Di Fabrizio (del 01/04/2006 @ 22:13:32 in blog, visitato 2284 volte)
Questa settimana sono passato dalla versione DBlog 2.0 provvisoria a quella definitiva.
Non so cosa sia successo, ma non funzionano più i commenti. O meglio, qualsiasi cosa scriviate, apparirà solo il vostro nick e l'orario del commento, ma il testo però sarà VUOTO.
Non ho ancora capito da cosa dipenda... nel frattempo se avete dei commenti da lasciare, scrivetemeli in email, indicando anche il post a cui si riferisce e se lo volete rendere pubblico agli altri lettori, così lo aggiungerò in fondo al post (o in ogni caso, lo leggerò).
Come si dice: mi scuso per il disagio, le trasmissioni riprenderanno regolarmente appena possibile.
DISCLAIMER: quanto segue non è un pesce d'aprile
Qualche progresso nella campagna elettorale che sto seguendo assieme alle famiglie del campo comunale di via Idro 62. Abbiamo il candidato nelle liste del Consiglio di Zona, si presenta con i DS. Forse non è il partito che sarebbe piaciuto a tutti, ma da qualche parte si doveva cadere.
Invece il programma è stato presentato a tutte le associazioni di zona e ai partiti dell'Unione, presente il candidato sindaco. Scrivevo le volte scorse: un programma OPEN SOURCE pensato per le esigenze di tutti, non solo dei Rom perché,come si dice al campo: "Siamo stufi di chiedere la carità, e tutti devono avere la possibilità di star meglio, se c'è un interesse comune."
Una cosa difficile era individuare un rappresentante del campo che potesse rappresentare tutte le famiglie. Alla fine si è imposto un compromesso: un "ORIUNDO" che però conosce e frequenta le famiglie da oltre 16 anni, e che conosce bene anche la realtà politica-associativa della zona. Inoltre... è uno storico redattore della Mahalla. Per lui vale lo stesso discorso della lista: bisogna sapersi accontentare.
Per il momento, il campo è unito sul programma, e stanno succedendo altre strane cose... per la prima volta si è fatto vivo un rappresentante di AN a parlare con le famiglie e guardare con i propri occhi le condizioni di vita.
Che altro? Ci sono momenti belli: come quando quelli che sono senza certificato elettorale vanno per la prima volta a richiederlo all'anagrafe. Altri meno belli: come quando agli appuntamenti con le liste e le associazioni, mi ritrovo costantemente da solo, perché dal campo se ne sono dimenticati...
Ormai, siamo in ballo, tutti alla loro maniera. E già si presentano i prossimi scogli: discuterne a livello provinciale e riuscire a promuovere un tavolo di discussione
tra i sindaci dei comuni coinvolti;
e un altro tra i gruppi rom e sinti che vivono nell'area;
nonostante le apparenze, sono entrambe difficili alla stessa maniera: a parole si dovrebbe collaborare, ma nel pratico mettersi assieme a discutere tra chi ha la stessa fascia tricolore o tra chi vive le medesime difficoltà, è possibile solo superando le piccole gelosie, i particolarismi, le paure e le pigrizie. Se sindaci e rom sapessero di essere così simili e prevedibili!
Il vostro redattore/candidato/traduttore vi saluta e si scusa se in questi periodi ha troppe cose da fare e seguire
PS: se qualcuno ha bisogno, da due giorni ho una quindicina di GMAIL a disposizione
al voto I fantasmi di Opera nell'urna di aprile
Se la «sicurezza non è di destra e non è di sinistra», come sostiene il Pd, chi
voteranno i cittadini di Opera? Un significativo test elettorale nell'hinterland
di Milano, dove un gruppo di razzisti «bipartisan» incendiò un campo rom Il
leghista che organizzò il piccolo pogrom oggi è candidato per il Pdl. «Quei
fatti hanno lasciato un segno profondo e rafforzato l'estrema destra, ma il
centrosinistra ce la farà», dice Riccardo Borghi (Pd)
Luca Fazio
Milano
Quanto paga, in percentuali di voto, impostare una campagna elettorale soffiando
sul fuoco della paura o «insicurezza percepita», bizantinismo politicamente
corretto che serve a giustificare politiche repressiva, derive razziste
comprese? In questa noiosa campagna elettorale versione light (appesantita solo
dalle solite gag di Berlusconi), meglio chiederselo per tempo, prima che lo
scandaloso discorso sulla «castrazione chimica» di Veltroni trovi pane per i
suoi denti, magari «un orribile fatto di cronaca», prima del prossimo
spettacolare delitto commesso da un «extacomunitario», un rumeno sarebbe
perfetto, prima ancora che prenda fuoco il prossimo campo di zingari (le
bottiglie incendiarie sono all'ordine del giorno).
Il laboratorio di Opera A bocce ferme, Opera, 14 mila abitanti a sud di Milano, è un laboratorio
perfetto per scoprire se è vero che per riconquistare «il nostro popolo» sia
necessario ripetere come un mantra «la sicurezza non è di destra né di
sinistra», maniera elegante per dire che anche un elettore del Prc, a denti
stretti, ormai ammette che il problema esiste, che zingari e rumeni proprio non
li sopportiamo; uno del Pd, se dovesse servire, avrebbe meno problemi a metterlo
nero su bianco tra le righe della legge Bossi-Fini, che non a caso non è mai
stata messa in discussione dal governo Prodi.
A Opera, il 13 aprile, si vota per le amministrative. E' passato del tempo da
quando alcuni cittadini, istigati del leghista Ettore Fusco, appiccarono il
fuoco a un campo rom della protezione civile destinato a trenta famiglie, con
molti bambini iscritti a scuola. Nemmeno troppo, però. Tutti hanno ancora
impresso nella memoria quella sera del 21 dicembre 2006, e il piccolo pogrom
casereccio che ha segnato una svolta imbarazzante per la politica sicuritaria
che guarda a sinistra. Quel presidio illegale e minaccioso è durato un mese, e
anche i piccoli rom sono stati minacciati e presi a sputi; è stato organizzato
da esponenti della destra locale ma è stato sopportato, e supportato, anche da
cittadini che avevano votato per il centrosinistra. E adesso? Gli operesi
dovranno scegliere se confermare quella giunta di centrosinistra che aveva
accettato il campo, oppure premiare la battaglia razzista del candidato sindaco
scelto dal centrodestra. Chi è? Proprio lui, Ettore Fusco, il leghista che è
appena stato assolto dall'accusa di istigazione a delinquere per aver
organizzato la spedizione contro gli zingari (otto operesi sono ancora sotto
processo per quel raid tollerato da politici e istituzioni). Il suo vice,
Alberto Pozzoli, 27 anni, proviene invece da Azione giovani e fa politica nella
curva dell'Inter, suo lo striscione che sventolava sulle gradinate dello stadio
lo scorso inverno, «Opera non mollare».
Centrosinistra sotto shock
«Loro stanno facendo la campagna elettorale all'insegna del terrore e dell'odio
ma noi vinceremo sicuramente le elezioni», giura il sindaco uscente Alessandro
Ramazzotti, ex diessino convertito al Pd che a suo tempo fu schiacciato, e
scioccato, dall'incapacità della politica e delle istituzioni di sopportare la
spallata xenofoba del centrodestra. Una candidatura scandalosa? Ramazzotti non è
stupito, «le idee di Ettore Fusco sono coerenti con quelle del centrodestra,
candidarlo a Opera ci sta, non mi scandalizzerei, e poi è stato assolto...».
L'ottimismo del sindaco uscente poggia su un dato incontrovertibile: nella sua
cittadina il centrosinistra perde le elezioni nazionali ma ribalta
clamorosamente il risultato nelle amministrative: 62% dei voti nel 2003 (dal
1945, fatta eccezione per una breve parentesi forzitaliota - 1995/1998 - è
sempre andata così). La sua analisi è un condensato del Pd pensiero, che sia
efficace è ancora tutto da dimostrare: i nostri cittadini sono preoccupati
perché vivono peggio di prima e «la loro diffidenza è comprensibile», nello
stesso tempo dobbiamo riconoscere che «i rom non sono solo dei perseguitati
poiché svolgono anche attività irregolari», quindi «dobbiamo attivare percorsi
di inserimento». Quali, è il problema, e non solo a Opera. Comunque, «il
centrosinistra, qui, prima ha subìto un contraccolpo, poi ha lavorato bene, sono
sicuro che i nostri cittadini non siano stati tutti annebbiati da quella
vicenda».
La radicalizzazione della destra
Il punto però non è la disperante pochezza del candidato Fusco (di memorabile,
dopo l'assalto, va registrato solo un simpatico corso di autodifesa in una
palestra frequentata da quindici persone), ma «quell'esplosione di razzismo che
ha causato una forte radicalizzazione della destra sul territorio e che
sottotraccia potrebbe aver intercettato la sensibilità del nostro popolo, che
rischiamo di non saper più gestire». Ecco la preoccupazione di Matteo Armelloni,
assessore alle politiche sociali del Prc. Spesso, anche tra i «suoi», gli viene
mossa questa obiezione: «Voi siete bravi, però quella roba degli zingari non
dovevate farcela». Non per dire che gli operesi siano tutti razzisti, o
annebbiati, ma si capisce che quell'assalto al campo riguarda la sinistra, o
centrosinistra, eccome. C'è stata forse una sincera riflessione sul fatto che la
prima imbarazzante protesta spontanea sia stata organizzata dai Verdi locali
(quattro presidianti e il cartello «dopo la discarica ci mandate i rom»)? No. E
vorrà pur dire qualcosa se l'assessore Armelloni, dopo i fatti di dicembre, è
stato costretto ad accettare per quattro mesi la scorta della polizia, solo
perché oltre che «amico degli zingari» è anche marito di una donna straniera.
Sinistra e Pd alla prova del voto
Se questo è stato il clima che si è respirato, «oggi non si può più vivere di
rendita rispetto al 62% del 2003». Esordisce così, con molta prudenza, Riccardo
Borghi, il candidato sindaco alle amministrative per il Pd (qui è saldamente
alleato con la Sinistra Arcobaleno). «Quei fatti - spiega - non sono stati
irrilevanti e hanno lasciato un segno, hanno vivificato delle forze che a Opera
non hanno mai avuto dignità di soggetto politico. Sono emerse formazioni
giovanili di destra che si sono compattate, per noi è una situazione inedita.
Sicuramente tutto ciò avrà un ricasco elettorale». La vicenda dei rom, prosegue,
ha fatto nascere stati d'animo di disaffezione alla politica: «Fate tanto per i
rom e non fate niente per la nostra gente», questo dicono, ecco un'altra
obiezione che mette il centrosinistra con le spalle al muro. «Un tema delicato
come quello dell'accoglienza non si può affrontare senza considerare il
malessere del ceto medio che si è impoverito, sono persone che prima stavano
meglio e ora vivono la sindrome dell'abbandono, in parrocchia ci sono riunioni
dove le giovani coppie si lamentano perché non riescono a pagare l'affitto, e
questo disagio che definirei di tipo esistenziale aspettava solo l'occasione di
poter esplodere». Borghi individua dei colpevoli, «Provincia e Prefettura hanno
giocato in modo maldestro», ma non si tira indietro nell'ammettere qualche
responsabilità: «Noi abbiamo clamorosamente sbagliato quando abbiamo accettato
quel campo lasciando poi la gestione della comunicazione a quella piazza
arrabbiata, in quel modo ci siamo intrappolati da soli». La poltrona di sindaco
è a rischio? «Attorno a quel presidio si poteva creare un'aggregazione forte, ma
credo che non sia andata così. Abbiamo scelto di non avvitarci in
contrapposizioni che avrebbero potuto spaccare il paese, e constato con
soddisfazione che tutti i tentativi di far rivivere quel clima sono falliti
miseramente. Sono ottimista perché credo che l'opinione degli operesi moderati
non possa riconoscersi nel candidato di centrodestra, certo che l'abbinamento
con le politiche, in un momento come questo, non ci favorisce di sicuro».
Non c'era posto per loro
Conosce gli operesi don Renato Rebuzzini, modi spicci e nomea da «prete
comunista», come sempre accade quando gli uomini di chiesa si mettono al
servizio degli ultimi. A Opera ha detto messa per 14 anni, adesso è incaricato
nella parrocchia di Paderno Dugnano. La vigilia di natale 2006, scandalizzando,
accolse i parrocchiani parafrasando il Vangelo di Luca: Maria e Giuseppe, e il
figlio appena dato alla luce costretto in una mangiatoia, «perché non c'era
posto per loro nell'albergo». Don Renato con questo passo - «non c'è posto per
loro» - chiudeva alcune riflessioni che aveva fotocopiato per i suoi fedeli.
Scriveva: «Vedevo donne e uomini, giovani e anziani, anche bambini, tutti
assatanati, privi di ogni intelletto e di ogni sentimento vagamente umano».
Parole che non sono state apprezzate. Secondo don Renato il rischio di un grosso
spostamento elettorale esiste, eccome. «La spudoratezza di candidare un
personaggio come Ettore Fusco è inquietante, significa che hanno la percezione
di aver toccato delle corde che vibrano moltissimo. E' accaduto anche a persone
che avevano ruoli di responsabilità nella mia parrocchia, mai me lo sarei
aspettato, tutti accalappiati emotivamente da quella gazzarra, dicevano che non
bisognava bruciare le tende, però, però...». Però.
Di Fabrizio (del 21/03/2006 @ 11:48:25 in casa, visitato 3091 volte)
Mangiatoia anche al campo di via Triboniano?
Ci sono lavori in corso, ne parlava un recente comunicato di Aven Amentza: ... si è cominciato dai Rom bosniaci, una famiglia allargata di 50 persone. Essi hanno assistito, dal fango del prato, in cui hanno trascorso questi mesi di pioggia e gelo, alle varie fasi dei lavori e, con grande sconcerto, a quella che ha portato all’installazione dei containers...
Il recente incendio ha provocato nel settore dei Rom rumeni un gran rimescolamento, se il campo era prima un labirinto inestricabile, ora la situazione è persino peggiorata: come ricordava una recente denuncia: Non corrisponde al vero anzi, è una palese e sfacciata menzogna, che vi fosse la possibilità di accogliere quanti si fossero rivolti per chiedere un riparo. [...] Solo 7 o 8 persone, compresi alcuni bambini, hanno potuto occupare un letto in camerata. Nel settore dei Khorakhané (Bosniaci) quanto scritto un mese fa è praticamente uguale. Davanti a un camper, fa bella mostra uno scaramantico estintore. Il ragazzo che voleva fare il cuoco, ha cambiato idea e pensa ad un futuro da elettrauto. Nonostante i rivolgimenti, lo sportello sindacale continua sotto i miei occhi.
Sono gli stessi Rom, con i volontari di Aven Amenza, che mi accompagnano nel cantiere dove si sta costruendo il loro nuovo campo. Subito prima dell'ingresso, due segnali forti e di segno opposto:
tre famiglie si sono accampate accanto al muro di cinta esterno. Le loro roulottes sono bruciate nell'incendio dell'otto marzo e da allora vivono in tenda. Avevano perso tutto e un negoziante lì vicino ha dato loro tre tende nuove, per 18 euro. Non so se questo negoziante posso chiamarlo benefattore, o soltanto una persona onesta.
questo cartello fa bella mostra di sé:
Comune di Milano Lavori di messa in sicurezza e adeguamento igienico sanitario campo nomadi - 2° intervento - campo nomadi di via Triboniano
Importo progetto
Euro
1.000.000,00
Importo base d'asta
Euro
749.662,51
Oneri per la sicurezza
Euro
42.237,83
Importo del contratto
Euro
611.349,78
Inizio lavori
29/08/05
Fine lavori
28/08/06
Sospensione lavori
dal 30 /08/05 al 14/09/06
Gara in data 15/04/05
Euro 611.349,78. Gara al ribasso del 18,45%
Preciso di non avere competenze in materia, ma che mi sfugge la logica di come sono stati spesi un miliardo e due del vecchio cono.
I 50 Khorakhané sono accampati da questo inverno in una spianata, attrezzata di 6 bagni chimici (tutti funzionanti per fortuna). Al cantiere lavorano 5 operai. Il nuovo campo è un rettangolo di circa 20/25 metri per lato, con una gettata di cemento e una rotonda. Al centro è stata ricavata una strada vagamente circolare, con in mezzo una fontanella comune. Nella rotonda forse potrebbe manovrare un Ape piaggio, non di più.
Il resto dello spazio è occupato dal blocco dei bagni e da 6 container, staccati di un paio di metri (e anche meno) l'uno dall'altro. Se per caso dovesse scoppiare un incendio, diventerebbero una trappola micidiale.
I 6 container. ...mentre la gru li sollevava per collocarli sul terreno, hanno potuto constatare che essi erano ampiamente danneggiati nella parte sottostante. Alcuni lo sono anche nell’interno e nel soffitto. Insomma, ci piove. Uno dovrà essere sostituito, perché i suoi allacciamenti non corrispondono a quelli che l’impresa ha realizzato nel terreno. (op. cit.)
Controllo le targhette su ogni container: provenienza Commissariato del Friuli, costruiti nel 1992, ultima revisione nel 1993.
OK, ho fatto una rapida ricerca. Container simili, ma nuovi li vendono proprio in via Triboniano (hanno persino un sito web, cercatelo con google) i costi variano tra 1.400 e 5.800 euro l'uno a seconda del modello. Rimane da capire dove siano spariti gli altri soldi da quest'estate: tra bagni chimici, una passata di ruspa e una gettata di cemento.
Di Fabrizio (del 15/05/2006 @ 11:10:22 in Italia, visitato 2337 volte)
Ancora vandali alla stazione Tiburtina - così inizia un articolo di
sabato del
TEMPO:
di FEDERICO LO GIUDICE STAZIONE Tiburtina eterna prigioniera del degrado.
Sporcizia, microcriminalità, baraccopoli di zingari e bivacco per drogati e
ubriachi...
l'articolo non cita più gli zingari, ma se ne ricorda all'ultimo:
...Se fino a qualche settimana fa, proseguono i due esponenti di destra, i
cittadini potevano credere alle "giustificazioni" del primo cittadino, oggi
possiamo pubblicamente dire che lo scorso 8 marzo con la decisione n. 54 la
giunta comunale ha stanziato ben 3.700.000,00 euro per la manutenzione ordinaria
e per la gestione dei campi nomadi. A questo punto possiamo constatare-
concludono Del Prete e Malcotti- che i finanziamenti per la sicurezza dei
cittadini romani non ci sono, mentre esistono per i nomadi».
Credo che sia la solita zuppa elettorale in cui il giornale romano si ficca
volentieri. E a proposito di elezioni, stanziamenti e vandalismi,
rileggetevi
LA MANGIATOIA (chiedendovi di chi è la colpa)
Di Fabrizio (del 16/03/2006 @ 10:40:49 in Italia, visitato 4103 volte)
“Informatevi su quanti soldi effettivamente hanno visto i
Rom, su quanto costa una fontanella o l'allaccio dell'acqua. ...”
era uno dei punti che suggerivo in Come
sopravvivere alle elezioni (e a ciò che segue).
A questo, si aggiunge l'intervento del
Comune: oltre 100mila euro investiti in «lavori straordinari
per la messa in sicurezza dell'area». In assoluto, i primi in
un campo nomadi. «Alla fine - spiegano gli ingegneri che
lavorano al progetto - l'anello di 253 metri di diametro che
comprende il campo sarà organizzato come una specie di
campeggio». Quindi, nuovo manto stradale, pozzi neri, bagni,
allacciamenti al sistema idrico e a quello elettrico, impianto
anti-incendio, strutture a «piazzola». Nuovi servizi,
nuove spese che gli abitanti del campo si dicono «pronti ad
affrontare». E dopo via Idro, gli interventi arriveranno in via
Negrotto e via Novara. In totale, 600mila euro stanziati dal
Comune...
Qui il fango era un ricordo, perché
i vialetti interni erano asfaltati da anni. Da un paio di mesi sono
in corso i lavori di ripavimentazione. Il campo è un cantiere
unico, ma tra gli operai che lavorano non conosco nessuno, sono di
un'impresa esterna. Gli uomini del campo sono seduti a fumare e a
lamentarsi, i più giovani invece fanno a gara con gli operai:
il tempo è ancora incerto e stanno riparando i tetti delle
loro baracche. Le baracche sono abusive, ma nessuno dice niente,
d'altronde qui c'è chi ci abita da 16 anni - e non conosco
nessuno che a Milano vivrebbe tutto questo tempo in una roulotte.
Vediamo cosa è successo l'anno scorso: il Comune di
Milano aveva indetto una gara d'appalto (al ribasso) vinta da una
cooperativa di Messina, che la primavera scorsa iniziò i
lavori. Al campo di via Idro ricordano che gli operai lavoravano due
settimane, lasciavano le buche aperte e dopo altre due settimane si
presentava una nuova squadra. Storie normali di subappalto,
la vicina fermata della metropolitana di Cascina Gobba è
proprio una delle piazze milanesi del caporalato edilizio.
Succedono così storie assurde: mentre i Rom disoccupati del
campo di via Idro guardano gli operai svolgere i lavori che lì
tutti sanno fare, si scopre che in una squadra lavorano in nero altri
Rom che vivono dalle parti del Cimitero Maggiore. Allora la
cooperativa di Messina (o uno dei subappaltatori), assume anche due
ragazzi che abitano al campo di via Idro; ma non durano: coi
capisquadra si litiga di continuo, gli stipendi non si vedono... i
due non ci stanno a lavorare gratis a casa propria e pure a
maleparole. Si licenziano giusto in tempo per evitare l'ultima
beffa. Il Comune a fine anno toglie l'appalto ai messinesi per
inadempienza contrattuale e quella cooperativa sparisce, assieme agli
stipendi degli operai.
Oggi, come si presenta il campo di via Idro?
Case abusive ma dignitose, a
perenne rischio di sgombero che il comune comunque non ha fretta
di effettuare;
il manto stradale, a neanche un
anno dal rifacimento, è un enorme gruviera;
le colonnine dell'acqua sono
attaccate a quelle della corrente, così ci sono cortocircuiti
a ripetizione (quando va bene, sperando che qualcuno non si
becchi una scossa a 380);
un pomposo centro polifunzionale
aperto a tutti ed inagibile, perché manca la corrente
elettrica;
sono state costruite le bocchette antincendio, ma alcune non
sono collegate all'acqua.
Quello che è ancora più grave: è
dall'estate scorsa che i bagni non ci sono più, per i lavori
in corso. Ogni piazzola ha il suo bravo bagno esterno, ma solo due
funzionano per circa 130 persone... e naturalmente sono sempre
intasati. Gli altri, sono chiusi a chiave (le cui copie sono in
Comune), oppure sono manufatti di cemento VUOTI. Dappertutto,
montagne di materiale edile, pagato dal comune ed abbandonato, che
prima o poi qualcuno userà per fatti propri.
Settimana scorsa, sono arrivati nuovi operai, a pulire un'area ai
margini esterni del campo. La ragione non si sa, ma in questa
situazione anche una cosa tanto normale è stato motivo di
allarme.
Di Fabrizio (del 27/03/2006 @ 10:39:09 in Italia, visitato 2337 volte)
... E dopo via Idro, gli interventi arriveranno in via Negrotto e via Novara. In totale, 600mila euro stanziati dal Comune... (Il giornale a giugno 2005 op. cit.)
Da una settimana sto cercando di capire che fine abbiano fatto quegli euro. Niente: in via Negrotto e via Novara non si è mosso niente... e se la situazione non fosse "tragica ma non seria", verrebbe da dire che son stati fortunati!
Alcune domande: Se 600mila euro sarebbero dovuti servire per intervenire in tre campi, in via Triboniano la stessa somma viene spesa per la messa in sicurezza di un campo solo. Un vero e proprio buco nero. La scorsa puntata, descriveva la cementificazione di un'area grande quanto una singola piazzola, dove sarebbero state ammucchiate (in quale sicurezza?) circa 80 persone in container revisionati oltre 10 anni fa.
Ad inizio mese, l'incendio che ha tolto tutto e messo per strada 200/300 persone. Qualcuno dev'essersi pur chiesto "Messa in sicurezza? Vediamo se avanza qualche spicciolo!" Morale: è tornata la ruspa e praticamente ha spianato lo spazio di un campo di calcio, proprio accanto a dove ora sono accampati i superstiti. E dove potranno essere accolti solo quanti risiedono lì da almeno 4 anni.
PS: In questi stessi momenti sta avvenendo l'ennesimo trasloco al campo Triboniano-Barzaghi. Sto provando a raccogliere testimonianze in loco. Ci aggiorniamo.
Di Fabrizio (del 06/07/2006 @ 09:58:39 in Italia, visitato 1901 volte)
Vi sarete accorti, che di solito si parla di Rom e Sinti "reali" (intendo, delle loro esigenze di persone fisiche) quando succede qualche tragedia, o quando la loro presenza diventa numericamente problematica. A parte, avevo fatto una breve ricerca sui costi di questa politica emergenziale. Interessante, come il campo sosta che nel tempo si è mangiato più soldi di tutti, sia anche quello più invivibile e "problematico", e che dal punto di vista "progettuale" il comune ha gravi responsabilità.
Nel campo Barzaghi-Triboniano (Milano), dopo l'incendio dell'8 marzo scorso, sono ripresi i lavori di ristrutturazione. Cos'è cambiato in 4 mesi?
Per telefono, Ernesto Rossi di Aven Amentza, calcola che i lavori nel cantiere proseguono e probabilmente termineranno entro la data prevista. I problemi più grossi riguardano il "campo di calcio" dove sono tuttora sistemati gli assegnatari. Il loro numero si aggira tra i 400 ufficiali e (forse) 600. Il terreno dove sono attualmente (lo spazio è stato ottenuto con materiale di risulta), spazia dalle nuvole di terra che si sollevano, all'acquitrino quando piove. In particolare, dove c'è l'unica fontanella si è formato un pittoresco laghetto di vari colori.
Attualmente ci sono 10 bagni chimici, non sempre sono svuotati per tempo. Non si sa quanti siano funzionanti. Alcune famiglie, hanno di fatto preso possesso di un bagno, usandolo esclusivamente per loro.
Altra emergenza, è la pulizia dei cassonetti, che non viene svolta regolarmente, cosa che soprattutto col caldo crea un'emergenza ambientale nel campo, ma anche nel quartiere intorno. Da parte loro, i Rom si sono accampati anche fuori dai confini loro assegnati e in mancanza di bagni e cassonetti funzionanti, usano il terreno intorno per i loro bisogni. Con la bella stagione, la situazione igienico/sanitaria è a rischio estremo, tanto per il campo che per l'area attorno. Così com'è stato uno, due anni fa. E' incredibile come il tempo vola senza che nulla cambi
Di Fabrizio (del 08/09/2006 @ 09:58:15 in Italia, visitato 1765 volte)
Ci sono alcune cose noiose e difficili, ma indispensabili per capire come può evolvere una piccola o grande comunità. Una di queste, è fare le pulci agli investimenti comunali per i campi sosta, quello che chiamo la mangiatoia dove finiscono i nostri soldi. A volte si scoprono cose curiose... l'importante è non dimenticare.
A Milano il campo di via Triboniano-Barzaghi è quello che ha mangiato più soldi, rimanendo sempre quello più disagiato. Dopo l'incendio dell'8 marzo i lavori di ristrutturazione ripartirono con vigore. Il termine era fissato per il 28 agosto. Il 27 marzo il gruppo dei Rom rumeni viene spostato per dar luogo alla bonifica dell'area:
Uno spazio sterrato (grossomodo, metà campo di calcio) assolutamente spoglio di servizi e strutture, viene man mano riempito con le roulottes di tutti i residenti, anche chi è arrivato da meno di 4 anni. La polizia comunale sta mediando con le famiglie, i problemi più grossi al momento sono il trasporto delle roulotte + vecchie (alcune sono senza ruote, altre senza gancio, altre ancora rischiano di disfarsi per strada) e la sistemazione dei nuclei familiari, per evitare che sorgano conflitti tra loro. La Protezione Civile vorrebbe terminare il lavoro entro stasera, ma non credo che si a possibile. Inoltre, l'area sterrata non è in grado di accogliere tutte le roulottes e penso che dovrà essere predisposto uno spazio ulteriore. Su come e se verrà attrezzata quest'area provvisoria, bisognerà controllare in seguito.
I problemi più grossi riguardano il "campo di calcio" dove sono tuttora sistemati gli assegnatari. Il loro numero si aggira tra i 400 ufficiali e (forse) 600. Il terreno dove sono attualmente (lo spazio è stato ottenuto con materiale di risulta), spazia dalle nuvole di terra che si sollevano, all'acquitrino quando piove. In particolare, dove c'è l'unica fontanella si è formato un pittoresco laghetto di vari colori. Attualmente ci sono 10 bagni chimici, non sempre sono svuotati per tempo. Non si sa quanti siano funzionanti. Alcune famiglie, hanno di fatto preso possesso di un bagno, usandolo esclusivamente per loro. Altra emergenza, è la pulizia dei cassonetti, che non viene svolta regolarmente, cosa che soprattutto col caldo crea un'emergenza ambientale nel campo, ma anche nel quartiere intorno. Da parte loro, i Rom si sono accampati anche fuori dai confini loro assegnati e in mancanza di bagni e cassonetti funzionanti, usano il terreno intorno per i loro bisogni. Con la bella stagione, la situazione igienico/sanitaria è a rischio estremo, tanto per il campo che per l'area attorno. Così com'è stato uno, due anni fa. E' incredibile come il tempo vola senza che nulla cambi
La situazione sanitaria non è variata per tutta l'estate. Oggi, inizio settembre, i lavori non sono terminati, è stata asfaltata metà della zona dei lavori e sono state predisposte le piazzole. In quest'area sono state anche piazzate le traversine per i container, che non si sono ancora visti; la speranza è che non siano altri residuati di qualche terremoto di 15 anni fa. Sono stati anche predisposti, anche in un'area ancora brulla, i pozzetti di scarico. Un vecchio container è stato adibito a spazio sanitario o di pronto soccorso; manca l'allacciamento elettrico, ma in compenso c'è una pediatra in pensione che praticamente è la responsabile, coadiuvata da una collega.
C'è una flebile speranza che i lavori possano terminare ad ottobre. Anche se in ritardo sui tempi previsti, questo mese è cruciale. Ad ottobre le piogge potrebbero rendere tutta l'area dove i Rom sono accampati provvisoriamente da quasi 6 mesi un grosso acquitrino.
Grazie ad Ernesto Rossi di Aven Amentza per la collaborazione
PS: dall'altro capo della città, al campo di via Idro, martedì sera un incendio è costato la vita a due cavalli. Ferito anche il loro proprietario (per fortuna in maniera lieve). Un anno fa vennero costruite dal Comune le bocchette antincendio, che non sono mai state collegate all'impianto idrico.
Di Fabrizio (del 23/06/2009 @ 09:43:08 in Europa, visitato 1594 volte)
Da
Roma_Francais (dove si prova ancora a discutere, anche se ancora i Rom non
sono coinvolti. Mi rimane il dubbio che alla fine siano le associazioni a
partecipare alla solita
mangiatoia)
par YOUENN MARTIN
VILLENEUVE D ASCQL'installazione provvisoria dei Rom a lato della
Rue Verte e del cammino dei Vieux-Arbres non è senza conseguenza sull'ambiente
della zona. Una riunione pubblica è stata organizzata venerdì sera.
È come un gruppo di auto-aiuto. Sono un po' più di una decina su delle sedie
disposte in cerchio e ciascuno si presenta a turno svuotando il sacco. Ed al
finale, quest'abitante riassume bene il sentimento maggioritario: "Non
arrivo a prendere una posizione." Gli abitanti dei cammini del cammino dei
Vieux-Arbres o del Verger sono divisi tra la compassione che ispirano loro le 25
famiglie rom installate in condizioni precarie sotto la loro finestra e il
sentimento egoista non di volerle più sopportare più a lungo. L'ambiente che si
deteriora, l'aggressività che si realizzerebbe da una parte e dall'altra.
"Bambini gettano pietre sulle donne mentre mendicano" testimonia un abitante.
Certamente, c'è anche quest'uomo che non è "venuto là a parlare delle
condizioni di vita dei Rom". "Le autorità si occupano di loro ma non ci si
occupano più di noi. Ciò che mi interessa, è il costo dei Rom sulla città." Ciò
significa che le spiegazioni di Gérard Minet, responsabile dipartimentale della
Lega dei Diritti dell'Uomo, sull'erranza dei Rom "perseguiti da milizie dell'ex
Iugoslavia" quindi cacciati dalla Romania dopo la caduta di Ceausescu, è il meno
delle sloro preoccupazioni. Finirà per partire, esausto.
Gli altri restano, sempre più perplessi. “I Rom andranno sempre ad
installarsi nelle zone popolari perché sanno che là che troveranno solidarietà"
riassume Gérard Minet. Ma la solidarietà ha i suoi limiti. In circuito ritornano
le stesse domande: chi è responsabile? Cosa fanno il sindaco, la comunità
urbana, lo Stato, l'Europa?
Nessuna soluzione miracolosa
Malik Ifri eletto municipale e comunitario, finisce per intervenire ed espone
nei dettagli la soluzione immaginata a livello metropolitano: i villaggi
dell'inserimento (vedi
QUI ndr). L'idea: da 500 a 1.000 m ², si installano tre o quattro case
mobili per fare vivere, in modo "transitorio" alcune famiglie accompagnate dalle
associazioni. Se gli 85 comuni della Lilla metropolitana accolgono ciascuna un
villaggio di'inserimento, si regola in parte il problema. "Con le case mobili,
si vede un ovvio cambiamento" testimonia Patrick Vigneau, dell'associazione
Aréas.
Salvo che tutti i sindaci non hanno così fretta di vedere questi Rom. Halluin,
Faches-Thumesnil e Lilla hanno già sistemato un terreno. Roubaix, Tourcoing e
Villeneuve d'Ascq fanno atto di candidatura. Sempre gli stessi.
Per quanto riguarda il cammino dei Vieux-Arbres, oltre a tutte queste
considerazioni, pare che ci sia urgenza. Secondo Nadine Lefebvre, consulente di
zona all'iniziativa della riunione, i caravan sono installati appena sopra uno
spazio cavo. “Come evitare un dramma presto? Crollerà." Tocca rivolgersi al
prefetto. Nadine Lefebvre gli aveva inviato un invito per venerdì sera.
Di Fabrizio (del 19/01/2012 @ 09:37:38 in Italia, visitato 1571 volte)
L'articolo che segue merita due parole di introduzione. Da almeno tre
mesi, la Gazzetta di Lucca denuncia lo scandalo degli sprechi di acqua
pubblica in un insediamento rom in città.
Durante tutto questo periodo, la testata sembra sia lo sola ad occuparsi
della vicenda, ritornandovi periodicamente con toni polemici sull'incapacità dei
politici, sui cittadini-contribuenti che pagano gli sprechi di tasca loro, sul fatto che il
giornale è l'unico a parlarne. Un mix di arroganza e vittimismo, in puro stile
italico, ma col merito indiscutibile di svolgere il ruolo di un giornale:
sollevare il problema ed insistere per la sua soluzione. Che poi la testata sia
di destra o sinistra (non
è difficile capirlo), non cambia il ruolo che gli compete.
I Rom, al
solito finiscono per essere il vaso di coccio della vicenda. Descritti (a volte
in maniera implicita, altre esplicitamente) come sporchi, ladri, inaffidabili...
insomma il solito campionario. Non mi risulta (ma potrei sbagliarmi) che in
tutto questo periodo la testata abbia intervistato uno di loro.
Ma in questo
caso, interviene la politica, per una volta intendendola nel senso esatto del
termine. Dopo che il giornale ha descritto puntualmente in questi mesi le varie
contrapposizioni e polemiche tra i soliti partiti, finalmente esce un pezzo più
sereno, quello che lo stesso giornale definisce un cambiamento
culturale.
Si tratta, in poche parole, del vecchio motto "ognuno faccia
la sua parte", quindi:
censisce i "bisogni necessari" e la possibilità degli
interessati nel contribuire alla spesa;
si individuano referenti di collegamento tra campo ed
amministrazione pubblica.
A questo punto cosa manca? Un ultimo passaggio, indispensabile:
sensibilizzare gli stessi abitanti del campo, e farli parte del
comitato di gestione. Non è che perché sono Rom smettono
di essere persone, con DIRITTI e DOVERI (anzi, soprattutto quando si parla di
diritti e doveri)!
mercoledì, 18 gennaio 2012, 00:26 -
di fabrizio vincenti
Forse qualcosa è davvero cambiato. Nella riunione di giunta di quest'oggi,
come anticipato dal nostro quotidiano, è stato infatti affrontato il tema delle
condizioni in cui versa il campo zingari di via delle Tagliate, che nelle scorse
settimane è finito al centro dell'attenzione prima per i consumi idrici, poi per
il generale stato di degrado e di insicurezza in cui versa.
La giunta ha infatti concordato di non procedere a spese di ripristino di quanto
devastato o malfunzionante (circa 78 mila in tempi stretti più altri 100 mila in
una seconda fase) sino a quando non sarà chiara la situazione del campo stesso.
Ovvero sarà definito un regolamento composto da diritti e doveri, sarà
individuato un gruppo di persone che fungano da collante con l'amministrazione
comunale anche sul tema dell'ordine all'interno del campo, saranno censiti i
bisogni di servizi primari (luce e acqua in primis) verificando la possibilità
che i singoli residenti delle piazzole possano o meno fare fronte alle spese con
i propri mezzi, saranno definite operazioni per contenere eventuali sprechi
nella fornitura dei servizi.
In pratica, dovrebbero essere messe in discussione pesantemente le linee che
hanno ispirato la politica nei confronti del campo, basata su un
assistenzialismo peloso e per niente rispettoso della dignità della persone e
dei soldi pubblici come testimoniano le cifre spese sinora e lo stato in cui
versa il campo. In verità, a quanto si apprende, qualche tentativo, soprattutto
da parte tecnica, di provare a procedere primariamente con le riparazioni
confidando di metter mano solo in un secondo momento a regolamenti e quant'altro
pare sia stato fatto. E del resto lo stesso direttore generale Volpi nei giorni
scorsi ha più volte cercato di ridurre la questione a una mera perdita di acqua
come se la situazione penosa del campo non esistesse, oppure esistesse talmente
da tanto tempo da fare ormai parte a pieno titolo della città.
Il tentativo, però, è andato a vuoto e la giunta ha chiesto precise garanzie ed
un percorso definito prima di far mettere mano, nuovamente, al portafoglio
comunale. Verrà costituito a breve un comitato che dovrà monitorare la
situazione, nel quale dovrebbero figurare sia politici che tecnici, e
individuata una o due persone che fungano da raccordo tra l'amministrazione e il
campo in primo luogo per la gestione ordinata dello stesso, una tema
colpevolmente abbandonato da anni. Il sindaco ha nella sostanza avallato la
linea di chi chiedeva un cambio di passo sulla questione zingari dopo anni e
anni di pietismo sterile. E se un passo anche culturale è stato indubbiamente
compiuto, la partita, però, non è conclusa: la giunta infatti non ha prodotto un
documento e dunque quanto dichiarato dovrà ora trovare riscontro negli atti e
nei comportamenti politici e amministrativi, sempre che qualcuno, dall'interno
nella macchina burocratica, non proceda in altra direzione. Non sarebbe la prima
volta.
Il 24 marzo (2008 ndr) il vicesindaco Decorato dichiara ai giornali
che il comune di Milano spende ogni anno 6milioni di euro solo per i campi
nomadi regolari; visto che sono 12 i campi in Milano siamo andati a vedere come
sono stati spesi nel campo di Via Bonfadini i circa 500.000 euro che dovrebbe
costare mantenere questo campo.
Degli altri campi milanesi, ne avevamo parlato in passato:
Di Fabrizio (del 13/07/2009 @ 09:13:32 in blog, visitato 1930 volte)
Chiarimento non richiesto: continuo ad avere poco tempo a
disposizione per il blog. In attesa di periodi migliori, è doveroso segnalare
questo dibattito promosso da Eugenio Viceconte su
NO(b)LOGO
La RAI, nelle pieghe di una emittenza sempre più asservita al potere, che
quando non incensa o disinforma tace, continua ad assicurare dei buoni prodotti
di giornalismo d'inchiesta.
Due documentari usciti in tempi diversi danno lo spunto per alcune riflessioni
sulla situazione Rom in particolare a Roma; sull'efficacia degli interventi
delle passate amministrazioni, su quello che sta facendo l'amministrazione
Alemanno, e su quali programmi ci sono nell'agenda della ora opposizione.
più recente da "RAI Educational un mondo a colori" "Campi
rom: chi ci guadagna?" trasmesso anche questo su RAI 3.
Ho approfittato di questo secondo documentario per organizzare su
Facebook una sorta di "tavola rotonda virtuale" tra addetti ai lavori,
alcuni dei quali anche intervistati da "un mondo a colori".
Vi riporto qui, grazie alla disponibilità degli amici, alcuni passi
interessanti della discussione.
Sulle mie perplessità su: - una versione un po' di parte dei fatti da parte del documentario, che a mio
avviso, giustamente mette in evidenza gli errori delle precedenti giunte di
sinistra ma non analizza quello che sta facendo la giunta Alemanno - e su alcuni passaggi della conduttrice con delle scivolate antigitane:
Giorgio De Acutis, della
casa dei
diritti sociali, intervistato nel servizio:
purtroppo la sostanza del servizio è innegabilmente la verità, anche se
inevitabilmente semplifica (ma non troppo)
Fabrizio Casavola, di Mahalla:
Secondo me, non si tratta di antigitanismo o meno, qui si tratta di cifre,
soldi, aree pubbliche, grandi e piccole speculazioni.
Insomma, non si possono chiudere gli occhi in nome di chissà quale antirazzismo.
Darei un giudizio differente, se questi risultati garbassero ai Rom stessi, ma
non è così, visto che neanche a loro piacciono i moderni ghetti dei campi-sosta.
Megastrutture come i campi, isolate dal resto del mondo, hanno secondo me due
scopi:
1) concentrare fasce marginali di popolazione, impedendo loro di evolvere
e mantenendoli quindi sotto costante ricatto;
2) costruire un business dell'emergenza, a favore di comuni,
associazioni, volontariato (insomma, tutti tranne i Rom) e di quanti a parole
"aborrono" i campi, ma che senza di questi perderebbero una notevole fonte di
entrate.
Se è civile battersi per il loro superamento, dobbiamo noi prima di tutto
denunciare le poche trasparenze che la loro gestione comporta. Gestione,
ovviamente, bipartisan. [vedi su Mahalla :
la mangiatoia I;
la mangiatoia II articoli riguardanti la situazione di Milano] Quanto ai punti di vista, di destra o sinistra, vorrei aggiungere qualcosa.
Il PD romano, ammesso e non concesso che il PD sia di sinistra, ci sta provando
a fare le pulci alle promesse non mantenute da Alemanno. Giusto: spetta a loro
farlo, più che ad una trasmissione televisiva. E io dalla TV non mi aspetto
certi balletti, dove se intervisti uno della destra, devi per forza citare anche
la sinistra.
Ma torniamo alle critiche, appunto. Come è possibile criticare Alemanno se, a
parte le belle parole, il progetto "fattuale" di destra e sinistra è simile? Il
tutto si trasforma nel solito gioco sulla pelle degli altri.
Sul perché il progetto sia simile, dovrei ripetermi: è un business a cui
nessuno vuole rinunciare.
la discussione si è poi focalizzata sul tema scottante della scolarizzazione
Monica Rossi, antropologa, intervistata nel servizio:
Francamente sono d'accordo con Fabrizio.
Penso che sia ora di riflettere su progetti che non hanno portato affatto i
risultati attesi, e questo forse si sarebbe potuto fare prima.
L'antigitanismo non c'entra proprio niente, c'entra piuttosto il fatto che il
welfare delegato sempre di più al settore privato non funziona.
Il volontariato, anzi meglio, il privato sociale dovrebbe trarre un bilancio
spassionato e sincero di questi anni di scolarizzazione.
La situazione attuale è certo determinata dalle istituzioni, ma chi ha accettato
il controllo dei campi, le sbarre, i tesserini e quant'altro non credo si possa
chiamare fuori dal fare un bilancio spassionato di quanto fatto finora. E
soprattutto dal fare una severissima autocritica.
Le condizioni attuali dei campi, le regole per poterci rimanere non risalgono
certo a questa amministrazione, ma sono (erano) ben chiare già nella famigerata
ordinanza comunale n.80 di Rutelli; le amministrazioni che si sono succedute in
questi anni hanno agito in maniera pressochè identica, visto che la proposta
(comune ahimè) è quella di costruire mega campi al di fuori del raccordo
anulare.
Leggere bandi come quello della scolarizzazione 2005 - 2008 fa venire i brividi.
Si tratta di un progetto malfatto, mal scritto e mal concepito, nel quale viene
richiesto il raggiungimento di obiettivi mal formulati prima di tutto nella
lingua italiana, e poi proprio concettualmente.
Come si fa a misurare, a valutare, a verificare che sia "facilitata: la
responsabilizzazione degli adulti rispetto alla scolarizzazione dei figli", o
"favorire la strutturazione di un atteggiamento positivo nei confronti della
scuola nelle comunità dei nomadi" (citato dal bando stesso, punti C e D).
E poi chi dovrebbe fare questo? Operatori con quali qualifiche? MISTERO!
Obiettivi espressi in questo modo sono irrilevabili, dunque restano le
frequenze, le quali però essendo entità numeriche ci rendono conto solo della
quantità di questo fenomeno, e non ci dicono nulla sulla qualità. E non mi pare
che qualcuno abbia rilevato questo assurdo.
Ci ho giusto scritto un articolo recentissimamente su questo tema, se vi
interessa ve lo passo volentieri
Secondo me è ora di riflettere senza tabù e senza misteri fra di noi; qualche
errore è stato fatto, e la colpa non è certo di chi lo rileva, ma di chi lo
ripropone.
alla mia sollecitazione sulla
sentenza del TAR, che ha bloccato i meccanismi
d'appalto per la guardiania ai campi e sul ruolo della sinistra di proporre
proporre progetti nuovi alternativi a quelli delle giunte Rutelli, Veltroni, e
poi Alemanno risponde ancora:
Monica Rossi: Per quanto posso vedere qui a Roma mi pare che gli Assessori della giunta
Alemanno si stiano muovendo con una certa cautela, anche se l'impressione è che
si voglia in qualche modo spezzare il meccanismo degli appalti per la
scolarizzazione, gestiti qui a Roma da cooperative a associazioni forti e con
una presenza storica nel settore migranti e più recentemente anche rom.
A me pare chiaro che si stiano preparando per sostituire con altre lobby (le
loro) quelle già esistenti.
Il punto a cui mi riferivo non è l'appalto per la guardiania (che peraltro credo
sia stato bloccato dal TAR infatti), ma quello della sorveglianza h24.
Quello non bisognava accettarlo, bisognava sabotare questi bandi fatti da
incompetenti non partecipandoci.
E anzi! questo lavoro di critica doveva essere fatto mooolto prima! Fin dal 2005
cioè, data dell'ultimo bando triennale. Anzi dal 2003!!! E per far questo
sarebbe bastato analizzare il bando leggendolo con cura e chiedendosi per ogni
punto, come raggiungeremo questo obiettivo? Chiedendoselo col cervello e col
cuore, non con l'ansia di vincerlo riempiendo pagine e pagine di quella
terribile langue du bois nella quale sono scritti questi progetti, perché si ha
una struttura da mantenere etc. etc. e quindi andando avanti con inerzia, senza
ragionare, ma spinti solo da urgenze.
I compagni che come me sono molto critici verso l'associazionismo non lo sono
per motivi personali, ma squisitamente politici e diciamo pure epistemologici.
E' mai possibile che in anni di gestione della scolarizzazione non si produca un
rapporto, non si fornisca accesso ai dati (e anzi, ARCI sotto questo punto di
vista almeno è ordinatissima, ma prima con l'Opera nomadi santa miseria c'era da
diventare pazzi) o sia difficilissimo accederci.
Che non vi sia un criterio unico per le rilevazioni, che la valutazione avvenga
esclusivamente per mezzo di indicatori formali e quantitativi perché quelli
qualitativi sono espressi in maniera così vaga da renderli incommensurabili.. e
tante tante altre cose.
Da sola ho verificato i livelli di alfabetizzazione raggiunta dai ragazzi del
Casilino 700 con carta e penna e un pezzo di giornale: Mi leggi questo? Puoi
scrivere quello che ti detto?
Beh di 204 che risultavano essere iscritti solo 4 erano in grado di farlo
correttamente (considerata età e classe). Possibile che io abbia fatto questo da
sola in un campo enorme e le associazioni non possano fare questa semplice
verifica? O il comune? O chiunque?
FaceBook, se usato bene è uno strumento impagabile... infatti chiamato in causa
interviene:
Sergio Giovagnoli,
ARCIresponsabile welfare e diritti sociali
Carissime/i,
intanto grazie per avere avviato un dibattito estremamente necessario in una
fase tanto delicata.
lo dico sinceramente anche non condividendo alcune cose lette, ma nella
consapevolezza che è sempre preferibile chi ti critica in faccia di chi ti
offende con il pettegolezzo e le menzogne.
Abbiamo tanto bisogno di confronto serio, profondo, sereno, sincero. un
confronto a più voci perché nessuno basta a se stesso, nessuno, neppure gli
stessi rom, è in grado di rappresentare tutta la complessità della questione che
potremmo definire con il titolo " relazione e intregrazione tra Rom e Italiani".
vi prego non fatemi la lezioncina sulla parola integrazione, almeno tra noi
diamo per scontato il limite e il rischio di abuso del concetto.
Provo ad argomentare alcune cose che mi hanno colpito dei vostri ragionamenti.
Partiamo dall'attualità. c'è un bando fermato dal Tar di 14 milioni per la vigilanza armata nei campi.
Dopo tante polemiche sullo spreco dei soldi per gestioni e perfino per la
scolarizzazione è allucinante che non si levi un grido di allarme da parte di
tutte le forze democratiche e le organizzazioni sociali per denunciare questo si
come uno spreco di soldi pubblici che non migliorerà la vita dei rom e non darà
più sicurezza a romani.
La mancanza di questa reazione è il segno di una sconfitta di tutta l'area della
solidarietà che si divide tra chi è più puro e radicale e chi si "compromette"
con la gestione del sociale.
Perché non ripartire da qui, dalla ricerca di una condivisa gerarchia di
obbiettivi comuni?
A Fabrizio che parla di business, vorrei dire che anche su questo potrebbe
essere più efficace, utile e concreto entrare nel merito dei singoli interventi,
sviscerare contenuti e costi, risultati e prospettive, anziché parlare di un
generico calderone di speculazione.
Vorrei ricordare che 20 anni fa ci battevamo tutti per farli stanziare i fondi,
per migliorare la vita dei rom. Se ora ci accorgiamo che in qualche caso i soldi
sono stati spesi male dobbiamo capire dove e come, entrare nel merito e non
rigettare a priori la spesa sociale finendo per far passare per ladri operatori
e associazioni che hanno scelto la solidarietà sociale come area di intervento
lavorativo.
In un mondo dove è lecito fare i soldi facili lucrando su tutto, senza vincoli
morali, mi sembra allucinante che debbano sentirsi in colpa esperienze che ogni
giorno si misurano con i drammi umani di centinaia di famiglie rom, con il
diritto al futuro dei bambini, con le speranze di una vita più dignitosa per gli
adulti. Discutendo insieme, nel rispetto reciproco potremmo anche convenire che
alcuni interventi non hanno funzionato, che vanno corretti o cancellati, ma il
presupposto primo per arrivare a queste verifiche è superare quel grumo di
diffidenza che spesso ci divide solo perché facciamo mestieri diversi.
Visto che vi sto proponendo di approfondire in un prossimo incontro pubblico non
vorrei farla troppo lunga, ma vorrei dire a Monica che ha ragione quando critica
alcune parti dei bandi scuola. Io potrei farle notare alcune parti molto più
assurde di quelle da lei segnalate.
Su questo servirebbe veramente una azione corale. Io però ritengo che la lotta
alla dispersione scolastica dei bambini rom (questa dovrebbe essere la dizione
esatta) va sostenuta fino ad esaurimento, nel senso che dovrà estinguersi il
giorno stesso in cui la stragrande maggioranza delle famiglie rom sarà in grado
di provvedere autonomamente alla scolarizzazione dei figli.
Questo mi convince ancora di più della necessità di superare veramente i campi
come luogo di esclusione sociale e culturale.
Quando ci incontreremo avrei il piacere di raccontarvi la vicenda del nucleo
rimasto a Savini dopo il trasferimento della comunità a Castel Romano.
Sono d'accordo con Monica che la scolarizzazione non va intesa come forma di
"sequestro sociale" per togliere i bimbi rom dalla strada.
Ti dico solo che su questo noi abbiamo rotto nel 94 con Opera Nomadi.
Sui limiti di quanto realizzato fino ad oggi parliamone.
Ma nella trasmissione in oggetto sono state dette cose inesatte: l'evasione
dell'obbligo scolastico per esempio comporta semplicemente, quando viene
sanzionato, una multa di 14 euro;
i ragazzi che vanno alle superiori non sono una ventina come dice Converso ma
più del doppio e qualcuno comincia a fequentare i licei.
Nella prosecuzione degli studi pesa il fattore status giuridico. [nota mia
(Viceconte ndr): se
i ragazzi non hanno cittadinanza italiana, o peggio sono apolidi, il diploma
conseguito non da loro accesso al lavoro].
Infine vorrei ricordare a proposito del successo scolastico quanto contano
alcuni fattori "tecnici" uno fra tutti la disseminazione dei bambini rom in un
numero incredibile di plessi scolastici (Castel Romano 220 bambini in
48
plessi).
Questo comporta ritardi, fatica, spese superiori di trasporto e non ultima
amarezza di fronte a tanta ottusità.
Vi potremmo raccontare come funzionano le riammissioni scolastiche dopo le
assenze e molto altro, sempre per entrare nel merito ragionare e criticare nel
rispetto reciproco. ci proviamo?
un saluto a tutte e tutti e un arrivederci a presto. Sergio Giovagnoli
p.s. do per scontato il giudizio durissimo sulla tragedia e sulla vergogna di
Castel romano situazione in cui siamo stati coinvolti per facilitare il
trasferimento attraverso un percorso partecipato con i Rom e L'Università per
essere poi brutalmente estromessi nell'attuazione gestita dal Signor Odevaine.
Fabrizio Casavola:
Forse devo un chiarimento a Giovagnoli quando mi richiama a più concretezza.
In questo thread si è parlato soprattutto di politiche scolastiche, io me ne
sono occupato sino a 15 anni fa, è passato troppo tempo per parlarne con
conoscenza di causa.
I miei metri di giudizio sul "business" nei campi nomadi partono
dall'esperienza milanese, e si misurano sul costo di un rubinetto, di una
colonnina elettrica, di un container.
Vengo dal mondo dell'edilizia, ed i Rom che conosco sono carpentieri, manovali,
idraulici... non insegnanti.
Solo su questi dati CONCRETI si basavano i due articoli che ho citato.
Su queste basi parlo di costi gonfiati, e posso solo OSSERVARE che certi
meccanismi sono facilmente replicabili anche in altri settori. Senza stupirmene,
perché ormai mi son fatto una mia idea su come girino i "business" in Italia.
In maniera bipartisan, lo ripeto.
Da qui arrivo ad un altro punto solo accennato da Giovagnoli: l'INTEGRAZIONE.
Integrazione significa anche accettazione di un modello migliore in cui
identificarsi.
Se questo è il modello di società che sappiamo proporre (e lo è in effetti), chi
ha meno problema ad integrarsi sono i miei tanti amici rom che campano di
piccoli furti e che già da tempo condividono il LAVORO con gli italiani (senza
grossi problemi di INTEGRAZIONE, mi risulta).
Per tutti gli altri, i manovali che hanno studiato per imparare qualche lavoro e
anche dentro il loro campo si vedono sopravanzati da estranei nell'appalto dei
lavori più semplici, la vedo molto più dura.
Nazzareno Guarnieri, presidente della
Federazione Romanì,
RomSinti@Politica
carissimi
non ho visto la trasmissione, ma ho letto molto in merito ed in particolare la
vs. interessante discussione.
Non voglio entrare nel merito della questione Roma perché i risultati sono
evidenti a tutti e i benefici per i rom quasi nulla, ma voglio andare oltre
nella discussione, perché quello che accade a Roma, accade anche in quasi tutto
il territorio italiano.
Come sempre anche in questa discussione manca un prerequisito essenziale:
l'intervento dei rom.
E questo non rende facile la discussione.
Certamente è colpa nostra, di rom e sinti. Ma dovremmo tutti riflettere perché
manca la nostra partecipazione attiva e propositiva.
E' evidente che finora tutta la questione rom è stata gestita nell'ottica del
business.
Questo è accaduto perché manca una partecipazione qualificata e competente dei
Rom.
Si ha forse paura della presenza di Rom e Sinti preparati per fare meglio una
determinata attività per la popolazione romanì?
Se così fosse dovremmo tutti preoccuparci oltre che di un governo razzista
Come sono abituato a dire manca una partecipazione "Come un fine" di Rom e Sinti,
i quali sono sempre utilizzati " come un mezzo".
Sono tanti anni che personalmente critico l'assistenzialismo culturale dei Rom
realizzata dalla politica con la collaborazione di tante organizzazioni, alle
quali non ho mai risparmiato critiche anche dure ma rispettose, e troppo spesso
mi considerano un loro nemico.
Quando sarebbe utile attivare delle collaborazioni con i diretti interessati
prepararti e competenti?
Invertire la rotta è fondamentale per il futuro dei Rom, delle organizzazioni
che si occupano di rom, che dovrebbero investire nella partecipazione dei Rom,
avviare ciollaborazioni concrete con professionisti Rom e Sinti.
Perché non avviene la partecipazione attiva e propositiva di Rom e Sinti?
A chi non conviene la normalità per Rom e Sinti?
In queste domande c'è tutto e le risposte a queste domande possono essere utili
per un futuro nettamente migliore per la popolazione romanì.
sulla mia sollecitazione su ruolo della scuola italiana e sulla capacità di
insegnati e strutture, di aprirsi ed accogliere i bambini ed i ragazzi rom:
Monica Rossi:
non per dire, ma la scuola non accoglie nemmeno i proletari italiani, non certo
solamente i rom, solo che del nostro sottoproletariato non gliene frega davvero
niente a nessuno.
Va certamente più di moda l'intercultura che la lotta di classe -_-
A Torbella Monaca le percentuali di evasione dall'obbligo sono altissime, ma non
mi pare che si preveda per questi ragazzi un supporto di qualche genere.
Su quella che tu chiami "natura socioculturale della società maggioritaria"
avrei molto da dire ma preferirei farlo a voce magari in un incontro diretto.
Queste questioni non possono venire discusse in un post, ma non credo affatto
che si debba per forza essere interno al gruppo per scrivere o dire cose sensate
(per esempio terapeuta è, no, DEVE essere un estraneo..), le discriminanti
devono essere come per tutti le competenze, non l'appartenenza a questo o quel
gruppo, perché così facendo entriamo in contraddizione: critichiamo la legge
italiana basata sullo ius sanguinis e poi lo riproponiamo noi sotto altre forme?
Chi ha un po' di esperienza del comunitarismo spinto alle estreme conseguenze
come ad esempio nel Regno Unito sospetta di queste forme che per me sono solo
una forma molto raffinata ed elusiva di tardocolonialismo che proviene dritto
dritto dal dual mandate teorizzato da Lugard negli anni '20.
Preferisco la nostra costituzione, che senza guardare se si è Bantu, Rom o
Francesi prevede l'eguaglianza e eguale accesso alle risorse (di qualsiasi
risorsa si tratti). Su questo la mia posizione è assolutamente giacobina, e il
modello che ho in mente, è quello francese delle maisons de la jeunesse..
Per quanto riguarda il lavoro che fanno le scuole, dal 1992 non esistono più gli
insegnanti di sostegno, la Gelmini ha ulteriormente ridotto gli spazi per le
attività scolastiche. Poi qui in Italia si è sempre praticata un modello di
vulgata interculturale basata su affermazioni generiche del tipo "diverso è
bello", che sono certo condivisibili, ma che non aiutano a comprendere e a
lottare contro i fenomeni di antigitanismo o antiimmigrati. Bollarli tutti
indistintamente come vedo spesso fare sotto la voce "razzismo" non ci fa fare
passi avanti nell'analisi di questo fenomeno. (E' chiaro che parlo sempre della
situazione romana, ignoro cosa avvenga che ne so, a Treviso nella vita
quotidiana).
Ci sono certamente dei razzisti, e crescono sempre di più, ma ci sono anche solo
gruppi di cittadini abbandonati completamente, e anche di questo ci si dovrà
prima o poi occupare, anche se è un tema scomodo.
Quando con Roberto De Angelis facemmo una lunghissima ricerca sul quartiere
Centocelle (dove in quegli anni (1994) c'erano praticamente un terzo dei rom
romani), intervistammo le persone del quartiere e queste, sollecitate ad
esprimersi sulla presenza rom nel quartiere, non si espressero mai convinzioni
razziste, mentre tutti rilevarono più che altro la difficoltà di convivenza
relative a due questioni principali: le cose bruciate al campo, e l'immondizia
lasciata fuori dai secchioni dopo averci rovistato dentro.
Il razzismo vero e proprio, che è qualcosa di ben preciso, parla un'altra
lingua. Quando si usa un termine simile, il dialogo è già finito, perché non è
un termine medio, è la "credenza nella superiorità di un gruppo rispetto ad un
altro".
Quello che abbiamo potuto vedere e rilevare noi, in quella specifica occasione,
era disagio sociale, quello si.
Allora va detto forse questo, che se su "pezzi" di popolazione già svantaggiati
(Centocelle era un quartiere di baraccati italiani delle nostre migrazioni
interne, non dimentichiamolo) ci sono stati tirati sopra anche i campi, senza
che le istituzioni alzassero un dito per aiutare e sostenere questi due gruppi,
rom e non rom. Tutti democraticamente lasciati nello stesso abbandono.
A mio avviso, e come hanno già fatto alcuni ricercatori come De Angelis, vanno
create occasioni materiali di incontro nei quartieri in cui sorgono i campi,
incontri con tutti, parrocchie, i rom, le scuole, centri anziani, associazioni,
tutti (non la chiamo società civile ma intendo questo), organizzando focus group
tematici, parlando insieme in un contesto "protetto e amichevole", magari con
scadenza mensile, e conclusi da una bella festa. Cioè la ricerca azione. Io ho
sempre praticato questa metodologia e non ne sono mai stata delusa, certo una
ricercatrice da sola e per di più precaria può fare pochino, allora uso questo
spazio per lanciare un appello.
Chi ha la voglia e la pazienza di intraprendere questa grande operazione di
pedagogia autogestita dal basso?
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Di Fabrizio (del 13/12/2012 @ 09:11:37 in Italia, visitato 1509 volte)
RINO NEGROGNO Mercoledì 5 Dicembre 2012 ore 17.02 Anche Giuseppe e Maria erano accampati nella grotta
Stamattina ho aperto il giornale, diceva che cacciamo gli zingari e che tra poco
è Natale. Non ho mai capito come passa il Natale chi ci crede fortemente e creda
che sia Natale solo per i bianchi e non per i neri o, peggio, creda che chi ci
crede ne possa trarre un vantaggio ora e soprattutto dopo, tipo a Pasqua o in un
altra dimensione imprecisata. Bontà loro, non è che sia così importante,
dopotutto anche Giuseppe e Maria erano accampati nella grotta e menomale che non
erano a Trani altrimenti il 20 Dicembre dovevano sgomberare e per il Natale, per
chi ci crede, non so come sarebbe finita. Non ho mai capito, piuttosto, dove
vadano gli zingari ed i loro bambini quando vengono cacciati. Non ho mai capito,
ad esempio, se cacciandoli da dove sono, il problema si risolva, se i loro
bambini siano più felici e non debbano comunque elemosinare al freddo ed al gelo
da altre parti, se, cacciarli, non sia un bisogno forte di sfogare da qualche
parte le nostre paure, le nostre incertezze. Ho il dubbio atroce che la nostra
coscienza sia come le luci di Natale, ad intermittenza.
Mi piacerebbe organizzare, in prossimità del Natale, intorno al 20 dicembre, un
bel presepe vivente proprio nel campo rom situato in via Bisceglie. Mi
piacerebbe far vestire gli zingari da panettiere, da pastori, da lavandaia, da
falegname, riempire il campo rom di luci colorate, di musica soave, natalizia.
Mi piacerebbe metterci la grotta e dentro uno zingaro barbuto vestito da
Giuseppe ed una bella zingarella giovane vestita da Maria, tutta azzurra. Al
centro una mangiatoia con un bel piccolo zingarino, del bue e l'asinello
possiamo farne a meno, pare non ci fossero e ad i lati tanti piccoli zingarini
vestiti da angioletti, quelli c'erano, che cantano ed inneggiano al Signore. Mi
piacerebbe davvero non lo dico per sfottere. Avrei bisogno di una mano però e
per questo faccio un appello a chi ritenga di potermi aiutare. Un bel partito di
sinistra, ma di sinistra sinistra, non di quelli che fanno le primarie per
vedere chi sia più di sinistra o più di destra. Un partito di sinistra è di
sinistra senza se e senza ma, ed anche senza UDC. Meglio di no, lasciamo stare i
partiti, non sai mai chi ti può capitare. Meglio un bel parroco di una bella
parrocchia con gente altruista e piena di buona volontà così poi facciamo anche
la messa di Natale e, prometto, faccio io stesso il chierichetto insieme agli
zingari. Attendo pieno di speranza.
Il 20 dicembre però perché se aspettiamo il 24 la grotta la sgomberano, rimane
vuota e Gesù non nasce.
Di Fabrizio (del 09/07/2013 @ 09:02:28 in casa, visitato 1619 volte)
Campi sì, campi no, e se no: come superarli?
Che tutti dicano di volerli superare, manco fossero novelli Vettel o Alonso,
non ci piove (riponete le gomme da bagnato), ma se ne sente parlare da
oltre 10 anni, e gli unici risultati in tal senso vengono da quei Rom e Sinti
che la casa l'han trovata per conto proprio, infischiandosene delle politiche
pubbliche. E si sarebbe potuto ottenere molto di più, se in Italia si fosse
legiferato a favore delle micro-aree, o per permettere (dietro adeguati
controlli, ma parlare di controlli in questo paese è un sogno) il potersi
installare in soluzione familiare su terreno di proprietà.
Italia: non poteva succedere altrimenti in questi paese, che una soluzione
provvisoria diventasse di fatto definitiva. Così col tempo, i campi sosta non
sono diventati soltanto ghetti fisici e mentali, ma anche argomento su cui
costruire
clientele economiche e dibattiti politici surreali, ma
indispensabili.
Prendo ad esempio le cronache recenti che arrivano da Roma (e
Milano non è meglio):
dopo che il precedente sindaco aveva promesso di smantellare
i campi nomadi, è stata adottata la "soluzione" di rifarli
(ancora più grandi) ma fuori dal Grande Raccordo Anulare,
scaricando la patata bollente dalla periferia alla periferia
estrema. Immagino la gioia di chi debba abitare in questi LAGER
in mezzo al nulla.
Poco dopo la sua elezione, nei campi approntati dalla giunta
precedente scoppiano incendi, probabilmente c'è dietro un racket
ma nessuno porta le prove, e i Rom iniziano a scappare verso i
vecchi insediamenti.
Pronta
la reazione dei trombati della giunta precedente: "Non
vorremmo che chi crea disordini si sentisse tutelato dalle
politiche attese dalla nuova amministrazione" dice
Sveva Belviso. Risponde a stretto giro di posta la
controparte politica: "Quanto si sta verificando in queste
ore non è che l'effetto della politica di concentramento
adottata dalla giunta in questi anni che ha prodotto la
convivenza forzata delle diverse comunità all'interno dei campi
nomadi", Gianluca Peciola, capogruppo SEL
in Campidoglio.
Intanto, dopo Veltroni, Rutelli, Alemanno (e Marino, poer
nanu, appena arrivato), i campi ci sono sempre, e sono sempre meno abitabili.
Sembra quasi che tutti parlino solo a favore delle proprie orecchie.
Ma, contemporaneamente, leggo che riemerge una querelle nata con
l'amministrazione Alemanno: I carabinieri al Comune
"Troppi finti poveri nel campo nomadi"Rom nei moduli abitativi per
indigenti che possiedono invece auto come Ferrari, Porsche, Mercedes,
dove la giusta indignazione contro questi sfruttatori non cambia di una virgola
quanto si scriveva l'anno scorso, tranne per il collegare quel fatto agli
incendi di giugno e luglio. Se così fosse, la polizia a questo punto dovrebbe
avere i colpevoli quasi in pugno, e non si capisce perché Sveva Belviso insista
a scaricare le responsabilità su una giunta appena insediata.
Mi sia permessa un'altra considerazione: lo "scandalo" emerse l'anno scorso.
Come mai non è cambiato niente? Inoltre: quanti sono, dove sono, questi Rom in
Ferrari? O sono una leggenda metropolitana? Altra domanda che spontanea
sorge: Rom poveri, ne esistono? (AZZARDO UNA RISPOSTA DIPLOMATICA:
non sarà che ne esistono sia di poveri che di ricchi, sia di onesti che di
mariuoli, come è NORMALE CHE SIA?) Il bravo lettore democratico avrebbe
bisogno di più dati e meno slogan, altrimenti potrebbe persino pensare che
una minoranza di truffatori tra l'1 per mille della popolazione,
rappresentino un tale problema di ORDINE PUBBLICO, da far passare in secondo
piano il problema POLITICO: in Italia le case ci sono sì o no? In parole povere,
l'altra faccia della medaglia della mia domanda iniziale.
A questo dovrebbe rispondere la politica, ma non solo ai Rom e ai Sinti, ma a
tutti i cittadini. Invece, le soluzioni e le analisi tocca andare a cercarle da
un'altra parte:
Per l'urbanista Berdini dobbiamo guardare oltreoceano, dove
l'amministrazione Obama sta recuperando vecchi edifici in disuso. Basta
investimenti a pioggia e colate di cemento, piuttosto recupero mirato della
prima e seconda periferia storica. #italianslum
Di Fabrizio (del 04/08/2013 @ 09:02:01 in Kumpanija, visitato 1672 volte)
Tutto comincia da una frase innocente, che sento ripetere
spesso da amici e conoscenti di origine rom: "Non siamo
tutti uguali."
Secondo flash: "Non demordiamo ma i tempi sono cupi e
purtroppo gli stessi Rom non si rendono conto che l'unica vera
grande ricchezza è la nostra cultura e se muore non avremo nulla
da rivendicare. Tutti si dedicano al sociale e nessuno all'arte
e ad elevare e promuovere la cultura." scrive Santino
Spinelli.
E perché tutti si dedicano al sociale? Forse, perché c'è una situazione che
perdura da decenni, e l'età media di un rom difficilmente arriva ai 60, e c'è
chi muore per i morsi dei topi, chi per un incendio (accidentale o no), chi per
inedia. Insomma, la situazione di questa minoranza (in tutto il continente) è di
una vera e propria crisi sociale. Prima che dire se sia giusto o sbagliato, è
quantomeno LOGICO e CONSEGUENTE che la cosa possa e debba preoccupare, a volta
in modo giusto a volte in modo sbagliato.
Alla stessa maniera, sospetto che esistano modi giusti e modi sbagliati di
occuparsi di CULTURA, partendo dalla considerazione che i due termini (SOCIALE e
CULTURA) non siano disgiunti, ma almeno a livello teorico vadano tenuti assieme,
se non altro per provare a risolvere la situazione attuale di isolamento e
discriminazione (culturale e sociale) di tutti i romanì.
Il secondo nodo è quel "Non siamo tutti uguali", che non è solo un giudizio
morale. Una comune origine etnica in un'Europa così sfaccettata socialmente, non
può essere il viatico per unire assieme l'artista ricco e/o famoso e chi
sopravvive a stento e mai è andato a scuola.
C'è un terzo punto e riguarda chi non è e non sarà mai rom o sinto, ma che come
loro è destinato ad interagirvi: che immagine si può avere di questo popolo,
quali i suoi aspetti da evidenziare?
Ho raccolto in
ebook le testimonianze di giovani rom di tutta
Europa, e notavo che da un decennio circa sta emergendo anche tra loro il nucleo
di una futura borghesia, cioè di quella classe media che in passato ha
accompagnato lo sviluppo dei nostri popoli in Occidente. Con tutte le ambiguità
e imprecisioni nel definire come "borghesia" questo nucleo nascente, e la
confusione aumenta in quanto non è tuttora possibile definire dove finisca il
concetto di "borghesia" come classe produttiva ed intellettuale, e dove inizi il
concetto di (sempre ipotetica) "classe dirigente".
"Classe dirigente" è un termine che adopero in quanto passare da
LUMPENPROLETARIAT a CLASSE INTEGRATA provoca sempre e in chiunque cambiamenti di
visione e di appetiti. Insomma: ci sono aspetti positivi in questo cambiamento,
altri più complicati.
Spiego meglio quel "classe integrata": se, come avviene quasi sempre,
l'integrazione passa per lo stomaco pieno - prima che da qualsiasi altra ragione identitaria, potremmo ragionare sulla storia nostra: a partire dal rivoluzioni
di fine secolo XVIII - inizio secolo XIX, la borghesia in tutto l'Occidente
emarginò l'aristocrazia e assunse nei singoli stati nazionali un ruolo
dirigente, in senso politico, economico e culturale.
Ma il confronto non riguardò esclusivamente borghesia e aristocrazia: c'erano
(ci sono tuttora) le plebi e il proletariato. La borghesia si ritagliò il
proprio ruolo dirigente, facendosi forza della situazione di privazione estrema
(culturale, economica, politica) di queste due classi, ed usandole come massa di
sfondamento, suonando la ritirata quando le loro rivendicazioni superavano la
soglia del conflitto e dell'interesse borghese, e tradendo spesso e volentieri
le promesse iniziali. Il tutto, ovviamente, riassunto in maniera molto
sintetica.
Da questo rapporto di forza, discende anche la questione di chi rappresenta chi.
Cioè, chi scrive di proletariato, i loro rappresentanti nei parlamenti, ecc.
quasi mai appartengono a quella classe, lo stesso vale per chi fa loro scuola,
per chi realizza i programmi televisivi o le riviste destinate a loro.
Succede così, è abbastanza ovvio, che chi si auto-proclama rappresentante di
quell'umanità negletta che sono rom e sinti, abbia fatto una scelta per censo
più che etnica. Ha bisogno, come ne ha bisogno il terzo settore - come ne ha
bisogno la politica - come ne ha bisogno l'università, di una fetta negletta di
umanità, per avere uno scalino ulteriore nella sua personale scalata, artistica,
economica, culturale.
Ma puntualmente, se gli si chiede (noi gagé siamo ignoranti, purtroppo), un
parere, un contributo anche personale (perché anche noi gagé non ce la facciamo
più), ecco che mi sento dire: il problema è un altro (il problema è sempre un
altro, gliel'abbiamo insegnato noi gagé), quella è gente ignorante. IGNORANTE,
parola chiave, come una cartina al tornasole, che mi restituisce la dimensione
di un nascente conflitto di classe, in una società che le classi come le
intendiamo noi non le aveva ancora conosciute.
L'altro aspetto di questo conflitto in nuce, è che se vado a parlare con gli
IGNORANTI, mi diranno con pochi giri di frase: "Se non vivi la nostra realtà,
non puoi capire. Quella gente (gli ISTRUITI, ndr.) non ci
rappresenta."
E allora, chi rappresenterà questa gente, cioè LA PIETRA DELLO SCANDALO? Chi può
farlo lontano da grezzi interessi?
Non ho risposta, perché il problema è tuttora irrisolto anche per la NOSTRA di
società.
L'unico suggerimento che mi sento di dare, è capire quanto può essere grande e
comprensivo il concetto iniziale CULTURA. Se si fosse in grado di capire che
anche
il ghetto, anche la deprivazione,
producono cultura e la fanno circolare,
il confronto potrebbe continuare.
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