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Shuto Orizari, vicino a skopje, citta' di 40mila abitanti
I Rom? Hanno un Comune e un sindaco
In Macedonia l'unico insediamento al mondo diventato un municipio. E con
quartieri divisi per etnie
SKOPJE (Macedonia) - Tra la prigione e il cimitero, Shuto Orizari:
l’unico insediamento rom al mondo diventato Comune, con tanto di regolari
elezioni per il sindaco, scuole, ospedale, centri religiosi, collegamenti via
bus per il centro della vicina Skopje. E infatti "Shutka", come viene chiamato
da tutti, non è un ghetto o un campo nomadi. Ma "un Comune dove la gente sceglie
di vivere, e vi si stabilisce perché è libera di seguire la way of life rom in
libertà", come spiega Sheny, giovane rom di 26 anni che lavora come taxista nel
centro e frequenta una delle università della capitale della Macedonia.
ZONE ETNICHE - L’insediamento di Shutka (uno dei più grandi a livello
europeo) nasce nel 1963, quando il terremoto che colpì Skopje distrusse, fra
l’altro, il vecchio quartiere rom. Oggi il Comune, fondato nel 1996, conta circa
40.000 abitanti e si divide in diversi quartieri che rispecchiano, in miniatura,
le divisioni della società macedone: c’è la zona dei rom macedoni, quella dei
rom albanesi (con rispettive scuole, dove si tengono lezioni in albanese ed in
macedone). Ma camminando per le vie del centro si sentono lingue di tutta
Europa, e anche lo stile delle case rispecchia quello dei vari Paesi di
provenienza degli abitanti di Shutka. Pluralità che si declina anche sul
versante religioso: il 60% delle persone che vivono a Shutka segue i dettami
dell’Islam (e infatti, sta per essere completata la costruzione di una grande
moschea, che si dice finanziata con donazioni di Amdi Bajram, rom eletto al
Parlamento macedone, e fondi provenienti dalla Turchia), il restante un mix di
religioni "ereditate" dai Paesi di provenienza.
DIFFERENZE SOCIALI - Molti dei rom di Shutka lavorano nel mercato del
centro, il "bazaar", particolarmente frequentato anche dagli abitanti della
vicina Skopje per i bassi prezzi degli articoli. Anche se quello della
disoccupazione, come anche quello della bassa scolarità, è uno fra i problemi
principali degli abitanti del Comune. Si sussurra che sia il sindaco Erduan
Iscini a pagare, di tasca propria, l’elettricità; mentre in estate acqua e luce
sono razionate. In certe strade, case modeste e povere fronteggiano eleganti
villette con giardino: il livello medio dei rom che abitano a Shutka è basso, ma
quelli che hanno fatto fortuna non mancano, e lo testimonia anche l’alto numero
di automobili di buona qualità parcheggiate sui marciapiedi del centro.
Attaccamento alle radici? Certo. Ma anche consapevolezza che vivere a Shutka,
conviene: i costi in genere sono piuttosto contenuti, ci si può permettere
qualche lusso in più rispetto ad altre zone intorno a Skopje.
VOTO PER IL SINDACO - Il prossimo weekend, a Shutka, sarà "election
day": si va al ballottaggio per le presidenziali macedoni, e i cittadini saranno
chiamati anche a votare il nuovo sindaco. La carriera politica, in Macedonia,
non è preclusa ai rom: oltre ad un parlamentare rom, Amdi Bajram, è stato
nominato anche un ministro rom, senza portafoglio, Nezdet Mustafa. E c’è chi
guarda con interesse alla vicina Bulgaria, dove il leader del partito di
centrodestra GERB e sindaco di Sofia Boyko Borissov ha recentemente dichiarato,
in attesa delle elezioni politiche che si terranno entro la fine dell’estate, di
stare riflettendo sulla possibilità di creare un Ministero che rappresenti la
popolazione rom presente nel Paese.
Greta Sclaunich - 30 marzo 2009
Di Fabrizio (del 22/02/2006 @ 09:21:02 in Europa, visitato 1713 volte)
La comunità Rom di Shuto Orizare (Suto Orizari, l'unico comune amministrato da Rom) è in agitazione perché al comune viene negata l'acqua corrente. L'acquedotto ha tagliato la fornitura a tutto il comune, perché un gruppo di Rom non era e non è in grado di pagare le bollette dell'acqua. Il sindaco Erdoan Iseni ha manifestato ieri con gli abitanti, che hanno bloccato la strada che collega il comune alla fabbrica di tessuti di Zito Luks, verso Skopje. Il blocco è durato dalle 7.30 alle 11.00 Informazioni: Mr. Ferhat Hasan - Chef in the administration of Suto Orizare - Tel: + 389 70 268 280oppure: Sebihana Skenderovska
Di Fabrizio (del 27/11/2010 @ 09:19:48 in Europa, visitato 1856 volte)
Da
Roma_ex_Yugoslavia
Czech Press Agency, translated by Gwendolyn Albert
Skopje, 2010/11/22 09:08 - I residenti del più grande insediamento rom della
Macedonia stanno abbandonando le sue strade sporche e gli alloggi di fortuna per
cercare impiego e prosperità nell'Unione Europea, riporta oggi il portale
informativo BalkanInsight.com. Valijant, tassista 34enne di Shuto Orizari, sta
pensando di vendere la sua Lada arrugginita dell'era sovietica, col parabrezza
incrinato due anni fa - la cui riparazione costerebbe un patrimonio. Dice:
"Userò il mio denaro per andare in Francia dove vive mio fratello. Non ho
intenzione di tornare, a meno che non debba. Farò là tutto ciò che posso."
Valijant spera di iniziare una vita migliore in Europa occidentale. Più o
meno è convinto che anche se le autorità francesi lo prenderanno a lavorare
senza permesso, farà lo stesso abbastanza soldi da comprarsi una nuova macchina.
Ogni giorno, un autobus pieno di persone lascia Shuto Orizari per l'Europa
occidentale. La gente sta vendendo la propria casa e qualsiasi piccola proprietà
posseduta per pagare il viaggio per sé e la propria famiglia. I biglietti verso
la terra promessa costano circa 120 €.
Giovedì scorso, il ministro belga all'immigrazione, Melchior Wathelet, ha
visitato Shuto Orizari per la seconda volta quest'anno, nel tentativo di far
pressione sulle autorità locali perché fermino l'afflusso di emigrati verso il
suo paese. Belgio, Germania, Svezia ed altri paesi UE hanno ammonito per la
seconda volta quest'anno che da quando non sono più richiesti visti da
Macedonia, Montenegro e Serbia dal dicembre 2009, il numero di richiedenti asilo
da questi tre paesi è accresciuto di molto.
Shuto Orizari, tuttavia, è un mondo a sé. E' l'unico comune in Macedonia con
un sindaco rom, radio e televisione in lingua romanes. Dei 20.000 residenti, il
75% è di etnia rom e sono tra i più poveri nel paese.
Vasti settori del quartiere residenziale non sono niente di più di uno slum.
Le case sono coperte con tetti di lamiera, percorsi fangosi funzionano come
strade e non esiste un sistema fognario. Solo la strada principale ha un livello
"adeguato" di asfalto. I marciapiedi sono pieni di bancarelle improvvisate dove
si vendono accessori, vestiti e DVD (quasi tutti piratati).
"Qui ho tutto ciò che voglio, la famiglia, gli amici, la ragazza che ho
sposato, ma ho un bisogno disperato di lavoro. Ho bisogno di un lavoro decente
per dar da mangiare ai miei due bambini e non dover vendere questa spazzatura
tutto il giorno," dice Elvis, 26 anni, che vende DVD. Sostiene di aver lavorato
per sei mesi in una discarica in Germania prima di essere rimpatriato in
Macedonia.
"Molti dei miei amici sono andati e solo qualcuno è ritornato perché è stato
rimandato indietro," spiega Elvis. "Sto programmando un altro viaggio."
I viaggi verso l'Europa occidentale sono organizzati dalla locale agenzia
viaggi, Skay
Wim-Travel. Anche se sulla porta è indicato "aperto", l'ingresso era chiuso e le
luci spente quando ci siamo andati.
Ufficialmente l'agenzia vende biglietti per fare shopping a Bruxelles,
Amburgo, Lione, Malmö, Parigi, Vienna, Stoccarda e altri popolari destinazioni
nell'Europa occidentale. "Piacciono così tanto che la gente decide di fermarsi e
di estendere lo shopping," dice un locale con una risata.
Venerdì il Parlamento macedone ha adottato una risoluzione volta ad aiutare i
Rom e la loro "integrazione nella società". Si suppone che la risoluzione
si volta a convincere Bruxelles che Skopje sta affrontando seriamente la
questione del numero crescente di emigrati dalla Macedonia.
Per Rahipa Muaremovová, madre di quattro figli, simili nobili parole non
significano niente. "Non so cosa significhi integrazione," dice. "Perché non mi
chiedi come vivo, o se sono in grado di mettere cibo sulla tavola ogni giorno?"
Da
Macedonian_Roma
Nina Stoffers - Skopje - 14.11.2007 Sono le 5 del mattino. Un imam
chiama alla preghiera. La sua voce attraverso gli altoparlanti. I cani iniziano
a vagabondare ed il sole dorato si arrampica da dietro le colline di Shuto
Orizari. Un anziano fuma e tossisce. Ci sono poche persone in giro a quest'ora.
Le otto, Abraham si stropiccia gli occhi mentre sua sorella si alza per andare a
lavoro. E' fortunata. Ha 19 anni e lavora come donna delle pulizie per una
famiglia macedone.
A Shuto Orizari circa il 90% dei Rom sono disoccupati. Molti trovano lavoro
nel settore informale, nel commercio e nell'industria delle costruzioni. Ma sono
in pochi di fronte all'alto numero di disoccupati e a quanti lavorano nel
mercato nero che caratterizza Shuto Orizari. Shutka,come è conosciuto questo
sobborgo della capitale macedone Skopje, è il più grande insediamento Rom con
70.000 abitanti. Ci sono un sindaco Rom, due stazioni TV, scuole e due
parlamentari Rom che siedono in Parlamento. Per una volta, i Rom qui non sono
una minoranza.
Rom gangsta rap
Abraham e sua sorella vivono con i genitori e tre fratelli minori in due
piccole stanze. Alle 11 Abraham si alza.Di fronte allo specchio si pettina e si
mette le sue lenti a contatto blu. Quindi va al computer e visto che è
festa può dedicarsi al suo hobby: la musica. E' insolito a Shutka che qualcuno
ascolti il "rap". Abraham si autodefinisce un "gangsta rapper". Ha scritto
e mixato da cinque anni. Non adopera i tipici strumenti rom come il clarinetto e
il violino, ma il computer. Canta solo in inglese - non in romanes, così da
poter essere ascoltato fuori da Shutka.
Nel centro, nella "strada della nuova vita", i commercianti ambulanti hanno
esposto i loro banchi. Accanto ai pomodori, melanzane e meloni ci sono prodotti
di imitazione in vendita a basso costo. Su banchi di vendita improvvisati, copie
pirata di musica araba, bulgara e persino indiana. Ci sono macchine Daimler con
targa straniera e rachitiche Lada. Ci sono 39° e l'aria luccica dal caldo e
dalla polvere. Si sente il forte odore di carne bruciata e dei gas di scarico
delle macchine.
Bus verso un altro mondo
Nel frattempo Abraham ha remixato le sue canzoni e predo l'autobus che di
solito prende per andare a scuola. La strada collega due moschee che distano
l'un l'altra meno di 300 metri. Le moschee sono quasi terminate e all'interno
hanno i tappeti, mentre all'esterno i minareti sono quasi conclusi e gli
altoparlanti chiamano i fedeli alla preghiera cinque volte al giorno. I richiamo
sono in albanese ed in arabo, non in romanes. La situazione tra Rom e Albanesi è
tesa. Abraham non vuole scendere da solo dall'autobus.
Nel contempo sta percorrendo un pacifico sobborgo ad est della città. Molti
Albanesi vivono qui, non sono tanti come i Rom. Abraham sta per incontrare la
coppia rom Ljatif e Fatime Demir, per chiedere loro quando potrà usare il loro
studio musicale per registrare le sue canzoni. Nel 1998 hanno creato
l'associazione culturale "Darhia" (Radici), che fornisce uno spazio creativo ai
giovani rom. Una donna energica di circa 50 anni apre la porta con gesti di
benvenuto. Fatime Demir spiega che c'è un'orchestra di mandolini molto popolare
che attrae i bambini macedoni. Fatime sente che il suo lavoro aiuta a rafforzare
i legami inter-etnici.
Stupido zingaro
I diritti delle minoranze e la discriminazione nella vita di ogni giorno sono
i temi che Abraham rappa nelle sue canzoni. Particolarmente sul suo primo anno
di scuola quando con altri ragazzi rom sedeva per lo più in fondo alla classe
Quando faceva errori in macedone era rimproverato come "stupido zingaro". Se
parlava bene il macedone, invece veniva chiamato gagio da Rom, la parola che
loro usano per non-Rom. Attraverso la musica Abraham chiede riconoscimento e
rispetto, ma lui è un'eccezione. La maggior parte dei gruppi etnici resta
isolata nei propri spazi.
Funded by the 'Erinnerung, Verantwortung und Zukunft' foundation
This article was first published in the German journalist network N-ost
Di Fabrizio (del 03/05/2013 @ 09:08:58 in Europa, visitato 2162 volte)
Venerdì 10 maggio, ore
20.45
Libreria Popolare - via Tadino 18, 20124 MILANO
Sarà... che le cose più interessanti ti accadono sempre per caso. Sarà... che
molti ne hanno scritto, e solo qualcuno c'è tornato.
Una giovane famiglia italiana, con bimbo di due anni, in Macedonia per
teatro. Entrano in contatto con la comunità dei Rom di
Shuto Orizari
(il primo
comune che è stato amministrato dai Rom stessi), e piano piano ne scoprono la
storia e le sue caratteristiche, ma soprattutto sviluppano un intenso rapporto
con i suoi abitanti, di cui sono ospiti, alla ricerca comune dei valori, delle
tradizioni e delle conflittualità che regolano la comunità.
Ne parlano con l'autore, Andrea Mochi Sismondi
Fabrizio Casavola, redazione di Mahalla
Anna Stefi, ricercatrice e collaboratrice di Doppiozero
The Quietus
Josh Hall , August 12th, 2013 08:03 (lungo, ma con registrazioni
originali dell'epoca, vale la pena quando siete stanchi di leggere, NDR)
Josh Hall parla con Philip Knox, co-curatore della nuova compilation sul
gipsy-pop nella Jugoslavia di Tito, per discutere sulle condizioni politiche e
sociali da cui nasceva questa notevole musica innovativa
Gli anni '60 e '70 sono stati un periodo fiorente per i Rom della Jugoslavia.
Anche se Tito aveva riempito i campi di prigionia al largo dellle coste
adriatiche, in patria i Rom ottenevano per la prima volta il riconoscimento
ufficiale. Tito avevi conferito agli Jugoslavi il diritto di identificarsi
secondo il proprio gruppo, ed i Rom - storicamente perseguitati e soltanto pochi
decenni prima assassinati a decine di migliaia dagli ustascia fascisti - furono
tra i maggiori beneficiari. La cultura rom venne improvvisata elevata.
La musica di quel periodo è stata catturata in una nuova collezione del pop e
folk prodotto tra il 1964 e il 1980 dai Rom della Macedonia, Kosovo e Serbia
meridionale. Stand Up, People (Opre Roma) è un set straordinario di
tracce che dimostrano lo spirito pionieristico di quel periodo, in cui i
musicisti prendevano le forme tradizionali e le declinavano senza posa nel senso
della modernità. Le canzoni pulsavano dei tradizionali ottoni della musica folk
slava, ma erano contrapposti all'ampiezza dei nuovi stili a cui erano esposti
queste comunità. La collection è pervasa di pop occidentale, psichedelia, e
della tradizione subcontinentale da cui i Rom sono originari e con cui c'era uno
scambio diffuso, grazie alle comune posizione di India e Jugoslavia come stati
non allineati. Il risultato è un volo vertiginoso di malinconica innovazione.
Curata dai londinesi Philip Knox e Nat Morris, Stand Up, People è il
risultato di mesi passati a scavare nei mercatini delle pulci dei Balcani, nel tentativo
di gettare nuova luce su ciò che Knox descrive come "qualcosa che si è perso
nella narrazione standard della musica di quella parte del mondo." Nella
tradizione classica la registrazione viene completata da esaurienti e deliziose
note di introduttive sui testi di ogni traccia. Nelle traduzioni, la
combinazione di lacrimosità e di festa così palpabile è resa ancora più forte.
Questa dolente baldoria è il segno della qualità della collection.
Il Rinascimento rom collassò brutalmente dopo la morte di Tito. I proponenti
furono da un lato sottomessi alla musica nazionale dei nuovi stati nati nel
sangue, o semplicemente sparirono dalla pubblica vista. Le tradizioni romanì
divennero nuovamente affari privati, divorziando dalle correnti principali in
cui erano brevemente fiorite. I Rom nel mondo rimangono oggetto di persecuzione
quotidiana. Per questo Stand Up, People è importante, non solo come
documento storico, ma come controreplica a quanti tuttora intendono i Rom come
qualcosa di indesiderabile. E' una registrazione celebrativa di un tempo in cui
a questa cultura perennemente tiranneggiata fu permesso di esplorare se stessa
pubblicamente, e di una storia affascinante di un periodo di notevole
innovazione.
Abbiamo raggiunto Knox per discutere il processo di compilazione di Stand
Up, People, con le storie turbolente e gli sconvolgimenti politici e
sociali che si verificavano mentre il tutto era iin fase di creazione.
Ho letto
l'articolo che hai scritto per Sarajevo Notebook, e
stavo ascoltando le registrazioni per la prima volta.
Il trip, il viaggio, è che l'articolo è di quasi due anni fa. Fu un viaggio
di sei settimane, due mesi. Lo scorso dicembre siamo tornati a Belgrado, perché
molto del materiale finito nel CD proveniva dall'Archivio Nazionale [di Serbia].
Sapevamo che quelle registrazioni esistevano, ma in tutte le nostre ricerche non
le avevamo mai trovate. Alcuni pensavano che non esistessero, ma indagando negli
scaffali dell'Archivio nazionale li abbiamo trovati. Per fortuna c'erano molte
cose che volevamo davvero, a nostra volta avevamo del materiale che interessava
loro, così abbiamo raggiunto un accordo e abbiamo potuto, temporaneamente,
prendere in prestito quei reperti, digitalizzarli e restaurarli a Londra.
Quindi a Belgrado esiste un grande spazio di archiviazione pieno di
registrazioni?
Sì, è piuttosto sorprendente. Sotto Tito si archiviavano copie col copyright,
in teoria praticamente da tutto. Quando ci siamo andati era abbastanza caotico.
Avevano appena riaperto e penso che eravamo tra i primi a varcare l'ingresso.
Incredibilmente, in una maniera impensabile in Gran Bretagna, con assoluto stile
balcanico, questa amabile bibliotecaria ci disse: "OK, entrate e date
un'occhiata." Così abbiamo frugato tra gli scaffali, facendocela addossa dal
tanto materiale che c'era e stavamo cercando così disperatamente. Abbiamo potuto
fotografare alcune copertine, come prova che questo materiale esisteva - in
particolare alcune delle prime cose di Shaban Bajramovic' [che appare tre volte
nella compilation], che poi divenne una specie star della world music, ed è
relativamente noto in Europa. Ma nessuno credeva che avesse inciso prima del
1991, nessuno credeva che fosse disponibile. Così abbiamo trovato un sacco di
roba sua, e ne eravamo davvero entusiasti, ma non potevamo ascoltare niente,
perché non c'era una sala video-audio. Questa è la ragione per cui siamo tornati
dicembre scorso - controllare realmente quel materiale. Anche se eravamo allora
a buon punto con i CD, e sapevamo cosa farne, in realtà non sapevamo che suono
restituissero quei reperti. E' stato come un azzardo.
Come avete fatto a selezionare le tracce?
La questione fondamentale era quello che ci piaceva realmente. C'era
materiale che volevamo includendo alcune tracce. Volevamo rappresentare molte
cantanti, e poi un sacco di roba che fosse davvero inusuale, all'opposto di
quanto si aspettasse la gente. Per coincidenza, questo corrispondeva a ciò che
ci piaceva.

Quella forza delle cantanti è rappresentativa della scena nel suo
assieme?
Penso di sì, yeah. Essere donna tra i Rom è abbastanza difficile. E' una
società piuttosto patriarcale, e se sei una donna in una simile società che è
oltretutto più marginalizzata di qualsiasi altra, sei ancora più al margine
delle cose. Allora, è stato importante trovare cantanti femmine di così grande
successo, che dirigevano i prori gruppi musicali, che andavano in tour. Alcune
di loro hanno avuto storie difficili associate a ciò; non era un paradiso. C'è
una cantante, Ava Selimi, che ha pubblicato un solo 7" su cui abbiamo messo le
mani. Non siamo mai riusciti a rintracciarla, ma abbiamo molti aneddoti di gente
che la conosceva. Si dice che sia stata rifiutata dalla famiglia e dalla sua
comunità semplicemente [per] essere una musicista di successo ed essere
single, invece di svolgere il ruolo tradizionale che ci si aspettava. Si pensa
che non abbia mai lasciato la sua città nel Kosovo per quella ragione, ora
vivrebbe in un'isola della Croazia.
Parliamo un poco di Esma Redzhepova, che caratterizza fortemente
l'album.
Esma Redzhepova è tuttora una celebrità in Macedonia. Recentemente ne ha
parlato la stampa, per la sua partecipazione per la Macedonia ad Eurovision
dello scorso maggio, assieme ad un cantante di rubbish-rock che non mi ricordo.
Divenne molto celebre ai suoi tempi, negli anni '60 e '70. In quanto giovane,
donna e radicata nel ghetto, penso che ebbe da lottare. Ha dovuto uscire dalla
casa di famiglia, e la sua famiglia era del tutto contraria alla sua carriera,
non solo all'interno delle comunità rom, ma anche nazionale e internazionale in
quanto jugoslava.
Ci sono stati altri artisti che allora raggiunsero un simile
successo?
Lei è praticamente unica. Shaban Bajramovic', un po' più tardi - erano
dipinti come il re e la regina della musica gitana, anche se provenivano da
luoghi diversi e non penso si siano mai esibiti assieme. Raggiunse una buona
notorietà, in particolare con alcune registrazioni alla fine degli anni '90, che
erano quasi in stile Buena Vista Social Club. Ma allora Esma era praticamente
unica in termini di enormità del successo.
Potresti dire che gli anni '60 e '70 sono stati il periodo più
importante per quel tipo di musica, o è qualcosa che continua tutt'oggi?
C'è ancora moltissima musica dei rom incredibile nella regione, e molti
interpreti rom, ma non è detto che siano conosciuti come tali. Sono soltanto
cantanti pop o qualsiasi altra cosa - non pretendono di fare musica folk. Ma
secondo me l'era dei musicisti romanì che cantavano romanì, identificandosi
completamente e senza problemi come Rom, e consumati come tali a livello
nazionale - è definitivamente passata. Penso dipenda soprattutto dalle guerre
etniche degli anni '90, dove la gente è diventata così iper-tribale che i Rom
sono sempre stati esterni a ognuno di questi gruppi frammentati, e sono sempre
stati perseguitati un poco di più, soprattutto in Kosovo, dove credo che la
popolazione si sia ridotta dell'80%, in parte con esecuzioni di massa e in parte
con [l'esodo dei] rifugiati, molti di loro sono finiti in Macedonia.
Ora è la Macedonia il fulcro della comunità rom?
C'è il più grande insediamento rom nel mondo, appena fuori Skopje - un posto
chiamato Shuto Orizari. E' qualcosa di unico. Cammini per strada e senti parlare
ovunque romanés, le insegne sono in romanés. E' incredibile. Ma in termini di
popolazione, c'è un numero enorme di Rom in Serbia, e da altre parti dei Balcani
oltre la ex Jugoslavia, come in Romania e Bulgaria. Se la Macedonia costituisca
il fulcro culturale è difficile da stabilire - sono tutti molto diversi. Mentre
in Serbia possono essere più urbanizzati e vivere in maniera maggiormente
integrata, questo non li rende necessariamente meno rom o meno culturalmente
significativi.
Anche se c'è una popolazione rom relativamente numerosa in Bosnia e Croazia, è
una popolazione stranamente tranquilla. Non hanno la percezione di suonare
musica rom, anche se molti di loro sono musicisti e suoneranno musica folk
locale. Ma non esiste una scena, e non c'era nemmeno negli anni '60 e '70, anche
se era pieno di Rom ed erano culturalmente e politicamente attivi. Eravamo
curiosi e abbiamo chiesto a dei contatti rom in Bosnia perché avessimo questa
impressione, e loro in modo abbastanza deprimente l'hanno attribuita al successo
delle campagne antirom dei fascisti ustascia nella II guerra mondiale, quando se
sembravi rom o se parlavi romanés ti potevano sparare. La cultura è stata
trainata dei sotterranei e non è mai emersa realmente, anche quando farlo era
diventato sicuro. E' diventata una cosa domestica e privata, cosa che allora non
successe quasi mai in Macedonia, Serbia e in Kosovo.
Foto del viaggio a Belgrado di Knox e Morris
E' interessante che ci fu questa fioritura di cultura rom durante Tito,
che nel contempo era molto avverso con le espressioni del nazionalismo. Come
concili le due cose?
Penso siano precisamente parallele, l'una la conseguenza dell'altra. Cercando di
riconciliare una parte di mondo estremamente diversa e storicamente frazionata,
la strategia di Tito era di affrancare in qualche modo qualsiasi minoranza. Le
gerarchie erano diverse. Potevi dichiararti della nazione dei Croati, o della
nazione dei Serbi, e avevi un'identità in quel senso. Ma anche i Rom e gli
Albanesi avevano questa possibilità di identificarsi o le loro carte d'identità.
Penso, come conseguenza di presentare un modo leggermente più inclusivo di
essere Jugoslavi, senza tuttavia dover rinunciare alla propria identità
precedente, i Rom ottennero per la prima volta un riconoscimento. Tutte le
identità andavano rappresentate, altrimenti non avrebbe funzionato.
Avevano modo di identificarsi pubblicamente. Avevano gruppi culturali in molti
villaggi, alla stessa maniera che se fossero stati gruppi culturali Albanesi o
Turchi, stavano assieme e organizzavano musiche e concerti, probabilmente
diffondendo anche dottrina di partito. Così, è un periodo inusuale e unico, in
netto contrasto con la strategia seguita, ad esempio, dalla Bulgaria, che era
offensivamente monoculturale, e parlare o cantare in romanés era illegale. I Rom
continuavano a stare lì, producendo molta musica, ma era tutta musica bulgara
prodotta da Rom che fingevano di essere Bulgari.
Rimane un caso?
Tutta quella parte di mondo resta orribilmente razzista verso i Rom. Il
pregiudizio preesistente è diventato pubblico dopo Tito. Ma la Bulgaria è
leggermente migliorata da allora. Almeno, non c'è nessun apparato statale
ufficiale che spenga attivamente le voci rom, anche se il pregiudizio a livello
di comunità è sempre più duro da sorvegliare e valutare.
E quanto velocemente terminò quel boom, dopo Tito?
Difficile da dire. La società iniziò a collassare rapidamente dopo la morte di
Tito, ed in qualche modo si era già verso la fine. La sua morte coincise con
l'emergere di un sacco di ordini del giorno nazionalisti. Già prima di morire,
nel 1980, la cultura stava cambiando in maniera percettibile. Globalmente,
stavano iniziando ad emergere i primi vagiti della fine della guerra fredda, ed
il nazionalismo andava prendendo corpo. Ed anche la stessa musica - è quando
inizia ad emergere quella cosa chiamata turbo-folk. Quella fu la colonna
sonora delle guerre balcaniche, che ironicamente sembrava saltar fuori da
qualcuno di questi cantanti rom, che sempre andavano perseguendo il suono più
moderno e orecchiabile. Il risultato finale fu uno stile che venne per lo più
associato agli squadroni serbi della morte, uno di quegli strani colpi di scena
così difficili da conciliare.
Gli anni '80 furono un periodo diverso solo dal punto di vista stilistico. I
valori di produzione erano appena caduti, soprattutto in Jugoslavia. Quindi era
praticamente impossibile dire "Qui è l'età dell'oro", mentre la società andava
collassando anche le strutture che avevano permesso la produzione di quella
musica crollarono. I cantanti che riuscirono a mantenere il successo, smisero di
essere cantanti rom. Molti proseguirono - Esma andò avanti attraverso la guerra.
Smise di cantare in romanés, e smise con le canzoni zingare. Uno degli esempi
più estremi è questo ragazzo chiamato Muharem Serbezovski,
un Rom macedone. La maggior parte dei Rom macedoni è musulmana, e lui passò
molta della guerra a Sarajevo, identificandosi fortemente con la causa bosniaca.
Iniziò a cantare inni di guerra della Bosnia, si naturalizzò totalmente come
Bosniaco. Dopo la guerra, entrò come politico nell'Assemblea Nazionale di
Bosnia. Probabilmente aveva qualche affinità con la Bosnia perché era la
capitale della sua religione, ma smise di essere un Rom jugoslavo che cantava in
romanés e in altre lingue, diventando un Bosniaco.
Una delle cose più straordinarie sulla raccolta è l'incredibile volume
di suoni e stili che sono presenti. L'altra musica a quel periodo era
accessibile?
E' incredibilmente varia. Ci sono ballate pop abbastanza standard, e musica
tradizionale di fisarmonica, molto potente. E' distante da una raccolta
rappresentativa universalmente, anche della sola musica rom. Ci sono differenze
al nord. Dove c'è molta popolazione ungherese, la musica è più martellante,
quattro quarti, col violino che invita alla danza. Penso che molti di questi
pezzi, senza la necessaria familiarità, sembrerebbero piuttosto sorprendenti. La
gente era abituata ad una varietà musicale, ma se tu fossi stato, per esempio,
un ragazzo non-rom alla moda nella Belgrado degli anni '60, e avessi ascoltato
qualcosa della folle musica rom del Kosovo, penso l'avresti trovata abbastanza
aliena. Ma la gente la comprava, e questa è una cosa interessante, ma anche
difficile da spiegare. Tutto era iper-locale e iper-specifico, ma era
distribuito dalle etichette discografiche in tutti centri urbani, ed
apparentemente per essere comprato e goduto.
Quindi l'impresa era anche redditizia?
Tutte le etichette erano in parte statali. Era un'area grigia ambigua, in parte
nazionalizzata. Non è chiaro sin dove le decisioni fossero controllate dallo
stato. Probabilmente non in maniera enorme, perché c'era troppa roba in
circolazione e nessuno avrebbe avuto il tempo di verificare tutto. Ma la gente
comprava i dischi. Gli Jugoslavi erano abbastanza ricchi rispetto agli altri
paesi socialisti dell'Europa Orientale. Potevano viaggiare, e lo facevano.
Potevano importare beni dall'Occidente; importavano anche musica occidentale.
Cose che si cercava sempre di vendere a caro prezzo nei negozi di dischi dei
Balcani, erano le incisioni jugoslave dei Beatles o di Stevie Woneder, che
qualche collezionista pazzo sta cercando di ottenere.
Un altro momento chiave della storia è la raccolta delle registrazioni.
Quanto tempo avete impiegato?
Me ne sono interessato per anni, in maniera abbastanza amatoriale. Ci sono un
paio di etichette che stanno facendo delle cose interessanti, in particolare con
queste brass band, alcune dalla Macedonia, altre dalla Romania, che sono
piuttosto funky e hanno un senso di rinascita: Mahala Rai Banda e Kociani
Orkestar, piacciono alla gente. Ero davvero coinvolto, e così Nat, ne abbiamo
discusso assieme e abbiamo viaggiato indipendenti l'uno dall'altro per un po'
nei Balcani.
Esma Redzhepova venne e suonò a Londra attorno al 2006 con la Mahala Rai Banda,
e fu un concerto incredibile. Stranamente, per un pubblico londinese abituato
alla "world music", fu un grande avvenimento. Ho sempre cercato di collezionare
pezzi e mettere le mani sugli originali, in modo abbastanza da nerd, e mi
chiedevo dovrei avrei potuto trovare i LP di Esma. Cominci a cercare su internet
e trovi delle cose. Dopo un paio di assaggi pensai: "Cazzo, questo è buono
davvero!". Poi iniziamo ad impegnarci più seriamente, raccogliendo tutto quel
che trovavamo. E poi, quando ammassammo una certa pila di registrazioni, ci
sembrò qualcosa di importante che era andato perso dalla narrativa standard di
quella parte del mondo. Fu allora che la prendemmo davvero sul serio, e andammo
lì col preciso intento di raccogliere registrazioni, e nel contempo di
incontrare i musicisti e cercare di imparare di più sugli scenari e sulle
circostanze della produzione e della distribuzione.

Questi artisti si conoscevano tra loro? Suonavano assieme?
C'è questa voce che circolava su Esma e suo marito. Lui non era Rom, ma era uno
attorno a cui la musica girava. Molti musicisti passarono attraverso questa
sorta di accademia. Molti musicisti rom venivano assunti, e poi si mettevano in
proprio. Così fu per Muharem Serbezovski - i suoi primi concerti furono con
l'ensemble di Esma. E Elmo Chun, che interpreta la penultima traccia del
disco, quella strumentale, la cui importanza per la scena musicale rom non può
essere sottolineata abbastanza - fece parecchi arrangiamenti, fu un fulcro vero
- il suo primo lavoro fu il clarinettista per Esma.
Sembra il mondo del jazz, dove ci sono frontmen e sidemen.
Si intenda una grandissima similarità col jazz, non solo nella struttura di
mercato, ma anche per la fusione di personalità, improvvisazioni, assoli che
sono parte della tradizione. E' una delle cose che lo rende interessante,
soprattutto se assisti dal vivo a un matrimonio, dove un clarinettista e un
sassofonista si confrontano per dieci minuti. Uno spettacolo incredibile.
Hai detto che le grandi etichette discografiche erano di proprietà
statale ma, a parte questo, esisteva una cultura indipendente?
Le etichette erano relativamente poche. Non erano controllate centralmente in
quanto tali. Tutte le maggiori città ne avevano una, o diverse. Particolarmente
Belgrado. Quindi esiste la branca editoriale regionale della compagnia di stato,
poi ce ne sono di più piccole, che dovrebbero essere più indipendenti, ma non si
notano differenze nella qualità o nella natura delle registrazioni che uscivano.
C'erano etichette specializzate in quel tipo di musica?
Non molte - è questo che è strano. Troverai estremamente misterioso della musica
rom prodotta da quella che era la più grande etichetta, Radio-Televisione Belgrado,
tutta in romanés da un oscuro angolo del Kosovo. Poi trovi musica di successo
rilasciata da un piccolo studio fuori Belgrado. Un fenomeno abbastanza surreale.
Non so se è la natura di come funzionassero le cose in questo quasi-mercato, ma
non mi sembra che potesse essere competitivo, con gli artisti più grandi che
andavano verso le maggiori etichette e quelli più piccoli verso le minori.
Com'è stato il processo per ottenere le licenza di queste incisioni?
Incubo assoluto. E' stato di gran lunga il compito più duro, difficile, lungo e
meno divertente. Queste etichette erano possedute in parte da uno stato che non
esiste più, o sono adesso proprietà parzialmente privata o parzialmente statale
di nuovi stati. Molti di questi non sono a conoscenza di possedere i diritti di
queste incisioni, e per prima cosa li devi convincere di questo, se vuoi
ottenere una licenza. E' uno dei motivi per cui una release come questa ha
dovuto impiegare tanto tempo per uscire. Nessun altro sarebbe stato così pazzo
da trascorrere due anni su Skype con dei Serbi veramente arrabbiati.
E' valido per la Jugoslavia degli anni '60 come per la maggior parte della
musica oggi - è interamente impostata per ridurre al minimo la quantità di
denaro che gli artisti ricevono, se non di eliminarla del tutto. Il diritto di
proprietà degli artisti è così piccolo. E' qualcosa con cui abbiamo lottato
davvero, perché volevamo dare qualcosa agli artisti quando ne trovavamo qualcuno
che fosse ancora vivo. Una cosa rattristante e piuttosto deprimente di questo, è
che incoraggiamo questi artisti a firmare per questi incredibili complessi
sistemi collettivi internazionali, così che possano avere qualche soldo, ma
impiegare tutto questo tempo non serve a chi non è di madrelingua inglese, o non
ha familiarità col computer.
Vedi il potenziale per un risorgere dell'interesse verso questa musica?
I giovani dei paesi dell'ex Jugoslavia, quando parliamo loro di questo, sono
completamente confusi e perplesso. Puoi gli suoniamo questa musica e sono
esterrefatti che ci sia qualcosa del genere dalla loro cultura e che possa
suonare così. Molta della idea dei non-Rom sulla musica dei Balcani, anche in
quella parte del mondo, è totalmente conformata a tutti quei coglioni come [Emir]
Kusturica. Davvero, la gente è monopolizzata dall'idea che la loro musica sia -
qualcosa di veramente primitivo che spassionatamente spilla da loro; non
qualcosa sotto il loro controllo; possono rubarti il televisore ma fanno anche
questa bella musica. Allora la gente si sorprende di questa musica
incredibilmente sofisticata, sensibile ad idee complesse. Penso che se la gente
ci mettesse la testa, sarebbe davvero grande, e potrebbe significare che alcuni
dei musicisti che sono ancora in circolazione potrebbero rivisitare alcuni
pezzi.
La compilation
Stand Up, People è ora disponibile su CD e formati digitali, via Asphalt Tango Records
Di Fabrizio (del 08/11/2013 @ 09:02:54 in media, visitato 1297 volte)
Un anno contro l'antiziganismo -
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Martedì, 22 ottobre, 2013 -
Talvolta basta un incontro, uno sguardo, una parola per abbattere le spesse
barriere che ci separano fisicamente e idealmente dalle famiglie rom che abitano
le periferie delle nostre città.
Il Calendario 2014 "Un anno contro l'antiziganismo" ci aiuta, con
gli scatti di Davide Bozzalla e la poesia di Paul Polansky, a combattere, mese dopo mese, l'antiziganismo
che abbiamo ereditato dalla storia, che scorre nelle vene della società e che ne
condiziona i pensieri, alimentando stereotipi e pregiudizi diffusi.
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dodici mesi all'insegna dei diritti umani!
Il ricavato della vendita servirà a finanziare la ristrutturazione e le attività
del Theatre Roma (Teatro Rom) di Shuto Orizari, quartiere alla periferia di
Skopje, in Macedonia, e unica municipalità rom al mondo.
Riconosciuto ufficialmente nel 2000, il teatro debutta con Dog Years di Günter
Grass, spettacolo teatrale pluripremiato messo in scena nel 2001 a Stenkovec 2 e
Dare Bombol, campi profughi per rifugiati rom ai confini con il Kosovo. Un
teatro di impegno civile che attraverso la promozione della cultura e della
lingua romanes intende "parlare dei rom parlando dell'uomo".
Pratica teatrale autofinanziata e forma di resistenza culturale in direzione
ostinata e contraria, verso il sogno di un Teatro Nazionale Rom. Nel 2009
l'incontro fra la comunità di Shuto Orizari, il Theatre Roma e la compagnia
italiana Teatrino Clandestino porterà in scena il progetto OpenOption,
esperienza umana e teatrale raccolta in Confini Diamanti. Viaggio ai Margini
d'Europa, ospiti dei rom, reportage narrativo di Andrea Mochi Sismondi.
Da oltre due anni, tutte le attività sono ferme per mancanza di fondi. Insieme
potremo far sì che il Theatre Roma torni a vivere e continui a esercitare la sua
necessaria funzione civile, culturale e sociale!
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La libreria di MAHALLA

Di Fabrizio (del 11/01/2014 @ 09:02:27 in media, visitato 1225 volte)
Sergio Bontempelli - 6 gennaio 2014
su
Corriere delle migrazioni Si ringrazia l'amico Arcomanno Paone per la segnalazione
Shutka è il nome di una delle dieci municipalità di Skopje, capitale della
Macedonia. Ha poco più di quindicimila anime, e una caratteristica unica al
mondo: i suoi abitanti sono in grandissima maggioranza rom (il 76,7% secondo il
censimento del 2002). E in effetti a Shutka (nota anche col nome di Shuto
Orizari) la lingua maggioritaria - riconosciuta come idioma delle comunicazioni
ufficiali - è il romanì. Un caso davvero unico, raccontato un anno fa in un
notevole reportage di Andrea Mochi Sismondi.
Molti abitanti di Shutka sono emigrati all'estero. Intere famiglie, soprattutto
negli anni ‘90, si sono trasferite in Italia: oggi abitano nei "campi nomadi"
che punteggiano le città piccole e grandi del Belpaese, o vivono in alloggi
propri. Altri gruppi sono andati a lavorare in Germania e in Francia: come
sempre accade nelle storie degli emigranti, qualcuno ha fatto fortuna, qualcuno
è riuscito a fare una vita dignitosa, qualcuno è finito nei circuiti
dell'emarginazione abitativa e sociale.
E proprio da Shutka viene Andrijano Dzeladin, 33 anni, tredici dei quali
trascorsi a Parigi da emigrato. Per mantenersi ha fatto di tutto: è stato
venditore di tappeti, cameriere, poi ha lavorato in un albergo, come
coordinatore del personale di servizio. Tanto per smentire lo stereotipo del rom
eterno abitatore di campi e baraccopoli, Dzeladin ha sempre vissuto in case
"vere", in muratura.
Negli anni è riuscito a mettere da parte un po' di risparmi, che poi ha deciso
di investire in un'impresa originale: un'emittente televisiva "rom al 100%", che
trasmette in Francia usando la lingua romanì. L'iniziativa, nata nel 2010, ha
avuto proprio in questi giorni l'onore di finire su
un blog di
Le Monde.
"Il debutto della "sua" televisione" - si legge nel sito del prestigioso
quotidiano transalpino, "risale al 2010, al giorno in cui ha assistito allo
smantellamento di un campo rom proprio sotto le sue finestre. Dzeladin abitava
già nella regione di Parigi e il caso ha voluto che lui, Rom di Macedonia, si
trovasse vicino alla povertà da cui era fuggito dieci anni prima. A farlo
reagire non è stato lo sgombero in sé, ma il modo in cui questo venne raccontato
dai media: "Ancora una volta, veniva proposto un ritratto molto semplicistico
dei rom", lamenta. Dzeladin era già da tempo impegnato nella difesa della sua
comunità. Ma quella volta decise di investire tutti i suoi risparmi nel lancio
della Tv".
L'emittente si chiama Shutka City Tv, e prende il nome dalla città natale di Dzeladin. Trasmette programmi culturali, culinari e musicali, e ha un proprio
sito internet con 120.000 accessi giornalieri: il tutto, rigorosamente in lingua
romanì. Il programma di punta è un talk show quotidiano, dove lo stesso Andrijano Dzeladin riceve le chiamate degli spettatori e dialoga con loro degli
argomenti più disparati.
La gestione dell'emittente è molto artigianale, e ha una dimensione quasi
familiare. Dzeladin fa un po' di tutto: si occupa della regia, cura
l'amministrazione, risponde al telefono e fa il presentatore. Gli altri
protagonisti di questa esperienza provengono dalla sua cerchia ristretta: Le rêve des enfants (Il sogno dei bambini), una trasmissione dedicata ai giovani, è
condotta dal figlio quattordicenne, mentre lo zio cura un programma sulla
cultura rom, Traditions chez les Roms.
L'obiettivo dell'intraprendente Dzeladin è quello di proporre un'altra immagine
dei rom. Per i francesi - come per gli italiani - gli "zingari" sono un popolo
confinato nei campi e nelle baraccopoli, dedito esclusivamente al furto,
all'accattonaggio e alla "microcriminalità". E invece, spiega lo stesso Dzeladin
al blog di Le Monde, "c'è una maggioranza di rom che rimane invisibile, e che
spesso deve nascondere le sue origini per non essere vittima di
stigmatizzazione". Molti tra coloro che telefonano alla sua trasmissione, ad
esempio, sono medici, avvocati, insegnanti rom.
Shutka City Tv vuole dar voce al mondo rom, proponendo ai francesi un'immagine
diversa del proprio popolo, lontana dagli stereotipi e dai pregiudizi.
L'obiettivo è quello di ritrovare "l'orgoglio di essere rom", e di risvegliarlo
non solo nelle comunità emigrate in Francia, ma - possibilmente - anche nei 15
milioni di persone che compongono questa minoranza in Europa.
da scaricare per i lettori di Mahalla, un articolo del 2003 dalla
rivista Millecanali
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