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Cuba
Di Fabrizio (del 01/01/2012 @ 09:54:34, in Kumpanija, visitato 2154 volte)

immagine da barriodecuba.altervista.com

L'isola è conosciuta di sicuro, per diversi motivi, talvolta antitetici. Alcuni anni fa raccolsi in italiano del materiale sulla presenza dei Rom a Cuba. M'è venuta voglia di riproporlo. Per rispetto, inizio con Jorge Bernal, studioso argentino che per anni ha documentato la presenza di Rom e Kalé nell'America centrale e meridionale.

Seguono due pezzi, uno dell'agenzia ufficiale Granma e l'altro dell'Havana Journal, un'agenzia web anticastrista. La cosa divertente di questa storica contrapposizione politica è che i due pezzi sono quasi identici, anche se si guardano bene dal citare le informazioni della "concorrenza".


Estratto da "I Rom nelle Americhe" - La storia dei Rom a Cuba

Si sa poco del passaggio di alcune famiglie Rom che arrivarono a L'Havana all'inizio del 1900 e negli anni '20.
…erano un gruppo coeso e imparentato tra loro, uniti da linguaggio, tradizioni e professioni comuni. Mantennero questa unità a Cuba e negli altri paesi americani in cui arrivarono. Questo garantì ovunque la loro sopravvivenza, come emerge in questa storia molto conosciuta.

Come Dio creò gli esseri umani
Sapete come Dio creò gli esseri umani? Ve lo racconterò: prima fece la terra e tutte le cose che esistono: gli alberi, l'erba, gli animali…
Ma si sentiva solo, e così creò anche gli esseri umani. Modellò del fango e lo mise a cuocere, ma se ne dimenticò e quando lo estrasse dal forno, era tutto bruciato. Quello fu l'antenato del popolo nero. Non contento di questa sua creazione, fece un altro modello. Questa volta lo tolse subito dal forno e la statuetta era molto chiara. Divenne l'antenata del popolo bianco, i Gadjé. Fece poi un altro tentativo e stavolta calcolò con precisione i tempi di cottura. L'ultima statuetta era cotta a puntino e divenne l'antenato di tutti i Rom.


La leggenda riflette il sentimento dell'orgoglio che i Rom provano per la loro origine etnica, e che tutte le comunità hanno sempre difeso. I Rom si riconoscono in ogni paese perché hanno mantenuto precisi valori culturali, etici, estetici propri. In ogni posto dove sono arrivati, hanno mantenuto la loro autenticità e personalità, cercando di adattarsi ai diversi codici sociali.

Numeri e attitudine
I Rom a Cuba saranno 200, forse di meno. Sono comuni i matrimoni misti, perché le famiglie estese saranno due o tre. Un gruppo era composto da soli uomini e sposò donne cubane. Secondo la tradizione i discendenti seguono la linea paterna e le famiglie hanno mantenuto le tradizioni e la lingua Romanes. Molti hanno lasciato Cuba per ricongiungersi ai parenti in Venezuela e in altre parti del continente e mantenere le proprie tradizioni. Durante la permanenza a Cuba, avevano creato una cooperativa famigliare per il lavoro dei metalli, che in seguito fu assorbita dallo stato.
La maggior parte delle famiglie miste è rimasta a Cuba (una sola andò in Argentina) e hanno mantenuto una cultura mista. La lingua comune è lo spagnolo, ma riconoscono parecchi termini nella lingua romanes. Si considerano cubani di sangue Rom.

Durante le prime decadi del XX secolo, molte famiglie Rom arrivarono a Cuba, provenienti dall'Europa centrale e orientale, mantenendo il proprio sistema sociale di famiglia allargata. Il matrimonio è endogamo e deciso dalle famiglie, ai neonati è d'uso dare il nome degli antenati, per rispetto a chi diede origine al gruppo o clan (vitsa), gli anziani fanno anche parte dell'assemblea chiamata "kris", che per i Rom è la più alta struttura di legge e giudizio. Questa organizzazione è stata gelosamente salvaguardata e trasmessa di generazione in generazione, come in altri paesi americani ed europei, sino alle seconde/terze generazioni di Rom nati a Cuba.
Le famiglie che arrivarono a L'Havana si accamparono in una zona periferica che oggi si chiama Lawton. Era abitata allora da operai e piccoli artigiani. I Rom si mantennero però distanti dal nucleo originario, costruendosi per conto loro povere baracche di legno.
Nel nucleo originario si ricorda una famiglia estesa di nome Cuik, proveniente dalla Russia. Arrivarono a più riprese tra il 1912 e il 1924. Sino alla fine degli anni '40 vissero nelle loro tende.
Questo gruppo di esotici immigranti trovò a Lawton un clima di accettazione e riconoscimento sociale. Secondo i discendenti nessuno li disturbò mai e loro stessi vissero senza creare disturbi.
Crediamo anche che l'accettazione fu dovuta allo sviluppo che questi Rom diedero alla piccola metallurgia, attività che era particolarmente apprezzata nella Cuba di quei tempi. Una delle discendenti, che attualmente vive in Venezuela, racconta che anche dopo la rivoluzione non si sentì discriminata in alcun modo, anzi fu pienamente integrata nella forza lavoro dal nuovo regime e molti degli abitanti stanziali continuarono a frequentarla in cerca dei suoi pareri e consigli.
Nell'accampamento, continuarono con le occupazioni tradizionali: gli uomini nella piccola metallurgia e le donne come indovine.

Status sociale di uomini e donne
Nella tradizione Rom le donne acquistano rispetto sociale dopo il matrimonio, con la possibilità di creare una nuova famiglia. E' una dinamica sociale che si è mantenuta anche nel caso di famiglie miste; come anche quella di investire la donna del mantenimento delle finanze famigliari (il capitale costituito dalla cassa, dai gioielli e dall'oro, a cui i Rom attribuiscono anche proprietà mediche). Nella lingua tradizionale è il "galau" e alle donne (le romnià) spetta il compito di preservarlo e accrescerlo.
Diventando anziane, a Cuba e altrove, cresce il loro prestigio e vengono consultate dalla kris (vedi sopra).
A Cuba le romnì possono studiare e divorziare senza subire rivalse dal resto del loro gruppo.
Le famiglie miste hanno mantenuto anche la celebrazione tradizionale dei morti, "la pomana". E' un pasto offerto in onore del morto – nove giorni dopo la morte, sei settimane, sei mesi e poi nella ricorrenza annuale. Per l'occasione viene vuotata una coppa di vino o di acqua a favore del morto, che per quanto invisibile, rimane presente. Quando sono presenti immagini del morto, c'è l'uso di mettere un bicchiere pieno di fronte alla foto o al quadro, per far piacere alla sua anima. Oppure, nelle riunioni famigliari [i morti] sono invitati a condividere quanto bevono gli altri invitati.


I Gitani all'Avana RAFAEL LAM – speciale per Granma Internacional

I gitani sbarcarono a Cuba, in Brasile e in tutta l'America Latina sicuramente assieme ai primi colonizzatori spagnoli e portoghesi, dalle caravelle dei conquistadores… scrive il professore brasiliano Atico Vilas – Boas. E per questo anche la vita cubana è permeata da questa cultura leggendaria

Con la loro pelle scura e strane abitudini, i gitani hanno sempre suscitato curiosità: vengono chiamati anche Gipsy, Tzigani, Yeniche, Zingari e sono vittime di malintesi e di persecuzioni. Hanno sempre resistito tenacemente per la conservazione della loro personalità e autenticità esotica.

Sono vincolati al nomadismo, alle carovane, ai cavalli, le tende, le grotte, le caverne, carri e carretti, vagoni, accampamenti, strade e campagna aperta…

Sono cestai, toreri, lavorano lo stagno, fanno gioielli, predicono la sorte, sono musicisti e suonano in quartetti di chitarre; le loro espressioni vocali propongono lamenti lontani e raccontano le pene e le arroganze di un'emarginazione che è divenuta un'opera d'arte attraverso la prodigiosa e millenaria tradizione dell'Andalusia, una delle più interessanti del mondo, racconta lo scrittore spagnolo Felix Grande.

Buona parte della musica popolare cubana e latino – americana è nata in questo mondo periferico, umile e disprezzato dalle classi aristocratiche. Ricordiamo il tango, il samba, il merengue, i mariachis, il calipso, la bomba, il porro, il joropo, il son, il bolero, la rumba, la guaracha, la conga…

L'origine dei gitani è stata misteriosa per secoli, ma gli specialisti di oggi non hanno dubbi che sono originari dell'India nell'anno mille circa e questo è stato provato grazie alla loro antropologia, la medicina, l'etnologia e la loro lingua.

Cuba ha ricevuto i gitani per più di cinque secoli. Lo specialista d'arte, Antonio Alejo Alejo, racconta che era abituale vedere gli indù lavorare nella zona del porto dell'Avana.

La maggior ondata di gitani giunse a Cuba a partire dal 1936, in fuga dal franchismo, con la guerra civile spagnola. Poi vennero i fuggitivi dai terribili campi di concentramento nazisti.

La scrittrice Renée Méndez Capote dedica uno spazio ai gitani nel suo libro "Una cubanita che nació con el siglo" e in un numero della rivista Carteles del 1940 si legge un reportage che informa che i gitani si erano rifugiati nella zona delle colline di Lawton.

Molti usarono l'isola come una base per poi raggiungere altri paesi, ma diversi si integrarono alla vita di Cuba, che è sempre stata una nazione molto ospitale.

Joventud Rebelde l'anno scorso ha pubblicato un articolo sulla presenza dei gitani, su come vivono questi discendenti eredi delle famiglie giunte negli anni '20, che qui incontrarono il solo paese che permise loro di trascorrere una vita tranquilla.

Qui ci sono abitudini e modi di vestire, parole, attrazioni nei circhi, nelle fiere, le feste e carnevali, nel gergo musicale attuale della musica ballabile o salsa; nel filin degli anni '40 – 50 troviamo parole come jama (cibo), curda (ubriaco), puro (padre). Tra i dolci c'è il braccio gitano!

La moda dei giovani d'oggi è permeata dalle abitudini gitane: bracciali, catenelle ai piedi, collane, fazzoletti alla cintura e in testa, vestiti colorati, grandi anelli.

"Ma dov'è la verità gitana? Da quando ricordo io vado per l mondo con la mia tenda e cerco amore e affetto!" Ras e Sedjic.


Svelando la presenza dimenticata degli zingari a Cuba Mon January 31, 2005 | Posted By: Dana Garrett

Negli ultimi tempi le storie sugli Zingari sono di moda nelle soap operas di prima fascia televisiva alla televisione cubana.
Questo ha risvegliato domande da parte di molte persone sull'isola che – anche se consapevoli dell'influenza esercita dalle culture straniere nella formazione della nazionalità cubana – non erano sinora consci che nelle loro vene potesse scorrere anche sangue zingaro.
Viceversa, le nostre radici africane sono talmente manifeste, che esiste un noto detto per cui se un cubano non ha sangue congolese, sicuramente ne ha di Calabar (ndr: esiste Calabar sia in Nigeria che in Giamaica, penso si riferisca a ciò), questo significa che a Cuba non c'è modo di evitare di essere razzialmente mescolati.
La comparsa di una cultura cubana non è dovuta solo al contributo di africani e spagnoli, anche altre gruppi etnici hanno avuto il loro ruolo.
La storia mostra che nelle prime decadi del secolo scorso, masse di zingari immigrarono nell'isola, mentre per altri studiosi la loro venuta risale ai primi giorni della colonizzazione spagnola.
Ancora, per quanto qui gli zingari siano stati meno discriminati che altrove, lo stesso nel 1930 fu varata una legge per impedire la loro entrata nel paese. Legge che comunque fu largamente aggirata.
Nei ricordi degli anziani la loro presenza si lega a storie di indovini, donne che indossano colorati orecchini, braccialetti e collane; uomini di bell'aspetto che montano e smontano le loro tende.
Pedro Verdecie, avvocato in pensione e storico – che risiede nella provincia orientale di Las Tunas, si ricorda di gruppi di uomini e donne accampati in quell'area.
Dice Verdecie che questi nomadi praticavano la vendita al minuto di vari beni e che talvolta furono coinvolti in attività illegali, riuscendo comunque a instaurare un rapporto con la popolazione stanziale e scambiandosi costumi e tradizioni.
Nonostante la mancanza di documenti ufficiali che provino il passaggio degli zingari sull'isola, la verità è che in questi giorni i cubani sembrano aver iniziato ad apprezzare l'impronta degli zingari all'identità nazionale, col loro fascino vagante di bohemiennes.