L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.
Di Fabrizio (del 31/05/2009 @ 09:53:36 in Italia, visitato 2285 volte)
Ricevo da Cristina Di Canio
Petru Birladeanu, cittadino rom di nazionalità rumena, era un suonatore di
organetto nella ferrovia Cumana che parte dal quartiere Montesanto di Napoli.
Tutti i viaggiatori lo conoscevano: un musicista, una persona gentile che
proponeva la sua arte per pochi spiccioli, sempre accompagnato da sua moglie.
Martedì sera un commando di 8 persone su quattro motociclette attraversa via
Pignasecca fino alla stazione della Cumana. Sparano in aria, all'impazzata. E'
l'ennesimo scontro per il territorio che vedrebbe gli affiliati del clan Sarno
di Ponticelli cercare di terrorizzare chi pensa di sostenere il ritorno su
piazza del vecchio boss Mariano, appena scarcerato.
Petru forse neanche la conosce questa storia. Ma alla stazione della Cumana
diversi colpi sono sparati ad altezza uomo, tra la folla che scappa. Forse hanno
avvistato qualcuno del clan avversario, forse sparano contro i vetri della casa
di qualche rivale, forse un errore... chissà. Un ragazzo di 14 anni viene
colpito alla spalla e per poco non ci rimette la pelle. Petru è meno fortunato:
le videocamere della Cumana lo riprendono mentre scappa e cerca rifugio come
tanti altri dentro la stazione. Il braccio intorno al collo della sua compagna,
un istintivo gesto di protezione. Ma una volta dentro si accascia: un proiettile
gli è entrato sotto l'ascella bucando cuore e polmoni. Gli lascia sul corpo uno
strano segno come di arma da taglio che inizialmente confonderà anche i medici.
Ma Petru muore "sparato", come si dice a Napoli, sparato per niente! Muore dopo
mezzora di agonia e i ritardi dei soccorsi che probabilmente hanno scontato
anche il caos e la paura che si era creata in tutta la strada. Malgrado
l'Ospedale Pellegrini fosse a 500 metri... La compagna piange disperata. Petru
aveva 33 anni...
La sua fine terribile ricorda quelle di altri, come Silvia Ruotolo, uccisa
anch'essa da un proiettile vagante al Vomero dodici anni fa. Ma la città non
condivide la stessa commozione. Forse siamo più cinici in generale, forse Petru
è "soltanto" un rom... sta di fatto che al momento in cui scriviamo non sono
previste fiaccolate, esequie ufficiali, interventi istituzionali in sostegno
della sua compagna... Nessun politico di professione o amministratore ha pensato
di prendre parola su una sparatoria così insensata nel centro della città che
dicono di voler rappresentare... Forse c'è un motivo a tutto questo.
Petru non ha avuto "l'onore" di essere veramente raccontato nei servizi di testa
dei tg, se non dentro la più complessiva e impigrita retorica sul consueto far
west napoletano. Un rom in cronaca senza essere accusato di stupro o di
omicidio, un rom vittima innocente non da dividendi politici, non serve alla
macchina della paura e della propaganda.
Anzi, alcuni quotidiani hanno inizialmente accreditato la tesi che fosse lui
l'obiettivo dei sicari..! Per qualunque "indigeno" in poche ore la polizia è in
grado di fornire un profilo attendibile su una possibilità del genere. Inutile
dire che Petru, quotidiano suonatore di organetto sulla Cumana, ben
difficilmente (!) rientrava in questo schema. Ma intorno allo straniero, per lo
più rom, si concede sempre un margine ulteriore all'incertezza, al sospetto,
anche se questo sospetto non ha nessun punto d'appoggio razionale.
Per la verità in questi giorni c'è stato un altro caso in cui l'informazione
napoletana non ha dato grande prova di sè: l'episodio che ha visto infine
l'arresto di cinque persone di nazionalità nigeriana a vico Vertecoeli. Con
l'eccezione di alcuni quotidiani, la gran parte, qualcuno perfino con imbarazzo,
ha accreditato la più inverosimile delle ricostruzioni: il rapimento premeditato
di una bambina di undici anni da parte di un gruppo di immigrati che abitavano
nel suo stesso cortile, per soddisfare le voglie di un boss pedofilo...!! A
Forcella...!
Probabilmente la più straordinaria panzana dell'ultimo anno per quella che,
da qualche racconto che è arrivato a noi, potrebbe benissimo essere una banale
rissa tra vicini. Non abbiamo certezze e non vogliamo distribuirne, né dipingere
sistematicamente il migrante come vittima innocente, ma digerire in maniera così
acritica la più improbabile delle storie, solo per la sua "notiziabilità", non
fa certo onore all'informazione.
Il tg1 ha fatto di meglio: oltre a riportare questa versione senza scomodare
nemmeno un condizionale, l'ha poi fatta seguire da un servizio sulla scomparsa
13 anni fà della piccola Angela Celentano! Così lo psicodramma collettivo
sull'uomo nero in agguato dietro la porta di casa è finalmente servito a oltre
dieci milioni di persone.
Eppure il pogrom feroce contro i rom, che a Ponticelli segui il presunto
(assai presunto..!) tentativo di rapimento di una neonata da parte di una
giovanissima rom, imporrebbe ben altra prudenza e attenzione. Ci sarebbe inoltre
la presunzione d'innocenza...
Sarebbe magari utile cercare gli avvocati dei nigeriani arrestati e
raccogliere almeno la loro versione... Qualche giornale sembra volerci provare
senza rimuovere la notizia. Se così è siamo pronti a dargli una mano.
Storie di Fisarmoniche 1 "Il Maestro Jovica Jovic". Rho (Milano), Campo Comunale di Via Sesia. Il Maestro Jovica Jovic, Rom di origine Serba, vanta importanti
collaborazioni artistiche avendo suonato, tra gli altri, con Piero Pelù, Goran
Bregovic, Vinicio Capossela, Dario Fo, Moni Ovadia, Dijana Pavlovic, ed è il
leader, indiscusso, dei Muzikanti, una piccola orchestra multietnica. A marzo,
raccontano le cronache, è stato ricevuto dal Ministro dell'Interno (il bieco
Bobo Maroni), ricevendo dalle sue mani un "permesso di soggiorno provvisorio",
con la promessa di una rapida regolarizzazione della sua condizione di Wop (With
Out Passaport: così come venivano chiamati i migranti Italiani nell'America
degli anni ‘50). "Per meriti artistici" disse il Ministro, intrattenendosi
cordialmente con Jovica, al quale raccontò dei suoi trascorsi musicali. Oggi il
campo di Via Sesia, nonostante la piccola Chiesa costruita dallo stesso Jovica,
consacrata e benedetta da Sacerdoti cattolici ed ortodossi, rischia di sparire
per sempre. Al suo posto una discarica e l'incertezza che accompagna il futuro
delle Famiglie che lì vivevano e pregavano.
Storie di Fisarmoniche 2 "Aurel torna a suonare" Napoli, dormitorio pubblico di Via Duomo. Ad Aurel Serban, Rom di origine Rumena, da cinque anni a Napoli, la
settimana passata avevano rubato la fisarmonica. Avevano rubato la vita e adesso
si vergognava a chiedere la carità. La Società San Vincenzo dei Paoli, si è
fatta carico del problema acquistando per lui una bellissima "Paolo Soprani",
una delle migliori fisarmoniche presenti sul mercato. Il sorriso è tornato sul
faccione buono di Aurel che ha subito imbracciato la fisarmonica, accarezzandola
come si fa con una fidanzata ritrovata, ed intonando un splendido valzer. Poche
note per riappacificarsi con il Mondo e riacquistare la sua dignità di vecchio
orchestrale per le vie di Napoli, indossando sempre gli stessi pantaloni da
palcoscenico dell'Orchestra Rumena di cui faceva parte, suonando e regalando
sorrisi ai passanti.
Storie di Fisarmoniche 3 "Petru e la fisarmonica rinchiusa" Paradiso dei Musicisti Rom. Petru Birladeanu, Rom di origine Rumena, non riesce a trovare pace. Non si
da pace per Mirela, Petronela e Ricardo che ha dovuto lasciare su questa terra e
che oggi vivono nell'incertezza del proprio futuro. Si rattrista anche nel
vedere la sua fisarmonica rinchiusa in una teca di cristallo, nella stazione di Montesanto
a Napoli, dove due anni addietro perse la vita, vittima di camorra. Ucciso da un
commando di otto aggressori, in sella a quattro scooter: "skizzati",
imbottiti di cocaina, dirà un collaboratore di giustizia. L'arresto di Enrico
Ricci (suo figlio Marco è stato rinviato a giudizio per aver preso parte
all'omicidio di Petru) sulla stampa venne salutato come un colpo eccellente:
secondo il Dda di Napoli avevano "preso" la testa di ponte del Clan dei Sarno
tra i vicoli della collina napoletana. Non è passato neanche un anno ed oggi
viene scarcerato "per decorrenza dei termini", libero per un difetto di forma,
un banale cavillo: gli avvisi di conclusione delle indagini ai due difensori non
vennero notificati correttamente, quanto basta a far decorrere i tempi fino alla
scarcerazione.
[...] I presunti assassini di Petru Birladeanu (vedi
QUI ndr), il musicista rom rumeno che suonava la fisarmonica nella
stazione Cumana di Montesanto, assassinato la notte del 26 maggio, sono stati
arrestati a Torremolinos, vicino a Malaga, dagli agenti della brigata mobile di
Napoli, con la collaborazione della polizia spagnola
Si tratta di Maurizio e Salvatore Forte, presunti appartenenti alla
Camorra, secondo fonti informative della polizia napoletana.
I due arrestati, rispettivamente di 29 e 31 anni, erano assieme e la cattura
da parte della giustizia italiana accade dopo alcuni mesi che furono accusati
di omicidio aggravato.
Petru Birladeanu, il musicista rom assassinato dalla Camorra.
L'arresto è avvenuto ieri notte (26 settembre ndr). I due delinquenti
vivevano in un appartamento e si erano anche segnalati per lo stile di vita che
conducevano e per i contatti con altri delinquenti. Uno dei due, Maurizio Forte,
è stato fatto uscire grazie ad uno stratagemma e catturato di fronte alla porta
stessa di casa. La cattura è accaduta in queste circostanze perché la
legislazione spagnola non permette alla polizia di entrare nei domicili privati
senza un ordine giudiziale. Il fratello di Maurizio, Salvatore Forte, è stato
catturato poco dopo, mentre faceva ritorno a casa.
Le autorità italiane ritengono che entrambe parteciparono allo scontro
armato tra clan rivali nei quartieri spagnoli di Napoli dello scorso 26
maggio, in cui venne ucciso un musicista di strada di nazionalità rumena e
risultò ferito un adolescente di 14 anni.
Per questo omicidio era già stato arrestato lo scorso luglio Mario Ricci, 27
anni, considerato uno dei più importanti membri del clan Ricci della
camorra.
Secondo gli investigatori, i fratelli Forte possono aver collegamenti con
altri due clan, quello di Mariano-Ricci e quello D’Elia, entrambi
localizzati nei quartieri spagnoli di Napoli.
La vedova di Petru ed i suoi figli abbandonarono l'Italia dopo il tragico
assassinio
LA CAMORRA NAPOLETANA UCCIDE UN MUSICISTA ROM
La vedova di Birladeanu, che è rientrata in Romania assieme ai suoi
due figli, ha denunciato il trattamento ricevuto dal pronto intervento. "Se
fossimo stati italiani non avrebbero atteso tanto", dice affermando che si è
prestata attenzione solo al minore italiano ferito.
COSI' UCCIDE LA CAMORRA
Nei quartieri spagnoli di Napoli, il 26 maggio del 2009, i
componenti di due bande malavitose della camorra napoletana entrano
in scena a bordo di varie motociclette con l'obiettivo di segnare il loro
territorio, si tratta di un regolamento di conti tra due famiglie.
Petru Birladeanu, musicista rom che per vivere suona la fisarmonica
sui treni, si dirige assieme a sua moglie verso la stazione della
metropolitana della Cumana, con una borsa in una mano ed il suo mezzo di
sussistenza nell'altra.
La vittima riceve due colpi mortali alla gamba ed al torace,
mentre tenta di rifugiarsi nella vicina stazione della metropolitana. Cade
al suolo prima di raggiungere i tornelli.
Solo sua moglie tenta di aiutarlo, davanti all'indifferenza del resto
dei passanti. I viaggiatori fuggono dalla stazione e lei rimane
completamente sola col marito agonizzante.
Muore poco dopo, davanti all'impotenza di sua moglie. Rimane
ferito anche un giovane italiano, minore di età, raggiunto alla spalla
però con una sorte migliore del musicista.
Durante il tempo che aspettava i servizi di emergenza, una mezz'ora,
Petru è morto. L'ospedale più vicino stava a soli 100 metri.
Tre videocamere di sicurezza installate sul luogo dei fatti hanno
registrato quanto accaduto. Le immagini che ora si diffondono in diversi
media italiani sono a disposizione della Direzione Antimafia del Distretto,
che investiga sul caso.
FONTE: Estratto da diversi periodici che se ne fecero eco
Corriere del MezzogiornoSentenza in Corte d'Assise, il pm aveva chiesto
l'ergastolo ma i giudici hanno escluso il «futile motivo» IL PRIMO GRADO
DEL PROCESSO PER L'ASSASSINIO DEL MUSICISTA ROMENO A MONTESANTO
NAPOLI - Per i giudici sono loro gli assassini del musicista
romeno, Petru Birlandenau (Petru Birladeanu ndr.), alla stazione
della Cumana di Montesanto a Napoli: misfatto atroce per il quale in tre sono
stati condannati a trent'anni di galera ciascuno. Questo il verdetto di primo
grado della terza sezione della Corte di Assise (presidente Carlo Spagna). I
condannati sono Marco Ricci e Maurizio e Salvatore Forte. La Corte, pur
riconoscendo la matrice camorristica del delitto, ha escluso l'aggravante del
futile motivo.
COMUNE PARTE CIVILE - Al processo si sono costituiti parte
civile il Comune di Napoli, assistito dall'avvocato Fabio Maria Ferrari, e i
familiari della vittima, assistiti dall'avvocato Elena Coccia.
MORTE IN DIRETTA - Per i tre imputati il pm Michele Del Prete
aveva chiesto la condanna all'ergastolo. Le sequenze dell'agguato furono filmate
dalle telecamere di sicurezza, nella stazione della Cumana. Secondo l'accusa,
Ricci e i due Forte, cugini tra loro, facevano parte del gruppo di otto killer
che, partiti dal quartiere di Ponticelli, dove era ancora egemone il clan Sarno,
scorrazzarono sparando per le strade di Montesanto in segno di disprezzo nei
confronti del boss rivale Marco Mariano, tra l'altro da poco scarcerato.
Di Fabrizio (del 17/10/2013 @ 09:01:59 in Europa, visitato 1967 volte)
Premessa: la notizia è già vecchia e digerita, l'informazione online ha
tempi spietati.
Parto allora da un mese fa, 18 settembre:
Grecia, vi ricordate? Nella foto c'è tutto e il suo contrario:
maniche corte estive, un trenino per turisti (o per bambini), passanti
indifferenti, una signora grassa, la fisarmonica e... la protagonista di cui non
sappiamo niente.
LA FOTO INDIGNA IL WEB era il commento riportato da tutti i media, che poi
sono gli stessi che quando si parla di cose mooooolto più serie, ripetono che
l'Italia rischia di fare la fine della Grecia. Già, ma forse intendono altro.
INDIGNARSI: so che è un sentimento comune (non azzardatevi a
chiamarci BUONISTI, siamo solo umani). A me successe al tempo della
vicenda di
Natalka: bruciata viva da una molotov a Kosice. Poi, la lunghissima degenza,
la solidarietà che sollevò il suo caso in uno dei paesi più razzisti d'Europa,
solidarietà che fu più forte dei commenti (postumi) sprezzanti e derisori dei
neonazisti, e dei perbenisti che accusarono i genitori di voler speculare su
quanto era successo. Ma quante volte una persona può indignarsi, per quanto
tempo? A ogni cronaca simile mi sento più povero e deprivato, nel senso di
impotente.
Neanche un mese dopo la Grecia,
indignazione, di nuovo. Siamo a Napoli, e suona nella mente un campanello
d'allarme: perché li vicino ci fu il pogrom di Ponticelli, a Torregaveta due ragazzine
rom annegarono nell'indifferenza generale, in città ci fu l'omicidio di
Petru Birladeanu.
Leggo l'articolo e il quadro è diverso dalle cronache passate: la gente del
quartiere ha preso le parti della romnì e del bambino, ha cercato come poteva di
aiutarla.
Lo stesso appare nell'altro video di
Leggo: gente normalissima, che non si pone il problema di essere giudicata
razzista o antirazzista. Poi, torna quel sottile veleno che i giornali sanno
distribuire così bene: "La donna, che probabilmente non è la madre, è
sparita dopo aver strappato di dosso gli abitini bruciati alla piccola."
Cosa si intende con probabilmente non è la madre? La donna è
sparita, come racconta Leggo, o ha ricevuto le prime cure dal benzinaio, come
scrive il Corriere del Mezzogiorno? E, ammesso che abbia importanza, quale paura
può avere una madre rom a Napoli?
Napoli, ma potrebbe essere Grecia, Milano, Parigi o Mosca... Anche con la
gente migliore del mondo, si vive sapendo che essere Rom comporta dei rischi,
magari da parte di qualcuno che non c'è con la testa, e che se ci si trova a
Ponticelli, a Opera, alle Vallette nel momento sbagliato, la pazzia può
diventare collettiva.
Con i bambini, visto che l'infanzia è sacra, che diventano il bersaglio per
misurare il disprezzo etnico. Non solo nei fatti, provatevi a leggere qualche
commento sui forum razzisti, per perdere ogni fiducia nel futuro di questa
umanità.
Oppure no, un po' di fiducia rimane. Qualche anno fa, passai per una
brutta depressione. Non mi guarirono gli psichiatri o altri specialisti. Fu un
campo rom, uno di quelli che sono il simbolo mediatico del degrado. Pieno di
amici che conoscevo da anni e della loro unica ricchezza: un esercito costante
di figli. Giocando con loro, iniziai a migliorare.
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