Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 16/06/2007 @ 11:20:54, in media, visitato 1895 volte)

L'avevo annunciato qualche mese fa... I Rom sono sbarcati a Venezia: non è un nuovo campo e non sono previsti sgomberi

http://www.romapavilion.org/index.html

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Di Fabrizio (del 17/06/2007 @ 09:32:27, in media, visitato 3848 volte)

Ricevo da Tommaso Vitale

La Provincia di Milano

e
il Comune di Opera

sono lieti di invitarla
all’anteprima del documentario

Opera Gagia
diretto da Antonio Bocola
e prodotto dalla
Provincia di Milano/Settore cultura

foto Roberto Re

Mercoledì 20 giugno, ore 20.30 e 22.30
Ingresso libero fino ad esaurimento posti

Spazio Oberdan

Viale Vittorio Veneto ang. piazza Oberdan
Milano

Mercoledì 20 giugno alle ore 20.30 e alle 22.30, presso Spazio Oberdan, Viale Vittorio Veneto 2: anteprima di “Opera Gagia” (DV, 57’, Milano, gennaio/maggio 2007; produzione E-Tica Srl - divisione Film), regia di Antonio Bocola, ricerca giornalistica e interviste Alfredo D’Amato e Francesco Scarpelli. Documentario prodotto da Provincia di Milano/Settore cultura.

Realizzato fra gennaio e maggio 2007, Opera Gagia racconta i fatti seguiti allo sgombero con procedura d’urgenza, nel dicembre 2006, della comunità di settantadue Rom rumeni da uno degli accampamenti abusivi di Via Ripamonti a Milano, e le reazioni al loro trasferimento nei terreni temporaneamente loro destinati da Comune e Provincia di Milano nell’adiacente comune di Opera. Il film ricostruisce l’intera vicenda attraverso immagini di repertorio, interviste ai protagonisti e riprese all’interno della comunità Rom e tra gli abitanti del paese: dal corteo spontaneo di protesta radunatosi sotto la sede del Comune, e concluso con l’incendio delle tende allestite dalla Protezione Civile, ai presidi permanenti all’ingresso del campo; dall’immediato ciclone mediatico, che divide gli abitanti di Opera e l’opinione pubblica tra chi è “contro gli zingari” e chi invoca i nuovi “imprenditori politici della paura”, fino alla partenza volontaria dei Rom, stanchi del clamore e dei continui insulti, annunciato cinquantadue giorni dopo con una lettera aperta a tutta la cittadinanza gagia, cioè non-zingara.
Opera Gagia ripercorre attraverso le voci dei protagonisti le tappe dell’affermazione di una non-identità come soluzione di un conflitto sociale e culturale, a Opera come a Milano, attraverso la vittoria delle divisioni e delle solitudini.

Antonio Bocola (Napoli,1967) vive e lavora a Milano. Diplomato all’Itsos di Milano, cresce professionalmente allo Studio Pontaccio, dove lavora come come aiuto regia di Marco Bechis e segue la produzione di diversi programmi TV di successo. Dal 1990 ha lavorato come Aiuto Regista/Producer per diverse case di produzioni e agenzie pubblicitarie.
Da molti anni lavora con Paolo Vari, con il quale ha firmato documentari, fiction e programmi TV. Nel 2004, realizza con Vari il lungometraggio Fame chimica (2004), selezionato al 60° Festival Internazionale del Cinema di Venezia e vincendo, lo stesso anno, il Festival di Annecy, in Francia. I loro i lavori precedenti sono Potrei credere solo a un Dio che sapesse danzare (1996), Pompeo (1998), Lavoro in corso (1998).
Di I love Italy - la prima docusoap italiana, e di Metti... Un posto al sole, è autore e regista. Cura la regia di Chicas, un programma con Ambra Angiolini per Fox. Ultimi lavori, per Rai Due e per Rai Sat Arte, dei documentari sul design italiano, sull'artista Damien Hirst, quindi un documentario sull’artista Tom Sachs per Fondazione Prada.
Curatore del Laboratorio sperimentale cine-tv presso l'IPM Beccaria da febbraio 2007.
Dal 2005 è amministratore delegato di E-tica srl, in comproprietà con Studio Azzurro.

Francesco Scarpelli (Milano, 1965) giornalista, sceneggiatore e autore televisivo, collabora con Antonio Bocola da dieci anni. Nel 1996, con Bocola e Paolo Vari, scrive il documentario sul teatro italiano d’avanguardia Potrei credere solo a un Dio che sapesse danzare. Nel 1997/1998, con gli stessi registi, scrive i mediometraggi Fame chimica e Pompeo, e nel 2001, è autore e sceneggiatore della docusoap I love Italy – Italiani d’America (Camera GP, Tele+, TSI). Nello stesso anno è autore e coregista, con Marco Carraro, Emiliana e Paolo Poce, di Racav Lavor / Cerco Lavoro, documentario sugli zingari di Milano.
Nel 2004 firma con Paolo Poce, Porrajmos, una persecuzione dimenticata, documentario sul genocidio nazifascista degli zingari europei. Sempre con Bocola e Vari ha firmato dialoghi e sceneggiatura del lungometraggio Fame Chimica; con Tekla Tidelli ha firmato il lungometraggio FuoriVena (2005), selzionato al 58° festival del Cinema di Locarno.

Alfredo D’Amato, giornalista professionista, è nato a Milano 39 anni fa.
Ha cominciato la sua attività di indagine investigativa e divulgativa sui fenomeni criminali a Milano, alla fine degli Anni Ottanta, lavorando con Nando dalla Chiesa per il mensile Società Civile. Sotto la direzione di Indro Montanelli, è stato cronista di "Nera" per il Giornale. Per dieci anni ha lavorato in Rai, prima con il regista e autore Gilberto Squizzato, realizzando una serie di docu-movie, vere e proprie inchieste giornalistiche, raccontate con un linguaggio cinematografico. Poi, è stato redattore del Tg3 Regionale e dei Servizi Speciali della Testata giornalistica regionale della Rai. Negli ultimi due anni, ha ricoperto l’incarico di Responsabile della Comunicazione e di Addetto Stampa della Presidenza del Consiglio comunale di Milano.
Oggi, fa parte del pool di giornalisti che ha fondato il nuovo quotidiano milanese Cronacaqui, dove lavora come cronista di "Giudiziaria".
Informazioni al Pubblico:
Provincia di Milano/Settore cultura, tel. 02.7740.6371
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Di Fabrizio (del 18/06/2007 @ 10:23:45, in Italia, visitato 1910 volte)

Dijana Pavlovic: "Il prefetto di Milano rispetti la sua promessa e adesso convochi le varie comunità" "Il prefetto dica se quello degli sgomberi forzati dei rom è il nuovo corso che intende assumere da plenipotenziario sulla sicurezza. Oppure ci riceva e mantenga la promessa che ci aveva fatto solo un mese fa».
HANNO IN CORPO poche ore di sonno, ma nelle parole la rabbia per un atteggiamento che non ritengono risolutore del problema “nomadi”.
Gli attivisti della Rete “No patto di legalità” alzano la voce contro una politica di gestione dei rom che sembra loro più un’operazione estetica che di sostanza.

«Solo un mese fa avevamo portato al prefetto Lombardi le nostre proposte - afferma Dijana Pavlovic portavoce della Rete - Da lui avevamo ottenuto garanzie che non ci sarebbero stati nuovi sgomberi. E invece siamo già al nono, con situazioni di disagio sociale che aumentano. Gli abbiamo scritto di nuovo per chiedere un incontro. La stessa cosa abbiamo fatto con l’assessore alle Politiche sociali, Mariolina Moioli, da cui non abbiamo ottenuto risposta». Dijana Pavlovic e i suoi chiedono un tavolo permanente a cui partecipino tutte le associazioni di aiuto, oltre ai rom stessi. «Finora le istituzioni hanno interpellato solo don Colmegna, ma è evidente che devono essere coinvolti più soggetti», continua.

“ Il blitz a Legnano era scattato di buon mattino quando decine di vigili, poliziotti e carabinieri sono arrivati nel rione San Paolo e nei boschetti che lo circondano, per uno sgombero senza precedenti. Sei campi nomadi abusivi smantellati tutti in una volta, dai quali sono state allontanate circa 200 persone, tutte di etnia rom. Sfollati che subito dopo si sono recati in massa in piazza San Magno, dove ha sede il Municipio, occupando gli spazi pubblici e dando vita ad un sit-in durato sino a metà pomeriggio.

Fino a a quando il nuovo sindaco Lorenzo Vitali appena insediatosi alla guida di una giunta di centrodestra, ha accettato di ricevere una loro delegazione accompagnata da un mediatore culturale. Pretendevano campi nomadi attrezzati e aree dove poter rimettere in piedi le loro baracche demolite dalle ruspe; in realtà hanno soltanto ottenuto la disponibilità del Comune a farsi carico della spesa dei pullman per rimandare a casa, nel loro Paese, tutti gli sfollati.

Disponibilità alla fine rispedita al mittente dagli stranieri, che alla spicciolata si sono ripresi i loro bambini e le poche masserizie che avevano con loro per spostarsi poco distante, alla periferia di Legnano, dove già in serata hanno ricominciato a mettere in piedi altri accampamenti abusivi, con tende e baracche di fortuna.”


Nello sgombero di venerdì scorso a Legnano era stata la stessa Rete a chiedere un incontro al sindaco del centrodestra Lorenzo Vitali, fresco d’elezione. «Abbiamo dato disponibilità totale a dividere i cento rom in piccoli gruppi e a istituire un’autogestione interna da parte dei capi della comunità - dice Pavlovic - Ma il sindaco ci ha risposto che il Comune poteva farsi carico solo di venti persone, da ospitare in container ancora oggi privi di allacciamento ad acqua ed elettricità.

Infine ci ha detto che dopo le parole di Penati sulla moratoria per gli ingressi da Romania e Bulgaria, il quadro generale è cambiato e la linea dura resta l’unica da perseguire». Una nuova settimana, insomma, è in arrivo. E la guardia resta alta.

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Di Fabrizio (del 19/06/2007 @ 10:05:40, in sport, visitato 1603 volte)
Ricevo da Bruna Lanaro

Dopo il successo di Gocce di Resistenza, il lento e difficoltoso processo d'integrazione con le famiglie sinti di Schio, Santorso, Malo e dintorni continua.
Continua con una pedalada in quei comuni dove, temporaneamente o meno, sono "accampate" queste famiglie.
Una pedalada che vuol essere un primo momento di incontro per costruire un dialogo, che prenda il posto della paura che troppo spesso accompagna chi non li conosce. "Scopri l'estate nei camper" è, insomma, un piccolo passo verso una reale integrazione che, per prima cosa, passa attraverso un contatto diretto, di conoscenza.
Programma
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Di Fabrizio (del 19/06/2007 @ 22:21:20, in Italia, visitato 2039 volte)

COMUNICATO STAMPA: Il numero chiuso è illegale

La mozione votata a maggioranza “bipartisan” dal Consiglio Comunale di Milano riunitosi lunedì 18 giugno, in merito alla presenza delle “comunità di rom rumeni nel Quartiere di Chiaravalle” è, nella parte che prevede l’istituzione di un “numero chiuso”, un atto illegale ed illegittimo, contrario ai dettami costituzionali e alla legislazione nazionale e internazionale vigente e sottoscritta dal nostro Governo nei trattati di adesione all’Unione Europea.

Di fronte alla legge infatti non esiste “un’entità rom o zingara” che possa essere discriminata o sottoposta ad un trattamento differenziale ma, solo cittadini che hanno pari diritti e dignità.

La canea che in queste settimane sta montando a Milano in merito ad una presunta invasione di Rom (c.ca 5 mila su una popolazione di 1 milione e trecentomila abitanti), trova un’inedita alleanza tra il centro destra che governa la città e i partiti dell’Ulivo all’opposizione, ma mette in evidenza il pieno fallimento delle politiche fin qui seguite.

Infatti, la “questione rom” affrontata solo attraverso provvedimenti emergenziali discutibili (come la realizzazione di un grande campo destinato ad accogliere 700 persone e l’imposizione ai suoi ospiti di un Patto di Legalità dai contenuti discriminatori ma dalle ricadute pratiche inconsistenti) è risultata inefficace e sbagliata, mantenendo irrisolta la questione abitativa più generale e riproponendo, come nel passato, la logica degli sgomberi selvaggi per cercare di placare l’esasperazione dell’opinione pubblica.

Chiediamo quindi l’immediato ritiro di un atto palesemente illegittimo e l’apertura di un tavolo di reale confronto tra istituzioni, cittadini e associazioni che aiutino a superare “l’emergenza democratica” venutasi a creare a Milano.

Il Vicepresidente Maurizio Pagani


COMUNICATO STAMPA

Una pagina nera per Milano: prove di maggioranze variabili?



Ieri la Milano solidale ha subito una sconfitta. Chi l'amministra da oltre 15 anni, non essendo in grado di governare, ha preferito cavalcare la paura e l'insicurezza dei cittadini, approfittando del salvagente lanciato da una parte dell'opposizione: nessuna politica inclusiva, nessun progetto oltre ad un piano di sgomberi, ruspe e cancellate che altro non fanno che spostare più in là il problema.
Ma quello che è più grave è che l'Ulivo per il Partito Democratico abbia scelto di seguire questa strada (un puro incidente di percorso o un progetto più preoccupante? ) adottando così lo stesso linguaggio della destra, come sgomberi innanzitutto, tolleranza zero, numero chiuso, questione d'ordine pubblico!
Se davvero pensiamo alla stato di abbandono in cui è lasciata la città , una opposizione responsabile dovrebbe battersi per individuare le vere responsabilità e per politiche che coniughino la solidarietà e l'accoglienza con il rispetto della legalità e la lotta al degrado.
Di fronte ad una scelta che aveva il solo obiettivo di compiacere l'opinione pubblica senza risolvere alcun problema, e col solo risultato di spaccare l'Unione, noi non abbiamo partecipato al voto, in completo dissenso con un ordine del giorno inaccettabile e discriminante, anche alla luce degli emendamenti peggiorativi approvati in aula.

Milli Bossi Moratti (Lista Ferrante)
Giuseppe Landonio (Gruppo Misto - Sinistra Democratica)
Vladimiro Merlin (PRC)
Patrizia Quartieri (indipendente PRC)
Basilio Rizzo (Lista Uniti per Dario Fo)

Milano, 19.6.2007


COMUNICATO – PENATI E LA SICUREZZA

“Le politiche della sicurezza e dell’integrazione non sono né di destra né di sinistra”: parola di Filippo Penati.

Nulla di più sbagliato. In materia di politiche per gli stranieri e della “sicurezza” si possono dire e fare cose molto diverse. E quanto ha detto e proposto il Presidente Penati in questi giorni è indubbiamente frutto della subordinazione ad una cultura di destra.

Cultura che vuole vedere come causa del disagio sociale nelle metropoli prima di tutto la “criminalità non nazionale” e una presenza “non sostenibile” di cittadini provenienti da Romania e Bulgaria. Dopo aver annunciato l’invasione di oltre 30mila rumeni in pochi mesi, oggi i De Corato di turno annunciano che “a Milano dallo scorso gennaio ne sono arrivati ben mille”, un numero che francamente non può essere bollato come “fenomeno ingovernabile” .

E di fronte a un fenomeno che si ritiene (in modo irresponsabile) ingovernabile, di fronte a un’inesistente “invasione” le uniche soluzioni, lo conferma la mozione bipartisan approvata dal Consiglio comunale, sono quelle basate sugli sgomberi e sui “numeri chiusi”. Altro che “buonismo di derivazione sessantottina” (che certamente non è mai stato al governo di Milano…): in realtà sono state proprio le “non-politiche” sicuritarie che non hanno voluto affrontare la realtà dell’immigrazione straniera – in particolare di Rom e Sinti – a produrre i campi, i ghetti, la non-integrazione. Quando mai sono state pensate e praticate altre scelte a Milano? Nelle province italiane in cui dei tentativi sono stati fatti i risultati si sono ottenuti, con una migliore qualità della vita per tutti: Rom, Sinti e italiani.

Proseguire con queste politiche non è certamente una scelta “di sinistra”, ma nemmeno troppo intelligente: infatti nessuna legge e nessuna politica di chiusura è mai riuscita a fermare le donne e gli uomini che provengono dai disastri politico-sociali dei loro paesi. L’unico risultato ottenuto da queste politiche è sempre stata la creazione di clandestinità ed esclusione sociale.

Rifondazione Comunista e la sinistra cosiddetta “radicale” hanno commesso un grave errore nella riunione della Giunta provinciale pensando che la proposta di un “fondo per la sicurezza” potesse essere accompagnata da una “riduzione del danno” con la previsione di un finanziamento anche per politiche sociali (peraltro indefinite). In questo modo è stata comunque confermata l’idea che le politche per gli stranieri debbano comunque partire dalla “sicurezza”.

Oggi si deve invece provare davvero a essere radicalmente alternativi, rifiutando questi deleteri “patti per la sicurezza” – vere e proprie “leggi speciali” per stranieri, che istituiscono altri “commissari straordinari” , utilizzando risorse preziose ai soli fini repressivi - rilanciando invece una politica di riconoscimento di diritti, di rilancio di politiche abitative sociali (a partire da una prima accoglienza assolutamente inesistente a Milano, per i Rom come per rifugiati e profughi), di sperimentazione di una nuova vitalità culturale e sociale delle periferie delle metropoli: a queste politiche devono essere indirizzate le risorse degli enti locali.

E questo deve accompagnarsi ad un deciso e intransigente contrasto alle campagne razziste messe in campo da forze come la Lega Nord o i vari gruppi neo-nazisti (cominciando dalle ronde padane sui bus o nei vari territori) e ai continui sgomberi dei Rom: sgomberi che vantano il “ripristino della legalità”, mentre riproducono solamente sofferenza e nuovi ghetti. E non riproducono in altri luoghi le stesse condizioni di degrado e disagio sociale.

Questa radicalità si deve affermare sul piano dei programmi politico-amministra tivi - rilanciando scelte che avevano portato alla vittoria del centrosinistra alla Provincia nel 2004 – ma soprattutto nel lavoro politico quotidiano nella metropoli e nella società, valorizzando l’esperienza solidale di quelle/quei giovani e di quelle associazioni che provano a costruire giorno per giorno le condizioni per la convivenza sociale. Esperienze che le parole di Penati e decisioni come quella di lunedì scorso rendono decisamente più difficili.

Piero Maestri – Consigliere Provinciale Prc

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Di Fabrizio (del 20/06/2007 @ 10:17:43, in Italia, visitato 2238 volte)

Minori. Una ricerca sui suicidi in carcere per prevenirli
15 giugno 2007


(DIRE) Roma, 15 giu. - "Il suicidio e gli atti autolesivi nei carceri minorili (un tasso 10 volte superiore a quello degli uomini liberi) rappresentano un fenomeno diffuso, doloroso e destabilizzante sia per la popolazione carceraria, sia per la società civile". Con questa consapevolezza è stata presentata oggi, nella sala della Protomoteca in Campidoglio, una ricerca sul suicidio nel carcere minorile, prendendo a riferimento i ragazzi transitati negli ultimi anni nell'istituto penale minorile di Roma "Casal del Marmo". La ricerca è stata finanziata dall'ufficio del Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Roma (con il contributo dell'assessorato alle Politiche sociali della Regione Lazio e dell'università la Sapienza di Roma). Ed è stato proprio il Garante, Gianfranco Spadaccia, ad illustrarne i risultati: "Il campione, selezionato tra il 2006 e il 2007, è stato composto da 77 soggetti, dei quali 55 maschi (71,4%) e 22 femmine (28,6%).

L'età dei detenuti variava da 14 a 18 anni, con una prevalenza di soggetti intorno ai 17 anni. Le etnie più rappresentate sono gli zingari dell'ex Jugoslavia (19,5%), italiani (20,8%) rumeni (31,2%) e zingari rumeni (26%). Nel confronto con lo stesso periodo dell'anno precedente - prosegue Spadaccia - emerge un incremento del 60% delle prese in carico di Rom della ex Jugoslavia e un incremento del 50% di nomadi rumeni". Spadaccia afferma poi che "ogni anno fra gli adulti detenuti si registra un tasso di suicidi che è dieci volte superiore alla percentuale della 'societa' del liberi'. Sono il frutto del disagio mentale, della separazione dai propri affetti, ma soprattutto della disperazione. Ciò che è drammatico e doloroso per gli adulti, è tuttavia inaccettabile per i minori".

Il sindaco Walter Veltroni ha inviato una lettera ai relatori, con il quale ha ringraziato tutti coloro che hanno preso parte al progetto, perché "condividere i bisogni dei ragazzi più emarginati, le loro sofferenze, le loro storie dolorose, capire quali sono gli eventi maggiormente stressanti per un adolescente all'interno della struttura carceraria e favorire, quindi, le eventuali misure preventive e gli interventi terapeutici è un compito arduo e faticoso", ha scritto il sindaco. Anche l'assessore capitolino Dante Pomponi, delegato per i rapporti con il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, ha inviato una lettera con cui afferma che la ricerca può "costituire l'apripista per un lavoro di costante monitoraggio sul comportamento pericolosamente incline al suicidio che spesso si riscontra negli istituti per i minori".

(Com/Mav/Dire)

CARCERI: MINORI E SUICIDI;A ROMA RISCHIO AUMENTA CON L'ETA'

(ANSA) - ROMA, 15 GIU - I livelli di sofferenza e di rischio di suicidi nell'Istituto penale minorile 'Casal del Marmo' di Roma aumentano con 'l'aumento dell'eta' e del numero di ingressi'. E' quanto emerge dalla ricerca sulla 'prevenzione del rischio suicidiario e degli atti autolesivi' nell'Istituto penale minorile romano. Lo studio, presentato oggi durante un convegno nella sala della Protomoteca in Campidoglio, e' stato condotto su 77 giovani selezionati (55 maschi e 22 femmine), di eta' compresa tra i 14 e i 18 anni; le etnie piu' rappresentate, quelle della ex Jugoslavia, Italia, Romania.
Sono le 'persone campione' utilizzate per la ricerca effettuata dal novembre 2006 al marzo 2007, i cui dati sono stati oggi presentati dallo psicologo Francesco Burruni e dai neuropsichiatri infantili Lucrezia Cirigliano e Nadia Fedeli.
Altro dato, emerso dai risultati della ricerca e ritenuto interessante dagli esperti e' 'l'alta percentuale di disturbi del pensiero tra gli zingari, che non apparivano coincidere con un difetto di esame di realta'. In generale, le ragazze tendono maggiormente verso modalita' piu' interiorizzate di espressione del disagio, i maschi verso la dipendenza da sostanze e l'azione'.
Le aree prese in esame per la valutazione dei rischi, sono: depressione e ansia; lamentazioni somatiche; rabbia e irritabilita'; esperienze traumatiche; ideazione suicidaria; disturbi del pensiero; e alcool e droga. 'E' presente un'alta correlazione tra diverse di queste aree - hanno detto gli esperti -, soprattutto tra ansia e depressione, ideazione suicidiaria, rabbia ed irritabilita', uso di alcool e droga'.
Secondo i dati, 'la 'variabile sesso' e' significativa per alcool e droga (piu' presente nei maschi) e depressione ed ansia (piu' presente nelle femmine); l'appartenenza etnica e' significativa per l'uso di alcool e droga (punteggi piu' alti per gli italiani) e disturbi del pensiero (che appaiono piu' presenti negli zingari', mentre 'il numero degli ingressi a Casal del Marmo appare fortemente significativo per quasi tutte le aree, in particolare uso di alcool e droga, rabbia e irritabilita', depressione ed ansia, ideazione suicidiaria, esperienze traumatiche; maggiore e' il numero di ingressi, piu' alto e' il punteggio in queste aree'.(ANSA).

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Di Fabrizio (del 21/06/2007 @ 00:20:16, in Regole, visitato 1374 volte)

20 giugno 2007 - LETTERA APERTA ALLA CITTADINANZA E ALLE ISTITUZIONI IN OCCASIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DEL RIFUGIATO

Acli, Arci, Caritas Ambrosiana, Casa della Carità, Cgil, Cir, Cisl, Consorzio Farsi Prossimo , Naga e Uil

La situazione in Italia

La condizione dei richiedenti asilo in Italia è molto critica. La mancanza di una legge sulla tutela del diritto d’asilo, pure sancita dall’articolo 10 della nostra Costituzione, ha prodotto in questi anni una situazione di estremo disagio e sofferenza per persone che sono state costrette a lasciare la propria terra e i propri affetti a causa delle persecuzioni subite.

Prima che la richiesta d’asilo venga esaminata dalle apposite Commissioni Territoriali possono passare tempi che variano sensibilmente da Commissione a Commissione: dalle poche settimane nelle Commissioni del Sud Italia ai molti mesi (quasi un anno) nella Commissione territoriale di Milano, senza contare le migliaia di domande ancora pendenti presso la cosiddetta Commissione Stralcio di Roma. Nel frattempo il richiedente asilo attende quasi un anno per vedersi rilasciare un permesso di soggiorno che consente di lavorare regolarmente.

Queste lunghe attese per la definizione della domanda di asilo determinano conseguenze gravi: oltre al disagio derivante dal protrarsi di una condizione di incertezza e spesso di vera e propria indigenza, risultano evidenti le difficoltà di inserimento socio-lavorativo, dovute principalmente ai lunghi tempi di attesa per l’ottenimento di un permesso di soggiorno che consente di lavorare regolarmente.

Desta, inoltre, preoccupazione il ricorso al trattenimento dei richiedenti asilo all’interno dei Centri di Identificazione in modo sempre più generalizzato: la scarsa possibilità di uscita diurna (come è evidenziato dal numero bassissimo di autorizzazioni all’allontanamento dai centri) configura una privazione della libertà personale non soggetta al controllo dell’autorità giudiziaria. Il fatto che nella medesima area (ad esempio in via Corelli a Milano) sorgano centri dalle finalità molto diverse provoca, infine, il concreto rischio che si verifichi nei fatti una assimilazione sostanziale e del tutto impropria dei centri per richiedenti asilo con i Centri di Permanenza Temporanea (strutture destinate all’esecuzione delle espulsioni).

La situazione a Milano

La città di Milano si è trovata recentemente a dover affrontare l’afflusso consistente di profughi del Corno d’Africa, la maggior parte dei quali è titolare di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Queste persone giungono quasi interamente dalle regioni meridionali, dove sono sbarcati fortunosamente, dove sono stati accolti (in massa) temporaneamente e dove, a tempo di record, è stata loro concessa una protezione umanitaria, anch’essa temporanea.

Il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR) non solo non è dotato di posti sufficienti in accoglienza, ma non è neanche in grado di valutare la portata di questi flussi, di individuarne le provenienze dalle Commissioni Territoriali meridionali e di coinvolgere strutture sia pubbliche che private esterne allo SPRAR che, in questa fase, possono fornire un supporto ad un sistema inadeguato.

Il compito di segnalare le presenze al Servizio Centrale dello SPRAR spetta alle Prefetture (su indicazione della Questura che ha accolto la richiesta di asilo), ma a Milano questo sistema non sembra funzionare: i richiedenti asilo non vengono adeguatamente informati sui loro diritti, attendono a lungo la convocazione presso la Commissione Territoriale e, dopo l’audizione, attendono ancora molti mesi per conoscere l’esito della richiesta.

Soltanto pochi richiedenti asilo, che si rivolgono direttamente agli sportelli del Comune o alle organizzazioni più visibili sul territorio riescono ad inserirsi nello spazio angusto del Sistema di protezione, mentre la maggior parte di essi cerca rifugi di fortuna, caratterizzati da condizioni igieniche preoccupanti, o si accampa nei pressi dei parchi cittadini: al momento ci sono circa 100 profughi, prevalentemente sudanesi, lungo la ferrovia dello Scalo Romana, mentre più o meno cinquanta persone, in prevalenza eritrei, dormono lungo i binari del tram, tra le aiuole dei bastioni di Porta Venezia. E’ oltretutto molto probabile che nel giro di pochi mesi il numero di profughi accampati in questi luoghi aumenti, per via dell’incremento degli sbarchi nelle coste meridionali nel periodo estivo.

L’Italia oggi non è come in passato un Paese di transito di rifugiati, ma di insediamento a più lungo termine. In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato le nostre organizzazioni intendono richiamare l’attenzione della cittadinanza sulle condizioni di vita di queste persone, sollecitando al tempo stesso le istituzioni centrali e locali a procedere con urgenza verso:

1. LA RAPIDA APPROVAZIONE DI UNA LEGGE ORGANICA SUL DIRITTO D’ASILO;

2. LA RIDUZIONE DEI TEMPI DI ATTESA, ANCORA TROPPO LUNGHI, PER LA CONVOCAZIONE DEI RICHIEDENTI ASILO IN COMMISSIONE E PER LA RISPOSTA ALLA DOMANDA DI ASILO (PROCEDURE PIÙ CELERI E TRASPARENTI) ;

3. L’AUMENTO DEI POSTI IN ACCOGLIENZA PREVISTI DAL S.P.R.A.R. NONCHÉ UN PROGRAMMA EFFICACE DI ACCOGLIENZA E DI INTEGRAZIONE SOCIO-LAVORATIVA GESTITO A LIVELLO LOCALE, MA COORDINATO, MONITORATO ED ADEGUATAMENTE FINANZIATO A LIVELLO CENTRALE DAL MINISTERO DELL’INTERNO E ANCI;

4. UN MAGGIOR COORDINAMENTO TRA ENTI LOCALI E PRIVATO SOCIALE PER FACILITARE PERCORSI DI ACCOGLIENZA E DI INSERIMENTO SOCIO-LAVORATIVO RIVOLTI A RICHIEDENTI ASILO, RIFUGIATI E TITOLARI DI PORTEZIONE UMANITARIA.

Acli

Arci

Caritas Ambrosiana

Casa della Carità

Cgil

Cir

Cisl

Consorzio Farsi Prossimo

Naga

Uil

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Di Fabrizio (del 21/06/2007 @ 10:19:06, in Italia, visitato 1556 volte)

Ricevo da Etem Dzevat questo contributo

Zingaro deriva dal nome Athinganos con cui Greci definivano “intoccabili” le persone di questa etnia. In Italia, ladro, sporco, pericolo = zingaro

Nel mondo più o meno 40 milioni Rom e Sinti

In Europa sono circa 14 milioni

In Italia sono 180 mila tra cui cittadini italiani 70 mila, 70 mila ex jugoslavi e 40 mila rumeni e bulgari.

Nella città di Pisa sono circa 800/1000 Rom di ex Jugoslavia (Macedonia, Kosovo, Bosnia) , più i nuovi cittadini europei Rom Rumeni 300/500

Il primo problema che devono risolvere gli amministratori locali, prefetti e governo, monitorare con certezza quanti Rom sono realmente presenti per città, per regione e nella stato. Questa attività deve essere svolta da un gruppo misto gagè-rom, sapendo che ogni gruppo porta il suo stile e cultura diversa, cerchiamo essere presenti in questo fondamentale lavoro. I rom jugoslavi è possibile suddividerli in due grandi gruppi : Khoracane che appartengono alla religione Islam e Gagicane di religione ortodossa. Per integrazione sociale e diritti delle “minoranze” ci sarebbe una emergenza continuativa. Punto primo permesso di soggiorno, Secondo lavoro, Terzo abitazione, ecc. ecc. Sapendo il pregiudizio sugli zingari in questo senso servirebbe un reale appoggio da parte delle istituzioni. Una delle idee per una soluzione abitativa consisterebbe in micro villaggi, dove le famiglie allargate che arrivano a 50 persone…. Immagine del campo deve consistere in una soluzione di passaggio, per i Sinti che ancora svolgano attività circense e di giostrai che ancora vivono in maniera nomade o semi nomade. Sottolineo che il gruppo Rom di ex Jugoslavia sono con cultura abitativa assolutamente sedimentaria.

Dando la possibilità di un permesso di soggiorno, si da una responsabilità…

Far un “patto” di stabilità con cui i ragazzi sono obbligati ad andare a scuola ed evitare di chiedere l’elemosina. Se ci sono disoccupati ricevere un sostegno economico e avere assegno familiare…

Il prezzo per rispettare il patto è legge, altrimenti sanzioni, che significa senza nessun aiuto delle istituzioni.

Ci sono Rom jugoslavi con tre generazioni e tre cittadinanze, padre madre kosovari, macedoni o bosniaci, figli nati in Croazia e nipoti nati in Italia. Tanti senza nessun documento (pure per quelli nati in Italia)… tutte queste persone possono fare solo richiesta per attesa apolidia ma senza davvero arrivare a essere apolidi riconosciuti… L’emergenza Rom rumeni secondo noi si elimina con l’aiuto allo stato Rumeno. I progetti fatti dagli stessi Rom Rumeni finanziati dall’EU e nazioni unite.

Si buttano migliaia di euro per rimandare al loro paese di provenienza cittadini rom rumeni che ora fanno parte dell’Europa. Non buttare più soldi per niente ma si aiutano loro in casa loro, creando delle opportunità lavorative e abitative che permettano di rimanere nella loro terra. Dopo ultimo successo ad Appignano del Tronto, dove 4 ragazzi da 13 a 16 anni sono deceduti per causa di un Zingaro ubriaco… Rom rumeno arrestato per il duplice omicidio di Mendicino, Calabria… E il Rom bosniaco che per rubare una macchina a Giugliano si è trascinato dietro la proprietaria, uccidendola.

Il Ministro Amato ha pensato di far scattare l’emergenza Rom con finanziamenti speciali da regioni, province e comuni, prevede le seguenti misure: campi nomadi sotto vigilanza, telecamere e maggiori poteri ai prefetti. Soluzioni adottate in periodi della storia da regimi violenti e totalitari. Noi diamo fiducia al Governo di sinistra italiano e lanciamo un appello per arrivare con fondi speciali ad una soluzione al problema ROM, più grande minoranza europea, unico popolo con bandiera e senza terra madre , più discriminata in Europa. Pieni di speranza, grazie ed arrivederci.

Etem Dzevat, presidente ACER di Pisa, membro del Comitato Rom e Sinti insieme

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Di Fabrizio (del 22/06/2007 @ 09:40:07, in casa, visitato 1759 volte)

Il Comune vuole sgomberi sempre e comunque, nonostante in Questura crescano i dubbi

“E adesso?” È questa la domanda che serpeggia in Questura. A denti stretti e assolutamente in via non ufficiale. Eppure l’interrogativo si fa sempre più insistente poiché la Giunta, con in testa il Vicesindaco, sembra non sentire ragioni.
Nei mesi scorsi gli strateghi di Palazzo Marino hanno tracciato la via –Milano è attanagliata dalla criminalità– e dopo le fiaccole è iniziata la giostra degli sgomberi.
Del resto l’equazione tra la figura dell’immigrato-povero-senza tetto e quella del criminale fa ormai parte delle ossessioni radicate nel profondo di una città invecchiata, acritica e capace di sentirsi viva solo quando spaventata. Pertanto la serie di sgomberi degli ultimi giorni, destinata probabilmente a non fermarsi nell’immediato, costituisce solo un altro elemento dell’ennesimo dispiegarsi dell’ossessione securitaria all’ombra della Madonnina.
Rimane però la domanda:“E adesso?” che racchiude sia una preoccupazione immediata che una a lungo termine. Infatti gli sgomberi riguardano spesso cittadini ormai comunitari come i Rom rumeni o africani con permesso di soggiorno per motivi umanitari come coloro che da un anno e mezzo hanno fatto il giro della città passando dallo stabile di via Lecco, all’ex caserma di via Forlanini per arrivare alla scalo ferroviario abbandonato di Porta Romana.
Il Comune può anche continuare ad affrontare la situazione limitandosi ad invocare l’intervento delle forze dell’ordine e ignorando situazioni drammatiche come quella dello scalo di Porta Romana, ma una volta rientrati in caserma poliziotti e carabinieri le risposte vanno date sia alla città che ad esseri umani che non si possono rispedire nei paesi d’origine.
È possibile che i responsabili di via Fatebenefratelli siano più lungimiranti di chi governa a Palazzo Marino?
Sembra proprio di sì. Infatti per quanto ci è dato sapere la Questura preferirebbe tenere sotto controllo le situazioni che non si configurano come territori franchi in mano alla criminalità più o meno piccola e colpire invece i contesti di abusivismo e occupazione dove si commettono reati e si creano catalizzatori di attività illegali. Il Comune invece esige sgomberi, sempre e comunque. Anche un’Assessore di peso come Mariolina Moioli, che sulla ‘questione Rom’ aveva provato la strada della mediazione, è stata rimessa in riga. A Palazzo Marino è prevalsa la linea dura; su questo il Vicesindaco è stato chiaro.
Meno chiaro è l’obiettivo.
Infatti, se si tratta di risolvere un problema della sistemazione di centinaia di persone che non possono essere rimpatriate una successione di sgomberi significa non risolvere nulla. Se, al contrario, l’obiettivo è quello di continuare a giocare la carta securitaria la girandola degli interventi affidati unicamente alle forze dell’ordine sono assai utili; poiché è ovvio che non appena si risolvesse il problema non ci sarebbe più nessuno da sgomberare.

Beniamino Piantieri

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Di Sucar Drom (del 22/06/2007 @ 10:43:09, in blog, visitato 1750 volte)

Roma, indetta la conferenza stampa dal Comitato Rom e Sinti Insieme
Il Comitato Rom e Sinti Insieme, composto dalle associazioni rom e sinte in Italia presenterà, domani 19 giugno 2007, le azioni che saranno intraprese per:
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Milano, l'Arci cerca volontari per gli sportelli immigrati
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Roma, terzo meeting italiano: media, diversità e pluralismo
Si terrà il 22 e 23 giugno 2007, presso il Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità, il terzo meeting dei media multiculturali "Media, Diversità, Pluralismo". Il metting si terrà a Roma, 22-23 giugno 2007 - Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità - Sala Momumentale - 2° piano - Largo Chigi n. 19.
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