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Il villaggio solidale di Rho (MI)
Di Fabrizio (del 21/10/2008 @ 08:58:18, in Italia, visitato 1967 volte)

Un lungo ed interessante articolo del 19 ottobre tratto da CITYROM, lo stesso giorno e' apparso li' un altro post sul campo di via Idro, di cui purtroppo c'e' solo la fotografia aerea

Visita al villaggio solidale di Rho e conversazione con Maurizio Pagani di Opera Nomadi e alcune abitanti.

(@2008 google - Immagini @2008 digitalGlobe, Cnes/Spot image, GeoEye)

Il 29 novembre 2007, con alcuni studenti (1) e Maurizio Pagani dell'Opera Nomadi, abbiamo visitato il "Villaggio solidale" di Rho.Situato alla periferia della cittadina, nei pressi dell'area industriale, il villaggio e' costituito da un�undici casette-container, ciascuna con un proprio spazio all'aperto, sistemato a orto o giardino e il posto-auto, spesso occupato da roulotte utilizzate come dependance della casa. In un edificio di lamiera realizzato da Opera Nomadi e utilizzato come spazio comune e laboratorio, abbiamo incontrato alcune donne, intente a cucinare, a cucire delle borse di tela e a realizzare della bigiotteria artigianale. Abbiamo rivolto a loro e a Maurizio Pagani alcune domande sulla storia del villaggio e sulle loro condizioni di vita.

Maurizio Pagani: Questo e' un campo nomadi comunale realizzato nell'aprile di quest'anno dopo una lunga trattativa che ha contrapposto l'amministrazione comunale, anzi le amministrazioni comunali precedenti, e una parte della comunita' rom che da oltre dieci anni abita in questo comune. Sono rom di etnia Kanjaria provenienti dalla Serbia e in parte dalla Croazia. Rom che avevano acquistato dei terreni agricoli su cui avevano poi costruito delle abitazioni ,cominciando un lungo contenzioso amministrativo con il Comune. Comune che pero' che nel corso di questi ultimi 10 anni ha cercato anche di favorire l'integrazione sociale di questa comunita' agendo sopratutto sul versante scolastico. Si e' infatti partiti da una condizione iniziale in cui i bambini andavano poco e per poco tempo a scuola alla situazione attuale in cui moltissimi bambini sono iscritti alla scuola materna, alla scuola elementare ed alcuni stanno per licenziarsi alla scuola media. Una situazione che tende a ribaltare i dati statistici a livello nazionale. Normalmente a scuola i bambini dei campi rom ci vanno per poco tempo e nell'ordine del 20-30% della popolazione complessiva. Qui invece abbiamo un altissimo livello di scolarizzazione.

Hanno lasciato i loro terreni, famiglia per famiglia...

Abitante: Erano terreni privati! Comprati con i nostri soldi! Poi non so cosa ha fatto il Comune... loro dicono che quei terreni erano agricoli ma noi non lo sapevamo. Noi li abbiamo comprati per abitarci e per non vivere sempre sotto la minaccia degli sgomberi. Abbiamo venduto la casa a Zagabria per comprare il terreno qui in Italia.

Maurizio Pagani: Hanno pagato dei terreni agricoli ad un prezzo dieci volte superiore al loro valore...

Abitante: Ho pagato 150 milioni di lire. E adesso il Comune cosa mi ha dato? Questa casa per me e mio figlio con un'unica stanza e il bagno. Per questo motivo ho costruito questo spazio in piu', dove possiamo mangiare..

Prima di arrivare qui dove abitavate?

Abitante: Eravamo a Muggiano

Quando siete partiti da Zagabria?

Abitante: Siamo partiti tanti anni fa, era ancora vivo mio marito. Sono passati ventisette anni da quando mio marito ha avuto un incidente a Zagabria ed e' morto. La mia figlia maggiore oggi ha trentasei anni, quando siamo venuti in Italia aveva sei mesi.

Avete lasciato Zagabria trentasei anni fa?

Abitante: Non l'abbiamo lasciata del tutto. A Zagabria abbiamo ancora le case. Quando mio marito e' morto io sono tornata a Zagabria a vivere con i miei figli. I due figli maschi andavano a scuola e le figlie femmine erano con me a casa. Quando i miei bambini sono cresciuti sono tornata in Italia. Qui c'erano tutti i miei parenti, a Zagabria ero sola con i miei bambini. All'inizio vendevamo i fiori e le pentole. Noi siamo dei Kalderasha... Eravamo sempre in giro. Poi abbiamo deciso di comprare dei terreni. Per nove anni siamo rimasti sui nostri terreni. I bambini andavano a scuola e tutto era tranquillo. Poi e' venuto il Comune e' ci ha cacciati. Adesso anche da qui vogliono cacciarci! Il Comune non ci ha pagato il terreno. Ci ha dato in cambio solo questa casa con un po' di giardino e basta.

Maurizio Pagani: Il Comune ha requisito il terreno ripristinandolo all'uso iniziale, agricolo. Il terreno e' stato sequestrato ed e' passato di proprieta' del Comune. Sui terreni c'era un abuso edilizio conclamato, che non era possibile sanare e di fatto secondo l'attuale legislazione e' stato possibile espropriarlo al legittimo proprietario.

Nel progetto originario, questo insediamento - che adesso e' stato attrezzato con dei container che sono dignitosi ma insufficienti - prevedeva delle casette di tipo rurale, molto piu' ampie, con una superficie di 80/100mq, che avrebbero consentito a loro di vivere meglio.

Perche' i campi vengono costruiti in questo modo, con container, come se fossero una soluzione temporanea d'emergenza?

Maurizio Pagani: Per ragioni politiche certamente, ma sopratutto perche' costano poco. Sistemare delle persone in luoghi come questo costa molto, ma molto di meno che sistemarli in qualunque altra situazione: casa popolare, ecc.

Abitante: Noi non vogliamo che i nostri figli seguano la nostra strada. Per questo abbiamo comprato i terreni. Io devo sistemare i miei nipoti, i miei figli. Loro lavorano, vanno a scuola, studiano. Io non riesco a capire perche' ci vogliono mandare via. Tutti i giorni ci vengono a controllare. Non ci aiutano in niente. Hanno detto che ci avrebbero aiutato a trovare lavoro, ma nulla. Anche la Caritas non ci ha aiutato... Tutti vogliamo lavorare. Io ho 65 anni e anch'io, se mi dessero un lavoro, andrei a lavorare. Noi siamo nomadi Kanjaria, da piu' di trent'anni siamo in Italia. Fino a quando non sono arrivati gli albanesi, i rumeni, i bulgari, noi eravamo ritenuti bravi. Noi non siamo tutti come veniamo percepiti. I nomadi non sono tutti uguali!

Maurizio Pagani: C'e' una difficolta' oggettiva. La loro immigrazione e' iniziata circa trent'anni fa. La maggior parte dei ragazzi, anche quelli maggiorenni che a loro volta hanno avuto dei figli, sono nati in Italia ma non sono cittadini italiani e nemmeno cittadini stranieri. Non hanno i documenti e questo e' uno dei motivi per cui quando un ragazzo decide di andare a lavorare non ha la possibilita' di farlo in regola. Non ha una carta d'identita', un passaporto e non ha neanche il riconoscimento di apolide. Non ha un'identita'. All'interno della loro condizione che e' gia' tanto difficile per diversi motivi, ci sono tanti problemi che riguardano la cittadinanza che sono aumentati e si sono complicati nel corso del tempo.

Una delle cose che gli abitanti di questo campo stanno facendo oggi - e non e' l'unica - e' quella di partire dalle proprie competenze, (per es. sapere cucire, lavorare con le mani, ecc.) per inventarsi un lavoro. In qualsiasi parte del mondo questo sarebbe visto come qualcosa di dignitoso, noi invece tendiamo a disprezzarlo e a non riconoscerlo come lavoro.

Le politiche sociali stanno cambiando e gli zingari che vivono all'interno di questo campo comunale, dovrebbero oggi dimostrare di essere dei bravi cittadini perche' mandano i bambini a scuola, lavorano, osservano le leggi. E' quello che tutti noi siamo tenuti a fare perche' siamo sottoposti alle leggi su cui si fonda la coesione sociale. Ma per noi e' scontato e per loro no. In quanto appartenenti ad una minoranza che noi guardiamo con sospetto e con allarme, devono in qualche modo dimostrare attraverso l'osservanza di regolamenti particolari di essere davvero dei buoni cittadini.

A nessuno poi interessa vedere che la mattina stipano i bambini sui mezzi che hanno e li portano a scuola, perche' evidentemente lo avvertono come qualcosa di importante per i loro figli. E fino a qualche anno fa non era cosi', la scuola veniva guardata con sospetto. Qui siamo di fronte a persone che hanno un problema concreto: come faccio io a portare i bambini a scuola? Che hanno bisogno di un bene strumentale e che sono capaci di organizzarsi. Mentre noi ci ostiniamo a pensare che abbiano bisogno d'altro. Diverso e' il problema per esempio di Giuliana e Jessica che vanno alla scuola media. Ci sono difficolta' che queste ragazze incontrano: vivere in un contesto in cui hai i genitori che non sono andati a scuola e che quindi non riescono ad aiutarti, oppure tornare a casa e non avere un posto dove mettersi a studiare. Loro studiano qui (nel locale comune realizzato da Opera Nomadi) allo stesso tavolo dove Federica lavora e le altre donne cucinano. Per loro c'e' bisogno di un aiuto in piu' che per altri non e' necessario, per stare meglio a scuola e imparare come gli altri. E' una forma di intervento rispettosa che noi cerchiamo di offrire: fare insieme alle persone quello che serve alle persone ma senza avere la presunzione che quello che tu decidi di fare sia la cosa giusta.

Abitante: Una volta i bambini non andavano a scuola perche' eravamo sempre in giro. E poi gli anziani e le nostre madri non ci lasciavano andare perche' avevano paura che incontrassimo i ragazzi...

Maurizio Pagani: E' vero. C'era anche paura e diffidenza

Abitante: Non solo, c'erano tanti motivi. Gli italiani guardavano con molta differenza i nostri bambini. Anche oggi ci sono molti problemi. Ancora oggi succede che i nostri bambini vengono discriminati. I nostri bambini si sentono diversi e anche se vorrebbero integrarsi non ne hanno la possibilita' perche' vengono sempre attaccati.

Maurizio Pagani: Per esempio Erica ha seguito quest'anno un corso per mediatrici culturali rom. A Milano da tanti anni ci sono una quindicina di donne che vivono in questi insediamenti e lavorano come mediatrici culturali; che hanno iniziato a studiare e che attualmente svolgono la loro professione all'interno delle scuole, dei servizi sanitari. Queste esperienze sono pero' pochissime. Purtroppo normalmente nessuno investe per fare in modo che tante persone abbiano la possibilita' di maturare un esperienza professionale e culturale stando qua dentro. Perche', se il medico, l'assistente sanitaria viene qua e fa la propria lezione, dice come ci si dovrebbe comportare ma non c'e' nessuno all'interno del campo che raccoglie quello che e' stato detto e discutendo e vivendo insieme alla gente, lo traduce, magari modificandolo secondo le sue esigenze, quegli insegnamenti non hanno nessun valore e nessun senso. Questa e' la funzione piu' importante che hanno i mediatori culturali. Eppure dopo tanti anni, dopo tante iniziative, quasi mai si costruiscono percorsi di sviluppo per le comunita' e questo e' un grande handicap.

Che tipo di relazioni avete con il territorio di Rho?

Abitante: Portiamo i bambini a scuola, andiamo a fare la spesa, chi non ha lavoro va a mendicare...

Avete rapporti con altri genitori?

Abitante: Si, i bambini hanno amici e amiche. Ci sono tante maestre che vengono a trovarci e ad aiutarci.

Maurizio Pagani: Da due anni a questa parte si e' formato un piccolo gruppo musicale che sia chiama "I musicanti", composto da ragazzi che abitano a Rho e da un musicista che abita qui al campo.

(1) dei corsi di "Urban Design Workshop" della Laurea specialistica in Architettura/Master of Science in Architecture del Politecnico di Milano e di Urbanistica della Laurea in Scienze Umane dell�Ambiente, del Territorio e del Paesaggio, dell�Universita' Statale di Milano.

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