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Di Fabrizio (del 13/02/2012 @ 09:24:31, in Italia, visitato 1348 volte)

Autore: Daniele Ulderico

Nel settembre 2005 circa mille rom che da vent'anni vivevano nel campo di vicolo Savini, a pochi metri dalla Basilica San Paolo a Roma, sono stati trasferiti con grande clamore mediatico in un nuovo insediamento a 25 km dalla città. Il nuovo campo di Castel Romano, con prefabbricati a scacchiera, circondato da un parco naturale e da un muro di separazione, per le amministrazioni Veltroni e Alemanno rappresenta un modello per la "soluzione del problema rom". Nella prospettiva dell'antropologia critica della contemporaneità la vicenda si rivela esemplare: in prima istanza perché riattualizza termini come "zingaro" e "nomade", con tutto il loro deposito di stereotipi e pregiudizi, quindi per il fatto di rappresentare emblematicamente i processi e gli esiti, perlopiù negativi, delle politiche di separazione ed espulsione dei rom dagli spazi urbani. Un modello innovativo di analisi etnografica, ridislocata nei due insediamenti e lungo le fasi del trasferimento, mette anche in luce come il confine fra i rom e i diversi "noi" -istituzioni, associazioni e società locale- funzioni come criterio ordinatore dei rapporti sociali, fino a produrre differenze, alleanze e forme inedite di potere.

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Di Fabrizio (del 13/02/2012 @ 09:30:20, in Regole, visitato 1725 volte)

di Africa Insieme  (vedi anche Sulla vicenda dello sfratto eseguito a Coltano il 31 Gennaio 2012)

Il 31 Gennaio, in piena emergenza freddo, il Comune ha sfrattato una donna con cinque bambini al villaggio rom di Coltano: questa drammatica verità è stata occultata da una sequela impressionante di dicerie, diffuse prima dagli amministratori, poi dal principale partito della città. Una vera e propria "macchina del fango" mobilitata per screditare un'intera famiglia.
A casa della donna, si è detto, si sarebbero trovati gioielli per centinaia di migliaia di euro, frutto di attività criminose; i parenti sarebbero proprietari di una villa e di attività commerciali confiscate dalla magistratura; infine, la donna sarebbe tra le protagoniste del rapimento della "sposa bambina". Nessuna di queste informazioni corrisponde a verità.

Per il sequestro dei "gioielli", la signora non è neanche imputata: è stata giudicata estranea ai fatti, ed è un'altra la persona che andrà a processo. Quanto alla "villa" dei parenti, il 12 Novembre 2011 la Corte d'Appello ne ha annullato la confisca, mentre il procedimento di sequestro delle attività commerciali è stato archiviato dal GIP il 10 Ottobre. Resta l'accusa della "sposa bambina", su cui permangono molti dubbi che - si spera - verranno chiariti nel processo.

La realtà dei fatti è molto semplice. La signora è stata sfrattata perché imputata in un processo. Il Comune la considera colpevole a prescindere dalla sentenza, violando così la Costituzione, la Dichiarazione dei diritti umani e i principi più elementari del diritto ("l'imputato è innocente finché una sentenza non abbia accertato la sua colpevolezza"). Con ammirevole candore, il Partito Democratico afferma che il Consiglio Comunale avrebbe chiesto di "superare, in questo caso, la cosiddetta presunzione di innocenza". Un principio basilare dello stato di diritto verrebbe dunque "superato" (sic) dalla delibera di un Comune! Quando si tratta di rom si sospendono tutte le regole, salvo poi richiamare gli stessi rom al "rispetto delle regole".

Il PD afferma che in questa vicenda le autorità locali "non hanno nulla di cui vergognarsi". Perché allora lo sfratto è stato eseguito lontano dagli occhi indiscreti dei giornalisti? Cosa c'era da nascondere, se tutto era "secondo le regole"? Si voleva occultare lo spettacolo di una donna e cinque bambini lasciati al gelo? Si voleva mostrare che la signora aveva "rifiutato le proposte di accoglienza", nascondendo il fatto che si volevano dividere i piccoli dalla loro mamma? Lo stesso comunicato del PD indica come soluzione l'affido a terzi dei bambini (temporaneo, ma per quanto?): l'unica "salvezza" dei figli consisterebbe dunque nel levarli alla madre…
A Pisa quando si parla di rom la responsabilità personale sancita dalla costituzione svanisce: si accusano intere famiglie, bambini compresi.

Ci pare che il senso vero di questa operazione sia più che trasparente. Il Comune ha smantellato il programma Città Sottili, sostituendolo con una politica sistematica di sgomberi. Lo sfratto di Coltano è solo uno dei tasselli di questa politica, a cui si accompagnano velenose campagne di stampa: si pensi alle continue esternazioni del Sindaco sulla presenza eccessiva di rom (come se un gruppo fosse di per sé portatore di problemi). Pisa non è affatto "all'avanguardia" nelle politiche sociali: le scelte di questa amministrazione vengono al contrario seguite con crescente inquietudine dalle organizzazioni per i diritti umani, come dimostra il recente rapporto del Consiglio d'Europa.
La nostra città è diventata il teatro di una vera e propria "emergenza diritti umani": è questa l'amara verità che ricaviamo dalla vicenda dello sfratto di Coltano.

Africa Insieme - 11 Febbraio 2012

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Di Fabrizio (del 14/02/2012 @ 09:20:17, in Regole, visitato 2400 volte)

La notizia mi era sfuggita, grazie a Daniele Mezzana per la segnalazione

ultimo aggiornamento: 31 gennaio, ore 15:28

Roma, 31 gen. (Adnkronos) - Mai più foto che ritraggono i volti dei mendicanti. Lo intima la Cassazione, sottolineando che "non è possibile negare l'oggettiva valenza diffamatoria" alla pubblicazione di uno scatto di chi chiede la carità: "la coscienza comune - spiega la Quinta sezione penale - pone questi soggetti in uno dei gradini più bassi della cosiddetta scala sociale ed è allora naturale che chi sia costretto dalla necessità a praticare la mendicità e venga additato come tale si sentirà mortificato e gravemente ferito nella sua onorabilità".

Se si vuole denunciare il dilagare di un fenomeno, dice la Cassazione, è necessario "coprire i volti delle persone coinvolte in fenomeni sui quali grava un pesante giudizio negativo della collettività".

La vicenda analizzata dalla Suprema Corte nasce dalla querela sporta da una rumena ultratrentenne, Ciurar C., comparsa in una fotografia pubblicata a corredo di un articolo di un giornale di Trento nel quale venivano riportate le reazioni e i commenti dei cittadini, pure loro rappresentati fotograficamente, nell'ambito di una tavola rotonda sul 'pacchetto sicurezza' e sull'istituzione delle ronde. A corredo del servizio, la foto della rumena accompagnata dalla didascalia 'una questuante all'opera nel centro storico di Trento'. Il gip di Trento, il 31 gennaio 2011, aveva dichiarato il non luogo a procedere "perché il fatto non sussiste" nei confronti del direttore e dell'autore dell'articolo, ritenendo non diffamatorio l'articolo e le foto improntati a scoraggiare "fenomeni quali la prostituzione, il vandalismo e l'accattonaggio diffuso". La Cassazione è stata di tutt'altro avviso.

La rumena fotografata a mendicare ha fatto ricorso in Cassazione, facendo notare che era l'unica delle persone ritratte a rappresentare il problema che il 'pacchetto sicurezza' avrebbe voluto affrontare e che, nel testo, si parlava di 'accattonaggio diffuso legato ad organizzazioni criminali'. Piazza Cavour - sentenza 3721 - ha accolto la tesi difensiva della rumena e ha osservato che "la fotografia di Ciurar C., indicata come questuante all'opera, posta a corredo dell'articolo non può essere considerata neutra, dal momento che il lettore è portato ad identificare la persona rappresentata con uno dei mali da combattere - l'accattonaggio diffuso - e l'ipotizzato collegamento con ambienti malavitosi - ed uno dei problemi da eliminare per garantire una pacifica vita cittadina".

La Cassazione fa notare che "quando per esigenze di cronaca si mostrano immagini di persone in qualche modo coinvolte in fenomeni sui quali grava un pesante giudizio negativo della collettività - al fine di evitare che si crei un preciso collegamento tra un fenomeno generale e una specifica e individuabile persona fisica ed evitare quindi la conseguente e inutile carica di disdoro personale, si usa sgranare o comunque coprire il volto della persona ritratta per renderla non identificabile".

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Di Fabrizio (del 14/02/2012 @ 09:40:58, in casa, visitato 1539 volte)

Corriere della Sera - I sinti dicono sì al trasferimento entro il 29 febbraio. L'Unar indaga sulla denuncia per discriminazione.

Il campo nomadi (Fotogramma)

Niente proroghe: il campo nomadi di via Orzinuovi chiuderà formalmente il 29 febbraio, come deciso dalla Loggia. Entro quella data, tutte le 19 famiglie che ci abitano (alcuni sin dal 1976) «sapranno dove andare», conferma il vicesindaco, Fabio Rolfi. Ed è proprio per tracciare il futuro di queste persone che in Prefettura è stato convocato un tavolo ad hoc. A raccolta il sindaco, Adriano Paroli («È iniziato il dialogo per trovare soluzioni condivise»), Cgil, Fondazione Piccini, Polizia Locale, una rappresentanza sinti e, non da ultimo, Emanuele Nitri, dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali che fa capo alla Presidenza del Consiglio. Perché proprio all'Unar, e non solo, era indirizzata la lettera in cui i sinti denunciavano il Comune di volerli «cancellare dall'anagrafe» (vedi QUI ndr). Un punto, questo, «su cui ci riserviamo di valutare quando avremo risposte e motivazioni dagli uffici competenti», conferma Nitri. Altra storia, lo smantellamento del campo, «nei tempi previsti», assicura Rolfi che definisce «passi in avanti importanti» quelli delle ultime ore, visto che i sinti «hanno accettato la chiusura del campo». Vero, «ma vorremmo stare insieme, per cui faremo tutti domanda di trasferimento nei prefabbricati del Centro emergenza abitativa di via Borgosatollo», riferisce Giovanni Torsi. Il Comune, però, avrebbe già individuato quattro famiglie «disagiate» da destinare agli alloggi protetti Aler. Tempo 15 giorni per le verifiche, «ma quantomeno si è iniziato a discutere. E nessuno il 29 febbraio staccherà la corrente nel campo», commenta Damiano Galletti, segretario provinciale Cgil.

Mara Rodella
10 febbraio 2012 | 15:40<

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Di Sucar Drom (del 15/02/2012 @ 09:24:44, in Europa, visitato 1358 volte)

Swissinfo.ch Rom in cerca d'asilo invernale
Discriminati, e perfino minacciati, i Rom non hanno molte possibilità di ottenere l'asilo in Svizzera. (Keystone) - Di Isabelle Eichenberger

La Svizzera ha registrato negli ultimi mesi un aumento del numero di richiedenti l'asilo serbi. Un "turismo invernale" che si spiegherebbe con un peggioramento delle condizioni di vita della minoranza Rom, in Serbia come in Kosovo.

Un fenomeno analogo era già stato registrato nel dicembre del 2009, quando era stato abolito l'obbligo di un visto per i cittadini serbi, macedoni e montenegrini intenzionati ad entrare nello spazio Schengen.

Questa apertura aveva spinto molti di loro a cercare fortuna in Svizzera. Si trattava per lo più di persone bisognose, di etnia Rom, che pur sapendo di non aver diritto all'asilo politico venivano a cercare lavoro in Svizzera.

«Alcune agenzie locali proponevano perfino viaggi diretti in automobile, spiega Michael Galuser, portavoce dell'Ufficio federale della migrazione (UFM). Si sapeva che la Svizzera assegnava un aiuto al ritorno di 600 franchi. E quando il contributo è stato ridotto a 100, la somma necessaria per pagare il viaggio di rientro, le domande sono diminuite».

Nel 2011 questo flusso migratorio ha però ripreso: su 22'551 domande d'asilo, 1'217 provenivano infatti da cittadini serbi (+33,7% rispetto al 2010), la maggior parte di etnia Rom. Oltre la metà di queste richieste sono state depositate tra novembre e dicembre.

Vitto e alloggio garantito
«Possiamo supporre che queste persone, che spesso vivono in campi molto precari, scelgano di venire in Svizzera a trascorrere l'inverno. Qui trovano vitto e alloggio, almeno durante il periodo necessario per esaminare la loro richiesta», spiega Michael Galuser.

Secondo il portavoce dell'UFM, i Rom conoscono le leggi sull'asilo in vigore nei diversi paesi e sanno esattamente che la procedura elvetica, da due a tre mesi, è più lunga rispetto a quella di paesi comparabili come la Norvegia o i Paesi Bassi.

L'Organizzazione svizzera d'aiuto ai rifugiati (OSAR) condivide in parte l'ipotesi di un "turismo invernale". «Ci sono molti rifugiati Rom di origine bosniaca o kosovara che vivono in Svizzera in condizioni precarie dal 1999. Sono coscienti di non avere alcuna possibilità, ma conoscono le debolezze della nostra legislazione», precisa il segretario generale Beat Meiner.

La crisi economica che sta colpendo l'Europa non contribuisce di certo a facilitare le cose. «I Rom sono spesso contenti di trovare un tetto provvisorio nei centri di accoglienza, anche nei rifugi della protezione civile», aggiunge Meiner.

Discriminati in patria
Stando ad Amnesty International, la situazione è però più complessa. «Può anche essere che i Rom partano più facilmente durante la brutta stagione, ma non credo che lo facciano unicamente con l'idea di trascorrere l'inverno al calduccio. Potrebbero anche andare in Germania, o in altri paesi che d'inverno sospendono i rinvii, contrariamente alla Svizzera», indica Denise Graf.

Amnesty International si dice invece preoccupata dal degrado della situazione dei Rom rifugiati in Serbia. La discriminazione in atto impedisce loro di avere un lavoro, commenta Denise Graf. «Il 97% dei rom è disoccupato». E stando all'ultimo rapporto di Nicola Duckworth, responsabile del programma Europa e Asia centrale di Amnesty sempre più Rom vengono cacciati dai loro appartamenti in seguito a speculazioni immobiliari. «A Belgrado le loro case vengono rase al suolo per far posto a progetti pubblici, senza pianificare dei nuovi alloggi né garantire un'assistenza sociale».

D'altra parte si assiste a un inasprimento delle tensioni a Mitrovica, in Kosovo, dove la minoranza serba continua a contestare l'indipendenza proclamata nel 2008 dell'ex provincia a maggioranza albanese. «Le violenze dell'estate scorsa hanno un'influenza diretta sulla situazione dei Rom, numerosi a Mitrovica», spiega Denise Graf. «La situazione è critica anche per i rom delle altre regioni kosovare, che spesso sono stati accusati di aver collaborato con i serbi durante la guerra».

Intervento in Serbia
Discriminati in patria, i Rom soffrono di una cattiva immagine anche in Svizzera. «Sono considerati vagabondi e ladri, al punto che alcuni Rom integrati preferiscono non menzionare le loro origini», conferma Cristina Kruck, della Rroma Foundation di Zurigo.

In città come Losanna e Ginevra la polizia è intervenuta più volte a per disperdere degli accampamenti selvaggi costruiti sotto i ponti o nei parchi.

Allarmata dalla situazione nei Balcani, Denise Graf lancia un appello alla Svizzera a «far pressione sui partner in Serbia e in Kosovo affinché gli aiuti dell'Unione Europea destinati al reinserimento dei Rom arrivino a destinazione».

E la Direzione dello sviluppo e della cooperazione rassicura: «Nel campo della cooperazione internazionale, la DSC è cosciente dell'esistenza di un rischio di trasferimento dei mezzi messi a disposizione. Esistono tuttavia degli strumenti per farvi fronte, come delle valutazioni indipendenti dei progetti, sulla base delle quali vengono attribuiti i sussidi».

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Di Fabrizio (del 15/02/2012 @ 09:36:08, in sport, visitato 1330 volte)

Da Mundo_Gitano, un caso simile in Italia QUI e QUI (vedi anche QUI). Grazie a Flora Afroitaliani-e per la collaborazione.

 Ideal.es - Non vengono fatti entrare in piscina "perché sono gitani"
Tre cittadini denunciano gli ostacoli che, secondo loro, vengono posti nell'accesso al nuovo complesso sportivo della località - 01.02.12 - 19:10 - DIEGO QUERO | SANTA FE

Un gruppo di abitanti di etnia gitana denunciano la discriminazione patita per il rifiuto di un nuovo centro sportivo nel farli entrare. Dicono che gli sono stati chiesti sino a 106 euro per entrare dal cancello, anche se secondo loro, gli altri utenti devono pagarne solo 34 al mese. Inoltre insistono sul fatto di dover passare, come un filtro, per una lista di attesa.

Uno dei denuncianti è José Campos, consigliere del Partito Popolare e gitano lui stesso, che racconta come gli sono stati chiesti 56 euro, un prezzo speciale secondo lui "per non essere feccia", però ad altri hanno chiesto "106 euro di iscrizione" e sono stai messi "in lista d'attesa". Due di loro, José Tirado e Melchor Tirado, illustrano il caso nel video che accompagna la notizia.

Da parte loro, i responsabili del nuovo spazio sportivo respingono le accuse e assicurano di ammettere tutti quelli che vogliono accedere all'impianto.

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ModenaToday.it

Sarà presentato giovedì 16 febbraio alle 17.30 alla Biblioteca Delfini "Non ci sono pesci rossi nelle pozzanghere" (Instar libri, 2011) di Marco Truzzi, vincitore del premio Bagutta "Opera prima" 2012.

Il libro - E' un viaggio nel mondo di Damian, diviso tra zingari e non zingari, rom e gagi (così la comunità rom e sinta definisce coloro che non ne fanno parte), dentro e fuori del campo alle porte di Correggio dove ormai da anni è stanziata la sua comunità. C'è Gioele, che alleva pesci immaginari nelle pozzanghere, c'è nonno Roman che armeggia con la pipa e, tra un silenzio e l'altro, gli racconta di tempi remoti e luoghi lontani. Quando, un mattino di marzo, Damian si incammina verso il suo primo giorno di scuola, il confine tra le due realtà comincia a incrinarsi. Ci si mette anche la fortuna, che fa sì che due pubblicitari di passaggio scelgano proprio il padre di Damian, Erik, come protagonista della campagna promozionale di una nota marca di trapani elettrici, rendendolo lo zingaro più benestante della zona. Crescendo e passando sempre più tempo con i Gagi, Damian sembra fuggire dalle proprie radici alla ricerca di una nuova identità.

Marco Truzzi è nato nel 1975 a Correggio, dove vive e lavora come addetto stampa.

L'incontro, gratuito, fa parte del ciclo "Racconti e poesie migranti" che la biblioteca organizza insieme al Centro territoriale permanente di Modena.

di Alberto Lepri

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da U Velto

L'Autorità per l'energia e per il gas con Delibera 38/2012 ha sospeso la Delibera 67/2010 che abrogava la possibilità di stipulare contratti a forfait a favore delle famiglie sinte, rom, giostraie e circensi.

La Federazione Rom e Sinti Insieme è soddisfatta di una decisione che riconosce le argomentazioni e le richieste serie fatte in questi mesi per evidenziare la grave situazione vissuta da tante famiglie sinte, rom, giostraie e circensi.

Dal 9 febbraio 2012 è possibile stipulare contratti annuali a forfait in media e bassa tensione, sulla base della potenza richiesta e di una durata di utilizzo pari a 6 ore/giorno.

In queste ore abbiamo verificato che molti gestori, a partire dall'ENEL, non si sono ancora adeguati alle nuove disposizioni e per questo li invitiamo al rispetto della Delibera 38/2012. La Federazione ha attivato uno sportello segnalazioni (telefono 0376 360643, orario ufficio) che si occuperà di fornire le informazioni esatte ed eventualmente segnalare alla stessa Autorità i disservizi che si potessero creare nei prossimi giorni.

La Federazione è già impegnata nel redigere le osservazioni al Documento per la Consultazione deliberato dall'Autorità per l'energia e per il gas per affrontare in maniera seria e definitiva le problematiche rilevate nella Delibera 67/2010.

Ci preme ringraziare il Presidente dell'Autorità e tutto lo Staff della Direzione Tariffe, a partire dal Direttore, per la serietà con cui hanno affrontato la materia e per la loro la capacità di ascolto dimostrata in questi mesi.

Un ringraziamento anche all'Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale ed Etnica (UNAR), in particolare ringraziamo il Direttore Massimiliano Monnanni, e il Punto di contatto nazionale per la strategia nazionale rom e sinti per il supporto offerto alla Federazione Rom e Sinti Insieme.

Per contatti con la stampa
e-mail: sintirom.insieme@gmail.com - mobile: 345 6123932

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Di Fabrizio (del 17/02/2012 @ 09:04:17, in casa, visitato 1365 volte)

Da Baltic_Roma

CTV News

Vilnius, 13/02/2012 - Parte di un villaggio rom alla periferia della capitale Vilnius è stato demolito lunedì, mentre le autorità lanciavano una campagna per reprimere l'abusivismo edilizio ed il presunto spaccio di droga.

Con l'ausilio di un escavatore, gli operai hanno smantellato tre case nel villaggio di Kirtimai, in gran parte popolato dalla minoranza rom.

Secondo l'amministrazione, a Kirtimai ci sono 100 case, di cui una sola è legale. Le altre potrebbero essere abbattute se il sindaco di Vilnius, Arturas Zuokas, vedesse approvato il suo piano di combattere il traffico di droga nella zona.

Nelle tre case vivevano sei famiglie, 25 persone, ma né loro né i vicini hanno opposto resistenza alla demolizione.

Tuttavia, un leader rom accusa l'amministrazione di Vilnius per l'isolamento e la povertà della comunità.

"Dite che qui siamo tutti illegali, ma cosa avete fatto per aiutarci, per aiutare la nostra gente? Niente, vi limitate a sorseggiare il te, costruire palazzi ed ora mandate gli scavatori nel nostro villaggio," dice Stemonas Vysockis.

Vysockis ha strappato la notifica di demolizione e l'ha gettata nella neve.

Le organizzazioni per i diritti umani hanno criticato la campagna come una grave violazione dei diritti umani.

La comunità rom aveva citato il comune di Vilnius diversi anni fa, chiedendo 5,5 milioni di litai (circa 1,5 milioni di euro) come risarcimento per le case demolite in precedenti campagne simili. Il tribunale aveva stabilito che alla comunità fossero pagati soltanto 100.000 litai (circa 29.000 euro) per danni non materiali.

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Di Fabrizio (del 17/02/2012 @ 09:20:00, in Regole, visitato 1470 volte)

Convegno sulle politiche nazionali d'integrazione della comunità Rom
22 Febbraio 2011 ore 15.00
Fabbrica delle e
Corso Trapani 91
Torino

La sentenza di novembre 2011 ha dichiarato inesistente lo stato d'emergenza rispetto alla questione rom sollevata con il Piano Maroni nel 2008. Il decreto emanato dall'ex- Ministro dell'Interno prevedeva la realizzazione di progetti volti a controllare la presenza e l'esistenza dei Rom sui territori delle città italiane maggiormente colpite dal fenomeno: Milano, Roma e Napoli e subito dopo Torino e Venezia; censimenti, commissari speciali, campi con video sorveglianza le misure previste per ridurre il pericolo e dare sicurezza ai cittadini italiani all'alba delle elezioni.

Ora è il momento di porre la vera questione di emergenza per le comunità Rom.

Noi crediamo che sia l'inclusione sociale, sia ridare dignità a donne, bambini e uomini che vivono in campi nomadi senza servizi igienici, a rischio alluvione e senza i più diritti elementari. Vogliamo mettere insieme forze e idee per garantire lo studio ai bambini, per l'inclusione abitativa delle famiglie e per l'inserimento lavorativo degli adulti.

Abbiamo vissuto l'esperienza del Dado a Settimo, non solo una comunità di accoglienza, ma un più ampio percorso sociale.

Oggi, anche in seguito alla recente visita al Dado del Ministro Fornero, vogliamo confrontarci con le altre realtà, in particolare con le esperienze delle città oggetto del decreto per scambiare buone pratiche, con la politica locale e con la società civile, discutendo con chi vive con la comunità Rom tutti i giorni, siano essi insegnanti, operatori sociali o mediatori, per capire come andare avanti.

Dibattito moderano i giornalisti Gianluca Gobbi e Sara Strippoli
Quali proposte per il futuro?

Interverranno:
Antonio Ardolino, Progetto Controcampo e Cooperativa Berenice di Roma
Sergio Bontempelli di Africa Insieme di Pisa
Don Massimo Mapelli per Casa di Carità di Milano
Pietro Cingolani, FIERI
Arch. Guido Lagana Ex docente Politecnico Torino
Oliviero Alotto per Terra del Fuoco
Aldo Corgiat, Sindaco di Settimo Torinese
Elide Tisi, Comune di Torino

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