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\\ Mahalla : VAI : conflitti (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 20/10/2011 @ 08:55:38, in conflitti, visitato 2577 volte)

Lunedì scorso il tribunale ha dato l'OK per lo sgombero di Dale Farm, che è iniziato mercoledì mattina

Dalefarm.wordpress.com - Posted on October 19, 2011 by dalefarmsupport MATTINA

Lo sgombero è stato descritto dagli osservatori come brutale e illegale.

Altre immagini su The Mirror

Stamattina presto la polizia antisommossa e gli ufficiali giudiziari hanno preso d'assalto la comunità di Dale Farm con un raid all'alba. La polizia ha infranto l'ordinanza del tribunale, usando delle mazze per sfondare il recinto di una piazzola completamente legale, al fine di aprirsi un varco. Gli osservatori dei diritti umani riferiscono di diversi feriti dalla polizia tra i residenti e gli attivisti al momento della prima carica.

La polizia sta usando i taser (le pistole che danno la scarica elettrica ndr).

Residenti ed attivisti rimangono dentro il sito, molti di loro si sono incatenati ai cancelli e alle roulotte per resistere allo sgombero. La polizia ha violato il perimetro e sta procedendo.

Kathleen McCarthy, residente di Dale Farm, ha detto: "Il ricordo di Dale Farm peserà fortemente sulla Gran Bretagna per generazioni - siamo trascinati fuori dalle uniche case che avevamo in questo mondo. La nostra intera comunità è stata fatta a pezzi dal consiglio di Basildon e dai politici al governo."

Natalie Fox, del comitato di sostegno, ha detto: "La comunità traveller è stata criminalizzata, è stato reso illegale il loro viaggiare, ma non gli viene permesso di fermarsi. Se alle famiglie traveller non è permesso di fare di un'ex discarica la loro dimora, quando troveranno dove vivere?"

Lily Hayes, osservatore dei diritti umani, ha detto: "Il consiglio di Basildon sta violando l'ordinanza del tribunale sfondando le recinzioni di una piazzola assolutamente in regola a Dale Farm. Stanno anche operando brutalmente usando i taser contro chi protesta contro lo sgombero."

Cronaca della sera

Il consiglio di Basildon, il governo centrale e la polizia stanno affrontando diffuse proteste pubbliche ("Ci hanno promesso uno sgombero pacifico. Non è stato pacifico" THE GUARDIAN ndr) in seguito alle scene di brutalità poliziesca nel sito di Dale Farm dei Traveller dell'Essex. Attivisti e residenti sono stati oggetto di numerosi incidenti, colpiti da scariche elettriche dei taser, manganellati senza provocare e altri comportamenti brutali che hanno avuto come conseguenza l'ospedalizzazione di entrambi (Johnny Howorth: Nora Egan, altra residente mandata stamattina in ospedale, è tornata a #DaleFarm in sedia a rotelle. "Per lei in ospedale non c'erano letti" da Twitter ndr.).

Kathleen McCarthy (vedi sopra ndr.) ha descritto scene di "brutalità poliziesca. Ho visto residenti col sangue che gli colava dalla faccia, ed un altro mandato in ospedale dalle bastonate della polizia. La maniera in cui a polizia sta agendo, qui ha scioccato ed indignato tutti. Ci auguriamo che il mondo ci stia guardando."

Gli eventi di oggi sono stati ispirati da un raid della polizia all'alba, che ha visto distruggere una piazzola (vedi video successivi, ndr.), in palese violazione dell'ordine del tribunale. Questo ha causato ferite a diversi residenti, molti dei quali avevano cercato rifugio in quello che percepivano come un posto sicuro.

Ali Saunders, sostenitore di Dale Farm, ha detto "questo attacco alle vite delle famiglie di Dale Farm, ricadrà sulla coscienza di tutto il popolo britannico. I contribuenti sono stati obbligati a pagare 22 milioni di sterline per finanziare questa brutale operazione, che stanotte lascerà 82 famiglie senza un posto dove dormire. Fin dagli albori della mattina, la polizia non ha mostrato alcun riguardo per la sicurezza e la dignità dei residenti, o la proporzionalità della forza da impiegare. Le modalità con cui il consiglio di Basildon ha condotto lo sgombero, confermano quanto era apparso chiaramente durante tutto il processo legale: cioè che vedono i Traveller come cittadini di seconda classe da cacciare dall'area." (alla fine della giornata si conteranno 23 arresti, ndr.)

Il vescovo di Chelmsford e padre Dan Mason, il prete del luogo, hanno rilasciato una dichiarazione che condanna "l'atteggiamento violento" adoperato dalla polizia con l'uso di taser e manganelli.

Il vescovo di Chelmsford ha aggiunto "Ricordiamoci che questo sgombero non risolve i problemi, ma li sposta altrove. Queste famiglie da qualche parte dovranno dormire stanotte."

Media enquiries: 07040900905, 07583761462
Twitter: @letdalefarmlive


(ndr.) A volte mi rimproverano di guardare a ciò che succede intorno con un occhio troppo personale e per niente oggettivo.
E' vero: non riesco a togliermi dalla testa quando sono stato a Dale Farm, e dormivo sulla paglia assieme agli altri ragazzi del comitato di solidarietà.
Una donna vide che non avevo niente per coprirmi e mi diede una coperta. Era tra le tante a rischio sgombero.
Capirete come mi sento da ieri.

Mi resta una domanda: scene simili le vediamo spesso in televisione, dai conflitti e dalle violenze in quello che per cattiva coscienza chiamiamo "Terzo Mondo". Dico "cattiva coscienza" per la gioia nascosta che ci prende: "Guarda quei mezzi selvaggi, per fortuna che in Europa ci siamo evoluti!"
Non manca mai chi, seduto in poltrona e ciabatte ai piedi, mentalmente fa il tifo per la fazione più bastonata e "politicamente corretta". Politicamente corretti i "nomadi" non lo sono mai stati... ma se sono a qualche migliaio di km. dal nostro portafoglio, forse hanno qualche speranza di trovare la simpatia di questo isolato tifoso.
Che schiaffo alle nostre sicurezze, sapere che il mitizzato e violento "Terzo Mondo" fisicamente ci appartiene, e anche nel cuore del nostro continente c'è ancora chi deve lottare per la terra.

 
Di Fabrizio (del 21/10/2011 @ 09:41:53, in conflitti, visitato 1886 volte)

Craig Murray, ex ambasciatore, attivista dei diritti umani - 19 settembre 2011

(foto da Romea.cz)

L'antiziganismo è l'ultimo razzismo socialmente accettabile. Anche i commentatori abitali di questo blog postano cose simili: "Arrivano e combinano pasticci incredibili", "Hanno fregato nel mio locale", [...] ed altre caricature etniche. "Loro", senza dubbio, rubano i bambini.

Stamattina in TV osservare in diretta la violenta pulizia etnica nell'Essex è stata un'esperienza straziante. Il consigliere Tony Ball, leader dell'autorità che stava conducendo la pulizia etnica, star di Murdoch, spiegava che la sua azione è popolare. Non ho dubbi che lo sia. Sarebbe popolare a Basildon se ogni giorno il consiglio appendesse un uomo di colore al pennone della bandiera. Senza dubbio il piccolo bigotto compiaciuto di sé stamattina è un uomo felice.

Quanti giustificano la sottrazione delle case alle famiglie, distruggere una comunità ed interrompere la scolarizzazione dei bambini, sulla base di una rigida interpretazione della legalità e dei permessi edificativi, deve rispondere anche di questa strettoia del punto legale. L'attacco (perché tale è stato) a Dale Farm questa mattina è stato condotto dalla polizia antisommossa e senza la partecipazione degli ufficiali giudiziari. Almeno due donne, entrambe Traveller e residenti permanenti del sito, hanno avuto bisogno di cure mediche. La polizia ha sfondato le recinzioni sia interne che esterne, cosa che era stata espressamente vietata dall'Alta Corte, dicendo che le proprietà erano dei Traveller e non potevano essere distrutte dagli ufficiali giudiziari. Cosa ha a che fare questo atto illegale di distruzione con la reiterata difesa legalistica di questo attacco razzista?

Murdoch News di stamattina ha anticipato la difesa legale della polizia. "L'Intelligence" della polizia aveva informazioni su una "riserva di oggetti da usare come armi". Hanno perciò dovuto assaltare il campo nell'interesse della sicurezza pubblica. Per questo dovevano infrangere il giudizio dell'Alta Corte: demolire le recinzioni protette come una misura d'emergenza per salvare vite. Tutto ciò è un pretesto trasparente, un mancato rispetto della legge da parte della polizia, ben peggiore di qualsiasi suo infrangimento da parte dei Traveller, perché il comportamento susseguente della polizia è sfociato in violenze e lesioni. Le scorte di armi ovviamente non esistevano.

Torniamo ai fatti chiave: anche se situato nella "greenbelt", ogni cm. del sito dei Traveller era in precedenza una fascia degradata, occupata da una discarica. Le foto dal satellite (QUI ndr) provano che i Traveller non hanno invaso la Greenbelt. La ragione per cui non hanno ottenuto i permessi di edificazione è che diverse richieste in questo senso sono state respinte, e la ragione di questorifiuto è che il consiglio di Basildon è razzista. Senza dubbio qualsiasi simpatico costruttore Tory avrebbe ottenuto il permesso di riempire di case quella ex discarica. I Traveller erano proprietari del terreno su cui risiedevano.

Che male facevano? Nessuno Qual era il loro crimine? La loro etnia. Tutto il resto è camuffamento legalistico, del tipo utilizzato da ogni stato per perseguire ovunque la pulizia etnica. Agli occhi dello stato che la svolge, la polizia etnica ha sempre la sua ragione nel rispetto della legge. E' piuttosto questo il punto.


Comunicazione di tutt'altro genere: in questo momento mi è difficile raccogliere testimonianze dirette da Dale Farm: ignoro se alcune persone con cui ero in contatto siano state arrestate o malmenate dalla polizia.
Traduco con gioia una nota di S., una delle colonne tra i sostenitori di Dale Farm e per un certo periodo dato per disperso dopo gli scontri, arrivata ieri (pubblico col consenso dell'interessato):

Prima di tutto, grazie a quanti ieri hanno commentato sul mio profilo FB, inviato SMS, o in qualsiasi altro modo abbiano cercato di offrirmi sostegno.

Ho avuto così tante richieste, specialmente attorno alle 14.00, che la mia batteria s'è esaurita. Come sapete l'energia elettrica a Dale Farm era stata tagliata e non avevo modo di collegarmi a FB per rispondere a tutti.

La polizia antisommossa ha usato tecniche apposite per contenerci per ore, anche se ad un certo punto ho pensato di scavalcare le impalcature e superare le loro teste attraverso gli alberi, come se fossi stato minuscolo... LOL

Sono arrivato a Dale Farm qualche tempo fa, per offrire il mio sostegno e la mia solidarietà ad una comunità che è stata e continua ad essere in un disperato bisogno di aiuto da parte degli altri. Le mie ragioni sono personali, ma chi mi conosce sa che non posso accettare il razzismo sotto qualsiasi forma. E nessuno mi convincerà che lo sgombero di ieri, forzato, brutale ed orrendo, non è stato altro che un programma razzista per cui alcuni disprezzano la popolazione zingara-viaggiante in questo paese e altrove.

Anche se non voglio commentare o seguire la retorica anti Dale Farm che abbiamo visto nei mesi scorsi in alcuni siti internet, non si può tacere che quanti sono stati d'accordo con lo sgombero ed il modo in cui è stato condotto, hanno secondo me scelto deliberatamente di ignorare i sotterranei moti vi razzisti alla base di tutta questa vicenda.

Dale Farm è l'inizio della fine per quanti pensano di poter "spianare" la loro strada sulla vita di Traveller-Rom e zingari. I residenti di Dale Farm hanno mostrato un immenso coraggio e convinzione nel mantenere la loro posizione perché le loro case e vite non andassero distrutte. Come abbiamo visto e continuiamo a vedere ancora adesso in tutto il mondo, questo singolo ma storico evento costringerà le autorità locali ed il governo a ripensare le proprie strategie su come "gestire" in futuro tutto ciò, e con ciò credo veramente che alla fine i Traveller otterranno il rispetto e la dignità che meritano.

Personalmente mi sento privilegiato per essere stato ammesso a prendere parte alle proteste ed alla resistenza, e che le famiglie di Dale Farm mi abbiano accettato sulla loro terra e nelle loro case. Ho conosciuto nuovi e buoni amici sia a Dale Farm che attraverso la rete dei siti internet.

Non è ancora finita, se me lo permetteranno continuerò ad appoggiare i residenti di Dale Farm e la comunità viaggiante, anche sottoponendo alla polizia i commenti razzisti di alcuni siti anti-viaggianti ed assicurandomi che gli autori siano giudicati.

Infine, non ho dubbi, da quanto dei Traveller di Dale Farm, che siano stati e sono pienamente a favore degli attivisti e manifestanti di Camp Costant, per l'azione svolta a difesa delle loro case, bambini e terra.

La conclusione era inevitabile, ma io, assieme a molti altri, a volte ho davvero creduto che potessimo vincere e che il risultato per i residenti sarebbe stato di rimanere fino a che non si fosse trovata una soluzione adatta e culturalmente accettabile. Tutto ciò è molto triste per la cosiddetta giustizia britannica...

 
Di Fabrizio (del 01/11/2011 @ 09:33:17, in conflitti, visitato 1356 volte)

Scrivevo l'articolo precedente che piccole e grandi violenze contro Rom e Sinti, accadono e possono accadere ovunque... anche in Italia (ricordate Ponticelli?).
Questo è quanto riportato in un COMUNICATO STAMPA del Gruppo Sostegno Forlanini. Intanto è già ripartita la raccolta fondi e beni; chi volesse proporre, si metta in contatto con Stefano Nutini

Sabato 22 ottobre mattina il piccolo insediamento di rom rumeni compreso tra lo svincolo/immissione della Tangenziale est e il fiume Lambro, sul lato del Parco Forlanini, al confine tra Segrate e Milano, è stato colpito da un attacco incendiario, che ha distrutto alcune baracchine e una tenda; secondo quello che il Gruppo sostegno Forlanini è riuscito a ricostruire insieme agli abitanti, il rogo è stato causato dalla vendetta di un italiano che ha esplicitamente ammesso, prima davanti a due rom sconcertati e poi davanti a un altro abitante del campo, di essersi fatto giustizia da solo, in quanto li accusava - senza alcuna prova - di avergli sottratto portafoglio e telefonino dall'auto mentre lui correva di primissima mattina nel Parco Forlanini. L'italiano è poi in ogni caso sfrecciato via con la sua potente auto, senza lasciar traccia di sé.
Questo fatto, maturato ai danni di persone innocenti, è drammaticamente sconcertante, anche per l'ammissione sfrontata del sedicente autore, in presenza delle forze dell'ordine e dei vigili del fuoco che nel frattempo erano intervenuti per spegnere le fiamme e il fumo, che invadevano pericolosamente la tangenziale stessa.
Nei mesi scorsi, in almeno due altre occasioni, rispettivamente a notte fonda e la mattina presto, il campo era stato fatto segno ad alcuni colpi di arma da fuoco, sparati in aria, probabilmente dalla vicina tangenziale.

Come Gruppo sostegno Forlanini - sulla base delle testimonianze raccolte dagli abitanti del campo, che da tempo seguiamo per le esigenze della loro difficile vita quotidiana, oltre che per l'impegno nell'accompagnamento sociale - denunciamo questi episodi crudi, che avrebbero potuto avere conseguenze anche gravissime per la vita di uomini e donne, al pari dei danni ai beni preziosi (tende, materassi, coperte, baracche, bombole del gas, vestiario) che comunque sono stati irreparabilmente distrutti in tal modo; troviamo altamente deprecabile il ricorso a forme di giustizia "fai da te" che sono tanto immotivate e indiscriminate quanto pericolose, frutti di una persecuzione razzista, la stessa che avevamo denunciato tempo fa nella pratica istituzionale degli sgomberi, inumani e privi di alternative.

 
Di Fabrizio (del 04/11/2011 @ 09:00:36, in conflitti, visitato 1696 volte)

E' da un po' di tempo che non dedico attenzione all'Ungheria. Di quanto è successo nei mesi scorsi a Gyöngyöspata ne parlai questa primavera. Trovo su Chiara-di-notte.blogspot.com l'aggiornamento che riporto sotto. Dall'autrice di quel blog mi arriva anche un invito a dare spazio a figure femminili che tra i Rom si battano non solo contro le discriminazioni esterne, ma anche contro quelle interne alla comunità, come ad esempio Ostalinda Maya Ovalle. Tempo permettendo, ci proverò.

L'articolo sara' un po' lungo - ed anche noioso -, pertanto ho scelto di proporlo diviso in piu' parti, in modo da renderlo maggiormente scorrevole alla lettura e piu' snello all'eventuale discussione che dovesse svilupparsi. Conto di poter, con le parti successive e i commenti, sviscerare quelle eventuali domande o dubbi che credo siano presenti quando si parla di zingari, di gadje', di razzismo, d'intolleranza, di colpe e cause di un fenomeno che ormai sta dilagando in tutta Europa.

L'Ungheria e' in crisi. Le tensioni con la popolazione zingara minacciano di lacerare l'intero tessuto sociale del paese. Nonostante il popolo rom abbia qui vissuto armoniosamente per cinque secoli, ora, con l'ascesa della destra xenofoba e razzista, vigilantes seminano il terrore nelle comunita' tzigane ed e' soprattutto nella citta' di Gyöngyöspata che il problema, alcuni mesi fa, e' esploso prepotentemente svegliando la coscienza sopita di molte persone.

Gyöngyöspata e' una piccola citta' che si trova nel nord-est dell'Ungheria, ad un'ora e mezzo di strada da Budapest. Per chi non conosce questa terra e vi si reca da turista, e' un luogo che possiede quel fascino tipico di ogni cittadina ungherese della regione: una imponente chiesa bianca e le case dai tetti rosso stucco disseminate lungo un ordinato e ben curato paesaggio di campagna. Pero', alla periferia, su entrambi i lati di un torrente che ogni volta che piove tracima, c'e' quello che i turisti non vedranno mai: il ghetto zingaro. Case fatiscenti dove il soffitto fa fatica a non crollare. Una cucina, un paio camerette e dieci, quindici, persone che ci vivono dentro ammassate. Sono moltissimi i bambini.

Se riuscirete a farvi accettare, potrete essere invitati ad entrare. Allora vi siederete su un letto povero e dondolante, mentre intorno a voi i bimbi, sorprendentemente tutti sempre allegri e sorridenti, inizieranno a danzare al ritmo di qualsiasi musica esca dall'altoparlante della vecchia radio. Nella piccola cucina, ci sara' di sicuro un'enorme pentola di riso bollente sul fuoco, quella che serve ogni giorno per il pranzo e la cena. La padrona di casa vi raccontera' con un sorriso pieno d'orgoglio della sua famiglia e dei suoi nipoti, molti dei quali vi fisseranno come se foste dei viaggiatori giunti da un lontano pianeta.

In queste famiglie, ormai, nessuno piu' ha un lavoro o la speranza di trovarne uno. Il tasso di natalita' nella comunita' tzigana e' il doppio di quello dei gadje' - i non zingari - e sono pochi i bambini che frequentano una scuola. Le cose sono precipitate negli ultimi tempi, con la crisi economica. Lo Stato risulta sempre piu' assente ed ha tagliato moltissimi dei fondi destinati al welfare e alla tutela delle minoranze. Per questo motivo un po' tutti, zingari e non, per ragioni diverse, stanno cominciando a perdere la pazienza, ed e' sempre piu' tangibile la sensazione che le due comunita', incitate anche dai tanti politicanti che mestano nel torbido, difficilmente riusciranno ad andare d'accordo come e' avvenuto in passato.



Quello della difficile coesistenza fra zingari e gadje', che piu' di ogni altra cosa rappresenta non solo simbolicamente l'enorme divario fra chi oggi ha qualcosa e chi invece non ha niente, e' un problema che esiste in tutta Europa. Dalla Bulgaria alla Gran Bretagna, dall'Italia alla Francia, oggi il vecchio continente e' alle prese con un nuovo focolaio di intolleranza xenofoba, ed anche stavolta, come sempre, a farne le spese saranno i piu' deboli, vale a dire coloro che non possono difendersi su cui si riversera' l'odio e la rabbia di tutti: gli zingari.

Si deve dire che fin da quando sono arrivati nel XV secolo, raramente le relazioni degli zingari con le comunita' locali sono andate lisce. Hitler non e' e non sara' certo l'ultimo ad aver tentato di sterminare questo popolo che gia' molti altri, in passato, avevano gia' cercato di cancellare dalla faccia della terra, ed e' nei discorsi di tanta gente, fra i buonismi ipocriti di chi si mette a piangere per i cagnetti abbandonati, che spesso si riscontra questo antico desiderio atavico: sterminare chi viene ritenuto diverso, inferiore, inutile, apportatore solo di degrado, sporcizia, malaffare.

Tutto cio' lo si puo' vedere bene da cio' che accade in molti paesi al cui governo sono arrivati partiti populisti e di chiara matrice razzista, ma anche laddove il diritto di rimanere zingari non era mai stato messo in discussione. Paesi in cui le tensioni continuano pero' ad aumentare. In Gran Bretagna, l'intolleranza e' cresciuta a dismisura negli ultimi anni a causa delle ondate di immigrazione dalla Romania e Bulgaria, ma anche in Bulgaria e Romania, paesi dove gli zingari hanno vissuto in gran numero per secoli, esiste tuttora un'inestinguibile discriminazione. Persino in Spagna, unico paese europeo che dopo la morte di Franco puo' vantare dei veri successi in fatto di tolleranza e integrazione, il tasso di abbandono della scuola da parte dei bimbi gitani e' dell'80%.

Nei confronti dei Rom persiste un po' ovunque l'immagine di una comunita' di fuorilegge, piccoli criminali, inetti, miserabili che sbarcano il lunario sopravvivendo ai margini della societa'. Questo, da alcuni anni, lo si riscontra anche in Ungheria, uno dei paesi in cui fino a poco tempo fa ci si poteva aspettare che le cose andassero meglio. Dopo tutto, gli zingari qui ci hanno vissuto per un lungo periodo di tempo - circa cinquecento anni – tanto che le parole "ungherese" e "tzigano" alla fine si integrano perfettamente. Come in Spagna per i gitani, l'immaginario artistico del Rom ungheresi, specialmente nella musica, si e' intrecciato con l'identita' culturale dell'intera nazione. Senza gli tzigani, infatti, Franz Liszt non avrebbe mai potuto comporre le sue melodie.

I Rom di Ungheria, fra l'altro, sono anche i piu' importanti dal punto di vista sociale e a un livello culturale piu' alto che altrove, ad eccezione forse della sola Russia. Ci sono quattro deputati rom nel parlamento ungherese, e l'unica eurodeputata rom a Strasburgo e' ungherese. Molti funzionari del governo lo sono, ed anche gran parte della burocrazia. Eppure, fra tutti i luoghi, e' proprio in Ungheria, dove non ci sono problemi legati all'immigrazione o alla lingua, che gli zingari sembrano costituire una potenziale e grave minaccia per il futuro della nazione.



Lo scorso marzo, centinaia di vigilantes in divisa hanno fatto irruzione in Gyöngyöspata rimanendovi per tre settimane. Vestiti in uniformi paramilitari nere, sono entrati nel ghetto zingaro ed hanno iniziato a pattugliarlo ostentatamente, come se fossero poliziotti. Appartenevano ad un'organizzazione chiamata Szebb Jövőért Polgárőr Egyesület (Guardia Civile per un Futuro Migliore), una frangia del partito di estrema destra Jobbik.

Con gli atteggiamenti tipici dei nazisti, questa gente ha pattugliato la citta' giorno e notte, gridando ed impedendo ai rom di dormire, oppure minacciandoli con armi e cani, o seguendoli ogni volta che lasciavano le loro case, senza che la polizia locale dicesse o facesse niente. I bambini avevano paura di andare a scuola, gli uomini non se la sentivano di andare a lavorare e alle madri veniva impedito di entrare nei negozi a comprare cibo. Questa situazione ha avuto fine solo quando la Croce Rossa ungherese ha evacuato tutti i rom, portandoli via a bordo di autobus.

E' stata l'ascesa dell'estrema destra magiara, che nelle ultime elezioni ha raggiunto oltre il 15%, che ha rinfocolato e dato forza a questo sentimento antitzigano che non si vedeva piu' dai tempi del nazismo. Qualcosa che preoccupa e spaventa tutti, persino i liberali ungheresi tradizionalmente di destra. Si deve tener conto che l'etnia rom in Ungheria rappresenta oltre l'8% dell'intera popolazione e cio' che potrebbe scaturire da un'eventuale sommossa, qualora gli animi fossero esacerbati, non e' prevedibile ne' auspicabile.

In questo clima d'intolleranza e razzismo, non sono mancate le violenze fisiche e neppure svariati attacchi omicidi: sono nove gli zingari uccisi negli ultimi tre anni. La tecnica preferita degli aggressori e' quella di colpire una casa ai margini di un villaggio, gettare una bottiglia molotov, attendere che gli abitanti fuggano dalle fiamme per poi sparare loro addosso quando escono. Ma al di la' di questi dati scioccanti e del cieco pregiudizio, cio' che manca e' una spiegazione del perche' tutto cio' stia accadendo proprio ora.

Ovviamente, si tratta anche di un problema locale. In Gyöngyöspata il problema sono gli alloggi, cioe' le misere case degli zingari, fatiscenti e considerate pericolose dal punto della stabilita' strutturale - anche se alcune sono migliori e piu' solide di altre - che sono tutte raggruppate insieme sul bordo della citta'. Quando la Croce Rossa ha proposto di risistemare alcune famiglie in alloggi meno malsani piu' vicini al centro della citta', cio' ha infiammato l'intolleranza dei gadje' che non volevano "mischiarsi" a chi, a loro giudizio, avrebbe portato in citta' degrado, sporcizia e traffici illeciti. Senza considerare che non si trattava di intrusi, di invasori, di inferiori da ghettizzare, ma di una popolazione ben radicata che vive in Ungheria da centinaia d'anni. Gli zingari di Gyöngyöspata, infatti, cantavano l'inno nazionale in faccia ai vigilantes. Ed avevano tutto il diritto di farlo essendo ad ogni effetto cittadini ungheresi, uguali agli altri per diritto costituzionale oltre che per diritto "umano".

 "Because your skin is a little darker" from Gypata on Vimeo.

(continua…)

 
Di Fabrizio (del 06/12/2011 @ 09:59:21, in conflitti, visitato 1523 volte)

Da Roma_und_Sinti

La foto è di Ververipen, Rroms por la diversidad (tratta da Facebook)

Signore e signori,

Le OnG EUROM e Romane Romnja hanno in comune un centro culturale a Colonia.

Il centro è stato attaccato nella notte tra il 27 e il 28 novembre 2011. Sconosciuti hanno tracciato simboli anticostituzionali sui muri. La polizia ha documentato l'attacco ed è stata sporta denuncia.

Vi esortiamo a non dare spazio a questi criminali da nessuna parte, nella nostra città o altrove!

Chiediamo gentilmente solidarietà e riscontro.

[...]

Colonia, 29 novembre 2011

NGO EUROM
Aladin Sejdic, Jure Leko e Snijezana Moskopp - http://eurom.me/

Romane Romnja
Indira Lösbrock e Gordana Herold - romane.romnja@yahoo.de

 
Jag
Di Fabrizio (del 11/12/2011 @ 09:23:18, in conflitti, visitato 2422 volte)

"Desideri, disperazioni e voglia di normalità dalla periferia più periferica" Lo trovate nella colonna centrale in alto, dove appaiono delle frasi a rotazione. Sabato scorso era una di quelle serate che mi concedo una volta all'anno, niente di particolare: quattro chiacchiere con gli amici, pizza, birra, cinemino...

Rientro e l'incanto di una serata normale finisce con l'accensione del computer: Incendiato un campo nomadi dopo il corteo per lo stupro inventato. Gli amici  commentano a spron battuto, non li conosco tutti, ma è come una chiamata a raccolta di pezzi sparsi di società civile. Mi scuso con loro, se non mi sono subito fatto vivo, ma è altrettanto importante scriverne quando le ceneri vanno raffreddandosi e cominciamo ad illuderci che non sia successo niente (fino alle prossime fiamme).

Vedete, da una parte c'è la cronaca: e dovremmo chiamare tutto ciò con il suo nome: POGROM, che è storia nostra, dei cosiddetti "civilizzati", con le testimonianze di chi viene cacciato che emergono a distanza di anni. Dopo anni, si cominciò a ragionare di cosa successe in uno sperduto villaggio rumeno, quando ormai le fiamme erano dilagate nel continente. Anche da noi (non vale riscoprirsi innocenti ora): Opera, Ponticelli... ricordate? Che fine ha fatto chi teneva in mano l'accendino, chi acquistò le taniche di benzina? Non sto parlando di malagiustizia italiana, è così ovunque. E che fine ha fatto chi non si sporcò le mani, ma aizzò la folla finché non la vide partire in corteo con le torce accese? Ripeto: è la nostra storia, che vediamo come un fascismo che non passa, ma che c'era già prima...

Ci sono anche gli ALTRI nella cronaca, ma non riusciamo a sentirli. Jag, significa fuoco in romanés, e fa parte tanto della vita che della morte. Perché il fuoco è l'amico che si conosce sin dall'infanzia, quando ancora si girava o adesso che ci si è fermati, quando sei in un campo ABUSIVO, o in un campo REGOLARE dove comunque non hai più accesso all'elettricità. Il fuoco è CULTURA, perché ha sentito tutti i racconti dei vecchi, ha visto tutti i balli delle bambine, ha ascoltato tanti violini. Ma chi di voi ha mai visto con che rapidità prenda fuoco una baracca di legno o una roulotte, sa che l'amico può diventare il diavolo in persona, quando si scatena.

Può scatenarlo la folla inferocita, ma a volte basta solo una distrazione, oppure può essere il sacrificio finale del rito di uno sgombero, ufficiato dalle stesse autorità che sono preposte al rispetto e alla salvaguardia della vita umana.

E qui torno alla nostra, di società: cosa è UMANO (e cosa non lo è)? Il campo dato alle fiamme a Torino viene descritto come ABUSIVO, ma anche come TOLLERATO. Attenzione alle parole: certo, stiamo parlando di un campo, ma come dobbiamo "classificare" quegli uomini, donne, bambini, che lo abitavano? Abusivi? Tollerati? Se è questa la loro condizione UMANA, allora ha una sua ragione la follia di chi appica (appiccherà ancora, NON DIMENTICHIAMOLO) il fuoco per razzismo, frustrazione personale, noia, gioco ecc., perché non riconosce alle vittime la condizione di persone titolari di diritti e doveri.

Le ragioni possono essere un furto, una violenza (che per fortuna, stavolta non è avvenuta); non è onore, neanche difesa degli affetti, ma un puro e semplice ribadire un concetto di proprietà contro chi è povero ed escluso. E' la doppia morale di una Forza Nuova non minoritaria, ma diffusa in chi fa della paura la sua arma politica. E ne trae una doppia moralità:

  1. Un manifesto
  2. "Stupratele, tanto abortiscono"

Ma attenzione, Forza Nuova diffusa significa anche, se un campo è TOLLERATO, che chi gli da fuoco può godere di TOLLERANZA: "I rivoltosi si sono così calmati e allontanati alla spicciolata. Fermato uno dei manifestanti. Un'altra ventina di persone che avrebbero partecipato all'assalto sono state identificate" alla faccia della legge.

 
Di Fabrizio (del 28/12/2011 @ 09:35:15, in conflitti, visitato 1783 volte)

Il cuore d’Europa from Linkiesta.it on Vimeo.

Documentario di Roberto Festa e Claudio Maggiolini Produzione Serial Flowers

 
Di Fabrizio (del 07/01/2012 @ 09:16:05, in conflitti, visitato 1691 volte)

Se permettete, dopo alcune considerazioni al volo

TorinoOggiNotizie.it

Torino - Proseguono, ma senza grosse novità, le indagini sul raid al campo rom della Continassa a Torino, avvenuto il 10 dicembre scorso. Secondo quanto riportato da Repubblica.it il sostituto procuratore Laura Longo, che conduce le indagini, è amareggiata per il "muro d'omertà" in cui si sono abbattuti finora gli inquirenti: "Non so se la gente abbia davvero paura o se ci sia dell'altro. I carabinieri hanno sentito moltissime persone, interrogato testimoni e persino chiesto ad associazioni di volontariato. Eppure nessuno ha avuto il coraggio di dire nulla".

A quasi un mese dal fatto sono state arrestate solamente due persone e nessuno degli aggressori - tra cui pare vi siano diversi ultras della Juventus - è stato individuato. Secondo quanto scritto dai giudici sembrerebbe che il quartiere delle Vallette si sia chiuso a riccio per per proteggere i responsabili di tale spedizione punitiva.

Il raid, nel quale cento persone avevano incendiato baracche e roulotte dei rom, era stato infatti scatenato dalla denuncia di stupro, poi rivelatasi inventata, di una ragazzina torinese.


La notizia circola ormai da qualche giorno. Ho notato che qualcuno se n'è stupito, come se non sapesse già come pensa e come agisce il suo vicino, il giornalaio sotto casa... l'italiano medio, insomma.

Vi è mai capitato, visto che di solito i giornali non si lasciano sfuggire una notizia che sia una, di leggere delle indagini in una comunità rom, quando è uno di loro ad essere protetto dall'omertà dei suoi simili?

Se l'argomento non fosse serio, verrebbe da pensare che stiamo assistendo ad un caso di INTEGRAZIONE AL CONTRARIO: noi, quelli che vorrebbero dare il buon esempio a questi selvaggi, quando siamo messi alle strette ci comportiamo al loro medesimo modo. Peggio, se possibile. Ed ammesso che abbia senso questa gara su chi abbia scoperto prima l'omertà, i Rom da una parte ed il paese che ha inventato mafia e camorra dall'altra.

In fondo, NON E' SUCCESSO NIENTE

 
Di Fabrizio (del 27/01/2012 @ 09:14:31, in conflitti, visitato 1853 volte)

Franzmagazine.com
Il racconto di Zijo Ribic è agghiacciante ma a colpire chi lo ascolta sono soprattutto le conclusioni a cui è giunto questo ventisettenne bosniaco musulmano di etnia rom, a cui i nazionalisti serbi hanno sterminato l'intera famiglia. «Non so se li odio – dice – forse perché non mi hanno insegnato a odiare e allora questo sentimento non mi appartiene». A chi gli obietta dopo quello che gli è accaduto l'odio a prima vista sembrerebbe la reazione più naturale Zijo risponde in modo lucido: «Il fatto che venga fatta giustizia per me è secondario, mi interessa invece che venga affermata la verità, che si sappia quello che è successo perché noi rom non siamo animali ma persone». In questi giorni Zijo Ribic è a Bolzano su invito della Fondazione Langer, da anni impegnata nell'ambito dell'iniziativa Adopt Srebrenica, non solo a sostenere il ricordo del genocidio avvenuto negli anni'90 nella ex Jugoslavia, ma anche nell'aiuto concreto di chi come Zijo ha avuto la vita segnata in maniera indelebile da fatti che hanno poco di umano, ma che sono avvenuti a poche centinaia di chilometri da noi. Zijo Ribic sarà protagonista domani 13 gennaio (ore 20, Sala Giuliani del Teatro Cristallo) di un incontro pubblico in cui verrà anche presentato un documentario inedito sulla sua storia. Incontriamo Zijo nella sede della Fondazione Langer ed iniziamo la nostra intervista cercando di immaginare che razza di vita sia quella delle persone che, come lui, per poter trovare aiuto sono condannate a ricordare quotidianamente gli orrori che stanno scritti nella propria storia.

Dove vive oggi Zijo Ribic?
«A uzla, in Bosnia. Per un paio di stagioni ho lavorato anche in Italia, a Rimini. A Tuzla lavoro come cuoco in un albergo ma c'è la crisi e allora da quasi un anno non mi pagano lo stipendio. Vivo in una stanza in affitto che non riesco a pagare. Oggi come oggi non cerco altro che un lavoro qualsiasi che mi permetta di costruirmi una vita normale, una famiglia».

Lei è stato il primo il primo rom ad aver portato in tribunale la questione del genocidio del suo popolo. Un genocidio dimenticato, passato in secondo piano sia durante l'Olocausto della Seconda Guerra Mondiale, che durante le guerre jugoslave degli anni'90.
«Nel 2005 un mio parente mi ha messo in contatto con Natasha Kandic, una sociologa che ha vinto il Premio Langer nel 2000 e che ha fondato a Belgrado un centro attivo fin dal'92 con lo scopo di fare luce sui terribili eventi accaduti durante la guerra. Ho deciso di raccontare la mia storia e denunciare gli autori dello sterminio della mia famiglia e del mio villaggio. Grazie al sostegno e all'assistenza della Kandic e del suo staff sono state quindi avviate delle indagini che hanno portato nel 2009 all'inizio di un processo, tutt'ora in corso, contro gli autori materiali del massacro nella mia città di Skocic».

Quelle persone sono oggi in libertà?
«No. Parte di loro sono in carcere in attesa della sentenza, altre sono agli arresti domiciliari».

Quale forza ci vuole per prendere parte ad un processo contro coloro che hanno assassinato tutta la propria famiglia?
«Innanzitutto bisogna avere i soldi per comprare il biglietto del treno per Belgrado, fatto tutt'altro che scontato. Per fortuna in patria c'è la signora Kandic che mi aiuta e, come vedete, mi sta sostenendo anche la Fondazione Langer».

Cosa accadde quel 12 luglio del 1992?
«Anche dopo tanti anni mi ricordo tutto, come se fosse successo ieri. Mi ricordo quando sono arrivati e ci hanno presi. Prima ci hanno picchiati, cercando oro e armi e dicendo che non avrebbero fatto niente alle donne e ai bambini. Poi invece ci hanno raggruppati tutti davanti alla casa dove hanno violentato mia sorella maggiore Zlatija davanti ai miei occhi. Sono quindi arrivati due camion che ci hanno portati in campagna dove ci hanno fatto scendere uno alla volta conducendoci verso una fossa appena scavata. Io piangevo, chiedendo di vedere mia madre e loro mi rispondevano che l'avrei vista subito. Quando è arrivato il mio turno ho sentito degli spari e il fendente di una lama sul collo. Ho fatto finta di essere morto e mi hanno gettato nella fossa insieme agli altri che avevano appena ammazzato».

Come ha fatto a sopravvivere?
«Dopo un po' sono riuscito a risalire dalla fossa e sono scappato nel bosco. Lì ho trovato una casa abbandonata dove mi sono fermato a dormire. Il giorno ho incontrato un soldato che indossava l'uniforme dell'Esercito Popolare Jugoslavo. Il soldato e un suo commilitone mi hanno aiutato».

Dunque dei serbi le hanno sterminato la famiglia ed altri serbi l'hanno invece aiutata…
«Non sono stati i soli. Mi hanno portato in un'infermeria dove ho visto le stesse persone che la sera prima hanno ucciso i miei familiari. Mi sono aggrappato ai due soldati che mi hanno salvato e non li ho più mollati. Mi hanno allora condotto all'ospedale di una località che si chiama Zvornik, dove sono rimasto per tre anni, protetto da coloro che volevano portarmi via per uccidermi. Ero pesantemente traumatizzato per quello che avevo vissuto e sono stato curato».

E poi?
«Grazie ad un progetto dell'Unicef, sono stato portato in un orfanotrofio in Montenegro. Dopo 5 anni trascorsi lì sono tornato in Bosnia, a Tuzla, ospite di un altro orfanotrofio e mi sono diplomato poi alla scuola alberghiera».

Com'è oggi la situazione in Bosnia?
«C'è la crisi economica anche lì, molto più grave che in Italia. Per quanto riguarda la pacificazione i passi in avanti sono stati molto pochi. In ogni caso la situazione è diversa tra una località e l'altra. A Tuzla dove vivo oggi la situazione è migliore perché anche durante la guerra c'era stato un atteggiamento migliore da parte dei serbi nei confronti dei musulmani. Ma in altre località come Srebrenica è tutto ancora completamente diviso tra le etnie. La pulizia etnica ha fatto il suo corso e ricordare quanto è avvenuto negli anni Novanta è ancora molto doloroso per tutti. La politica poi fa la sua parte, sia in Serbia che in Bosnia, per allungare i tempi all'infinito. Ed il genocidio di noi rom è ancora immerso nell'oblio, quasi come fossimo delle vittime di serie B, di cui non è importante occuparsi. È per questo che ho deciso di raccontare quello che mi è successo a differenza di molti altri».

Intervista pubblicata dal quotidiano Alto Adige il 12 gennaio 2012

Luca Sticcotti è autore di musiche, giornalista ed operatore culturale. Come musicista è attivo nei campi della classica, del jazz e dell'elettronica, ma ha realizzato anche colonne sonore. La sua attività giornalistica si sviluppa sia attraverso media tradizionali, con collaborazioni con testate sia locali che nazionali, che utilizzando social network e blogs. Come operatore culturale collabora in veste di consulente con diverse istituzioni ed associazioni culturali altoatesine. Il sito web dove condivide parte del suo lavoro è raggiungibile all'indirizzo www.paupau.it

 
Di Fabrizio (del 02/02/2012 @ 09:26:21, in conflitti, visitato 1568 volte)

Da Czech_Roma

Romea.cz Uzhhorod, Zakarpattia, Ukraine, 25.1.2012 19:25 - František Kostlán, Lukáš Houdek, translated by Gwendolyn Albert

L'uomo nella foto da tempo era malato ed è morto dopo il raid della polizia. Romea.cz non è in grado di confermare se il raid sia stato o meno la causa della sua morte. Photo: Lukáš Houdek

La mattina dell'11 gennaio si è svolto nella città di Uzhhorod un intervento della polizia contro la popolazione rom. Il commando "Berkut" dei reparti speciali di polizia del ministero degli interni, ha fatto irruzione nelle abitazioni rom in due località, Radvanka e Telman, ed in altri siti attorno a Uzhhorod.

Secondo i Rom del posto che hanno assistito al raid, i poliziotti hanno brutalmente malmenato uomini e donne dentro le loro case di fronte ai bambini, gridando insulti razzisti e minacce. La polizia nega che sia avvenuta qualsiasi brutalità durante il raid, descritto come un'azione normale nell'indagine e prevenzione del crimine. Recentemente i media ucraini e l'European Roma Rights Centre (ERRC) hanno discusso l'incidente.

Diversi uomini picchiati sono finiti all'ospedale, alcuni con serie ferite alla testa. La maggior parte non era accusata di alcun crimine, per cui ha potuto tornare a casa. Un uomo da tempo sofferente di tubercolosi non ha resistito al raid. Romea.cz non è in grado di stabilire se l'azione poliziesca sia stata la causa o meno della sua morte.

Un abitante di Uzhhorod che preferisce rimanere anonimo, per paura di rappresaglie della polizia, ha confermato le informazioni riportate dai media nella regione di Zakarpattia, durante un'intervista telefonica con Romea.cz. Secondo questo testimone  si è svolto un raid anche nel quartiere Shachta: "I poliziotti non sono stati così brutali ed i residenti sono riusciti a nascondersi al commando."

Il testimone ha detto di ritenere che lo scopo del raid fosse investigare su un omicidio, ma la polizia non ha arrestato l'autore. "I poliziotti hanno accusato dell'omicidio collettivamente tutti i Rom. Fanno sempre così quando si commettono crimini simili, anche se nessun Rom è necessariamente coinvolto."

Il portale Chas Zakarpattia, in un articolo dal titolo "Berkut attacca insediamento rom a Uzhhorod" (disponibile solo in ucraino) riprende quanto detto da Miroslav Horvát, leader dell'organizzazione giovanile rom Romaňi čercheň, quando afferma che non si trattava della solita indagine. Horvát dice che Berkut ha adoperato i lacrimogeni ed i manganelli contro persone pacifiche e disarmate "senza alcun riguardo per bambini, disabili, anziani, e donne incinte presenti."

Chas Zakarpattia ha messo online un video che include le testimonianze dei residenti dell'insediamento di Telman a proposito della condotta dell'unità speciale. "I poliziotti hanno invaso l'insediamento e picchiato mia madre nella sua casa. Mi hanno picchiato e mi hanno preso per i capelli. Ci hanno detto che avremmo dovuti tutti essere massacrati. Qui uno zingaro non ha nessun diritto," dice una delle residenti nelle riprese.

Un altro testimone intervistato dice: "Erano le 7.20 di mattina, stavo dormendo ed improvvisamente la gente ha iniziato a gridare che c'era la polizia. Hanno invaso casa, mi hanno afferrato ed ordinato di inginocchiarmi a terra. Ho detto che non potevo farlo, a causa di una gamba ferita. Hanno iniziato a gridarmi: -Ti taglieremo l'altra!- Poi mi hanno picchiato sulla schiena e sulla testa." I Rom che hanno reso testimonianza nel video, hanno anche detto che la polizia ha minacciato di compiere perquisizioni domiciliari simili ogni giorno, se qualcuno avesse raccontato ai media cosa stava facendo Berkut.

L'azione di polizia ha coinvolto due autobus del commando Berkut. Il ministero degli interni afferma che l'operazione era di routine, allo scopo di "stabilizzare la situazione, migliorare la prevenzione e lavorare per combattere il crimine, rilevare ed arrestare le persone coinvolte in furti e commercio illegale di armi e droga, identificando elementi criminali," riporta Chas Zakarpattia.

La polizia dice che le loro analisi mostrano che "i furti sono commessi per lo più da persone di nazionalità rom. Nel 2011 ci sono stati 14 furti di recinzioni e chiusini in ghisa, 12 furti di parti di ascensori, tre furti di luci e quattro di parte di forni."

L'informativa della polizia dichiara anche che nel 2011 "25 persone di nazionalità rom" sono state processate a Uzhhorod. "Erano soprattutto processi per furto, 20 rapine e uno per spaccio di stupefacenti." La polizia aggiunge che il raid era "assolutamente legittimo, ordinario, un lavoro investigativo globale. Indagini simili vengono eseguite dalla polizia anche in altre città oltre a Uzhhorod e non sol nella comunità rom," si legge nel rapporto.

Il testimone di Uzhhorod ha detto a Romea.cz che gli abitanti rom hanno paura e che per loro è inconcepibile cercare giustizia presso le istituzioni. Dice "Hanno paura che la polizia li prenda e li picchi."

I residenti rom dicono che le minacce della polizia sono molto frequenti, gli ufficiali arrestano la gente senza motivo e poi la picchiano nelle stazioni di polizia. Quanti sono coinvolti non vedono nessuno nel loro ambiente in grado di fare richiesta di giustizia.

L'European Roma Rights Center ha redatto rapporti sulla situazione in Ucraina negli anni recenti, che confermano queste ripetute minacce della polizia contro i Rom. Secondo questi rapporti e testimonianze raccolte in loco, il problema per i Rom nella regione di Zakarpattia non è dato dai greppi neonazisti o di estrema destra, come accade altrove. La loro paura maggiore è quella della polizia. Un altro problema è che nella regione la società civile è debole, particolarmente, c'è assenza di centri di consulenza sui diritti umani o di organizzazioni in grado di proteggere le minoranze, a cui i Rom possano dare fiducia e rivolgersi.

Dopo il raid della polizia dell'11 gennaio, ERRC ha scritto una lettera al comandante della polizia di Uzhhorod ed al pubblico ministero (vedi QUI). Nella lettera, l'organizzazione chiede alle autorità competenti di investigare con urgenza sul "violento raid della polizia" ad Uzhhorod. Si sottolinea anche che, dato l'alto numero di testimonianze sull'accaduto, è probabile che i poliziotti abbiano violato le regole durante il raid.

Principalmente ERRC protesta contro il fatto che tanto la polizia che il ministero degli interni colleghino i crimini commessi da individui all'intera comunità rom di Uzhhorod. "Ciò solleva serie questioni sull'imparzialità e la legalità dell'azione," afferma ERRC nella sua lettera.

 
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