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SGOMBERI E SILENZI ELETTORALI
Di Fabrizio (del 12/04/2008 @ 09:04:46, in Italia, visitato 1943 volte)

Da ChiAmaMilano

L’ennesima, inutile “bonifica” sposta poco più in là il problema Rom mentre la politica sta in silenzio

Una volta abbattute le baracche alla Bovisasca e dispersi i Rom si è letto e sentito di tutto. Silenzi e protagonismi elettorali hanno evidenziato l’assenza della politica che ormai si limita ad operare con le ruspe e ad alzare il sopracciglio se la Curia milanese fa appello ad un senso di umanità che non dovrebbe appartenere ai soli cattolici. Nel cortocircuito perenne dell’ossessione securitaria ciò che dovrebbe essere normale fa quasi scandalo e quel che in un paese ricco e civile –seppur in declino– dovrebbe scandalizzare diviene la norma dell’agire da parte dell’amministrazione cittadina.
La condizione dei Rom è un problema e chiunque abbia un minimo di buon senso –prima che di senso d’umanità– non può certo pensare che voltare la testa dall’altra parte di fronte alle baraccopoli e all’accattonaggio sia la soluzione. Ma una soluzione può essere una sequela di sgomberi che ormai si succedono ininterrottamente senza risolvere nulla? Assistiamo ad una sorta di gioco dei quattro cantoni con il corollario di veri e propri sconti tra Milano e i comuni dell’hinterland che accusano il Capoluogo di trattarli come una discarica. Il cerchio si chiude con l’implicita equazione: rom=immondizia.
In questo scenario la politica è assente. L’orizzonte è circoscritto dalle ruspe e dai silenzi, poiché gli zingari fanno guadagnare voti solo se vengono sgomberati. Ma si può sgomberare la povertà?
Di questo si tratta. A meno che non si voglia davvero pensare che i circa diecimila Rom presenti sul territorio milanese siano tutti dediti al crimine. Se così fosse, più che di emergenza da trattare con gli sgomberi si dovrebbe contemplare l’uso dell’esercito per presidiare le strade. Invece, la maggior parte degli uomini che “risiedono” nei campi lavora nell’edilizia, ovviamente in nero. Ma il circo politico-mediatico si nutre di altro: dei baby borseggiatori e delle Mercedes parcheggiate accanto alle baracche. Ci sono gli uni e le altre, ma nel caso dei Rom tutta l’erba è fatta fascio.
Ma di povertà si tratta, estrema e brutale, che si ammassa in favelas e produce, come dicono gli operatori delle associazioni che tentano di costruire percorsi di integrazione, un processo di rinomadizzazione di una popolazione che in Romania era e rimane sedentaria.
Ma l’emergenza e l’investimento politico sulla paura fanno prevalere lo spettro sulla realtà: i Rom rumeni tornano ad essere nomadi e gli sgomberi interrompono ogni tentativo d’inserimento scolastico di bambini e ragazzi destinati così, nella migliore delle ipotesi, all’accattonaggio.
Non c’è dubbio che la questione non possa essere affrontata dalla singola amministrazione locale, nemmeno da quella di una città grande come Milano. La sua risoluzione passa sia attraverso politiche pubbliche che superano la sfera cittadina, sia per mezzo della stipula necessaria di accordi bilaterali con la Romania, alla quale –non bisogna mai dimenticarlo– non è parso vero di potersi liberare di quella che i Rumeni, prima, durante e dopo il quarantennio comunista, hanno sempre considerato come una minoranza avulsa e intollerabile.
La politica deve elaborare risposte e soluzioni per problemi complessi, spesso spinosi. Questo è il suo compito. Disperdere la polvere, perchè possa essere nascosta negli angoli meno visibili non è solo abdicare alle proprie responsabilità, ma anche rinunciare alla propria missione.

Beniamino Piantieri