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\\ Mahalla : VAI : Italia (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 19/03/2008 @ 14:13:36, in Italia, visitato 1546 volte)

ciao a tutte/i,
vi giro un comunicato stampa sullo "sgombero a rate" di questa mattina in Bovisa.
Un abbraccio,

Piero Maestri – Consigliere provinciale, Sinistra Critica

COMUNICATO STAMPA
Lo "sgombero" dei Rom alla Bovisa: la polvere sotto il tappeto


Questa mattina il Comune di Milano ha inaugurato la politica dello "sgombero a rate". Una ventina di agenti della Polizia municipale (in assetto anti-sommossa. ..), accompagnata da ruspe e camion, si è presentata alle 7.30 all'insediamento occupato da famiglie Rom in via Bovisasca (in questo momento probabilmente la più grande baraccopoli di Milano – con circa 700 persone tra le quali 200 bambini - perché raccoglie gran parte dei Rom cacciati dagli altri campi) per un'operazione definita di "alleggerimento e messa in sicurezza" di una parte dell'area.

In pratica sono state smontate (con il contributo attivo degli stessi Rom) una decina di baracche da una parte del campo - quella più visibile dalla strada e dalla stazione ferroviaria - permettendo che venissero ricostruite dall'altro lato del campo. Per fortuna nessuno “sgombero” per ora (anche perché lo stesso Prefetto si è detto contrario, in mancanza di alternative) , in attesa di altri interventi analoghi prossimamente.

Obiettivo? "Risolvere" il problema al solito modo: nessuna soluzione concreta e lo spostamento del problema da un'altra parte della città - sperando che la concentrazione numerica delle famiglie si riduca in mille rivoli più sopportabili politicamente. E intanto mantenere in vita un’emergenza che può sempre tornare utile in campagna elettorale, praticando per ora solamente un "alleggerimento" della pressione giornalistica e dell'opinione pubblica: questo vuol dire nascondere la polvere sotto il tappeto.

Per fortuna si è verificato un fatto nuovo. Non si è vista in questi giorni in Bovisa la consueta mobilitazione dei cittadini "esasperati" . Al contrario, ieri sera un'affollata assemblea nella biblioteca del quartiere - organizzata da associazioni della zona - ha messo in evidenza come il degrado di quell’area non sia il risultato dell'insediamento dei Rom, ma lo preceda: un degrado causato dalla dismissione di fabbriche chimiche della Montecatini Edison, che ha lasciato nel terreno una forte e pericolosa contaminazione chimica.

Quell'assemblea ha espresso quindi la forte consapevolezza che una risposta al degrado non deve necessariamente essere trovata sulla pelle dei Rom, ma possibilmente insieme a loro e provando a rispondere anche ai loro bisogni - primo tra tutti rendendo possibile un'alternativa a quell'insediamento insalubre e pericoloso. La presenza di alcune/i cittadine/i della Bovisa questa mattina insieme alle famiglie Rom è certamente un bel segnale in quella direzione.

Quanto successo oggi dimostra ancora una volta che non ci possono essere scorciatoie repressive, per quanto condotte "a rate" e con una certa "gentilezza" : deve invece essere messa in campo la volontà politica di affrontare seriamente il tema dell'accoglienza e della politica abitativa - offrendo una risposta su scala metropolitana. Il primo passo è quello che da tempo chiedono le associazioni impegnate quotidianamente nell'affrontare le "emergenze" sociali: convocare un tavolo inter-istituzionale alla presenza di Regione, Provincia, comuni dell'area metropolitana milanese e associazionismo sociale per trovare insieme soluzioni davvero utili ai bisogni dei cittadini del quartiere e delle famiglie Rom.

 
Di Fabrizio (del 17/03/2008 @ 16:08:06, in Italia, visitato 1539 volte)

Da il manifesto del 16 Marzo 2008

al voto
I fantasmi di Opera nell'urna di aprile
Se la «sicurezza non è di destra e non è di sinistra», come sostiene il Pd, chi voteranno i cittadini di Opera? Un significativo test elettorale nell'hinterland di Milano, dove un gruppo di razzisti «bipartisan» incendiò un campo rom Il leghista che organizzò il piccolo pogrom oggi è candidato per il Pdl. «Quei fatti hanno lasciato un segno profondo e rafforzato l'estrema destra, ma il centrosinistra ce la farà», dice Riccardo Borghi (Pd)
Luca Fazio
Milano

Quanto paga, in percentuali di voto, impostare una campagna elettorale soffiando sul fuoco della paura o «insicurezza percepita», bizantinismo politicamente corretto che serve a giustificare politiche repressiva, derive razziste comprese? In questa noiosa campagna elettorale versione light (appesantita solo dalle solite gag di Berlusconi), meglio chiederselo per tempo, prima che lo scandaloso discorso sulla «castrazione chimica» di Veltroni trovi pane per i suoi denti, magari «un orribile fatto di cronaca», prima del prossimo spettacolare delitto commesso da un «extacomunitario», un rumeno sarebbe perfetto, prima ancora che prenda fuoco il prossimo campo di zingari (le bottiglie incendiarie sono all'ordine del giorno).

Il laboratorio di Opera
A bocce ferme, Opera, 14 mila abitanti a sud di Milano, è un laboratorio perfetto per scoprire se è vero che per riconquistare «il nostro popolo» sia necessario ripetere come un mantra «la sicurezza non è di destra né di sinistra», maniera elegante per dire che anche un elettore del Prc, a denti stretti, ormai ammette che il problema esiste, che zingari e rumeni proprio non li sopportiamo; uno del Pd, se dovesse servire, avrebbe meno problemi a metterlo nero su bianco tra le righe della legge Bossi-Fini, che non a caso non è mai stata messa in discussione dal governo Prodi.
A Opera, il 13 aprile, si vota per le amministrative. E' passato del tempo da quando alcuni cittadini, istigati del leghista Ettore Fusco, appiccarono il fuoco a un campo rom della protezione civile destinato a trenta famiglie, con molti bambini iscritti a scuola. Nemmeno troppo, però. Tutti hanno ancora impresso nella memoria quella sera del 21 dicembre 2006, e il piccolo pogrom casereccio che ha segnato una svolta imbarazzante per la politica sicuritaria che guarda a sinistra. Quel presidio illegale e minaccioso è durato un mese, e anche i piccoli rom sono stati minacciati e presi a sputi; è stato organizzato da esponenti della destra locale ma è stato sopportato, e supportato, anche da cittadini che avevano votato per il centrosinistra. E adesso? Gli operesi dovranno scegliere se confermare quella giunta di centrosinistra che aveva accettato il campo, oppure premiare la battaglia razzista del candidato sindaco scelto dal centrodestra. Chi è? Proprio lui, Ettore Fusco, il leghista che è appena stato assolto dall'accusa di istigazione a delinquere per aver organizzato la spedizione contro gli zingari (otto operesi sono ancora sotto processo per quel raid tollerato da politici e istituzioni). Il suo vice, Alberto Pozzoli, 27 anni, proviene invece da Azione giovani e fa politica nella curva dell'Inter, suo lo striscione che sventolava sulle gradinate dello stadio lo scorso inverno, «Opera non mollare».

Centrosinistra sotto shock
«Loro stanno facendo la campagna elettorale all'insegna del terrore e dell'odio ma noi vinceremo sicuramente le elezioni», giura il sindaco uscente Alessandro Ramazzotti, ex diessino convertito al Pd che a suo tempo fu schiacciato, e scioccato, dall'incapacità della politica e delle istituzioni di sopportare la spallata xenofoba del centrodestra. Una candidatura scandalosa? Ramazzotti non è stupito, «le idee di Ettore Fusco sono coerenti con quelle del centrodestra, candidarlo a Opera ci sta, non mi scandalizzerei, e poi è stato assolto...». L'ottimismo del sindaco uscente poggia su un dato incontrovertibile: nella sua cittadina il centrosinistra perde le elezioni nazionali ma ribalta clamorosamente il risultato nelle amministrative: 62% dei voti nel 2003 (dal 1945, fatta eccezione per una breve parentesi forzitaliota - 1995/1998 - è sempre andata così). La sua analisi è un condensato del Pd pensiero, che sia efficace è ancora tutto da dimostrare: i nostri cittadini sono preoccupati perché vivono peggio di prima e «la loro diffidenza è comprensibile», nello stesso tempo dobbiamo riconoscere che «i rom non sono solo dei perseguitati poiché svolgono anche attività irregolari», quindi «dobbiamo attivare percorsi di inserimento». Quali, è il problema, e non solo a Opera. Comunque, «il centrosinistra, qui, prima ha subìto un contraccolpo, poi ha lavorato bene, sono sicuro che i nostri cittadini non siano stati tutti annebbiati da quella vicenda».

La radicalizzazione della destra
Il punto però non è la disperante pochezza del candidato Fusco (di memorabile, dopo l'assalto, va registrato solo un simpatico corso di autodifesa in una palestra frequentata da quindici persone), ma «quell'esplosione di razzismo che ha causato una forte radicalizzazione della destra sul territorio e che sottotraccia potrebbe aver intercettato la sensibilità del nostro popolo, che rischiamo di non saper più gestire». Ecco la preoccupazione di Matteo Armelloni, assessore alle politiche sociali del Prc. Spesso, anche tra i «suoi», gli viene mossa questa obiezione: «Voi siete bravi, però quella roba degli zingari non dovevate farcela». Non per dire che gli operesi siano tutti razzisti, o annebbiati, ma si capisce che quell'assalto al campo riguarda la sinistra, o centrosinistra, eccome. C'è stata forse una sincera riflessione sul fatto che la prima imbarazzante protesta spontanea sia stata organizzata dai Verdi locali (quattro presidianti e il cartello «dopo la discarica ci mandate i rom»)? No. E vorrà pur dire qualcosa se l'assessore Armelloni, dopo i fatti di dicembre, è stato costretto ad accettare per quattro mesi la scorta della polizia, solo perché oltre che «amico degli zingari» è anche marito di una donna straniera.

Sinistra e Pd alla prova del voto
Se questo è stato il clima che si è respirato, «oggi non si può più vivere di rendita rispetto al 62% del 2003». Esordisce così, con molta prudenza, Riccardo Borghi, il candidato sindaco alle amministrative per il Pd (qui è saldamente alleato con la Sinistra Arcobaleno). «Quei fatti - spiega - non sono stati irrilevanti e hanno lasciato un segno, hanno vivificato delle forze che a Opera non hanno mai avuto dignità di soggetto politico. Sono emerse formazioni giovanili di destra che si sono compattate, per noi è una situazione inedita. Sicuramente tutto ciò avrà un ricasco elettorale». La vicenda dei rom, prosegue, ha fatto nascere stati d'animo di disaffezione alla politica: «Fate tanto per i rom e non fate niente per la nostra gente», questo dicono, ecco un'altra obiezione che mette il centrosinistra con le spalle al muro. «Un tema delicato come quello dell'accoglienza non si può affrontare senza considerare il malessere del ceto medio che si è impoverito, sono persone che prima stavano meglio e ora vivono la sindrome dell'abbandono, in parrocchia ci sono riunioni dove le giovani coppie si lamentano perché non riescono a pagare l'affitto, e questo disagio che definirei di tipo esistenziale aspettava solo l'occasione di poter esplodere». Borghi individua dei colpevoli, «Provincia e Prefettura hanno giocato in modo maldestro», ma non si tira indietro nell'ammettere qualche responsabilità: «Noi abbiamo clamorosamente sbagliato quando abbiamo accettato quel campo lasciando poi la gestione della comunicazione a quella piazza arrabbiata, in quel modo ci siamo intrappolati da soli». La poltrona di sindaco è a rischio? «Attorno a quel presidio si poteva creare un'aggregazione forte, ma credo che non sia andata così. Abbiamo scelto di non avvitarci in contrapposizioni che avrebbero potuto spaccare il paese, e constato con soddisfazione che tutti i tentativi di far rivivere quel clima sono falliti miseramente. Sono ottimista perché credo che l'opinione degli operesi moderati non possa riconoscersi nel candidato di centrodestra, certo che l'abbinamento con le politiche, in un momento come questo, non ci favorisce di sicuro».

Non c'era posto per loro
Conosce gli operesi don Renato Rebuzzini, modi spicci e nomea da «prete comunista», come sempre accade quando gli uomini di chiesa si mettono al servizio degli ultimi. A Opera ha detto messa per 14 anni, adesso è incaricato nella parrocchia di Paderno Dugnano. La vigilia di natale 2006, scandalizzando, accolse i parrocchiani parafrasando il Vangelo di Luca: Maria e Giuseppe, e il figlio appena dato alla luce costretto in una mangiatoia, «perché non c'era posto per loro nell'albergo». Don Renato con questo passo - «non c'è posto per loro» - chiudeva alcune riflessioni che aveva fotocopiato per i suoi fedeli. Scriveva: «Vedevo donne e uomini, giovani e anziani, anche bambini, tutti assatanati, privi di ogni intelletto e di ogni sentimento vagamente umano». Parole che non sono state apprezzate. Secondo don Renato il rischio di un grosso spostamento elettorale esiste, eccome. «La spudoratezza di candidare un personaggio come Ettore Fusco è inquietante, significa che hanno la percezione di aver toccato delle corde che vibrano moltissimo. E' accaduto anche a persone che avevano ruoli di responsabilità nella mia parrocchia, mai me lo sarei aspettato, tutti accalappiati emotivamente da quella gazzarra, dicevano che non bisognava bruciare le tende, però, però...». Però.

 
Di Fabrizio (del 17/03/2008 @ 08:41:32, in Italia, visitato 1614 volte)

Ricevo da Tommaso Vitale

Milano: Nelle ultime settimane diversi quotidiani, ma anche volantini distribuiti in quartiere, hanno descritto la situazione della baraccopoli sorta presso la Stazione Nord, parlando di rischio di sicurezza, di paure, di aggressioni presunte e - soprattutto - di un aumento del degrado del quartiere a causa dell'inquinamento … prodotto dai Rom!

La zona dove si sono stabilite le famiglie Rom è quella a suo tempo occupata dalle fabbriche chimiche della Montecatini Edison: un terreno dismesso da oltre 30 anni senza che sia mai stata fatta alcuna bonifica e che, anche con gli abbattimenti degli edifici preesistenti, ha rilasciato sul terreno residui chimici (metalli pesanti, oli minerali, arsenico), estremamente nocivi.
I pericoli di quest'area sono reali e lo sono, in primo luogo, per le famiglie Rom, che rischiano gravi danni alla salute.
Ma, come diceva una donna citata su un quotidiano in questi giorni, i Rom "da qualche parte dovranno pur andare". La politica attuata da tutti i Comuni fatta di sgomberi senza soluzione, non ha prodotto alcun risultato ma solamente uno spostamento del "problema" da quartiere a quartiere, da città a città.

E' necessario affrontare con tempestività la situazione che si è creata nel campo della Bovisa, perché l'ennesimo sgombero senza offrire delle alternative è inaccettabile.
Ma è arrivato anche il momento di affrontare seriamente una politica abitativa che dia risposte effettive a chi ha bisogno di alloggi : dai cittadini milanesi, agli studenti fuori sede (che proprio in questo quartiere sono costretti ad affitti intollerabili), ai cittadini stranieri che abitano la nostra città, Rom compresi.
Chiediamo alle istituzioni – Regione, Provincia e Comune, - che costituiscano al più presto un tavolo inter-istituzionale insieme alle associazioni che lavorano con i Rom, per gestire l'emergenza del campo della Bovisa ed effettuare subito i doverosi interventi umanitari.

Lo richiede la civiltà di questo quartiere e dei suoi abitanti, che aspettano da sempre sostanziali interventi che migliorino davvero l'ambiente e la vita.


MARTEDI 18 MARZO 2008 - ORE 21

presso

BIBLIOTECA RIONALE DERGANO - BOVISA

Via Baldinucci, 76 Milano – tel. 0233220541


Le associazioni di quartiere invitano ad un incontro pubblico per discutere su questi temi e riflettere su una realtà, come quella del mondo Rom, sconosciuta e giudicata, spesso, solo attraverso pregiudizi e stereotipi.

Associazione 'Luca Rossi' per l'educazione alla pace e all'amicizia tra i popoli - Bovisa verde - Centro Culturale Multietnico 'La Tenda'

 
Di Fabrizio (del 13/03/2008 @ 09:17:15, in Italia, visitato 1714 volte)

Da ViviMilano - Corriere della sera

31 anni, serba e di etnia rom spiega perché si candida:
«Voglio aiutare i rom e con loro difendere i diritti di tutti»

MILANO - Dopo la pornostar Cicciolina, il transgender Luxuria, arriva una nuova candidatura provocatoria per il parlamento italiano: la zingara. Dijana Pavlovic, serba e romni (donna di etnia rom), attrice e mediatrice culturale è, infatti, la numero 8 della lista della Sinistra Arcobaleno alla Camera. «Il comitato nazionale rom e sinti ha chiesto a tutti i partiti italiani di candidare un suo rappresentante. La Sinistra Arcobaleno è stata l'unica a rispondere», spiega Dijana. «Ma di certo, mai mi sarei candidata con Berlusconi o con Veltroni. Non mi sarei messa in lista con chi vuole «patti di sicurezza» o con chi vuole cacciare via dal Paese chi è diverso».

Ama la sua gente, 31 anni anni, non ha figli. Strano per una rom: «Ho posticipato l'evento. Ho studiato e mi sono laureata. Ma adoro i bambini. Ci lavoro tutti i giorni». E allora la provochiamo: «Se avessi dei bambini li manderesti a chiedere l'elemosina? «Certo se avessi problemi economici , - ci risponde - e se mi trattassero male come oggi vengono trattati gli zingari, allora non mi farei scrupoli. Ora però ho un solo obiettivo. Andare in Parlamento per cercare di risolvere le problematiche dei rom e con loro difenderò i diritti di tutti gli italiani».

Per strada canta, beve alla fontana, gioca con la gente, chiede il voto per la sua lista e ottiene sorrisi. Quando vuole leggere la mano qualcuno scappa. Poi si avvicina una nomade romena che le chiede l'elemosina e allora coglie l'occasione per spiegarci i problemi dei rom di via Triboniano e di quelli che vivono a Sesto San Giovanni: «Da più di un anno vivo con loro nelle baracche, nel fango sotto la pioggia e vedo le donne partorire per strada. Posso assicurare che ci sono anche i rom buoni, quelli onesti, come me. E sono la maggioranza». E se ne va, in attesa di conoscere Fausto Bertinotti, venerdì 14 alla presentazione al teatro Smeraldo, decisa a giocarsi le sue chances.

Nino Luca
12 marzo 2008

 
Di Fabrizio (del 05/03/2008 @ 09:04:31, in Italia, visitato 1887 volte)

Di Roberto Malini

I rom non posseggono nulla, vivono all'addiaccio, sono emarginati, discriminati, temuti. I bambini rom, nei rari casi in cui è consentito loro di accedere all'istruzione, vengono vessati, insultati e derisi dai compagni; non di rado sono vittime di violenza.

Le leggi del popolo rom condannano ogni forma di violenza, soprattutto quando le vittime degli atti violenti sono donne e bambini.

Politici, autorità e media, con un cinismo raccapricciante, approfittano spesso della debolezza sociale e dello spirito pacifico dei rom per farne il capro espiatorio di qualsiasi problema che riguardi la società.

Di fronte alle forze dell'ordine, i rom subiscono in silenzio ogni genere di intimidazione e abuso.

Di fronte ai magistrati, i rom sono rassegnati, prima ancora che inizi il procedimento a loro carico, a subire la più grave e iniqua delle condanne.

Davanti ai giornalisti che - quando si verificano episodi di cronaca - li intervistano, i rom sanno già che le loro parole saranno travisate e che serviranno a costruire campagne contro di loro, che verranno presentati come esseri perfidi, sporchi, immorali, pigri, incapaci di qualsiasi sentimento umano.

L'attuale deriva razziale che ha luogo in Italia consente ai nuovi razzisti di adottare gli stessi metodi che utilizzavano le autorità naziste per giustificare la persecuzione contro ebrei, zingari, omosessuali e altre minoranze. Sono sistemi tanto semplici quanto appariscenti, utili a diffondere presso l'opinione pubblica l'immagine del Rrom ladro, violento, truffatore, rapitore e sfruttatore di bambini.

Oltre ai casi che i media hanno amplificato a dismisura lo scorso anno, attribuendo ai rom ogni sorta di delitto, a partire da quello di Giovanna Reggiani, commesso da un romeno povero e non da uno zingaro; oltre alla stretta censura relativa agli omicidi e agli attentati razziali (una realtà che ha visto nel solo 2007 numerose vittime rom e centinaia - sic - di soggetti rom sottoposti a rischio di vita), minimizzati dai media e non perseguiti dalle autorità, neanche quando rivendicati; oltre alle bugie raccontate dai nostri rappresentanti istituzionali alle autorità europee per cercare di evitare severi ammonimenti e condanne; oltre alla "caccia al rom" scatenata in tutto il territorio italiano, vasta operazione di pulizia etnica che culmina con gli sgomberi e le espulsioni; oltre a tutto questo, la "macchina" razzista costruisce casi di cronaca finalizzati a connotare il popolo rom come una razza diversa e degenerata, inguaribilmente asociale.

Quotidiani importanti, a tiratura nazionale, si fanno portavoce di tali campagne di discredito e negli ultimi tempi presentano eventi in cui genitori rom costringerebbero i loro figli e altri bambini, rapiti alle famiglie legittime, a rubare, chiedere l'elemosina, prostituirsi. "Se ognuno di voi non porta a casa almeno 800 euro al giorno, verrà picchiato, torturato, legato al guinzaglio".
L'opinione pubblica è ormai incapace di riconoscere la verità, quando essa viene diffusa dai media e suffragata dalle autorità.

Come si farebbe, altrimenti, a credere che una famiglia rom che vive al freddo, protetta da quattro fogli di cartone, in pessime condizioni di salute, martoriata da rigori delle intemperie, fame, infezioni, topi, parassiti, violenza e umiliazione "nasconda" in realtà almeno 24 mila euro mensili?

Come si farebbe a credere che bambini sottoposti a torture efferate, denutriti e macilenti non colgano la prima occasione di libertà per sfuggire ai loro carnefici?

Come si farebbe a credere ai tanti rapimenti di bambini di cui i rom sono accusati, quando alle dicerie non corrispondano denunce di scomparsa, nei Paesi di origine?

Può anche darsi, però, che la purga etnica faccia comodo alla maggior parte dei cittadini italiani: non erano forse le folle sterminate ad acclamare il nuovo mondo proposto da Hitler e dai suoi assassini?


I rom amano profondamente i loro bambini e i loro modelli educativi non prevedono l'uso delle punizioni corporali: “Tanti bambini, tanta gioia,” recita un adagio zingaro. La persecuzione istituzionale che li colpisce in Italia costringe tutti i componenti delle famiglie rom a tentare di sopravvivere anche con mezzi estremi e considerato che gli adulti sono ormai - a causa della campagna razziale – considerati alla stregua di demoni malvagi, solo i piccoli zingari riescono ad ispirare compassione nella cittadinanza e a raccogliere qualche spicciolo.

Si tratta di legittime istanze di sopravvivenza; nemmeno i furtarelli cui i rom sono a volte costretti dovrebbero essere perseguiti, perché la Costituzione sancisce che persino la ribellione alle autorità diventa lecita quando l'oppressione si fa intollerabile. Nella realtà, però, politici e autorità costruiscono i numeri della loro "efficienza" opprimendo a dismisura i rom.

I numeri parlano chiaro. In una città come Milano, nel 2007 sono state arrestate 3408 persone. Di queste – lo afferma la Prefettura – 530 sono donne e uomini rom. E' una cifra sproporzionata, se si considera che la percentuale rom della popolazione della capitale lombarda ammonta a meno dello 0,5 per cento.

La conclusione che se ne può trarre è una sola: o si crede che i rom siano una razza inferiore, composta da delinquenti incalliti oppure è in corso un'operazione criminale di pulizia etnica, quel "crimine contro l'umanità" di cui l'Italia dovrà rispondere al Cerd (Nazioni Unite) e alla Corte Penale Internazionale de L'Aja.

Coloro che non sono ancora ottenebrati dal pregiudizio antizigano non avranno difficoltà a ricostruire come vengano messe in atto le operazioni di polizia che portano all'incriminazione di tanti genitori rom e alla sottrazione dei loro bambini da parte delle Istituzioni. Qui di seguito, il più recente evento mediatico che vede quali "mostri" tre genitori zingari, a Rho, vicino a Milano.

MILANO: COSTRETTI A MENDICARE SI RIBELLANO, DENUNCIATI TRE NOMADI
Milano, 1 mar. - (Adnkronos) - Erano costretti dai loro genitori a chiedere l'elemosina, ma i piccoli schiavi si sono ribellati e, attraverso Telefono Azzurro, sono riusciti a denunciare i genitori.
E' quanto accaduto a Rho, alle porte di Milano. I militari hanno denunciato due uomini (R.M., 37 anni e M.Z., 43 anni) e una donna (S.S., 26 anni), tutti domiciliati nel campo nomadi di via Sesia, per induzione all'accattonaggio e inosservanza dell'obbligo di istruzione elementare dei minori. I carabinieri sono riusciti a documentare, anche con l'ausilio di telecamere, che i tre costringevano i rispettivi figli, di 12, 11 e 6 anni, con minacce e continue percosse a chiedere l'elemosina in varie parti della citta': parcheggi, centri commerciali e semafori.
A far scattare l'indagine la denuncia del dodicenne che, in forma anonima, aveva chiesto aiuto all'associazione Telefono Azzurro e aveva espresso il desiderio di tornare a scuola. I tre piccoli sono stati affidati a una struttura di accoglienza e presto potranno tornare tra i banchi. (Afe/Lr/Adnkronos)

 
Di Fabrizio (del 03/03/2008 @ 09:01:18, in Italia, visitato 2058 volte)

di Nando Sigona * [postmaster@osservazione.org]

pubblicato su OsservAzione

Della sicurezza perduta
«Prima dell’entrata della Romania nell’Unione Europea, Roma era la capitale più sicura del mondo... Bisogna riprendere i rimpatri». Era inizio novembre e l’allora sindaco di Roma, Walter Veltroni, non faceva prigionieri e identificava senza esitazione i colpevoli dell’ondata di criminalità che stava allarmando i cittadini della capitale. La tragica morte di Giovanna Reggiani a seguito della brutale aggressione da parte di un cittadino romeno aveva scosso profondamente la città. Il governo, che si apprestava a varare il tanto annunciato «pacchetto sicurezza», decideva allora di estrarne alcuni provvedimenti da rendere operativi immediatamente attraverso il decreto-legge n.181/2007. L’obbiettivo era facilitare l’espulsione di cittadini comunitari ritenuti dalle autorità una minaccia per la pubblica sicurezza e per la sicurezza dello Stato.
La tempistica dell’intervento è stata oggetto di critiche, talvolta da posizioni opposte. Secondo un funzionario del dipartimento per le Pari Opportunità intervistato nelle settimane calde dell’emergenza, «fino a non molto tempo fa la situazione appariva sotto controllo e non di nostra competenza e, probabilmente, abbiamo sottovalutato la portata del fenomeno». A conferma di ciò, in un’intervista al Financial Times, Romano Prodi affermava: «nessuno poteva prevedere un flusso di tale portata. Nessuno si aspettava un tale esodo dalla Romania verso l’Europa».
Nonostante gli sforzi compiuti dal ministro Ferrero e dal sottosegretario De Luca nei mesi precedenti alla crisi per stemperare la tensione e promuovere l’integrazione dei rom, alcuni osservatori hanno evidenziato come la carenza di coordinamento tra i vari ministeri e tra il governo centrale e i comuni abbia indebolito l’efficacia di queste pur valide iniziative.
Il provvedimento «urgente e necessario» nelle prime ore ha riscosso l’approvazione pressocchè unanime delle forze politiche italiane – i distinguo sono iniziati solo dopo qualche giorno, soprattutto in sede di dibattito parlamentare – mentre ha suscitato un coro di proteste da parte delle associazioni e del volontariato, ma anche di importanti osservatori internazionali, che hanno manifestato perplessità per un provvedimento che, per quanto di portata generale nella forma, appariva nella sostanza diretto ad un gruppo specifico di persone: i rom romeni.
Per il presidente dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa: «l’arresto di un cittadino rumeno sospettato per l’omicidio non deve portare ad una caccia alle streghe. Il governo italiano ha il diritto di espellere dei soggetti sulla base di considerazioni legate alla sicurezza, ma tutte le decisioni devono essere prese su base individuale e non collettiva».
Il 19 dicembre, due settimane prima della scadenza dei termini per la conversione in legge, il ministro per i rapporti con il parlamento, Vannino Chiti, riferiva all’assemblea l’intenzione del governo di rinunciare alla conversione per dei vizi formali. Dieci giorni dopo, il 29 dicembre, un nuovo decreto (n.249/2007) veniva inviato al presidente della repubblica per la necessaria firma. Il nuovo provvedimento riprende ampiamente la sostanza del decreto precedente e la estende includendo anche misure per contrastare il «terrorismo internazionale».
A distanza di qualche mese e con le elezioni alle porte può tornare utile una riflessione su cosa è effettivamente accaduto nei mesi trascorsi, come è stato applicato il decreto, chi e quante persone sono state oggetto di provvedimenti di espulsione e quale è stato il suo impatto reale sui rom.

Un nuova caccia alle streghe?
Il decreto è stato presentato dai rappresentanti del governo come una risposta necessaria al crescente allarme sociale causato dall’arrivo in Italia di un cospicuo numero di migranti romeni e dalla comparsa di insediamenti di fortuna abitati soprattutto da romeni di etnia rom in tutte le maggiori città italiane. Per cogliere l’atmosfera che si respirava lo scorso novembre, ‘un continuo recriminare contro gli stranieri senza precedenti nella storia recente dell’Italia’ secondo il corrispondente del quotidiano britannico The Guardian, può essere utile ricordare le parole pronunciate in conferenza stampa dal prefetto di Roma a seguito dell’emanazione del decreto n.181: «Firmerò subito i primi decreti di espulsione. La linea dura è necessaria perché di fronte a delle bestie non si può che rispondere con la massima severità».
Le reazioni al decreto sono state diverse, coprendo un arco che va da chi ha condannato il provvedimento come razzista e in violazione dei diritti umani, a coloro che hanno suggerito che il decreto fosse in linea con la direttiva dell’Unione Europea sulla libertà di circolazione dei cittadini degli stati membri nel territorio dell’UE (2004/38/CE), a coloro che hanno visto nel decreto una risposta populista all’allarme diffuso senza alcun impatto reale, o perchè superfluo in quanto la normativa in vigore già permetteva le espulsioni in casi di minaccia alla pubblica sicurezza o perchè troppo limitato nella sua portata.
A partire da gennaio 2007, quando Romania e Bulgaria sono entrate nell’Unione Europea, la minaccia di un’«invasione» di migranti provenienti da questi due paesi verso l’Italia ha occupato spazio crescente nei media. L’arrivo dei rom romeni, iniziato in realtà ben prima dell’allargamento con l’abolizione dei visti nel 2000, la nascita di campi irregolari, una serie di episodi di criminalità riportati con clamore nei media e vecchi e profondi stereotipi e pregiudizi verso «gli zingari» hanno contribuito a creare un senso di allarme e minaccia crescente nell’opinione pubblica.
La tragica morte di Giovanna Reggiani ha fatto esplodere le tensioni che si andavano cumulando e ha messo in evidenza e amplificato quello che si va a configurare come un fondamentale terreno di confronto e scontro nella campagna elettorale in corso: la sicurezza. Molte delle posizioni espresse dai politici dei vari schieramenti nei giorni caldi di novembre possono essere lette come parte di una battaglia di posizione per la conquista di questo terreno. Per Veltroni, il decreto n.181/2007 è stato «la prima iniziativa politica» del Partito Democratico che ha rotto la classica dicotomia tra sicurezza di destra e solidarietà di sisnistra. Anche la sinistra radicale ha provato a dare una risposta alla questione sicurezza e mentre il senatore di Rifondazione Comunista Caprili invitava urgentemente la sinistra a «ritrovare una connessione sentimentale con il proprio popolo», ricordando che «i campi nomadi non sono nei quartieri bene ma nelle periferie», il presidente della Camera dei Deputati Fausto Bertinotti affermava che per la sinistra non è sufficiente essere tollerante. Sull’altro versante dello spettro politico, Gianfranco Fini si faceva portavoce del fronte anti-immigrati attraverso dichiarazioni che hanno suscitato sconcerto tra le associazioni anti-razziste e una mezza crisi diplomatica con la Romania.
In un’intervista al Corriere della Sera, Fini definiva i rom come «una comunità non intergrabile nella nostra società», persone che considerano «pressoché lecito e non immorale il furto, il non lavorare perché devono essere le donne a farlo magari prostituendosi, e non si fanno scrupolo di rapire bambini o di generare figli per destinarli all’accattonaggio». Fini accusa il decreto di essere blando e dice dovrebbero essere espulse 200-250 mila persone dall’Italia. Dalla Lega Nord, invece, è arrivato un tentativo di allargare la cornice interpretativa dell’emergenza all’intera questione immigrazione. Umberto Bossi sulle pagine de La Padania dichiara: «Adesso tutti parlano di rom e di romeni, tutta l’attenzione è puntata lì. E si dimenticano che ci sono tutti gli altri immigrati, con tutti i problemi connessi. Non sono solo i rom a creare problemi in questo Paese». E un altro esponente del Carroccio rivendica la paternità di alcune delle misure incluse nel decreto n.181, anche se «copiate male e troppo tardi» dal centro-sinistra.
In generale, si può affermare che la crisi ha prodotto un impoverimento della qualità della dialettica politica. Secondo un esponente dell’Ufficio Nazionale Anti-discriminazioni Razziali (UNAR), «assistiamo ad un deterioramento del dibattito politico. Ciò che una volta era considerato razzismo è ora accettabile ed è spesso sostenuto e legittimato con un uso strumentale e inaccurato di dati statistici».
Una preoccupante conseguenza di questo abbrutimento è stata l’apertura di spazi di legittimazione per quei gruppi e movimenti di estrema destra che da tempo fanno della lotta «contro gli zingari» il loro cavallo di battaglia. Così, se il movimento di Storace accusa la sinistra per «i millioni di immigrati che hanno invaso l’Italia» e chiede il dispiegamento dell’esercito, Forza Nuova tappezza la capitale di manifesti contro i rom e comunica attraverso il suo sito che il tempo è scaduto e che «da oggi in poi tutti gli italiani sono moralmente autorizzati all’uso di metodi che vanno oltre le semplici proteste per difendere i compatrioti».

Gli effetti diretti e indiretti del decreto
Al 18 dicembre 2007, il decreto aveva prodotto 408 espulsioni, di cui 262 per motivi di pubblica sicurezza, 124 per «motivi imperativi di pubblica sicurezza» e 22 per cessazione dei requisiti di soggiorno. Dieci giorni dopo, il 27 dicembre, a poche ore dalla decadenza del decreto, il computo era salito a 510 espulsioni, di cui 181 per motivi imperativi. Pertanto si può affermare che il provvedimento non è stato applicato per legittimare espulsioni di massa, come alcuni avevano temuto ed altri avevano sperato.
Rispetto alla nazionalità degli espulsi, i dati ufficiali non offrono delucidazioni. Si tratta come è evidente di un dato sensibile viste le accuse mosse al provvedimento di essere diretto ad un gruppo specifico. Ad ogni modi, dalle informazioni raccolte in alcune città italiane (Roma, Milano, Napoli e Bologna) attraverso associazioni, prefetture e giornali, sembrerebbe che i cittadini romeni, soprattutto di etnia rom, siano il gruppo più colpito. Il dato sembra confermato anche dal fatto che i campi, regolari e irregolari, sono stati oggetto di un setacciamento sistematico da parte delle forze di polizia in tutta Italia.
Ma, al di là dell’applicazione diretta del provvedimento, il decreto ha avuto anche degli effetti collaterali, più o meno voluti, sia sul piano simbolico che materiale.
Il decreto, infatti, riconoscendo ufficialmente l’esistenza di una «emergenza sicurezza» ha legittimato non solo quei gruppi di estrema destra che tradizionalmente adoperano la paura dell’altro per fare politica, ma anche quelle autorità locali che ormai da alcuni anni – a Bologna, Cofferati ha iniziato la sua «battaglia per la legalità» nel 2005 con ripetuti e sistematici sgomberi degli insediamenti non autorizzati di rom romeni – contrastano l’insediamento di rom nei loro territori con l’arma degli sgomberi. In un anno il solo comune di Roma ha sgomberato oltre seimila persone, molte delle quali rom.
I rom, romeni e non, anche se non rappresentano una minaccia alla pubblica sicurezza (nonostante i controlli a tappeto gli espulsi sono stati pochi) sono sicuramente quelli che hanno risentito maggiormente non solo del clima generale di caccia alle streghe, ma anche dell’applicazione del decreto. La campagna di sgomberi dei comuni, i controlli nei campi e la schedatura condotta dalla polizia, le accuse generalizzate da parte dei politici e gli attacchi di matrice razzista hanno contribuito a diffondere un clima di grande insicurezza tra i rom. Molte persone hanno deciso di abbandonare le città dove vivevano per tornare in Romania o per spostarsi in luoghi meno pericolosi. I bambini rom hanno risentito particolarmente di queste migrazioni forzate, essendo costretti ad abbandonare la scuola e i luoghi conosciuti. Costretti alla macchia con i loro genitori da iniziative politiche che forse producono vantaggi elettorali nel breve periodo, ma che sul lungo termine creano criticità, riducono la fiducia nelle istituzioni di quelli che sarebbero nuovi cittadini e minano ogni tentativo, pur piccolo, di integrazione che si era avviato.

* Ricercatore presso il Refugee Studies Centre, Università di Oxford e co-fondatore di OsservAzione [www.osservazione.org]. Il presente contributo trae spunto dai risultati di una ricerca in via di pubblicazione condotta da OsservAzione per l’Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa (OSCE) tra novembre 2007 e dicembre 2007.

 
Di Fabrizio (del 26/02/2008 @ 08:10:08, in Italia, visitato 2855 volte)

Ricevo e porto a conoscenza:

PER LA CANDIDATURA DI DIJANA PAVLOVIC ALLE PROSSIME ELEZIONI POLITICHE

Noi sosteniamo la Sinistra l’Arcobaleno e l’idea di un nuovo soggetto politico unitario di sinistra che raccolga le istanze di giustizia e uguaglianza della società italiana.

In questa società crescono le differenze tra chi è povero e chi è ricco, tra chi ha tanti privilegi e chi è senza i diritti elementari come il lavoro, la casa. In questa società crescono le insofferenze verso le persone che vengono da altri Paesi spinte dalla necessità di sopravvivere e crescono il pregiudizio e l’odio contro chi è considerato troppo diverso per cultura, religione e tradizioni. Questo pregiudizio e questo odio sono fomentati da una campagna che fa della sicurezza garantita da leggi speciali il proprio tornaconto politico dimenticando che solo la sicurezza economica e sociale, la tolleranza e il rispetto tra i diversi possono garantire pace e serenità a una comunità.

Questo pregiudizio e questo odio colpiscono in modo particolare il popolo Rom, una minoranza che conta in Italia 180.000 persone, metà delle quali cittadini italiani, ma cittadini privati dei diritti fondamentali della cittadinanza, cosa che non favorisce la loro partecipazione alla cosa pubblica.

Noi pensiamo che le prossime elezioni politiche italiane devono rafforzare la presenza in Parlamento della parte politica che combatte contro le ingiustizie sociali, le discriminazioni, il pregiudizio e il razzismo e crediamo che sia importante che chi opera concretamente con questo impegno nella nostra società debba rappresentare direttamente queste istanze.

La Sinistra l’Arcobaleno per noi rappresenta entrambe queste esigenze: rafforzare la difesa dei diritti e il rifiuto delle discriminazioni economiche e sociali e rendere possibile la partecipazione diretta di chi questa battaglia la persegue concretamente sul territorio, nella società.

Per questo noi proponiamo alla Sinistra l’Arcobaleno di accogliere nelle proprie liste Dijana Pavlovic, rom serba, cittadina italiana, impegnata, nella sua attività di attrice e in quella civile quotidiana, nella battaglia contro tutte le forme di pregiudizio e di razzismo, in particolare quelle che colpiscono il suo popolo, l’anello più debole della catena sociale contro il quale si sfogano le ansie, le insicurezze di una società sofferente di ingiustizia, precarietà e diritti negati.

Breve curriculum di Dijana Pavlovic
Nata in Serbia l’11.11.1976, laureata presso la Facoltà di Arti drammatiche di Belgrado, è cittadina italiana dal 1999.

Candidata alle elezioni comunali di Milano del 2006 nella lista Uniti con Dario Fo per Milano, dopo i fatti di Opera, nel gennaio 2007 è tra i promotori della Rete Nopattodilegalità che raccoglie associazioni, comitati, esponenti della società civile contro il Patto di legalità e socialità del Comune di Milano che sottopone a un doppio regime legale i cittadini Rom. Con questa rete organizza per il 2007 iniziative – come la grande partecipazione dei Rom al corteo del XXV Aprile – e sostegno alle condizioni di precarietà dei Rom (a Milano circa 40 sgomberi in un anno).

Nell’ottobre 2007 con lo sciopero della fame contro il Comune di Milano favorisce la costituzione di un tavolo - che raccoglie le associazioni e il sindacato milanesi – che elabora una piattaforma di intervento sulla questione Rom.

Contribuisce a costituire il Comitato Rom e Sinti insieme, prima forma di autoorganizzazione dei Rom. Per nome di questo Comitato interviene alla Conferenza europea sulla popolazione rom organizzata dai ministeri degli Interni e della Solidarietà sociale, il 22, 23 gennaio 2008 e alla audizione del Comitato dell’ONU per l’eliminazione della discriminazione razziale, a Ginevra il 20 e il 21 febbraio 2008.

Sul piano artistico e culturale – con una carriera in Italia di attrice di teatro, cinema e tv – nel 2006 è coautrice e protagonista di Porrajmos, azione scenica con testi e musiche sullo stermino dei Rom; coautrice e protagonista di Rom Cabaret, spettacolo costruito con testi della poesia popolare, canzoni e racconti della cultura rom che rappresenta in diverse realtà; promuove e anima la Settimana Rom nell’ottobre 2007 a Milano; in occasione della giornata della memoria, febbraio 2008, organizza con la casa della cultura di Milano una iniziativa con testimonianze dello sterminio di ebrei e “zingari”, infine è attiva in tutte le occasioni di dibattito sul territorio nazionale sul tema della discriminazione e della questione Rom.

*** per aderire all'appello ***

 
Di Fabrizio (del 13/02/2008 @ 09:02:26, in Italia, visitato 1354 volte)

Ricevo da Roberto Malini

da www.annesdoor.com

Gloria, un'utente di Anne's Door è sorpresa da quanti reati siano attribuiti ai Rrom e ci scrive: "Dopo il caso Mailat, i bambini di Milano torturati e costretti a mendicare, ecco la rivelazione (di Roberta Angelilli, Alleanza Nazionale n.d.r.) secondo cui in Italia ben 50 mila bambini Rrom sarebbero schiavi di un racket composto da nomadi; ecco la vicenda dei Sinti che truffano gli anziani e chesi rivelano proprietari di ville e montagne d'oro (l'ho visto in un servizio televisivo)! Ecco la notizia, diffusa dai media, dei Rrom del campo Casilino 900, a Roma, che hanno commesso un'infinità di reati e che le autorità romane hanno presentato come una banda organizzata, contro cui hanno mobilitato un esercito composto da più di cento carabinieri, pattuglie in uniforme, militari a cavallo e unità cinofile. Siamo di fronte a un popolo di criminali, geneticamente portati a commettere reati e azioni orribili o viviamo in un Paese impazzito?"

Risponde Roberto Malini. Hai colto nel segno del problema e hai messo in rilievo il castello di pregiudizi su sui si basa una persecuzione efferata, che si giustifica agli occhi dell'opinione pubblica come "operazione di sicurezza" e non "purga razziale". Cara Gloria, i nomadi che rapiscono bambini e li costringono con torture, segregazione e minacce a rubare o prostituirsi; i Sinti che si arricchiscono truffando gli anziani e posseggono ville e macchinoni; il "linguaggio segreto" degli zingari scritto con il gesso davanti alle abitazioni a scopo di rapina sono i soliti luoghi comuni usati dalla propaganda razzista. Il partito nazista e la stampa di regime presentarono i Rrom proprio come un popolo geneticamente degenerato e caratterizzato da un'indole immorale: ladri, truffatori, schiavisti, padri e madri indegni, assassini senza scrupoli. La realtà, Storia e Memoria ce lo insegnano, è ben diversa e i veri criminali non furono i Rrom, ma i tedeschi e i loro complici. Criminali spietati, capaci di azioni indescrivibili e omicidi orrendi contro uomini, donne e bambini innocenti. Tieni presente, però, che quando i nazisti erano al potere e i media lavoravano per presentare in modo umano la loro immagine, il popolo tedesco la pensava come gli italiani di oggi e identificava negli zingari e nelle altre minoranze che furono soggette a persecuzione la sorgente del male. Nessuno avrebbe detto che Hitler, Goebbels, Eichmann o Himmler fossero mostri. I nemici della sicurezza erano considerati, anche allora, i mendicanti, i poveri, le famiglie Rrom dalle pelli scure e le usanze così diverse da quelle europee. Ma torniamo al presente: Rrom e Sinti, purtroppo, sono poverissimi e non posseggono ville né oro o diamanti; amano i loro bambini ("tanti bambini, tanta gioia", è il loro motto) e non rapiscono quelli degli altri; hanno un livello di moralità elevatissimo e condannano la violenza come il più grave dei mali; sono religiosi e considerano la carità e la solidarietà come i massimi valori umani e sociali. Non ho visto il servizio televisivo a
cui ti riferisci, ma ne ho lette e sentite tante, da molti anni. Se vuoi combattere il pregiudizio devi tener sempre presente che i razzisti seguono una strategia mediatica precisa, che è quella di giustificare la repressione presentandola come un'azione necessaria per tutelare o ripristinare la "legalità". Quello che gli uomini e i gruppi che si occupano di Diritti Umani combattono è un atteggiamento persecutorio, che ha portato i Rrom in condizioni tragiche di povertà. E' ovvio che le autorità giustificano sgomberi ed espulsioni adducendo ai Rrom reati di ogni genere, ma quello che le Nazioni Unite e l'Unione Europea chiedono - finalmente - ai Paesi civili è l'attuazione di politiche volte a integrare i Rrom e a combattere la povertà che li annienta, attraverso un sostegno pianificato (che l'Ue agevola con ingenti fondi, cui l'Italia ha scelto di non accedere proprio per non favorire l'integrazione) e comprendente alloggi, aiuti economici, assistenza sanitaria, strutture per l'igiene, progetti di collocamento professionale, inserimento scolastico, tutela dell'identità etnica di un popolo, attivazione di programmi mirati a far conoscere la Storia, la cultura e la condizione dei Rrom ecc. In tutti i casi cui ti riferisci, eccettuato quello di Mailat, che non è un Rrom, ma un romeno di etnia Bunjas (anche quello, comunque, è un evento giudiziario tutt'altro che chiaro), le autorità contestano reati diversi ai Rrom e i media presentano le loro comunità come bande malavitose. Il caso recentissimo del campo Casilino 900 è emblematico della persecuzione in atto. Le forze dell'ordine sono entrate in un luogo di emarginazione simile a un campo di concentramento, dove sopravvivono nelle più spaventose condizioni di indigenza cento uomini, cento donne e duecentocinquanta bambini. La violazione commessa nei loro confronti è stata totale: anziché ricevere aiuti e supporto (come prevedono le leggi internazionali a tutela delle minoranze etniche e le convenzioni internazionali per i Diritti Umani), sono stati perquisiti, espulsi quando possibile, denunciati per reati assurdi, come la "violazione del diritto d'autore", terrorizzati e umiliati sia individualmente che come popolo. Quando abbiamo dubbi sulla persecuzione, Gloria, perché i media ci presentano i "buoni" e i "cattivi" secondo una logica di regime, dobbiamo entrare in un campo Rrom e tutto diventa chiaro: troveremo povertà, fame, malattie, morte, dolore, abbandono, emarginazione. E nessuno che si prodighi per combattere i veri nemici della società, che sono il razzismo, la crudeltà, l'abuso, la calunnia, la miseria. Entriamo in un campo Rrom, finché è possibile, perché i pogrom hanno decimato persino quei luoghi disperati di sopravvivenza e, al di là delle odiose bugie della propaganda, sarà facile rispondere alla tua domanda: chi sono i criminali, gli zingari o i loro persecutori?

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Di Fabrizio (del 12/02/2008 @ 09:22:09, in Italia, visitato 1714 volte)

Ricevo da Maria Grazia Dicati

«Il presidente di Unicef Italia, Antonio Sclavi, e l'assessore alle Politiche sociali del Comune di Roma, Raffaela Milano, hanno siglato oggi un protocollo di intesa per la definizione di iniziative congiunte finalizzate alla promozione di buone pratiche, da parte delle amministrazioni locali italiane, a favore dei diritti dei bambini rom, sinti e camminanti». Lo comunica, in una nota, l'assessorato alle Politiche sociali del Comune di Roma. «In particolare - si legge - l'accordo prende atto dal riconoscimento del Comitato Onu per i diritti dell'infanzia il quale, nelle sue Osservazioni conclusive sul Protocollo opzionale per la convenzione sui diritti dell'infanzia, ha raccomandato che il »Centro per il contrasto alla mendicità infantile« promosso dal Comune di Roma, sia condiviso, come buona prassi, dalle altre città italiane. Il Centro per la mendicità infantile del Comune è nato nel 2003 con l'obiettivo di contrastare il fenomeno della mendicità infantile, accogliendo, in un ambiente familiare e sereno, i bambini sottratti alla strada, assistendoli e tentando di intervenire efficacemente sul loro contesto di vita. Il progetto è condiviso e con il Tribunale dei Minorenni e con la Procura Minorile, oltre che con la Prefettura di Roma. Un altro punto particolarmente innovativo del protocollo riguarda l'impegno a collaborare per raccogliere e inserire il punto di vista dei bambini e degli adolescenti rom nel futuro Rapporto al Comitato ONU sui diritti dell'infanzia, in modo da poter ascoltare direttamente la voce, le aspettative e i problemi vissuti dai minori.

Con il coinvolgimento di altri uffici Unicef europei, si favorirà lo scambio di informazioni tra i diversi paesi, mentre per gli amministratori locali italiani verrà redatto un vademecum sulle buone pratiche su questo tema».

«Il riconoscimento del lavoro avviato a Roma con il Centro di contrasto alla mendicità infantile, da parte del Comitato delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia - ha dichiarato l'assessore Raffaela Milano - rappresenta per noi una importante conferma della validità di un servizio innovativo che in questi anni ha consentito di garantire a tanti minori sfruttati i propri diritti e, allo stesso tempo, di combattere efficacemente e di assicurare alla giustizia chi specula sulla sofferenza dei bambini, sia per l'accattonaggio che per lo sfruttamento sessuale, come è avvenuto tra l'altro per le due indagini »fiori nel fango« con l'arresto e la condanna di una rete di pedofili. Sono sicura che questo protocollo siglato con Unicef servirà a rafforzare in tutti i comuni italiani questa rete di impegno a tutela dei più piccoli, una assoluta priorità per il nostro paese».

«Il Comitato Onu sui diritti dell'infanzia - sottolinea Antonio Sclavi, presidente dell'Unicef Italia - ha raccomandato al nostro paese di non discriminare i bambini e gli adolescenti rom, sinti e camminanti, assicurando loro il diritto all'istruzione, alla salute, all'inclusione sociale, al gioco e al tempo libero. I bambini e gli adolescenti rom, sinti e camminanti hanno diritto a quanto sancito dalla Convenzione sui diritti dell'infanzia.

Partire dalla diffusione su tutto il territorio delle buone prassi realizzate da singoli Comuni, come quella del Centro contro la mendicità infantile, utilizzare un metodo fondato sull'ascolto dei bambini e degli adolescenti stessi, assicurare il coinvolgimento dell'associazionismo questi i principali aspetti di questa nuova collaborazione tra l'assessorato alla Politiche sociali del Comune di Roma e l'Unicef».

 
Di Fabrizio (del 09/02/2008 @ 09:15:00, in Italia, visitato 1642 volte)

di Dijana Pavlovic

Il 27 gennaio in occasione di una giornata dal grande valore civile: la Giornata della memoria, si svolgerà una manifestazione. Ma questa giornata rischia di testimoniare una memoria selettiva. Infatti, in questa occasione così significativa, nessun Rom potrà parlare e portare la testimonianza della deportazione e del massacro del nostro popolo, nonostante ne sia stata fatta richiesta al comitato organizzatore e nonostante il valore fondamentale di parlarne in un momento che vede in questo Paese i rom indicati come il nemico pubblico numero uno.
Nell’Italia democratica e civile i nostri figli muoiono di freddo e nei roghi e nessuno si scandalizza. Gruppi di neonazisti entrano nei nostri campi, minacciano, sparano e bruciano e nessuno si scandalizza. Ci rifiutano l’assistenza sanitaria costringendoci a partorire per strada e nei campi. A Milano fa freddo e più di cinquecento persone, uomini donne bambini e anziani, dormono nel fango sotto le tende, spesso rotte e tagliate dalle forze dell’ordine durante gli sgomberi. Ci distruggono le case, le uniche che abbiamo, separano le nostre famiglie. Per noi varano leggi speciali. Con patti di legalità ci proibiscono di ospitare nostri parenti anche solo per una notte, ci danno un pass e ci controllano i documenti per lasciarci entrare in casa nostra. I mass media ci criminalizzano e ci fanno apparire come un popolo di assassini ladri e asociali, la politica ci considera un danno elettorale.
Ma per noi, questa è una vecchia storia. Dal 1400 ci hanno braccato come animali, hanno fatto leggi e decreti per stabilire che la nostra vita non valeva niente e che chiunque ci poteva uccidere senza nessuna conseguenza. Nei campi di concentramento nazisti ci hanno portato nelle camere a gas, i nostri figli erano le cavie preferite di Mengele e altri scienziati, in tutta Europa ci hanno misurato crani e altre parti del corpo per provare che non siamo esseri umani come gli altri.
Violenze, umiliazione, morte… Questa è la storia del mio popolo. Ed è sempre trascorsa nel silenzio. Nonostante ci siano prove scritte, testimonianze, fotografie, che confermano senza dubbi che siamo stati deportati non come individui, ma come appartenenti a una razza inferiore, un popolo criminale e asociale, per anni ci hanno negato questo riconoscimento. Il nostro orrore, che chiamiamo Porrajmos, cioè distruzione, divoramento, non ha mai avuto voce.
Sarebbe inquietante dover pensare ancora oggi nella civile Milano che oltre 500 000 Rom morti nei campi di concentramento, anche italiani, non valgano, non meritino memoria né riconoscimento. Forse è troppo scomodo e impopolare in questo momento dar voce a chi rappresenta questo popolo, anche per chi porta nella propria storia i valori fondamentali come antifascismo e antirazzismo? Questi valori sono importanti anche per noi Rom, perché la loro affermazione ci ha restituito la dignità e ci ha salvato dagli stermini, dalle umiliazioni e dalla schiavitù in tutta Europa. Chi condivide questi valori e ne fa la propria bandiera non può dimenticare che non conoscono compromessi, non possono convivere con piccoli giochi politici per raccattare o non perdere qualche voto. Dai Rom, un popolo sena terra e senza guerra, tutti possono imparare che ci sono cose che non sono in vendita, mai e a nessuna condizione: la libertà e l’identità culturale.
Il mio è un grido di dolore, non solo di chi appartiene a un popolo da sempre discriminato e rifiutato, ma anche di una cittadina che crede nei principi di uguaglianza e di libertà, che crede che il silenzio sul passato danneggia gravemente le generazioni future e il futuro di una nazione, che la memoria è importante solo se non è selettiva e se non ci sono censure sui fatti storici perchè.
Per questo, noi parteciperemo lo stesso alle manifestazioni di questa giornata per testimoniare lo sterminio dei nostri nonni e dei nostri padri ieri,e la discriminazione e l’ingiustizia nei nostri confronti e nei confronti dei nostri figli oggi.

 

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