di
nazionalità romanì. Dove vivo io, al nord, la chiesa è "un gatto morto", una
vergogna. Il complesso residenziale di Janov non ha una chiesa. Con la mia
famiglia vorremmo frequentarla, ma quella di Litvínov è a cinque km. e vedi da
te le difficoltà di uscire da qui. Tuttavia. il prete di là è una brava persona,
il sacrestano è un Rom. Qui il pastore avventista Petr Svašek di Most gestisce
un centro sociale e organizza iniziative per bambini e famiglie rom.
"Kamas Tut the kamaha, aver drom nane" - "Ti amiamo e ti ameremo, questa è
la sola strada" dici a Cristo in una poesia. Qual è il tuo rapporto con Dio?
Credo fermamente in Dio. Dio ha creato i Rom anche a Sua immagine, non importa
quanto stiamo soffrendo, Gesù ci ama e lo mostra tenendoci uniti e
proteggendoci. Non abbiamo un paese nostro, ma siamo tutti più ricchi per
questo, perché viviamo in tutto il mondo, senza confini. Gli altri dovrebbero
imparare da noi, l'Europa già non ha più confini. I nostri antenati, nel loro
migrare dal Rajasthan, hanno attraversato deserti e montagne. Quale altra
nazione l'ha fatto? Tuttora viviamo a modo nostro, anche se costantemente c'è
qualcuno che fa del seo meglio per rendere la nostra vita più amara, per
spingerci dove non vogliamo essere. Siamo uccelli: vogliamo spiccare il volo.
Di Fabrizio (del 15/06/2007 @ 09:17:34 in conflitti, visitato 2000 volte)
12:21 - 13.06.2007
L'organizzazione internazionale berlinese delle vittime del nazismo, ha
chiesto oggi di commemorare le vittime rom del protettorato nazista di Boemia e
Moravia in una maniera dignitosa e critica Praga per aver permesso che si
situasse un salumificio sul sito di un ex campo d'internamento.
L'organizzazione ha girato ad Angela Merkel, presidente EU di turno, la
richiesta di affrontare la questione.
Il salumificio a Lety (vicino a Pisek nella Boemia del sud) è situato dove
c'era un ex campo d'internamento dove morirono centinaia di Rom e altre
centinaia vennero deportati nei campi di sterminio.
L'appello [...] è indirizzato anche al primo ministro ceco Mirek Topolanek, è
stato sottoscritto da organizzazioni internazionali dei campi di concentramento
di Oswiecim (Auschwitz) e Buchenwald assieme al Consiglio Centrale dei Rom e dei
Sinti tedeschi.
Si è aggiunta la firma di Cenek Ruzicka, capo del comitato Ceco per la
compensazione delle vittime dell'olocausto Rom.
L'attuale situazione di Lety è vergognosa per un paese democratico come la
Repubblica Ceca, inoltre umilia la memoria delle vittime e dei sopravissuti
all'Olocausto.
Noah Flug, presidente del Comitato Internazionale Auschwitz, dice che i
firmatari protestano contro questa situazione. Aggiunge che è impossibile che un
salumificio sorga dove tanta gente è morta in passato.
Di Fabrizio (del 23/08/2011 @ 09:13:11 in Kumpanija, visitato 2699 volte)
Domenica scorsa discutevo via Facebook su come sia facile scatenare
commenti razzisti quando la comunicazione da parte nostra è troppo retorica.
Spero di non aver ecceduto nell'animosità e nel caso me ne scuso. Ragionando a
mente fredda, sono seguiti alcuni "pensieri laterali" a quello scambio di idee.
L'anno scorso ho avuto la fortuna di conoscere
Paul Polansky e di accompagnarlo in alcune presentazioni a Milano delle sue
opere. I lettori della Mahalla lo dovrebbero conoscere bene, perché ho scritto
spesso di lui.
Diciamo che il personaggio è quantomeno singolare: fotografo, giornalista,
sociologo, scrittore, poeta, premio Günther Grass
nel 2004, e soprattutto amico e conoscitore dei Rom.
Però anche lui ha un suo lato oscuro, se dovessimo giudicarlo (che brutta
parola!) con i nostri occhi di "intellettuali democratici", sempre pronti a
dividere i buoni dai cattivi.
Polansky è stato anche un pugile dilettante e, da quello che racconta di se
stesso, non ne è per niente pentito. Amava e ama tuttora la violenza fisica, i
pugni, il sangue, anche quando oggi, a quasi 70 anni, si trova nuovamente a
combattere la violenza delle istituzioni e l'indifferenza della società.
C'è un suo libro:
Boxing poems, edizioni Velo Press, in cui la sua asciutta poesia non viene
messa al servizio di un'ennesima causa civile, ma descrive in prima persona il suo
rapporto con la violenza, alla ricerca di quelle che ne sono le radici. Ricerca
che si risolve (forse, ma non si sa) nelle ultime due poesie.
Rispetto alla discussione che ricordavo all'inizio, mi è tornato in mente un
curioso episodio raccontato nell'introduzione di Boxing poems: Polansky
si trovava a Praga a leggere le sue poesie su
una delle tante tragedie nascoste della storia dei Rom. Nella sala si fecero
avanti alcuni skinhead con atteggiamento minaccioso. Il vecchio pugile capì cosa
poteva succedere, una volta la storia sarebbe sicuramente finita in rissa, ma
stavolta Polansky mollò il suo libro e si mise a recitare a quel pubblico
insolito le sue poesie sulla boxe.
"...novello pifferaio magico, catturò l'attenzione di quei teppisti,
suscitando la loro ammirazione, anche per il valore letterario dell'opera.
Era dunque riuscito ad aprire un dialogo, trasformando dunque un libro di
sola e pura violenza in un'opera frutto di un atto estremamente umano,
capace di acquietare, e soprattutto di far riflettere anche quelle persone
che sfogano in malo modo il lato aggressivo del proprio carattere. Come dire
che non basta rinchiudere un cane che morde, ma si deve cercare di parlarne
e curarlo" [pag. 9]
Perché le radici della violenza che Polansky ha cercato, non erano
ipoteticamente in qualcuno e qualcosa di estraneo, ma appartengono saldamente a
ciascuno di noi. Comprenderlo è la strada per capire gli altri.
Termino anticipandovi che sto facendo in modo di riportare Paul Polansky a
Milano per la fine di settembre.
"I Cechi non discriminano", affermava il mio
amico qualche settimana fa, tra le pivo (birre,
in originale nel testo
ndr.) di un pub di Praga. "Ora stiamo dando
la medesima considerazione al memoriale rom di
Lety, come alla tragedia di Lidice della II
guerra mondiale."
Avevo sentito dei miglioramenti al campo di
sterminio di Lety, ma dovevo ancora vederli.
Così il giorno dopo ho guidato sino a Lety con
quattro amici cechi, per scoprire cosa fosse
successo dopo che la Lidice Memorial Association
aveva assunto la gestione del memoriale di Lety.
Oltre alla non rimozione dell'allevamento di
suini costruito sopra il campo originale, in
spregio agli accordi di Helsinki, la mia più
grande lamentela è sempre stata la mancanza di
indicazioni stradali per il memoriale di Lety, o
un accesso adeguato dall'autostrada 19, la via
più vicina. Ma arrivando all'intersezione tra il
villaggio di Lety e l'autostrada Praga-Pisek,
fui contento di vedere un grande cartello
marrone indicante Lety
Pamatnik (Memoriale di Lety). A poche centinaia
di metri, un secondo cartello indica la strada.
Non è più stato necessario fermarsi e
chiedere ai passanti dove fosse il memoriale
Rom. Lungo tutto il percorso c'erano segnali
stradali ben disposti che ci hanno portato al
nuovo accesso asfaltato dall'autostrada 19.
Nel 1995, durante la conferenza stampa del
primo memoriale di Lety, avevo chiesto
all'allora ministroin carica, Igor Nemec, perché
non ci fossero segnali stradali o accesso ai
veicoli per il memoriale di Lety. Nemec aveva
replicato sarcasticamente che il governo ceco
aveva già pagato abbastanza per il memoriale
zingaro. Se gli zingari volevano segnali
stradali e un accesso adeguato, dovevano pagarli
di tasca loro.
Così, 18 anni dopo, è stato un vero
progresso. Ma i segnali stradali e un accesso
adeguato non sono stati i soli miglioramenti.
Raggiunto il sito, abbiamo trovato un parcheggio
asfaltato, servizi igienici pubblici, un centro
informazioni e due piccole cabine di legno, che
presumibilmente dovevano rappresentare le
baracche in cui gli zingari erano detenuti.
Anche se non c'era presente nessuno a
fornirci informazioni, ho capito che eravamo
agli inizi di maggio e che con la susseguente
"stagione turistica" ci sarebbe stato del
personale ad accogliere e informare i
visitatori, come indicato dai cartelloni.
Non posso essere soddisfatto, però, nel
vedere le piccole casette che si suppone
replichino le baracche dove erano confinati i
Rom. Le cabine erano grandi appena per contenere
due letti a castello e un lavabo. Secondo le
oltre 100 storie orali che ho raccolto tra il
1995 e il 1996 dai sopravvissuti di Lety, ogni
baracca conteneva tra i 50 e i 60 prigionieri.
Secondo le cronache su Lety tenute dal
municipio, la storia ufficiale nota che il campo
venne costruito per ospitare 80 prigionieri
d'inverno e 240 d'estate. Ufficialmente, ne
ospitava 600 all'anno anche se, secondo i
sopravvissuti, nel campo c'erano sempre diverse
migliaia di Rom. Se quelle cabine replicavano la
realtà, avrebbero dovuto essercene centinaia,
coprendo un'area diverse volte più grande
dell'attuale allevamento di suini.
L'altro "miglioramento" che abbiamo
incontrato è stato un grazioso sentiero di
ghiaia che porta ad alcune gradinate costruite
prima dell'ingresso al memoriale. Lì accanto c'è
il laghetto Schwarzenberg, dove molti
sopravvissuti sostengono che le guardie del
campo affogassero i bambini romanì, le nuove
gradinate si affacciano sul memoriale come in
attesa dell'inizio di un concerto.
Nel 1995 il piccolo cippo in onore di quanti
morirono a Lety, fu collocato vicino le tacche
di diverse tombe. Quando le trovai nel 1994, non
c'era altro che un campo circondato dalle
foreste di Schwarzenberg, dove molti dei
detenuti lavoravano come schiavi. Oggi il sito è
coperto da un prato ben tenuto simile al terreno
per un pic nic; non esattamente quel che si
intendeva negli accordi di Helsinki siglati dal
governo ceco... ma questa "valorizzazione" è
piaciuta ai miei amici cechi, che hanno
continuato a sottolineare la somma di soldi
spesi, perché quanto a cura Lety assomigliasse
in tutto a Lidice.
Sfortunatamente, la scheda d'informazioni in
tre lingue (ceco, romanés e inglese)
all'ingresso non è stata migliorata. La breve
storia dichiara che solo i Tedeschi furono
responsabili per Lety. Nessuna menzione alo
fatto che il campo fosse amministrato dai Cechi
e che tutte le guardie fossero Ceche, cosa
riconosciuta persino dal presidente Havel nel
suo discorso a maggio 1995, quando presenziò
alla prima commemorazione del memoriale.
Un'altra questione da risolvere è la puzza di
letame-ammoniaca proveniente dall'allevamento di
maiali. A seconda della direzione del vento,
sono ancora necessarie delle maschere a gas se
si vuole passare più di qualche minuto in visita
al memoriale. Comunque, ora sono stati degli
alberi tra il memoriale (oltre le innumerevoli
altre tombe) e l'allevamento, così da
nasconderne la vista.
I miei amici cechi non erano mai stati prima
a Lety, ma erano orgogliosi che il loro paese
finalmente stesse promuovendo e mantenendo Lety
attraverso un alto standard. Non potevano capire
perché sentivo ancora che il governo ceco non
stesse rispettando glii accordi di Helsinki a
mantenere e preservare questo sito
sull'Olocausto. Tutto ciò che potei fare, fu
suggerire di visitare la nuova "Lety Exhibition",
ora ospitata nello stesso edificio dell'unico
pub in città.
Se ero stato deluso per come il campo originale di Lety fosse stato
trasformato in un terreno da picnic, lo fui ancora di più dall'unica stanza
della Lety Exhibition. Praticamente consiste in due pareti coperte dal pavimento
sino al soffitto dalla storia fotografica delle guardie di Lety e di come
avessero sfidato gli ordini di maltrattare i prigionieri zingari.
Per non mettere in imbarazzo i miei amici cechi, non ho riso a quel tentativo
di mostrare alcune guardie del campo di sterminio come se fossero state dei veri
eroi. Questo nuovo eroe nazionale, Frantisek Kansky, secondo i documenti del
tribunale del 1946 era stato effettivamente chiamato come testimone a difesa
dell'accusato Vaclav
Hejduk, la più famigerata guardia di Lety che,
secondo molti sopravvissuti, spesso si aggirava nel campo in cerca di giovani
ragazzi e ragazze, da portare nella sua stanza dove poterne abusare sessualmente
o picchiarli a morte. Già nel 1947 Hajduck venne assolto, perché il giudice non
credeva ai testimoni "zingari".
Per quanto questa esposizione potesse essere scorretta, non ero preparato a
ciò che avrebbero trovato nella stessa stanza i miei amici. Mi chiamarono per
dare uno sguardo a cosa avevano scoperto, scritto di recente sul libro a
disposizione dei visitatori. Sulle prime, non compresi ciò che mi stavano
indicando. Anche se era proprio al centro della pagina, la mia mente non
registrò le parole in ceco, fin quando uno dei miei amici le tradusse: "Zingari
nelle camere a gas".
Avrei voluto afferrare il libro dei visitatori e marciare sino al piano
superiore (il municipio e l'ufficio del sindaco si trovano al secondo piano del
pub). Invece mi sono limitato a prendere una foto e lasciare il libro agli
altri, perché possano vedere cosa alcuni Cechi pensino dei Rom, ora come allora.
Se fosse vero quello che ha detto il mio amico di fronte alle nostre birre a
Praga, che i Cechi non discriminano, immagino che presto vedremo scritto sul
libro dei visitatori a Lidice che i Tedeschi avrebbero dovuto macellare più
Cechi. E che ora si dovrebbe impiantare un allevamento di maiali sul Lidice
Memorial, così da dare lavoro a cinque abitanti del posto, come a Lety.
Paul Polansky sta attualmente preparando la pubblicazione di un libro di
memorie sui rapporti e le interviste con testimoni locali dal campo di Lety,
raccolte tra il 1992 e il 1995, e il successivo insabbiamento da parte del
governo ceco.
Presso il Circolo ARCI Martiri di Turro -
Via Rovetta 14 a Milano, ingresso
gratuito con tessera Arci
Paul Polansky è nato a Mason City, Iowa, nel 1942. Poeta, fotografo,
antropologo, operatore culturale e sociale, è diventato negli anni un
personaggio importantissimo per il suo impegno a favore delle popolazioni Rom.
Le sue poesie descrivono le atrocità commesse da cechi, slovacchi, albanesi ed
altri contro quelle popolazioni. Ha anche svolto studi accurati sui campi di
concentramento nazisti, in particolare quello ceco di
Lety, nei quali venivano
trucidate, insieme a quelle ebraiche, intere comunità Rom. E' stato il primo a
presentare al mondo il dramma dei rifugiati del Kosovo, lasciati morire nei
campi di accoglienza avvelenati dal
piombo. Ha pubblicato diversi libri,
realizzato esposizioni fotografiche e film video.
ALLA FINE
"Alla fine,
tutti
scapperanno dal
Kosovo", mi
disse la zingara
chiromante.
"Anche Dio"
Poesia di Paul Polansky innalzata sui cartelli di una manifestazione di Rom del
Kosovo in Germania
Di Fabrizio (del 21/04/2013 @ 09:01:46 in Kumpanija, visitato 2183 volte)
Per la semplice ragione che in quest'Italia che affonda, abbiamo TUTTI
problemi più seri. E gli zingari sono nelle nostre stesse peste: qua siamo messi
talmente male, che sta diventando difficile anche rubare.
La conta dei corpi
Molti bambini nel campo morivano
di avvelenamento da piombo.
Il dottore locale
disse che l'avvelenamento da piombo
impediva lo sviluppo
del sistema immunitario dei bambini.
La gente più anziana che soffriva di avvelenamento da piombo
finiva soltanto col cervello più lento.
Senza sistema immunitario
i bambini piccoli morivano di continuo:
raffreddore, influenza, herpes, pidocchi
e morsi nel letto dalle cimici.
Temevo per Anna
la mia sorellina di sette anni.
Iniziava a dimenticare le cose.
Poi non riuscì più a camminare dritta.
Il dottore disse che
aveva bisogno di una dieta migliore.
Fu allora che mio padre
iniziò a rubare.
E anch'io.
Ma lasciamo perdere le questioni complicate, come la pancia ed il portafogli
che sono vuoti, se apri la finestra virtuale del tuo computer, ti accorgi
che c'è anche una tristezza ideale, o di valori. Faccio un esempio: qualcuno s'è
accorto che tra un po' ricorre il 25 aprile? Dalla metà degli anni '70 non mi
son perso una manifestazione, eppure due sere fa mi sono scoperto a pensare: ma
che cos'è questa festa?
Sono domande da non farsi...
Perché io non voglio ASSOLUTAMENTE parlare di Rom e Sinti, che quando c'è una
festa non sta mai bene nominare i parenti con le pezze al culo e che puzzano di
pecora... Ma tu, metti caso, sapresti festeggiare la liberazione dal fascismo,
sapendo che sono passati quasi 70 anni, e che a Milano (questa grande e
benemerita città medaglia d'oro e tanto altro) succede che
i
fascisti non solo ci siano ancora. ma ancora agiscano come squadristi?
Come celebriamo il Natale
Due giorni prima di Natale
Il nonno ci conduce
Al vecchio campo, in una
Fabbrica di mattina abbandonata
Vicino al centro di Bologna,
Per mettere dei fiori
Sotto una lapide di marmo
Dedicata ai nostri parenti
Che furono ammazzati
Il 23 dicembre 1990
Quando alcuni poliziotti fuori servizio
Fecero fuoco contro le nostre baracche.
Eravamo cattolici quando vivevamo
Vicino al centro città,
Oggi siamo evangelici.
E' per questo che non siamo più stati
Attaccati?
O è perché adesso siamo
20 chilometri lontano
Dall'abitato?
Una cosa è certa:
Gli assassini non sono più in prigione,
Ma noi siamo ancora in un campo.
Oppure, che negli stessi giorni a
Bolzano (e in
cento situazioni simili sconosciute e non denunciate) ci sono quelle che
chiameremmo retate?
La sopravvissuta all'Olocausto
Una donna anziana
Si è intrufolata nel nostro campo
La notte scorsa.
Il nonno la conosce
Dai tempi della Seconda guerra mondiale.
Nel 1943 era in un lager fascista
Ad Agnone, nel centro Italia,
Dove perse 15 parenti.
Ha detto che ricevevano solo 100 grammi
Di pane al giorno.
Dopo la guerra è stata trasferita
In un campo vicino a Roma.
La settimana scorsa le autorità
Hanno abbattuto con le ruspe la baracca
Dove aveva vissuto per 60 anni.
Non sa più dove siano
i suoi figli, i nipoti,
i pronipoti.
Li ha perduti quando la polizia
Ha lanciato i gas lacrimogeni.
Quando gli ispettori vengono da noi
Speriamo che non la trovino.
Se lo faranno, il nonno
Dirà loro
Che lei è un mulo,
Un fantasma zingaro
Che è venuto da noi
Per una breve visita.
E chissenefrega! direte. Perché anche nell'Italietta pre-guerra, queste cose
succedevano, ma chi volevi che ci facesse caso... succedeva sempre (o quasi
sempre) a qualcun altro, e magari pure a qualcuno che ti stava antipatico.
Certo, non mi stupisco se poi, a furia di non protestare e mandare giù tutto,
prima o poi qualche capoccia ne approfittò, ed il risveglio fu tragico per i
poveri Italiani belli e addormentati.
Oggi, se dovessi festeggiare il 25 aprile, lo farei con i Rom di Dione Cassio,
tanto saremmo i soliti 4 gatti, e loro che ci guarderebbero con un misto di
compatimento e presa in giro. Ma almeno, saprei che quella è la gente giusta.
Pensate che i partigiani, quelli veri, siano saliti in montagna con l'Iphone?
Erano gente affamata, stracciata, con le scarpe rotte (eppur bisogna andare),
spesso ladruncoli o gente senza arte né parte (chi si ricorda di
Nino?),
di sicuro non avrebbero capito una generazione che si crede giovane a 40 anni
suonati, e che il massimo della protesta che sa fare è postare la propria
insoddisfazione su FB (credendo magari che ci sia pure qualcuno che lo legga)?
A me quest'Italia fa male, non tanto perché si spacca tra Rodotà e Marini
(sapendo che comunque la vostra opinione non conta più niente), ma perché se io
per caso fossi una ragazzina rom appena arrivata in Italia, mio padre non mi
farebbe girare da sola per strada, per non parlare della notte. E non c'entra
niente il LORO problema culturale, à un problema nostro e democratico: perché
quella ragazzina da sola rischierebbe di essere aggredita, violentata, o
quantomeno presa a sputi e male parole da NOI, o da chi assomiglia a noi. Non è
neanche fascismo, è quasi Medio Evo.
Pensavo di essere sopravvissuta
Sono sopravvissuta alle bande della gioventù hitleriana
scappando a Praga.
Dopo che mi hanno portato a Lety,
sono sopravvissuta:
fame,
fucilazioni,
iniezioni letali,
squadre di lavoro,
pestaggi
stupri
tifo
e annegamenti
nel fusto di acqua piovana.
Dopo la guerra
volevo una vita migliore
ed ho sposato un uomo bianco.
Solo uno dei miei otto figli
ha ereditato la mia pelle scura di zingara.
Ora lui è in ospedale
a riprendersi da due operazioni
dopo che gli skinheads
lo hanno impalato su un palo metallico.
Non so se sto vivendo
nel 1939 o nel 1995.
Pensavo di essere sopravvissuta,
ma credo di aver solo
barcollato senza arrivare da nessuna parte.
E' fascismo o non lo è? C'è chi afferma che dopo tanti anni anche i fascisti
devono avere la libertà di manifestare le loro opinioni. Non mi scandalizzerebbe
più di tanto, se non fosse per il vecchio vizio di manifestarle con l'ausilio di
sassi, bastoni e tirapugni. Ma non è uno scandalo, perché per esprimere quelle
stesse opinioni, oggi non è più necessario essere fascisti.
Siamo alle
cronache recenti, e qua occorre SOSTARE UN POCO. Non è più necessario essere
fascisti, la china è in discesa anche per chi è democratico e antirazzista. Nel
momento che non si ha più la capacità antifascista di indignarsi per Dione
Cassio, "può capitare" a tutti (sottolineo: a tutti) di scivolare su un assunto
del tipo: se i Rom partecipano alle nostre manifestazioni di vita democratica,
dev'esserci qualcuno che ne trae vantaggio. Sanzionando una separazione tra noi
e loro, ma anche tra di noi (chi ne trae vantaggio e chi no). Perché i Rom non
dovrebbero partecipare alla società come tutti gli altri? E se qualcosa partisse
da loro, perché questi stessi democratici e antirazzisti non se ne accorgono
mai? Se non si riconosce loro il diritto a far parte della nostra società e dei
suoi riti (buoni o cattivi che siano), il campo, il ghetto (dove accadono le
peggiori cose), diventano PER FORZA la logica soluzione. Da democratici e
antirazzisti (a maggior ragione se con responsabilità politiche) mi aspetterei
ragionamenti politici e non di pancia, qual è il dito e quale la luna? Chi fa
politica, si deve scandalizzare per una compravendita (ipotetica, non provata)
di voti, o per le condizioni materiali in cui questa gente è tuttora costretta?
Da dove iniziereste? DOV'E' LA POLITICA E DOVE LO STRABISMO?
Eros
Gli ispettori vengono da noi
Ogni settimana,
Per assicurarsi
Che non infrangiamo nessuna
regola del campo.
Siccome è un campo
Per nomadi
Non ci è concesso avere
Strutture permanenti.
Neanche un traliccio
Per le rose di mia nonna.
Neanche una tenda fissa
che in estate ci ripari dal sole.
Neanche due pali
Cementati al suolo
Per sostenere
I fili per la biancheria
E asciugare i nostri vestiti.
La sola struttura permanente
Che alla fine ci hanno concesso
E' la gabbia attorno
alla cuccia di Eros
Perché è un pitbull.
Oggi Eros sembra
Uno di noi
E sta lì accovacciato
Senza niente da fare.
Non dobbiamo prendercela con questi Rom e Sinti, che non capiscono e
continuano a chiamare tutto ciò fascismo. Non hanno studiato, la complessità non
sempre è nelle loro cifre, ma questa cosa l'hanno chiara, come i nostri nonni:
fascismo era
fame, violenza, esclusione, dover scappare. Il resto, era roba da
carta stampata, o da tastiera, virtuale insomma.
E' vietato sedere all'ombra.
E' vietato ridere, cantare, ballare.
E' vietato fumare, mangiare, bere.
E' vietato cucinare, lavarsi, farsi belli.
E' vietato sputare, cacare, scopare.
E' vietato lamentarsi, piangere, urlare.
E' vietato pregare, chiedere l'elemosina, rubare.
e' vietato correre dall'altra parte del confine.
Cercare la libertà è assolutamente proibito.
e allora, ripeto, non voglio ASSOLUTAMENTE parlare di Rom e Sinti,
ma nel loro inno c'è una NERA LEGIONE, ed ancora oggi - mentre festeggiamo
la libertà ritrovata, gli
zoccoli dei cavalli della nera legione corrono per le pianure d'Europa. Una
legione con volti da bambino,
berretti da basket e maglie alla moda: non sapremmo riconoscere le differenze tra
noi e loro. Sono lì per rassicurarci...
Comunque: se il 25 aprile non è una festa, cosa resta? La capacità di
scandalizzarsi per cosa succede ancora? Ma se oggi la capacità di scandalizzarsi
e di scendere in piazza a protestare (cioè: RENDERSI VISIBILI, CONDIVIDERE FISICAMENTE LA POLITICA) resta ai soli fascisti e al M5S (per
ragioni ovviamente diverse), continuo a chiedermi: COSA RESTA???
Giovedì 29 settembre ore 21.00 al Circolo ARCI Martiri di Turro in via
Rovetta 14 - Milano (Ingresso gratuito con tessera Arci) L'Associazione La Conta in collaborazione con Mahalla,
organizza un incontro con
Paul Polansky
Ci eravamo lasciati, circa un anno fa, con il definitivo smantellamento dei
campi profughi in Kosovo costruiti su terreni contaminati. Faremo il punto della
situazione ancora una volta con Paul Polansky, che ha lottato per oltre 10 anni
per la salvezza di chi era rinchiuso in quei campi. Ci spiegherà anche i
prossimi impegni della sua associazione e ci sarà una lettura delle sue poesie.
Paul Polansky è nato a Mason City, Iowa, nel 1942. Poeta, fotografo,
antropologo, operatore culturale e sociale, è diventato negli anni un
personaggio importantissimo per il suo impegno a favore delle popolazioni Rom.
Le sue poesie descrivono le atrocità commesse da cechi, slovacchi, albanesi ed
altri contro quelle popolazioni. Ha anche svolto studi accurati sui campi di
concentramento nazisti, in particolare quello ceco di Lety, nei quali venivano
trucidate, insieme a quelle ebraiche, intere comunità Rom. E' stato il primo a
presentare al mondo il dramma dei rifugiati del Kosovo, lasciati morire nei
campi di accoglienza avvelenati dal piombo. Ha pubblicato diversi libri,
realizzato esposizioni fotografiche e film video.
Altri incontri (calendario in via di definizione):
Venerdì 30 settembre, ore 17.30:
Saronno, Libreria-Caffè Letterario "Pagina 18" in Vicolo Castellaccio 6,
col patrocinio di Amnesty International Gruppo 135 di Saronno
Sabato 1 ottobre, in serata: Lonato (BS), Pizzeria Al Volo via
Montegrappa 11
di Angelica Bertellini, Eva Rizzin
Edizione speciale della Newsletter di Articolo 3 Osservatorio contro le
discriminazioni di Mantova
Da tempo pensavamo al viaggio ad Auschwitz. Le occasioni sono state molte, ma
non lo abbiamo mai fatto, ognuna di noi per i propri motivi; infine entrambe
abbiamo deciso di partire: il momento era arrivato.
Non abbiamo mai parlato tra noi delle ragioni più profonde che ci hanno
spinte ad andare, come del resto di quelle che ci avevano trattenute dal farlo
in passato, se non per la parte che riguarda la nostra professione, come
consulenti di Articolo 3, l’Osservatorio sulle discriminazioni nato a
Mantova proprio al Tavolo permanente per le celebrazioni del 27 gennaio.
Siamo arrivate ad Auschwitz il primo maggio, con una trentina di altre
persone e il presidente della Comunità ebraica di Mantova e
dell’Osservatorio, Fabio Norsa. Siamo arrivate con l’esperienza del
nostro lavoro – il contrasto alle discriminazioni –, con il nostro passato, ma
soprattutto con quella parte della nostra identità che ci fa appartenere
a minoranze colpite dal nazifascismo.
All’ingresso del campo ci aspettava una guida, a lei abbiamo chiesto di
anticiparci le tappe della visita e, con grande dispiacere, abbiamo appreso che
le aree dedicate al ricordo del Porrajmos o Baro Merape – il
genocidio delle persone sinte e rom – non erano (e non sono)
comprese. Alcune persone hanno mostrato insofferenza: “Guardiamo le cose
principali, non c’è tempo”. La guida non sapeva che fare, noi insistevamo;
“Dovete andare là” e ha indicato un punto che a noi pareva perso nel vuoto, il
campo è grande. Abbiamo iniziato il percorso guidato e dopo un po’ ci è arrivata
una traccia: “Ecco, quelle che cercavano gli ‘zingari’ possono andare al blocco
13, laggiù”.
Anche qui la minoranza sinta e rom resta a margine. Eppure sappiamo che
proprio ad Auschwitz esisteva lo Zigeunerlager, un complesso di baracche
destinate alle famiglie rom e sinte sterminate il 2 agosto 1944. La
liquidazione del lager era stata programmata per il maggio di quell’anno, ma
uno straordinario episodio di resistenza, da parte delle mamme
e dei papà sinti e rom, riuscì – forse per la sua imprevedibilità – a bloccare,
purtroppo solo momentaneamente, il proposito. Queste persone raccolsero le
ultime forze per resistere alle SS, si lanciarono a mani nude o con piccoli
oggetti contro di loro per salvare i bambini: «Abbiamo molte testimonianze anche
di ebrei italiani, che hanno assistito sia allo scoppio della rivolta, sia alla
liquidazione del 2 agosto. Tutti ricordano questi fatti come i più tristi e
tragici [...] perché la presenza dei bambini sinti e rom dava vita all’intero
campo e dopo il 2 agosto non c’era davvero più vita» 1. [1]
Presso il blocco 13 di Auschwitz 1 è stata aperta al pubblico
un’esposizione permanente sul genocidio dei Sinti e Rom. Il progetto è stato
ideato e realizzato sotto la supervisione del Centro culturale e di
documentazione sinti e rom di Germania in collaborazione con il Memoriale di
Auschwitz, l’associazione dei Rom di Polonia e altre organizzazioni rom di vari
paesi. A vederla eravamo in sei, mentre centinaia di persone percorrevano le
stradine in mezzo agli altri blocchi, in silenzio, ognuno con le cuffie
sintonizzate per sentire nella propria lingua spiegazioni e descrizioni: un
aiuto tecnologico che evita di ammassarsi intorno alla guida, di farla parlare
ad alta voce, e permette un ordinato flusso di persone dentro e fuori dai
blocchi. Noi ci siamo dovute staccare dal nostro gruppo, rinunciare a parte
della visita guidata, percorrere le stradine controcorrente, per poterci recare
al blocco 13. Ci hanno seguite Fabio Norsa e Cesare, il compagno di Eva.
Rabbia, angoscia e tristezza: anche lì escluse, esclusi, quasi fosse un
genocidio di secondaria importanza. Nessun altro si è unito, nessuno ha
sentito il bisogno (e il dovere) di includere il blocco 13 nel suo viaggio della
Memoria, come se non lo riguardasse, come se sinti e rom non fossero stati
perseguitati e sterminati per ragioni razziali (a qualche guida sfugge ancora un
“asociali...”).
Questo è un gradino della storia che il nostro Paese ha saltato:
non si può comprendere l’attuale situazione di emarginazione, esclusione e
discriminazione subìta dalle minoranze rom e sinta in Italia se non si comprende
quello che è avvenuto nei secoli più bui, se non si scoprono le radici dell’antiziganismo.
Il genocidio dei sinti e dei rom fa parte della storia di Italia e d’Europa,
tutti abbiamo il dovere di ricordare, perché è la storia di tutti.
Stefano Levi Della Torre lo scorso gennaio, a Mantova, ci diceva a
proposito di un grande scritto di Primo Levi: «La tregua è invece un esplicito
avvertimento per il futuro. La fine dell’orrore più grande è solo una tregua.
Ciò che è stato introdotto irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono,
proprio perché è stato potrà più facilmente prodursi di nuovo». Per i rom e per
i sinti la tregua non c’è mai stata.
Il 10 luglio 2008 il Parlamento europeo ha emanato la
risoluzione sul “censimento dei rom su base etnica in Italia”, che esortava le
autorità italiane ad astenersi dal procedere alla raccolta delle impronte
digitali, in quanto atto di discriminazione diretta su base razziale. Il
censimento, però, era nel frattempo già iniziato e con una schedatura contenente
etnia e credo religioso (newsletter n°4 e Rapporto 2008, p.40). Solo
successivamente è stato bloccato.
Centinaia sono gli sgomberi senza soluzione alternativa avvenuti nella sola
città di Milano, modalità in netto contrasto con la normativa internazionale
(vedi newsletter di Articolo3 n°7/2010). Dal 2008 le regioni Lombardia,
Campania, Lazio, Piemonte e Veneto sono state dichiarate ufficialmente in “stato
d’emergenza in relazione agli insediamenti delle comunità nomadi”. In molte
città italiane alcuni dei cosiddetti ‘campi nomadi’ autorizzati
istituzionalmente sono recintati, video sorvegliati 24h, presidiati da punti di
controllo di entrate e uscite. La vita delle persone rom e sinte è regolamentata
da vere e proprie leggi speciali, i “patti di legalità”. Non sono mancati casi
di cittadini italiani sinti che hanno subìto censimenti etnici nelle proprie
case, costruite su terreni privati (newsletter n°69).
Siamo tornate da Auschwitz con la sensazione profonda di una memoria
mutilata. [n.d.r. v. i Cenni storici di Eva Rizzin
che riportiamo in nota] [2]
La notizia che ci ha accolte al rientro in Italia e al lavoro è stata quella
di un modulo con intestazione di Trenitalia, gruppo Ferrovie
dello Stato, Direzione regionale Lazio, ad uso del personale per rilevare la
frequentazione di una fermata (Salone – Roma), che contiene una nota:
“nella sezione destra della casella indicare anche eventuali viaggiatori di
etnia ROM”. Le Ferrovie hanno inizialmente dichiarato di non averlo mai
utilizzato, come se questo ne cancellasse l’esistenza, e dopo pochi giorni la
direzione ha ammesso l’utilizzo, ma non la responsabilità: sarebbero stati
alcuni non meglio specificati funzionari ad aver preso l’iniziativa; non viene
detto né chi e neppure perché. Treni, binari, schede, etnia... Dentro di noi si
associa, violentemente, l’immagine del binario di Birkenau visto pochi giorni
fa: è così vicino a quel pezzo di terra, la zona B2, su cui rimane solo qualche
camino, dove sorgevano le baracche di legno dello Zigeunerlager.
Questa memoria parziale corrisponde ad una ingiustizia totale, i cui malefici
frutti siamo costretti a cogliere oggi, senza tregua. L’Italia deve fare
i conti con il proprio passato e le istituzioni – politiche e culturali
– devono dare pieno riconoscimento a tutte le persone colpite dal programma di
persecuzione e sterminio nazi-fascista. Nessuno, mai più, deve sentirsi in alcun
modo legittimato a schedare, contare, colpire un’altra persona sulla base della
sua appartenenza.
E nessuno dovrebbe sentirsi libero di ignorare queste vessazioni, ma questo è
un conto che ognuno deve fare con se stesso.
Angelica Bertellini - Laureata in filosofia del diritto
all’Università di Bologna con uno studio sul processo di Norimberga. Eva Rizzin - Ha conseguito un dottorato di ricerca in
geopolitica all’Università di Trieste sul fenomeno dell’antiziganismo
nell’Europa allargata.
Note
[1]
1. Marcello Pezzetti, docente università di studi sulla
Shoah dello Yad Vashem, in A forza di essere Vento, dvd
documentario curato da Paolo Finzi, A edizioni..
[2]
CENNI STORICI SUL GENOCIDIO DEI ROM E DEI SINTI
Furono più di 500.000 le persone rom e sinte vittime
dello sterminio pianificato e commesso dal nazi-fascismo.
Questa è una storia spesso dimenticata e per lungo tempo
narrata con omissioni o imprecisioni. I sinti e i rom furono
perseguitati su base razziale: molti di loro furono
classificati come ‘asociali’ (era il triangolo nero quello
che nei lager contrassegnava le persone che, nella teoria
nazista, venivano definite tali), ma in realtà, come scrive
Giovanna Boursier, “furono perseguitati, imprigionati,
seviziati, sterilizzati, utilizzati per esperimenti medici,
gasati nelle camere a gas dei campi di sterminio, perché
“zingari”, e secondo l’ideologia nazista, razza inferiore,
indegna d’esistere” [Boursier 1995]. Il triangolo di colore
marrone identificava questa “razza”. In Italia solo di
recente, grazie agli studi di storici come Boursier e Luca
Bravi, è stata intrapresa una rigorosa ricerca su questa
tragedia, per troppo tempo taciuta.
La cosiddetta asocialità venne attribuita alla popolazione
rom e sinta sulla base di presunti studi nazisti, che la
volevano connessa al ‘gene dell’istinto al nomadismo’, il
Wandertrieb, e molti scienziati – tra i quali ricordiamo
Robert Ritter (psichiatra infantile), la sua assistente Eva
Justin e, non da ultimo, il famigerato dottor Mengele, che
aveva il suo studio proprio accanto allo Zigeunerlager così
da accedere agevolmente ai bambini per i suoi esperimenti –
si impegnarono in attente ricerche volte a dimostrare questa
ributtante teoria. «La presenza di questo gene nel sangue è
la dimostrazione che questi zingari sono esseri
irrecuperabili», sostenne Eva Justin nella sua tesi di
laurea, e da questo assunto prese l’avvio la seconda parte
del ‘programma’, ossia la distinzione e separazione tra
‘puri’ ed ‘impuri’. I ‘puri’, il 10% circa, erano quelli da
salvaguardare perché vivendo ancora allo ‘stadio primitivo’
– come sostenevano i nazisti – rappresentavano un patrimonio
antropologico da preservare. I mischlinge, i misti,
risultarono invece essere gli elementi più pericolosi, non
solo perché portatori di un’ulteriore anomalia – e quindi
un’imperfezione – ma anche perché, ritenendoli meno facili
da individuare, rappresentavano un rischio maggiore di
contaminazione. I nazisti presero così la decisione di
eliminarli, una decisione dettata da motivazioni
esclusivamente razziali.
Talvolta penso che se avessi avuto la sfortuna di nascere
in quell’epoca le mie sorti, forse, sarebbero state fra le
peggiori, visto che anche io sono una ‘meticcia’.
Dopo lo sterminio dei rom e dei sinti, il dottor Robert
Ritter, che fu a capo delle ricerche scientifiche che
portarono allo sterminio tornò indisturbato ad esercitare la
sua professione come psichiatra infantile. Fu anche lodato
dal nuovo governo tedesco per la sua profonda conoscenza in
fatto di rom e sinti. Eva Justin, assistente di Robert
Ritter, fu processata ed assolta.
Una sola guardia semplice di Auschwitz è stata condannata
per crimini contro i sinti e i rom.
Il riconoscimento dello status di vittime della persecuzione
nazi-fascista e la conseguente possibilità di ottenere i
risarcimenti previsti sono state per lungo tempo ostacolati,
quando non impediti. Il governo tedesco riconobbe soltanto
nel 1980 che i rom e i sinti avevano subìto una persecuzione
su base razziale.
La persecuzione fascista
I campi di concentramento non furono solamente un
fenomeno nazista, ma anche fascista italiano, su questo
penso sia importante riflettere.
Il nostro paese, l’Italia, assieme alla Germania nazista si
rese responsabile della concentrazione, deportazione e
sterminio di centinaia di migliaia di rom e sinti.
Non molti sanno che anche in Italia c’erano i campi di
internamento dove i sinti e i rom furono imprigionati e che
erano più di 50 (Agnone, Arbe, Boiano, Cosenza,
Perdasdefogu, Frignano, Tossicia, Le Isole Tremiti,
Vinchiatauro) .
Anche nella mia regione, il Friuli, c’è ne erano due: a
Gonars e a Visco, in provincia di Udine. I campi rientravano
in un’operazione pensata scientificamente, definita in ogni
dettaglio organizzativo, di pulizia etnica nella ex
Jugoslavia e di italianizzazione dell’area oggi compresa tra
Slovenia e Croazia, autorizzata personalmente da Mussolini
durante un incontro appositamente organizzato a Gorizia nel
1941. Il campo di concentramento e di sterminio di Gonars
era stato pensato inizialmente per i militari russi, ma alla
fine vi trovarono la morte anche civili sloveni tra i quali
anche molti rom e sinti – principalmente dell’area di
Lubiana – e croati [Kersevan, 2003].
Noi non ne parliamo
Molti appartenenti alla mia famiglia durante l’epoca
nazi-fascista furono perseguitati e costretti ad emigrare.
Durante la stesura della mia tesi di laurea, una tesi
inerente alla cultura della mia comunità, pensai di scrivere
un capitolo sul genocidio, cercando di raccogliere alcune
testimonianze di familiari che subirono il dramma delle
persecuzione, come la zia che avevo deciso di intervistare.
Quell’intervista non si realizzò mai: parlare dei morti non
era buona cosa, mi rispose che dei morti bisogna avere
rispetto e che quindi non si poteva e non si doveva
parlarne.
Mi trovai a vivere un forte conflitto: da una parte c’era
l’esigenza di ricordare, di raccogliere le testimonianze, di
scrivere quelle pagine vergognose della nostra storia;
dall’altra dovevo rispettare la mia cultura, ricordare il
genocidio avrebbe significato anche affrontare il delicato
tema della morte, una realtà considerata sacra all’interno
della mia comunità, aspetto di fronte al quale bisogna
mostrare il più autentico e doveroso riguardo, un rispetto
che si concretizza con il silenzio.
Il rispetto dei morti per noi sinti è uno degli aspetti
fondamentali della nostra credenza religiosa e visto che il
momento della morte rappresenta una situazione molto
delicata, molte volte si preferisce non parlarne.
Ci tengo a sottolineare che questa è stata l’esperienza
della mia comunità: non vale quindi per tutti i sinti e rom,
molti sono quelli che oggi hanno deciso di raccontare.
Spesso il termine Porrajmos, traducibile come ‘divoramento’,
viene utilizzato per indicare la persecuzione e lo sterminio
dei rom e dei sinti, molti però sono i sinti che non si
riconoscono in questo termine, tant’è che parecchi ne
ignorano il significato e quando parlano del genocidio
utilizzano il termine Baro Merape che il lingua
ròmanes/sinto significa grande morte, sterminio.
Il genocidio dei sinti e dei rom meriterebbe un pieno
riconoscimento commisurato alla gravità dei crimini
commessi. E’ vergognoso, ad esempio, che nell’ex campo di
internamento di Lety u Pisku (Boemia del sud, attuale
repubblica Ceca) – dove i rom e i sinti subirono torture
feroci identiche ai lager tedeschi – sia stata costruita
un’azienda di allevamento suino, anziché un degno memoriale.
Nella risoluzione del 27 gennaio 2005 emanata dal Parlamento
Europeo si invitano la Commissione Europea e le autorità
competenti ad adottare tutte le misure necessarie per
rimuovere tale azienda. Una risoluzione questa che condanna
le opinioni revisioniste e la negazione del genocidio come
vergognose e contrarie alla verità storica ed esprime
preoccupazione per l’aumento di partiti estremisti e
xenofobi e la crescente accettazione delle loro opinioni da
parte dei cittadini.
I recenti fatti nazionali dimostrano che il sentimento
anti-rom, e i numerosi pregiudizi razziali che stanno
investendo massicciamente l’Italia, rappresentano una
gravissima minaccia non solo per i sinti e per i rom, ma
anche per i valori europei e internazionali della
democrazia, dei diritti dell’uomo e dello stato di diritto e
pertanto per la sicurezza di tutti in Europa.
Per l’Unione Europea il 2007 e il 2008 dovevano essere
rispettivamente l’anno delle pari opportunità e del dialogo
interculturale, dovevano essere anni fondamentali per
promuovere la percezione della diversità come fonte di
vitalità socioeconomica, una grande occasione per cambiare
la percezione generale che si ha delle comunità rom e sinte.
Questi anni verranno invece ricordati dai sinti e i rom come
gli anni in cui l’insofferenza diffusa, la violenza e
l’intolleranza contro il diverso, l’immigrato, lo ‘zingaro’
hanno assunto i connotati espliciti della xenofobia e del
razzismo. Per noi rimarranno gli anni delle schedature,
degli sgomberi, dei commissari speciali e delle impronte
digitali. La marginalizzazione dei rom e dei sinti ha
attraversato i secoli, dalle violente persecuzioni di ieri
alla ghettizzazione imperante di oggi, passando per lo
sterminio, dimenticato, della seconda guerra mondiale. La
nostra cultura è riuscita a sopravvivere a secoli di
persecuzioni. Io non mi stanco di credere nella possibilità
di una società che rispetti le differenze, che le tuteli le
minoranze come patrimonio fondante di tutti e di tutte.
La memoria del genocidio dei rom e sinti è essenziale in
questo processo di presa di coscienza sociale, poiché fa
parte della storia comune.
Non suoni questo superfluo o retorico, in quanto la
rimozione della memoria e il revisionismo sono spesso il
primo passo verso nuove catastrofi.
Eva Rizzin
Bibliografia minima:
Boursier G., Lo sterminio degli zingari
durante la seconda guerra mondiale, in Studi storici n.2,
Roma, 1995 Boursier G., Gli zingari nell’Italia
fascista, in Italia Romaní, vol.1, a c. d. L. Piasere, Roma,
1996 Boursier G., La persecuzione degli zingari
nell’Italia fascista, in Studi storici, n.4, Roma, 1996 Boursier G., Zingari internati durante il
fascismo, in Italia Romaní, vol.2, a c. d. L. Piasere, Roma,
1999 Boursier G., Rom e sinti sotto nazismo e
fascismo, in Rivista anarchica, n°319, a 36, 2006 Bravi L., Altre tracce sul sentiero per
Auschwitz, Roma, 2002 Bravi L.,Rom e non-zingari. Vicende
storiche e pratiche rieducative sotto il regime
fascista,Roma, 2007 Bravi L., Tra inclusione ed esclusione. Una
storia sociale dell’educazione dei rom e dei sinti in
Italia, Milano, 2009 Kersevan A, Un campo di concentramento
fascista. Gonars 1942 – 1943, Udine, 2003 Williams P., Noi non ne parliamo. I vivi e
i morti tra i Manuš, Roma, 2003 _ Porrajmos. Altre tracce
sul sentiero per Auschwitz, mostra documentale curata
dall’Istituto di cultura sinta, scaricabile all’indirizzo
www.nevodrom.it A forza di essere Vento, dvd documentario curato da
Paolo Finzi, A edizioni
Sul web: Porrajmos La persecuzione e lo sterminio
nazifascista dei Rom e dei Sinti, audio documentario
prodotto da Opera Nomadi e Radioparole, (2004):
http://www.radioparole.it/porrajmos...
La storia si ripete I violenti attacchi agli Zingari quest'estate in Italia, assieme ai
tentativi di rimuovere le dimore dei Viaggianti in Europa, hanno portato la
paura nel cuore della comunità Rom. Louise Doughty, scrittrice di romanzi con
antenati Romanì, racconta la sinistra nuova onda di persecuzione contro la
minoranza etnica europea col più alto tasso di crescita
Questo è un articolo che mio padre non avrebbe mai voluto che scrivessi. "Tu
vuoi osservare, tu sai," mi ha detto, più di una volta. "Se non stai attenta,
riceverai un mattone alla finestra." Nella zona operaia di Peterborough dove
mio padre crebbe tra gli anni '20 e '30, probabilmente non era saggio menzionare
di avere sangue romanì, anche se lontanamente.
In quel periodo, mio padre e la sua famiglia non avevano idea degli orrori
perpetrati contro i Rom e i Sinti in Europa sotto l'occupazione nazista, ma
sentivano il pregiudizio, accettato, anche all'interno della loro famiglia. "Mia
madre mi picchiava quando ero cattivo," mi ha detto una volta uno delle mie zie,
"e mi diceva sempre, "Ragazza, caccerò lo Zingaro fuori da te." Quando mio padre
mi disse per la prima volta dei miei antenati romanì, mi chiese di non
menzionarlo ai vicini o agli amici a scuola - senza dubbio un suggerimento
dovuto al fascino residuo che avevo, dopo tutto, per una piccola parte della
storia della mia famiglia. Anche così, trovava duro accettare che se i tedeschi
avessero invaso con successo la Bretagna nella II guerra mondiale, lui e la sua
famiglia sarebbero stati imbarcati verso le camere a gas assieme agli Ebrei
britannici.
Sarebbe potuto succedere anche se la nostra famiglia si era resa stanziale già
dall'inizio del XX secolo. In comune con molti Romanichal inglesi, i miei
antenati avevano trovato che i tradizionali mestieri per guadagnarsi da vivere -
commercio di cavalli, la raccolta - stavano giungendo alla fine con la crescita
della meccanizzazione agricola. In quel tempo, un commentatore sociale acuto
avrebbe potuto essere perdonato per aver predetto che la cultura Romanì inglese
si sarebbe rapidamente assimilata in quella della popolazione maggioritaria.
"Stiamo per sparire," mi disse nel 1993 un Romanichal durante la Fiera dei
Cavalli. "Tutto sta andandosene."
Invece, sembra accadere l'opposto. In Europa, il popolo dei Rom e dei Sinti è
di circa 10 milioni ed è la minoranza etnica col più alto tasso di crescita. In
questo paese, c'è una classe visibile di attivisti ed intellettuali Romanì e
Travellers che cresce, incluso il poeta David Morley, il giornalista
Jake Bowers,
il novellista e commediografo Richard Rai O'Neill ed artisti come Delaine e Damien Le Bas,
presentati nel primo padiglione d'arte Rom alla Biennale di Venezia dell'anno
scorso. In Europa ora ci sono giornali Rom, stazioni radio e TV, ed una
parlamentare europea, Lívia Járóka, delpartito ungherese di centro-destra Fidesz.
Nonostante ciò, e la crescente politicizzazione e la consapevolezza
trans-culturale di molti gruppi Rom disperati, non c'è la negazione che la
maggioranza di questo vasto e vario gruppo vive nelle condizioni economiche più
terribili, con l'84% in Europa ritenuto sotto la linea di povertà. Nel nostro
paese, la mancanza dei siti per Travellers ha forzato molti al conflitto con i
locali piani regolatori, conflitto finito direttamente sulle pagine dei tabloid.
La crisi dei siti di sosta in questo paese può essere fatta risalire
direttamente al 1994, quando il governo di John Major abolì il Caravan Sites Act,
che obbligava le autorità locali a fornire siti adeguati ai Travellers. Allora,
venne chiesto a Rom e Travellers di comperare la terra dove si sarebbero
installati. Molti si adeguarono, trovandosi poi con i permessi negati di poter
piazzare i loro veicoli sulla terra che possedevano legalmente. Una Traveller
che ha avuto a che fare con i piani regolatori è
Bernadette Reilly di Brentwood. Può ricordarsi chiaramente che fu come quando la
sua famiglia fu obbligata ad accamparsi per strada. "Non abbiamo avuto quella
che la maggior parte delle persone chiamerebbe una vita normale, anche se per
noi era normale," dice stancamente. "Non avevamo acqua, fognature, elettricità,
e nessun servizio sanitario." Nel 2007, a lei e alla famiglia fu garantito un
permesso di cinque anni di vivere nei loro automezzi sulla terra che avevano
comprato tra i villaggi di Mountnessing e di
Ingatestone. Dice "Almeno ora avevamo l'acqua ed i bagni, ma non ancora
l'elettricità."
Il consiglio di Brentwood - appoggiato dal deputato locale conservatore, Eric Pickles,
che vive vicino al sito - si rivolse al tribunale e rovesciò la decisione. Ma ai
Travellers fu poi concesso di ricorrere in appello ed il giudice disse al
consiglio di smettere di sprecare il denaro pubblico in questa lotta.
Pickles non ha risposto alla mia richiesta di un'intervista, dirottandomi al suo
sito web dove una dichiarazione dice di opporsi al sito perché è posto nella
cintura verde metropolitana.
Il professor Thomas Acton dell'Università di Greenwich è il maggior esperto
di questo paese sugli studi romanì ed un esperto conosciuto internazionalmente
riguardo la storia e la cultura romanì. Ha anche passato buona parte della sua
vita aiutando e consigliando i Travellers come Reilly. "Eric Pickles ha la
responsabilità per i siti Zingari nel governo ombra, tuttavia ha negato
l'esistenza di una comunità di Travellers da lungo residenti a Brentwood e ha
chiesto ai consigli locali di ignorare i propri obblighi sin quando un governo
conservatore non li avessero aboliti."
Reilly e la sua famiglia vorrebbero godere della sospensione temporanea della
pena di sgombero, ma la minaccia di essere sgomberati nel futuro rimane
pesantemente sulle loro teste. Come parte del processo di progettazione è stato
permesso loro di vedere alcune delle lettere colme di bile scritte dai residenti
locali. "I bambini hanno degli amici tra i locali ed ora vanno al club, ma non
li lascerei girare in paese da soli, è troppo pericoloso," dice. Com'è avere un
parlamentare vicino di casa che fa campagna contro di voi? La risposta di Reilly
è brusca. "Viviamo nella paura sempre." Gli oppositori al sito fanno presto a
criticare i Travellers per essere chiusi o ostili verso gli estranei, senza
nessuna comprensione della mentalità sotto assedio e il costante senso di
minaccia generatosi. Dopo aver visto le lettere minatorie ricevute dall'ufficio
di progettazione, Reilly scrisse una poesia intitolata Sono una Traveller:
"Ho cresciuto i miei figli nel miglior modo che sapevo.
Sono tutto quel che possiedo, sono tutto quel che ho ora.
Hanno stile, sono bambini, sono la mia gioia.
Ma non sono quello che gridate mentre guidate la notte."
Il clima di paura tra i Traveller nelle aree rurali non sarà diminuito dalla
manifestazione Rossa, Bianca e Blu indetta a Denby, Derbyshire, dal partito
Nazionale Britannico (BNP). Una delle ospiti invitata a parlare all'evento è
stata Petra Edelmannová, presidente del partito Nazionale Ceco, un piccolo
movimento della Repubblica Ceca, noto soprattutto per il suo aperto antagonismo
contro i Rom. Edelmannová ha scritto un manifesto intitolato La Soluzione
Finale al Problema Zingaro nelle Terre Ceche, che patrocina il rimpatrio in
India della popolazione Rom della Repubblica Ceca. Edelmannová non è apparsa
alla manifestazione, ma è sembrata una strana scelta degli oratori per quello
che il BNP insisteva essere un weekend per lo svago delle famiglie in giro tra i
castelli.
Quando ho obiettato su questo al vicesegretario del BNP, Simon Darby ha
concesso che la frase "soluzione finale non era esattamente il miglior titolo
per un documento" ma ha aggiunto "là c'è un problema Zingaro. E c'è pure nel
nostro paese." Cosa considerava come la natura del nostro problema Zingaro?
"Alcuni della comunità Travellers sono qui da tanto tempo. Stanno per conto loro
e risolvono i loro problemi all'interno delle loro comunità. Hanno la mia stessa
morale. Non ho problemi con loro." Identifica il "problema" nell'essere un Rom
straniero che è immigrato in GB dopo l'allargamento europeo, assieme ad un
gruppo non ben definito che chiama "pseudo-Zingari nati qua".
La distinzione artificiale tra differenti gruppi di Romanì e Travellers per
giustificare la discriminazione, è qualcosa che anch'io ho trovato quando come
scrittrice passai del tempo nella Repubblica Ceca, risiedendo all'Università Masaryk
di Brno. Mi venne detto che il problema con i Rom non riguardava "i nostri
Zingari" ma quelli della Slovacchia, molti dei quali si spostarono nelle terre
ceche per ovviare alla mancanza di manodopera nelle fabbriche dopo la II guerra
mondiale. Il mondo gadje (non-Zingaro) sembra avere meno problemi col popolo
Romanì fintanto che resta in una casella folkloristica e non cresce troppo
numeroso - es. non appare come un popolo reale con bisogno di case, che ha fame
e ambizione di istruzione per i suoi figli.
L'invito esteso dal BNP a Petra Edelmannová è significativo perché lo storico
trattamento dei Rom nelle terre Ceche fornisce un esempio istruttivo. In più di
un paese europeo, il rastrellamento dei Rom e dei Sinti durante l'occupazione
nazista fu facilitato dalla legislazione preesistente. In Cecoslovacchia, come
era allora, la legislazione restrittiva contro gli Zingari è antecedente il
1927. La Legge 117 imponeva a tutti gli Zingari la presa delle impronte digitali
e di fornire dettagli sui loro movimenti attraverso il paese. E' evidente come
la Legge 117 facilitò l'internamento dei Rom boemi e moravi quando l'occupante
esercito tedesco decise che era venuto il momento. Nell'agosto 1942, con la
scusa di un cosiddetto Giorno della Registrazione, i Rom e Sinti vennero
identificati e imprigionati in due campi: Lety in Boemia e Hodinin in Moravia.
Dopo un anno, la maggior parte degli abitanti di quei campi furono mandati ad
Auschwitz, dove perirono. Dei 6.500 Rom nelle terre ceche all'inizio della
guerra, sopravvissero meno di 500. Quello che iniziò con le impronte digitali
nel 1927, terminò 16 anni dopo nelle camere a gas.
Può sembrare allarmistico disegnare analogie tra l'Olocausto perpetrato dai
nazisti e la situazione attuale dei Rom europei, ma chiunque nel 1927 avesse
predetto il fato dei territori cechi negli anni '40, certamente sarebbe stato
guardato come un pazzo allarmista. La Cecoslovacchia era una democrazia prospera
che aveva rotto col legame all'impero Austro-Ungarico per emergere come una
delle 10 nazioni nel mondo più sviluppate economicamente.
Non si saprà mai il vero numero di Rom e Sinti uccisi dai nazisti - le stime
ufficiali variano da un quarto a mezzo milione, anche se molti esperti romanì
credono che la cifra possa essere vicina al milione. Quello che non si discute è
che i Rom e i Sinti furono perseguiti approssimativamente dell'85%, la stessa
percentuale degli Ebrei - e per le stesse ragioni razziali. Dove differiscono i
due genocidi è che l'Olocausto Ebreo fu sempre apertamente razzista,
mentre i Rom e i Sinti furono inizialmente perseguitati per essere "asociali" e,
per molti anni, i successivi governi tedeschi rifiutarono di riconoscere
l'elemento razziale nelle azioni naziste.
L'insistenza per cui l'esclusione e la discriminazione contro gli Zingari ha
più a che fare col loro stile di vita che con la razza, ha trovato eco nei
recenti eventi in Italia. A maggio, una donna a Ponticelli, fuori Napoli,
denunciò che una Zingara aveva tentato di rapire suo figlio. Che questo fosse
vero o no non fece differenza per quei delinquenti che attaccarono i campi sosta
locali con torce e barre di ferro. La risposta del governo Berlusconi e dei suoi
alleati fu strabiliantemente cinica. Prima venne l'annuncio in giugno che a
tutti gli Zingari, bambini inclusi, sarebbero state prese le impronte e,
fondamentalmente, identificati per la loro etnia - un episodio senza precedenti
nell'Europa occidentale del dopoguerra. Terry Davis, segretario generale del
Consiglio d'Europa, ha risposto che uno schema simile "richiama analogie
storiche che sono così evidenti che non devono essere spiegate". Anche
Berlusconi si è mostrato sensibile all'oltraggio internazionale che è seguito e
i suoi piani ora sono stati modificati così che a tutti i cittadini italiani dal
2010 verranno prese le impronte. Le autorità hanno dichiarato che l'etnia non
sarà censita, ma la loro idea di rassicurazione è di presentare le misure come
generalmente anti-immigrati, piuttosto che rivolte specificatamente ai 150.000
Rom e Sinti nel paese.
Queste mosse sarebbero abbastanza sinistre già di per sé, ma arrivano
accompagnate da ripetuti e impuniti attacchi agli stimati 700 campi in Italia. A
luglio, il mondo fu scosso dalle fotografie dei corpi di due ragazze Rom
affogate lasciate sulla spiaggia vicino a Napoli, con la gente intorno che
continuava a prendere il sole e far picnic.
Delle tante citazioni raggelanti dei leader politici italiani dall'inizio
degli attacchi in maggio, possibilmente la più spaventosa è quella di Umberto
Bossi, della Lega Nord, ministro nel governo Berlusconi: "Il popolo fa quello
che la classe politica non è in grado di fare." La chiara implicazione è che i
politici firmano la "pulizia etnica" desiderando piuttosto passare dalle parole
ai fatti.
I Rom italiani, molti vivono ancora nelle circostanze economiche più
spaventose, si sentono sotto assedio. "Siete venuti per cacciarci o aiutarci?"
ci chiedeva Rogi, residente in un piccolo campo proprio fuori Roma. Stava
parlando ad un gruppo di 10 volontari della Croce Rossa, arrivati a luglio nel
campo per condurre un censimento. I volontari non raccoglievano impronte
digitali, ma interrogavano ogni residente sul nome, età, nazionalità, se erano
stati vaccinati e se i loro bambini andassero a scuola - mentre li
fotografavano. Secondo l'agenzia stampa AFP, la Croce Rossa insisteva che questo
non era un'operazione di polizia, lo scopo era di fornire documenti sanitari ai
residenti del campo. "La maggior parte ha vermi, soffre di problemi
gastro-intestinali e bronchiti," riportava un volontario. "Alle autorità noi
forniamo informazioni anonime così che possano valutare le condizioni dei campi,
l'igiene e la salute."
Se l'operazione della Croce Rossa potrà aiutare o meno gli abitanti di
questi campi o le autorità che vorrebbero eliminare i campi, è tutto da vedere,
ma nessuno può rimproverare i residenti, molti sono rumeni senza documenti, per
essere sospettosi delle uniformi che vogliono prendere le loro fotografie e fare
tante domande. Questo sospetto ha profondi precedenti storici.
Il macello della seconda guerra mondiale fu soltanto l'apoteosi di secoli di
persecuzione durante la tragica storia europea dei Rom. Anche se la
consapevolezza dell'Olocausto Romanì non è ancora ben stabile, pochi sanno che
per cinque secoli e mezzo, migliaia di Rom nell'Europa dell'est furono comprati
e venduti come schiavi. Secondo il libro di Ian Hancock, Noi Siamo il Popolo
Romanì, "Nel XVI secolo un bimbo Rom poteva essere comprato per 32p. Nel XIX
secolo, gli schiavi venivano venduti a peso, al tasso di un pezzo d'oro per
libbra."
Attraverso questa storia, il popolo dei Rom e dei Sinti è tradizionalmente
sopravvissuto rimanendo lontano dalla vista il più possibile. In Polonia, un
piccolo numero di Rom polacchi è sopravvissuto al genocidio nazista
nascondendosi nelle foreste remote. In Boemia e Moravia, qualche famiglia trovò
riparo dai villici cechi. A livello più ampio, molti Romanì e Travellers
semplicemente non menzionano la loro origine. Durante un tour di scrittori in
Romania nel 2000, un amico mi disse: "Penso che l'atteggiamento della maggior
parte della gente di qui sarebbe: non capiamo perché parlate del vostro aver
sangue Zingaro. Se non lo dimostrate, potrete passare." I Rom che vivono in
condizioni terribili nei campi fuori Roma o Napoli, probabilmente sarebbero
contenti di non avventurarsi fuori per vendere chincaglieria o per mendicare, ma
se non lo facessero morirebbero di fame. I critici di queste attività di
sussistenza, raramente tengono conto delle necessità economiche che queste
sostengono.
Un altro esempio di comunità Zingara sotto assedio è Sulukule a Istanbul. Sulukule
è un insediamento storico occupato dalla comunità Romanì sin dai tempi di
Bisanzio ed ora è parte del programma Unesco Sito Patrimonio Mondiale. Le prime
testimonianze della presenza Rom a Sulukule datano dal 1054, e per secoli è
stata famosa per le sue case di intrattenimento dove i Rom si esibivano in
musiche e danze ai visitatori di tutto il mondo. La chiusura forzata di quelle
case nel 1992 portò l'area ed i suoi abitanti ad un serio declino economico.
Ancora, la ragione apportata fu di fornire alloggi sani ed igienici. "Non
abbiamo nessuna intenzione di sbarazzarci dei Rom, ma dobbiamo fare qualcosa per
questi slum," ha detto il sindaco locale, Mustafa Demir. Le autorità locali ora
pianificano di demolire le piccole case colorate dove vivono i Rom e
rimpiazzarle con ville che i residenti non possono certo permettersi, anche con
i sussidi offerti. Senza casa, e senza nessun mezzo di appoggio, quale opzione
si apre loro?
Visti nel loro più ampio contesto storico europeo, eventi simili hanno un
effetto devastante sullo stato d'animo della popolazione Rom, non soltanto su
quelli direttamente vittimizzati - noi stiamo, dopotutto, parlando di un popolo
che ha il genocidio nella sua memoria vivente e che sono tra i più esclusi e
colpiti dalla povertà in Europa. Questi sviluppi sono visti dal popolo Rom e
Sinti in Europa con un'ansietà crescente. Per ogni molotov lanciata in un campo
o in una baraccopoli, per ogni scelta comunale di sgomberare i Rom, ci sono
migliaia di piccoli incidenti di disprezzo o pregiudizio. Come la conoscenza che
mi porse una volta un Traveller: "Ogni volta che qualcuno mi dice: 'Oh, dev'essere
così romantico essere uno Zingaro,' io dico: 'Cosa c'è di romantico nell'essere
sputato?"
Quello che è innegabile in questa fotografia è che le mosse attuali tanto
del governo italiano che dei consigli municipali inglesi, come Brentwood,
esarceberanno soltanto le tensioni tra Rom e Traveller e la popolazione
stanziale. Gli immigrati Rom in Italia sono lì perché hanno lasciati paesi come
la Romania in cerca di una vita migliore. I residenti di Sulukule dovranno
andare da qualche parte quando la demolizione continuerà. I Traveller sgomberati
dalla terra che possedevano nel Cambridgeshire o nell'Essex saranno obbligati ad
accamparsi ai margini delle strade o finire nei centri pubblici. Bernadette Reilly
ricorda quello che diceva ad un poliziotto che stava sgomberando la famiglia da
una strada di notte: "Dove pensa che andremo?"
"Da qualsiasi parte," replicò il poliziotto. "Basta che non sia vicino a
me."
Tuttavia, anche se spesso le comunità Romanì e Traveller sono sgomberate, di
città in città o attraverso i confini nazionali, non si sbiadiranno né si
fonderanno. Fintanto che c'è la volontà politica paneuropea di guidare la
povertà e l'esclusione che in molti affrontano, la situazione può solo
peggiorare, e la destra continuerà ad usare questo gruppo marginalizzato come un
mezzo per ottenere voti. Quando festeggiammo l'80° compleanno di mio padre,
raccontai a mia zia la frase del mattone contro la finestra, pensando che lei
convenisse con me che mio padre era un incorreggibile menagramo. Invece, mi
disse tranquillamente: "Ha centrato la questione, amore mio, non trovi?"
Louise Doughty's novels about Roma history and her family ancestry are Fires
in the Dark and Stone Cradle, both published by Simon & Schuster.
Copyright Guardian Newspapers Limited 2008
Nella Mahalla amiamo le favole (ve l'ho gia detto, vero?) Milano - Camera del Lavoro - ore 20.20. Son terminate le ultime prove, ho raggiunto la compagnia che tra un po' andrà in scena. Sedute due file di spettatori, Rom rumeni e Khorakhané, qualche Rom Abruzzese. La sala vuota sembra enorme. Aspetto fuori, per vedere chi arriva. Fa veramente freddo, il pubblico arriva alla spicciolata e di fretta. Pochi, mi sembrano sempre pochi. Poi, torno in sala ed è strapiena! Sono arrivati in tanti dai campi, sono arrivati anche i milanesi e mi gusto la scena della sala traboccante di gente. Non vi racconterò la trama, da quel momento è stato come una specie di sogno. In questo sogno, un bambino brutto e con gli occhi storti, vissuto + di 60 anni fa, che forse si chiamava Mile. Mile non lo sapeva, ma la sua strada era anche quella percorsa da un certo Hitler. Nessuno dei due sapeva dell'esistenza dell'altro, ma la storia intanto macinava le persone. E' per questo che Mile portava un nastro giallo al braccio, che non doveva mai togliere. Neanche Barbara sapeva di Mile, mentre era a Lety, ma suo padre aveva fiutato l'aria e aveva venduto il carro per comprarsi una casa. Non era servito. La storia non la inganni. E il sogno prosegue. La Storia, quella con la S maiuscola, lasciava Barbara e Mile al margine, in Europa il progresso era nelle macchine, nella produzione di massa e quell'odore di fumo e benzina sembrava vincente, perché plasmava la storia. Ma allora il progresso parlava la lingua di Lombroso, di Interlandi, di Himmler. La tecnologia si era nutrita del loro razzismo, assieme definivano ciò che era "moderno". Non solo in Germania e Italia, ma anche in Francia, in Romania, in Boemia, in tutta la moderna Europa. Il progresso regalava a Barbara delle baracche ordinate, e i servizi e la scritta "Il lavoro rende liberi". Anche lei era una zingara nuova, come era documentato da quella Zsui vestiti Era moderno, anche il filo spinato con la corrente elettrica, era moderna la puzza di carne bruciata. No, rimanevano antiche le botte e quel ghetto dove i Rom e i Sinti, a differenza degli ebrei, vivevano in famiglie, a spaccare pietre e a morire di stenti. C'erano il fango e il bastone e la fame e quando non puoi più fuggire, se non per qualche secondo... ...mescoli il sangue con la pipì, e il fango lo puoi modellare, mettilo in tasca e non farti scoprire sarà il tuo grande violinista... E arrivò Himmler in visita al campo. Vide i fantasmi sui tavolati, e i volti dei bambini sfigurati dalle malattie, un capannone dove i topi scorrazzavano sopra file di morti. Ma Himmler, che aveva sognato il mondo nuovo, pulito e ordinato, si sentì offeso e deriso da quell'orrore, non era così che se l'immaginava... e allora ordinò l'abbattimento della struttura e l'annientamento di tutti quei reclusi. Mile morì molto lontano da quel campo, fucilato una notte con tutta la famiglia. Smise di aver paura.
(Un bambino piange tra il pubblico, gli attori si agitano, ma il suo pianto è già parte del mio sogno)
Barbara - tatuata Z1963 - scampò alla soluzione finale. E la storia vide nuovi vincitori, Norimberga, i vecchi aguzzini che ritornavano al lavoro, i campi e le riserve. Il progresso. Una serata per guardarci negli occhi.
TRANSITIONS ONLINE: Czech Republic: The Lessons of Lety by Jarmila Balazova 22 August 2005
L'acceso dibattito in corso sull'ex campo di concentramento della II guerra mondiale, vede anche una risoluzione del Parlamento Europeo. Da Romano Vod’i.
Nel 1942 fu pubblicato il decreto che stabiliva le norme persecutorie dei Rom nel protettorato tedesco di Moravia e Boemia. Si ispirava a quello già in vigore in Germania dal 1938 per la soppressione della "piaga zingara". Sessantatre anni fa, la polizia ceca, con la supervisione della polizia criminale tedesca, emise la lista di tutti "gli Zingari, Zingari mezzo-sangue e persone che vivono in maniera zingaresca" con circa 6.500 nomi. Immediatamente, iniziarono le retate e le detenzioni nei cosiddetti "campi Zingari" di Lety vicino a Pisek nella Boemia Meridionale e di Hodonin, in Moravia vicino a Kunstat. Molti altri vennero inviati coi vagoni piombati ad Auschwitz e negli altri campi di concentramento. Meno del 10% fecero ritorno: circa 600 sopravvissuti.
Dal campo di Lety passarono in 1.308, tra l'agosto 1942 e maggio 1943, quando il campo venne chiuso.Intere famiglie furono rinchiuse nel campo costruito per una capienza massima di 300 persone. Il misero vitto e le condizioni igieniche, sommati alla condizione generale di disagio, contribuirono alla morte di 327 persone. Il campo era gestito dalla polizia ceca. Nessuno fu giudicato colpevole per i crimini commessi.
Ogni anno, il 13 maggio i Rom della Repubblica Ceca si ritrovano nella città di Lety, per ricordare quanti vi furono rinchiusi e perirono, come pure quelli che furono inviati negli altri campi.
La prima volta che ci andai era il 1995. La cerimonia era modesta e raccolta. Pioveva e il fango arrivava alle ginocchia, rendendo difficile il cammino. Due fatti rendevano particolare quell'avvenimento: la notte precedente un gruppo di skinheads a Zdar nad Sazavou aveva fatto irruzione nell'appartamento di una famiglia di lontane origini rom; il capofamiglia Tibor Berki era stato picchiato a morte sotto gli occhi della moglie e dei cinque figli. Il secondo episodio era che all'interno dell'ex campo di concentramento si era insediata un'industria per l'allevamento dei maiali. Pensate che da allora ogni 13 maggio nello stabilimento viene azionata l'aria condizionata, così nessuno si può lamentare dell'odore, nota Markus Pape, del Comitato per la Riparazione dell'Olocausto.
INCONTRI A LETY
Ogni anno incontro lì Fedor Gal (sociologo ed editore). Lety gli ricorda la sua personale storia e quella della sua famiglia: è nato nel ghetto di Terezin e suo padre morì in una "marcia della morte". Lo preoccupa la più recente politicizzazione dell'evento di Lety: i rappresentanti dello stato che si mischiano alla "gente comune" nel ricordare la tragedia. Il rabbino capo della Repubblica, Karel Sidon, nota a proposito dell'allevamento di maiali: "Io se fossi in voi, non mi concentrerei nel richiedere la chiusura della fabbrica. Lascerei pure che stia lì, solo mi assicurerei che sulla fronte di ogni maiale sia tatuato il nome di un prigioniero".
Parlano anche il senatore Petr Pithart, due sopravissuti, donne che hanno perso l'intera famiglia a Lety e cresciute nel dopoguerra in un orfanotrofio. Jan Vrba, che in quel campo ci è nato, e a differenza di tanti altri bambini è sopravissuto. I giornalisti gli chiedono un parere sulla fabbrica e lui risponde senza rancore: "E' tutto molto difficile da raccontare. Questo è stato un posto reale dove i Rom, compresa la mia famiglia, sono stati rinchiusi a forza. Chi provava a scappare, veniva legato al palo. Le condizioni erano paurose. Sono morti a centinaia. E' nostro dovere trovare una soluzione, non credete?" Per lui, lo è di sicuro. Non si tratta solo di spostare la fabbrica o di sostituirla con un monumento commemorativo.
Terminano le preghiere e i discorsi, ci dirigiamo verso la vicina Mirovice, dove sono sepolti diversi ex prigionieri.
Saliamo sull'autobus e poco dopo riscendiamo. Qualcuno vuole visitare l'allevamento. Ci guida Petr Uhl, ex commissario distrettuale per i diritti umani, che durante il suo mandato aveva richiesto senza successo che l'allevamento fosse spostato. Oggi come giornalista continua ad occuparsi di diritti umani. Ha denunciato Miroslav Randsford (deputato del Partito Comunista Ceco) che si è opposto quando il Parlamento Europeo ha votato perché la fabbrica fosse rimossa da Lety. Precisa: "Non ho protestato contro Ransford per come ha votato, ma per le sue affermazione alla Agenzia di Stampa Ceca (che Uhl aveva diretto all'inizio degli anni '90), quando a detto che a Lety non c'è mai stato nessun campo di concentramento! Per me, questo contribuisce alla cosiddetta -bugia di Auschwitz-. Adopera la sua posizione e la sua cultura per negare ciò che ha fatto il fascismo e l'Olocausto dei Rom. E' uno sbaglio credere che Lety riguardi solo i Rom. No: è un nostro problema. I nostri genitori hanno permesso che questo campo fosse edificato, lavorarono qui come guardie, è il momento di chiedere perdono! Nemmeno Auschwitz nacque per essere un campo di concentramento, ma sappiamo cosa è successo lì. Questa la ragione della mia protesta: non dobbiamo permettere a nessuno di negare il genocidio di una nazione o di un popolo".
Petee Uhl non è il solo che si è sentito offeso per le affermazioni di Miroslav Ransford, che a sua volta non è l'unico a fare affermazioni simili. Ransford in passato aveva affermato che i soldi impiegati per spostare la fabbrica sarebbero stati spesi meglio per educare i figli dei Rom. Dimenticandosi... che anche la società va educata. Anche la società minoritaria ha le sue pecche: nella relazione con le minoranze, il loro ruolo, il loro destino storico ecc. Anche l'attuale presidente Vaclav Klaus avrebbe bisogno di ripetizioni in storia. Dieci anni fa il suo predecessore Vaclav Havel aveva inaugurato un modesto monumento a Lety. Klaus una volta si lasciò scappare che Lety non era un campo di concentramento per i Rom, ma un posto costruito per chi non aveva voglia di lavorare. E Klaus mal sopporta le "ingerenze" europee in quelli che ritiene siano temi locali.
DA LETY AL GOETHE INSTITUTE
Il giorno seguente si è tenuto un seminario presso il Goethe Institute di Praga: "Le politiche sulle minoranze in Europa relative ai Rom e ai Sinti". Tra gli interventi più interessanti c'è stato quello di Romani Rose, del Consiglio Tedesco dei Rom e Sinti: ha parlato non solo dell'Olocausto che ha segnato indelebilmente i Rom e i Sinti tedeschi (cfr: http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=85 ndr), ma anche delle attuali manifestazioni di discriminazione e razzismo. Ha anche stigmatizzato le ultime prese di posizione del presidente Klaus come un'incredibile volgarizzazione di una tragedia e concludendo che affermazioni simili denotano ignoranza assoluta della storia del campo di Lety.
Erano attese anche le parole di Viktoria Mohacsi, una delle due deputate Rom al Parlamento Europeo e di Milan Horacek, eletto in Germania nel Parlamento Europeo nella lista dei Verdi. Entrambe hanno steso la bozza che impegnava il governo ceco alla chiusura dell'allevamento a Lety e alla costruzione di un monumento alla memoria, mozione che ha visto il voto contrario di 25 deputati (tra cui Ransford). Alla mia domanda sull'impatto che hanno le tematiche Rom nel Parlamento, Viktoria Mohacsi ha risposto: "Questo è stato il primo passo, la prima risoluzione ed è stata approvata. Livia Jaroka (l'altra deputata di origine Rom, anche lei ungherese cfr. http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=193 ndr) ed io stiamo coinvolgendo altri colleghi, facciamo pressione, molti di loro ci hanno detto di essere stupiti che anche nel loro paese non siano stati eletti dei rappresentanti Rom. Stiamo anche lavorando per il rafforzamento delle strutture esistenti (come l'European Roma Forum e il Consiglio Europeo del Gruppo di Esperti). Il futuro mi sembra buono. Credo che prima o poi riusciremo a creare una commissione specifica sugli affari Rom".
Milan Horacek, che ha collaborato alla stesura della mozione, assieme al Comitato per la Riparazione dell'Olocausto, si è mostrato pure lui alterato per le parole di Vaclav Klaus. Ha raccontato che non solo molti deputati non sapevano dove fosse Lety, ma che gli stessi rappresentati cechi al momento del voto non fossero a conoscenza di cosa si stesse parlando.Ha terminato ricordando di essere sempre stato orgoglioso di avere due cittadinanze e due paesi, Germania e Repubblica Ceca. Ma che adesso si vergogna della seconda.
I PROSSIMI PASSI
Da allora, ho visto altre due volte Milan Horacek: a prima alla televisione ceca durante un alterco con Miroslav Randsford e poi dopo un meeting col Primo Ministro Jiri Paroubek. Quella volta finì meglio.Il MInistro Pavel Nemec, con delega alle minoranze nazionali, disse ai giornalisti: "Il consiglio dei ministri sta valutando la possibilità di acquistare l'allevamento a Lety. Dobbiamo discuterne con i proprietari. Non mi sbilancio sui costi e sul tetto di spesa, se ci sarà accordo, l'acquisteremo, ma non intendiamo procedere all'esproprio". [Le stime sul trasferimento della fabbrica e la costruzione del monumento variano tra i 10 e i 25 milioni di $ - nota di TOL] Nel contempo il Ministro negò che la decisione del governo fosse stata presa a seguito delle pressione europee.
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Jarmila Balazova is editor-in-chief of Romano Vod'i, a monthly published by the Czech non-profit organization Romea. This article originally appeared in Czech in the June 2005 edition of Romano Vod'i. Translated by Ky Krauthamer.
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