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\\ Mahalla : VAI : conflitti (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 21/03/2010 @ 09:22:15, in conflitti, visitato 2244 volte)

Da British_Roma (è una lunga storia, a lungo raccontata)

La manifestazione tenutasi in Svezia il 3 marzo contro i rimpatri forzati di 300 rifugiati verso il Kosovo, ha visto dimostrazioni simili a Londra, Seattle, Washington DC, Oregon, Colorado USA e Vancouver in Canada. Se i rimpatri avessero luogo, i rifugiati rom si troverebbero a vivere nei campi inquinati dal piombo di Osterode o Cesmin Lug nel Kosovo settentrionale. Di seguito la cronologia [...]

10 giugno 1999: Il Consiglio di Sicurezza dell'ONU vota la Risoluzione 1244, mettendo il Kosovo sotto l'autorità della Missione ONU nel Kosovo (UNMIK) e la Forza Nato del Kosovo (KFOR).

Giugno 1999: La Mahalla Rom è attaccata dall'etnia albanese: tutti i suoi abitanti fuggono prima dell'attacco per aura delle loro vite. La KFOR non interviene per prevenire i saccheggi e la distruzione di tutte le case e le infrastrutture nella Mahalla.

Fase 1: Incarico all'UNHCR.

Giugno 1999: I Rom dispersi occupano l'edificio della scuola primaria di Zvecan ed altri edifici pubblici nella regione di Mitrovica. L'UNHCR inizia ad organizzare sistemazioni provvisorie per i dispersi Interni (IDPs) così che possano lasciare la scuola occupata prima dell'inizio dell'anno scolastico.

Ottobre 1999: L'UNHCR sposta alcuni dei Rom dispersi che risiedevano nella Mahalla e che ancora rimanevano nella regione di Mitrovica, in due campi lì situati: Cesmin Lug e Zitkovac. I rimanenti IDPs occupano spontaneamente delle baracche a Kablare e Leposavic, creando due altri campi. Lo spostamento è inteso come temporaneo.

Agosto 2000: Viene chiuso il complesso minerario di Trepka per i motivi di sanità pubblica, dopo uno studio ONU che indica alti livelli di contaminazione da piombo nell'area circostante.

Fase 2: Incarico all'UNMIK

Ottobre 2001: L'UNMIK assume la responsabilità dall'UNHCR della gestione dei campi. I Rom dispersi risiederanno nei campi per due anni.

2004 (mese non definito): L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) facilita i primi esami del sangue su di un gruppo di circa 50 bambini nei campi di Cesmin Lug, Kablare, Zitkovac e Leposavic, condotti da dottori serbi del luogo.

Settembre 2004: L'OMS rilascia un rapporto che mostra livelli estremamente alti di contaminazione da piombo tra la popolazione rom in tutti i campi. I Rom dispersi hanno risieduto nei campi per circa cinque anni.

Aprile 2005: L'UNMIK mette in atto una task-force di diversi soggetti, chiamata  Mitrovica Action Team-MAT (in cooperazione con Ministero della Salute del Kosovo, UNHCR, OMS,UNICEF e OCSE) per sviluppare un quadro di lavoro per la rilocazione temporanea dei Rom IDPs da Cesmin Lug, Zitkovac e Kablare nei baraccamenti vacanti della KFOR di Osterode.

2005: La MAT conclude che il ritorno nella Mahalla ricostruita è la soluzione più sostenibile. Mira ad inventare un programma della gestione dei rischi per gli accampamenti, minimizzare l'esposizione al piombo mentre vengono sviluppate soluzioni per rilocare i campi esistenti. Iniziano negoziati con le autorità di Mitrovica sud (controllata da Kosovari di etnia albanese), circa il ritorno alla Mahalla. Vengono prese nei campi alcune misure di rimedio ad interim, inclusa la distribuzione di cibo e kit sanitari, la distribuzione di stufe a legna  e l'installazione di distributori d'acqua addizionali.

2005 (mese non definito): L'OMS facilita i secondi esami del sangue su un gruppo di circa 50 bambini nei campi di Cesmin Lug, Kablare, Zitkovac e Leposavic, condotti da dottori serbi del luogo.

Settembre 2005: Un'attivista rom locale, Argentina Gidzic, apre una causa contro ignoti al tribunale di Pristina, per la violazione dell'articolo 291 del Codice Penale Provvisorio del Kosovo (che proibisce le azioni che hanno impatto sull'ambiente e mettono in pericolo vita umana).[1] In risposta alla causa non viene intrapresa nessuna azione.

Dicembre 2005: La Norwegian Church Aid (NCA) viene incaricata dall'UNHCR per la gestione dei campi di Cesmin Lug ed Osterode. La KFOR consegna il campo di Osterode (terreno ed edifici) all'UNMIK.

Febbraio 2006: L'European Roma Rights Center ricorre alla Corte Europea ei Diritti Umani a nome dei Rom IDPs, accusando violazioni della Convenzione Europea sui Diritti Umani: articolo 2 (diritto alla vita), articolo 3 (proibizione della tortura), articolo 6 (diritto ad un processo equo), articolo 8 (diritto al rispetto dell'individuo e della vita familiare), articolo 13 (diritto ad un rimedio effettivo) ed articolo 14 (proibizione di discriminazione). La denuncia in qualche settimana è ritenuta inammissibile dal Tribunale, sulla base di legislazione difettosa.

Marzo-aprile 2006: Vengono chiusi i campi di Zitkovac e Kablare (a seguito di un incendio a fine marzo nel campo di Kablare) ed i loro residenti spostati nel campo Osterode, come sistemazione provvisoria nell'attesa di una soluzione durevole nella Mahalla Rom. I residenti di Cesmin Lug rifiutano di andare ad Osterode.

Maggio 2006: Partenza della prima parte del progetto di ricostruzione della Mahalla Rom - 2 edifici (che contengono 48 appartamenti) e 54 case monofamiliari costruite sul terreno della Mahalla distrutta a Mitrovica sud. Gli appartamenti sono destinati ai Rom IDPs che non possono provare di aver posseduto proprietà nella Mahalla a giugno 1999. quanti possono provarlo avranno la loro casa ricostruita.

2006 (mese non definito): L'OMS facilita i terzi esami del sangue su un gruppo di circa 50 bambini nei campi di Cesmin Lug, Osterode e Leposavic, condotti da dottori serbi del luogo.

Agosto 2006: L'OMS organizza la prima delle due distribuzioni di terapie orali celiache ad un gruppo di bambini del campo di Osterode (il periodo della seconda distribuzione non è nota a Human Rights Watch). In totale, vengono curati circa 40 bambini a due riprese.

Giugno 2007: Una novantina di famiglie (circa 450 persone)  ritornano alla Mahalla da tutti i campi di Mitrovica, come pure dalla Serbia e dal Montenegro. Il ritorno è organizzato dalla task force della MAT sotto il comando dell'UNMIK.

Maggio 2008: L'UNMIK passa la gestione dei campi di Cesmin Lug ed Osterode al Ministero del Kosovo per le Comunità ed il Ritorno. Norwegian Church Aid continua a gestire i due campi. Alcuni dei Rom espulsi dalla Mahalla hanno risieduto nei campi contaminati dal piombo per oltre 8 anni.

Fase 3: incarico al Ministero del Kosovo per le Comunità ed il Ritorno

Luglio 2008: Viene aperta una causa da un attivista per i diritti delle famiglie rom di tutti i campi (Cesmin Lug, Osterode, Leposavic) assieme all'Human Rights Advisory Panel con l'accusa di negligenza criminale che porta a severa contaminazione ambientale, causando seri rischi alla salute negli abitanti del campo, come pure la violazione del diritto alla vita e alla vita familiare, con la mancanza di un rimedio legale.

Ottobre 2008: I leader rom chiedono all'Istituto della Salute di Mitrovica di condurre esami del sangue a Cesmin Lug, Osterode e Leposavic. Su 53 test, 21 mostrano livelli di piombo che richiedono intervento medico immediato causa significative minacce di vita (oltre 65 mcg/dl, che è il più alto livello misurabile), 18 hanno livelli di 45 mcg/dl e soltanto due bambini hanno risultati nella norma. I risultati di Leposavic (il quarto campo, situato a circa 50 km dagli altri tre) sono più bassi, comunque ancora sopra la norma di mcg/dl.

Gennaio 2009: L'OMS visita il Kosovo per esaminare la situazione nei campi e parlare con interlocutori chiave locali ed internazionali. Al termine chiede pubblicamente la chiusura di Osterode e Cesmin Lug.

Gennaio 2009: Norwegian Church Aid passa la gestione dei campi di Cesmin Lug ed Osterode all'OnG locale Kosovo Agency for Advocacy and Development (KAAD), fondata dal Ministero del Kosovo per le Comunità ed il Ritorno.

Giugno 2009: Alcuni dei Rom dispersi dalla Mahalla hanno vissuto un decennio in campi contaminati dal piombo.

5 giugno 2009: Lo Human Rights Advisory Panel giudica ammissibile la causa dei Rom sotto diversi aspetti, inclusa l'accusa di violazioni al diritto alla vita, la proibizione di trattamenti inumani e degradanti, il rispetto per la vita privata e familiare, il diritto ad un'udienza giusta, il diritto ad un'effettiva proibizione della discriminazione in generale, la proibizione della discriminazione contro le donne ed i diritti dei bambini, il diritto ad un alloggio adeguato, salute e standard di vita adeguati.

 
Di Fabrizio (del 25/04/2010 @ 09:19:15, in conflitti, visitato 2113 volte)

Seconda segnalazione di Alberto Maria Melis

Recensione di Sonya Orfalian su Le Monde Diplomatique 3.2010

"Quando ripenso ai miei primi dodici anni, ho l'impressione che nessun uomo o bambino abbia mai sognato di vivere in un luogo così vicino al paradiso". Con queste parole inizia Crossing, il secondo libro di Jan Yoors, autore del bel reportage romanzato Zingari, pubblicato in Italia lo scorso anno. Siamo di nuovo nelle Fiandre, ancora in compagnia dei Rom Lovara. Qualcosa però è cambiato: è scoppiata la guerra e Yoors, in pagine affascinanti, ne racconta il dramma e le pesanti conseguenze sull'accampamento degli zingari che lo hanno benevolmente adottato. L'alba del 10 maggio 1940 sorprende Yoors in viaggio con la sua famiglia d'adozione. L'accampamento si trova presso il confine che divide il Belgio dalla Francia, in una splendida valle tra i boschi: un luogo adatto per i cavalli e per gli uomini liberi. Un rumore scuote il campo, subito i bombardieri arrivano dal cielo e la serenità ha fine: la guerra è iniziata. L'esodo della popolazione civile dalle zone di guerra trova i Rom Lovara in fila assieme ai gagè, i non-zingari. Sebbene costretti a rinunciare alle loro abitudini, perseguitati e testimoni della decimazione dei loro simili, i Lovara si adattano bene alla nuova situazione, dominata dalla burocrazia della guerra: il loro status giuridico unito a un certo savoir faire (sfuggiranno alla legge che in Germania impone loro l'obbligo di una vita sedentaria, dichiarando identità diverse in luoghi diversi) li aiuterà a procurarsi un'infinità di tessere annonarie. Proprio queste rappresenteranno una parte cospicua del contributo che i Lovara forniranno alla Resistenza dopo che Yoors, contattato dai Servizi inglesi, li avrà persuasi a collaborare. Le leggi speciali nazionalsocialiste li bolleranno come rassenverfolgte cioè "razzialmente indesiderabili", al pari degli ebrei, e come se non bastasse artfremdes blut vale a dire "sangue straniero". Infine verranno dichiarati freiwild, "prede alla mercè di tutti". Mezzo milione di rom verranno eliminati; eppure tale pulizia etnica, a differenza di ciò che accadrà per l'Olocausto, non verrà studiata e analizzata a dovere. I motivi? Molteplici: da un lato c'è lo scarso senso della storia tipico di questo popolo, dall'altro - come spiega bene lo stesso Yoors - "i Rom non hanno nessun desiderio di uscire dall'ombra, di salire alla ribalta". Una lettura interessante, da non perdere, che ci rivela un modo inedito di interpretare la vita da parte di una popolazione che fino a oggi sembra sfuggire a tutte le leggi della globalizzazione del vivere "civile" di noi gagè.

Jan Yoors - Crossing.- Ed Irradiazioni
Jan Yoors (aprile 1922 - novembre 1977) artista fiammingo-americano, fotografo, pittore, scultore, scrittore. Nato in Belgio, a 12 anni scappò con un gruppo di rom lovara e viaggiò a lungo con loro. Quando ritornò finalmente a casa, i genitori che lo avevano molto cercato, invece di sgridarlo gli diedero il permesso di passare una parte dell’anno con i suoi amici. Più tardi nella vita scrisse il bellissimo libro dal titolo The Gypsies, 1965 (Zingari, Irradiazioni, 2008), considerato un documento unico sulla vita degli zingari. A Zingari segue nel 1971 Crossing.

 
Di Fabrizio (del 04/05/2010 @ 09:52:38, in conflitti, visitato 1961 volte)

Segnalazione di Vojislav Stojanovic (leggere anche QUI)

Giornale di Sicilia.it Attico ai Rom, coppia di Palermo: "La casa è nostra"

Silvana Restucci e Salvatore Spinoli vivono in una tenda nel fango a Villaggio Ruffini: "Siamo dei siciliani trattati peggio degli zingari"

PALERMO. "La casa spetta a noi, che abitiamo da anni in una tenda nel fango a Villaggio Ruffini, siamo dei siciliani trattati peggio degli zingari". Lo dicono Silvana Restucci e Salvatore Spinoli, una coppia che è accorsa in via Bonanno per protestare contro l'assegnazione dell'attico, da parte del Comune, a una famiglia di Rom. "Il comune pensa agli zingari - continuano - e si dimentica di noi che viviamo peggio degli animali, accampati in una tenda e costretti a fare i nostri bisogni nei recipienti. I Rom continuino a stare per strada, noi veniamo prima di loro". "Adesso scoppia una guerra tra poveri - concludono - perché non gli permetteremo di entrare in casa". Da parte dei commercianti c'é perplessità. "Per Valeria Amari, impiegata in un negozio di fiori di via Bonanno, in linea di principio tutti hanno diritto ad una casa e quindi anche i Rom. E' indubbio, però, che vi sia un po' di paura, perché temiamo furti e rapine. Del resto, di cosa vivono loro?". Per il cassiere di un discount vicino, invece, "non c'é nessuna differenza, perché a volte i palermitani sono più delinquenti degli stranieri".

 
Di Sucar Drom (del 11/05/2010 @ 09:38:06, in conflitti, visitato 2135 volte)

Lunedì 17 maggio alle h. 21.00 c/o Equatore, via Marta Tana 3 , Castiglione delle Stiviere
Gipsy Blood di Paul Polansky, 2005

Toccante documentario sui campi profughi Rom di Mitrovica, gestiti all’ONU, dove sono internate più di mille persone. Questi campi costruiti nel 1999 in zone malsane e inquinate dovevano rimanere attivi per pochi mesi. Da allora ad oggi tante persone sono morte a causa dell’avvelenamento da metallo pesante.
Contaminazione che colpisce in particolar modo i bambini...
Ne parliamo con Igor Costanzo, amico di Paul Polansky, colpito dai suoi racconti sul campo di Mitrovica, è andato a visitarlo e ci parlerà di quello che ha visto in prima persona....

 
Di Fabrizio (del 16/05/2010 @ 09:36:51, in conflitti, visitato 2012 volte)

 (il link per chi legge da Facebook) Un appel de La voix des Rroms / Video realisee par GadjeProductions

Testo di Roberto Malini

Domani, 16 maggio, l'associazione La Voix des Rroms celebra per la prima volta in Francia il 66° anniversario dell'insurrezione dei Rom e Sinti ad Auschwitz-Birkenau. Raymond Guèreme, sopravvissuto ai campi e protagonista della Resistenza testimonierà la sua esperienza. La canzone che gli dedicarono le sue sorelle, anche loro internate nei campi, come tutti i Rom catturati dai nazisti, sarà interpretata, con la partecipazione di trenta artisti, durante la celebrazione. [...]

Qui di seguito, il testo scritto da Roberto Malini due anni fa, per ricordare la pagina tragica e gloriosa dei Rom e Sinti chiusi nello Zigeunerlager di Auschwitz e tradotta in francese dal prof. Saimir Mile per "La Voix des Rroms". 

"Per opporre alla discriminazione dei Rom ragioni di civiltà è fondamentale celebrare ogni anno, nelle ricorrenze, la memoria delle vittime Rom dell’Olocausto," ha scritto recentemente l'autore nel corso di un progetto per la Croce Rossa. "Scrissi il brano che segue il 16 maggio 2008, per ricordare una pagina di memoria del Samudaripen e dei suoi martiri, che nello stesso giorno, nel 1944, vergarono con il sangue una pagina indimenticabile di resistenza ed eroismo ad Auschwitz, la «fabbrica della morte».

Siamo tutti Rom

Per opporre alla discriminazione dei Rom ragioni di civiltà è fondamentale celebrare ogni anno, nelle ricorrenze, la memoria delle vittime Rom dell’Olocausto. Scrissi il brano che segue il 16 maggio 2008, per ricordare una pagina di memoria del Samudaripen e dei suoi martiri, che nello stesso giorno, nel 1944, vergarono con il sangue una pagina indimenticabile di resistenza ed eroismo ad Auschwitz, la «fabbrica della morte».

Il 16 maggio 1944 4.000 Rom internati nello zigeunerlager di Auschwitz decisero di opporsi ai loro aguzzini, che secondo programma erano venuti a prelevarli, per condurli nelle camere a gas. Di fronte a un’umanità ridotta in condizioni pietose – formata da nugoli di bambini pelle e ossa, donne e capifamiglia scalzi – si trovava la più potente e organizzata macchina di oppressione morte di tutti i tempi. Non furono solo gli uomini a decidere di non piegare il capo di fronte ai carnefici in divisa; anche le manine ossute dei bimbi e delle donne raccolsero pietre, mattoni, spranghe, rudimentali lame e tutti insieme i Rom di Auschwitz dissero: «No!».

«Non vi daremo i nostri piccoli, perché li facciate uscire dai vostri camini. I vostri medici ne hanno già straziati tanti, sperimentando la loro scienza mostruosa su di loro. Le loro urla salivano fino al cielo, più in alto ancora del fumo denso che usciva dai crematori, più in alto ancora delle nostre preghiere. Non annienterete le nostre famiglie, cui avete già tolto i doni preziosi della libertà e della dignità. Non lasceremo alle vostre mani rapaci, ai vostri cuori tenebrosi, al vostro odio disumano la bellezza delle nostre vite, la santità dell’amore che unisce le nostre famiglie in un popolo povero, ma fiero». Le mamme stringevano al petto i bimbi più piccoli, mentre combattevano; i ragazzini difendevano lo Zigeunerlager finché il sangue non li copriva, rendendoli simili agli spiriti della vendetta delle leggende; braccia scure brandivano armi rudimentali in un impeto instancabile, finché le SS si ritirarono, esterrefatte davanti a quell’eroismo, a quel coraggio sovrumano che affrontava le pallottole e le baionette con la carne nuda. Le SS si ritirarono, portando con sé molti cadaveri tedeschi. Solo il 2 agosto 1944 i nazisti – dopo aver ridotto in fin di vita la popolazione Rom prigioniera della «fabbrica della morte», limitando al minimo il suo sostentamento alimentare – riuscirono a liquidare lo Zigeunerlager. 2.897 eroi Rom furono assassinati in una sola notte nelle camere a gas di Birkenau.

Oggi, 16 maggio 2008, siamo di fronte agli eredi dei carnefici di Hitler. I mandanti del nuovo crimine di massa sono quegli uomini e quelle donne che vediamo ogni giorno sulle pagine dei giornali e in TV, sorridenti, pieni di boria, rifatti dal lifting e dal trucco, con le bocche ghignanti piene di parole che suonano come «legalità», «giustizia», «sicurezza», ma che significano persecuzione, razzismo e morte. Li vediamo ogni giorno e non hanno più colore politico, perché sono uniti e uniformati dall’odio. Non hanno rispetto di niente: non della vita, non dei diritti umani, non delle leggi universali, non della nuova Europa che si oppone ai pregiudizi. Hanno istigato violenze e pogrom in tutta Italia, ingannando le masse con calunnie razziste e incitamenti alla violenza xenofoba. Non li fermeremo, noi che vediamo ancora la luce dei Diritti Umani, noi che adesso siamo tutti Rom, noi che vogliamo essere Rom perché vogliamo essere giusti, non li fermeremo se non decidiamo fin da adesso di ereditare l’orgoglio dei Rom di Auschwitz e non ci prepariamo a schierarci accanto alle famiglie perseguitate, sfidando le autorità che non rappresentano più nulla, le divise che non rappresentano più nulla, le più alte cariche dello Stato che hanno tradito ogni valore, che non hanno il diritto ad esprimersi a nome di un popolo, di una civiltà di un’umanità che – fra tanti orrori – ha creato anche un testo che è un impegno a costruire un futuro migliore per tutti: la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. 

Traduzione in francese su "La Voix des Rroms": http://www.blogg.org/blog-44189-offset-105.html

Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
+39 393 4010237 :: 39 331 3585406
info@everyonegroup.com :: www.everyonegroup.com

 
Di Fabrizio (del 04/06/2010 @ 09:02:59, in conflitti, visitato 1682 volte)

Da Czech_Roma

AFP By Jan Marchal

OSTRAVA, 27/05/2010 - La famiglia Podrany viveva una vita tranquilla in un villaggio abitato prevalentemente da Rom, finché una sera di marzo una bottiglia molotov fu lanciata in casa loro attraverso una piccola finestra.

"Un odore cattivo mi ha svegliato. Ho preso un bicchiere d'acqua e l'ho gettato sul fuoco," dice la tredicenne Sabina Podana, indicando la finestra che lascia passare solo una scheggia di luce dentro la stanzetta.

La finestra della modesta casa dei Podrany a Bedriska, un insediamento ai margini della città orientale di Ostrava, ora è stata riparata e le tracce del fuoco sul tappeto sono scomparse.

La reazione istintiva della ragazza impedì che quella bottiglia riempita di etere potesse causare un disastro, ma rimane la paura.

"Da quel giorno, ho paura che possa accadere qualcosa," mormora la ragazza. che intende diventare una cuoca.

"Guarda questa casa, è fatta tutta di legno. Se Sabina non si fosse svegliata, il fuoco si sarebbe propagato in fretta," dice Dusan, il padre di Sabina, in piedi nel piccolo giardino della casa ad un solo piano con il tetto di lamiera ondulata.

Dusan Podrany, che ha un'impresa di costruzioni, si lamenta della crisi economica globale e della mancanza di lavoro nella regione martoriata dalla disoccupazione.

Dice che voterà alle elezioni parlamentari del 28 e 29 maggio, anche se non crede che i politici siano realmente interessati ai Rom.

"Se lo fossero, queste cose non succederebbero. Hanno anche permesso al Partito dei Lavoratori di emergere," dice.

Il partito di estrema destra famoso per la sua retorica anti-Rom, è stato recentemente disciolto da un tribunale, ma gli è stato permesso di prendere parte alle elezioni con un nome differente.

Il Partito dei Lavoratori ha ottenuto l'1,07% alle elezioni europee del 2009, raggiungendo la soglia prevista per ottenere i rimborsi elettorali UE - e portando a compimento il suo obiettivo per il voto.

Il voto europeo ha avuto luogo dopo un attacco incendiario di quattro skinhead - ora sotto processo ad Ostrava - contro una casa rom nella vicina città di Vitkov [leggi QUI ndr].

Dopo l'attacco contro la casa dei Podrany, Sabina ed i suoi genitori non potevano consolarsi pensando all'incendio a Vilkov ed a Natálka, la bambina rom di due anni che ha passato metà anno lottando per la vita con ustioni sull'80% del corpo.

Natálka è miracolosamente sopravvissuta all'attacco, ma ha sofferto di ferite che la segneranno per tutta la vita.

A Bedriska, sembra che l'attacco sia stato motivato piuttosto da discussioni coi vicini, ma rientra perfettamente nel contesto generale dei sentimenti anti-Rom nella società ceca, dicono i commentatori.

Un recente sondaggio ha mostrato che quattro Cechi su cinque trovano problematico vivere con la minoranza rom.

"I genitori spesso condizionano i loro figli a pensare che i Rom siano qualcosa di estraneo e pericoloso," dice Kumar Vishwanathan, 47 anni nato in India, arrivato nella Repubblica Ceca 20 anni fa e che aiuta la minoranza rom locale dal 1997.

"E poi un giorno, una madre spingerà suo figlio a buttare una bomba contro la casa accanto, abitata da una famiglia rom - è quel che è successo qui," ha aggiunto.

"Ci fu una grande inondazione quell'anno (1997). Le famiglie bianche che avevano perso le loro case ne ottennero di nuove, mentre i Rom furono spostati in case mobili," dice Vishwanathan, che ora guida una OnG chiamata Vzajemne souziti (Vivere Insieme), con base ad Ostrava.

"Compresi subito che non era l'alluvione il problema più grande. Avevano problemi anche col lavoro, con l'istruzione, la comunicazione con le autorità, con la polizia," aggiunge.

"Ma il problema essenziale era che la società non accetta i Rom, che preferirebbe sbarazzarsene e vivere senza di loro," dice.

La minoranza Rom ceca - se ne stimano 300.00 su una popolazione totale di 10,2 milioni - dice di essere vittima di gravi discriminazioni.

Secondo un sondaggio dell'Agenzia UE per i Diritti Fondamentali, circa l'83% dei Rom cechi dice di aver sofferto di ingiustizie razziali.

"La Repubblica Ceca ha di certo numerosi programmi di aiuto per i Rom, ma molti rimangono inapplicati," dice Lucie Horvathova, l'unica Rom tra i 5.050 candidati a concorrere per el elezioni generali di quest'anno.

"Le autorità non affrontano abbastanza seriamente l'estremismo," dice la candidata dei Verdi.

"E nessuno se n'è interessato finché non ci sono stati gli attacchi di Vitkov e Bedriska," aggiunge.

 
Di Fabrizio (del 14/07/2010 @ 09:55:30, in conflitti, visitato 1518 volte)

Da Czech_Roma

Domenica sera tardi nel nord est dell'Ungheria una casa unifamiliare abitata da Rom è stata data alle fiamme. Secondo l'agenzia MTI non ci sono stati feriti. Negli ultimi anni i Rom in Ungheria sono diventati il bersaglio di diversi attacchi durante i quali sono morte almeno otto persone, tra cui un bambino di cinque anni (vedi QUI ndr).

Una donna ed il suo bambino stavano dormendo nella loro casa nel villaggio di Olaszliszka quando è avvenuto l'attacco. La donna dice di essere stata svegliata da tre forti colpi. I proiettili hanno colpito il muro della facciata.

L'incidente di sabato è avvenuto non lontano da un'altro villaggio dove, nell'ottobre 2006, un non-Rom investì e ferì una ragazza rom. I suoi genitori si vendicarono picchiandolo a morte sul posto. In seguito a ciò otto Rom vennero condannati a diversi anni di carcere. Riporta MTI che László Fercsák, rappresentante dell'auto-governo della minoranza locale, ha rilasciato domenica una dichiarazione, dicendo che i residenti della casa assalita a Olaszliszka non hanno collegamento con i fatti di quattro anni fa.

I recenti attacchi a Rom sono avvenuti soprattutto di notte, mentre dormivano. L'agosto scorso, una donna rom di 45 anni fu colpita a morte nel villaggio di Kisléta, nell'est del paese; nell'attacco venne seriamente ferita anche sua figlia di 13 anni. A novembre 2008, gli assalitori uccisero una coppia romanì con una bomba a mano nella città meridionale di Pécs. Lo stesso mese, due Rom nel villaggio di Nagycsécs, nel nord est Ungheria, persero la vita, quando gli assalitori gettarono delle molotov nelle loro case e poi gli spararono con dei fucili mentre scappavano dalle fiamme.

La comunità rom è la più grande minoranza in Ungheria, tra il cinque e il sette per cento dei 10 milioni di abitanti. Con la crescita della disoccupazione e dei problemi economici nel paese, sempre più frequentemente i Rom sono bersaglio di attacchi sediziosi dei partiti estremisti, come il Movimento per un'Ungheria Migliore (Jobbik), che dopo le recenti elezioni ora hanno loro rappresentanti in Parlamento.

Czech Press Agency, translated by Gwendolyn Albert

 
Di Fabrizio (del 28/07/2010 @ 09:24:30, in conflitti, visitato 2441 volte)

Un fatto avvenuto una decina di giorni fa, che ha avuto eco anche nei media italiani. Tra l'altro, la Francia non è nuova a tensioni simili. Non ho avuto tempo per le traduzioni, rimedio adesso. La prima segnalazione viene da Roma_Francais sul clima di questi giorni in Francia

IrishTime.com La polizia pattuglia il quartiere L'Arlequin di Grenoble la settimana scorsa. Foto Quadrini Rolland/Reuters

RUADHÁN MAC CORMAIC in Paris - Sabato 24 luglio 2010

HA PREVALSO LA CALMA a Grenoble dopo il funerale di un sospetto rapinatore armato, ucciso la settimana scorsa dalla polizia, mitigando i timori che la sua sepoltura potesse riaccendere le violenze che lo scorso fine settimana hanno scosso la città del sud-est francese.

L'uccisione di Karim Boudouda (27 anni), nel corso di una sparatoria seguita ad una rapina in un casinò, ha scatenato tre notti di disordini nella periferia di Villeneuve, dove sono stati esplosi colpi contro la polizia e dozzine di auto sono state date alle fiamme.

Giovedì notte e nel primo mattino di ieri (venerdì 23 luglio ndr) sono state bruciate due auto e sono state lanciate bottiglie contro la polizia, ma un appello alla calma del locale imam e della famiglia di Boudouda sembra essere stato ascoltato dai più.

Anche se l'ordine è ritornato nelle strade, il crimine continua a dominare l'agenda politica, dopo una settimana in cui sono avvenuti seri disordini in una tranquilla città nella valle della Loira.

Domenica (18 luglio ndr) tumulti sono scoppiati a Saint-Aignan, cittadina di appena 3.400 abitanti, dopo che membri della comunità nomade hanno reagito alla morte di un giovane trattenuto dalla polizia, con violenti attacchi alla locale stazione di polizia.

I disordini a Grenoble e Saint-Aignan hanno indotto il presidente Nicolas Sarkozy a dichiarare che lo stato era impegnato in una "guerra contro trafficanti e delinquenza" e che lo stato non sarebbe indietreggiato nella sua "implacabile lotta" contro i criminali.

Ha poi esautorato il prefetto dell'Isère, il dipartimento che include Grenoble, rimpiazzandolo con Eric Le Douaron, alto funzionario di polizia che Sarkozy conosce da quando era ministro degli interni. E' la seconda volta in tre mesi che Sarkozy nomina un funzionario di polizia a prefetto. Ad aprile, nominò Cristian Lambert, ex capo di un gruppo di elite stile-commando, come prefetto di Seine-Saint-Denise, che include alcuni dei quartieri più poveri della capitale francese.

L'ultima mossa è stata criticata dall'opposizione: il deputato Manuel Valls del partito socialista ha detto che il linguaggio belligerante di Sarkozy sancisce il "fallimento abbastanza patente" delle sue politiche di sicurezza.

Daniel Vaillant, ministro degli interni sotto il primo ministro socialista Lionel Jospin, ha criticato duramente Sarkozy per "essersi assunto dei poteri che non ha" sostituendo due prefetti, dato che è il primo ministro o quello degli interni che possono nominarli.

Prefetti, che agiscono come i massimi rappresentanti dello stato nel dipartimento, sono normalmente dipendenti pubblici di carriera.

Anche i gruppi antirazzisti e per i diritti umani sono stati critici verso il presidente, dopo le osservazioni svolte sulla scia delle violenze di Saint-Aignan, circa "i problemi posti dal comportamento di certe persone nelle comunità Rom e Viaggianti".

La Lega per i Diritti Umani ha accusato il presidente di "stigmatizzare" Rom e Viaggianti e di renderli "capri espiatori" dei più vasti problemi di sicurezza.

Il termine generico francese gens du voyage, o Viaggianti, include zigani le cui famiglie arrivarono in Francia nel corso dei secoli; manouches, arrivati dalla Germania nel XIX secolo; gitani spagnoli e più recentemente i rom.


E ancora, da Roma_Benelux

Dichiarazione di pace

Il Presidente della Repubblica ha dichiarato guerra alla gens du voyage ed ai Rrom. Gli Zigani intendono rispondere con una dichiarazione di pace per evitare un'esplosione sociale.

L'organizzazione il 28 luglio di una riunione all'Eliseo sui "problemi" posti dagli Zigani, per la prima volta dalla Liberazione.

Come troppo spesso nello loro storia, gli Zigani sono una volta di più il capro espiatorio preferito di una classe dirigente invischiata in scandali politico-finanziari.

Se Nicolas Sarkozy dovesse reiterare la sua dichiarazione di guerra, il Collettivo delle Associazioni Zigane sarebbe costretto ad intraprendere azioni legali per incitamento all'odio razziale e chiedere ai parlamentari di interrogarsi sulla necessità di riunire l'Alta Corte.

La prevalenza del razzismo anti-zigano nella società francese è tale che il primoluglio2010 è passata totalmente inosservata la conferma in Corte d'Appello della condanna di France Télévisions per incitamento all'odio razziale, in ragione del contenuto della trasmissione "C dans l'air" intitolata "Delinquenza: la via dei Rom" (vedi QUI ndr).

Mentre la Francia è stata oggetto di numerose condanne da parte delle autorità europee e rischia di trovarsi bandita dall'Europa, nessuno sforzo è stato fatto dai poteri pubblici per lottare contro la moltiplicazione degli atti e delle dichiarazioni razzisti  contro gli Zigani.

Il 18 luglio 2010, la Francia, tramite un discorso pronunciato dal segretario di stato agli ex combattenti, ha finalmente riconosciuto ufficialmente il dramma dell'internamento e della deportazione dal 1940 al 1946

Dieci giorni dopo, Nicolas Sarkozy prende l'iniziativa di una politica di natura razziale che, se dovesse essere attuata, rischierebbe fortemente di costituire una nuova pagina nera della storia francese, com'è vero che gli Zigani, al di là delle profonde differenze esistenti tra Rrom e gens du voyage, siano sottomessi in Francia ad un vero regime d'apartheid in ragione di una legislazione d'emergenza indegna di un paese democratico.

Il Collettivo delle Associazioni Zigane chiede di essere ricevuto dal capo dello stato per discutere i problemi alla base delle proposte razziste di alcuni ministri e parlamentari dell'UMP.

Il Collettivo delle Associazioni Zigane chiede l'abrogazione di tutte le leggi discriminatorie ed un'azione risoluta ai più alti livelli dello stato per lottare contro il razzismo anti-zigano.

Per la salvaguardia dei valori universali che hanno fatto grande la Francia, il Collettivo delle Associazioni Zigane lancia un appello riprendendo le parole esatte utilizzate venticinque anni fa da Georges Guingouin, primo partigiano di Francia, liberatore di Limoges, nel suo appello lanciato in occasione del 41° anniversario della battaglia del Mont Gargan:

"Nel 1985, mi appello agli uomini e alle donne dall'animo generoso perché un soprassalto morale, una nuova Resistenza comincino e la Francia resti il paese dei Diritti dell'Uomo. La fiamma della Libertà non deve spegnersi!"

Il Collettivo delle Associazioni Zigane organizzerà una conferenza stampa mercoledì 28 luglio alle 11.00 a Chope des Puces 122 rue des Rosiers à Saint-Ouen.

Association "La voix des Rroms"
50, rue des Tournelles
75003 PARIS
tél. & fax: 01.80.60.06. 58
http://www.lavoixdesrroms.org

 
Di Fabrizio (del 03/10/2010 @ 09:26:47, in conflitti, visitato 1853 volte)

Da Roma_Daily_News

Salve, mi chiamo Margarita Meza e vi scrivo da Città del Messico. Lavoro per il Museo della Tolleranza del Messico, che sarà inaugurato ad ottobre. In questo museo affrontiamo la tematica della Tolleranza e dei genocidi per questioni etnico-razziali, che si son suscitati nella storia.

Il motivo della mia comunicazione è che, dentro la nostra esibizione permanente, c'è uno spazio dedicato alla persecuzione, perpetrata dai nazisti, ai gitani durante l'Olocausto. Per questo vorremmo esibire alcuni pezzi originali che sostengano visualmente questo tema, abbiamo pensato di esporre un violino, meglio se utilizzati da qualche gitano che sia stato vittima dei campi di sterminio, o semplicemente un violino dell'epoca che sia stato utilizzato in Europa e che sia appartenuto a persone gitane. Non so se voi possiate mettermi in contatto con qualcuno che avesse un pezzo con queste caratteristiche.

Vi ringrazio per la vostra attenzione e rimango in attesa delle vostre risposte, invitandovi a visitare la nostra pagina web per ottenere più informazioni sul nostro museo. Cordiali saluti.

http://www.memoriaytolerancia.org

Lic. Margarita Meza Ghenno
Curadora
Museo Memoria y Tolerancia
Luis Moya # 12, Centro, C, P. 06010, México D. F.

(55) 5130 5555 EXT. 4119

 
Di Fabrizio (del 14/10/2010 @ 09:34:52, in conflitti, visitato 1665 volte)

Da Czech_Roma (il caso dall'archivio della Mahalla)

Petr Hájek, vice capo dell'ufficio di presidenza di Václav Klaus, intende prendersela con la Televisione Ceca. E' dispiaciuto per la copertura programmata dall'emittente pubblica sulle fasi finali del processo ai quattro accusati dell'assalto incendiario a Vítkov. Secondo Hájek, costituisce una "pressione" ed un attacco all'indipendenza della corte. Purtroppo, non ho l'opportunità di chiedere ad Hájek se davvero ha così poca fiducia nel sistema giudiziario. Vorrei chiedergli se farebbe le stesse critiche se suo figlio fosse stato mutilato nell'attacco.

Il processo in corso non riguarda ladri di metallo o una rissa da bar. Si processano quattro razzisti che hanno lanciato delle molotov in una casa dove c'era gente che dormiva, tra cui dei bambini. Questo cocktail mortale non volava per aria perché i ragazzi volevano divertirsi o vedere cosa potesse fare una molotov. Erano lì con l'intenzione di uccidere degli "zingari", come approvato dalla loro ideologia disgustosa e mostruosa.

Questo processo ci riguarda tutti. Potevano essere mia figlia o la vostra a rimanere ustionate. E' per questo motivo che merita questa attenzione dai media, a ragione,secondo me. Non si tratta di "isteria". Parlando per me, voglio vedere, in televisione, i volti di chi ha tentato di uccidere una bambina di due anni e voglio vederli ricevere la pena che meritano.

Nessuno può realmente credere che questa merda sull'interesse dei media possa realmente influenzare la corte. Se un giudice sotto la pressione dei media non è in grado di prendere decisioni secondo la legge, questa persona non dovrebbe essere un giudice. Penso anzi che l'effetto di trasmettere le udienze sia stato esattamente l'opposto. Al pubblico è stata data l'opportunità di seguire il lavoro di tutti i soggetti coinvolti. Il signor Hájek ritiene che il pubblico di massa non sia interessato a come il sistema giudiziario si avvicina a questo caso?

Soprattutto, ho l'impressione che qualcuno in questo paese stia perdendo il lume della ragione. Tramite il mio lavoro al news server iDNES.cz posso praticamente vedere la materia prima che diventa notizia, così come vedo i contributi dei lettori alle pagine di discussione. Negli ultimi giorni stanno diventando nauseanti. E' stupefacente come spesso la gente elogi il mancato omicidio di Vítkov, quanto spesso la gente scriva di come la piccola Natálka crescendo sarebbe diventata una "puttana" con 20 bambini oziosi a carico dello stato, di come la stessa gente scriva che gli"zingari" se la meritavano perché non erano proprietari della casa in cui vivevano e che per questo quei ragazzi non hanno fatto niente di così cattivo. Dopo tutto, l'uccisione dei criminali non è omicidio - non è così?

In nome di Dio, cosa scriverebbero queste persone se i nazisti avessero dato fuoco ai loro figli? Avrebbero approvato? Avrebbero scritto commenti come i seguenti?

"Quei coraggiosi - approvo completamente ciò che hanno fatto e NON mi spiace per Natálie".

"Neanch'io, avrebbe solo partorito altri 20 di loro".

"Esattamente, approvo qualsiasi metodo per prevenire la diffusione di questa gente inadattabile. Danno solo problemi".

No, non è la pena del pensiero, non riesco a vedere in loro la coscienza. Non importa chi siano realmente gli attentatori, proprio come non importa che si dica che il padre di Natálie sia stato in prigione. Niente da a qualcuno il diritto di prendere una bottiglia molotov e cercare con essa di uccidere un'intera famiglia. Questo è il senso di questo processo - e molti, compreso il signor Hájek, non lo capiscono.

Patrik Banga, translated by Gwendolyn Albert

 
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