Lamezia Terme – 25 marzo 2011 – Il maestro Isabella replica alle affermazioni del procuratore Vitiello 
		
			Di  Fabrizio (del 30/03/2011 @ 09:18:38, in  scuola, visitato 1985 volte)
		  
	 
	
	
		Segnalazione di Alberto Maria Melis e Maria Gabriella De 
Luca 
  
 
Lamezia Terme – 25 marzo 2011 - Il maestro Isabella replica alle 
affermazioni del procuratore Vitiello. Si sente chiamato in causa per alcune 
affermazioni del procuratore Vitiello in merito al ruolo della scuola 
nell'integrazione dei rom nella società ed è per questo che il maestro Fiore 
Isabella, che ospita nella sua classe due bimbi di etnia rom, ha voluto replicare 
su queste dichiarazioni: «Ho letto le disposizioni della Procura della 
Repubblica inerenti al sequestro preventivo del campo rom di Scordovillo – 
afferma il maestro – e, da uomo di scuola, mi soffermo, sull'affermazione "la 
scuola che potrebbe rappresentare la via maestra per l'integrazione non fa il 
suo ingresso nel mondo dei rom e il campo rom, di converso, diventa ancor più la 
palestra per l'addestramento al crimine delle nuove generazioni". Rispetto a 
tale categorica valutazione del ruolo della scuola, mi permetto di nutrire 
qualche perplessità pur non pretendendo coerenza pedagogica da un dispositivo 
emesso da un giudice che non è né Maria Montessori né don Lorenzo Milani».«Tuttavia 
l'affermazione è perentoria – continua Isabella – e, in quanto tale, merita una 
riflessione critica, partendo dall'auspicio che la scuola pubblica, al netto dei 
tagli governativi che ne riducono drasticamente le risorse, continui ad essere 
la via maestra per l'integrazione dei rom rompendo il recinto che li segrega e 
favorendo la loro accoglienza nelle classi, come cittadini destinatari di 
diritti e non come disturbatori della quiete. Ogni mattina, grazie a quei 
mediatori sociali che li prelevano all'interno del campo e li portano a scuola, 
mi onoro di accogliere nella mia classe due piccoli sorridenti concittadini rom 
che stanno imparando a leggere e a scrivere».- Aggiunge il maestro – «E se si 
sono aperti al sorriso non è perché, d'incanto, le "rattizzate" baracche si sono 
trasformate in comode regge e i motocarri dissestati in carrozze dorate, ma 
perché hanno potuto fruire della sensibilità di quegli educatori che hanno 
ritenuto che fosse importante tenere la porta dell'aula semiaperta perché 
superassero qualche claustrofobia o, con la scusa di andare al bagno, godessero, 
anche per un attimo, dello spazio liberatorio di un accogliente corridoio. Ed 
oggi, dopo mesi di paziente e graduale esercizio di adattamento dei propri 
specifici bisogni alle regole dello stare insieme, si può affermare, senza 
alcuna possibilità di essere smentiti, che il più efficace antidoto 
all'addestramento al crimine, all'interno di un campo recintato, risiede 
nell'abbattimento del pregiudizio e nel superamento dell'indifferenza. In questa 
direzione, c'è ancora tanto da fare a partire dalla consapevolezza che il 
sequestro del "campo" non esorcizza le palestre di addestramento al crimine se 
il futuro di questi nostri concittadini rom non si lega in modo indissolubile 
alla prospettiva di un'educazione che sia ricorrente e permanente, come 
dimostrano le positive, anche se ancora episodiche, esperienze nella scuola 
dell'obbligo, nei centri scolastici territoriali e l'incessante opera di 
mediazione culturale e sociale delle associazioni di volontariato». 
	 
          
	
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