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Di seguito gli articoli e le fotografie che contengono le parole richieste.

Ricerca articoli per decennio dell'inclusione

Di Fabrizio (del 08/08/2005 @ 23:01:23 in media, visitato 1652 volte)
Fonte: Romano Liloro mailing list

TV BTR Nacional
STR. "Lazar Licenovski" 31-b
1000 Skopje, Macedonia
Tel: + 389 2 311 - 0356; + 389 2 311 - 2240
Fax: + 389 2 321 - 6000
tvbtr@mt.net.mk

Novembre 2005: Si terrà a Skopje, in Macedonia, il Terzo Festival Rom della Radio e della Televisione

Ruota Dorata

La manifestazione durerà quattro giorni, dedicati a presentare produzioni video (films, documentari, sceneggiati) e programmi radio di tutto il mondo. Possono partecipare produttori, giornalisti, registi.

I lavori devono essere presentati entro il 20 ottobre 2005.

Gli argomenti di quest'anno, nello spirito del Decennio dell'Inclusione dei Rom (2005-2015), il terzo Festival Ruota Dorata vuole porre attenzione ai temi: alloggio, economia, salute e scolarizzazione.

Durante la durata del festival si sussegueranno anche audizioni di temi filmici e colonne sonore. Inoltre verranno organizzati incontri e dibattiti aperti a tutti partecipanti alla manifestazione, allo scopodi condividere esperienze, raccogliere critiche e suggerimenti, discutere più in generale sull'attenzione che i media rivolgono ai Rom e favorire ogni possibile forma di collaborazione.

La manifestazione terminerà con la premiazione dei lavori presentati.

Sul Decennio dell'Inclusione dei Rom:
 
Di Fabrizio (del 31/12/2005 @ 19:00:00 in Kumpanija, visitato 2905 volte)

Scusate l'irriverenza, ma a leggerlo mi è sembrato di orecchiare qualcosa di simile ai discorsi del Presidente a fine anno...

Federazione Romani – Repubblica di Serbia

Prvomajska 116

11080 Beograd - Zemun

E-mail: tvamaro@scnet.yu

Tel/fax: + 381 11 618 725

Mob: + 381 63 8521 941


Al popolo Romani

Signore e signori, amici carissimi, come presidente della “Federazione Romani – Repubblica di Serbia” mi rivolgo a voi in nome di tutti i Rom in Serbia e Montenegro, che come comunità nazionale hanno trascorso un altro anno difficile. D'altra parte, l'Europa sta guadagnando fiducia con i programmi di integrazione della nostra comunità nazionale, e spero che porti anche a noi la stessa prosperità. Un'altra ragione è data dal programma “Decennio dell'Inclusione Rom” nei paesi dell'Europa del Sud Est, che promette lo sradicamento della povertà, l'inclusione nel processo educativo, come pure il miglioramento delle condizioni di vita e la soluzione dei problemi sociali. Esprimo la mia gratitudine alla Banca Mondiale che promuove il “Decennio dell'Inclusione Rom” e il “Fondo Open Society” che appoggiano i nostri sforzi.

Come forse saprete, in Serbia sono corso riforme democratiche, e dobbiamo dare atto alla Serbia di aver riconosciuto i Rom come minoranza nazionale, come in Germania, Slovenia, Finlandia e Macedonia. Oggi, dal dibattito sul futuro della Serbia e Montenegro, ci aspettiamo di essere inclusi in tutte le istanze di governo per creare il nostro futuro accanto agli altri. Contemporaneamente, vi informo che abbiamo formato un gran numero di istituzioni nostre, partiti politici ed organizzazioni non-governative, tutto con l'obiettivo di individuare soluzioni per la nostra integrazione nel paese. Abbiamo di fronte il grande problema dello status del Kosovo, dove i leaders albanesi stanno cercando di annettere quel territorio all'Albania.

In qualità di ex ministro della Repubblica di Serbia, vicepresidente di “ International Romany Union” e presidente di “Federazione Romani – Repubblica di Serbia”, mi aspetto che le Nazioni Unite non appoggino questa idea separatista, che sarebbe un cancro che si estenderebbe a tutta la regione.

Per finire, mi appello alla comunità internazionale che tenga conto della Serbia e di tutti i suoi cittadini, che non hanno mai voluto essere un “fattore disaggregante”.

Fratelli e sorelle Rom,

Spero sinceramente che l'Europa presti grande attenzione ai nostri problemi e che ci sia concessa una reale possibilità di integrarci senza doverci assimilare. A tutti voi e alle vostre famiglie, auguro felicità e successo per il 2006.


In Belgrade, President Jovan Damjanovic - Joja

December, 29th 2005

 
Di Fabrizio (del 04/07/2005 @ 18:19:10 in Europa, visitato 4408 volte)

Intervista alla radio tedesca su Deutschlandfunk - 29/06/05. Riportata su: Roma_Benelux

Rom mendicanti: "Famiglie poverissime che vogliono credere ai miracoli" (Bild: AP)

  • Il business della povertà
  • con false promesse i trafficanti attraggono in Occidente i bambini dall'Europa dell'Est

In Ungheria, Slovacchia, Romania e Bulgaria centinaia di migliaia di Rom vivono in situazione di povertà, senza assistenza medica, riscaldamento o acqua corrente. La vita di ogni giorno è segnata dall'aperta discriminazione, alti tassi di disoccupazione, mancanza di scolarizzazione e di possibilità di sviluppo. Le organizzazioni criminali approfittano del desiderio di una vita migliore. Il rapporto di Christiane Feller da Bruxelles.

Frida Uyttebrouck è nuovamente di pattuglia. Da anni assieme a due colleghi questa poliziotta controlla che tutto sia in ordine nelle strade del centro di Bruxelles. Una donna con accanto un bambino piccolo è seduta sul ciglio del marciapiedi.. Stendono la mano. Gentilmente i poliziotti chiedono i documenti. Quelli della donna sono a posto. Ma quel bambino di tre anni, le dice la poliziotta, dovrebbe essere al nido d'infanzia e non a mendicare per strada.

Madri mendicanti con i figli di dodici anni, arrivate nell'Unione Europea a guadagnarsi il pane pulendo i vetri delle macchine agli incroci di Bruxelles, sono comuni in tutte le grandi città. Ma quello che i guidatori vedono con disturbo, è una vera pena per Valeriu Nicolae, Rom:

"Molti bambini scappano da casa, da condizioni di povertà estrema che non sono in grado di sopportare. Qualcuno ha subito violenza, o i loro padri sono alcolizzati. Arrivano nelle grandi città della Romania, Slovacchia, Bulgaria e Moldavia (vedi NDR). Anche lì le loro condizioni sono misere. L'Occidente sembra loro il paradiso. I criminali lo sanno."

Europol, la polizia europea dell'Aia, preferisce mantenere il silenzio sulla natura di queste bande. Ma si da per certo negli uffici dell'Organizzazione dei Migranti (OIM) a Bruxelles: i Rom di solito non sono i colpevoli, ma le vittime di questi crimini.

Valeriu Nicolae, 35 anni, è lui stesso nato in una povera famiglia Rom della Romania. Ma ha avuto la fortuna di poter studiare grazie ad una borsa di studio: "Anch'io sono cresciuto accanto ad una discarica, ho frequentato le scuole differenziali e parlavo il rumeno a fatica. Poi mi fecero un test di intelligenza e scoprirono che non ero affatto stupido". Da circa due anni Valeriu Nicolae è a capo di ERIO, European Roma Information Office di Bruxelles. Il compito di questa organizzazione è di funzionare come lobby, bussando alle porte degli uffici dell'Unione, ai parlamentari e alle autorità del Belgio, e portare testimonianza sui problemi del suo popolo, in particolare dei bambini. Nicolae descrive così i metodi di lavoro delle bande criminali:

"Vanno dalle famiglie e dicono loro: Ci cureremo dei bambini e vi faremo avere tanto denaro. Comprano i bambini per 100 $. Poi dicono che i loro figli studieranno francese e vivranno in case bellissime. Mostrano delle fotografie e concludono dicendo che loro figlio sarà di ritorno tra un anno. Chi è alla miseria, vuole credere ai miracoli."

Chi si è occupata di questa situazione è Roeli Post. La Commissaria EU si è recata ben 43 volte in Romania negli ultimi sei anni. Nei ghetti rumeni, la donna olandese ha detto di aver trovato condizioni neanche da terzo, ma da quarto mondo. La povertà da un lato è un grave problema per i Rom, dice Roeli, e nel contempo un lucroso affare per le bande criminali di tutta Europa: "Direi che il Belgio è soprattutto un paese di transito, dove i bambini arrivano per essere smistati in altre nazioni, ad esempio, Francia, Italia o Austria. Mi sembra che sia un problema europeo e non specificamente belga."

Le radici della mendicità dei Rom, la loro povertà e mancanza di prospettive, sono analizzate in un rapporto della George Soros Foundation. Assieme alla Banca Mondiale ha lanciato "Il decennio dell'inclusione dei Rom, dal 2005 al 2015"., un percorso di inclusione per otto paesi dell'Europa centrale e orientale finanziato anche dalla Commissione Europea: Bruxelles intende investire 30 milioni di Euro per combattere la povertà nei ghetti, che Kósáne Kovács, ex ministra ungherese dell'Educazione, membro del Parlamento Europeo e Rom lei stessa, definisce peggiori di quelle dell'Africa.

Non sono solo le gang criminali a sfruttare la povertà. Racconta ancora Valeriu Nicolae che a volte nei ghetti si presenta qualcuno che offre tra 5.000 e 20.000 Euro per un fegato o un rene. Il peggio, termina Nicolae, è che spesso si trova qualcuno disposto a vendere il proprio rene.

© 2005


Approfondimenti:

Luci e ombre sul decennio dei Rom:

 
Di Fabrizio (del 13/08/2006 @ 11:25:22 in Regole, visitato 2858 volte)

Leader di Ataka accusato di incitamento alla discriminazione

09:00 Mon 31 Jul 2006 - Petar Kostadinov

Il 21 luglio scorso, Volen Siderov, deputato e leader del partito ultra-nazionalista Ataka, è stato accusato di incitamento alla discriminazione, dal tribunale regionale di Sofia. Il giudice ha sentenziato che Siderov debba astenersi dal fare le sue infiammate dichiarazioni ed astenersene in futuro. Se invece Siderov continuasse ad agire come in passato, verrà multato con 200 leva (circa 100 Euro ndr).

Le accuse contro Siderov sono partite da Yulyana Metodieva, del Bulgarian Helsinki Committee (BHC), che si è richiamata all'Atto di Protezione Contro la Discriminazione. E' il primo atto concreto contro Siderov, da quando il suo partito ha ottenuto il 10% alle elezioni del giugno 2005. Da allora sono stati sollevati otto casi contro Siderov per le medesime ragioni, e questo è il primo che ha portato ad una sentenza.

A gennaio, BHC riunisce una coalizione di 68 organizzazioni e 18 personalità pubbliche, che comunemente hanno aderito alla chiamata in causa contro Siderov. Il caso è stato suddiviso in 8 processi separati, in quanto le accuse discriminatorie erano varie e diverse. Nel verdetto del 21 luglio, il tribunale ha rigettato come ingiustificato il reclamo della Metodieva per apologia pubblica. La corte ha giudicato che Siderov ha ecceduto nell'uso del diritto di libertà di parola, cioè confondendo questa libertà con la discriminazione. La sentenza potrà essere impugnata entro 14 giorni.

Yulyana Metodieva

Volen Siderov

Sofia Echo ha intervistato Yulyana Metodieva nel suo ufficio della BHC.

"Sono estremamente soddisfatta della decisione del tribunale, perché questa sentenza influirà sugli altri sette casi in cui è implicato Siderov. E' lampante che il tribunale ha fatto bene il suo lavoro, richiamandosi all'Atto di Protezione Contro la Discriminazione, che è una legge relativamente nuova". D'altro canto non è altrettanto soddisfatta della decisione di non procedere contro Siderov per apologia di "discorsi di odio". "E' una pratica in tutti i paesi europei, per questo non sono d'accordo col rifiuto del tribunale, ma non ricorrerò," continua.

Metodieva descrive il ruolo della corte come equilibrato."E' ovvio che un giudice giovane come Ivan Dochev ha cercato di mantenere una posizione bilanciata, per non essere preda degli avvocati di Siderov."

Spiegando perché il BHC ha deciso di chiamare Siderov in tribunale, racconta Metodieva; "Abbiamo scelto di combattere il linguaggio di odio di Siderov in tribunale, perché vogliamo che sia applicata la legge. Siderov è deputato, e da lui l'unica cosa che ci aspettiamo è fare leggi e rispettarle, non parlare contro le minoranze."

Metodieva è anche contenta che gli sforzi di BHC in questa direzione sia stata benvenuta e supportata dai media bulgari. "Quando siamo usciti con il nostro reclamo, immediatamente siamo finiti sui mezzi d'informazione, e ho apprezzato che i media abbiano supportato il nostro sforzo."

Nel contempo, secondo lei, Siderov e i suoi avvocati hanno sottostimato il reclamo perché "è un danno morale, non finanziario". 200 leva di multa per Siderov non costituiscono un gran deterrente, Metodieva invece considera un successo "che per la prima volta una simile misura sia applicata in Bulgaria".

Se Siderov continuerà con l'incitamento all'odio, secondo Metodieva, questo gli costerà il suo futuro politico, "perché dimostrerà che come deputato non rispetta le leggi."

Il tribunale ha applicato una legge che tutta l'Unione Europea giudica come una delle migliori, e se Siderov non vuole rispettarla deve pagarne le conseguenze politiche." continua Metodieva.

Altro successo è che da gennaio 2005, quando BHC ha presentate le proprie accuse: "Abbiamo notato che [Siderov] ha mutato il suo linguaggio, è diventato più moderato, anche se il tema Rom è rimasto il suo preferito".

Era uno degli effetti a cui mirava BHC - che Siderov moderasse il suo linguaggio. Lo scandalo dell'incidente sull'autostrada a Trakia (le sue guardie del corpo avevano malmenato senza ragione un bulgaro che portava suo padre all'ospedale ndr), dove Siderov è stato accusato di falsa testimonianza, e la conseguente perdita dell'immunità parlamentare, hanno contribuito a moderare i suoi discorsi.

Metodieva [...] haq un occhio al futuro. Una ricerca di BHC mostra che Ataka continua ad avere uno "zoccolo duro" di elettori, quantificabile tra il 6 e l'8%, a seconda della situazione economica della zona.

"Siamo preoccupati perché dopo che la Bulgaria aderirà di fatto all'UE, i tanti che vedono questa data sfavorevolmente, andranno in cerca di un colpevole interno, e noi sappiamo che attaccheranno le minoranze."

BHC ha emesso una dichiarazione supportata dal Parlamento Europeo, inviata al Parlamento Bulgaro, contro la nuova forma di totalitarismo rappresentata dal partito Ataka di Volen Siderov. Metodieva ha presente il rischio di trovarsi contro i supporters di Ataka.

"Non ci preoccupiamo che i sostenitori di Ataka si facciano una cattiva idea su di noi, ci siamo abituati. Comunque: siamo contenti che i media abbiano appoggiato i nostri sforzi e che il Parlamento Europeo sia dalla nostra parte."

Parlando delle istituzioni, Metodieva è certa che il governo debba dotarsi di una politica a lungo termine sulle minoranze, soprattutto perché attualmente, ospita la presidenza del Decennio dell'Inclusione Rom (vedi ndr). "Tutti, le OnG e i media, devono fare pressione costante sulle autorità perché siano rispettati i diritti delle minoranze. Penso che stiamo facendo un buon lavoro."

Per quanto riguarda il discutibile termine "discriminazione inversa" - uno dei motivi per cui il tribunale non ha imposto misure più severe a Siderov - Metodieva pensa che la maggior parte delle persone non sappia di cosa si tratta. "Quando parliamo di discriminazione inversa e minoranze, dobbiamo riferirci alle leggi internazionali, alle convenzioni e nient'altro."

La Bulgaria ha ratificato la convenzione sulle minoranze nel 1999 e ne ha approvato gli obblighi.

"Quando i politici, ad esempio Ataka o i Democratici per una Bulgaria Forte, parlano di discriminazione inversa, lo fanno creando un'atmosfera di tensione nella società bulgara, ma senza capire di cosa parlano. La gente si distrae e non capisce che i politici scaricano sulle minoranze quello che lo stato dovrebbe fare e non fa."

Nota Metodieva che i messaggi che arrivano dai politici sono molto pericolosi nei Balcani, perché è sotto gli occhi di tutti quello che accade in altre parti dove le minoranze sono incolpate per ogni cosa che accade.

"Ho visto una reale minaccia per la Bulgaria in quei messaggi e vi spiego perché": lo scorso marzo BHC ha commissionato alla BBCC-Gallup un sondaggio sulle distanze etniche.

"Il sondaggio ha ritornato una società bulgara seriamente malata di razzismo," ci dice.

BHC ha chiesto alla gente se si sentisse preoccupata, se il sindaco, il maestro, il dottore o l'avvocato provenissero da una minoranza. La risposta è stata positiva. Ha riguardato anche la minoranza ebrea, che è generalmente considerata ben accetta. "Questo significa che le distanze nella società sono rimaste sottotraccia, pronte a risaltare fuori quando sono provocate." Se non migliora il quadro economico, il rischio permane alto, conclude Metodieva.

Riferimento: Ataka

 
Di Daniele (del 15/03/2006 @ 10:52:47 in Europa, visitato 2305 volte)

La Serbia-Montenegro cerca di integrare i rom

Come firmataria dell'iniziativa "Decennio dell'inclusione rom", la Serbia-Montenegro è impegnata a porre fine alla discriminazione e migliorare la vita del suo popolo rom. Case e formazione sono le aree chiave.

Davor Konjikusic per il Southeast European Time a Belgrado – 07.03.06

La Serbia-Montenegro è uno degli otto paesi che hanno aderito ad una iniziativa internazionale, lanciata nel 2005, destinata a migliorare la vita dei rom europei. Come aderenti al "Decennio dell'inclusione rom", i governi della Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Macedonia, Romania, Serbia-Montenegro e Slovacchia, si sono impegnati a porre fine alla discriminazione e interrompere il ciclo della povertà e dell'esclusione.

In Serbia-Montenegro, il problema più pressante è l'esistenza di insediamenti separati di rom. Secondo i dati attuali, circa 250.000 rom vivono in circa 600 comunità improvvisate, spesso situate in aree industriali o vicino a discariche di rifiuti. Sono fra le persone più povere d'Europa, prive delle comodità elementari come l'elettricità, scarico per i liquami ed acqua potabile pulita.

"I rom oggi sono fisicamente segregati nei loro insediamenti dal resto della società", dice il vice ministro federale per i diritti umani e delle minoranze Melena Markovic. "Sono privi di un adeguato accesso all'assistenza sanitaria e all'istruzione, e non possono soddisfare altre elementari condizioni di vita. I loro insediamenti sono separati dagli altri insediamenti, non sono igienici e mancano di infrastrutture appropriate". Per affrontare i problema, il governo programma la costruzione di case. Finora, la città di Belgrado ha garantito 58 lotti per le case e il finanziamento per la loro costruzione.
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La maggior parte dei Rom di Serbia-Montenegro vivono riciclando cartoni. [Getty Images]

Ma i programmi per integrare i rom nelle comunità principali non hanno avuto sempre successo con i residenti. In un caso ben noto, scoppiò la collera sullo spostamento di rom in un nuovo complesso di appartamenti nelle vicinanze di Belgrado. Inoltre, dicono le autorità, alcuni rom non vogliono essere trasferiti, vedendo nello spostamento un tentativo di smembramento delle loro comunità.
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Dopo le case, la prossima priorità è l'istruzione. Il governo ha deciso di introdurre insegnanti assistenti rom nelle classi nelle quali c'è un gran numero di studenti rom. Progetti pilota sono stati già lanciati in certe scuole. Anche se il governo ha promesso il suo impegno a raggiungere gli obiettivi del progetto Decennio Rom, il finanziamento resta un ostacolo. Secondo l'iniziativa, le opere devono essere finanziate dai vari paesi aderenti.

Paesi come la Repubblica Ceca, l'Ungheria e la Slovacchia perciò hanno la capacità di realizzare il progetto più rapidamente, perché hanno accesso ai fondi dell'U.E.

La Serbia-Montenegro, però, deve arrangiarsi con scarse risorse finanziare e può aspettarsi di vedere progressi molto più lenti.

 
Di Fabrizio (del 18/12/2006 @ 10:34:38 in Europa, visitato 1871 volte)

da Hungarian_Roma

E' stata rilasciato a Budapest un nuovo studio del Fondo Educazionale (REF) sui benefici dell'investire nell'educazione dei Rom in Ungheria. Durante la conferenza stampa, Rumyan Russinov, vice-direttore di REF, ha detto: "E' ora che gli europei capiscano che l'educazione dei Rom non è solo un tema per i genitori Rom, e che devono essere rimosse molte barriere formali e informali. Ciò richiede un serio impegno da parte dei Governi e questo studio provano che questi investimenti hanno il loro ritorno". Alexandre Marc, direttore di REF, ha menzionato che la sua associazione è impegnata nel dimostrare che analisi simili sono importanti non solo dal punto di vista dei diritti umani, ma anche nel senso economico, che è l'argomento che il Ministero delle Finanze dovrebbe intendere.

Il deficit di educazione della popolazione Rom è ben documentato in tutti i paesi che partecipano al Decennio dell'Inclusione Rom. L'eredità delle passate politiche esclusioniste non solo contribuisce al mantenimento dell'esclusione sociale, preclude anche alla partecipazione nel mercato del lavoro e quindi perpetua la dipendenza dall'assistenza sociale e riduce drammaticamente il ritorno in forma di tasse. Lo Studio Fondo Educazionale Rom, condotto da  Gabor Kertesi e Gabor Kezdi [1] utilizzando dati ungheresi illustra quanto i governi potrebbero incamerare nel futuro investendo nell'educazione verso i Rom [...] I ricercatori mostrano come il deficit educativo sia associato con bassi tassi di impiego e delle conseguenze sul prelievo fiscale e sull'assistenza sociale. [...]

The study is available on www.romaeducationfund .org

[1] Institute of Economics , Hungarian Academy of Sciences and Central European University / Institute of Economics , Hungarian Academy of Sciences respectively.

 
Di Fabrizio (del 12/03/2006 @ 10:31:34 in media, visitato 1874 volte)

da Roma Press Agency

Košice, 5 marzo (RPA) – Con l'inizio di marzo, STV 2 ha cambiato gli orari e la programmazione delle trasmissioni dedicate ai Rom. Quella che era una programmazione bimensile, diventa bisettimanale. La prima puntata del nuovo formato “So vakeres?” (Cosa stai dicendo?) è andata in onda il 6 marzo alle 16.25, e poi ripresa il giorno seguente alle 1.20 e alle 9.40.

E' cambiata anche la troupe che realizza il programma. Il compito è passato a Roma Press Agency (RPA), il cui direttore Ivan Hriczko afferma: “E' per noi una grande sfida, ma nel contempo una possibilità unica di presentare i problemi dei Rom attraverso i loro occhi”. Puntualizza poi che per quanto ci sia una informazione sufficiente sui Rom, la percezione dei problemi rimane critica. “I Rom sono descritti dai media come una curiosità, come gente che crea problemi, gente senza nome incapace di cambiare la propria vita. Anche i casi positivi, vengono presentati come eccezioni o come odissea. E' una situazione avvilente che nuoce a tutta la comunità.”

Questa è la principale ragione per cui RPA per lungo tempo ha tentato di fornire un'immagine diversa dei Rom. “Buona parte della comunità si colloca in basso nella scala sociale. E' gente che necessita di tipi differenti di informazione, spesso nella loro lingua madre, perché ciò abbia un effetto positivo sulle loro vite. Questo tipo di programmazione sinora non è stata possibile. Naturalmente esistono difficoltà oggettive, per questo è necessario rispettare certe caratteristiche e tradizioni proprie della comunità: se non se ne tiene conto le informazioni non arrivano. E' gente che già possiede quella sensibilità che non viene riconosciuta loro dalla società. Nello stesso tempo occorre affrontare l'equivoco del dialogo interetnico.” sottolinea la direttrice responsabile di RPA, Kristína Magdolenová. Queste indicazioni sono state a lungo dibattute con l'amministrazione di STV 2 e con i finanziatori della rete.

Si è giunti ad un accordo per una programmazione bisettimanale durante tutto il 2006, ed entro la fine di settembre verrà nuovamente discusso il futuro del format.

Nelle sue prime uscite la trasmissione sarà bilingue – slovacca e romanes. “Visto sono Rom gli intervistatori, le interviste saranno in lingua e sottotitolate in slovacco, o viceversa se i casi lo richiedessero. Tutti gli intervistati avranno la possibilità di esprimersi nel dialetto romanes che loro adoperano come madre-lingua. Siamo coscienti che ci saranno linguisti che inizieranno a disquisire sulla codifica e sui problemi del linguaggio, ma è l'esperienza sul campo che ci insegna che se non si affronta da subito una discussione pubblica su questo tema [...], non si va avanti. E' la vita che definisce le forme del linguaggio. Se questo deve essere invece definito da una discussione aperta a pochi introdotti, ogni codifica svanisce rapidamente,” ritiene Hriczko. Secondo lui, il fatto stesso che nel romanes non si siano ancora unificati, ad esempio, i termini riguardanti i luoghi istituzionali della vita quotidiana, testimonia lo stato critico del linguaggio. “Parlando, si imparano un gran numero di parole che si riferiscono ai centri comunitari e sanitari,m agli uffici del lavoro... e ogni villaggio, ogni singolo insediamento, usa termini differenti. Come sarà possibile progredire, se non si è in grado di unificarli?” Infine, ritiene strategico coinvolgere su questo tema la rivista Romano Nevo Lil.

Nella prima puntata sono stati presentati: un servizio sulla creazione di un distaccamento dell'Agenzia per il Supporto al Lavoro nel villaggio di Leles; le attività del Centro Comunitario ed Igienico di Drahňove; la vita dei Rom a Varhaňovce; un progetto di assistenza medica a Kecerovce; la rubrica sulla cucina romanì.

Moderatore del programma è Ivan Hriczko, mentre le puntate sono preparate e montate da Etela Matová, Jarmila Vaňová e Klaudia Vaňová.

Nelle puntate successive ci si concentrerà sui problemi del lavoro e delle infrastrutture e dall'inizio di aprile seguiranno quattro puntate monografiche sul Decennio dell'Inclusione Rom. Per la rima volta, ad un anno dall'inaugurazione del decennio, verrà scolta un'inchiesta in lingua originale e rivolta ai diretti interessati, sugli obiettivi a medio e lungo termine di questa iniziativa, cofinanziata anche dalla Slovacchia tramite il Piano di Azione Nazionale.

 
Di Fabrizio (del 03/03/2006 @ 10:28:50 in Europa, visitato 1855 volte)

D'accordo, sembra una barzelletta... ma ditemi: cosa ci faceva Paul Wolfowitz, Presidente della Banca Mondiale, con degli "zingari"? E di cosa possono aver parlato, se è lecito?

Comunque, è stato un incontro pubblico (any use should include copyright to the World Bank and credit the photographer). E' aperta la caccia alla battutaccia, vi ricordo che non siete presidenti del consiglio, e che vi tocca farmi ridere (son mica Bruno Vespa, io!).

A parte questo, e a parte le polemiche sull'utilità o meno del Decennio dell'Inclusione dei Rom, azzardo la mia ipotesi: il Presidente (suppongo) conosce il suo mestiere quali che siano le sue idee, e difficilmente l'Europa potrà essere unita o coesa, se 10 milioni dei suoi abitanti (praticamente: più del Belgio, dell'Austria o della Norvegia) vivono in Europa nelle condizioni di un Rom o di un Sinto. Il resto, secondo me, è fumo. Posso sbagliarmi, fatemelo sapere.

 
Di Fabrizio (del 22/11/2005 @ 10:23:03 in Europa, visitato 1891 volte)

(gli articoli originali sono in inglese)

ROMANI INFORMATIONAL SERVICE - www.romea.cz - Romano Vodi - ROMEA
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Bratislava, 17. 11. 2005, 21:43, (CTK) - La polizia slovacca ha accusato sette persone, tra cui Marian Kotleba,  capo dell'ultranazionalista Comunità Slovacca, di propaganda estremista. Il capo della polizia, Anton Kulich, ha detto alla televisione che Kotleba è accusato di appoggiare movimenti che propugnano la violenza, il fascismo e ideologie simili.

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Bucarest, 17. 11. 2005, 20:55, (Roma Network) - George Soros ha richiamato i governi dell'Europa Centrale e Meridionale ad agire perché finisca la discriminazione contro i Rom, la più numerosa minoranza europea. L'iniziativa, chiamata Decennio dell'inclusione Rom, è stata supportata da nove governi al suo lancio lo scorso febbraio, rappresenta uno sforzo internazionale senza precedenti per assicurare ai Rom uguale accesso all'istruzione, all'alloggio, all'impiego e alla sanità. L'appello è avvenuto durante la prima riunione tenutasi da quando la Romania ha assunto la presidenza a rotazione del comitato intergovernativo.

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Praga, 18. 11. 2005, 08:10, (CTK) - Il progetto "Rom scomparsi e Rom oggi", in cui i Rom sopravvissuti intervengono nelle scuole primarie e secondarie, per presentare la storia della II guerra mondiale, continuerà anche nel 2006, ha affermato l'organizzazione Ziva Pamet (Memoria Viva). Il progetto è stato organizzato da Ziva Pamet assieme al Museo di Cultura Romani e proseguirà grazie al supporto del fondo Erinnerung und Zukunft (Memoria e Futuro).

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Praga, 18. 11. 2005, 07:39, (CTK) - Centri dove gli esperti aiuteranno e motiveranno nello studio i bambini provenienti da un ambiente svantaggiato, saranno installati nelle regioni nel quadro di un progetto che verrà lanciato l'anno prossimo e costerà 80 milione di corone, pubblica Lidove noviny. "Intendiamo focalizzarci sui bambini Rom e di altre minoranze etniche, anche se non è questo il nostro ruolo. Lavoreremo con tutti i ragazzi che avranno bisogno" ha detto alla stampa Jana Zapletalova, direttrice dell'Istituto per la Consulenza Pedagogica e Psicologica, che ha curato il progetto.

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Bratislava, 16. 11. 2005, 20:04, (CTK) - Aumentano le differenze tra le regioni e la povertà sta tramutandosi da un fenomeno di durata temporanea a uno di lunga durata: questo il giudizio di un gruppo di esperti riunitisi a Bratislava settimana scorsa. La Ministra del Lavoro, Iveta Radicova, ha detto che non è il numero dei poveri ad aumentare.

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Praga, 16. 11. 2005, 16:42, (CTK) - Verrà riaperto nel 2006 il caso di Denis Gerasimov, 28 anni, membro del gruppo neonazista russo Kolovrat, imputato nella Repubblica Ceca per apologia del nazismo e del neonazismo. L'ha affermato Katerina Kohoutkova, Presidente del Tribunale d'Appello.

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Di Fabrizio (del 14/07/2009 @ 09:47:37 in Europa, visitato 1559 volte)

Da Polska_Roma

Cafebabel.com by Andreu Jerez Ríos - Berlino (Images: ©Andreu Jerez); Translation: cafebabel.com, Lydia Bigos 08/07/09

Mentre i problemi della più grande minoranza europea sembrano non finire, la UE vorrebbe offrire qualche speranza nonostante "molte chiacchiere e poca azione". Testimonianze dai Rom europei

Verso la fine di maggio, un gruppo di famiglie rom, circa 90 persone, si accamparono in un parco di Berlino per scappare alla miseria di cui soffrivano nel loro paese, la Romania. Subito scattarono le polemiche - la polizia tentò ripetutamente di sgomberarli e diverse associazioni riportarono la mancanza di rispetto dei diritti umani di base di questi cittadini a pieno titolo della UE.

 (video in inglese: Europe's young Roma speak)

Situazioni simili sono comuni in Europa e colpiscono i membri della comunità rom, che consiste in circa 9/12 milioni di persone. Mentre la UE continua la sua espansione e cerca soluzioni (migliori o peggiori) alle questioni identitarie ed ai problemi sociali che ne sono al cuore, la tematica rom è ancora aperta da discutere. Questo è corroborato da rapporti come quelli di Amnesty International e delle Nazioni Unite. Queste organizzazioni condannano il razzismo e la violazione dei diritti umani che questo gruppo etnico continua a soffrire, e che non sempre riceve una risposta politica convincente.

Incontro di Berlino

Tre settimane prima dell'arrivo a Berlino delle famiglie zingare rumene, un altro gruppo di zingari da tutta Europa si è incontrato nella capitale tedesca, anche se hanno ricevuto un'attenzione totalmente differente. Cinquanta giovani rom ed operatori sociali che lavorano con le organizzazioni giovanili in quattordici paesi europei, hanno partecipato ad un seminario organizzato dall'associazione tedesca "Amaro Drom e Roma Active Albania", con l'appoggio della commissione europea. L'incontro è servito a condividere le esperienze e sottolineare i piani futuri. Parliamo con sei dei partecipanti sui punti di vista generali della gioventù zigana europea, prospettive, paure e speranze.

Hamze Bytyci, 27 anni, tedesco kosovaro, lavora per Amaro Drom

Hamze si sente "metropolitano, europeo e zingaro". Per lui, il futuro della comunità rom ha due uscite. "Ora stiamo facendo i primi passi per migliorare la situazione. E' come la partenza di una rivoluzione pacifica. D'altra parte, sappiamo tutti cosa sta succedendo alla minoranza rom in paesi come l'Italia e la Repubblica Ceca.. Abbiamo bisogno di più fondi e più tempo".

Admir Biberovic, 25 anni, bosniaco laureato in legge

Admir è positivo sul futuro della sua comunità in Bosnia. "Il governo del mio paese è membro del progetto Decennio dell'Inclusione Rom (2005-2015). Cerca l'inclusione della comunità rom europea, dove ha già investito 3 milioni di euro". Admir è ottimista perché ritiene che se qualcuno è persuaso di cambiare qualcosa, è possibile farlo.

Ionut Stan, 24 anni, poliziotto dalla Romania

Ionut si sente Rom perché "non può essere niente altro". E' cosciente del fatto che la sua comunità continua ad essere discriminata, anche se nota una differenza: "Mentre è sicuro che in alcune regioni della Romania le comunità rom sono molto povere, ci sono anche membri della mia comunità che sono molto ben integrati sia nel lavoro che negli studi." Ionut ha ricevuto un'opportunità di lavoro per sei mesi a Bruxelles, quindi apprezza gli sforzi UE. Ionut è ottimista sul futuro: "La vita dei miei figli sarà migliore della mia".

Karolina Mirga, 26 anni, studentessa polacca

"La mia nazionalità ufficiale è polacca, ma nel mio cuore sono zingara - sono una zingara polacca". Karolina ha qualche incertezza sul futuro, ma è consapevole che la sfida "è già iniziata. Forse tra cinquant'anni ci sarà un presidente zingaro negli USA," ride.

Kike Jiménez, 24 anni, operatore sociale spagnolo

Kike lavora nell'associazione Kale dor Kayiko, che ha sede nei Paesi Baschi. Definire la propria identità non è un compito facile: "Uff, è un po' difficile rispondere data la situazione politica nei Paesi Baschi. Se ha ciò aggiungiamo la mia identità gitana, la questione sembra essere un po' complicata. Mi sento ugualmente gitano, basco e spagnolo, e pure europeo." Kike dice che i Rom nel nord della Spagna sono un po' indietro sui temi dell'istruzione, rispetto ai Rom che vivono in altre regioni come la Catalogna, l'Andalusia o Madrid. "Negli ultimi cinquant'anni la società rom è cambiata notevolmente," conclude. "Tra cinquant'anni, penso che saremo dappertutto, dovunque vorremo essere."

Nesime Salioska, 27 anni, coordinatrice dell'associazione rom per l'affermazione multiculturale di organizzazione - SOS di Prilep, Macedonia

Nesime ha un punto di vista piuttosto pessimista: "Molti paesi UE fanno soltanto chiacchiere sulla situazione della comunità Rom, ma non agiscono. Germania e Spagna ne sono due buoni esempi. Parlano costantemente sulla necessità di migliorare la situazione dei Rom negli altri paesi, come la Macedonia. Invece, né la Germania né la Spagna hanno fatto alcun passo concreto per trovare soluzioni ai problemi con le comunità rom nei loro paesi."

 
Di Fabrizio (del 18/04/2011 @ 09:46:29 in Europa, visitato 3123 volte)

Da Bulgarian_Roma

Radio Bulgaria Integrazione dei Rom in Bulgaria - Author: Milka Dimitrova - © Photos: BGNES



08/04/2011 - E' un compito difficile indicare il numero esatto dei Rom in Bulgaria. Secondo il censimento ufficiale del 2001, sono circa 370.000, mentre per le organizzazioni rom, il loro numero raggiunge gli 800.000, o il 10% della popolazione totale. Si aspettano dati più accurati dall'ultimo censimento, svoltosi a febbraio 2011. E' un fatto che i problemi della comunità rom in Bulgaria rimangano irrisolti. L'integrazione rom è stata una questione in Romania per alcuni anni, ma i programmi delle istituzioni sono sviluppati lentamente e non hanno molto effetto

La Bulgaria ha adottato un programma quadro per l'integrazione della comunità rom nel periodo 2010-2020, in accordo con i principi europei per la tolleranza e la protezione dei diritti umani. Il documento delinea le politiche relative alla comunità rom nelle sfere  dell'istruzione, della sanità, dell'alloggio, dell'impiego, ecc. La Bulgaria è stata uno dei primi paesi a partecipare al Decennio dell'Inclusione Rom 2005-2015, assieme a 12 paesi europei. Sullo sfondo dell'invecchiamento della popolazione europea, è la giovane comunità rom che può giocare un ruolo nel risolvere la mancanza di manodopera. E' per questo che il programma bulgaro dedica attenzione speciale all'aumentare i livelli di istruzione e di qualificazione della popolazione rom. Viene riferito che durante gli ultimi due decenni, 10.000 Rom si sono laureati nelle università bulgare. Tuttavia, un gran numero di bambini rom continuano ad abbandonare la scuola, nonostante il fatto che possano ricevere i benefici sociali solo mandando i loro figli a scuola. Ecco cosa dice Deyan Kolev, del Centro per il Dialogo e la Tolleranza Interetnica "Amalipe":

"Il numero dei bambini rom che abbandonano la scuola continua ad essere molto alto. Secondo le statistiche il numero di bambini rom nel primo grado è circa del 23% del totale, ma nell'ottavo grado solo il 7-8% degli studenti sono di origine rom."

Il basso livello di istruzione nella comunità rom causa alta disoccupazione. Un gran numero di famiglie rom campa di prestazioni sociali. Questa è una grande sfida per l'integrazione della comunità rom.



Inoltre le statistiche di sette paesi europei mostrano che i Rom hanno più problemi di salute, legati alle condizioni di vita insalubri. Ecco cosa dice Ilona Tomova, dell'Istituto di Studi sulla Popolazione presso l'Accademia Bulgara delle Scienze:

"Oltre metà dei Rom adulti soffre di ipertensione. Il 30% ha l'emicrania ed il 25% soffre di asma o bronchiti. Un gran numero soffre di artrite e reumatismi, il ché porta a maggiore disoccupazione."

I Rom bulgari partoriscono in giovane età ed il tasso di mortalità infantile nella comunità è il più alto in confronto agli altri paesi UE. Un gran numero di Rom bulgari vive in aree cittadine dove le condizioni di vita sono molto povere. A volte manca anche l'acqua potabile. Il problema rimane grave nonostante il programma nazionale per migliorare le condizioni abitative della comunità rom adottato nel 2006.

E' chiaro che le istituzioni bulgare dovranno fare molti più sforzi per un'inclusione di successo della comunità rom, che ancora si affidano soprattutto sul rapporto finanziario da parte dello stato, che sull'essere collaborativi con i processi di integrazione.

 
Di Fabrizio (del 09/04/2010 @ 09:38:52 in Kumpanija, visitato 2420 volte)

Da Baltic_Roma (interessante ma lunghetto. Potete farcela, lo so)

Roma Buzz Aggregator Bruxelles 10 marzo 2010 - concetti chiave di Ian Hancock  

Al primo incontro della Commissione Europea sul popolo romanì (in tutto il testo si usa il termine romanì per comprendere le varie popolazioni rom, sinte, kalé e romanichals, ndr) nel settembre 2008, il presidente José Manuel Barroso disse "la drammatica situazione dei Rom in Europa non può essere risolta a Bruxelles", e premeva perché quella "non diventasse solo un'altro incontro di chiacchiere". L'unica decisione presa fu di indire un altro incontro. Così ora ci troviamo un'altra volta a Bruxelles, e siamo proprio qui a discutere su come risolvere la drammatica situazione. Non lasceremo niente di irrisolto, continueremo a cercare e forse potremo esplorare nuove direzioni che ci porteranno alle soluzioni che tutti noi cerchiamo.

Prima di iniziare questo incontro molto importante, mi è stato chiesto di condividere con voi alcuni pensieri sull'attuale situazione dei Rom, tanto dalla prospettiva contemporanea che da quella storica, e di fornire alcuni spunti sui principali elementi che dovrebbero essere considerati quando si pianificano le future politiche ed i programmi per l'inclusione dei Rom.

I due decenni passati hanno visto enormi cambiamenti sia per il popolo romanì, che per quanti ci studiano e lavorano con noi. Per molti romanì, questi cambiamenti hanno significato adattarsi un'altra volta a nuovi ambienti tipicamente ostili, cercando sicurezza nel lavoro, nell'istruzione, nell'alloggio e nell'assistenza sanitaria e legale. Per il mondo non-romanì ha significato fare posto ai nuovi arrivati, che si presentano con un bagaglio complesso di stereotipi ed un'eredità di persecuzioni.

Dopo il collasso del comunismo venti anni fa, centinaia di migliaia di Rom dell'Europa orientale si sono riversati verso ovest in cerca di una vita migliore. Per gli occidentali, una colorita ed assolutamente inoffensiva popolazione che era ristretta nell'opinione pubblica a film e libri di racconti, improvvisamente divenne una presenza reale ed evidentemente minacciosa. Questo non ha riguardato la sola Europa occidentale; pure nei paesi d'oltreoceano ci sono stati casi simili, basta vedere la ricezione ostile dei Rom dalla Repubblica Ceca e dall'Ungheria in Canada, per esempio.

Quattro anni fa in Italia c'erano 180.000 Romanì, ma oggi sono meno di un quarto di quel numero. Tra loro, quelli dalla Romania sono meno di 6.000, 4.500 dei quali sono incarcerati, soprattutto per accattonaggio, furto, resistenza ed ingresso illegale (queste cifre - di cui ignoro la fonte - non corrispondono ai dati ufficiali sulla presenza di Rom e Sinti in Italia, ndr). Questi sono, incidentalmente, proprio gli stessi crimini esposti nello Zigeunerbuch di Dillman del 1905, che spianò la strada al genocidio nazista. Non ci sono proiezioni certe di quanti Rom siano ora apolidi attraverso l'Europa, anche se le stime danno un numero di 10.000 in Bosnia, 1.500 in Montenegro, 17.000 in Serbia e 4.090 in Slovenia.

I rapporti rilasciati dall'Agenzia UE per i Diritti Fondamentali lo rendono chiaro in maniera cristallina: il razzismo contro i Rom è dappertutto in crescita attraverso l'Europa. Oggi i Rom sono poveri, marginalizzati, disoccupati e senza casa (o mal alloggiati) come mai in passato. Sono tanto lontani dal vivere la vita di normali cittadini nel loro paese come lo erano prima dell'espansione UE, e vengono fatti paragoni con l'atmosfera della Germania negli anni '30. Negli ultimi due anni, almeno dieci Rom sono stati uccisi - e questi sono solo i casi riportati. Si stima che l'80% degli incidenti di antiziganismo non siano stati denunciati. Le famiglie sgomberate lasciate per strada dopo che i loro insediamenti sono stati demoliti sono particolarmente vulnerabili ad atti di violenza di bande ostili. Sono comuni pestaggi e violenze.

Nel settembre 2001, un lancio d'agenzia della BBC dichiarava che il Consiglio d'Europa "ha lanciato una rovente condanna sul trattamento dell'Europa verso la comunità zigana, dicendo che sono oggetto di razzismo, discriminazioni e violenza... le Nazioni Unite dicono che sono il più serio problema nei diritti umani in Europa." Un editoriale di The Economist nel 2005 descriveva i Romanì in Europa come "in fondo ad ogni indicatore socio-economico: i più poveri, i più disoccupati, i meno istruiti, con la più bassa aspettativa di vita, i più dipendenti dal welfare, i più imprigionati e più segregati." Un rapporto UE la chiamava "una delle più importanti questioni politiche, sociali ed umanitarie nell'Europa di oggi". Siamo a metà nel Decennio dell'Inclusione Rom, ma chiaramente i risultati degli sforzi per arrivare ad un cambiamento devono essere ancora giudicati, e sinora non abbiamo fatto molto bene.

Pure quanti sono passati prima di noi non hanno avuto successo. Stavo leggendo recentemente un rapporto di quarant'anni fa, pubblicato da Studi Sovietici, che descriveva la situazione dei Rom in un particolare paese del blocco orientale. Vi si dice che mentre il sistema aveva creato tutti i prerequisiti necessari per affrontare il "problema Zingaro", quei "prerequisiti" non stavano funzionando. Quel "problema Zingaro" era descritto come "mancanza di comprensione della formula deterministica Marxista" da parte dei Rom, incolpati per aver ereditato le nozioni pre-comuniste del capitalismo e, con una o due eccezioni, gli Zingari erano ancora "mendicanti, ladri, violenti ed un flagello nel paese," cito da un rapporto governativo. Eravamo da rimproverare perché eravamo deliberatamente antisociali aderendo alla nostra distinta identità, dato che come popolo, dicevano, provenivamo dallo stesso ceppo razziale della popolazione non-romanì. Ciò contraddice, tra l'altro, un ministro degli esteri rumeno, che dichiarava pubblicamente non molto tempo fa che la criminalità è una caratteristica razziale, che ci pone a parte dal resto della popolazione. Non soddisfacevamo la definizione di Stalin di nazionalità, sostenevano quei rapporti, perché "non possedevamo né un comune territorio, né una cultura comune ed un unico modo di vita." L'ideologia marxista diede ai Rom un'identità sociale, ma non una etnica.

Quattro decenni di comunismo non sono bastati a risolvere il loro "problema Zingaro", ed altre due decadi che sono passate non hanno compiuto molto. E vero che abbiamo visto un certo numero di cambiamenti positivi, per esempio il governo ceco ha recentemente bandito il Partito dei Lavoratori, in quanto xenofobo ed una minaccia alla democrazia, citando espressamente i suoi attacchi contro i Rom. Ma per ogni passo avanti, c'è chi opera contro di noi. Il governo francese è appena finito sotto le critiche per aver mancato di fornire una sistemazione adeguata ed il diritto di voto ai Viaggianti; il più recente rapporto sulla Svizzera della Convenzione Quadro per la Protezione delle Minoranze Nazionali ha detto che non stava studiando la possibilità di ratificare la Convenzione 169 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro a causa delle preoccupazioni che il trattato potrebbe significare per i Rom; il Canada sta progettando una nuova legge sull'immigrazione che darà al Ministero dell'Immigrazione il potere di dichiarare quale paese sia sicuro in Europa, così da stabilire da quali paesi non possano arrivare i rifugiati. Possiamo prevedere che tutti i paesi UE rientreranno in questa lista, cioè che con la nuova legge i Rom non potranno più chiedere asilo in Canada.

E' quasi prevedibile che qualsiasi rapporto formale sui Rom userà la parola problema; una rapida ricerca che ho fatto il mese scorso su Internet delle parole "problema Zingaro (Gypsy problem nell'originale, ndr)" scrivendo questa presentazione, mi ha ridato oltre 22.000 risultati. Ripeto: una ricerca su Internet delle parole "Gypsy problem" mi ha ridato oltre 22.000 risultati.

Dovrebbe forse essere più apertamente riconosciuto che abbiamo anche un problema gadjo; dopotutto, quei 22.000 risultati su Internet non sono originati con noi. Ma la realtà è che noi Romanì e voi gadjè abbiamo tanti problemi l'un l'altro. E devono essere affrontati [...] proprio come in un matrimonio riuscito le parole chiave sono comunicazione e compromesso.

Vivo, come un numero crescente di Romanì, con un piede in due mondi, e posso identificare diverse di queste tematiche da entrambe le prospettive. Il mondo non-Romanì ci vede come eterni outsider, che non vogliono ancora adattarsi, viventi di furti ed inganni, che tutto prendono mentre non contribuiscono a niente, eccetto forse l'intrattenimento - urlanti, sporchi e con una coda di disordine dietro di noi.

Dal nostro punto di vista, il problema più schiacciante con i gadjé è il razzismo. E' direttamente alla base e sostiene gli altri problemi - quelli della povertà, della disoccupazione, della scuola, della sanità e della casa, e nei diritti umani e civili. La povertà di alcune popolazioni romanì è assolutamente opprimente. Nel 2006 un rapporto della Banca Mondiale diceva "I Rom sono il gruppo a rischio più povero in molti paesi dell'Europa Centrale ed Orientale. Sono più poveri di altri gruppi, più facili a cadere nella povertà, e più facili a rimanere poveri. In alcuni casi i tassi di povertà per i Rom sono dieci volte superiori a quelli dei non-Rom. Una recente ricerca ha trovato che quasi l'80% dei Rom in Romania e Bulgaria vivevano con meno di $4,30 al giorno... persino in Ungheria, uno dei paesi di nuovo accesso più prospero, il 40% dei Rom vivono sotto la linea di povertà." George Orwell scrisse che "il primo effetto di povertà è che uccide il pensiero." Benché vederci come vittime, è un gioco a perdere; dobbiamo usare le nostre capacità per cambiare la nostra situazione, e se non abbiamo queste capacità dobbiamo acquisirle. Infine, dobbiamo contare su noi stessi. Il mondo fuori non risolverà per noi i nostri problemi e se ce lo aspettiamo, sarà una lunga lunga attesa.

Quindi, che fare?

Una gran targa sul muro del mio ufficio recita che L'Istruzione è il Passaporto per la Libertà. Lo credo fermamente, e insisto perché facciamo dell'istruzione la nostra più alta priorità nelle discussioni che seguono qui a Bruxelles. Non elaborerò sulle questioni più pesanti che provengono dal razzismo, la soluzione verrà una volta che adeguati programmi educativi verranno progettati ed applicati. Così come questioni riguardo il lavoro e la casa esistono a causa del razzismo, la loro soluzione arriverà attraverso l'istruzione. E non parlo semplicemente di educare il popolo romanì, ma anche la popolazione non romanì.

Ho puntualizzato recentemente in una pubblicazione che la vaghezza riguardo l'identità romanì ha permesso la manipolazione con indifferenza di chi ci è estraneo, e questo mi porta al punto focale del mio discorso [...]. Se avessimo saputo chi siamo, e avessimo avuto la possibilità di essere ascoltati, avremmo potuto dire la nostra su come siamo ritratti. Se un giornalista vuol dire che siamo originari dell'Egitto, come è successo di recente, chi siamo noi per dire che non è così, e cosa diremmo per correggerla, e dove mai sarebbe ascoltata e conosciuta questa protesta? Abbiamo perso noi la nostra storia molti anni fa così non possiamo raccontarla, ed il mondo non-romanì non si tirato indietro nel fornire varie identità al posto nostro. Non credo che potremo fare la storia se non ne conosciamo la nostra; Alain Besançon ha detto che "un uomo senza memoria è assolutamente plasmabile. E' ricreato in tutti i momenti. Non può guardarsi indietro, neanche sentire una continuità con sé stesso o preservare la sua identità." Finché i racconti sugli Zingari influenzeranno i giornalisti ed il ritratto romanzesco che ne consegue, finché gli esperti dell'ultimo momento nei media saranno fiduciosi di poter scrivere senza nessun controllo, finché la loro immaginazione avrà le briglie sciolte, continueremo ad "essere ricreati ad ogni momento," come dice Besançon, senza mai il controllo della nostra identità.

Senza istruzione non possiamo essere articolati, manchiamo di una voce abbastanza forte. Ci lamentiamo, ma non siamo uditi. Ci recente cinque membri dell'Alleanza Civica Rom presenti ad una conferenza sui Rom a Bucarest, sono stati allontanati quando hanno criticato l'inazione del governo. La loro voce è stata soffocata. Senza istruzione non possiamo dire chi siamo e da dove veniamo, e come abbiamo avuto la forza e la determinazione di sopravvivere a secoli di persecuzioni, schiavitù e genocidio ed essere ancora qui. Quando avremo i nostri educatori, avvocati e dottori, non avremo più bisogno di appoggiarci al mondo esterno, e di andare dai gadjé con le mani protese. Fintanto continueremo a farlo, non saremo mai rispettati. A tal riguardo, non vogliamo che i non-romanì ci amino, ma vogliamo il loro rispetto.

I programmi di studi per i Rom devono essere pianificati con attenzione. Promuoveranno l'integrazione o l'assimilazione? Le generazioni più anziane saranno confortate nel sapere che non si tratta di convertire i loro figli in gadjé, cosa che è la grande paura tra i Romanì d'America. A sua volta, la formazione sui romanì nelle scuole pubbliche deve presentare la nostra storia e cultura in maniera uniforme.

Ho già menzionato i media. Mentre potrebbero essere un potente alleato, sono assolutamente l'opposto. Un quarto di secolo fa Kenedi Janós scrisse "i media di massa, in maniera velata, e spesso esplicita, incitano l'opinione in una direzione anti-zingara." I giornali disseminano regolarmente opinioni spacciandole per notizie. I giornali plasmano la mente delle persone. Creano attitudini. Quando il più grande quotidiano rumeno, Evenimentul Zilei, scrisse che "Si ritiene che gli Zingari siano geneticamente inclini a diventare criminali" ripeteva le ragioni di Hitler per lo sterminio dei Romanì nel III Reich. Quando un altro giornale rumeno, Cronica Romana, avvisa i clienti a non fare affari con un venditore perché "il colore della sua pelle" è indicativo del suo essere "poco credibile", il messaggio è chiaro. E questa non è un'attitudine ristretta alla sola Europa centrale e orientale. In Inghilterra titoli come "Zingari! Non potete entrare!" dal Sunday Express o quello del Sun "Quanto tempo prima di mandarli fuori a calci?", per esempio, hanno infiammato l'ostilità pubblica e segnato l'opinione pubblica con l'antiziganismo. Sono rimasto scioccato nell'apprendere che la Foreign Press Association ha appena premiato la produzione della BBC "Bambini Zingari Ladri" col Media Award per la miglior Storia Televisiva dell'Anno. La mossa irresponsabile da parte della BBC, nel trasmetterlo per la seconda volta nonostante le proteste delle organizzazioni romanì in seguito alla prima proiezione sei mesi fa, a cui la Foreign Press Association ha replicato che lo scopo di "aumentare la comunicazione e la comprensione tra le ricche diversità delle culture di questo mondo e la comunità globale" è un travisamento. Dal documentario non arriva nessuna comprensione della situazione di quei bambini, ed in nessun modo ha presentato la nostra "ricca cultura". Invece ha aiutato a rafforzare ancora di più la crescente romafobia in Bretagna, il paese dove sono nato, assicurando nuovi titoli d'odio nei giornali. Il documentario è stato presentato anche in Italia ed in Belgio, e sono arrivate proteste dal Centro Belga per l'Uguaglianza e dall'Autorità di Supervisione dei Media per gli Audiovisivi del Belgio.

Anche la stampa d'intrattenimento può perpetuare stereotipi, come solitamente quelli di romanzesco, di magico e mistero. Due titoli recentemente pubblicati sono quello di Sasha White "Cuore Zingaro"; leggo sulla copertina: "Può un uomo piegato alla sedentarietà convincere una donna dallo spirito libero... a rischiare il suo Cuore Zingaro? Attenzione: questo libro contiene immagini esplicite di sesso con linguaggio contemporaneo," e quello di Isabella Jordan "Zingari, Vagabondi e Calore: un'Antologia del Romanzo Erotico", che recita ai lettori: "Perdetevi negli occhi scuri e nella sfera di cristallo di un amante zingaro!"

Anche i film presentano i Romanì in maniera negativa, soprattutto quelli di intrattenimento. Ora con Il Lupo Mannaro, un anno fa guardavamo Drag Me to Hell e prima Thinner. La prima esperienza con gli Zingari dei miei studenti fu attraverso la versione disneyana del Gobbo di Notre Dame. Su internet c'è un link apposta per "Film zingari maledetti (Gypsy curse movies, ndr)", e digitandolo su Google ritorna oltre 64.000 risultati.

Mentre nel documentario della BBC c'era un rapido riferimento alle vergognose esperienze provate dai Rom nell'Europa di oggi, non è stato fatto nessun tentativo o analisi per spiegare come si sia arrivati a questa situazione, nessuna spiegazione della profonda eredità psicologica che i Rom rumeni hanno ereditato da 550 anni di schiavitù, a dire il vero neanche una menzione a questa schiavitù, quando sono stati gli ex schiavisti a ricevere un indennizzo dal governo per la loro perdita, quando non è stato creato nessun programma per aiutare l'integrazione degli ex schiavi romanì, non istruiti e senza un soldo, nella società libera. Non c'è menzione in quel documentario neanche al fatto che dopo l'Olocausto i sopravvissuti romanì al genocidio ritornarono dai campi senza alcun aiuto, senza indennizzi di guerra, a ricostruire le loro vite frantumate in un mondo ostile dove le leggi contro di loro erano ancora in vigore.

I Cinesi dicono che l'inizio della saggezza è chiamare le cose col loro nome esatto. Se trattiamo gli "Zingari" come un popolo unico, una "comunità", stiamo semplificando una situazione complessa ed ignorando le grandi differenze che distinguono le differenti popolazioni romanì. A luglio2007, Newsweek International pubblicò una storia intitolata "In tutto il mondo, la gente sta abbracciando la cultura dei Rom", ma naturalmente non abbiamo una singola cultura, e le culture che abbiamo di sicuro non sono abbracciate dai popoli di tutto il mondo. [...] I Kaale finnici ed i Calé spagnoli hanno tra loro più differenze che similitudini; i Romanichals differiscono considerevolmente dai Kalderasha, e così via. Queste differenze sono state usate per negare alle popolazioni romanì qualsiasi identità etnica condivisa, ed invece per usare criteri sociali e comportamentali per definirci. La citazione di prima da Studi Sovietici è un esempio di quel modo di pensare, e tante volte ho ripetuto le parole del sociologo ceco Jaroslav Sus, che osservava come ci fosse "un'opinione assolutamente falsa che gli Zingari formino una nazionalità o una nazione, che abbiano una propria cultura nazionale, una propria lingua nazionale."

Invece di pensare negativamente in termini di identità, sulle cose che rendono differente un gruppo dall'altro, dovremmo pensare a tutto ciò che condividiamo in termini di lingua, cultura ed ascendenza. Dopo tutto, è il patrimonio che abbiamo portato in Europa. Le caratteristiche che ora ci dividono sono state acquisite dal mondo non-romanì.

Torniamo a quelli che secondo me sono i principali punti in questione.

Primo: procederemo guardando ai Rom d'Europa come una popolazione definita etnicamente o socialmente? E' chiaro che sinora si è trattato soprattutto del secondo caso, cosicché Romanì e non-Romanì sono stati solitamente raggruppati assieme, ad esempio dalle varie organizzazioni e festival Rom e di Zingari Viaggianti. Certamente, la causa comune è la ragione perché differenti gruppi lavorino insieme, e se è il caso continuino a farlo. Ma insisto che non è stata fatta abbastanza opera di conoscenza sulla distinzione culturale dei popoli romanì, distinzione di cui si deve tener conto, per esempio, nelle aree dell'insegnamento o della casa. Il fatto è che differenti sottogruppi romanì non sono ansiosi di lavorare tra loro, avendone la possibilità, lasciati soli con gruppi non- romanì che, dal punto di vista romanì, sono dopotutto gadjé.

Se i Rom devono essere guardati etnicamente, ci sono diverse questioni che saltano fuori immediatamente. Difatti, possiamo parlare di UN  popolo romanì? Bene, la risposta è sì e no. Provo a spiegarmi meglio.

Un'origine militare per i Romanì non è una nuova idea, in un secolo e un quarto di ricerche, studiosi come Goeje, Clarke, Leland, Burton, Kochanowski, Bhalla, Courthiade, Mróz, Haliti, Lee e Knudsen hanno concordato su questa ipotesi - l'invasione ghaznavida nel primo quarto dell'XI secolo portò alla fuga dall'India. Il lavoro di Soulis, Fraser, Marushiakova & Popov e più recentemente di Marsh hanno ancora di più dimostrato che fu l'espansione dell'Islam il principale fattore nella migrazione dei nostri antenati dall'Asia all'Europa durante il periodo medievale. Non scenderò qui nei dettagli storici e linguistici, sono presentati in un libro sui miei scritti di Dileep Karanth che a breve verrà pubblicato dall'Università di Hertfordshire. L'importante ora è capire che i nostri antenati non furono mai un popolo unico con un'unica lingua quando lasciarono l'India, ma includevano diverse componenti etnolinguistiche.

Altrove ho argomentato che come la nostra lingua, la nostra identità come Rom proviene dal periodo sedentario anatolico, lo status preciso di Indiani e la varietà dei linguaggi si cristallizzarono nella lingua e nel popolo romanì, particolarmente sotto l'influenza dei Greci bizantini. Non c'erano "Rom" prima dell'Anatolia.

Qui vorrei avanzare una prospettiva differente che, ritengo, fornisca un'alternativa di comprensione alla questione dell'identità, e sul perché la questione dell'identità confonda giornalisti e sociologi, e perché ci causi così tanti problemi.

Alla luce dei dettagli delle nostre origini e della nostra storia sociale condivisa o meno, bisogna trarre alcune conclusioni: Primo, che si tratta di una popolazione composita sin dall'inizio, che allora venne definita in base all'occupazione piuttosto che sull'etnia; Secondo, che mentre le componenti originarie - linguistiche, culturali e genetiche - sono tracciabili in India, essenzialmente costituiamo una popolazione che ha acquisito la sua identità e lingua in Occidente (accettando l'Impero Bizantino, cristiano e di lingua greca, come culturalmente e linguisticamente "occidentale"), e Terzo, che l'ingresso in Europa da quella che attualmente è la Turchia non avvenne come un popolo singolo, ma attraverso diverse migrazioni più piccole e forse in un intervallo di due secoli. Questi fattori combinati hanno creato una situazione in un certo senso unica, siamo cioè una popolazione di origine asiatica che ha passato essenzialmente l'intero periodo della sua esistenza in Occidente. Siamo il proverbiale pezzo quadrato che si tenta di infilare in un foro rotondo.

Visto che la popolazione era frammentata e si spostava in Europa nello stesso periodo in cui emergeva come identità etnica, non c'è senso di essere mai stati un popolo singolo ed unificato in un posto in determinato periodo. Possiamo parlare di "centro di ritenzione diretta" consistente di fattori genetici, linguistici e culturali tracciabili dall'Asia ed evidenti in misura maggiore o minore in tutte le popolazioni che si identificano come romanì, ma dobbiamo anche essere coscienti che tutte queste aree sono state aumentate attraverso il contatto coi popoli e le culture europee, e sono gli accrescimenti posteriori che rappresentano le differenze a volte estreme tra gruppo e gruppo.

Per qualcuno, la cultura romanì "pura" è stata praticamente diluita, talvolta da deliberate politiche governative come in Ungheria o Spagna nel XVIII secolo, anche se tali popolazioni sono nondimeno guardate come "zingaresche" dalla società maggioritaria sulle basi di apparenze, vestiti, nomi, occupazioni e stazionamento e come tali trattate, senza avere una tradizionale comunità etnica in cui cercare rifugio. All'estremo opposto sono le popolazioni romanì di numeri sostanziali, come i Vlax o i Sinti, che vigorosamente mantengono lingua e cultura e che a causa di ciò sono tenute fuori dall'accesso alla società europea maggioritaria. A causa di questa, non esiste una soluzione educativa unica buona per tutti i gruppi. Abbiamo bisogno di programmi specifici per gruppo - nel quadro delle più ampie specifiche nazionali.

Mentre questi forniranno la conoscenza di un'origine comune e della storia precedente, e spiegheranno le nostre differenze, non devono intendersi per unire tutti i gruppi in uno. Resta da vedere quale tipo di relazioni creeranno, ma idealmente dovrebbe ottenersi una sorte di comunanza - nei numeri c'è la forza.

Il secondo punto che vorrei fosse discusso riguarda i danni psicologici dovuti alle persecuzioni - non soltanto la paura che i Rom vivono giornalmente in molte parti, paura che ha effetti tanto mentali quanto fisici, ma il danno psicologico più profondo che la storia ha modellato. Non credo che vi sia stata data la dovuta attenzione. Nel 988 in Austria, nell'anniversario dell'Anschlüss, i sopravvissuti romanì raccontarono al reporter del London Times di essere ancora tormentati dalla paura delle ricorrenti persecuzioni naziste. Ci sono storie di isolate famiglie romanì nell'estremo est d'Europa che credono che i nazisti siano ancora al potere.

Alcuni Romanì pagano altro, un'eredità più pesante - una prospettiva di vita trasmessa da centinaia d'anni di schiavitù. Per oltre cinque secoli, i Rom Vlax non hanno avuto alcun potere decisionale. Questo ha creato un punto di vista che vede la situazione di Roma creata da chi non lo è, ed avendo questi generato il problema, sono a loro volta responsabili del trovare una soluzione. Non avendo autonomia interna o potere di risolvere i problemi, gli schiavi dovevano rivolgersi ai gadjé per ogni cosa. Se, per secoli, un popolo ha vissuto in una società dove ogni singola cosa, incluso cibo, vestiti e persino la/lo sposa/o era fornito dall'esterno, a discrezione del padrone, e l'ottenere qualsiasi extra, favori inclusi, dipendeva dal rapporto con quel padrone, si installa così il presupposto che è così che si sopravvive nel mondo. E mentre la schiavitù è stata abolita da un secolo e mezzo, sopravvivono rimasugli di quel modo di pensare. Non solo l'assistenza ed i beni materiali sono ricercati all'esterno piuttosto che nella comunità, ma anche il coltivare contatti utili ed influenti fuori dal mondo romanì è una priorità, e diviene un segno di prestigio. Uno può diventare il leader ella sua comunità su questa semplice base. Questo modo di pensare non incoraggia l'auto-determinazione o l'iniziativa personale, ma prima di essere individuato e cambiato, dev'essere compreso.

Per finire vorrei dire qualcosa su quanti talvolta sono chiamati pasaxèrja in Vlax americano. E' una parola che significa "passeggeri" e si riferisce non a quanti genuinamente vogliono lavorare con noi e ci aiutano nel cambiamento - sono benvenuti - ma invece a chi si è attaccato al carrozzone dell'Industria Zingara, chi ne ottiene un guadagno, scrive una o due cose su di noi quando l'argomento è scottante, e poi sparisce. E' gente che non ci conosce socialmente, e non ha comprensione sulla mentalità o cultura romanì. L'autore di uno dei più quotati lavori sull'etnopolitica dei Rom dell'Europa Orientale, ora dice nell'introduzione del suo libro "Non amo molto gli Zingari", un altro libro altrettanto di alto profilo sul trattamento dei Rom nell'Olocausto include le parole secondo cui noi siamo "con poche eccezioni, un popolo pigro, bugiardo, ladro e straordinariamente sordido...gente eccessivamente sgradevole da avere intorno". Questo tipo di persone servono a se stesse, prendono ma non danno niente. Parliamo anche di cosa fare a tal proposito.

 
Di Fabrizio (del 16/08/2008 @ 09:37:30 in Europa, visitato 3296 volte)

Da Roma_ex_Yugoslavia

IPS By Vesna Peric Zimonjic

BELGRADO, 12 agosto (IPS) - Alcune settimane fa, la Serbia ha dato l'addio al cantante folk Saban Bajramovic, morto per arresto cardiaco all'età di 72 anni nella città meridionale di Nis. Con un gesto insolito, il Presidente serbo Boris Tadic ha partecipato al funerale, dando l'ultimo tributo al "Re della Musica Zingara"

Ma la presenza del Presidente non è stata l'unica cosa insolita.

"E' triste che (Bajramovic) se ne sia andato," ha detto a IPS Osman Balic, attivista Rom. "Ma è anche un miracolo che sia vissuto così a lungo. Sono sicuro che nella sua città natale di Nis non ci sono Rom di quell'età." Si ritiene che a Nis vivano 25.000 Rom.

I Rom sono un popolo che migrò in Europa dall'India sin dal XIV secolo. Si stima che 12 milioni vivano in Europa, affrontando deprivazioni e discriminazioni.

Secondo gli studi di diversi gruppi Rom per i diritti umani, soltanto un Rom serbo su 60 vive sino al 60° compleanno, e molti non superano l'età di 50.

"La più corta aspettativa di vita è tra i riciclatori di materiali, (un commercio) popolare tra i Rom come mezzo per sopravvivere," ci ha detto Balic. "La loro aspettativa di vita è di circa 45 anni, causa le condizioni estremamente dure che li circondano."

La Serbia ha recentemente assunto la presidenza del "Decennio dell'Inclusione Rom", l'iniziativa internazionale volta a migliorare lo status dei Rom tra il 2005 e il 2015. Nove paesi sono stati coinvolti nel progetto - Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Macedonia, Montenegro, Romania, Serbia e Slovacchia.

Il mese scorso, si è aggiunta l'Albania, mentre la Bosnia-Herzegovina e la Spagna stanno per farlo. La Slovenia ha la posizione di osservatrice.

Gli sforzi sono centrati sul miglioramento delle condizioni socio-economiche di questo gruppo altamente marginalizzato, con punti prioritari all'istruzione, impiego, sanità ed alloggio.

"Non c'è bisogno delle statistiche per vedere la povertà che prevale tra i Rom," ha detto il vice Primo Ministro Bozidar Djelic in una recente conferenza stampa. "Ci sono 593 insediamenti Rom attorno alle grandi città della Serbia, senza nessuna infrastruttura o normali standard di vita."

Djelic ha detto che il nuovo governo che ha assunto la direzione in luglio vorrebbe assegnare 500 milioni di dinari (10 milioni di dollari) invece dei 2,4 milioni programmati in precedenza, per misure per migliorare le condizioni di vita dei Rom.

Ma la Serbia, come molte altre nazioni dell'ex Yugoslavia, non conosce il numero esatto dei Rom nel paese. La Serbia ha una popolazione di 7,5 milioni. Il censimento del 2002 pone il numero dei Rom in 108.000, ma Djelic puntualizza che si ritiene che solo un Rom su tre ammette di appartenere a questo gruppo etnico.

In Bosnia-Herzegovina, il censimento del 1991 contava 6.868 Rom tra la popolazione anteguerra di 4,3 milioni. Ma secondo il Comitato per i Rom interno al Consiglio nazionale dei Ministri (governo federale), il numero è vicino a 70.000.

Il censimento 2001 in Croazia trovò 9.463 Rom su una popolazione di 4,4 milioni. Le organizzazioni Rom dicono che il numero reale è tra 30.000 e 40.000, e la maggior parte non ha una fonte permanente di reddito.

I gruppi locali dei diritti hanno patito un colpo a luglio quando la Corte Europea dei Diritti Umani ha stabilito che la Croazia non discriminava gli studenti Rom mettendoli in classi separate di solo Rom, pratica frequente nei Balcani.

"Questa regola potrebbe avere un impatto su molti paesi in Europa," ha detto Anita Danka del Centro Europeo per i Diritti dei Rom alla belgradese B92 RTV. "La Corte non è stata capace di vedere che l'istruzione segregata può avere una varietà di manifestazioni, inclusa la segregazione nelle scuole principali."

La segregazione esiste anche in Serbia, dove i bambini Rom per decenni sono finiti in scuole speciali.

Le statistiche del Centro Informazione Rom mostrano che il 60%  dei Rom lasciano la scuola all'età di 10anni. Soltanto il 4% dei bambini Rom in Serbia hanno frequentato la pre-scuola o gli asili.

La nascita di solito non viene registrata, dicono gli attivisti. La Serbia il mese scorso ha lanciato una campagna per fornire documenti ai Rom.

"La linea di tendenza è la politica di fornire un'esistenza decente per i Rom dopo molti anni di negligenza," ha detto Luan Koka dell'Organizzazione della Stategia Nazionale per i Rom a IPS. (END/2008)

 
Di Fabrizio (del 12/03/2009 @ 09:36:44 in media, visitato 2371 volte)

Da Roma_Daily_News

Romedia Foundation, un'organizzazione civile di Budapest (www.mundiromani.com), e Amnesty International (www.amnesty.hu) hanno promosso una campagna video sulle donne rom col supporto di Duna Television (www.dunatv.hu) e del Decennio dell'Inclusione Rom (www.romadecade.org).

 (in ungherese ed inglese)

Lo spot di 4', prodotto per il Giorno Internazionale della Donna 2009, presenta flash della storia personale di cinque attiviste rom per i diritti umani di tutta Europa, assieme a filmati degli insediamenti rom nel continente. In questi periodi di crisi, dove la coesione sociale è gravemente messa in pericolo dalla moltiplicazione di atti di estrema violenza contro i Rom in Ungheria e altrove, la campagna esorta il pubblico a rispettare i Rom in tutta la loro complessità.

Una versione ungherese di 30" dello spot [è stata] trasmessa dal 6 all'11 marzo 2009 su centinaia di schermi pubblici in Ungheria.

Directed by Csaba Farkas and Katalin Bársony
Music by Babos Project Romani
Lyrics by Ágnes Daróczi

Contact:
Katalin Bársony – Romedia Foundation
+36 30 532 84 21
katalin.barsony@mundiromani.com

Marion Kurucz – Romedia Foundation
+36 30 906 68 67
marion.kurucz@mundiromani.com

www.mundiromani.com

 
Di Fabrizio (del 04/02/2006 @ 09:35:34 in Europa, visitato 2387 volte)

Questo articolo è parte del rapporto che accompagna il programma di Media Diversity Institute (Londra) e BETA news agency: “Vedere i Rom senza pregiudizi”, nel quadro del Decennio dell'Inclusione Rom.

 

By Zoran Kosanovic

Zingara schifosa, guarda cos'hai combinato!” l'infermiera urlava contro Olgica Jasarevic, una Romnì al nono mese di gravidanza. La signora Jasarevic era nell'ospedale di Nis in attesa di controlli, sdraiata su un letto in preda ad un'emorragia.

Avevo paura e così non ho detto niente, ma quando è arrivato il dottore gli ho raccontato cos'era successo. Si è scusato e ha detto che non sarebbe più accaduto.” La signora Jasarevic ha descritto l'infermiera come una donna dai capelli rossi e corti, ma nessuna azione è stata presa.

La spiacevole esperienza di questa donna, è una delle conferme delle discriminazioni contro i Rom del servizio sanitario. I dati riportano anche che la percentuale di mortalità tra i Rom tra i 30 e i 40 anni, è del 24% superiore a quella cittadina.

Il personale medico ha diversi tipi di approccio verso i pazienti Rom. Molti li insultano o rifiutano di fornire assistenza medica,” conferma Marija Demic, ricercatrice del Centro Diritti delle Minoranze, che ha compilato un rapporto sui Rom e l'accesso ai servizi sanitari di Nis.

Osman Balic, attivista Rom del locale centro Yorum, ha un'opinione differente: riconosce che il sistema sanitario di Nis discrimina i Rom nei confronti degli altri abitanti, ma ritiene che il vero problema siano le misere condizioni di vita: “La situazione degli insediamenti rom è un pericolo costante per loro stessi e per gli altri cittadini. Occorre che lo stato intervenga”.

Demic a sua volta conferma le cattive condizioni di partenza come una delle cause, ma insiste sul fatto che i Rom non siano coperti dal servizio sanitario al pari del resto della popolazione. Aggiungendo che sono i bambini e le donne incinte quelle nella peggiore situazione.
In molti casi abbiamo ragazze incinte a 16 anni, che trascorrono tutto il periodo di gravidanza senza controlli medici. I partners raramente conoscono qualcosa sulla contraccezione. Non sono a conoscenza delle malattie trasmesse sessualmente, incluso l'HIV. I bambini non vengono visitati e quindi neanche vaccinati.”, sempre secondo il rapporto del Centro Diritti delle Minoranze.

Le Romnià che provano a cercare soluzioni a questa situazione, sono malviste dalle stesse persone a cui si rivolgono in cerca di aiuto. Quando Danijela Zekic, che aveva già tre figli, andò in farnmacia per informarsi sull'uso della pillola, la farmacista scoppiò in una risata. “Sono andata in farmacia con un'amica. Non c'era nessuno, solo noi due e la farmacista, una bella signora coi capelli scuri. Le ho chiesto cosa cercavo e lei è sbottata: “Sai cos'è la pillola contraccettiva? Da non credere. Pensavo che voi zingari non sapeste niente di contraccezione.” Shoccata, non le risposi. Presi le mie pillole ed uscii” ci dice.

Discriminazione? Non è proprio così. Conosco centinaia di casi dove gli infermieri hanno fatto più del dovuto per un Rom. E' una parola troppo grossa per il sistema sanitario. Critico piuttosto che le riforme che dovrebbe permettere l'accesso a una fascia più ampia di cittadini, progrediscano troppo lentamente”, dice Osman Balic.

Commentando un evento menzionato dal rapporto: un reclamo che dichiarava che il pronto soccorso si era rifiutato di inviare personale paramedico all'accampamento di Crvena Zvezda, dove un uomo era immobilizzato dal mal di schiena: “Il rapporto non accenna al fatto che l'accampamento è a diverse centinai di metri dal centro medico, e l'uomo avrebbe potuto cercare assistenza per conto proprio.”

Non tutti i Rom di Nis sono dello stesso avviso. I rifugiati dal Kosovo, come pure quelli rimpatriati a forza dalla Germania, sono in una situazione ancora peggiore. “La maggior parte di loro cerca sistemazione nei quattro campi disponibili. Molti non sono registrati come residenti e quindi non hanno diritto all'assistenza medica, oppure a rivolgersi all'ufficio di collocamento o di mandare i figli a scuola.” dice Marija Demic.

Lei ritiene che il governo locale dovrebbe sviluppare un piano d'azione per far partire un servizio sanitario destinato alle comunità rom, elencando i benefici. “E' anche necessario munire ogni accampamento di un coordinatore, perché i suoi abitanti esercitino il diritto alla sanità”, e poi aggiunge che il gradino successivo sarebbe la formazione del personale medico nel trattare adeguatamente i pazienti Rom.
Il censimento del 2002 indicava in 250.518 gli abitanti di Nis, tra cui 5.687 Rom. I Rom ritengono invece che il loro numero sia vicino ai 20.000. Al Centro Diritti delle Minoranze specificano che molti Rom evitano di indicare la proprie etnia, per paura della discriminazione e dei pregiudizi. Sait Balic, lui stesso Rom, dice che sono circa 2.000 quelli rimpatriati forzatamente dalla Germania. A sua volta, Dragoljub Djordjevic, docente di sociologia, afferma nel suo studio “Vivere con i Rom”, che loro risiedono da secoli nell'area di Nis.


(BETA/MDI)e stresses.

 
Di Fabrizio (del 17/07/2008 @ 09:32:27 in musica e parole, visitato 1957 volte)

Da Roma_Daily_News

La diversità culturale è MISTO alla seconda edizione di IRAF

L'Associazione Culturale TURN vi invita a raggiungerci al Cinema Estate in Romania, Timisoara tra il 6 e il 10 di agosto e diventare parte di un enorme fenomeno interculturale. La seconda edizione del Festival di Arte Romani Internazionale - Misto, organizzato sotto l'egida del "Decennio dell'Inclusione Rom 2005-2015" e dell'"Anno Europeo del Dialogo Interculturale Apre i suoi Cancelli".

Come l'anno scorso, IRAF vi porta musica, danza, teatro, film, fotografia, spettacoli pirotecnici e laboratori, presentazioni di libri, fiere artigiane, attività informative, attività per bambini e attività per incarcerati, in un evento che riunisce oltre 150 artisti di origine Rom ed oltre da Romania, Spagna, Ungheria, Francia, Serbia, Repubblica Ceca. Soprattutto, quest'anno una sfilata di venticinque capi di moda e chef ungheresi che vi aspettano con una ciotola di gulash zingareschi pieni di vapore.

I 15 concerti presentano il fenomeno musicale zigano dai suoni dell'antica tradizione alle ultime tendenze: spoon knocking, beatbox, hip-hop, drum and bass, jazz, fanfara, musica classica e flamenco.

  • Boban Marcovic (Serbia), conosciuto come il miglior suonatore di tromba dei Balcani;
  • Puerto Flamenco (Spagna), vincitori di numerosi premi e partecipanti ai più importanti festival di flamenco nel mondo;
  • Félix Lajkó (Ungheria), uno dei più complessi artisti dall'Ungheria;
  • Kal (Serbia), la banda Rom più cool dai sobborghi di Belgrado;
  • Karavan Familia (Ungheria), uno dei nomi più importanti della scena musicale mondiale zingara;
  • Marius Mihalache, "il maestro del cimbalo" ed Ovidiu Lipan Tandarica, "il miglior percussionista Rumeno di tutti i tempi" (Romania);
  • Amaro Del (Serbia);
  • Balkan Fanatic (Ungheria), un originale progetto che inietta il synth-pop, l'hip-hop e la musica elettronica nei suoni tradizionali dell'Est Europa;
  • Gipsy.cz (Repubblica Ceca), l'unica banda zingara hip-hop conosciuta internazionalmente;
  • DJ Click (Francia), promuove un suono autentico che combina la febbre balcanica con l'energia della musica elettronica;
  • Estelle Goldfarb (Francia), il violinista che rompe le barriere tra la musica tradizionale e quella moderna;
  • DJ Vasile (Shukar Collective), uno dei padri fondatori della musica elettronica in Romania;
  • Dj Leizaboy (Romania), Dj K-lu (Romania), Colombo de Niro (Romania),  il più nuovo progetto jazz a Timisoara.

Suona MISTO, non è vero?

Sponsors: Open Society Institute – Budapest, National Agency for the Roma, The Administration of the Cultural Fund, The National Agency for Supporting Youth Innitiatives, The National Youth Authority.

Partners: Banatul Philharmonic, The Maximum Security Penitentiary in Timisoara, Resita Volunteer Center, OSUT, The Students' Cultural House in Timisoara, The National Alliance of the Students' Organizations in Romania, The German Cultural Center in Timisoara, The Resource Center for Ethnocultural Diversity, The Students' Cultural House in Resita, Cesky Rozhlas (Czech Radio).

Media partners: Radio Guerilla, TVR timisoara, 24 FUN, Suplimentul de Cultura, Sunete, Alternativ, Dor de duca, 4elemente – Apollo, Cesky Rozhlas (Czech Radio), Port.ro, studentTM

Questa è l'amicizia di uno splendido inizio!

 
Di Fabrizio (del 27/12/2009 @ 09:31:41 in casa, visitato 2383 volte)

Da Bulgarian_Roma (lunghetto, magari leggetelo a puntate se avete qualche giorno di pausa. Un bigino su case e sgomberi)

TOLblog.org 18 dicembre 2009

I bulldozer di Burgas

Mentre state leggendo queste righe, si sa già che le case rom nel quartiere "Gorno Ezerovo", dove era programmata la demolizione, sono già state abbattute. Nello stesso giorno i media hanno dato fiato a materiale sensazionalista sulla rivolta rom, catene umane e pietre lanciate ai bulldozer ed ai poliziotti. Sono circolate voci su foto di Rom arrabbiati e che svenivano. E poi basta. La sensazione è rientrata. Non è stato scritto o sentito niente sui giorni seguenti e su dove la gente, che aveva perso la casa, passasse la notte e su cosa succederà a loro nel futuro.

Qualche giorno prima che i bulldozer entrassero nel quartiere di Burgas, gli ultimi giorni soleggiati dell'estate, parlavamo col capo dell'unica OnG rom funzionante nella città costiera - Mitko Dokov.

"Stiamo organizzando i cittadini di Gorno Ezerovo in comitato. Vogliamo spedire una lettera aperta al sindaco, al governatore ed al Primo Ministro. Questo atto avventato, se non fermato, dev'essere differito. A causa di ciò molta gente è nel panico" - sono state le parole con cui il capo del locale consiglio rom ci ha salutato.

Nel quartiere Gorno Ezerovo vivono circa 2.000 persone. La maggior parte di loro sono locali e non migranti, contrariamente a quanto dicono le autorità. Abbiamo appreso da Dokov che non più di dieci famiglie provengono da altri posti e si sono poi installate qui. La maggior parte del terreno è di proprietà municipale, il resto appartiene a privati. Nessuno dei residenti sa su quale tipo di proprietà hanno costruito la loro casa.

Il quartiere rom fu abbandonato dallo stato e dalle autorità municipali dopo il 1989. Ce se ne ricorda solo prima delle elezioni. E subito dopo ce se ne dimentica. Cosa vi succede all'interno, se viene fatta rispettare la legge, come vive la gente, come sono le infrastrutture, non importa a nessuno. La portata delle autorità di solito finisce quando inizia un quartiere rom. Possono fare quel che vogliono, fintanto che dura il loro mandato, sembra essere la filosofia del governo in questo caso. E così attraverso gli anni, lasciati a loro stessi, i Rom si sono presi cura da sé dei loro problemi. Quando in una famiglia, che vive in una casa di una stanza, un figlio si sposa, aggiunge alla casa una o due stanze. Non c'è nessuno a dire di no, lui conosce tutti i suoi vicini, e lo stato è assente. E' così in quasi tutti i quartieri rom nel paese. E così i Rom vivono alla loro maniera, fino a ché qualcuno ha un problema con ciò. Allora ritorna la legge con tutta la sua forza sulla testa delle persone, che per decenni hanno vissuto nelle loro case costruite illegalmente.

Durante la notte dopo il nostro incontro con Dokov la pioggia si è intensificata ed è continuata il giorno seguente. La mattina dopo abbiamo visitato il quartiere. Per strada non c'era nessuno. In un caffè abbiamo trovato quanti avevano ricevuto una notifica di demolire volontariamente le loro case o di aspettare che provvedessero i bulldozer l'indomani, 7 settembre.

Tra la gente radunata nel caffè, c'erano il vacillante Isako di 84 anni, che ha vissuto nel quartiere per oltre 50 anni, Guesa, 64 anni, Anguel, che ha quattro figli ed ha promesso di darsi fuoco, Mirka, madre di dieci figli, Galabina, che vuole comperarsi il terreno e installarvi casa sua. "Il terreno costa molto e vogliono mandare via i Rom. Dicono che siamo migranti da Sliven o da Kotel, ma non è vero. Ho vissuto qui per 46 anni" - strabuzza gli occhi un anziano. Un giovane dice di avere 26 anni e che è nato nella casa che sta per essere demolita. Mirka stropiccia la notifica che ha ricevuto un paio di giorni fa e chiede dove potrà andare a vivere quando le sue due stanze saranno rase al suolo. Il termine di sgombero è vicino, che significa che lei ed i suoi bambini stanno per diventare senza casa. Le donne anziane piangono. Anche i giovani sono alterati.

Nella prima fase le famiglie ricevono lettere dal Direttorato Regionale per il regolamento edilizio (RDNSK) con indicato il termine per la demolizione volontaria. Se questa non avviene a tempo, segue la demolizione forzata. Le case che devono essere abbattute sono 54. In ogni casa abitano almeno cinque persone, il che significa che oltre 250 uomini, donne, bambini ed anziani non avranno un riparo per l'inverno.

"Venite a vedere se le case sono insicure come dicono le lettere. Fotografatele!" ci richiama un giovane sotto la pioggia. Per le strade fangose abbiamo camminato sino ai margini del lago. Come in qualsiasi quartiere rom ci sono sia grandi case solide che baracche, costruite in uno  due giorni. "Questa sarà abbattuta. Quella dopo, no. Anche quella a due piani. Guarda qui, hanno cambiato gli infissi di legno con quelli in alluminio... Entra in questa casa... Non c'è bisogno di togliersi le scarpe... Vedi come l'hanno arredata? Guarda com'è pulita, anche questa casa sarà buttata giù... Le baracche resteranno intatte, e le case belle verranno demolite. Ed ora dimmi come hanno deciso quali case abbattere e quali rimanere in piedi!" - puntualizza la nostra guida chiedendoci con enfasi.

Secondo le lettere ricevute dai residenti, tutte le case che verranno demolite sono classificate come strutturalmente insicure. Tra le case che la nostra guida ci indicava, ce n'erano di pericolanti come edifici solidi a due piani. Siamo anche passati davanti ad una casa, che era stata parzialmente demolita dai suoi abitanti: "avevano paura che se l'avessero fatto i bulldozer, avrebbero dovuto pagare le spese. E' per questo che hanno buttato giù la causa loro stessi" - ci spiega il giovane.

Torniamo al caffè. Hanno già deciso che quattro rappresentanti del quartiere, guidati da Mitko Dokov e Rumen Cholakov, leader della sezione di Burgas del movimento politico Euroroma, chiederanno un incontro col governo regionale e un deferimento delle demolizioni. E' risultato complicato entrare nella sede dell'amministrazione regionale. Dopo che Mitko Dokov parlò per telefono con l'esperto regionale di etnie e demografia, soltanto a Dokov e Cholakov fu permesso di incontrare il vice governatore regionale. Il deputato Zlatko Dimitrov non è stato informato del caso, perché occupava il posto solo da un paio di mesi. Ha però promesso di portare l'attenzione del governatore sul problema, di esaminare completamente la situazione, vedere quali azioni siano possibili ed informare i leader rom, entro la fine della giornata, se le case sarebbero state demolite o meno la mattina successiva.

Nel frattempo in comune abbiamo parlato col vicesindaco Kostadin Markov, responsabile del regolamento su terreni, architettura e costruzioni. Gli abbiamo chiesto sulla sua posizione e se ci fosse un'alternativa per la gente che stava per essere lasciata in strada. Ci ha detto "La posizione del comune è che la legge dev'essere rispettata. Il contendere sono case, costruite due anni fa. Questa gente sa che laprocedura termina con l'eventuale demolizione. Sono soprattutto persone non residenti a Burgas, ma che arrivano da Yambol, Sliven e molti altri posti. Al momento non siamo in grado di offrire loro garanzie speciali. Il comune offre alloggi sociali, ma si deve seguire una procedura particolare ed un periodo d'attesa. Negli ultimi due anni avrebbero almeno dovuto fare richiesta. E' stato spiegato loro, più di una volta. Ora non esiste alcuna procedura straordinaria, o casa disponibile a tal scopo, che il municipio possa offrire loro. Specifico che il municipio di Burgas denuncia le costruzioni illegali, ma è il RDNSK che provvede ad eseguire le procedure di demolizione. Oggi o domani, a seconda delle condizioni atmosferiche, ritengo che le case saranno demolite."

In questo caso, l'unico obbligo dell'amministrazione municipale è di preservare le proprietà dalle case dopo la demolizione, per cui è stato impiantato un magazzino municipale. Il giorno stesso il Comitato Bulgaro di Helsinki ha inviato una lettera ai media, in cui dichiarava che se le case rom a Burgas fossero state demolite, la Bulgaria avrebbe  violato la Convenzione Europea sui Diritti Umani. Chiedeva inoltre un'azione immediata da parte del governo e del Primo Ministro Boyko Borissov, sia per fermare la programmata demolizione che per trovare un alloggio alternativo ai Rom.

Di ritorno al quartiere la gente ha aspettato sino a sera una telefonata dal vice governatore regionale, nella speranza che la casa non venisse demolita -invano. La telefonata arrivò, ma solo per confermare la demolizione.

La mattina dell'8 settembre è stata interrotta l'elettricità delle case selezionate. Bulldozer e poliziotti sono entrati nel quartiere. Disperatamente, la gente ha cercato di porre fine a questa pazzia. Ma sono stati lasciati senza casa.

Due settimane dopo, di nuovo a Burgas, altre 19 case rom sono state demolite nel quartiere Meden Rudnik.

Il bulldozer di Sofia

Il 15 ottobre, un mese ed otto giorni dopo la demolizione delle case rom nei quartieri di Burgas di Gorno Ezerovo e Meden Rudnik, il bulldozer della legge ed ordine si è riversato anche nella capitale. Quando arrivammo a Sofia nel quartiere di Nadezhda, trovammo il bulldozer al lavoro in uno spazio bloccato al traffico presidiato dalla polizia, in viale Rozhen vicino alla fermata del tram. Sul marciapiede erano ammonticchiati i bagagli e le proprietà degli ex abitanti. Letti smantellati, materassi, reti, tavoli, vestiti in buste di plastica, catini e qualsiasi altra cosa che potesse attirare l'attenzione dei primi pedoni e dei passeggeri del tram. Quelli che erano stati residenti sino alla notte antecedente, stavano in piedi ai margini della zona presidiata e osservavano tristemente la demolizione delle loro case. Causa l'ora mattutina, la mancanza di informazioni o qualche altra ragione sconosciuta, i media non erano presenti.

Ci siamo avvicinati a Trajan e Magda. "Vi sistemeranno da qualche parte?" - chiediamo. "Da nessuna parte. Staremo per strada." - E' stata la lapidaria risposta di Magda. Trajan aveva più voglia di parlare. Hanno vissuto qui per 19 anni. 30 persone condividevano una casa con quattro stanza e due piccole unità aggiunte nel cortile. Tra loro ci sono donne in attesa e bambini malati, che sono ora nelle case vicine. Non sanno dove passare la notte. Nessuno ha un lavoro stabile. "Quest'uomo è il nostro sindaco. Lasciate che ci dica dove andare" - ha puntualizzato Magda. Ma il sindaco di Nadezhda - l'ingegnere Dimitar Dimov - quando ha visto il giornalista armato di registratore, è salito rapidamente in macchina e si è allontanato.

Un vecchio vacillante si è avvicinato a noi; per niente stupido o emozionato faceva lo stesso fatica a parlare. Ci ha spiegato che i suoi figli erano sul marciapiede opposto - sua moglie col bambino ed i giovani nipoti. Sono stati alzati tutta notte ed hanno portato tutto il possibile da parenti. "Una borsa qui, due borse la. Non c'è una stanza per il resto. Qui sul marciapiede." spiega Strahil, 58 anni e padre di sei figli. "Perché non indossi le calze?" - udiamo una voce femminile dietro di noi. Una poliziotta sta parlando con una ragazza a piedi nudi. Lei si chiama Gyula e ha dieci anni. Dice di non avere freddo, anche se si stringe nella sua giacca. Oggi non è andata a scuola, perché la sua casa è stata abbattuta. E' timida, non vuole essere fotografata. Altri bambini si avvicinano. La maggior parte hanno una brutta tosse. Diciamo a loro di andare al caldo. Sono imbarazzati.

Boncho ha tre bambini. Sta tenendo quello più giovane tra le sue braccia. Dice che la mattina non ha avuto problemi con la polizia. Sono usciti di casa quando è stato detto loro di lasciarla. Una donna era venuta la sera prima e aveva detto di prendere con loro tutto ciò che potevano prima che i bulldozer arrivassero alle 6.30 per distruggere la casa. Per cosa? "Non lo so. Qualcosa riguardo all'amministrazione..." - il 23enne scrolla le spalle e pensa a cosa fare con i bagagli e dove portare la famiglia.

Torniamo da Trajan e Magda, in piedi sul marciapiede accanto alle loro cose. Ora Magda sta piangendo. Apprendiamo da Trajan che 19 anni fa si spostarono nella casa, di proprietà municipale. Nessuna reazione da parte del comune. Volevano pagare l'affitto ma gli fu rifiutato perché non avevano un documento di residenza nella proprietà. Cinque anni fa gli abitanti vinsero una causa e continuarono a vivere lì. Ed ora all'improvviso la casa era in lista per la demolizione. "Dicono che qui sotto passerà la metropolitana. Ma è solo un pretesto. Se fosse così, perché non demoliscono le altre case nel quartiere?" chiede Trajan.

La donna che li aveva visitati la notte prima era dell'agenzia per la protezione dell'infanzia. Nessuna sa come si chiama. Arrivò per invitare Donka, che ha un bambino, a vivere con il bambino in un riparo temporaneo. Donka rifiutò. Preferiva stare con la sua famiglia. "Ora abbiamo timore che i servizi sociali portino via i nostri figli. E sono ancora dei bambini" - aggiunge la giovane madre.

Si mostrano altri abitanti delle case demolite. Alcuni portano dei teli di plastica per coprire le loro cose sui marciapiedi.  Altri si sono riuniti intorno a noi e vogliono parlare. Non hanno visto nessun mandato. La mattina è arrivata la polizia, svegliando tutti e dicendo che dovevano lasciare la casa. Hanno dato appena il tempo di prendere i propri effetti, prima che il bulldozer iniziasse la demolizione. E' stato detto loro che non erano residenti a Sofia e che dovevano tornare da dove provenivano. La figlia della 45enne Veska è incinta, sua nipote ha degli attacchi, e suo figlio è sordomuto. Dimitrina ha avvolto suo figlio in una coperta e guarda con gli occhi spalancati. Alcuni piangevano, altri davano la colpa al sindaco e al governo, e maledicevano il loro destino.

Finalmente il bulldozer ha finito ed è andato via. I poliziotti sono risaliti sulle loro macchine verso un'altra operazione. Anche noi siamo andati via. Jordanka Bekirska, avvocato del Bulgarian Helsinki Committee ha fatto ricorso a nome di 14 ex abitanti. Prima che le case fossero demolite aveva parlato con degli incaricati comunali e aveva detto loro che buttare la gente per strada è una violazione delle leggi europee. La risposta fu che le autorità stavano osservando le leggi bulgare, e che quelle europee non importavano. Decidemmo che parlare con le autorità municipali era inutile. La risposta sarebbe stata identica a quella ricevuta il mese precedente a Burgas - che la legge deve essere seguita e rinforzata, che l'amministrazione non può offrire un'alternativa, che esiste una procedura da seguire per gli alloggi sociali ecc.

Lo stesso giorno si teneva in un albergo una conferenza dal titolo "Realtà e prospettive nelle politiche d'integrazione per i Rom". Alla conferenza si dibatteva sulle priorità e sulle misure politiche da introdurre nel programma governativo quadriennale per l''integrazione dei Rom. Era presieduto dal vice Primo Ministro e Ministro degli Interni, Tsvetan Tsvetanov, che è anche leader del principale partito di centro-destra, il GERB. Abbiamo chiesto a Tsvetanov quante altre demolizioni di case rom erano previste. Menzionammo la demolizione della mattina stessa ed aggiungemmo che ci sarebbe stato un ricorso che avrebbe probabilmente la Corte Europea, cosa non buona per il paese. Rispose che era un problema delle autorità municipali, che hanno l'obbligo di rafforzare la legge. E la legge è la stessa per ognuno nel paese.

Uno degli argomenti della conferenza era le condizioni di vita dei Rom. Comprendeva questi suggerimenti per il governo: "unire, dirigere e coordinare gli sforzi delle agenzie statali, le autorità locali, i comitati cittadini, la comunità rom ed ogni istituzione del paese coinvolta nel miglioramento delle condizioni di vita dei Rom e nella modernizzazione dei quartieri che abitano." Quindi, mentre si discute e si dibatte sulle condizioni di vita dei Rom, i bulldozer di legge ed ordine stanno continuando ad andare ad abbattere solo quelle case abitate dai Rom. Arrivano lamentele perché la legge è uguale per tutti e tutti sono uguali davanti alla legge. Sembra che in molti si stiano stancando, ed i forum su internet contengono commenti come "meglio smettere di giocare con le baracche dei Rom, ed iniziare a regolare i palazzi costruiti illegalmente dai nuovi ricchi." O sono forse più uguali del resto di fronte ai bulldozer di legge ed ordine?

Ancora nessun bulldozer a Montana

Nella città di Montana ci sono due quartieri rom - Ogosta, con circa 1.800 abitanti, e Kosharnik con circa 2.500 abitanti. Sono ai due lati opposti del centro regionale. All'inizio degli anni '50 la popolazione rom si concentrò ad Ogosta, accanto alle sponde del fiume omonimo. Le inondazioni distrussero a suo tempo molte case e ripari. Una buona parte della popolazione fu evacuata e piazzati in strutture temporanee fuori dalla città.

Nel 1972 un progetto municipale getta le basi del nuovo quartiere di Kosharnik, fuori dalla città. Attualmente è abitato da molta gente che si è trasferita da altre città negli ultimi due anni. Nei terreni comunali di pascolo attorno al quartiere hanno costruito case familiari senza mattoni, piani di costruzione e permessi edilizi. Le autorità municipali non reagirono alle costruzioni illegali, anche se ci furono proteste dei residenti lì attorno. In queste case sono nati bambini e le famiglie sono cresciute, da cui si sviluppa il bisogno di nuovi terreni. Crescono sempre più le case e le baracche illegali, abitate da nuove famiglie.

Il quartiere di Ogosta si trova di fronte a problemi simili. Da un lato confina con la ferrovia, il fiume dall'altro e la strada E-79. La popolazione cresce ogni anno, ma l'espansione territoriale del quartiere è impossibile. In pochi cercano di comperare casa fuori da quel territorio, in città o nei villaggi vicini. La maggioranza della popolazione rimane nelle loro vecchie case. Aggiungono un piano o costruiscono unità adiacenti, che raggiungono la strada ed i marciapiedi e violano i regolamenti. Alcuni degli abitanti hanno solo documenti di proprietà per la terra dove ci sono le vecchie case; altri non hanno del tutto documenti. Ma tutti vivono con la convinzione che queste sono le loro case, da ormai quattro generazioni.

Lo stato è impotente nel fermare questi processi. La città non ha disponibilità di abbastanza edifici sociali per rispondere ai bisogno delle famiglie che crescono. Non è chiaro quanto durerà questa situazione. Cosa succederà agli abitanti delle case illegalmente costruite, quando le autorità decideranno di seguire l'esempio di Burgas ed i bulldozer di legge ed ordine entreranno nei quartieri rom di Montana?

Gli sforzi delle OnG rom nel risolvere i problemi regolando i quartieri rom e trovando soluzioni abitative alternative, hanno sinora ottenuto soltanto di includere la questione nel "programma quadro per l'integrazione rom nella società bulgara". La medesima questione era stata inclusa nel trattato che la Bulgaria aveva firmato come parte del Decennio dell'inclusione Rom.

Sono state adottate strategie locali sull'iniziativa del Movimento Civico Rom, ma le discriminazioni istituzionali esistenti a livello nazionale e locale causano che queste politiche rimangano solo sulla carta. I detentori del potere non hanno interesse che quei programmi diventino parte del budget. Ignorare la rappresentazione rom porta al conflitto etnico, locale, sociale e religioso. Il fragile contratto sociale tra i cittadini bulgari di origine rom e lo stato con le sue istituzioni, porta a regolari problemi nei quartieri e nelle infrastrutture. Per queste ragioni non ci sono condizioni chiare fra i consumatori ed i fornitori dei servizi quali energia elettrica, l'acqua e le fognature. I quartieri rom sono di solito nelle aree suburbane, che li rende strategici per installare grandi depositi, stazioni di servizio, fabbriche, ecc. Questo porta a nuovi problemi tra i Rom ed il mondo degli affari, dove lo stato improvvisamente si muove per regolare lo status di questi quartieri, assicurando nel contempo la terra per grossi affari a basso prezzo.

I rappresentanti dei partiti nazionalisti nei consigli comunali adoperano il processo decisionale a favore di alcuni cittadini e di solito a detrimento dei Rom. Forse sinora l'obiettivo dei governi è stato di mantenere la popolazione in uno stato di incertezza e sotto-rappresentazione e di aprirsi alla manipolazione in occasione delle elezioni.

Per misurare tutto ciò, si adoperano soprattutto i misuratori di consumo elettrico domestico, ma la misurazione del consumo energetico non è diventata più precisa, di solito a svantaggio dei Rom. La sfiducia dei Rom si è di conseguenza mutata in protesta silenziosa. La protesta si muta nell'essere indifeso passivo, tendente sull'irresponsabilità per il loro proprio futuro e quello dei propri figli.

Varna aspetta i bulldozer

Nella capitale marinara della Bulgaria, i bulldozer non hanno ancora fatto nessuna vittima. Il quartiere rom si trova subito a sinistra dell'ingresso della città. Per la maggior parte le dimore del  quartiere Maksuda sono state costruite senza permesso, cosa che le rende automaticamente illegali. Nella nostra conversazione con Nikolay, che lavora nel settore OnG che tratta di Varna e della regione, condivide le voci che quel pezzo di terra dove sono costruite case illegali sia stato comprato da due fratelli affaristi. In effetti, la posizione del quartiere rom è eccezionalmente conveniente: vicino alla costa, dove ogni uomo d'affari cercherebbe terreni appetibili. "Abbiamo sentito che in due, forse tre anni, inizieranno a buttare giù le case. Scorrerà il sangue. Lì la gente ha belle case a due piani e vive lì da tempo. Combatteranno per quello che considerano loro. Ci sarà fermento," dice Nikolay amareggiato.

In effetti le voci sui due fratelli affaristi di Varna è esemplare dell'attuale impasse sui problemi residenziali dei Rom. Sfortunatamente, lo stato di fronte alle autorità municipali non riesce a trovare il giusto approccio alla soluzione di questi problemi. Per lavarsene le mani e realizzare profitto, lo stato vende i problematici quartieri rom alla grande finanza, che da parte sua tenta con tutti i mezzi possibili, bulldozer inclusi, di spianare i terreni acquisiti e prepararli per lo sviluppo e gli investimenti. Così lo stato si sottrae alle proprie responsabilità ed i Rom si scontrano con la grande finanza nel salvare o perdere le proprie case, com'è accaduto a Burgas e Sofia.

By
Ognyan Isaev
Valery Lekov
Tosen Ramar
Dimitar Georgiev

 
Di Fabrizio (del 09/09/2008 @ 09:30:15 in Europa, visitato 1533 volte)

Da Roma_ex_Yugoslavia



Mirko Cvetkovic, Primo Ministro serbo, ha detto che l'orientamento europeo serbo ed i passi sinora presi verso l'ingresso nella UE, sono una buona base per aumentare il suo coinvolgimento nella risoluzione dei problemi dell'integrazione dei Rom nel paese e nella regione.

All'apertura del 14° incontro del Tavolo Esecutivo Internazionale, che prende parte al "Decennio dell'Inclusione Rom 2005-2015", Cvetkovic ha detto che la Legge sui diritti e le libertà delle minoranze nazionali riconosce dal 2002 ai Rom lo status di minoranza nazionale.

Così si è creata una base per il loro accesso ai diritti che hanno le altre minoranze, ha detto il Primo Ministro e aggiunto che d'accordo con la Carta Europea sule Lingue Regionali e delle Minoranze, la Serbia riconosce la lingua rom.

Cvetkovic ha detto che nel cercare di risolvere i loro problemi, lo stato tratta i Rom come un gruppo marginalizzato, ma come una minoranza nazionale.

A presiedere all'incontro Ljuan Koka, Segretario per la Strategia Nazionale Rom del  Ministero per i Diritti Umani e delle Minoranze, ed il relatore Gabor Daroci, che rappresentava l'Istituto di Budapest di Open Society.

L'incontro riguarderà le priorità durante la presidenza serba del Decennio Rom, come la legislazione sulle aree residenziali Rom, la soppressione della discriminazione nell'istruzione, la politica europea sui Rom e l'accesso ai fondi europei, modi possibili di controllare e valutare attività a livello regionale e nazionale.

A seguito dell'incontro Svetozar Ciplic e Nikola Spiric, rispettivamente Ministro Serbo per i Diritti Umani e delle Minoranze - Presidente del Consiglio dei Ministri di Bosnia-Herzegovina, hanno firmato la Dichiarazione sull'accesso della Bosnia-Herzegovina al Decennio dell'Inclusione Rom.

Ciplic ha detto che così si è allargata la famiglia delli stati che vogliono migliorare la posizione dei loro Rom.

Secondo quanto ha detto, la Serbia è onorata di avere un altro partner e stato membro durante quest'anno di presidenza del Decennio Rom.

Spiric ha rimarcato che la Bosnia-Herzegovina intende fornire i più alti standard alle minoranze nazionali come quelle degli Stati europei sviluppati democraticamente.

Ha aggiunto che la Bosnia-Herzegovina farà di tutto per sviluppare il proprio piano d'azione per risolvere il problema della popolazione Rom.

 
Di Fabrizio (del 02/08/2008 @ 09:28:36 in Europa, visitato 2096 volte)

Da Roma_Daily_News

Reuters 29 luglio 2008 - L'Italia è stata criticata per i severi provvedimenti contro la sua minoranza Rom. Di seguito alcuni dettagli sui Rom in Europa:

* UNIONE EUROPEA:

- L'esecutivo UE ha fatto pressione sugli stati membri perché offrano migliori condizioni di vita ai Rom, che soffrono di discriminazione.

- La Commissione ha pubblicato uno studio che dice che spesso ai Rom non vengono date pari opportunità per avanzare socialmente in UE, anche se esistono leggi antidiscriminatorie riguardo l'accesso al lavoro, i sistemi di sicurezza sociale, i servizi e la casa.

* RAPPORTO UNICEF:

- Un rapporto UNICEF del 2005 dice che l'84% dei Rom in Bulgaria, l'88% in Romania e il 91% in Ungheria viveva sotto la linea di povertà.

- Ci sono circa 3,7 milioni di Rom nei cinque paesi coperti dal rapporto - Bulgaria, Macedonia, Montenegro, Romania e Serbia - 1,7 dei quali sono bambini.

- Secondo quanto riportato il 53% dei Rom aveva sofferto la fame nei mesi precedenti, contro il 9% della popolazione non-rom.

* DECENNIO DELL'INCLUSIONE ROM 2005-2015:

- L'idea del decennio emerse dalla prima conferenza regionale ad alto livello sui Rom tenutasi in Ungheria nel 2003.

- La decade è un impegno dei governi nell'Europa centrale e del sud-est a migliorare lo stato socio-economico e l'inclusione sociale dei Rom. Vi prendono parte nove paesi, tutti hanno significative minoranze Rom.

- All'inizio del 2008, Albania, Bosnia ed Herzegovina, e Spagna hanno dichiarato la loro intenzione di unirsi alla decade.

* I ROM NELL'EUROPA:

UNGHERIA - Vivono in Ungheria oltre 600.000 Rom, la maggior parte nel nord-est, formando la più grande minoranza etnica su una popolazione totale di 10 milioni.

- La distinzione è diffusa. L'UE ha indicato il paese tra quelli più difettosi in termini di segregazione dell'alloggio.

ITALIA - Vivono in Italia tra i 130.000 e i 150.000 Rom, dove vengono incolpati per crimini ed insicurezza.

- L'Italia ha programmato di prendere le impronte digitali ai Rom che vivono nei campi, come pure la chiusura dei campi non autorizzati ed il rimpatrio di chi è illegalmente in Italia. La decisione è stata condannata dal Parlamento Europeo, dalla Romania - da cui provengono molti Rom - e da gruppi religiosi.

- A seguito delle proteste, un comitato parlamentare ha convenuto che le impronte verranno prese a tutti i cittadini per le carte di identità. La misura deve ancora passare attraverso il Parlamento.

- Lo scorso maggio, diversi campi Rom sono stati dati alle fiamme, accendendo un incidente diplomatico tra Roma e Bucarest.

MACEDONIA - Sono tra i 150.000 e i 250.000, o circa il 10,5% della popolazione.

- I Rom hanno ottenuto un'uguaglianza costituzionale unica in Macedonia derivata da un accordo di pace fra il governo e la più grande minoranza, l'etnia albanese.

SLOVACCHIA - I 108.000 Rom slovacchi hanno di solito accesso limitato al lavoro e all'istruzione e spesso vivono in squallide condizioni senza i servizi pubblici basici.

* TURCHIA - I Rom in Turchia non sono riconosciuti come gruppo di minoranza. Tentativi di organizzarsi politicamente o anche culturalmente possono essere visti come atti contro la stato, punibili per legge. Vivono in Turchia tra i 300.000 e i 500.000 Rom.

-I Rom riportano di frequenti sgomberi forzati.

Fonti: Reuters/Economist/ World Bank/www.rroma.org/ www.romadecade.org/

Writing by David Cutler and Jijo Jacob, London Editorial Reference Unit

 
Di Fabrizio (del 14/04/2008 @ 09:26:27 in Europa, visitato 1811 volte)

Da Roma_exYugoslavia

Circa metà dei Rom in Serbia vive in estrema povertà, mentre il 60% non ha accesso all'istruzione [...]. Mancanza di politiche statali e discriminazione sono menzionati come i più grandi problemi affrontati dai Rom di Serbia, secondo il Centro d'Informazione Rom di Belgrado.

In Serbia, il 60% dei Rom sono disoccupati e molti vivono in insediamenti illegali, uno di questi è la Città di Carbone alla periferia di Belgrado.

Dice Rosalija Ilic, direttore esecutivo del Centro: "Lo stato guarda a noi come persone costantemente in cerca di aiuto. Invece, dovrebbero vederci come cittadini attivi che lavoreranno e guadagneranno e saranno socialmente responsabili come il resto delle persone."

La ricerca è stata pubblicata martedì scorso, in concomitanza del Giorno Internazionale dei Rom.

Il 2008 è il terzo anno dell'iniziativa bandita dall'Unione Europea, il Decennio dell'Inclusione Rom 2005-2015, lanciato per integrare i Rom nelle società dove vivono.

La Serbia ha garantito ai Rom il diritto di creare la propria politica culturale, ma secondo Osman Balic, direttore del Centro YURom, lo stato non ha definito la propria politica culturale a tutti i livelli amministrativi.

Ha poi sottolineato l'importanza della mancanza di una politica verso i Rom.

Il censimento del 2002 mostra che vivono in Serbia circa 108.000, mentre le statistiche dell'UNICEF stimano tra i 400.000 e i 700.000 Rom risiedono nel paese.

La discrepanza potrebbe dipendere dalla riluttanza dei Rom di dichiararsi tali, a causa della discriminazione e persino degli attacchi fisici degli skinheads e degli altri gruppi razzisti.

La Giornata Internazionale dei Rom è un giorno in celebrare la cultura Rom e far crescere la coscienza sulle tematiche che li riguardano.

Il giorno fu ufficialmente dichiarato nel 1990 a Serock, Polonia, durante il quarto Congresso Mondiale dei Rom dell'Unione Internazionale dei Rom (IRU) in onore del primo incontro internazionale tenutosi dal 7 al 12 aprile 1971 a Chelsfield, vicino Londra.

BalkanInsight. com

 
Di Fabrizio (del 08/05/2010 @ 09:22:03 in Europa, visitato 1822 volte)

Da Bulgarian_Roma

Reuters - The Sofia Echo by Gabriel Hershman

04/05/2010 - Quest'anno, le ambasciate di Italia, Francia, Finlandia e Ungheria - col supporto della Spagna, come presidente dell'Unione Europea, ed altre ambasciate UE a Sofia - promuoveranno l'iniziativa "Il Mondo è Pieno di Colori", lanciato dalla Roma Fashion Foundation, un'organizzazione no-profit le cui attività  si basano esclusivamente su donazioni.

Questa iniziativa nasce dall'appoggio a maggio del 2009 dell'ambasciata italiana ad un evento dedicato alla moda rom, volto a portare l'attenzione dei media bulgari e dell'opinione pubblica alle tradizioni rom.

Sono previsti una serie di eventi come parte dell'iniziativa Il Mondo è Pieno di Colori.

Il 4 maggio alle 18.00, presso la residenza Italia, le varie iniziative [saranno presentate] ai media bulgari.

Il 5 maggio, gli ambasciatori francese ed italiano [andranno] a Sliven - città  abitata da molti Rom - per incontrare le autorità  locali, visitare una scuola e prendere parte ad una tavola rotonda a cui parteciperà  anche l'OnG Medecins du Monde.

Il 9 maggio, al Florimont Hall di Sofia, avrà  luogo una sfilata di moda organizzata dalla Roma Fashion Foundation, con l'intento di mostrare la bellezza e l'importanza delle tradizioni rom ed il valore del rispettare la diversità  culturale. Verranno esposti abiti tradizionali originari e vestiti di stilisti rom contemporanei della Bulgaria e di altri paesi. Particolare importante: la data coincide col Giorno dell'Europa.

Il 10 maggio alle 18.00, verrà  presentata all'Istituto Francese la mostra fotografica "Rom a Sofia" di Yves Rouillard. L'esposizione durerà  sino al 29 maggio.

L'11 maggio l'ambasciata francese proietterà  all'Istituto Francese "La cite des Roms" di F. Castaignede, incentrato sull'area di Sliven.

Il12 maggio l'ambasciata francese organizza un seminario aperto al pubblico all'Istituto Francese, dal titolo "Rom in Bulgaria: integrazione e migrazioni". Ci saranno due tavole rotonde: la prima sull'istruzione dei bambini rom in Bulgaria, la seconda sulla migrazione rom in Europa. Il seminario intende riunire la comunità  internazionale, le autorità  bulgare e gli esperti del campo del settore delle OnG. Ci si aspetta la partecipazione delle ambasciate UE a Sofia, importanti ministri di Bulgaria e Francia, del Consiglio d'Europa, gli uffici dell'Unione Europea e di organizzazioni internazionali a Sofia, rappresentanti delle organizzazioni rom ed esperti, l'Open Society e Medecins du Monde, tra gli altri. La Commissaria UE Kristalina Georgieva non potrà  partecipare, ma ha garantito il patrocinio all'iniziativa.

Scopo dell'iniziativa è di mettere in luce, attraverso l'arte e la moda, la diversità  della tradizione rom, ma anche divulgare questioni pertinenti ai Rom in Bulgaria ed altri paesi europei. Molte istituzioni, ditte e privati cittadini hanno dato l'appoggio a questa iniziativa. I loro nomi saranno resi noti per tempo.

L'iniziativa delle ambasciate UE riflette gli impegni sottoscritti nella dichiarazione comune firmata durante il Secondo Summit Europeo sui Rom tenutosi a Cordoba (Spagna) nell'aprile 2010. Inoltre è pienamente concorde con gli obiettivi del "Decennio dell'inclusione Rom 2005-2015", il cui quinto anniversario è stato recentemente celebrato a Sofia alla presenza del ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, e con la campagna "DOSTA!" che intende aumentare la sensibilità  pubblica ed il superamento della discriminazione contro i Rom in Europa.

 
Di Fabrizio (del 09/10/2008 @ 09:20:30 in Europa, visitato 5990 volte)

Da Bulgarian_Roma

Da QUEST Bulgaria Property Magazine venerdì 3 ottobre 2008 (nota: mentre sto traducendo il testo, il sito è down, può darsi che non si visualizzino le immagini)

Molti che cercano casa in Bulgaria sono spesso consigliati dalle agenzie bulgare di evitare i villaggi con un'alta popolazione zingara. Tuttavia quando si trovano in aree con molti residenti Rom, trovano che il crimine ed i problemi sociali non sono differenti da qualsiasi altra area rurale in Bulgaria. Difatti molti sono diventati amici costanti dei loro vicini zingari e mentre non sarebbe saggio se non possibile trasferirsi in un vero ghetto zingaro, vivere in un'area con un'alta presenza etnica non è nocivo come dicono i bulgari.

Storia
I Rom, questo il nome corretto per la popolazione zigana non solo in Bulgaria ma in tutta Europa, hanno una storia lunga ed interessante. Nel Medio Evo, migranti dall'India arrivarono in Bulgaria e nel resto dell'Europa Orientale. Si ritiene che fossero discendenti di una sotto-casta indiana. Nel XVI secolo molti di loro adottarono il turco come lingua madre ed alcuni si convertirono all'Islam. Praticavano uno stile di vita nomadico basato sulla vendita dei loro manufatti e capacità, ma questo stile di vita itinerante fu proibito nell'era comunista. Durante questo periodo, molti diventarono parte della forza lavoro industriale, o furono impiegati come braccianti nel settore agricolo. La caduta del comunismo portò difficoltà economiche estreme a questa minoranza etnica. Il boom delle proprietà ha coinvolto questa comunità, che fornisce manodopera a basso costo all'industria delle costruzioni.

I differenti gruppi
I Rom sono la più grande minoranza etnica europea, in Bulgaria sono il secondo gruppo etnico dopo i Turchi e comprendono il 4,7% della popolazione. Ufficiosamente, questa cifra è considerata molto più bassa della realtà, e la popolazione Rom èstimata attorno al 7%. La ragione della discrepanza è il fatto che molti Rom si dichiarano come Bulgari o Turchi nei censimenti e nei documenti ufficiali per evitare la discriminazione razziale.

I Rom si compongono di gruppi differenti, ognuno dei quali si riferisce di solito all'attività commerciale dei componenti. Come gruppo globale, sono una comunità divisa in termini di potere politico, cultura e stile di vita, anche il matrimonio tra componenti di gruppi diversi è raro. Il più grande gruppo tra i Rom bulgari è quello degli Yerlii, composto da daskane roma, che sono Ortodossi ed i horahane roma, che sposano la religione Musulmana. Altri gruppi Rom includono i Kardarashi, che una volta erano rinomati ramai, ma oggi sono spesso definiti Zingari serbi, poi i Rudari conosciuti come Rumeni o Zingari Vlach perché la loro lingua nativa è un dialetto rumeno, gli Ursari o Mechkari, che nei paesi e nei villaggi addestravano gli orsi a ballare per guadagnare soldi dagli spettatori, i Lingurari o Kupanari, che erano e spesso sono ancora carpentieri ed i Lautari, che erano musicisti compiuti.

Razzismo
I Bulgari sono apertamente razzisti nel loro denigrare i Rom ed è raro sentirli chiamare Rom, molto più spesso usano Tsigeni che significa zingaro, o Mangali un insulto simile a Nigger. In verità, ci sono molte parole e frasi usate dai Bulgari per etichettare questo gruppo etnico o per insultarne i componenti, queste frasi includono "nero come uno zingaro" per denotarne il colore della pelle, "lavoro da zingaro" per indicare un'esecuzione scadente, "menti come un vecchio zingaro" implica che si è un bugiardo compulsivo e "russi come un cavallo zingaro". I nomi derogatori arrivano a chiamare "zingari" i noccioli di cereale bruciati o marroni.

Il razzismo contro la popolazione Rom è esistito per secoli ed è stato alimentato durante il dominio Ottomano quando molti, probabilmente per il cattivo trattamento riservato loro dai nativi Bulgari, si misero a fianco dei Turchi adottando la loro lingua e religione. Il pregiudizio razziale continua oggi nei media e politicamente, il partito estremista Ataka, che si è affidato a forti politiche nazionaliste, ha ottenuto 21 seggi parlamentari su 240 ed il 9% dei voti alle elezioni del 2005.

Mentre molti deridono il colore della pelle ed i costumi dei Rom, il razzismo tende a crescere perché i Rom sono i membri più poveri della società e sono perciò associati ai furti, all'elemosinare e alla mancanza di istruzione. Il loro problema non è dissimile da quello dei disoccupati in Gran Bretagna, che hanno bassi tassi scolari, i più alti tassi di associazione al crimine e spesso vivono in proprietà comunali, dove il Britannico medio non metterebbe mai piede. I compratori britannici sono anche rinomati per chiedere quanti zingari vivono in un villaggio prima di acquistare una proprietà e molti sono colpevoli dello stesso pregiudizio della popolazione locale. Molti di questi scelgono anche di mandare i loro bambini in scuole private per paura che l'istruzione dei loro figli possa essere svantaggiata dall'inclusione di bambini Rom nel sistema educativo bulgaro.

Cultura Rom
Sofia, Sliven e Lom hanno la più alta concentrazione zingara in Bulgaria. Ogni gruppo Rom nel paese vive in una propria area distinta, spesso un ghetto ai margini della città o del villaggio. Questi ghetti conosciuti come Quartal in bulgaro hanno poche infrastrutture e sono spesso disseminati di immondizie, ma abbondano di antenne satellitari e cavalli, asini e cani vaganti. I bambini sono fuori, incustoditi tutto il giorno e le gravidanze precoci sono comuni.

I gruppi Rom hanno la loro propria lingua, per molti è un dialetto rumeno o turco. Nel sistema scolastico i bambini sono scoraggiati dal parlare la loro lingua madre. La loro pelle è più scura di quella della popolazione locale e questo li rende riconoscibili e spesso bersaglio di razzismo.

Future Integrazione Futura
La "Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea" evidenzia che è illegale la discriminazione basata su razza, colore, origine etnica o sociale, lingua, religione o credo. La Bulgaria è stata ammessa nell'Unione Europea con diverse clausole riguardo la sua appartenenza; una di queste era che il paese avrebbe lavorato per l'integrazione della popolazione Rom. Un'iniziativa adottata dalla Bulgaria è la sua partecipazione al "Decennio dell'Inclusione Rom", un progetto dedicato al miglioramento dello status socio-economico della popolazione Rom e la sua integrazione nella società locale. Assieme ad altre otto nazioni, la Bulgaria è ora impegnata a "lavorare per eliminare la discriminazione e chiudere l'inaccettabile gap tra i Rom ed il resto della società". Un altro segno positivo nella lotta per abolire il razzismo è il fatto che sempre più gruppi che rappresentano i diritti dei Rom stanno emergendo, in particolare l'unione civile "Roma" ed il gruppo di pressione "Sega". Realisticamente, occorreranno diverse generazioni per debellare il razzismo innato, che viene trasmesso dalle famiglie bulgare ai loro figli in tenera età, tuttavia se la comunità Rom dovesse migliorare tramite opportunità di lavoro e benefici governativi, alcuni dei stigma dovrebbero sparire.

 
Di Fabrizio (del 24/02/2009 @ 09:17:13 in Europa, visitato 1687 volte)

Da Roma_ex_Yugoslavia

Emportal.co.yu 18 febbraio 2009. Fonte: Tanjug

Bozidar Djelic, vice Primo Ministro per l'integrazione UE ha detto oggi che per la fine di febbraio verrà disegnata una strategia per l'inclusione dei Rom e verranno assicurati fondi per il suo sviluppo.

Parlando all'apertura del 15° incontro del Tavolo internazionale dei Direttori del Decennio dell'Inclusione Rom 2005-2015, tenutosi a Belgrado, Djelic ha sottolineato l'importanza per la Serbia di predisporre la strategia durante la sua presidenza.

Djelic, che è anche coordinatore nazionale per il Decennio dell'Inclusione Rom, ha detto che l'organizzazione tenterà anche di essere formalmente più attiva nel proporre una politica europea verso i Rom.

Ha ricordato che le priorità della Serbia durante la propria presidenza saranno di risolvere i problemi dei Rom nella casa e nell'istruzione, come pure il problema della discriminazione e la questione della loro inclusione nel quadro di una politica Rom europea.

Ha detto che nei precedenti cinque anni la percentuale dei bambini rom che ricevono l'educazione elementare obbligatoria è salita dal 56% al 75%, aggiungendo che l'istruzione dovrebbe essere una priorità nell'integrazione sociale dei Rom.

Ha detto che l'istruzione non può essere la soluzione di ogni problema ma è un passo importante per risolvere gli altri problemi che la popolazione rom affronta.

Ha detto che durante il 2007 metà delle famiglie rom vivevano sotto la linea di povertà.

Commentando l'incidente di Kraljevo, dove un minorenne rom ha ucciso un serbo di 18 anni, seguito su internet da minacce di vendette contro i Rom, Djelic ha detto che ogni crimine dev'essere punibile solo per legge, senza riguardo all'etnia.

Un singolo crimine non può diventare base per rivincite contro un particolare gruppo etnico. Il governo serbo condanna le minacce apparse su internet, ha detto Djelic, aggiungendo di appoggiare l'azione presa dallo stato, dai corpi locali e dalle organizzazioni rom che richiamano alla calma.

Svetozar Ciplic, Ministro per le Minoranze ed i Diritti Umani, ha detto che l'Europa ha compreso che è impossibile parlare di democrazia e responsabilità sociale se non c'è coscienza dei problemi dei Rom.

Ciplic ha detto che il Decennio dell'Inclusione Rom partito cinque anni fa e ha esplicitamente stabilito che l'integrazione dei Rom è l'obiettivo di tutti i paesi firmatari.

I Rom sono una risorsa umana, culturale ed intellettuale che gli stati non hanno ancora scoperto, ha detto il Ministro, aggiungendo che oggi ogni paese ha problemi finanziari, ma la crisi economica globale non deve essere una giustificazione per rallentare il lavoro sull'integrazione sociale dei Rom.

Il Decennio dell'Inclusione Rom è iniziato nel 2005, su iniziativa dell'Open Society Institute e della Banca Mondiale e comprende 10 paesi.

Romania, Bulgaria ed Ungheria hanno già presieduto il Decennio Rom e la Serbia tiene la presidenza dal 25 giugno 2008. Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Macedonia, Montenegro, Romania, Bulgaria e Serbia stanno prendendo parte al Decennio.

Durante la presidenza serba, anche la Spagna è diventata membro di questa iniziativa regionale.

I rappresentanti dei 12 paesi discuteranno su discriminazione nell'istruzione e presenteranno i loro piani d'azione nazionali.

Iňigo de Palacio Espaňa, Ambasciatore spagnolo in Serbia, firmerà una dichiarazione sull'accesso della Spagna al Decennio dell'Inclusione Rom.

 
Di Fabrizio (del 17/01/2008 @ 09:15:33 in lavoro, visitato 2642 volte)

Riassumo un lungo articolo da Romaworld.ro

Se non verranno fatti presto investimenti per i Rom marginalizzati, la più grande minoranza d'Europa rimarrà in un trappola di povertà. Per le strade del ghetto Rom di Sofia, il catrame è un ricordo. Le baracche, costruite con fango e mattoni. sono allineate lungo la strada. L'odore del fango spunta dalle grondaie. I collegamenti tra le famiglie seguono le linee elettriche illegali che collegano le loro capanne. Qui, il concetto reale di infrastruttura è estraneo come l'astrofisica, mentre "municipalità" è una parolaccia.

Può sembrare un quadro da Terzo Mondo, ma siamo a Faculteta, quartiere della capitale bulgara, e le stesse scene si replicano attraverso il paese e nella vicina Romania, entrambe membri dell'Unione Europea dal gennaio 2007. Il recente boom ha visto la disoccupazione nei due paesi praticamente eliminata dalla richiesta saettante di lavoro. Ma questo trend benigno ha toccato a malapena i Rom. Razzismo, mancanza di scolarizzazione e qualificazione li hanno tenuti ermeticamente al margine dei cambiamenti economici raggiunti dai loro compatrioti.

Niente sta cambiando. Al contrario, anche se la maggioranza dei 45.000 residenti di Fakulteta è senza impiego, la Bulgaria intende importare lavoratori stranieri per alimentare la sua crescita economica piuttosto che mobilitare la minoranza Rom nel mercato lavorale.

Ufficialmente, la Bulgaria conta 370.000 Rom. Ma le OnG ritengono questa cifra molto inferiore al reale, che sarebbe di 800.000, il 10% della popolazione.

Negli ultimi 15 anni, molti Rom dalle povere aree rurali sono migrati in città in cerca di una vita migliore. Ammassati in quartieri poveri e sovraffollati, che si sono mutati in ghetti virtuali. Circa il 54% dei Rom vive ora in queste mahali, come sono conosciute in bulgaro. Circa i 3/4 non le hanno mai lasciate dopo la nascita.

Georgi Krastev, capo dell'Unità d'Integrazione del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, concorda che il paese si trova di fronte ad un problema di severa segregazione economica. Dice "Oltre il 90% dei disoccupati [in Romania] sono Rom."

In agosto, il suo ministero ha riportato che il tasso di disoccupazione era arrivato al record del 7% , ma i così in basso, e le previsioni sono che il trend continuerà. A Sofia, gli unici adulti disoccupati sono Rom, di cui il 60% è senza lavoro, secondo l'NSI, Istituto Nazionale di Statistica.

Assorbiti da altri problemi del periodo di transizione e paurosi di promuovere i diritti di una minoranza impopolare, nessuno dei governi post-comunisti ha preso misure sostanziali per migliorare la mobilità economica tra i Rom.

Qui e negli altri nuovi stati membri, molti ora si rammaricano che di più non sia stato fatto delle possibilità offerte dalla fase di pre-accesso alla UE  per aumentare le azioni di pressione. E mentre Bruxelles insiste che l'integrazione dei Rom deve rimanere una priorità per Bulgaria e Romania - in pochi ritengono che l'ammontare dei fondi disponibili possano rimuovere gli ostacoli che impediscono la mobilità tra i Rom. Le comunità Rom nei paesi balcanici cheserano di unirsi presto alla UE ne prendono nota.

Un problema regionale, con radici storiche

I politici bulgari non sono i soli a mettere la testa nella sabbia. Scene simili a quelle di Faculteta si possono trovare attraverso l'Europa Centrale e del Sud Est. In Ungheria, dove i Rom sono dal 6 all'8% su di una popolazione di circa 10 milioni, circa il 50% sono disoccupati, comparati alla media nazionale del 7%, secondo un rapporto del 2005 di Magyar Agora. Oltre il 50% dei Rom in Ungheria vive sotto la soglia di povertà, comparati alla media nazionale dell'8%.

La situazione è simile in Serbia, dove oltre il 60% dei 300.000 Rom è considerato molto povero, comparato al 6% della popolazione, secondo un rapporto ufficiale sull'inclusione Rom del 2006. Il tasso di disoccupazione per i Rom di tutte le fasce d'età e a tutti i livelli scolastici è di tre volte superiore alla media della popolazione non-Rom.

Nella Repubblica Ceca, oltre il 70% dei Rom sono senza lavoro, comparato al 10% nazionale, secondo un rapporto 2005 della Commissione Europea. In Romania, dove i 2 milioni di Rom sono circa l'8% su una popolazione di 22 milioni, il 75% di quanti sono in età lavorativa è disoccupato, secondo una inchiesta compilata dall'UNPD e dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro.

Le radici di questi problemi datano secoli, dice Rumyan Sechkov, storico dell'Accademia Bulgara delle Scienze e presidente del gruppo per l'Alternativa Civica. La curiosità inizialmente sollevata negli Europei dai Rom migrati nel XV secolo dal subcontinente indiano si è mutata rapidamente in ostilità autentica, racconta, spiegando "che il rifiuto dei Rom ha le sue radici in profondità indietro in quell'era."

Molti hanno cercato riparo nelle terre europee dell'Impero Ottomano, dove non erano benvenuti ma d'altronde nemmeno sterminati. Ma secondo gli storici durante la II Guerra Mondiale, circa mezzo milione di Rom furono uccisi dai nazisti e dai loro alleati locali nei nuovi stati dell'Europa Centrale e dell'Est.

I sopravvissuti si trovarono di fronte ai tentativi di assimilazione forzata dei regimi comunisti che avevano preso il potere. In Bulgaria, il romanés venne soppresso, la loro musica bandita in pubblico e lo stile di vita nomadico finì nel 1957 con una legge che ordinava a tutti i cittadini di registrarsi ad u indirizzo fisso. Ancora peggio, in Cecoslovacchia, alcune donne Rom furono sterilizzate come parte di una politica statale per ridurre il loro numero.

Nei primi anni '90, con i cambiamenti politici ed economici che arrivavano nelle terre del vecchio blocco orientale, i Rom ottennero riconoscimento come un distinto gruppo etnico. Da un punto di vista fu un sviluppo positivo. Ma questo coincise col collasso di molte istituzioni sociali e, come il gruppo più vulnerabile economicamente, i Rom videro aumentare il loro distacco dal resto della società.

Ignoriamo il problema

Nel gennaio 2007, con la Romania e la Bulgaria che raggiungevano la UE, i Rom divennero la più grande minoranza etnica dell'area, tra gli 8 e i 10 milioni. Ma il numero non significa potere, e nei nuovi stati membri, i Rom rimangono in un distinto svantaggio, legati ad un circolo di discriminazione, negligenza ed esclusione.

"Io non dico che tutti i Rom sono pericolosi, ma la maggior parte lo sono," dice Anton Ivanov, 22 anni di Krasna Poliana, un quartiere che confina con Fakulteta. Ad agosto, cinque uomini sono stati seriamente feriti quando un gruppo di Rom ha iniziato una ronda perché un loro ragazzo era stato malmenato.

Il quartiere è noto per le tensioni etniche, anche se ufficialmente il problema non esiste. Dice Marko Popov, 17 anni abitante a Fakulteta, "Viviamo normalmente con i Bulgari di Krasna Poliana," aggiungendo che "normalmente" sottintende anche tensioni quotidiane.

Ma le autorità negano che incidenti simili  nascano dal razzismo, classificando gli eventi di agosto come disturbi di routine. Similarmente, un altro incidente ad agosto quando un ragazzo rom di 17 anni fu malmenato da Bulgari nella città di Samokov, venne descritto dalla polizia come "combattimenti tra gangs giovanili".

Nel frattempo, i pregiudizi dei giovani come Ivanov forniscono terreno fertile per la crescita dell'estrema destra. Bojan Rasate, capo dell'Unione Nazionale Bulgara, è diventato l'eroe di Ivanov, avendo istituito una squadra di volontari nazionali per "proteggere" la popolazione bulgara "dalla minaccia rom e dai disastri naturali".

Era ora che qualcuno prendesse misure contro di loro, e siamo molto grati a Bojan Rasate," dice Ivanov con gli occhi che brillano dall'entusiasmo.

Come altri nuovi stati membri dell'Europa Orientale, la Commissione Europea ha fatto pressione a Romania e Bulgaria per implementare una politica a tolleranza zero contro il razzismo prima di raggiungere la UE. Secondo Katharina von Schnurbein, portavoce di Vladimir Spidla, Commissario per gli Affari Sociali, che conta le tematiche rom nel proprio portfolio, che include "l'aggiornamento legale degli incidenti che capitano negli insediamenti rom e la lotta al cattivo trattamento".

Ma gli effetti sono scarsi ed ammette che il razzismo esiste e rimane un tabù. Questo, assieme ad una negligenza cronica, ha reso lettera morta le politiche delle autorità bulgare, come "Il Decennio dell'Inclusione Rom" o "il 2007 Anno Europeo delle Pari Opportunità per Tutti".

Una passeggiata a Stolipinovo conferma questa impressione. Alla periferia di Plovdiv, seconda città della Bulgaria, con i suoi 35.000 abitanti è il secondo ghetto rom della Bulgaria. All'ora di pranzo di un giorno qualunque della settimana, tutti sono all'aperto e le strade sono piene di clamori. I bambini giocano nel fango, gli uomini sono riuniti a piccoli gruppi e le donne lavano di fronte ai loro blocchi di appartamenti.

Ma gli abitanti sono cronicamente deprivati e soffrono di cattiva salute. "Non abbiamo avuto acqua corrente per dieci anni," si lamenta una donna piccola, gli occhi blu e i capelli riuniti in una crocchia. "Come risultato tutti i miei tre figli hanno avuto l'epatite l'estate scorsa."

Continua: "Hanno i pidocchi nei capelli perché non posso lavarli. Qualcuno mi accusa di non mandare i bambini a scuola. Come posso mandarli a scuola in questo stato? Non li manderò!"

I problemi di sanità e sicurezza così visibilmente presenti a Stolipinovo sono replicati a Marchevo, un villaggio noto per le povere condizioni nelle montagne Rodope del sud, vicino alla città di Garmen. Le sue origini datano al 1960, quando un clan di intrecciatori di cesti vi si impiantò a seguito del decreto del 1957.

Per lungo tempo è stato fonte di epidemie locali a causa delle scarse condizioni sanitarie. "Mancano soltanto 500 metri di tubature perché la mahala abbia assicurato il rifornimento idrico," dice Kalina Bozeva, capo della Iniziativa Inter-Etnica per i Diritti Umani in Bulgaria. "La responsabilità era del municipio, ma è stato fatto solo recentemente, come risultato di un progetto di OnG."

Petar Dikov, capo architetto di Sofia, spiega che le aree popolate dai Rom sono di solito elencate nei piani urbani come aree industriali, così da esentare i comuni dal costruire le infrastrutture.

E' lo stesso al di la del confine in Romania dove, secondo Magda Matache capo dell'OnG Romani CRISS con sede a Bucarest, i villaggi e gli insediamenti di solito non hanno acqua corrente. "Lì la gente può soltanto sognare un sistema di tubature," dice. "Devono camminare per miglia ogni giorno per portare a casa l'acqua per le loro famiglie."

Il fallimento inizia a scuola

Tra i molti errori ed omissioni del governo bulgaro riguardo i Rom, nessuno è così cruciale o devastante come viene affrontata la tematica scolastica. Una politica di effettiva segregazione ha deprivato generazioni di Rom della possibilità di avanzare verso una pari partecipazione nel mercato lavorale.

Nel periodo comunista, i Rom potevano studiare soltanto in scuole periferiche create per formare forza operaia o per altri lavori sotto-qualificati. Erano omesse materie delle scuole "normali", come storia  e matematica.

"Si produssero generazioni di persone con bassa educazione," dice Krasimir Kunev, capo del Comitato di Helsinky bulgaro. Oggi circa il 70% dei bambini rom continua a studiare de facto in scuole segregate, secondo un rapporto del 2006 del Comitato di Helsinky bulgaro. Ciò, spiega, rende anche i Rom il gruppo più vulnerabile alla depressione economica e alla disoccupazione nella transizione post-comunista. Ed anche se lo stato si è reso conto del problema attorno alla metà degli anni '90, ha fatto poco per intervenire.

"E' stato un grande fallimento, - dice Rumyan Sechkov - era la soluzione più facile, gente senza qualificazione rimane sotto-qualificata e marginalizzata." Nel frattempo, secondo lo storico, i bulgari ordinari hanno trovato i versamenti ingiusti, cosa che incita le tensioni sociali.

La scala del problema ha continuato a crescere, intrecciando una cultura di dipendenza. "Ora siamo di fronte ad un problema nazionale, perché un'intera generazione di Rom è cresciuta senza mai vedere i propri genitori alzarsi la mattina per andare a lavoro," continua Sechkov.

Nel 2006, il 58% dei Rom hanno ricevuto qualche forma di aiuto sociale, secondo il ministero del lavoro.

Ma qualcosa sta cambiando. Dal 1 gennaio 2008, ci sono nuove regole che limitano il periodo in cui chiunque può ricevere questo aiuto a 18 mesi. Decisione presa per ridurre gli abusi del sistema, i critici insistono che gli sviluppi saranno vani se non accompagnati da politiche rivolte alla scarsa scolarizzazione e alla disoccupazione.

Roza Tzvetanova, 54 anni, è seduta di fronte alla sua casa a Stolipinovo. La sua testa è coperta da un foulard rosa e lei arrotola una sigaretta mentre descrive come lei ed i cinque figli sopravvivono coi benefici sociali, lei senza lavoro, il marito in prigione. Quando sente che il suo assegno sarà presto tagliato, diventa furiosa: "Ma sono pazzi? Stanno cercando di sterminare i miei figli e me! Nessuno vuole dare lavoro ad una cinquantenne con la licenza elementare. Non lo vedono?"

La Bulgaria non è sola nella regione nel mancare di offrire ai Rom un'educazione decente. Nelle recenti decadi, gli standards sono rimasti poveri nell'Europa del sud-est, offrendo poche possibilità di fuggire dalla povertà e partecipare alla società su basi egualitarie. Ma se gli altri paesi della regione hanno percorso i primi passi per rompere il circolo vizioso, in Bulgaria si continuano a negare i fatti.

Secondo il censimento 2001, il 20% dei Rom di 20 anni in Bulgaria sono totalmente illeterati. Ma anche se questo numero sta crescendo, il Ministero dell''Educazione non pare avere nessuna strategia per affrontare il problema. Nel 2002, per esempio, il governo promulgò un atto per cui igli studenti delle minoranze andavano integrati, mai comuni non collaborarono. E secondo il rapporto Kunev del 2006, le cose non sono cambiate.

Le autorità rumene sono maggiormente pro-attive e dal 1993 hanno adottato azioni affermative per aumentare il coinvolgimento dei Rom nelle scuole superiori e nelle università. Come risultato, 400 studenti rom sono stati ammessi nell'anno accademico universitario 2005-06.

Magda Matache descrive l'azione politica affermativa della Romania come di successo, citando rapporti che indicano come i Rom frequentino le scuole e si diplomino. I risultati saranno visibili nel lungo termine, ma i primi effetti stanno emergendo, in quanto chi riceve un'educazione di qualità funziona come modello per la propria comunità o rimangono in città trovando lavoro. "Lavorano nelle istituzioni o nel settore della società civile [piuttosto che negli affari], ma è già un passo avanti," insite Matache.

Anche in Serbia vengono prese misure affermative. Secondo il censimento del 2002, circa il 62% dei Rom serbi non ha completato la scuola elementare, meno dell'8% la scuola media e un minuscolo 0,3% la scuola superiore. D'altra parte, il governo ha recentemente allocato un budget extra per borse di studio per gli studenti rom.

I risultati sono eclatanti, soprattutto se si paragonano i dati di due anni consecutivi. "Nel 2005-06 abbiamo avuto 88 studenti rom iscritti alle superiori, nel 2006-07 il loro numero era cresciuto a 260," dice Ljuan Koka, direttore del Segretariato per la Strategia Rom in Serbia.

Una fonte non battuta di lavoro

Gli esperti concordano che la principale precondizione per migliorare le prospettive socio-economiche tra i Rom è tagliare l'alto tasso di disoccupazione.

L'ironia è che paesi come la Bulgaria cerchi altrove dei lavoratori. Infatti, secondo un recente rapporto della Banca Mondiale sull'Europa dell'est, la Bulgaria rischia un rallentamento nello sviluppo economico se non richiama la relativa scarsità sia del lavoro specializzato che non qualificato. E mentre suggerisce una migliore utilizzazione e formazione dei lavoratori locali "attraverso la riforma del sistema educativo e l'aumento della mobilità interna" stabilisce che si dovrebbero importare lavoratori dall'estero.

Evgeni Ivanov, della Confederazione Impiegati ed Industriali di Bulgaria, dice che è insensato cercare lavoratori esteri ignorando la domanda interna. Puntualizza: "La Bulgaria ha tutte le risorse finanziare ed umane di cui c'è bisogno perché i Rom si integrino nel mercato lavorale".

Ivanov predice che il ministro del lavoro avrà a disposizione 1 miliardo di EU dei Fondi Strutturali UE da spendere per programmi indirizzati ai Rom. "Ma non abbiamo informazioni che il ministro ci stia lavorando," aggiunge. "Si parla solo del futuro prossimo."

Secondo Ivanov la comunità economica dovrebbe appoggiare misure proattive per aiutare i Rom nel lavoro. "Come lavoratori, non importa l'etnicità o la nazionalità, è la capacità che è importante."

Ma sono pochi i segni dei governi regionali realmente impegnati a migliorare le prospettive della comunità Rom. In Serbia, Bulgaria e Romania,le autorità hanno fallito nel trovare una formula per migliorare le loro possibilità.

leggi tutto l'articolo (in inglese)

This article was produced as part of the Balkan Fellowship for Journalistic Excellence, an initiative of the Robert Bosch Stiftung and ERSTE Foundation, in cooperation with the Balkan Investigative Reporting Network, BIRN.

 
Di Fabrizio (del 19/03/2010 @ 09:11:48 in blog, visitato 2026 volte)

Di Valeria Venturini su Euroalter.it

("Gypsies". Photo by: mieszko.stanislawski/Flickr).

[...]

CHI SONO I ROM?
I Rom sono parte integrante del territorio europeo da migliaia di anni, arrivando ad oggi ad una stima approssimativa di 10-12 milioni di persone: la minoranza etnica piu diffusa sul territorio, presenti in tutti e 27 gli stati membri, in molti dei quali si registrano episodi di particolare violenza e intolleranza, che aumentano in maniera esponenziale.
Lo spostamento dei Rom si è inoltre incrementato notevolmente a seguito dell'allargamento UE verso l'Est Europa, tra il 2004-2007.

Ci troviamo nel cosiddetto "Decennio per l'inclusione dei Rom nel territorio europeo" (2005-2015) indetto dalla Commissione Europea (anche se in pochi sembrano saperlo) : la Commissione Europea ha deciso di organizzare ogni due anni un vertice sui Rom con l'obiettivo di riunire alti rappresentanti delle istituzioni UE, dei governi nazionali e delle organizzazioni della società civile di tutta Europa. In qualità di Presidente della Commissione, Barroso ha dichiarato che tali eventi rappresentano "un'opportunità unica per dare più che mai priorità ai problemi dei Rom".
Il primo vertice si è tenuto a Bruxelles il 16 settembre 2008; il secondo vertice si terrà a Cordoba (Spagna) l'8 aprile 2010.

I 10 PRINCIPI DI BASE COMUNI SULL'INCLUSIONE dei Rom sono:
1.Politiche costruttive, pragmatiche e non discriminatorie
2.Approccio mirato esplicito ma non esclusivo
3.Approccio interculturale
4.Mirare all'integrazione generale
5.Consapevolezza della dimensione di genere
6.Divulgazione di politiche basate su dati comprovati
7.Uso di strumenti comunitari
8.Coinvolgimento degli enti regionali e locali
9.Coinvolgimento della società civile
9.Partecipazione attiva dei Rom

Si alza però un grido d'allarme preoccupante.

COSA NE PENSANO I GAGE'?
Negli ultimi due anni le indagini europee hanno mostrato come nel 77% dei casi, gli intervistati, Gagè, ovvero i non Rom, considerano uno svantaggio sociale essere Rom, e circa un quarto degli europei si sentirebbe a disagio ad averli come vicini di casa.
La comunità Rom soffre una massiccia discriminazione in Europa, indistintamente; una segregazione che in alcuni paesi sembra sempre più somigliare alle "leggi razziali" di inizio secolo.
In alcuni paesi come la Romania non è difficile trovare scritte fuori dai locali "vietato l'accesso ai rom"; in Italia, a Roma, qualche settimana fa una donna Rom ha dovuto pagare un caffè due euro, piuttosto che 85 centesimi, con la giustificazione sbrigativa del gestore: "cosi non vengono più".
E intanto continuano gli sgomberi in Italia e i pestaggi nell'Est Europa.

Una vita ai margini, in condizioni disastrose, soprattutto per i bambini, che nascono spesso con gravi malattie; una vita in baracche, al freddo, con poche possiblità di trovare lavoro, se non mendicando.
E troppo spesso per le strade italiane si sente dire: "non hanno voglia di lavorare, non è nella loro cultura".
Ma nessuno conosce davvero questa cultura.
Tutti ne parlano, politici in primis, e nessuno ne sa niente.

QUALI MOTIVAZIONI LI SPINGONO A PARTIRE?
Non si tratta di "cultura del viaggio": pochi sono quelli che continuano a viaggiare per amore per la libertà, come i Gitanos in Spagna.
I Rom nella maggioranza dei casi lo fanno per necessità.
Un cittadino Rom, intervistato da un responsabile della Commissione Europea ha così risposto:
"In Romania mi aspetto di mangiare una volta al giorno. In Finlandia mi aspetto di mangiare tre volte il giorno. Questa è la differenza".
Troppo semplice da comprendere?

Le differenze all'interno della cultura Rom sono enormi: un gruppo della Romania non può certo essere confrontato con un gruppo proveniente dal Kosovo.
Ciò non è così incomprensibile: le famose riunioni di condominio sono emblematiche di come sia difficile la convivenza tra persone con abitudini e schemi di riferimento differenti dai nostri.

Per questo ho voluto trattare questo argomento una seconda volta, per vedere quali misure sono state prese dall'inizio di questo decennio dell'inclusione, e ne tratterò ancora in futuro, dato il poco spazio di cui dispongo, e data la complessità e la delicatezza dell'argomento.
Gli esempi che vado ad illustrare, sono estremamente sintetizzati e pertanto possono risultare poco chiari, ma spero possano servire come uno spunto di riflessione sull'argomento a tutti coloro che ne siano interessati.

L'EUROPA
La Commissione Europea per i diritti umani ha criticato fortemente paesi come Italia, Bulgaria e Grecia, e in generale i paesi dell'Est Europa, per i trattamenti discriminatori adottati nei confronti di Rom e Sinti all'interno dei paesi.
Se ci cerca di capire come l'Europa affronti il problema Rom, ci si trova davanti a misure e interventi eterogenei, proprio come la popolazione a cui si riferisce, dove spesso nessuno si preoccupa effettivamente di chiedere ai diretti interessati la propria opinione al riguardo.
L'Unione Europea ha cercato di dare una cornice di riferimento ai provvedimenti individuali dei singoli stati, dal 2001 ad oggi, ma ogni stato ha deciso in maniera autonoma le misure da adottare.

Circa 300.000 Rom vivono in REPUBBLICA CECA, arrivando ad essere circa il tre per cento della popolazione.
Un rapporto di Amnesty International, intitolato "Ingiustizia rinominata", esamina il lavoro delle autorità della Repubblica Ceca che, nonostante una sentenza del 2007 della Corte Europea per i diritti umani, continuano a inserire i bambini e le bambine rom in scuole per alunni con "lieve disabilità mentale", impartendo loro in questo modo un'istruzione inferiore agli standard.
"L'istruzione è la via per uscire dal circolo vizioso di povertà ed emarginazione che colpisce gran parte della popolazione rom. Se il governo della Repubblica Ceca non darà uguali opportunità ai bambini e alle bambine rom, negherà loro la possibilità di avere un futuro migliore e di partecipare pienamente alla vita del paese".
Sempre in REPUBBLICA CECA c'è stato un progetto chiamato "Vesnička soužití" (Progetto coesistenza), promosso da varie ONG locali, che ha permesso la costruzione di abitazioni nella città di Ostrava, tra Rom e non che avessero perso le proprie abitazioni (30 famiglie in tutto).
Il governo ha stanziato circa 2.455.423 euro per il progetto, e sembra che la combinazione case-lavoro sociale abbia avuto un effetto positivo.

In ITALIA negli ultimi anni è cresciuto il problema nomadi, che ha visto il proliferare di leggi sbagliate e talvolta razziste, che non solo non risolvono nessun "problema", ammesso che si possa definire tale, ma fomentano la paura e la discriminazione anche di coloro che vivono qui da generazioni, con un lavoro, una famiglia e un'ottima padronanza della lingua italiana.
C'è stata anche la proposta del Ministro Maroni di fare un censimento, che di per sè sarebbe una buona idea, non discriminatoria e utile, anche a livello statistico, alla quale è poi stata aggiunta la clausola delle impronte digitali: chiara violazione di diritti umani, e del principio di uguaglianza.
Il rapporto Europeo sulla questione abitativa dei Rom, fa riferimento al progetto "Città sottili" come il più virtuoso realizzato in Italia: nato dall'Unità Sanitaria Locale, con il Comune di Pisa e una serie di organizzazioni non governative presenti sul territorio, con il patrocinio dell'USL, e finanziato dalla Regione Toscana, l'ambizioso progetto, nato nel 2002, auspicava uno smantellamento dei cosiddetti "campi nomadi" nell'area di Coltano (tra Pisa e Livorno) a favore di una costruzione di unità abitative.
Le attività sono state seguite da tre mediatori Rom, e alcuni abitanti del campo hanno lavorato nella costruzione di queste case.
Nonostante il progetto sia stato il perno di un dibattito politico, e con un seguito di opinione pubblica non indifferente, è stato portato avanti con molte difficoltà, tanto da arrivare al punto che le case sono state costruite ma nessuno ci vive e nessuno ne parla più, per evitare una "guerra tra poveri".
Le varie amministrazioni nel corso degli anni non hanno saputo decidere come allocare le famiglie, che nel frattempo sono cresciute numericamente, e il progetto è rimasto in una fase di stallo, sotto il pesante velo dell'omertà.

In UNGHERIA gli attacchi sono in crescita: nel 2008 ci sono stati 16 incidenti con armi contro cittadini Rom; in SERBIA è forte soprattutto il problema abitativo; in KOSOVO e ROMANIA sono frequenti gli attacchi violenti, spesso perpetuati dalle forze dell'ordine, nei confronti di questa minoranza.

In INGHILTERRA, il motto è: "right to school, right to the future".
La riforma dell sistema scolastico, febbraio 2009, ha proposto una nuova esperienza di inclusione sociale verso i giovani Rom e Travellers (nomadi).
Lo "UK department for children, schools and families" ha così commentato:
"Possiamo immaginare quanto possa essere difficile per un bambino imparare, se posto costantemente sotto pressione di essere catalogato come "gipsy", rom o traveller? (…)
Serve un sistema di inclusione per tutti i bambini. Tutti i background culturali devono essere capiti e rispettati (…) Dobbiamo far crescere la consapevolezza nelle autorità locali, scuole, genitori, e bambini, affinchè si possano fare passi avanti verso il cambiamento di cui abbiamo bisogno
".

La SPAGNA è il terzo paese, dopo Romania e Bulgaria, per numero di Rom: un esempio di virtuosismo è stato il "Piano di Integrazione per i Rom in Catalonia" (2005-2008), che si riferisce soprattutto ai Rom provenienti dall'Est Europa: il governo ha finanziato 3.5 milioni di euro annui per la sua implementazione, (al quale si aggiungono i finanziamenti di singole regioni e ONG) e una serie di azioni per la loro "integrazione"(con tutti i rischi che questa parola comporta) negli ambiti del lavoro, scuola e problemi abitativi.

In IRLANDA, nel 2007 i Travellers erano 8099, di cui circa il 22% in abitazioni specifiche.
Negli ultimi anni si è cercato di far fronte al problema abitativo e il 97% di essi è stato messo in abitazioni regolari; sono inoltre nati molti organi istituzionali che si occupano attivamente dell'argomento e che cercano di dar loro la possibilità di una partecipazione attiva, come "Accommodation Consultative Committee" (LTACC), o il "Council Traveller Accommodation Programme" (TAP).

La FRANCIA con la legge Besson(1990; 2000) ha decretato che ogni città con più di 5000 abitanti deve avere un'area di accoglienza: Sarkozy ha poi aggiunto nel 2003 la postilla che chi non rispetta le regole dei campi è fuori per sempre.
Le zone di accoglienza sono in questo caso un luogo di passaggio, e sono previsti programmi abitativi per coloro che decidano di trattenersi a lungo.

In GERMANIA, a Monaco, nel 1929 esisteva un "Ufficio centrale zingari" che sarebbe sfociato in uno sterminio di una violenza cieca: memore del passato, il paese ha perciò accolto i Rom come minoranza nazionale.
Sono state assegnate case, assistenza e condizioni favorevoli per lavorare, ovviamente a patto che vengano rispettate le leggi.

Consiglio di leggere i rapporti del FRA (European Agency for Fundamental Rights) che spiegano nel dettaglio le misure, virtuose e non, adottate dai paesi membri UE.
E' evidente la necessità in ogni paese di un ufficio che si occupi direttamente della questione, e soprattutto di sfatare il mito "zingaro" e tutte le discriminazioni annesse a questo termine improprio.

Una sola voce non può certo cambiare le coscienze, ma può essere un primo impulso al cambiamento, soprattutto culturale, di cui l'Europa ha sicuramente bisogno.

 
Di Daniele (del 27/12/2005 @ 09:11:15 in musica e parole, visitato 2166 volte)
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di Snezana Lupevska

Questo articolo è stato scritto all'interno di un'inchiesta avviata dall'Istituto Media per le diversità con sede a Londra e l'Agenzia di notizie Beta, intitolata "guardando i Rom senza pregiudizio" parte del decennio dell'inclusione dei Rom. Gli altri articoli sono disponibili anche su Media Diversity

Pochi si stupiranno se i Rom che vivono in Macedonia dividevano il tempo in due periodi: prima di Esma Redzepova Teodosijevska, la cantante Rom di fama internazionale, e il periodo che venne dopo. Redzepova è orgogliosa della sua eredità etnica e non è solo un'artista di rilievo, ma anche una persona che ha passato la sua vita cercando di rendere migliore il mondo attorno a sé, lottando contro l'intolleranza e l'odio etnico.

All'inizio della sua carriera Redzepova viveva nell'insediamento Rom di Sutka vicino Skopje, in Macedonia. "Già allora era difficile per te dichiararti Rom," dice.

"Molti di noi passavano ad altre nazionalità. Devo ammettere che la gente si vergognava di dire che era Rom e invece si dichiaravano macedoni, turchi o albanesi. Io non ho provato mai vergogna e credevo che tutti dovessero lottare per il loro posto nella società."

E' nata a Skopje nel 1943 in una famiglia dove la musica Rom, il canto e la danza erano un avvenimento e una tradizione quotidiani. Redzepova aveva 11 anni quando vinse il primo posto ad una gara amatoriale per cantanti che fu trasmessa alla radio nella capitale macedone. Ecco quando iniziò a lavorare con Steva Teodosijevski, il suo futuro marito e mentore.

Ha composto 108 singoli, 20 album, 32 cassette audio, 15 CD e 6 film. Al festival di musica Rom in India nel 1976, fu incoronata regina della musica Rom. Redzepova ha ricevuto fino ad oggi 15 premi, è stata proposta due volte per il premio Nobel per la pace, e l'organizzazione internazionale dei Rom l'elesse ministro della cultura romanì nel 2004.

Oltre che essere un'artista, ha un lato altruistico. Lei e Teodosijevski hanno adottato 47 bambini abbandonati di nazionalità rom e macedone. Redzepova è tornata a Skopje dopo la morte del marito.

Tutto il suo canto è in puro romanes e Redzepova crede che oggi i Rom che vivono in Macedonia sono in una condizione migliore per conservare la loro eredità culturale e la lingua.

"È molto più facile essere Rom oggi. I bambini Rom hanno più facilitazioni. Vanno a scuola e all'università, le cui condizioni ora sono permesse. Ho mandato a scuola dozzine di bambini (pagando le loro tasse scolastiche) e anche la Macedonia dà loro una possibilità. La Macedonia è un paese che ha fatto molto per i Rom."

"Proprio adesso la Macedonia è il posto più bello per vivere per i Rom e ciò perché i Rom non sono stati assimilati come in altri paesi," dice Redzepova, aggiungendo che la minoranza Rom è riconosciuta anche dalla costituzione.

Restano ancora degli stereotipi e i Rom sono spesso considerati appartenenti a due gruppi: i Rom "buoni", cioè i musicisti, e i Rom cattivi, ladri e truffatori.

Redzepova ammette che anche i suoi compatrioti hanno una responsabilità quando viene alla loro posizione nel paese e alla loro affermazione sociale.

"Noi dobbiamo combattere per ciò che ci appartiene, dobbiamo ricordare alle autorità che noi viviamo qui, non possiamo soltanto osservare il problema in silenzio," dice Redzepova.

Ricorda come la gente la prese in giro quando chiese alle autorità locali di asfaltare le strade di Sutka dopo il ritorno da Belgrado. "La signora è appena tornata da Belgrado e non vuole camminare nel fango," mi dicevano. Io dicevo che non lo chiedevo per me, ma per i Rom che vivevano lì. Ero determinata e alla fine asfaltarono le strade."

"Quando hanno successo, alcuni Rom amano dimenticare che sono Rom. Sfortunatamente, molti di loro non vogliono più parlare romanì in casa. Quando vediamo uno di loro diciamo che "si comporta come un turco, ma è più nero di me." Li prendiamo in giro e li evitiamo. Comunque, lentamente le cose stanno cambiando e molti Rom di successo stanno tornando alle loro radici," dice.

Redzepova rifiuta il luogo comune che i Rom siano geneticamente predisposti per la musica e hanno talenti che popoli di altre nazioni non hanno. "Non è una questione di geni. Prima, il popolo cantava per dimenticare i problemi. Oggi, se osservate la scena della musica macedone, vedrete che ci sono pochi cantanti Rom. Le nuove generazioni Rom sono intellettuali, medici, affaristi."

Esma Redzepova ha composto la maggior parte delle canzoni che canta. "Non ho alcuna vecchia, tradizionale canzone Rom. Le mie sono tutte composizioni nuove. Io e Steva Teodosijevski abbiamo scritto le canzoni. Siamo stati i pionieri della musica Rom ed ecco perché oggi mi chiamano la Regina della musica Rom. Anche prima c'erano cantanti che cantavano in romanì, ma era romanì mischiato con l'ungherese e il russo. Le mie canzoni sono sempre puro romanì."

"Penso che il mio arrivo in Macedonia sia stato una spinta per i Rom qui. Ho dato loro la forza di lottare per i loro diritti e ai giovani l'opportunità di mettersi alla prova. La mia casa era una casa per molti, ma era anche il posto nel quale molte decisioni, anche quelle politiche, venivano prese dai Rom."

Alla domanda se i 47 bambini che ha allevato siano Rom, Redzepova risponde: "Il mio maestro e marito non era Rom ma un macedone che era interessato alla cultura e alla musica Rom. Non dovreste distinguere i popoli per il loro background etnico."

"Io non divido i popoli in Rom e non Rom," aggiunge.

(BETA/MDI)


Rif: Il suo sito con altre notizie, foto e brani musicali in MP3

 
Di Fabrizio (del 10/08/2008 @ 08:51:08 in Europa, visitato 2141 volte)

Da Roma_Daily_News

TOWARD FREEDOM

Scritto da Reuel S. Amdur - martedì 5 agosto 2008

Bimbo Zingaro in Kosovo (Photo reprinted from Flickr)

I nazisti non li hanno uccisi tutti, ma i razzisti in Europa Orientale ed in Italia stanno tentando di rendere miserabile la vita per quanti sono ancora intorno. Sto parlando di un popolo variamente conosciuto come Rom, Roma, Romany, Sinti, e Zingari. Il macello dei Rom da parte dei nazisti è poco documentato, risulta che abbia riguardato da 200.000 ad un milione e mezzo di loro, che equivale all'80% della loro popolazione di allora in Europa. La loro continua persecuzione ha portato ad una crescente richiesta di asilo politico in Canada.

Nel 1997, un gran numero di Rom cechi raggiunse il Canada a seguito della produzione di un programma televisivo su quanto i Rom erano trattati bene in Canada. Come risultato dell'afflusso, il Canada impose registrazioni sui visti, che furono richiesti dal novembre 2007. Dal 2001 al 2007, 123 Cechi chiesero rifugio in Canada, ma dallo scorso novembre a marzo di quest'anno sono stati 267, probabilmente tutti Rom. Perché fuggivano?

Secondo l'avvocato Max Berger di Toronto, che rappresenta qualcuno di loro, "Mi hanno detto che è per i pestaggi e le minacce degli skinhead e dei neo-nazisti." Paul St. Clair, direttore esecutivo del Centro Comunitario Rom di Toronto, da una versione più dettagliata. Su circa 40 famiglie con cui ha lavorato nei mesi recenti, "Sette donne incinte sono state picchiate e colpite allo stomaco dagli skinhead. Quattro non possono più concepire. Un'altra donna, incinta di otto mesi, è stata picchiata allo stomaco e ora sua figlia segni permanenti dell'attacco."

St. Clair ha detto che gli skinhead portano coltelli e mazze da baseball con delle cinghie che avvolgono intorno ai polsi e che usano per attaccare i Rom nelle stazioni della metropolitana e altrove. Come risultato, riferisce St. Clair, i Rom hanno paura di prendere la metropolitana. Gli skinhead lanciano pietre e bottiglie molotov verso le case dei quartieri Rom, a volte invadono le dimore, assaltando chi è dentro e distruggendo le proprietà. Quando questi hooligan sono condannati per i loro attacchi contro i Rom, a volte vengono comminate sentenze leggere o viene sospesa la sentenza. Recentemente, un nuovo gruppo, che si autodefinisce Guardia Nazionale e celebra il compleanno di Hitler, organizza marce e colpisce chiunque incontri con la pelle scura, gridando: "La Repubblica Ceca è per i bianchi!" Questo gruppo è un ramo della Magyar Gàrda ungherese.

Non dovrebbe essere sorprendente sapere che i Rom affrontano discriminazioni nel lavoro nella Repubblica Ceca. Anche i politici condividono il pregiudizio contro di loro. Nel 1997, Liana Janackova, una sindaca locale, propose di pagare i due terzi del biglietto aereo ai Rom che partivano e rinunciavano alla cittadinanza ceca. Nel 2006, disse ad una riunione che "Io sono razzista. Sono contraria all'integrazione dei Rom e che vivano nel distretto." Lei è sia sindaca che senatrice, è vice-presidente del Comitato del Senato sui Diritti Umani. Il Senato ha rifiutato di revocarle l'immunità parlamentare per permettere alla polizia di procedere per l'accusa di istigare l'odio con i suoi discorsi. Soltanto13 dei 54 Senatori presenti erano a favore di toglierle l'immunità.

Una donna arrivata in Canada nel 1997 come richiedente asilo fu alloggiata dalle autorità migratorie in un motel a Toronto, davanti a cui si radunarono alcuni razzisti locali per dimostrare contro i Rom. La sua prima reazione fu che stava rivivendo la situazione ceca anche lì. Ma si rasserenò nel vedere la polizia che arrivava là per proteggere i Rom.

Sfortunatamente, la discriminazione dei Rom non avviene solo nella Repubblica Ceca. Le donne Rom protestano contro la sterilizzazione forzata non solo là, ma anche in Slovacchia e Ungheria. Ed ora il governo italiano ha preso una posizione apertamente razzista.

Alcuni campi Rom in Italia sono stati distrutti, ed il governo di destra di Silvio Berlusconi ha intrapreso di prendere le impronte digitali ad ogni Rom nel paese, cittadino o no. I Rom sono vittime pure in altri paesi europei. La brutalità della polizia è un problema in Macedonia. Violenze razziste anti-Rom sono successe in Russia, dove politici e media fanno a gara di dichiarazioni razziste.

In Ucraina, i Rom sono stati allontanati dalle loro case. Alle vittime di violenza degli skinhead è stato detto che gli autori delle violenze non potevano essere identificati e che non si poteva avere accesso ai documenti di accusa. In molti paesi dell'Europa Orientale, i bambini Rom sono segregati in scuole speciali, spesso con la scusa che siano mentalmente deficienti. In Bulgaria, Amnesty International (AI) ha identificato attacchi degli skinhead con l'indifferenza della polizia, come pure la brutalità della polizia. AI riporta anche brutalità della polizia in Grecia contro giovani Rom. La Grecia ha espulso i Rom dai quartieri trasformati per le Olimpiadi 2004, senza aiutarli a trovare una sistemazione alternativa - una violazione, nota AI, del Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, a cui la Grecia aderisce.

L'Europa ha molto lavoro da fare per far cessare le discriminazioni ed i maltrattamenti dei Rom e migliorare le loro condizioni di vita. Parlando in generale, i Rom sono spesso disoccupati, vivono nella povertà e nello squallore, soffrono di cattiva salute e ricevono inadeguata istruzione.

Il Decennio dell'Inclusione Rom è iniziato nel 2005, con i seguenti paesi firmatari: Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Macedonia, Romania, Serbia, e Slovacchia. Tre quarti di Rom non completano la scuola primaria. La povertà è superiore cinque volte al tasso degli altri cittadini di questi paesi. L'aspettativa di vita per i Rom nell'Europa Centrale e Meridionale è di dieci anni inferiore a quella degli altri cittadini. Doppia la mortalità infantile nella Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria. I bambini Rom sono più portati ad avere deficienze vitaminiche, anemia, malnutrizione e persino rachitismo. E' stato trovato che la tubercolosi in una comunità Rom serba è due volte e mezza superiore alla media nazionale, una tendenza che probabilmente si può altrove nella regione. Queste ed altre nazioni in Europa hanno bisogno di affrontare per forza questi problemi nella decade ed oltre. Devono anche marginalizzare i desideri della sindaca ceca Liana Janackova.

 
Di Fabrizio (del 03/11/2008 @ 08:49:27 in media, visitato 2043 volte)

Ricevo da Valery Novoselsky

Open Society Institute (OSI) e l'Archivio OSA annunciano Chachipe Youth, un concorso internazionale di fotografia per giovani di età compresa tra i 12 e i 25 anni. Il concorso segue quello tenuto nel 2007. (Chachipe significa verità, realtà o diritto in romanes).

Chachipe Youth invita i giovani ad adoperare la fotografia per presentare come vedono i Rom e le loro vite. Il concorso ha tre categorie: "La Mia Strada, il Mio Quartiere","La Mia Vita Variopinta" e "Cosa c'è di Sbagliato?" Una giuria internazionale consegnerà un premio di 1.000 €u ai vincitori nei tre gruppi di età: dai 12 ai 15 anni, dai 16 ai 19 anni e dai 20 ai 25 anni per ognuna categoria.

Le foto inviate al concorso devono essere state prese dall'inizio del 2005 in uno o più dei paesi partecipanti al Decennio dell'Inclusione Rom (http://www.romadecade.org): Albania, Bulgaria, Bosnia Erzegovina, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Macedonia, Montenegro, Romania, Serbia, Slovacchia e Spagna.

Chachipe Youth è un concorso fotografico online. Le foto possono essere inviate a http://photo.romadecade.org/, dove si può trovare le regole del concorso, dal 30 ottobre al 15 dicembre 2008. I risultati del concorso verranno pubblicati a gennaio 2009.

Una selezione delle migliori foto inviate a Chachipe Youth verrà esibita nella Galleria Centrale di Budapest all'inizio del 2009. Durante il 2009, OSI e e l'Archivio OSA intendono anche mostrare questa selezione dei lavori in altri paesi partecipanti al Decennio dell'Inclusione Rom.

Ulteriori informazioni:
Melinda Jusztin
E-mail: photo@romadecade.org
Tel: +36-30-250-2635

 
Di Fabrizio (del 15/11/2008 @ 08:45:21 in scuola, visitato 1621 volte)

Da Romanian_Roma

Circa il 13% degli studenti che hanno usufruito dei posti distribuiti agli studenti di etnia Rom nelle scuole superiori ed il 10% di quanti occupano i posti speciali assegnati ai Rom nelle università statali, non sono affiliati a questo gruppo etnico, secondo una ricerca condotta da Gallup e commissionata dal Fondo Istruzione Rom (REF).

La ricerca indica che soltanto il 7% di quanti occupano il posto riservato a giovani Rom nelle scuole superiori parla romanes. Secondo la ricerca, i beneficiari di questi posti sono giovani di piccole famiglie (1-2 figli) con una migliore situazione finanziaria, dato che il 75% di loro possiede un computer e un più alto livello d'istruzione.

Mentre i beneficiari delle istituti artistici e commerciali, la maggior parte arriva da famiglie con più di 3 bambini, con risorse finanziarie più basse (il 40% di loro ha un computer). In questo caso, il 22% di loro parla romanes ed osserva le tradizioni di questo gruppo etnico.

I beneficiari dall'ambiente universitario vengono da famiglie con 3-4 figli, il 71% di loro ha un computer proprio e soltanto il 17% parla romanes. La distribuzione di genere a livello universitario indica che la percentuale delle ragazze rom è significativamente più alta di quella dei ragazzi.

Le specializzazioni universitarie per cui hanno optato riguardano gli studi sociali: sociologia, pedagogia, filologia ecc.

La ricerca poi rivela che il 77% dei beneficiari dalla scuola secondaria e l'88% dei Rom delle istituzioni scolastiche superiori, parteciperebbero in almeno un tipo di azione nel campo delle OnG.

Tra il 2000 e il 2006, furono distribuiti circa 10.300 posti speciali a studenti rom delle superiori e 1.420 posti nelle università furono stanziati per giovani Rom, il 20% dei beneficiari provenienti dalle aree rurali.

Nel 1998, il Ministero dell'Istruzione adottò il primo regolamento ufficiale per la distribuzione di posti speciali per candidati Rom in sette università. Susseguentemente, il numero dei posti venne allargato ad un maggior numero di università.

A partire dal 2000, per ordine del Ministero dell'Istruzione, le misure affermative furono estese all'intero sistema dell'istruzione secondaria, e gli ispettorati scolastici distrettuali furono incaricati di stabilire il numero di posti e le istituzioni scolastiche dove andavano distribuiti. Furono stabiliti entro il limite massimo di due posti speciali per classe (al di sopra del tasso d'istruzione).

Il Fondo Istruzione Rom ha la missione di ridurre il gap esistente tra la popolazione rom e gli altri gruppi etnici in termini di risultati educazionali, attraverso politiche e programmi che promuovano istruzione di qualità per i Rom, incluso la de-segregazione del sistema educativo.

L'obiettivo principale del REF è di appoggiare il disegno e lo sviluppo di politiche che possano aiutare l'inclusione dei Rom nel sistema educativo. Il Fondo Istruzione Rom sta finanziando progetti educativi nei paesi dell'Europa Centrale e Orientale che partecipano al Decennio dell'Inclusione Rom.

DIVERS - www.divers.ro

 
Di Fabrizio (del 20/08/2008 @ 08:43:13 in Italia, visitato 6514 volte)

Premessa: Articolo difficile da tradurre, come molti di quelli del Guardian, quindi scusate se ci sono delle imperfezioni (potete sempre leggerlo in lingua originale). Da leggere, anche se lunghetto, perché è un giornale di solito serio, perché ci sono molte testimonianze di Rom in presa diretta, e ovviamente per capire come siamo visti all'estero, oltre i confini di una stampa nazionale cloroformizzata. Ci sono alcuni punti che non mi convincono, ad esempio l'immagine di maniera di Napoli e soprattutto di Scampia, descritte come si fosse in set televisivo o come se il giornalista giocasse a fare l'esploratore appena arrivato che trancia giudizi senza sapere di cosa parla. Fatemi sapere, se volete.
Fabrizio

Da Roma_Italia

The Guardian
E' un'immagine che ha scioccato il mondo: due giovani Zingarelle sono rimaste adagiate morte per tre ore su una spiaggia italiana mentre, a pochi passi, una coppia spensierata faceva un piacevole picnic. Dan McDougall è andato nei campi Rom di Napoli per incontrare la madre delle due ragazze morte e ha trovato paura ed amarezza - ed un paese in pericolo di dimenticare il suo passato di estrema destra. Nelle foto: dentro al campo

Dan McDougall
The Observer, domenica 17 agosto 2008

Una giovane nel campo Rom illegale a 10 Km. da Pisa. Il campo è composto principalmente da Rom della Bosnia e del Kosovo. Photograph: Robin Hammond

Tirandosi i capelli l'un l'altro, i bambini Rom si azzuffano quando è il loro turno di passare i polsi scarni sopra le candele funerarie accese. Davanti allo stesso santuario Ortodosso, la loro nonna recita le preghiere al Signore in lamentosa lingua Romanì.

"Am Mora Dat con san ando cheri." Le parole lasciano la sua bocca con un bisbiglio mentre si fa il segno della croce e bacia un crocefisso d'oro che ha al collo. La bambina più piccola, non avrà più di quattro anni, fa la linguaccia e un gesto a V per vaffanculo e scappa fuori.

Il soffitto umido del prefabbricato di due stanze che gli Zingari chiamano casa sta per collassare. I fogli di cellophane alle finestre, guardano verso le pareti grigie del più malfamato carcere di Napoli, e sono così fragili vacillano nella debole brezza. Ci sono materassi dappertutto, per terra, appoggiati per proteggere dagli spifferi. Come i loro abitanti, sono sottili e lisi. L'unica concessione alla modernità è una gigantesca consolle nell'angolo, che fa fuoriuscire un DVD di registrazioni distorte di canzoni folk balcaniche. Il risveglio a cui stiamo assistendo nel più noto campo Romanì di Napoli è proseguito per 10 giorni. L'alcool è sparso per la stanza; nauseabondo straripa da tazze di plastica e bottiglie di Peroni, un bastardino mezzo cieco dorme adattandosi tra i resti di un migliaio di sigarette arrotolate.

Accanto ad un ritratto a seppia del riverito frate cappuccino, Padre Pio, una confusa stampa digitale della tredicenne Cristina e dell'undicenne Violetta Djeordsevic - le due sorelle la cui morte improvvisa nelle poco profonde acque di una spiaggia pubblica sulla costa amalfitana il mese scorso, hanno incapsulato la minaccia del razzismo nella moderna Europa. E' una tragedia che ha focalizzato l'attenzione internazionale sul bordo stracciato della più caotica città d'Italia. La gioventù e la bellezza delle ragazze nelle foto, stranamente, è come uno shock. Sinora, come molti, avevo visto soltanto i loro corpi prostrati, coperti da un corto telo da spiaggia, da cui fuoriuscivano soltanto i piedi, sulla spiaggia trasandata di Torregaveta, un decrepito sobborgo marino del golfo di Napoli.

La mattina del 17 luglio Cristina e Violetta, assieme alle loro cugine Manuela e Diana, erano andate come al solito dal misero accampamento in cui siamo seduti ad una delle spiagge di Napoli più popolari. Camminando per due miglia sino al più vicino mezzo di trasporto pubblico, e saltando a bordo del treno locale che fiancheggia le scogliere litoranee attorno alla città, le ragazze progettavano di vendere dei gingilli - piccole tartarughe di legno intagliate da migranti Nigeriani - ai turisti della baia. A Torregaveta, dopo una lunga e calda giornata senza vendite, le sorelline si sfidarono l'un l'altra tuffandosi dagli scogli in mare. Violetta saltò per prima e sparì, affondando tra le onde. Cristina, la più grande, si tuffò per salvarla. Sono annegate entrambe, una vicina all'altra.

Quello che è accaduto in seguito ha scioccato il mondo.

Le ragazzine sono state recuperate dal mare da un passante e più tardi dichiarate morte da un bagnino che ha prestato soccorso, mentre Manuela e Diana piangevano, battendo i loro piccoli pugni sui cadaveri.

Quando è arrivata la polizia, le loro cugine, turbate e sotto shock, sono state portate via per contattare i parenti. Sono stati usati due teli da spiaggia per coprire le due ragazze morte. Ed allora è successo qualcosa di straordinario.

La vita di spiaggia è ricominciata attorno ai corpi per tre ore sino a quando si è presentata un'ambulanza. Nell'immagine più toccante di tutte, una coppia mangiava con indifferenza il picnic osservando la scena. Un'altra lì accanto si lanciava un frisbee. L'indifferenza, ripresa da giornali e TV di tutto il mondo, è stata per l'elite liberale del paese la goccia che ha fatto traboccare il vaso. La più alta autorità cattolica a Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe, è stato il primo a precisare la grettezza dei sentimenti umani rappresentati dal comportamento di Torregaveta. "Cristina e Violetta" ha detto ai media italiani, "non hanno trovato altro che pregiudizio nella vita ed indifferenza nella morte; una verità imperdonabile."

A Roma, il governo si ritraeva. Maestri della realpolitik, sapevano che le morti di Cristina e Violetta, entrambe nate in Italia, ma di sangue completamente Rom, era arrivata in un brutto momento per la nazione, costretta nei mesi recenti a difendersi dai vicini europei dalle accuse di discriminazione contro Zingari e immigrati. Il Primo Ministro Silvio Berlusconi, balzato al potere per la terza volta con un programma sottilmente travestito anti-immigrati, era nel mezzo di un programma controverso ma populisti di prendere le impronte ai 150.000 Rom del paese, alcune famiglie delle quali sono in Italia dal medio evo. Secondo alcuni critici è diventato impossibile sottacere i toni fascisti di queste azioni, e puntualizzano il fatto che le prime espulsioni di Zingari ebbero luogo nel 1926 sotto Benito Mussolini. Gli eredi politici del dittatore, i "post-fascisti" di Alleanza Nazionale, sono ora partner di coalizione del governo Berlusconi.

A maggio di quest'anno, voci di rapimento di una bambina da parte di una Zingara a Napoli, innescarono un orgia di violenza contro i campi Rom di delinquenti che brandivano mazze ferrate, che diedero fuoco alle roulotte e spinsero via gli Zingari dalle loro baraccopoli in dozzine di assalti, orchestrati dalla violenta e conosciuta mafia locale, la Camorra. La risposta del governo Berlusconi? "Questo è ciò che accade quando gli Zingari rubano i bambini," ha scrollato le spalle Roberto Maroni, ministro degli interni ed alleato chiave di Berlusconi.

Per i 10 milioni di europei liberamente etichettati come Rom o Zingari, la vita è una processione senza fine di marginalizzazione e pregiudizio. Rinchiusi in accampamenti in tutto il continente, si stima che l'84% dei Rom in Europa viva sotto la linea di povertà. Forse ancora più scioccante è la mancanza di una foto più dettagliata. L'indifferenza e la riluttanza ufficiali da parte dei Rom stessi significa che i dati sull'aspettativa di vita, mortalità infantile, occupazione e tassi di scolarizzazioni sono dispersi. Tuttavia tutti sembrano più bassi di quelli della società maggioritaria.

La difficile situazione dei Rom è stata parte della vita europea sin dalla loro misteriosa migrazione dal Rajasthan attorno all'anno 1.000dc. La regina Elisabetta I fu la prima che cercò di espellere i Rom dall'Inghilterra. L'imperatore tedesco Carlo VI ordinò il loro sterminio nel 1721. In parte dei Balcani, i Rom furono venduti come schiavi sino alla metà del XIX secolo. Nel XX secolo, centinaia di migliaia di Rom perirono nell'Olocausto nazista, conosciuto dagli Zingari come il Porrajmos o "Divoramento". Perché Rom come Cristina e Violetta sono nate a Napoli ha più a che fare con l'eredità moderna nei Balcani. Nei primi anni '90, migliaia di Zingari attraversarono l'Adriatico dopo lo scoppio dei combattimenti in Yugoslavia e la pulizia etnica in Bosnia. Per molti degli Zingari, la maggioranza dei quali erano immigrati illegali, la Napoli senza legge era il posto dove potevano sparire nel caos.

Sono le 6,30 del mattino nel centro storico coperto di graffiti della vecchia Napoli. Due giovani preti passano rapidamente su una vecchia Vespa giallo canarino, il motore scoppietta per le strade silenziose. Passando col rosso e fiancheggiando l'entrata barocca della cappella di San Lorenzo Maggiore, i seminaristi accostano e abbandonano lo scooter. Sono in ritardo per le preghiere del mattino. Sotto le strette stradine acciottolate, lontano sotto di loro, c'è il porto e il Mediterraneo azzurro.

Scintillando all'alba, le acque della baia si allungano a ovest, verso la massa scura del Vesuvio e di Campi Flegrei, i "campi brucianti", i terreni vulcanici che i Greci una volta pensavano fossero i cancelli dell'inferno.

Qui la mattina arriva lentamente. Gli anziani, le cui fronti spiegazzate sono bruciacchiate e incrinate come terra asciutta, sono i primi ad emergere, seduti su sedie di plastica bianca per le strade strette fuori dai loro appartamenti mentre il baccano delle mogli filtra all'interno e continua con le faccende domestiche mattutine.

Armati di acqua saponata e spugne, un gruppo stracciato di operai municipali cerca di rimuovere centinaia di manifesti apparsi in città nottetempo. "Diritti per tutti". "Bianchi, neri, gialli, rossi. Stop apartheid now," proclamano sotto crude immagini di impronte digitali. Sotto i nuovi manifesti giacciono altri vecchi sbiaditi che chiedono la deportazione di massa degli Zingari e degli immigrati di Napoli.

"L'Italia è divisa su queste ragazze, sul destino dei Rom. E' stata punta la coscienza della gente. Puoi vederlo sui muri della nostra città," dice Francesca Saudino, la nostra guida del primo mattino e attivista della campagna di difesa legale con base a Napoli, assieme a Osservazione, un gruppo nazionale di pressione per i diritti dei Rom. "La reazione alla morte di queste ragazze va oltre qualsiasi cosa mai accaduta prima. L'avvenimento ha mostrato un realismo sociale che parte da lontano nel nostro paese: molti della classe lavoratrice pensano che i Rom non siano di più che animali, ed il governo sta usando questa xenofobia per avere voti e popolarità. La gente è confusa. Le morti di queste bambine rappresenta qualcosa di più, forse una lotta per l'anima d'Italia."

Stiamo capitando a Scampia, la zona di edilizia popolare più dura e senza legge d'Europa. Il tassista, riluttante a portarci là, non è socievole. Ci ha caricati "tripli" e non si stanca di ammonirci, sputando fuori le richieste ad ogni semaforo tra il fumo della sua sigaretta.

Scampia è la patria delle malfamate torri conosciute come Le Vele, il posto dove molti tossicodipendenti di Napoli vanno in cerca di eroina, crack e cocaina meno costose d'Europa. Una terra di outsider e fuorilegge che vivono ai margini della società, il quartiere è anche la casa della maggioranza dei Rom della città. All'ingresso municipale della proprietà, con un cenno all'Inferno di Dante, qualcuno con una bombola spray di vernice rossa ha scritto"Abbandonate ogni speranza voi che entrate."

La nostra prima vista è una serie di automobili bruciate. Sembra di essere nel quartiere Farza di Kabul. Gli edifici sembrano assediati da un disastro naturale. La maggior parte degli ascensori sono rotti. Tubazioni rotte fanno fuoriuscire acqua ovunque e i cortili esterni sono coperti di immondizia sino al ginocchio. L'aria odora di pneumatici bruciati. Dagli appartamenti grigi dei palazzi multipiano, diverse sentinelle esplorano le strade per segnalare la polizia o squadre antidroga. Scampia è stata a lungo una base chiave per il braccio narcotico della Camorra.

Il nostro guidatore ci lascia nel mezzo di Via Cupa Perillo accanto alla carcassa di una Fiat Punto. Segna l'ingresso al "Campo Autorizzato", l'unico campo Rom ufficiale di Scampia - circa duecento roulottes e prefabbricati messi insieme su uno sputo stretto di terra, oscurati dalle mura del noto Carcere Di Secondigliano. E' il posto dove sono nate Cristina e Violetta e dove hanno passato tutta la loro vita.

"E' una palude recuperata," dice Francesca. "Circa 700 Rom vivono senza acqua potabile, bagni, fognature, raccolta dell'immondizia, riscaldamento a norma o posti dove cucinare."

Quando stiamo per entrare, i bambini stanno giocando accanto agli escremento fuoriusciti da una toilette comunale a cielo aperto. In piedi nel centro della strada mal asfaltata ci sta aspettando Miriana Djeordsevic, la madre delle due ragazze. Addobbata in nero con leggere pantofole di seta ai piedi, stringe l'ultima fotografia delle sue figlie. L'atmosfera intorno è tesa. Nei giorni precedenti la morte delle ragazze, la famiglia estesa di Miriana era stata obbligata a fornire le impronte alle autorità. Nelle recenti settimane, i gruppi Rom di qui avevano protestato, indossando i triangoli neri che erano il segno che gli Zingari erano obbligati a portare nei campi di concentramento.

In casa di Miriana, ci viene offerta della vodka, versataci da un uomo tatuato coperto da catene e braccialetti d'oro. Ghignando attraverso i denti anneriti non offre presentazioni. La maggior parte delle donne di questo campo lavora come giornaliere nell'agricoltura, le altre, le anziane e i bambini, mendicano. Ma qualcuno degli uomini conduce uno di più grande traffici di automobili rubate dell'Italia meridionale. Altri, più nascosti, guadagnano dal vendere droga e violenza. Guardandosi attorno nella stanza è chiaro che questa economia in nero non produce benessere o salute o lusso, solo simboli di potere, salute ed avanzamento sociale tra gli uomini. I loro bambini semi-nudi e le moglie sembrano come donne e bambini nell'Africa sub-sahariana.

"Le ragazze sono annegate nel mare," mi dice fermamente Miriana. "Ci sono state chiacchiere sui giornali, che sono state uccise, che non c'è stato funerale. Sono annegate in mare, giocando innocenti com'erano. Il vero crimine è cosa è successo attorno a loro. Quella gente al mare, ha ignorato le bambine, come se fossero cani bagnati dal Mediterraneo. Le mie figlie non erano sotto-umane."

Miriana mi porge un'altra fotografia di Violetta. Posa con un vestito rosa crespato. "Voleva diventare ballerina. Non voleva andare a scuola. Voleva solo essere bella. Cristina aveva una cattiva influenza su Violetta.. Non le piaceva la scuola. Odiava vivere nel campo. La nonna ha detto che cercava solo di trovare il suo posto da qualche parte, ma non sarebbe diventata una donna forte. Aveva la voglia e la determinazione. Soprattutto voleva poter andare nei negozi della città, scegliere i vestiti senza essere cacciata dalla polizia. Ritagliava i vestiti dalle riviste e sopra vi incollava la sua testa. Era il suo modo di scappare. Violetta guardava solo. Adorava la sua sorella grande."

"Nei giorni seguenti la loro morte, un prete cattolico ci ha visitato e s'è scusato per la gente alla spiaggia, dicendo che non avevano capito la situazione. Gli ho chiesto perché gli Italiani ci odiano, perché guardavano i corpi delle due ragazze morte spalmandosi la crema solare e non ho avuto risposte. Ha pianto e mi ha detto che anche i Rom sono figli di Dio. Gli ho detto che non sembrava. Siamo quelli che gli Italiani rimproverano per la povertà fuori dal campo. Quella è colpa loro, non nostra, non delle mie figlie."

Miriana ha a malapena 30 anni, ma sembra di dieci più vecchia. Si è sposata a 14 e madre di cinque nei primi vent'anni, è scappata da giovane al confine serbo-bosniaco, sperando in una nuova vita in Italia. Tre dei suoi figli sopravissuti non sono andati a scuola. Il più piccolo non ha il certificato di nascita. Loro semplicemente non esistono. Una delle ultime cose che fecero a Cristina e Violetta fu prendere loro le impronte. "Cristina e Violetta diedero le impronte poco prima di morire. Violetta era sconvolta. Corse fuori e iniziò a piangere. Pensava che la polizia fosse venuta per portarla via. Cristina era arrabbiata e fregò l'inchiostro dalle dita. Aveva capito tutto. Sapeva che eravamo trattati da animali. E' morta sapendo che non aveva speranze di una vita migliore."

Più tardi, mentre camminavamo attorno al campo, abbiamo incontrato sguardi intimidatori. Un uomo ha sputato ai miei piedi. La presa delle impronte, parte di più vasti severi provvedimenti verso i 3,5 milioni di recenti immigrati economici, ha portato un atmosfera di retorica isteria sul crimine e la sicurezza, e lasciati i Rom più amareggiati di prima. Le organizzazioni cattoliche dei diritti umani hanno condannato la presa delle impronte agli Zingari come "evocante ricordi spaventosi" della persecuzione nazista. Il capo rabbino di Roma ha insistito questa settimana che "dev'essere fermata ora". Amos Luzzato, ex capo dell'Unione Italiana delle Comunità Ebraiche, ha detto che la politica delle impronte ricorda "i giorni in cui non potevo andare a scuola, e la gente mi indicava dicendo -Guarda mamma, è un Ebreo-. Questo è un paese che ha perso la sua memoria."

Ma Massimo Barra, capo della Croce Rossa Italia, che ha monitorato il processo, settimana scorsa ha insistito che lo scopo era di integrare i Rom nella società italiana. Se ai bambini verranno prese le impronte, sarà fatto "come un gioco", ha detto. "Stiamo costruendo ponti, non muri."

Ufficialmente, le ragioni del programma delle impronte appare abbastanza semplice: permetter al governo di compilare un censimento accurato ed assicurare che i bambini zingari vadano a scuola. Ma i gruppi dei diritti umani sono preoccupati. Come parte delle misure anti-immigrazione, il primo ministro ha anche istituito commissari speciali che "trattino" con gli Zingari nelle tre maggiori città - Napoli, Milano e Roma.

Secondo Francesca Saudino, la presa delle impronte è al cuore dell'angoscia e del disincanto provato dai Rom. "La destra italiana rimprovera ai Rom la maggior parte dei crimini da strada, in particolare sui bambini mandati dagli adulti a rubare," ci ha detto. "Questa è un'inesattezza isterica. Si stimano 152.000 Rom nei 700 campi in Italia ed il Ministro degli Interni spera di smantellarli tutti. Il 30% hanno la cittadinanza italiana, ma il resto sono migranti, molti dalla Romania e dai Balcani. Sospettiamo che gli Zingari vengano identificati solo così da essere espulsi."

Ha aggiunto: "Un terzo dei bambini napoletani non va a scuola del tutto o deve ripetere l'anno. L'analfabetismo qui è a livelli di Terzo Mondo. I bambini che vivono nelle periferie, nei quartieri spagnoli e a Piscinola, San Giovanni a Teduccio, Poggioreale, Secondigliano e Torre del Greco, sono tutti uguali, odiano la scuola, i loro maestri e la selettività del sistema. Odiano anche l'Italia e gli Italiani. Molti sono figli di immigrati Russi, ma non vengono loro prese le impronte o trattati da fuorilegge. Non si può avere una legge per i Rom e una legge per chiunque altro."

Al centro dell'argomento, secondo i gruppi dei diritti umani, ci sono diversi politici chiave . Uno di loro è Umberto Bossi, capo della Lega Nord, un piccolo partito di ex fascisti rinnovati, forze anti immigrati e tradizionali conservatori. Bossi è emerso come influente, il giocatore chiave nel ritorno di Silvio Berlusconi al potere durante le recenti elezioni e molti ritengono continuerà a fare la voce grossa. A Bossi e ad altri tre membri del suo partito sono stati offerti posti nel nuovo gabinetto, incluso il Ministero degli Interni, che sorveglia la politica e la sicurezza domestica. Bossi è quello che una volta sostenne di voler sparare ai battelli che portavano gli immigrati sulle coste italiane.

La Lega Nord è apparsa nei primi anni novanta come il partito che richiedeva la secessione dell'Italia del nord più agiato dal resto del paese. Il partito in questi giorni ha abbassato i toni della retorica secessionista. Invece, chiede una maggiore autonomia e la "devoluzione" dei poteri dal governo centrale alle regioni. Bossi è stato nominato Ministro delle riforme nel nuovo governo, una piattaforma ideale per cambiare la legge e dare più autonomia al nord.

Un altro gabinetto è andato al folcloristico Roberto Calderoli della Lega Nord, ricordato per essere apparso in TV con una T-shirt blasonato di una vignetta del profeta Maometto, e per organizzare parate con maiali dove i musulmani vorrebbero costruire una moschea. L'altro principale alleato di Berlusconi al governo è Alleanza Nazionale, un partito formato dai successori fascisti di Mussolini. Il suo leader, Gianfranco Fini, che ha lottato per distanziarsi dal suo passato neofascista, è diventato presidente della Camera dei Deputati.

Tuttavia Giuliano Ferrara, ex ministro per i rapporti con il Parlamento del primo governo Berlusconi ed ora redattore prominente ed opinionista TV, reclama che la crescita della destra è un mito. "Era interamente prevedibile che una volta che Berlusconi fosse tornato al potere, sarebbe apparso un coro greco per ammonirci tutti che la democrazia italiana era in pericolo, che l'Italia voleva introdurre le deportazioni di massa e i campi di concentramento," ha detto. "In realtà, le violenze contro immigrati e Zingari sono state limitate." Il vero problema," dice Ferrara, è che l'Italia, più di ogni altro paese in Europa, ha dovuto far fronte con un afflusso di immigrati che finiscono a vivere in povertà ai margini delle città - i margini dove vivono i più poveri. Non c'è persecuzione etnica in Italia," insiste Ferrara. "Fare confronti con quanto successe agli Ebrei, che furono sterminati, è irresponsabile."

Ironicamente, l'Europa si presume sia nel mezzo del "Decennio dell'Inclusione Rom", un progetto lanciato dalla UE nel 2005 quando i governi dei paesi con la più vasta popolazione Rom - Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Macedonia, Montenegro, Romania, Serbia and Slovacchia - concordarono di eliminare il divario nell'istruzione, impiego, salute e alloggio. Chiedete agli stessi Zingari, vi diranno che ha avuto scarsi effetti sulle loro vite. L'Open Society Institute, fondato dal miliardario George Soros, che ha largamente appoggiato i Rom, disse in un recente rapporto che molti governi vedevano la risposta al problema Rom intermini di "misure sporadiche" più che di politiche coerenti. Quando gli fu chiesto qual'era il cuore del problema, un membro del Parlamento Europeo rispose: "Guarda. Noi vogliamo aiutarli. Non manchiamo di leggi o di soldi. Il problema è la volontà politica in paesi come l'Italia e, ultimamente, gli stessi Rom - molti non vogliono essere parte della società, anche se la società sta tentando di aiutarli. Non c'è fiducia, solo amarezza e scetticismo. Nel caso dell'Italia, da ambo le parti."

"Mi chiamo Veronica Selimovic e sono italiana," piange la piccola zingara a piedi nudi mentre salta agilmente tra il fango e le pozze d'olio nel Campo Nomadi Aurelia ai margini di Roma. I giovani stanno tra i relitti delle automobili e carrozzerie arrugginite, fumando sigarette di contrabbando. Tutt'intorno a noi ci sono pneumatici bruciati, cartucciere, preservativi. Gli Zingari sono agitati. Sembrano pronti a partire nel mezzo della notte, dicono per una buona ragione. La figura politica che ora presiede sui loro campi, è Gianni Alemanno di Alleanza Nazionale, che ad aprile è stato eletto sindaco di Roma. Come ha assunto la funzione, i suoi supporter hanno fatto il saluto romano, cantando "Duce, Duce".

Maneggiando una fotografia in bianco e nero di suo padre, gli occhi glaucomici della sessantenne Satka Selimovic lacrimano mentre lei ricorda la sua vita ai margini della società italiana. "Sono nata in Italia, vicino a Venezia, dopo la II guerra mondiale. La mia famiglia pensava che la vita ci avrebbe offerto una seconda possibilità. Ho raccontato la stessa cosa ai miei bambini, che la vita sarebbe cambiata in meglio e loro lo raccontano a Veronica, la mia nipotina. La gente dice che siamo astiosi e da rimproverare perché di auto-isoliamo, ma noi diciamo ad ogni nuova generazione di Rom che saranno inclusi ed accettati, ed ogni volta assomiglia a un tradimento."

 
Di Fabrizio (del 21/02/2006 @ 01:25:19 in scuola, visitato 3400 volte)

[RIASSUNTO] Il 2 febbraio 2005, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Macedonia, Romania, Slovacchia, Serbia e Montenegro [...] diedero inizio al Decennio dell'Inclusione Rom, che sino al 2015 promuoverà azioni positive nel campo della scolarizzazione, della sanità, del miglioramento delle condizioni abitative e la creazione di posti di lavoro.

POLINA SLAVCHEVA, TEANNA SUNBERG e NEIL CONNOLLY tracciano un rapporto sulla situazione ad un anno di distanza:

In Bulgaria sono circa 400.000 gli appartenenti alla minoranza Rom.

Scolarizzazione: Non è un compito facile questa priorità. Sono stati stanziati un milione di leva. Questa la situazione nella cittadina di Botevgrad, dove vivono 2.325 Rom.

Vi dirò perché non vado a scuola – perché mi strappano lo zaino e mi rubano i guanti, mi spingono nei bagni e se cerco di scappare mi chiudono lì dentro” racconta Bobinka, bambina rom di sette anni; non sembra sorpresa di quanto le accade. Kamenov, suo padrino l'ha accompagnata fuori di casa per farla parlare. Lo stesso viene ripetuto da altri quattro vicini, sbucati dalle case a due piani di nudi mattoni.

Come faccio a mandarla a scuola? Torna a casa con la febbre. Dev'essere una forma nervosa, non so”. Vicino a Bobinka si è messo Miko, un altro ragazzino. Racconta di come fu espulso da scuola, quando picchiò chi se la prendeva con lui. Da qualche parte al primo piano, esce una chalga (musica tradizionale rumena) assordante, e intanto gli adulti elencano a Martn Peev, capo del Dipartimento di Integrazione Etnica di Botevgrad le rimostranze sulla disoccupazione, sulle cattive condizioni delle abitazioni, sulla riluttanza a mandare i figli a scuola nella parte meridionale della città.

Non ascoltate questi nonsense Malgal” (un dispregiativo per Rom) Anche Peev è un Rom e quel termine stupisce sentirlo dalla sua voce. “Le ho parlato e mi ha detto che lei vorrebbe andare a scuola,ma suo padrino non la lascia. Lui se ne frega. Non è sua figlia. Sua madre è da qualche parte in Germania, lavora. Lui non ha voglia di alzarsi presto, vestire la bambina e accompagnarla all'autobus. Poi dovrebbe andarla a prendere a mezzogiorno, quando torna. Ma preferisce andare a bere al bar.”

Il quartiere dove vive Bobinka ospita la maggior parte dei Rom di Botevgrad, circa l'11% della popolazione. Il quartiere ha un centro cittadino, negozi, uffici municipali, che il sindaco Georgi Georgiev ha donato ai Rom come regalo; il blocco di case ancora non terminate è costato circa 50.000 leva, le strade sono asfaltate. Altre case devono essere costruite e tutto sembra bello e dignitoso. Da quando è entrato in carica, Georgiev ha aiutato molti Rom a trovare lavoro nelle fabbriche comunali, ha fondato una squadra di calcio e un gruppo di ballo rom. Ciononostante, l'integrazione si blocca alle soglie della scuola. “E' una dannata fatica” dice Peev, “io mollerei, ma il boss (Georgiev) mi ripete: No, resterai fin quando te lo dirò io.”

Così, ad un anno dall'entrata in vigore del Decennio dell'Inclusione, i quattro Rom impiegati presso il Dipartimento di Integrazione Etnica si trovano ancora ad interpretare il ruolo dei genitori dei bambini di Botevgrad. Se un ragazzo non frequenta, ha brutti voti o qualche altro problema, gli insegnanti chiamano il dipartimento, che deve recarsi dalle famiglie per discutere sul da farsi. Secondo loro, spesso i genitori si disinteressano se i loro figli vadano o no a scuola.

Gli abbiamo parlato (a Kamenov), ci ha promesso che il giorno dopo l'avrebbe accompagnata, ma non l'ha fatto.” racconta Peev. “Ora dovrò fargli firmare dei documenti in cui si impegna a continuare a manfdare la bambina a scuola, anche se dovesse ripetere l'anno.” Continua Pavel Marinov, direttore della scuola Levski, adiacente il quartiere dei Rom: “L'attitudine dei genitori deve cambiare a livello nazionale, le istituzioni devono punire chi non manda i figli a scuola.”

Kamenov dice che vuole iscrivere Bobinka alla scuola Levski, dopo che è scappata dalla più grande Nikola Vaptsarov, nella zona sud della città. La scuola Vaptsarov dista circa un chilometro dal quartiere rom, e molti genitori si lamentano di non aver tempo di accompagnare i bambini sino lì. A luglio iniziò un collegamento via pullman verso la scuola “ma i bambini non volevano andare lì lo stesso” dice Peev, “perché... non so cosa volevano ancora”.

Marinov dice che non c'è posto per Bobinka nella scuola Levski, perché tutte le classi sono al completo. “Il numero di alunni per ogni classe viene deciso dal ministero. Non possiamo fare eccezioni. Se non manteniamo le proporzioni tra alunni rom e bulgari, questi ultimi inizieranno a lasciare la scuola. Non ci sono veri e propri conflitti tra di loro, è che un alto numero di alunni rom, toglerebbe spazio agli altri”.

Non si tratta soltanto di paventata minaccia identitaria. “Non è che [i bambini Rom] non vogliano studiare, è che non ne hanno l'abitudine [...]” dice Marinov. Poi continua spiegando che nell'ultimo anno ci sono stati miglioramenti connessi al programma di inclusione, messi rapidamente in crisi dalla crisi demografica della Bulgaria [vedi QUI ndr]. Se in classe ci sono più di sei o sette bambini rom, i genitori di quelli bulgari ritirano i loro figli. Secondo Marinov la soluzione sarebbe nel coordinamento con la più grande scuola Vaptsarov, ma il suo direttore Petia Kochkova “appare prevenuto ed è alla continua ricerca di un sistema per ripulire etnicamente le proprie classi”. Kochkova rifiuta le accuse e dice di aver sempre incoraggiato i bambini rom a frequentare la sua scuola: “Il problema non sono io e nemmeno gli insegnanti. Sono i loro genitori che non vogliono accompagnare i figli alla Vaptsarov. Noi andiamo personalmente in visita dalle famiglie che non mandano i figli a scuola, li invogliamo a frequentare [...]”.

(fine I puntata)
 

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