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"Pagliacci" in un campo rom ma la Lega contesta Martone
Di Fabrizio (del 20/01/2011 @ 09:02:04, in musica e parole, visitato 1762 volte)

Francesco Brancati

MILANO - Un campo rom alla periferia di una qualunque grande città degli anni Duemila. In questo ambiente, il regista Mario Martone immagina il compiersi della tragedia verista messa in musica da Ruggero Leoncavallo nei "Pagliacci", l'opera che insieme a "Cavalleria rusticana" di Pietro Mascagni e con la direzione di Daniel Harding avrebbe dovuto andare in scena oggi alla Scala ma che per lo sciopero proclamato dalla Cgil slitterà a martedì prossimo (ma la tensione resta dopo che il sovrintendente Stephane Lissner ha spiegato che solo a fine gennaio si saprà se il governo ripristinerà i cinque milioni di fondi che ha tolto per il 2010 e quindi se il teatro chiuderà il consuntivo di bilancio in pareggio potendo pagare così l'integrativo ai lavoratori).

Una messa in scena, quella voluta da Martone, che ha già suscitato qualche allarme fra i leghisti milanesi, tanto da far dire a Luciana Ruffinelli, presidente della commissione Cultura in consiglio regionale: «Questa scelta è una vera e propria provocazione visto che verrà proposta in una città come Milano, che ha grandi problemi nella gestione dell'immigrazione rom». Venerdì alla presentazione della prima scaligera, Martone non ha nemmeno voluto rispondere direttamente, limitandosi a rilevare che "Pagliacci" «è un'opera eccezionale», che «il nomadismo è una cosa che ha a che fare con la storia e i circensi sono sono nomadi».

Poi c'è il "verismo" e la sua rappresentazione oggi: «Ma che senso avrebbe farne un ritratto con una cornice d'epoca?». Martone ha avuto già numerose esperienze con la lirica, ma è soprattutto regista cinematografico, tanto che l'autore delle scene, Sergio Tramonti, ha detto di aver cercato di mettere in scena «l'avventura cinematografica che Mario mi ha descritto, come l'inquadratura di una qualsiasi periferia di una metropoli di oggi, con l'arrivo dei giostrai in una piazza con una rampa autostradale sullo sfondo, che potesse fare da supporto al coro». Un coro, quello della Scala, elogiato dal direttore Daniel Harding, assieme all'orchestra scaligera che «pur a vent'anni dall'ultima rappresentazione di "Cavalleria" e "Pagliacci"» (il dittico manca dal 1988), ha mostrato di essere preparatissima.

Se tanto è stato anticipato su "Pagliacci", anche sull'onda delle polemiche leghiste, pochissimo gli autori hanno voluto rivelare su "Cavalleria", facendo presagire una scenografia minimalista, «spogliando molto la rappresentazione scenica – ha detto Tramonti – per dare spazio alla musica, tanto da farla diventare essa stessa scenografia, perché è Mascagni che ci restituisce gli odori e i sapori della Sicilia, attraverso la sua musica».

Grande attesa per la prima, slittata a martedì, e per le compagnie di canto che per "Cavalleria" puntano su Salvatore Licitra e per "Pagliacci" su Josè Cura.